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tolleranza verso comportamenti scorretti e lesivi. Obbedire vuol dire
capacità di dialogare, di ascoltare e di comprendersi. L’Obbedienza
(non scritta) di cui parlo io è quella che nasce e vive dentro di noi di
cui ci fa sentire no schiavi acritici ma servitori fecondi di pensiero e
di azione.
Questo modello di vita lavorativa serve a valorizzare in modo speciale
le persone che vi lavorano. Trasformare le U.O. (che già nello schema
Aziendale sono centri di costo, quindi piccole aziende nell’Azienda
Ospedaliera stessa), in piccole comunità di professionisti laboriosi che
cercano di raggiungere gli obiettivi per cui esse sono nate.
L’istituzione dovrebbe considerare i suoi collaboratori parte integrante
della “comunità aziendale”. L’istituzione che presiede a questo
modello di lavoro s’impegna nel promuovere un clima imbevuto
d’umanità e di dialogo; e realizza una politica delle risorse umane tale
da favorire la motivazione personale e l’aggiornamento della
formazione di tutti i collaboratori.
La professionalità, la competenza, il lavoro in équipe, la ricerca,
l’insegnamento e la formazione continua sono valori essenziali nella
comunità.
Una comunità che si inspira alla cultura del buon Samaritano, della
compassione cioè a “patire” con l’altro e che invita a partecipare alle
sorti degli altri con sviluppo della capacità di empatia (di porsi al posto
dell’altro e di diminuire la forza del proprio Ego) è una comunità più
stabile felice e coesa.
Bisogna riuscire a capire la nostra identità di professionisti,
riconoscere e accettare il nostro ruolo nella comunità anche se non
abbiamo un carattere da leader, anche se agiamo nel retropalco,
dobbiamo sempre cercare di rispettare l’identità degli altri anche se fra
di esse non c’è reciprocità.
Nello sviluppo del nostro ruolo e della nostra identità particolare
rilievo acquista il coltivare il nostro carisma. Questo è un prestigio, è
la forza di persuasione che si fonda su straordinarie ed esemplari
qualità personali. Ogni professionista deve imparare a coltivare il
proprio carisma. Questo viene dato per il bene comune e
sarà sempre giudicato per l’utilità della comunità.
Grande precursore è stato: San Camillo De Lellis.
La Chiesa ha riconosciuto in San Camillo e nel suo
Ordine il Carisma della misericordia verso gli infermi .
Ai membri della nuova comunità è richiesto lo studio della vita
dell’opera di San camillo, organizzando anche se necessario corsi di
formazione.
Il ritorno alle origini può essere salutare.
Ma come si può vivere il proprio carisma in una mentalità di
collaborazione? come abbandonare atteggiamenti di autosufficienza?
come adottare un vero atteggiamento di ascolto? Come possiamo
accettare tutto questo?
Le risposte convergono in una sola parola: L’UMILTA’.
Ogni operatore deve essere aiutato nell’esperienza di fallimenti e di
debolezze,
di limitazioni umane, di sofferenza che tocca la propria vita.
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Non c’è dubbio che la più grande povertà sia il non essere coscienti dei
propri limiti e vulnerabilità, di non essere capaci di accettare le proprie
mancanze e di non avere tutte le risposte, per tutto.
Solo chi ha faticato nello sforzo di mantenere le proprie promesse
(d’impegno e di collaborazione) saranno i più aperti ad imparare dagli
altri. Avendo lottato con i propri demoni e incubi essendo giunto a
maggior comprensione della propria vulnerabilità, si è più aperti e
tolleranti sulle idee altrui e sui modi alternativi di guardare e far fronte
alle situazioni.
Tutti noi abbiamo bisogno della formazione permanente questo è un
impegno di vita professionalità, che richiede continuità sempre e per
tutti!
Tutta la comunità sanitaria deve sempre progredire nella professione,
la regressione non è ammessa in nessun modo e per nessun motivo.
A volte giungono operatori con problemi personali irrisolti che
causano problemi agli altri, la soluzione deve essere ancora quella di
inculcare in loro, l’idea: che la loro vita lavorativa, merita lo stesso
spazio e la stessa attenzione della loro vita personale, in quanto è
questa, “struttura” che ha permesso la “sovrastruttura” famiglia.
Se la nostra identità di comunità sanitaria è sana e forte, sarà refrattaria
a stimoli di regressione che possono essere portati da nuovi operatori o
da condizioni esterne.
Il culmine della sfida non consiste nel fare di più, quanto piuttosto nel
fare meglio.
Come pure nel migliorare i rapporti tra gli individui, nel condividere le
motivazioni che ci spingono a lavorare assieme per la stessa causa e
nel fortificare lo spirito che ci accomuna.
La parabola del buon pastore ci insegna che dare la vita per le pecore è
un programma per tutti i giorni senza azioni eroiche.
Nel nostro modo di vivere il lavoro oggi, in tutti i posti, in tutte le
aziende, ci sono delle vere e proprie diseconomie, incomprensioni,
frustrazioni di ogni genere e sorta che il più delle volte non nascono
nei luoghi di lavoro, ma si importano nel posto dove si lavora dalla
vita di tutti i giorni. Il traffico per chi vive lontano, del caro vita che lo
stipendio non riesce a far fronte (fare per esempio troppi debiti per il
lavoratore può essere controproducente per la qualità del lavoro stesso,
il dipendente infatti in questa situazione vedrà molto poco dello
stipendio e per un riflesso psicologico affronterà il mese lavorativo con
pochi stimoli). Il lavoro quindi può diventare spesso un disagio sempre
più crescente.
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(meno preparato sull’argomento) sarà egli a pagare la mia tracotanza
di quel momento.
Ogni nostra azione ha delle conseguenze che noi non potremmo mai
controllare, quindi particolare attenzione va data a queste, quando
coinvolgono gli altri.
In quel posto di lavoro dove si attua lo stile del cenobitismo c'è spirito
di comunità. Non c'è anonimato o solitudine professionale, ma calore,
umanità, rete sociale, promozione dell’eroico sacrificio di vivere
coerentemente e fino in fondo i propri impegni professionali.
Un’altra linea di azione è quella di lavorare per l’umanizzazione nelle
istituzioni, elaborando progetti per la formazione dei lavoratori della
salute nei valori, etica e principi morali.
L’ etica e la bioetica ci si presentano come un campo di azione.
La nostra comunità deve essere punto di riferimento, esempi da
imitare, modelli per altre istituzioni.
Questa è la nostra sfida di ogni modello lavorativo.
Newman sosteneva che “vivere significa cambiare, essere perfetto
significa sapere
cambiare spesso”
Il saper cambiare e l’adattamento sono tra le sfide maggiori che ci
stanno di fronte.
Dobbiamo creare una contro cultura a quella materialistica,
utilitaristica che rischia di dominare il mondo di oggi ed eleva l’utilità
a supremo criterio morale.
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Per tentare di ovviare a questa rivalità nefasta sarebbe opportuno la
suddivisione di responsabilità ben definiti nell’ambito dell’U.O. che
con rotazione annuale o biennale dovranno coinvolgere tutti gli
infermieri.
L’adempimento dei doveri è condizione indispensabile per la tutela dei
diritti.
Bisogna dire no alla cultura dei diritti e delle rivendicazioni che in
pratica non riconoscono i doveri.
Contrastare l’affermarsi di un modello di socialità di tipo radical-
individualistico, genericamente libertario e fautore solo di diritti.
Ricordiamoci che la nostra professione è stata catalogata come
professione intellettuale perchè la nostra singola azione non è un mero
svolgimento di un compito è non dobbiamo interpretarla come tale; la
nostra azione è una azione complessa, che interessa la sfera dei
sentimenti e delle emozioni, del pensare e dell’essere che alla base ha
un pensiero che si tramuti in azioni e in gesta.
Il nostro tempo invoca a gran voce l’urgenza di mettersi insieme, di
costruire per e con gli altri, di agire in funzione del bene altrui,
rispettando se stessi.
Chi è integrato in una comunità infermieristica”cenobita” deve gestire
i vari bisogni del Paziente come se fossero i suoi di bisogni, riflettere
se stessi negli occhi del collega e vivere la struttura come se fosse sua,
in tutti i suoi aspetti.
Queste sono le persone di cui necessita lo spirito infermieristico
cenobita.
Un Consiglio:
se non vuoi avere delusioni, stai bene attento a non considerare
l’Infermiere solo un lavoro.
E se hai talento, cerca il denaro e la gloria in altri campi.
Infermiere
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