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Giacomo Ricci

Frankenstein rigenerato
discussione sulle macchine intelligenti e il loro uso in architettura

ArchigraficA
2006

ArchigraficA paperback
quaderni di architettura

giacomo ricci Frankenstein rigenerato


discussione sulle macchine intelligenti e il loro uso in architettura

Stampato in Italia (c) Copyright 2006 by giacomo ricci edizione in formato ebook for educational purpose CreativeCommon licence - con restrizioni ArchigraficA, live architecture on the web www.archigrafica.org info: redazione@archigrafica.org ndr@archigrafica.org

edizione per il master di II livello il progetto di architettura per la citt storica e per il corso di Progettazione Tecnologica Assistita

in copertina: Metropolis di Friz Lang

premessa
uno sguardo dassieme sulla Progettazione Tecnologica Assistita

introduzione
di che cosa stiamo parlando?

capitolo primo
il progetto di architettura e lapporto tecnologico-informatico

capitolo secondo
la macchina programmabile

capitolo terzo
grafica 3D

i dinosauri addomesticati
percorso cronologico ragionato attraverso la storia evolutiva dei computer et similia

tavole

premessa
Uno sguardo dassieme sulla Progettazione Tecnologica Assistita Prima ancora di entrare nel merito dellargomento che si intende affrontare e tentare di rispondere ai quesiti pi importanti ad esso legati (Che cosa una macchina programmabile?, Come funziona?, Come pu applicarsi al progetto di architettura? e cos via), necessario soffermarsi su alcune questioni preliminari. Per la precisione necessario tentare di fare la maggiore chiarezza possibile intorno al significato dellespressione progetto di architettura. Anche se questaffermazione pu, sulle prime, apparire paradossale, una specie di battuta ad effetto, la convinzione che siano poche le persone ad avere, al proposito, le idee chiare un vecchio dubbio che mi perseguita da sempre, fin dai primi anni di universit, e va sempre pi prendendo consistenza dentro di me. Del resto, uno studente, ha modo di ve rificare ci che qui sostengo fin dalle prime battute della sua esperienza di studi e, molte volte, a sue spese. Infatti, se la sua esperienza progettuale viene condotta sotto la guida di un determinato professore, egli riceve linsegnamento di certe teorie e certi obbiettivi; se il professore cambia, le teorie e gli obiettivi, molto spesso, mutano. Questa circostanza si verifica perch, il pi delle volte, il sapere architettonico accademico, nonostante la pretesa di essere oggettivo e, per cos dire, universale, scientifico, proprio nel caso particolare dellinsegnamento della progettazione, appare basato su di una metodologia sostanzialmente empirica, tutta costruita, in alcuni docenti, alla luce della filosofia del fare concreto e, in altri, determinato da qualche non ben precisata convinzione formale ed artistica. Ed anche quando esso sembri sorgere e trarre consistenza concettuale da consolidate idee e costruzioni teoriche, in realt, una volta sfrondato da sfumature inessenziali e circonvoluzioni verbali, non fa che ridursi ad oscillare tra due poli: quello del formalismo estetizzante che riduce larchitettura al suo antico statuto ottocentesco di sublime arte decorativa, deputata allapplicazione di stilemi e reperti stilistici alla sca tola muraria delledificio e quello del funzionalismo pi spinto ed irriducibile, assolutamente sterile sotto il profilo formale, che, vista definitivamente tramontata ed impraticabile lassunto del moderno la forma segue la funzione, ne costruisce immediatamente altre malamente mascherate dietro i termini di analisi prestazionale, analisi

esigenziale che, in preda ad un vero e proprio delirio linguistico privo di senso e di qualsiasi profondit culturale, sostituisce alla locuzione funzione delloggetto duso laltra prestazione del componente edilizio e a quella dell analisi delle necessit e delle richieste quella di ricerca delle esigenze e delle prestazioni ; ma, molto spesso, la fine dello studente di architettura e ben pi misera: quella della vittima designata ad adoperare un codice semantico fortemente condizionato dalla poetica del singolo docente-architetto. Nulla da dire, ovviamente, contro la poesia nellarchitettura e la costruzione di una poetica architettonica da parte di chi in possesso dei requisiti necessari per farlo. Sulle poetiche architettoniche ci si potrebbe soffermare al lungo, approfondendo anche specifici aspetti creativi di alcuni architetti di notevole spessore professionale e linguistico-espressivo che si trovano ad operare nelle particolari realt delle Facolt di Architettura italiane. Molto spesso i segni esteriori del linguaggio sono inconfondibili e, per lappunto, specifici di una ben determinata poetica, di un certo temperamento individuale, di un notevole valore professionale e di una particolare maniera di vedere il mondo ed interpretarlo, fornirne unimmagine articolata e complessiva. Ma tutto ci, ancorch mirabile, non ancora, di fatto, teoria e metodologia del progetto, non si trasforma immediatamente in insegnamento delle tecniche necessarie alla stesura materiale del progetto. E bisogna dire che, al di l della poetica e della personale sensibilit, la cosa pi importante e che maggiormente interessa nel training didattico al progetto proprio il metodo. Ma che cosa intendiamo con metodo? Da dove partire per tentare di impostarlo? Innanzitutto necessario porsi una serie di domande fondamentali come, ad esempio: Come agisco per eseguire un progetto? Quali sono i dati essenziali di partenza? Come li trasformo? Quali sono gli elaborati da produrre perch il progetto sia chiaramente interpretabile? Quali le relative normative? A quale livello di approfondimento mi devo spingere? Quali sono gli stadi di avanzamento successivi? Quali strumenti ho a disposizione?

Quali sono quelli pi adatti a risolvere i vari compiti che si presenteranno nel corso del processo progettuale? E cos via, lelenco, come ben si comprende, potrebbe notevolmente allungarsi. La cosa fondamentale che uno studente attento e responsabile dovrebbe sempre fare quella di porre, in maniera preventiva, queste domande al docente e, ovviamente, a se stesso e tentare di rispondere a tutte, senza lasciarne nessuna sospesa. Le domande che non hanno risposta, infatti, inevitabilmente, in un tempo successivo, ritornano e, come il rimosso freudiano nel profondo della coscienza torna alla luce sotto forma di perturbante, cos i quesiti che non hanno avuto risposta si trasformano, alla fine o durante lelaborazione del progetto, in nodi irrisolti, in incongruenze, in veri e propri errori del professionista-progettista. Ma perch questo accade? Perch docenti qualificati non riescono sempre a trasmettere una metodologia oggettivamente valida e verificabile? Ovviamente non si tratta di incapacit - anche se in alcuni casi i risultati farebbero propendere per questipotesi - quanto piuttosto di una difficolt che propria del modo di procedere dellelaborazione progettuale dellarchitetto il quale, per sua dannazione, per un dato persistente ed ineluttabile, ha un modo di ragionare che sembra sempre, ad un osservatore esterno, troppo fluido, intuitivo, fortemente soggettivo, poco verificabile. Proprio questa pu essere una delle cause che ha ingenerato la convinzione del tutto erronea - che la forma dellarchitettura sia sempre - o quasi - il risultato di un opinabile processo di gusto, frutto di sensibilit individuale ma per niente oggettivamente motivata. Non si sentir mai un architetto, in fase di progettazione, utilizzare il tempo presente o limperativo, questo si fa cos, questaltro si deve fare cos!; egli far ricorso spessissimo - se non sempre - al condizionale. Questo tipo di mentalit stata individuata, tempo addietro, in maniera molto acuta da Nicholas Negroponte, architetto che si occupato per tutta la vita di informatica e macchine analitiche. Negroponte ha definito il pensiero dellarchitetto un pensiero impreciso; nel senso che esso non definito una volta per tutte e in maniera, per cos dire, ineluttabile come un teorema di matematica o una legge fisica, ma un processo fluido, un fenomeno che si definisce e muta molto spesso in maniera assolutamente imprevedibile mentre si sta svolgendo. Un pensiero che se, autonomamente, riesce a rintracciare percorsi efficienti e transitabili per venire a capo dei problemi progettuali e portarli a soluzione, pu entrare irrimediabilmente in crisi se viene

posto in dialogo con un partner ottusamente preciso, stolido nella sua fissa autoregolamentazione quale pu essere una macchina programmabile. Ha scritto Negroponte:
In partenza, il progettista ha in genere una visione molto confusa del suo problema specifico e perci ha bisogno di trovare nella macchina comprensione e tolleranza mentre ricerca una coerenza tra i criteri, la forma e il metodo, tra lintenzione e lo scopo. La progressione dal viscerale al razionale pu essere espressa in successivi enunciati provvisori di dettaglio e revisioni continue dei metodi stessi.

Questa incertezza di pensiero ha il suo corrispettivo nel tipo di grafici che man mano vengono prodotti:
Spesso in un dialogo di progettazione, lincertezza delle linee esprime il grado di chiarezza del pensiero architettonico. La rappresentazione concreta di unidea deve corrispondere allo stadio del disegno. Non si fa uno schizzo con una matita 6H e non si fa un disegno esecutivo a mano libera con il pennarello. Lelaborazione di un progetto un processo di graduale affinamento sia della comprensione che della rappresentazione dellimmagine del problema. Uno schizzo a linee rette su un tubo a raggi catodici potrebbe dare unidea di compiutezza dannosa al dialogo e al progetto

Questo tipo di definizione , poi, quella che maggiormente tenta di cogliere la vera natura del progetto di architettura e che ci permette di dire che si tratta di un processo complesso che prende le mosse da alcune ipotesi iniziali e, nel suo farsi, ammette sempre una o pi verifiche (parallele e/o consecutive) di ci che si sta elaborando, le quali molto spesso portano a cambiare non soltanto gli assunti e le ipotesi intermedie di lavoro ma finanche quelle iniziali. Dunque pensiero impreciso da intendersi, pi proficuamente, come un pensiero che si fa (si definisce) nel farsi, nel processo in divenire. Ma, a ben riflettere, questo modo di pensare non prerogativa soltanto degli architetti. E condizione di tutti coloro che hanno dei mestieri creativi. Il mestiere dellarchitetto, va detto a chiare lettere, un mestiere creativo. Si potrebbe osservare che strano che, dovendosi qui parlare di macchine, di computer e cos via, si chiami in questione la parola creativit che sembra parola lontana dallessenza della macchina. In realt, basta avere confidenza con questo tipo di marchingegni, per comprendere quanto poco si conosca delleffettivo cammino che nella memoria si compie una volta che un programma sia lanciato. Questo per sottolineare la

circostanza che non del tutto vero quello che comunemente si crede che il computer sia una macchina precisa: esso non lo affatto per sua stessa definizione. Quindi si potrebbe dire, provocatoriamente, che si tratta di una macchina che pretende di essere trattata con spirito poetico. Coloro che utilizzano al meglio e in maniera assolutamente originale ed innovativa questo tipo di macchina sono, infatti, quelli che con la matematica hanno poco a che fare. Ma di questo ci occuperemo al lungo nel lavoro che mi accingo a sottoporre allattenzione del lettore. Giacomo Ricci Furore, novembre 2006

introduzione
di che cosa stiamo parlando?

noi interessa semplicemente introdurre e promuovere una intelliA genza della macchina che stimoli una progettazione per una vita migliore e consenta tutta una serie di metodi autoevolutivi. Nicholas Negroponte - 1969

La progettazione assistita dallelaboratore


Ci occuperemo, nel seguito di questo lavoro, di Progettazione Assistita1 che per brevit indicheremo con la sigla PA. Ma, come si vedr, non sar soltanto questo loggetto della nostra discussione. Le domande di natura generale che, oggi, si accompagnano alla massiccia penetrazione dellinformatica in ogni faccenda della nostra vita sono tante e pressanti che evitarle diventato, se non impossibile, certamente molto difficile. Per quanto riguarda la PA, questa disciplina attivata, nelle Facolt di Architettura, negli ultimi anni di corso; lo studio al quale gli allievi sono chiamati molto complesso, difficile, forse finanche un po tormentato perch richiede una capacit paragonabile, per cos dire, all equilibrismo. Sar necessario, infatti, che essi si comportino alla stesso modo di un pattinatore che abbia ai suoi piedi due pattini con ruote di diverso diametro, i quali, conseguentemente, camminano seguendo diverse modalit e a velocit differenti. Il rischio che il nostro atleta corre , ovviamente, quello di cadere in terra non appena sia costretto ad affrontare la bench minima asperit del suolo sul quale si trova a viaggiare. Bisogner abituarsi allidea di avere un piede che se ne va correndo per il territorio dellarchitettura e laltro per quello dellinformatica o, per usare un termine pi corretto, della Scienza dei Calcolatori. Ed ormai faccenda conosciuta quanto le velocit e i tempi delle due discipline in questione siano profondamente diversi; il sapere delluna si svolto lentamente nellarco di svariati millenni; laltra, in un cinquantennio circa, ha gi bruci-

ato le tappe di un percorso velocissimo, conquistando ed abbandonando universi conoscitivi tra i quali intercorrono, sul piano logico e della ricerca, distanze molto grandi2. Dunque non bisogner mai perdere di vista la circostanza del tutto particolare di trovarsi coinvolti in due difformi marchingegni intellettuali-disciplinari i quali, tendenzialmente, se ne vanno per fatti loro, verso direzioni divergenti. Se dimentichiamo, insomma, di essere divisi tra due discipline differenti, corriamo un duplice rischio: da un lato quello di non abbandonare tutte le limitazioni delle procedure tradizionali del progetto di architettura e, dunque, di non capire nulla della PA ; dallaltro, atteso che il calcolatore , di fatto, la macchina pi complicata che sia stata finora costruita, quello di perderci nei meandri delle difficolt e delle astruserie della Scienza dei Calcolatori e dimenticare che il nostro fine ultimo rimane pur sempre quello dellanalisi e del progetto di architettura. Linformatica, per chi ne voglia realmente penetrare il senso e non fermarsi ad un livello estremamente superficiale di utilizzatore come accade alla maggior parte delle persone assorbe in maniera totale, richiede un lungo tempo di apprendimento e una grande dedizione, tant che diventato luogo comune quello delloperatore al computer che perde intere nottate per capire qualcosa di pi o per prendere visione del risultato di laboriosissimi calcoli:
La svolta ci ricorda, a questo proposito, Seymour Papert si present negli anni Sessanta, quando i computer cambiarono la struttura stessa del mio lavoro. Mi colp soprattutto il fatto che certi problemi astratti e di difficile comprensione, erano diventati concreti e trasparenti e determinati progetti che mi erano parsi interessanti ma troppo complessi erano diventati affrontabili. Nel contempo ebbi la prima esperienza personale di quella facolt, tipica dei computer, di tenere lutente incatenato davanti al video per notti intere 3

Anche a me capitato di perdere molte ore di sonno concentrato nel lavoro con una macchina e perdo, tuttora, molto tempo durante larco della giornata a studiare caratteristiche dellhardware e impostazioni dei sistemi operativi, a provare programmi, a sperimentare soluzioni, algoritmi, verificare progetti di architettura e controllare complesse modellazioni di superfici. Questo impegno costante deriva anche dalla circostanza che laggiornamento richiesto per adeguarsi alle continue variazioni dei programmi ed alle implementazioni delle procedure unattivit, a dir poco, frenetica e dal fatto che

una disciplina cos giovane non ha ancora se non in minima parte mostrato tutti i suoi risvolti e le sue peculiarit sia sul piano procedurale che su quello teorico. Va tenuto presente che anche coloro i quali possono essere considerati dei veri e propri esperti di Scienza dei Calcolatori sono, in realt, quelli che maggiormente avvertono la necessit di un continuo aggiornamento e di un approfondimento sempre pi spinto di concetti e metodologie in continua evoluzione dinamica . Dicevamo che il computer una delle macchine pi complesse che sia mai stata concepita e costruita. La domanda che potrebbe sorgere immediata : perch farne uso nel progetto di architettura? Perch, insomma, complicare la vita del progettista che, di per s, semplice non ? Quesiti, questi, che hanno piena legittimit. La risposta che, evidentemente, vi sono numerosi vantaggi. Ma, soprattutto, perch quando una tecnologia forte entra in gioco in campo professionale, si voglia o no, si costretti ad acquisirla, quale che sia la sua laboriosit ed i costi richiesti sul piano dellaggiornamento.
Gran parte delle nuove macchine, dai trattori alle macchine da cucire agli apparecchi televisivi, hanno la storia che segue. Allinizio, una frangia eterodossa adotta la nuova macchina. Ad alcuni va bene, altri non cavano un ragno dal buco. A questo punto, gli ortodossi fanno pi caso ai successi che non agli insuccessi. E adottano la nuova macchina. Alcuni hanno risultati clamorosamente negativi. Quando lo sviluppo del prodotto si concentra sul controllo, sulla sicurezza e sulla facilit duso, linteresse per la macchina raggiunge il culmine, poi declina. Ma qualcuno vorr ancora correre il rischio. Sono coloro che devono mantenere un vantaggio competitivo e possono influenzare la velocit del cambiamento. Molti hanno, a loro volta, risultati negativi, ma qualcuno ne ha di eccellenti. A lungo andare, tutti adottano la nuova tecnologia perch non possono non farlo. Noi tutti non abbiamo alcuna speranza di cavarcela a meno che non riusciamo ad adattarci pi rapidamente delle nostre macchine. Per fortuna possiamo cambiare. Perch non possiamo non farlo. 4

Bisogner, nel nostro caso, tenere presenti le specificit del progetto di architettura e, contemporaneamente, le numerosissime innovazioni tecnologiche dovute alla Computer Science. La PA, da questo punto, di vista, si potrebbe correttamente definire una disciplina di frontiera, situata, cio, al confine di due aree disciplinari ben definite: da un lato larchitettura con tutte le sue regole e le sue tradizioni che affondano in tempi lontani e, dallaltro, la Scienza dei Calcolatori con tutta la sua, per cos dire, giovanile esuberanza. La parola assistita che compare nella titolazione di questa nuova disciplina certamente poco simpatica; sembra evocare un che di sanitario, di bisognoso di cure, di mala-

to. Essa deriva dal termine inglese aided, e di questo, in qualche maniera, conserva latmosfera. Bisogna qui ricordare lassoluta prevalenza di termini in lingua inglese nel campo dellinformatica: sia che ci si limiti al ruolo di utente di programmi compilati da altri, sia che ci si voglia avventurare nei cupi territori della programmazione, dove tutte le parole chiave sono in lingua inglese e di questa riflettono la logica, i significati e, in qualche maniera, sul piano logico anche la sintassi. Tenteremo di riferirci, quando possibile, sempre a vocaboli della lingua italiana e, in caso contrario, utilizzeremo i termini inglesi evitando improbabili traduzioni, orripilanti miscugli pseudolinguistici e l italianizzazione di vocaboli dallesito assai dubbio, tenendoci lontano, per quanto possibile, dalla corrente iperproduzione di spazzatura linguisticoinformatica imperante. Si presenteranno, ovviamente, casi in cui non possibile farne a meno o casi in cui termini e neologismi in questione sono gi entrati a far parte organica del nostro vocabolario. In tale eventualit non potremo che adattarci a ci che gi entrato nelluso corrente. La preponderanza della lingua inglese nelle discipline informatiche la dice lunga sulla sostanziale arretratezza italiana in questo settore, anche se vi sono delle fulgide eccezioni sulle quali si torner in seguito5. In particolare, poi, sono arretrate le Facolt di Architettura anche qui con alcune fulgide eccezioni nelle quali, fatto salvo luso di programmi CAD e di software di modellazione tridimensionale, ancora prevale una totale assenza di quella cultura di settore specifica necessaria ad unappropriata consapevolezza disciplinare. Gli architetti, allinterno delle loro istituzioni accademiche, fatte salve, come s detto, le eccezioni, non solo sono a digiuno di Computer Science ma sono anche del tutto inconsapevoli della loro arretratezza. Questa condizione generale li taglia fuori non soltanto dal mercato e dalla competizione sul piano di unofferta didattica competente ed aggiornata, ma anche e questo , forse, laspetto pi grave e compromissorio dalle ricerche pi avanzate che non possono svolgersi in assenza di strumentazioni e metodologie logico-procedurali attinenti al settore dellinformatica applicata allarchitettura sia in fase analitica che in fase progettuale. Del tutto diverso il discorso se ci si riferisce agli studenti pi giovani. Questi, infatti, non soltanto mostrano la piena consapevolezza dell indispensabilit di un aggiornamento in chiave informatica dei processi progettuali dell architettura ma anche la predisposizione e la volont di partecipare ad una ridefinizione disciplinare e culturale complessiva operata alla luce della Computer Science. Per citare ancora Papert, i giovani hanno piena

coscienza della indispensabilit di una preparazione professionale e progettuale orientata in senso informatico e, in pi, mostrano di possedere una vera e propria predisposizione empatica di accoglienza del computer nei loro orizzonti culturali ed intellettuali. E, nonostante sia diffusa lopinione contraria, sono proprio i tanto vituperati videogiochi che aprono i giovani fin dalla pi tenera et verso forme di comunicazione, di cultura e di apprendimento sostanzialmente diverse da quelle tradizionali6. Ha scritto, a questo proposito, Papert:
La scuola vorrebbe far credere ai genitori i quali onestamente non sanno come interpretare la lampante passione dei figli per i videogiochi che i bambini li amano perch sono facili mentre odiano i compiti perch sono difficili. In realt, di solito vero il contrario. Qualsiasi adulto convinto che questi giochi siano facili non deve fare altro che mettersi davanti a una tastiera e provare a districarsi. Sono perlopi ardui, irti di informazioni oltre che di tecniche complesse e di difficile apprendimento, e spesso la comprensione delle informazioni richiede pi sforzo e pi tempo della tecnica di gioco stessa. () I videogiochi insegnano ai bambini ci che i computer incominciano a insegnare agli adulti, e cio che alcune forme di apprendimento sono rapide, coinvolgenti e gratificanti. Il fatto che richiedano un immenso dispendio di tempo e nuovi modi di pensare un prezzo piccolo da pagare (e forse addirittura un vantaggio) per avere accesso al futuro. Non c da stupirsi che la scuola, al loro confronto, appaia a molti giovani, noiosa e decisamente avulsa dalla realt7

Un discorso, questo accennato da Papert, svolto per la scuola ma che, mutatis mutandis, sembra applicarsi con estrema facilit alla realt educativo-formativa di molte Facolt di Architettura italiane. Laspetto pi grave della questione rimane, in ogni caso, quello che, come si detto, le istituzioni, per lungo tempo, sono restate inerti e che non hanno fatto nulla per laggiornamento informatico complessivo macchine, software, personale docente, tecnici, laboratori specializzati, connessioni in rete, ecc. ; e anche se oggi, sotto questo profilo qualche miglioramento esiste, bisogna dire che ci che ancora manca laffermarsi di una mentalit logico-speculativa adatta ad accogliere le procedure logiche dellinformatica allinterno della ridefinizione delle caratteristiche delle aree disciplinari. Ma, tralasciando queste considerazioni di natura generale, a questo punto la domanda potrebbe essere: che cosa la Progettazione Assistita? E, soprattutto: necessario concedere allinformatica una presenza che va ben al di l del fornire strumentazioni utili, ed aprirsi alle metodologie, alle logiche ed alle procedure che essa sottintende per con-

frontarle con quelle proprie dei vari settori disciplinari E essa di qualche effettiva utilit? Chi scrive si convinto, nel tempo ed a prezzo di grandi sacrifici personali, della sua reale utilit e, soprattutto, della necessit di riconsiderare procedure e metodi propri dellanalisi e del progetto di architettura alle varie scale di intervento confrontandoli e verificandone la struttura logica con quella della Scienza dei Calcolatori. Tra laltro, hanno contribuito a consolidare questa mia convinzione proprio gli allievi dei passati corsi di PTA. Essi hanno risolto dei problemi di rappresentazione e interpretazione di elementi spaziali assai complessi facendo ricorso ad una serie di procedure ed a una metodologia progettuale che sembra essere, almeno in prima analisi, la contraddizione di tutto quello che uno si aspetterebbe si debba fare con un computer. Lincipit del loro iter progettuale, infatti, stato quello di produrre schizzi creati con le tecniche pi disparate acquerelli, pastelli, disegni frettolosi a penna, matita grassa, carboncino, sanguigna, ecc. assolutamente liberi che, poi, in un lento e progressivo processo di maturazione ed autoconvincimento, sono stati a poco alla volta trasferiti nella logica della grafica assistita dal computer. Gli esempi sono estremamente interessanti come viene mostrato pi avanti in questo lavoro. Si tratta di lavori e definizioni spaziali assolutamente molto complicati. Alcune delle soluzioni sono state tracciate ricorrendo a sofisticatissime tecniche di rappresentazione che presentano non poche difficolt procedurali; queste sono state risolte proprio come fanno i bambini con i videogiochi di cui ci parla Papert in base ad intricate strategie, complesse articolazioni e stratagemmi specifici del CAD, del rendering e della modellazione spaziale e di superficie. La conclusione cui sono giunto, non senza una punta di orgoglio, che ho avuto degli allievi molto bravi. La cosa di cui sono convinto che anche gli allievi futuri lo saranno e, forse, anche di pi. Perch lesperienza e il training in questo campo sono paragonabili agli splendidi percorsi di autoistruzione che seguono i musicisti veri, i grande chitarristi come, ad esempio, Jimi Hendrix. Si tratta di procedimenti scelti, in base ad una vera e propria vocazione. In questi casi tutte le difficolt sono viste come altrettante occasioni di crescita. E lo spirito giovane quello pi adatto a questo tipo di sfida. La cosa interessante dellesperienza degli anni trascorsi nella sperimentazione disciplinare il fatto che l80% circa degli allievi che danno questi risultati non hanno mai, prima delloccasione del corso di PA, avvicinato un computer n tantomeno un programma CAD o di modellazione. Ma la circostanza che desta maggiore meraviglia quella che essi hanno tradotto, nel linguaggio astruso e piuttosto bloccato, asettico, in qualche

modo angusto del CAD, forme libere corrispondenti ad idee, per cos dire, fluide, per la maggior parte caratterizzate, sul piano figurativo, in maniera fortemente espressionista. Proprio il contrario di quello che ci si aspetterebbe da unesperienza progettuale guidata da computer che, di fatto, tendenzialmente favorisce il lavoro modulare e ripetitivo ma che diventa strumento assai ostico quando si tratta di piegarne la logica allardito scorrere delle forme in libert. Ed stata lidea dellintegrazione tra tecniche di rappresentazione tra loro estremamente distanti il carboncino, lacquerello da un lato e la modellazione digitalizzata dallaltro che ha permesso questo piccolo miracolo di procedura e di risultati formali. Lesperimento, tra laltro, ha mostrato come, nonostante si sia istintivamente portati a credere il contrario, da un lato la padronanza del disegno libero si andata, man mano, perfezionando e, dallaltro, la tecnica del disegno computerizzato di assoluta precisione si consolidata, negli allievi, in un dominio completo e consapevole della macchina e delle sue prestazioni. Il risultato che gli studenti hanno compreso molto bene come indagare, con laiuto di un computer, nel processo di definizione formale dellarchitettura e, ci che poi ci interessa particolarmente, hanno saputo definire con estrema correttezza sempre grazie al computer laspetto tecnologico, costruttivo e strutturale dellopera che si andava definendo, specificando particolari costruttivi, processi tecnologici, materiali da costruzione da impiegare, metodologie di produzione e controllo. Comprendere perch questo sia accaduto uno dei compiti del nostro futuro lavoro. Interessante, insomma, analizzare il passaggio dalla suggestione formale iniziale ancora probabilistica, fluida, imprecisa proprio come il modo di pensare dellarchitetto secondo la bella definizione di Thomas Negroponte alla geometria di supporto per la costruzione computerizzata, rigorosa e, successivamente, alla definizione strutturale (materiali e rapporti proporzionali tra le parti proprio secondo un modo di concepire larchitettura come sistema-struttura, tipico dei grandi architetti del passato il pensiero corre insistentemente a Palladio sul quale si torner ampiamente nel seguito di questo scritto). Ha scritto, a questo proposito, Negroponte:
In partenza, il progettista ha in genere una visione molto confusa del suo problema specifico e perci ha bisogno di trovare nella macchina comprensione e tolleranza mentre ricerca una coerenza tra i criteri, la forma e il metodo, tra lintenzione e lo scopo. La progressione dal viscerale al razionale pu essere espressa in successivi enunciati provvisori di dettaglio e revisioni continue dei metodi stessi.8

E, ancora pi avanti, aggiunge:


Spesso, in un dialogo di progettazione, lincertezza delle linee esprime il grado di chiarezza del pensiero architettonico. La rappresentazione concreta di unidea deve corrispondere allo stadio del disegno. Non si fa uno schizzo con una matita 6H e non si fa un disegno esecutivo a mano libera con il pennarello. Lelaborazione di un progetto un processo di graduale affinamento sia della comprensione che della rappresentazione dellimmagine del problema. Uno schizzo a linee rette su di un tubo a raggi catodici potrebbe dare unidea di compiutezza dannosa al dialogo e al progetto.9

Questa considerazione sul tipo di processo di pensiero tipico dellarchitetto progettista ci dice che il discorso che, nel seguito, ci aspetta estremamente complesso e si occuper anche di forma dellarchitettura, nonostante questo possa sembrare lontano da un tradizionale corso di Tecnologia dellarchitettura. La domanda di fondo che ci assilla da qualche tempo infatti pressappoco questa: chi lha detto che per occuparsi di tecnologia bisogna necessariamente tagliare fuori dal discorso qualsiasi considerazione di tipo formale e bisogna negare qualsiasi valenza estetica? Eppure, se ci si fa caso, esiste una vera e propria autocensura da parte degli architetti nei riguardi di qualsiasi libert estetica, anzi di qualsiasi discorso specificamente estetico. E molto difficile, infatti, che in un corso di tecnologia o di composizione si parli liberamente di estetica dellarchitettura. O, per dir meglio, assai improbabile, nel tempo che ci troviamo a vivere, che le valutazioni estetiche, di per s, possano assumere esplicitamente il ruolo di principi-guida per la progettazione. I principi possono essere i pi disparati come, per esempio, quello funzionale; gli strumenti possono essere gli organigrammi, la verifica strutturale, impiantistica, tipologica e cos via. Ma definizioni di bellezza, forma, sono assolutamente desuete, non proponibili o, almeno, non in veste ufficiale, manifesta; esse non possono essere apertamente sbandierate. I discorsi estetici hanno la necessit di camuffarsi sotto altre vesti. In sintesi: non sembra pi essere proprio dello spirito del nostro tempo parlare in termini di estetica e di bellezza. E questa situazione non , poi, a voler riflettere, recentissima. Si parlato di bellezza e di forma nel campo dellarchitettura fino ai primi decenni di questo secolo. Penso allArt Nouveau, alle teorizzazioni di Van de Velde, di Peter Behrens. Poi tutto stato come soffocato dal discorso di necessit. Certo, sono proprio Van de Velde e Behrens ad aprire, per primi, il discorso della modernit in architettura. Ma i termini del loro discorso sono

comunque intorno ad un nuovo concetto di bellezza moderna. Una bellezza moderna che non pu pi accontentarsi del passato e dellorribile pasticcio stilistico che a questo si accompagnava. Un pasticcio che assumeva le dimensioni di un vero e proprio incubo:
Quelli della mia generazione ha scritto a questo proposito Van de Velde - hanno conosciuto questo incubo di essere allevati da persone dallintelletto obnubilato che giocavano con gli elementi organici dellarchitettura come fanno i bambini con le scatole di costruzione; che mettevano insieme colonne e archi, frontoni e cornici senza ragione, senza nesso, senza funzione; che si ostinavano, come solo dei pazzi sanno fare, a coprire tali incoerenze con donne nude e fiori. E stato lorrore di questo incubo, lorrore di quelle forme fiacche di donna e la stupidit dei fiori, lorrore di quella prassi e la paura di fare la stessa fine, che ci ha spinti a intervenire e a invocare la ragione.10

Queste le motivazioni addotte da Van de Velde. Il tentativo quello di ricollocare, in un nuovo e pi corretto orizzonte di senso, la costruzione della bellezza architettonica. Ma, dobbiamo prenderne atto, pur sempre questa rimane lunico vero obbiettivo del procedere architettonico:
La bellezza ci appare, in natura, libera da ogni intervento dellarte e dellartista. Non deve niente n alluno n allaltra, anzi indica loro la via da percorrere (i fiori, gli alberi, i corpi degli animali e delluomo). Dora in poi, vorremmo veder applicate le parole con propriet. Non importa che non ci siano termini precisi per coloro che creano la Bellezza. E gente rara, come i geni; e lo stesso sentimento popolare non li proclama forse semi-dei? Oggi il termine meno adatto che mai. Siamo meno portati a far intervenire la Divinit in quello che facciamo; ma questa tendenza allempiet non ci impedisce di esigere un culto della Bellezza e di considerare come esseri sacri o consacrati coloro che vi si dedicano e che cooperano a moltiplicare la Bellezza e le cose belle attorno a noi. Poeti, musicisti, pittori e scultori hanno usufruito del beneficio e della gloria di tale consacrazione; e certamente ci che ha fatto loro attribuire questa considerazione eccezionale, pi che la perfezione, stata la bellezza irresistibile, palpitante e animata, lumanit e la vita che hanno manifestato nelle loro opere.11

Parole, queste, che esplicitamente sottolineano quanto prima si sosteneva. In particolare, da quando sorto il razionalismo, sembra che la parola bellezza sia stata bandita dai discorsi ufficiali; come se avesse perduto qualsiasi credito e significato presso gli architetti e, conseguentemente, sia stata in qualche modo allontanata dal lessico corrente del progetto di architettura. Perch ci sia accaduto faccenda troppo complessa da analizzare in questa sede e lontana dagli intenti particolari che qui ci animano12.

La PA , dunque, una terra di frontiera e, come tutte le terre di questo tipo, presenta pericoli notevoli per chi intenzionato a transitarla. E necessario possedere come dire? tutte le carte e le autorizzazioni necessarie. Oltre a ovvi motivi di competenza, per cos dire, territoriale, v soprattutto la paura che incute un oggetto sconosciuto quale il computer. V la consapevolezza che gli strumenti tradizionali di rappresentazione non hanno pi il predominio e devono, per cos dire, essere reinventati, risemantizzati in un processo nuovo di significazione pi complesso i cui termini, per la maggior parte, sono sconosciuti. Ma la risemantizzazione degli strumenti tradizionali di rappresentazione, come si detto, un processo gi in atto. E sono proprio gli allievi di un corso di PA o tutti gli altri giovanissimi che sono inseriti in processi produttivi analoghi ad essere i primi sperimentatori. Bisogner, dunque, per primo, che gli allievi si procurino un blocco da appunti sul quale tracciare in quello che io vorrei fosse un vero e proprio brainstorming grafico-annotatorio schizzi di idee, pezzi di progetto, appunti, concetti poco chiari, associazioni di idee, simboli, graficismi. Insomma bisognerebbe disporsi, di buon grado, a dare libero corso a tutte le associazioni di idee (grafiche, progettuali, spaziali, funzionali, tipologiche e cos via) preparandosi alliter progettuale vero e proprio, concretizzando quellincertezza delle linee che, come afferma Negroponte, esprime il grado di chiarezza del pensiero architettonico e predispone allattivazione dellimmaginazione progettuale. In altre parole, visto che la macchina avr il compito della computazione, della precisione ossessiva del disegno (spinta fino allottava cifra decimale), della sua rigorosa esecuzione, allarchitetto rimane aperto il campo della riappropriazione del senso profondo del fare architettura, del completo dominio logico-creativo e, bisogna aggiungere, estetico del procedimento progettuale. E da questo punto di vista, anche se potr sembrare anacronistico, io credo che i vecchi corsi di Disegno dal vero, basati su sedute estemporanee, in un continuo processo di approfondimento grafico e, dunque, di conoscenza specifica dellarchitettura, degli spazi urbani e della logica compositiva delloggetto architettonico, nonch della sua struttura tecnologico-costruttiva avevano grande significato e notevole importanza nella formazione dellallievo-architetto e contribuivano massicciamente alla costruzione di un patrimonio critico che entrava immediatamente nel loro specifico bagaglio professionale; tutto ci sembra, oggi, irrimediabilmente perduto. E assolutamente necessario riappropriarsi del senso del disegno perch, come sar mostrato in seguito, il disegno soprattutto insostituibile strumento di profonda rifles-

sione sulla forma architettonica (analisi) ed anche quasi immediatamente pensiero progettante. Non possibile pensare di progettare senza disegnare perch la concatenazione disegno = geometria = progetto sempre assolutamente vera, anche nellepoca della cosiddetta rivoluzione informatica. Non c progetto se non c geometria e non c geometria se non c disegno. E possibile affermare che la geometria il metalinguaggio del progetto di architettura; anche la tecnologia, checch se ne possa pensare, , in qualche modo, sottomessa alla geometria, ai rapporti tra le parti, alla logica di organizzazione dei corpi nello spazio. La geometria , insomma, il linguaggio di costruzione di base del progetto, il metalinguaggio organizzativo della struttura logica dellarchitettura. La cosiddetta resistenza di forma che, poi, in architettura tutta la resistenza delloggetto generata dalla disposizione degli elementi nello spazio, dal loro mutuo rapporto, dallinfluenza, cio, che ognuno esercita sugli altri e che riceve dagli altri perch occupa quella determinata posizione nello spazio e non unaltra, dunque conseguenza della geoentria che la struttura assume una volta costruita e determinata univocamente. Una definizione accettabile di metalinguaggio suona pressappoco nel modo che segue: un metalinguaggio pu considerarsi un sistema di segni foggiati per lanalisi delle strutture linguistiche generali e perci appartenente alla logica e non alla scienza dei linguaggi concreti. Questa definizione ci aiuta a comprendere il ruolo giocato dalla geometria nella costruzione dellimpalcatura portante del progetto di architettura. Esempi classici sono: il metodo di lavoro e di impostazione del progetto tipico di Andrea Palladio basato sulla costruzione di una griglia geometrica adatta a congelare, per cos dire, nello spazio i rapporti proporzionali tra le parti e di queste con il tutto; linseguire da parte di Le Corbusier le regole della proporzione aurea in ogni opera non soltanto sua ma anche in quelle dellantichit.
LAFNOR scrive Le Corbusier - propone di normalizzare gli oggetti della costruzione (delledificio); il metodo semplicistico, semplice aritmetica, semplice campione dei metodi e delle consuetudini degli architetti, degli ingegneri, degli industriali. Esso mi appare arbitrario e povero. Gli alberi, ad esempio, col loro tronco, i loro rami, le loro foglie e le loro nervature, dimostrano che le leggi di crescita e di combinazione possono e devono essere pi ricche e sottili. Un legame matematico deve intervenire in quelle cose. Io sogno di sistemare, nei cantieri, che copriranno pi tardi il paese, un reticolo di proporzioni tracciato sul muro o appoggiato al muro, fatto di strisce di ferro saldate, che sar la regola del cantiere, la norma che offrir una serie infinita di differenti combinazioni e proporzioni; il muratore, il carpentiere, il fabbro vi sceglieranno in ogni istante le misure del loro lavoro e le cose fatte, anche se diverse e differenziate, saran-

no testimonianze di armonia. Questo il mio sogno.13

Unidea generalizzante, dunque, quella che prelude alla costruzione del Modulor, basata sulle regole della sezione aurea, che servono anche a rintracciare i principi geometricocompositivi delle opere dellantichit: il Partenone, labbazia di Chaalis nei pressi di Parigi, bassorilievi del Tempio di Seti I a Abydis e cos via.14 Ma lesempio pi illuminante, a mio parere, proprio il lavoro di organizzazione della forma costruttiva della cattedrale gotica e il suo occupare sapientemente lo spazio, le tecniche elaborate da quei lontani e anonimi costruttori nel tagliare i conci, razionalizzarne la forma, standardizzarli per un pi corretto processo costruttivo, assemblarli secondo schemi e forme intelligenti. Villard de Honnecourt ci ha lasciato nel suo taccuino ampia testimonianza di tutto ci. Tutto questo significa che, approfittando della presenza del computer e delle stimolazioni logiche che esercita sulla mente dellarchitetto, necessario immergersi in un nuovo processo epistemologico teso alla riappropriazione dei significati di fondo dellarchitettura. E necessario, quindi, cercare di fare a meno di tutto quello che in qualche maniera si sovrappone ad esso (funzionalismo, proiezioni socio-economiche, interpretazioni storicistiche, tecnologismi, ecc.) per giungere al significato, per cos dire, primario del processo progettuale. E qui, anche riferendoci ai pi grandi trattatisti e teorici dellarchitettura come Vitruvio, Palladio, Leon Battista Alberti e, come ora ricordavo, Le Corbusier, scopriamo che una delle componenti fondamentali del processo progettuale si basa sul rapporto che esiste tra la costruzione realizzata nello spazio e la geometria generativa che ne alla base, il metalinguaggio che serve alla sua ideazione. Ed allora ci appare con maggiore chiarezza il modo di pensare dellarchitetto progettista: egli parte da una sorta di intuizione, per cos dire, fluida del problema che si presenta al suo cospetto e tutto il processo progettuale ha lo scopo di portare a chiarezza questa prima intuizione. Un modo di pensare, come ci ha ricordato Negroponte, che procede per successivi gradi di confusione alla quale corrisponde unaltrettanto confusa produzione di linee nel disegno. Questa circostanza pone un problema: come conciliare limprecisione del procedere del progettista con la precisione della macchina? Come avremo modo di vedere in seguito questo soltanto in apparenza un problema.

NOTE
1 I corsi che ho tenuto per anni presso la Facolt di Architettura dellUniversit di Napoli Federico II e che, attualmente, svolgo presso la Facolt di Architettura di Pescara e il Corso di Laurea in Edilizia di Cava dei Tirreni della Facolt di Architettura di Napoli Federico II, portano la titolazione Progettazione Tecnologica Assistita. Sullaggettivo tecnologico avrei da esprimere una serie di riserve, per certi versi ovvie. Non credo possa parlarsi, a stretto rigore, di una progettazione tecnologica dellarchitettura. Potrebbe trattarsi, a voler essere pignoli, di un corso particolarmente orientato allo sviluppo dellaspetto costruttivo del progetto di architettura. Ma questo avrebbe senso soltanto in maniera molto schematica perch, ovviamente, non ha assolutamente significato sul piano logico e di qualsivoglia metodologia didattica, scindere gli aspetti architettonici da quelli tecnologico-costruttivi quando ci si occupa di progetto di architettura. Pertanto il corso dovrebbe, pi correttamente, intitolarsi Progettazione assistita dallelaboratore. Ed anche su questa affermazione ci sarebbe, a rigore, da obiettare. Lenfasi sulluso del computer nella progettazione architettonica oggi pu ancora avere qualche significato ma, molto verosimilmente, per poco tempo ancora come bene hanno affermato Mitchell e McCullough alla fine di un loro libro sulle strumentazioni informatiche a disposizione dellarchitetto progettista: Quando gli strumenti sono nuovi (come lo il computer) possono sembrare strani e venire interpretati come antagonisti ai loro predecessori. () Con landare del tempo, man mano che il loro impiego diventa una consuetudine e una pi matura comprensione di fondo riesce a svilupparsi, le vecchie locuzioni suonano sempre pi strane e vengono abbandonate. La tecnologia diventa trasparente. Gli odierni automobilisti hanno smesso da tempo di pensare di essere impegnati in un viaggio senza cavalli: gli architetti di oggi sorriderebbero allidea di una progettazione assistita dalla matita. I cronisti del nostro tempo potrebbero un giorno chiedersi: progettazione assistita dal calcolatore, chi era costei? Per loro sar soltanto progettazione. William J. MITCHELL, Malcolm McCULLOUGH, Digital, Design, Media. Strumenti digitali per il design, larchitettura e la grafica, McGrawHill, Milano, 1996, p. 420. 2 C chi ha tentato di comprendere quale sia la velocit caratteristica alla quale viaggiano le tecnologie informatiche. Si scopre, cos, che una valida unit di misura il cosiddetto anno-Internet e che questa unit equivale a circa sette anni reali. Chi sviluppa prodotti oggi si riferisce agli anni-Internet, equivalenti approssimativamente a sette anni di calendario; unimpresa che ha un anno-Internet di vita come una che ne ha circa sette In questo senso Internet divenuta, e continuer ad essere, il pi potente test di laboratorio disponibile per le nuove tecnologie digitali in: Larr DOWNES, Chunka MUI, Unleashing the Killer App. Digital Strategies for Market Dominance, 1998, t.i. di G. Negro, Killer App. Strategie digitali per conquistare i mercati, Etas, Milano, aprile 1999, p.33. 3 Seymour PAPERT, The Childrens Machine. Rethinking School in the Age of the Computer, 1993; t.i. di A. Bellomi, I bambini e il computer, Rizzoli, Milano, 1994, p.25. 4 Gregory J.E.RAWLINS, Moths to the Flame. The Seductions of Computer Technology, MIT press, Cambridge Mass., 1996, t.i. di M. Riccucci. Le seduzioni del computer, Il Mulino, Bologna, 1997, p.140. Lo stesso argomento, lineluttabilit dellaffermazione di una nuova tecnologia quando abbia raggiunto un

certo impatto con il sociale trattato nel testo citato di DOWNES e MUI. In questultimo lavoro, per molti versi assolutamente illuminante sulle dinamiche in atto indotte dalle tecnologie digitali e relative strategie di diffusione viene citata una legge (la cosiddetta legge di Metcalfe) in base alla quale una tecnologia non soltanto diviene indispensabile ma, per cos dire, ineluttabile, dalla quale, insomma, qualsiasi soggetto attivo non pu in alcun modo sottrarsi, pena lassoluta esclusione dal mercato e, va aggiunto, da quello della produzione scientifica ed intellettuale. In un regime di concorrenza quale quello in cui le nostre Universit sono state recentemente immesse si tratta di elementi dai quali non assolutamente possibile prescindere. 5 Si fa riferimento al lavoro intrapreso, negli anni 50, dal gruppo di ricerca voluto da Adriano Olivetti, alla costruzione della CEP (Calcolatrice Elettronica Pisana) e, in tempi molto pi recenti, al lavoro dellinge gnere italiano Federico Faggin, ideatore e costruttore dei microprocessori Intel della generazione 8088 e successivi. 6 Allimportanza dei videogames hanno nella definizione di nuovi orizzonti disciplinari e percorsi di sperimentazione nel campo dellarchitettura ho dedicato un mio recente lavoro al quale mi permetto di rimandare: Giacomo RICCI, Itinerari narrativi tra realt e simulazione. La costruzione del museo virtuale del Fiordo di Furore ed altro, Liguori, Napoli, 2006. 7 Seymour PAPERT, op.cit., p.17. 8 Nicholas NEGROPONTE, The Architecture Machine, MIT, 1972; t.i. di Giuliana De Carlo, il Saggiatore, Milano, 1974, p.33. 9 Nicholas NEGROPONTE, op.cit., p.43. 10 Henry VAN DE VELDE, Les Formules de la Beaut Architectonique Moderne, Weimar, 1916; t.i. di G. Bernabei, Zanichelli, Bologna, 1981, p. 46. 11 Henry VAN DE VELDE, op.cit., pp. 85-86. 12 Per unanalisi di questi temi mi permetto di rimandare al mio La cattedrale del futuro. Bruno Taut 19141921, Officina, Roma, 1982. 13 LE CORBUSIER, Le Modulor, t.i. Mazzotta, Milano, 1974, pp. 34 - 35. 14 cfr. LE CORBUSIER, op.cit., p.189 e ss.

capitolo primo
il progetto di architettura e lapporto tecnologico-informatico

Lattivit principale di un architetto dovrebbe essere, com ovvio, quella di progettare: case, edifici, piazze, strade, pezzi di citt e di territorio e cos via. Sembra, quindi, certamente ragionevole mettersi daccordo, in via preliminare, sul senso da attribuire alla parola pro getto. E non si tratta, come al contrario si potrebbe pensare, di una faccenda da poco perch una definizione generale di cosa si debba intendere per progetto di architettura presuppone, da un lato, una chiarezza teorica della quale oggi si avverte sempre pi lassenza e, dallaltro, la necessit di entrare immediatamente nella logica del progettista e, quindi, di comprendere quali siano le fasi fondamentali di un progetto, come sia possibile metterle in atto, quali le strumentazioni pi adatte per ognuna di esse, quali le strade (intellettuali, cognitive, tecniche, normative, legislative e professionali) da percorrere e, alla fine, come commettere il minor numero di errori. Si tratta, dunque, di una grande quantit di operazioni tra loro strettamente correlate le quali implicano molte scelte; si capisce, inoltre, come la grande quantit di passaggi logico-concettuali necessari allattuazione di un simile processo possa generare, se non si confortati da una consolidata esperienza, grande confusione. E si tratta di un disordine molto particolare che pu precedere qualsiasi operazione progettuale. Linesperto pu, insomma, trovarsi nella condizione di non sapere nemmeno da dove prendere linizio: un disordine che potremmo definire una sorta di confusione preliminare di progetto. E anche vero che contribuisce non poco a questa confusione lidea di fondo, tramandata soprattutto dalla cultura ottocentesca, che il progetto sia, prima di ogni cosa, il risultato di una grande istanza creatrice, di uno slancio fantastico, insomma della capacit immaginativa delluomo. Che la capacit creatrice entri a far parte del processo progettuale certamente vero. Avere fantasia e creativit, essere disposti a mettere continuamente in crisi gli obbiettivi che si sono appena raggiunti, riconsiderare parti del ragionamento compiuto in un costante e continuo processo di verifica - di feed back1 si direbbe in cibernetica - sembra pienamente appartenere alla cultura del progetto, al mestiere specifico dellarchitetto.

Ma anche vero che quella della progettazione unattivit delluomo che si impara e che l arte del progettare trasmissibile, codificabile, ammette, cio, delle regole e che queste, proprio in quanto tali, non possono che essere fisse, stabilite, se non una volta per tutte, almeno per un ragionevole arco di tempo. E necessario, dunque, in via preliminare, rendersi conto di un primo fatto fondamentale: tutto ci che immaginario, fantastico ed appare, alla conclusione delliter progettuale, come il prodotto esclusivo dellimmaginazione e della creativit il risultato, in ogni caso, di un insieme normativo fondamentale di riferimento o, come pi banalmente si suole dire, di procedure codificate. La stessa spiccata attitudine di costante verifica dei passi gi compiuti che appartiene alla specifica mentalit progettuale dellarchitetto, in base a cui il gi fatto viene continuamente messo in discussione, ha delle regole fisse, delle metodologie che devono essere pienamente possedute da chi si accinge al mestiere di pro gettista. E, dunque, nel corso dello studio che qui si propone, non ci si dedicher, ovviamente, a coniugare la grande poesia del progetto ed attingere ad una non ben identificata fonte dell arte nel senso ottocentesco del sublime, dellineffabile, quanto piuttosto ad acquisire una tekhne, unarte del fare, per lappunto un mestiere; questo, da un lato far riferimento allinsieme di procedure e metodologie ampiamente consolidate fin dai tempi pi remoti e, dallaltro, tenter di trarre vantaggio da tecnologie e strumentazioni particolarmente innovative come quelle messe a disposizione dallinformatica che, poi, costituiscono largomento fondamentale della nostra discussione. Del resto, anche le opere pi significative delle grandi stagioni dellarte erano fondate soprattutto su un solido lavoro preparatorio e pianificatorio; esse si basavano su di una rigida divisione del lavoro e prevedevano intransigenti percorsi di formazione, di graduale apprendistato, lungo i quali i giovani allievi dotati di buona volont potevano acquisire conoscenza e perizia tali da farne buoni professionisti-artigiani, specializzati in quello specifico mestiere. Certo, il talento era poi quella dote in pi, ineffabile, che faceva la differenza tra il maestro di bottega e il genio creatore; ma si trattava come dire? di un quid in pi, un surplus che stabiliva una personale valenza dellopera, un suo particolarissimo ed inafferrabile temperamento, ch lopera dignitosa di qualit corrente era, in ogni caso, il risultato finale del processo ora detto. Una definizione di architettura che, in qualche modo, si inserisce in questo discorso ed avvalora quello che si sta qui sostenendo quella che si pu derivare dalle teorizzazioni

di Camillo Sitte2 il quale intendeva larchitettura soprattutto come Stadtbaukunst, termine molto eloquente per gli architetti, se interpretato nel suo significato letterale, arte di costruire la citt. Questa definizione tendenziosa perch, in senso strettamente letterale, ammette una tesi, implica, cio, una precisa interpretazione delle finalit del mestiere di architetto, nel senso che tra poco verr precisato. Per ora basta osservare, a questo proposito, che con questo termine si vuol dire che la definizione, ancorch scientificamente valida, ideologicamente pregnante. In altri termini essa certamente a utentica ma racchiude in s unintenzionalit, per cos dire, aggiuntiva la quale identifica il lavoro dellarchitetto in un modo piuttosto che in un altro, lo orienta verso scelte, soluzioni, atteggiamenti culturali ben determinati e non altri. Quali questi siano, per lappunto, lo si analizzer pi innanzi. E per il momento importante rivendicare questautonomia ideologica del progetto e del progettista in unepoca come quella attuale che della tecnica disimpegnata, super partes fa una sorta di ineluttabile necessit. Vale la pena che io lo confessi apertamente fin dallinizio: non credo allesistenza di una tecnologia e di una progettazione architettonica prive di motivazioni ideologiche e completamente staccate dalle implicazioni storiche, dagli interessi e dai condizionamenti esterni. Un esempio molto calzante di come un termine nasconda in s non soltanto una connotazione significativa oggettiva ma anche unorientamento ideologico fornito dal frammento di discorso che ora trascrivo che tenta di individuare una definizione convincente di una parola-chiave fondativa dellarea disciplinare accademica alla quale appartengo: il termine quello di tecnologia e chi ne tenta la definizione Eduardo Vittoria, uno dei padri fondatori dellarea disciplinare in questione:
La progettazione concreta della scienza, strutturante una diversa condizione della realt che soppianta la dinamica tradizionale dello sviluppo umano la tecnologia. Essa configura quellinsieme di azioni genericamente intese con il nome di progresso tecnico-scientifico, nel momento in cui queste non coincidono pi con il solo processo di industrializzazione del lavoro ma tendono a rappresentare le stesse conclusioni vitali dellintero processo conoscitivo. E la tecnologia diventa una energia al di fuori di ogni legge statica e di ognieterna condizione naturale; il progresso che sollecita non collima pi con i fini di un sistema socioeconomico ma con un processo di ricerca continua su tutti gli elementi fondamentali (leggi della natura e della vita) dati e non pi accettati.3

La carica ideologica del tutto evidente e porta Vittoria ad ampliare il significato della

parola, gonfiandola di valenze, prospettive, dinamiche evolutive, orizzonti culturali e di senso altrimenti del tutto estranei al consueto significato del vocabolo in questione. Da queste parole emerge con chiarezza la convinzione che, in una fase avanzata e matura del processo di crescita intellettuale e culturale degli uomini, la tecnologia, intesa come complesso processo intellettuale-conoscitivo, finisca per oltrepassare i limiti angusti ed asettici della strumentazione tecnica, in tutto e per tutto accomodante con lordine costituito, per trasformarsi in un vero e proprio processo di autocoscienza, una sorta di energia disponibile alla ricerca continua e, cio, all autoverifica, alla messa in discussione costante ed impietosa degli equilibri consolidati nella cultura e nel sociale, ivi compresi anche gli interessi e gli scenari totalizzanti della grande industria e della globalizzazione mercantile. Si tratta, conseguentemente, di una definizione, un concetto tendenzioso come prima anticipavo. Se questo modo di procedere presenta ancora una qualche legittimit, la definizione di Camillo Sitte che prima si proponeva sembra piuttosto convincente perch dichiara, in maniera esplicita, la sua appartenenza ad unarea ideologica piuttosto che ad unaltra, la sua fondamentale natura culturale. Nelle riflessioni che seguono, si propender per una tecnologia dichiaratamente schierata verso certe scelte piuttosto che altre proprio come, pi di trentanni fa, Vittoria annunciava nel suo articolo. La definizione di Sitte conferisce, dunque, al progetto di architettura il potere di processo scientifico di analisi, conoscenza e costruzione di tutta la citt. Le conseguenze di questa impostazione ideologica sono fin troppo evidenti: la citt, per Sitte, devessere edificata partendo dalle prospettive di sviluppo (estetiche, tecnologiche, formali, funzionali, linguistiche, filosofiche, ecc.) della disciplina architettonica e non prendendo le mosse da altre dinamiche, che pur esistono nel territorio urbano e sono in esso potentemente ra dicate: potere politico, economico, di gruppi socialmente emergenti, strategie industriali, prospettive di mercato e cos via. La scelta di stabilire una priorit per larchitettura: tutto, almeno sul piano formale-strutturale dei fenomeni urbani, devessere governato dai principi dellarchitettura con i quali necessario entrare in dialettica, in confronto. Dunque, il senso, in qualche modo provocatorio della definizione di Sitte, sta nel fatto che lutile (politico, economico, industriale, ecc.) deve confrontarsi e, in qualche modo, accettare la visione dinsieme della citt che rientra nei compiti dellarchitetto, dialo gare con il portato culturale e normativo di questa disciplina. Semmai con questi ultimi punti di vista larchitettura deve confrontarsi dialetticamente ma come dire? non pu

e non deve esserne le fedele ancella, pena la totale perdita del suo significato e della sua potenzialit scientifica; pena, la perdita di significato della citt e della sua forma ed intelligibilit complessiva. Questa ultima eventualit, come si pu constatare osservando la terra desolata delle nostre citt, accade, purtroppo, molto spesso. E a questo bisogna aggiungere che, almeno nel panorama italiano degli ultimi trentanni, la con creta costruzione della citt stata demandata a figure professionali che poco hanno avuto a che fare con larchitettura e i suoi principi di coerenza formale-costruttiva: soprattutto dovuta alla cattiva speculazione, il pi delle volte sfuggita al controllo del potere politico, una speculazione che ha come solo obbiettivo quello di trarre il maggiore profitto possibile dal suolo edificatorio. Conseguentemente laffermazione di Sitte acquista un significato di particolare rilievo una volta che la si confronti con il panorama attuale della pratica costruttiva della grande citt4. Ma, lasciando da parte limmediatezza polemica di questi ultimi aspetti, bisogna affermare con forza che il lavoro intellettuale degli architetti progettisti dovrebbe apertamente schierarsi a favore di una societ futura dove queste contraddizioni, assieme a tante altre non meno importanti e condizionanti, siano finalmente risolte. Di conseguenza, la nostra attenzione sar appuntata verso la comprensione delle regole del buon costruire in accordo con lo sviluppo e la liberazione delluomo da qualsiasi giogo, dal regno della necessit e della sfrenata competizione, in armonia con lambiente e gli esseri viventi che lo abitano. Ci premesso, come si diceva, il primo compito che si pone allattenzione quello di comprendere quale significato (o quale residuo di significato) possa ancora attribuirsi alla parola progetto. Se si volesse avviare un corso di apprendimento delle tecniche del progetto di architettura per studenti alle prime armi, sarebbe conveniente che lincipit fosse rappresentato da unesercitazione libera, nella quale ad ogni allievo fosse permesso di dare libero corso ai pensieri cos come questi affiorano alla coscienza con immediatezza, senza limposizione di modelli o schemi precostituiti; egli dovrebbe tentare di stendere un progetto basandosi soltanto sulle informazioni che si sono accumulate, lungo il corso del tempo, dentro di lui, nel profondo. Ben presto ci si renderebbe conto che questa iniziale libert sarebbe tale soltanto nelle intenzioni, trasformandosi in una vera e propria rarefazione della buona volont dellapprendista architetto, perch ci che si otterrebbe, in questa eventualit, sarebbe quello di permettere a tutti i luoghi comuni simboli, stilemi, forme

desunte dalla piattezza banale dello pseudopanorama della diffusa periferia postbellica metropolitana, ecc. che si sono raccolti in maniera inconsapevole ed automatica allinterno della sua memoria, di manifestarsi. Dunque, non c, a questo punto, da farsi tante illusioni sullesito di questo primo esperimento: si renderebbero evidenti soprattutto i pregiudizi, i modelli stereotipi interiorizzati senza esserne coscienti, in una parola quelli che, quando si diventa esperti nellarte del progetto, non si esita a definire veri e propri errori di procedimento, di scelta, di stile, di tecnologia. Dal che dobbiamo dedurre, gioco forza, che il processo di apprendimento delle metodologie progettuali un sentiero pieno di trappole. Come dire? necessario caderci dentro almeno una volta per poi evitare, nel seguito, di esserne intrappolati. Gli errori, proprio sul piano dellapprendimento, sono indispensabili alla comprensione; purch siano immediatamente analizzati dal punto di vista critico ed entrino a far parte dellesperienza del progettista. Ma, naturalmente, anche per la definizione di un metodo estremamente empirico, come quello dellipotetica esercitazione che si ora descritta rapidamente, sarebbero necessarie alcune precisazioni preliminari, altrimenti non si saprebbe proprio da dove iniziare. Noi cominceremo dal punto di vista linguistico. Progettare una parola che proviene dal latino proiectare. Intanto la definizione precisa del termine suona pressappoco nel modo che segue:
Progettare = ideare e studiare, in rapporto alle possibilit ed ai modi di attuazione o di esecuzione5.

Sul piano fonetico la parola progetto rimanda, inoltre, alle parole latine proiectus (proiettile) e proiecto-ionis (proiezione) le quali, a loro volta, richiamano, sul piano delle immagini, unoperazione di lancio, di proiezione in avanti, lontano. E dunque, sul piano glottologico e dellimmaginario linguistico, la parola progetto assume compiutamente il significato di un processo di lancio di un qualcosa che teso a spingersi oltre i suoi li miti attuali o naturali. Per questo il progetto di architetttura, in qualche modo, unattivit nella quale sono contenuti molti tratti, procedimenti, atteggiamenti mentali e culturali che sono tipici del pensiero utopistico. Progettare larchitettura e estensivamente, cos come la definizione di Sitte autorizza a fare, progettare la citt significa inventare qualcosa che non c, che nelloggi non presente, non ha luogo e, quindi, si gnifica organizzare il futuro e, dunque, procedere proprio come fa il pensiero utopistico. La parola utopia, che, com noto, nella sua radice etimologica sta a significare non-

luogo, riportata in un contesto nel quale si parla degli aspetti concreti, tecnologicocostruttivi del progetto di architettura, non deve spaventare o indurre a pensare che si stia costruendo uno sterile paradosso; al contrario, essa, proprio se utilizzata in questo contesto logico-culturale, assume pienamente un significato progressivo, per lappunto progettuale, di proiezione-anticipazione di tendenze che, pur se dissimulate e disseminate in maniera disorganica e disordinata nella realt presente, hanno molte probabilit di inverarsi. In questo modo, il lavoro progettuale-utopistico assume un particolare ruolo di possibile indirizzamento di queste tendenze, di riorganizzazione delle stesse in un piano progressivo e razionale di possibile e prevedibile sviluppo. Il progetto architettonico e urbano, in questo modo, diviene previsione-proiezione di una possibile pianificazione scientifica della citt e, pi in generale, dellambiente, della sua forma complessiva, e la tecnologia assume pienamente quel significato di cui, come s gi visto, Vittoria sottolineava la valenza, una sorta di energia al di fuori di ogni legge statica e di ognieterna condizione naturale, la quale mette in moto quel processo di ricerca continua e di critica proiettata sui dati fondamentali del reale i quali vengono smascherati come regole, restrizioni che irregimentano la vita in alcuni schemi di comportamento civile e culturale che non sono pi accettati come scontati e fissati una volta per tutte. In questo modo lattivit utopistica cessa di essere volgare evasione, sciocca fantasticheria senza senso, ed assume pienamente il senso che in sede teorico-filosofica una approfondita discussione la quale prende le mosse da studi come il Geist der Utopie del 1919 di Ernst Bloch ha finalmente sancito. Lutopia, dunque, finisce, in larga misura, per coincidere con il progetto6. La cosa progettata, infatti, non ha luogo concreto se non nel pensiero delluomo, proprio come accade per lutopia. Lattivit del progetto crea, dunque, qualcosa dal nulla ed , per questo suo particolare aspetto, certamente tra le attivit pi affascinanti che luomo possa svolgere. Naturalmente se ne parla qui in termini generali e, quindi, ci si pu riferire tanto al progetto di architettura, cos come qui si sta facendo, che ad un qualsiasi altro tipo di progetto di idee, letterario, artistico, politico e cos via; riferendoci a De Fuscio potremo dire che ci si riferisce a questa parola sia in senso stretto, architettonico, sia in senso pi ampio e metaforico. Progettare , dunque, unattivit propria delluomo. Anzi, si pu dire di pi: che non pu esistere attivit delluomo senza progetto. La progettazione eseguita dalluomo specificamente unattivit intellettuale, logica, ed , di conseguenza, un intrico di pensieri e di

soluzioni possibili, una fuga continua di domande che si accavallano e si aggrovigliano tra loro. Essa una delle componenti fondamentali dellattivit cerebrale delluomo presa nel suo complesso. Ma, dellattivit cerebrale delluomo e delle sue specifiche modalit di funzionamento biologico noi conosciamo molto poco; come a dire che sappiamo molto poco di noi stessi. La domanda , allora: come facciamo a parlare di una cosa che conosciamo molto poco? In tutti i casi in cui non abbiamo sufficienti informazioni, per procedere nella conoscenza dobbiamo immaginare, supporre, formulare delle ipotesi. Ed ecco che, allora, anche nel campo del progetto di architettura, ci lanciamo in unoperazione complessa di supposizioni, inventiamo soluzioni e strategie, formuliamo continuamente ipotesi le quali sono perennemente messe in crisi e lasciano il posto ad altre nuove. Per questo motivo tutto quello che si dir tra poco ipotetico, suscettibile di verifica, per certi versi addirittura opinabile. Formuleremo, insomma, delle ipotesi sui meccanismi di formazione del progetto. E, per evitare larbitrariet di ipotesi comunque formulate, magari in maniera troppo disinvolta e affrettata, ci baseremo sullautorevolezza culturale e scientifica di veri e propri protagonisti della storia dellarchitettura e delle costruzioni come, ad esempio, Vitruvio. In generale ogni disciplina esplicitamente fondata su attivit progettuali si basa sui crediti, per cos dire, acquisiti nel tempo dalle opere teoriche, come trattati e manuali, o da concrete costruzioni dei suoi protagonisti principali che possono essere considerati, a tutti gli effetti, dei maestri. Daltro canto ogni maestro ha i suoi discepoli. I discepoli non sono soltanto quelli che gli sono vicini nel tempo e nello spazio come i ragazzi della bottega di Raffaello o gli allievi di Wright. Oltre questi, a giusto diritto, possono considerarsi discepoli tutti gli studiosi di un determinato argomento che si succedono nei secoli; questi ultimi, insomma, vanno valutati diacronicamente, e, cio, come appartenenti a tutte le epoche storiche; e congiuntamente vanno inoltre presi in considerazione anche i detrattori di un certo personaggio o della sua scuola, tutti quelli che, cio, rifacendosi a teorie diverse ed interpretazioni fondative della disciplina architettonica diametralmente opposte, ad essi si sono contrapposti con enfasi e con piglio battagliero. Come dire? - non soltanto chi daccordo con una scuola ma anche chi le si oppone serve per sottolinearne limportanza, il diritto ad esistere. E proprio la vivacit della dialettica e del dibattito culturale intorno allopera di un maestro che ne rivela il grado dinfluenza che essa esercita e, dunque, la permanenza di significato lungo il corso della sto-

ria. Vitruvio, ora citato, un esempio illuminante di questo rapporto che esiste tra il territorio delle teorie dellarchitettura e le vicende della storia, a seconda delle stagioni culturali e delle visioni di significato che esse sottintendono. La valutazione intorno al significato dellopera di Vitruvio ed al suo valore nel campo delle teorie dellarchitettura e della progettazione, infatti, certamente variata da epoca ad epoca. Il rapporto pu anche mutare seguendo alterne vicende ma ci che conta, per noi, la sua presenza nel corso del tempo, presenza che assume il senso di vero e proprio nucleo culturale, un grumo di significato, per cos dire, intorno al quale si coagulano interessi e dibattito e che, per questo motivo, acquista il ruolo di uno dei tanti punti di riferimento diacronico che esistono nel corso della storia per le stagioni culturali successive. E, dunque, possibile pensare di costruire dei lineamenti normativi per la disciplina architettonica e per il progetto se ci si riferisce ai trattati , ai manuali ed ai maestri e se si rapporta continuamente questo corpo teorico alla nostra epoca storica, alla contingenza delle situazioni particolari che ci troviamo a vivere, alle necessit del tempo presente nel quale siamo immersi ed alle prospettive future verso le quali siamo proiettati. Naturalmente, siamo portati a cogliere preferenzialmente del passato ci che, per noi, ancora vitale o, per dirla con Walter Benjamin, il contenuto di futuro congelato nel passato che non si potuto inverare o, per usare le parole di Ernst Bloch, quelle utopie nascoste del tempo remoto, rivoluzionarie per il loro contenuto, che il tempo non volle consentire, vuoi per le limitazioni proprie della cultura e linsufficienza degli effettivi mezzi dellepoca, vuoi per lostacolo delle classi al potere che vedevano, in qualche maniera, i loro privilegi messi in discussione. O, forse, solo per paura, per ignoranza, pigrizia, incomprensione, incapacit di coglierne il vero valore.7 E, riprendendo il senso che assume la speculazione logico-filosofica svolta da Benjamin rispetto al significato del termine progetto inteso in senso complessivo e metaforico vale la pena qui richiamare quellimmagine allegorica dellangelo della storia che da sempre si accompagna al suo pensiero. Molto stato detto e scritto sullangelo be njaminiano a proposito e moltissimo a sproposito, anche dagli architetti. La vulgata degli anni passati, il pi delle volte, ha avuto il solo scopo di ripiegare le tesi e la complessit del pensiero dellautore di Angelus Novus ai fini della dimostrazione delle proprie idee e, frequentemente, per raggiungere scopi di natura non precisamente culturale. In realt loperazione che Benjamin effettua leggendo e decodificando lomonimo acquerel-

lo di Paul Klee, paragonando langelo all interpretazione progressiva e rivoluzionaria della storia, contiene una tesi molto pi complessa ed affascinante che non la lettura banalizzata che stata pi volte proposta8. Ma leggiamo direttamente Benjamin; innanzitutto la descrizione dellAngelus Novus di Klee:
C un quadro di Klee che sintitola Angelus Novus. Vi si trova un angelo che sembra in atto di allontanarsi da qualcosa su cui fissa lo sguardo. Ha gli occhi spalancati, la bocca aperta, le ali distese. Langelo della storia deve avere questo aspetto. Ha il viso rivolto al passato. Dove ci appare una catena di eventi, egli vede una sola catastrofe, che accumula senza tregua rovine su rovine e le rovescia ai suoi piedi. Egli vorrebbe ben trattenersi, destare i morti e ricomporre linfranto. Ma una tempesta spira dal paradiso, che si impigliata sulle sue ali, ed cos forte che egli non pu chiuderle. Questa tempesta lo spinge irresistibilmente nel futuro, a cui volge le spalle, mentre il cumulo delle rovine sale davanti a lui nel cielo. Ci che chiamiamo progresso questa tempesta9

Si tratta, come ha scritto Renato Solmi nellIntroduzione alla traduzione italiana della raccolta di saggi benjaminiani e come un attimo fa si anticipato, di un interpretazione schiettamente allegorica del quadro. Quello che Benjamin:
... formula come ideale di ogni traduzione , mutatis mutandis, anche lideale della sua critica. E come i commentatori medioevali distinguevano gradi diversi e successivi di interpretazione (letterale, allegorica, anagogica) cos fa, in qualche modo, anche Benjamin: dove linterpretazione allegorica sembra costituire, anche per lui, un grado legittimo e superiore di comprensione.10

La lettura critica dunque, sul piano metodologico, del tutto simile all interpretazione dei testi antichi (Biblia); essa ermeneutica e, cio, larte di interpretare il senso di antichi testi e documenti. Limmagine dellAngelus, di conseguenza, una sorta di scrittura da leggere, interpretare secondo i gradi stabiliti dai commentatori medioevali. Il senso pi profondo sta, quindi, in come leggere il passato.
Nellidea di felicit - precisa Benjamin - vibra indissolubilmente lidea di redenzione. Lo stesso vale per la rappresentazione del passato, che compito della storia. Il passato reca seco un indice temporale che lo rimanda alla redenzione. C unintesa segreta fra le generazione passate e la nostra. Noi siamo stati attesi sulla terra. A noi, come ad ogni generazione che ci ha preceduto, stata data in dote una debole forza messianica, su cui il passato ha un diritto. Questa esigenza non si lascia soddisfare facilmente.11

La visione benjaminiana della storia presuppone che sia avvenuto un colossale disastro; eppure, al di sopra del tempo, nonostante tutto, nonostante la dissoluzione e la perdita assoluta di significato che conseguono ad una catastrofe immane, sono ancora sospese le speranze delle passate generazioni. Gli uomini del passato hanno fidato in noi che siamo comparsi successivamente su questa terra. Concetto, questo, straordinario che collega gli uomini in una sorta di spazio metastorico o, forse, addirittura metafisico (dove il culturale, il politico e la storia si fondono annullandosi) sincronico; nel quale, insomma, il passato si attualizza e fa avvertire la sua presenza nel tempo presente. Si tratta di una convinzione comune a molti intellettuali moderni, in specie del primo Novecento; ad esempio a Ren Daumal che, giunto alla fine della sua rapida esistenza, scrive le pagine straordinarie de Il Monte analogo, descrivendo una via di accesso ad unumanit superiore (essa pu, deve esistere materialmente altrimenti - egli afferma - la nostra situazione sarebbe senza uscita) che il cammino compiuto a tappe da gruppi di scalatori della montagna i quali lasciano, per quelli che verranno, tracce della loro esperienza nei rifugi alle diverse quote. In una lettera, spiegando il senso del suo lavoro letterario, Daumal scrive:
Dopo aver descritto un mondo caotico, larvale, illusorio, mi sono impegnato ora a parlare dellesistenza di un altro mondo, pi reale, pi coerente, dove esiste del bene, del bello, del vero - nella misura in cui i contatti che ho potuto avere con tale mondo mi danno il diritto e il dovere di parlarne. Sto scrivendo un racconto piuttosto lungo nel quale si vedr un gruppo di esseri umani che hanno capito di essere in prigione (perch il dramma lattaccarvisi) e che partono in cerca di una umanit superiore, libera dalla prigione, presso la quale essi potranno trovare laiuto necessario. E lo trovano, perch alcuni compagni e io abbiamo realmente trovato la porta. Solo a partire da questo comincia una vita reale. Questo racconto avr la forma di un romanzo davventure intitolato Il monte analogo: la montagna simbolica che unisce il Cielo alla Terra; via che deve materialmente, umanamente esistere, perch se no, la nostra situazione sarebbe senza speranza...12

Una prospettiva di speranza, dunque, quella di Daumal, che esista un varco, un passaggio al di l del quale sia possibile ritrovare un mondo certamente migliore di questo. Una prospettiva che anche, e soprattutto, visione della storia. Ed la stessa che segna linterpretazione benjaminiana. Questa visione della storia e del debole spirito messianico che caratterizza le generazioni future rispetto al passato accomuna, come si diceva, Benjamin a filosofi come Ernst Bloch. E se ripensiamo alla definizione di tecnologia

contenuta nelle parole di Vittoria ricordate in precedenza, ritroviamo una certa equivalenza di significato tra lAngelus di Benjamin e il modo del tutto particolare e speciale con cui Vittoria intende il termine tecnologia. Molte volte, scrive Vittoria, si liquidato, sotto la generica dicitura di fantasticheria tutto ci che trasbordava, per cos dire, dal perimetro culturale che divide, in ogni epoca, ci che ritenuto possibile e giusto da tutto ci che non si ritiene tale. Ma la divisione tra fantastico e reale, tra irrazionale e razionale fluida. La divisione tra razionale ed irrazionale , si pu aggiungere, storica, culturale, contingente. Cos pure quella tra possibile ed impossibile e, ci che interessa in questa sede, tra quello che giusto, possibile progettare e ci che non lo . Il dibattito intorno a questi temi stato, in alcune occasioni del passato pi recente, molto acceso e stimolante e si sono prodotte pubblicazioni di grande interesse che hanno approfondito questi particolari aspetti e vale qui la pena riprenderne alcuni aspetti. In un suo interessante lavoro di circa ventanni fa, dal titolo Spie. Radici di un paradigma indiziario13, Carlo Ginzburg, tanto per fare un esempio quanto mai calzante, mostrava come, da sempre nella storia del pensiero, siano esistiti, accanto ai metodi tradizionali propri della razionalit classica - basati sul limpido ragionamento logico-deduttivo proprio delle cosiddette scienze esatte o, se si vuole, naturali - altri paradigmi, altre strumentazioni di natura piuttosto intuitiva e, per richiamare qui le articolazioni discorsive di Ginzburg, basate su una ragione indiziaria (o sintomatica, come nel caso della Medicina), capaci di svelare verit, cause e fenomeni nascosti alla ratio classica. Queste ad essa, dunque, sfuggono o, addirittura, da essa sono coperte o mistificate. Di questa natura sono stati, infatti, i metodi di indagine adottati da Freud nel suo lavoro analitico sullinconscio o quelli di Giovanni Morelli nello studio e nellattribuzione dei dipinti ai loro autori; metodi che Ginzburg , nel suo lavoro, non esitava ad associare a quelli investigativi di Sherlock Holmes, emblematico personaggio partorito dalla fantasia di Arthur Conan Doyle.14 I tre metodi, secondo Ginzburg, sono derivati, in qualche maniera, da una nascosta quanto antichissima attitudine mentale delluomo, diretta conseguenza della sua originaria natura di cacciatore:
Si pu, insomma, parlare di paradigma indiziario o divinatorio, rivolto, a seconda delle forme di sapere, verso il passato, il presente o il futuro. Verso il futuro - e si aveva la divinazione in senso proprio; verso il

passato, il presente e il futuro - e si aveva la semeotica medica nella sua duplice faccia, diagnostica e prognostica; verso il passato , e si aveva la giurisprudenza. Ma dietro questo paradigma indiziario o divinatorio si intravede il gesto pi antico della storia intellettuale del genere umano: quello del cacciatore accovacciato nel fango che scruta le tracce della preda.15

Analogamente, nellintroduzione al testo a pi voci Crisi della ragione, Aldo Gargani16, partendo dallinterno di quei territori, che sembrano apparentemente inviolati, della Fisica e della Matematica e riferendosi agli altri filoni disciplinari la cui crisi gi stata ampiamente documentata la produzione letteraria di Robert Musil, la musica dodecafonica e cos via mostrava come, da un lato, la sola logica matematica, senza un continuo riferimento al reale, possa condurre ad un livello di astrazione del tutto inaccettabile17 e come, dallaltro, la Fisica moderna presenti allinterno del suo metodo una strumentazione critica di doppia valenza: oggettiva e soggettiva. Per questo filone disciplinare lesempio fornito da Gargani riguardava la teoria della relativit e il metodo introdotto da Albert Einstein. Lo schema proposto da Einstein, che vale la pena qui richiamare per la grande crisi che ha introdotto allinterno del modello teorico della Fisica classica, tiene conto, infatti, non soltanto di elementi di valutazione oggettivi, ma anche di elementi, per cos dire, soggettivi o, se si vuole, psicologici, per usare il termine adottato dallo stesso teorico della relativit. Lo schema einsteiniano, suddivisibile in tre fasi, dunque questo: 1) una prima fase psicologica dov soltanto lintuizione che permette di astrarre dallinsieme dei fenomeni empirici (E) il gruppo di assiomi teorici (A). 2) uia seconda fase, di natura pi propriamente logico-speculativa, consente il passaggio dallinsieme di assiomi teorici generali (A) ad una serie di preposizioni particolari (S). 3) insieme (S), a sua volta, avr confermato il valore che la logica gli ha gi conferito, in sede di astrazione, solamente se non riuscir ad entrare in contraddizione con i risultati empirici di una serie di esperimenti (E) che, di nuovo, soltanto lintuizione soggettiva, psicologica sar stata capace di predisporre.18

Lo schema di ricerca individuato da Einstein , dunque, diviso in tre parti di cui soltanto quellintermedia pu essere svolta in sede puramente teorica, mentre, come si vede, sia la prima fase che lultima sono, per loro natura, psicologiche, soggettive, legate allintuizione del soggetto che ricerca - anche in questo caso ascrivibili alla ragione indiziaria di cui parla Ginzburg -, per questo nientaffatto dipendenti dalle astratte metodologie che la logica classica impone. Ma, tornando alle argomentazioni di Vittoria, egli afferma che:
...Il pensiero pu essere non lineare, spontaneo; non discorsivo, fantastico e che si forse abusato del discorso razionale come unico approccio conoscitivo e unico modo di comunicazione.19

E dunque necessario disporre di un metodo duttile, capace di mettersi in crisi, di porre in questione i principi su cui fondato, di attingere nuova energia anche da campi paralleli generalmente ritenuti irrazionali ed altrettanto necessario cercare dei maestri, non da imitare, in uno sterile gioco formale, dal punto di vista linguistico e poetico, ma comprendendo le regole che la loro poetica presuppone e le loro opere suggeriscono. Proprio come accade per la musica. E necessario imparare le note, il solfeggio, le regole dellarmonia per poi comporre autonomamente e in piena libert. Si potr poi essere Bach o Beethoven a seconda delle inclinazioni personali e degli orizzonti culturali permessi dallepoca nella quale ci si trova ad agire e delle possibilit espressive consentite dai mezzi concreti che si hanno a disposizione. Ci si muover, nellapprendimento delle specifiche procedure del progetto di architettura, nel campo delle regole, anzi alla ricerca delle regole. Progettare unattivit creativa delluomo e, parlando di architettura, questo termine acquista il pieno significato di processo di previsione di tutte le azioni da compiere per la realizzazione concreta di un oggetto con ben determinate caratteristiche che chiamiamo manufatto architettonico. Dalla discussione del termine progetto dovremmo, dunque, passare a quella del termine architettura. E qui, se soltanto si volessero analizzare tutte le definizioni rischieremmo di non finirla pi. Si proceder, allora, in maniera dichiaratamente scorretta e si definir architettura tutto ci che architettura, ricorrendo, come si vede, ad una tautologia. Questo modo di procedere permette, per il momento e, cio, in fase di impostazione generale del problema, di eliminare dallindagine che si vuol compiere qual-

siasi impostazione di natura strettamente funzionalista. Lattenzione si sposta, allora, nuovamente al progetto. A questo punto non pi possibile rimandare la domanda che sospesa fin dallinizio di questo discorso: come si fa a progettare? Rispondere non , ovviamente, n facile, n immediato. Per cercare di comprendere il perch pu tornare utile una storiella. Un architetto raccontava di suo nonno che faceva il falegname ed era a capo di una minuscola azienda artigianale a conduzione familiare nella quale tutti i componenti avevano un compito, dai pi grandi ai pi piccoli. Il nonno, pur essendo una persona amabile e disponibile, in specie con i suoi collaboratori pi piccini, pretendeva che, quando era necessario che lui preparasse colle e vernici (i trucchi del mestiere, i segreti come quelli contenuti nella chambre de traits del magister murarius gotico), tutti uscissero fuori dalla stanza e venisse chiusa la porta. Ma, poi, sapendo di essere spiato a turno dai suoi giovani aiutanti attraverso il buco della serratura, non faceva nulla per evitare che ci avvenisse. Anzi, al contrario, era ben contento che lo spiassero e, in questa maniera, carpissero il segreto della composizione che stava preparando. La morale di questa storia che, nellapprendimento del mestiere, i fondamenti, le tecniche vanno carpite e che questo rubare acquista il significato e limportanza di un vero e proprio metodo didattico, entra, cio, a far parte delladdestramento al lavoro. Il mestiere di architetto, se mai riuscir a sopravvivere allattuale congiuntura e, soprattutto, rientrer, come suo diritto, nelle Facolt di Architettura dalle quale, da tempo, stato cacciato via ed avr ancora un significato negli anni a venire, non potr che essere artigianale come sosteneva Heinrich Tessenow e, in tempi pi recenti, Giorgio Grassi ha nuovamente ricordato. E qui si apre una grande contraddizione che sembra, per ora, non risolvibile perch il mercato del lavoro e dellorganizzazione della professione sul piano sociale sembra favorire di gran lunga le cosiddette societ di ingegneria per svariati motivi che sarebbe troppo lungo stare qui ad analizzare, mentre, per sue specifiche caratteristiche interne e metodologiche, il progetto di architettura di grande qualit non pu che essere il risultato di un processo produttivo artigianale. Un mestiere ha i suoi trucchi, i suoi segreti. Trucchi e segreti vanno, cos, carpiti, strappati al maestro da parte degli allievi. Daltro canto, come si potuto comprendere da tutto ci che si finora detto, il fare poetico quasi sempre connesso al mestiere non simpara. Su questo aspetto i romantici di inizio Ottocento sembrano ancora aver ragione: il genio - lanima del lavoro artigianale, lo spirito che ad esso sembra indissol-

Le mani di Le Corbusier al lavoro

ubilmente connesso - innato, connaturato ad un particolare linguaggio formale che raggiunge le sue massime espressioni in uno o pochi individui di particolare intelligenza e dedizione al proprio lavoro. Tutto ci non pu essere trasmesso o, almeno, difficilmente inquadrabile nei necessari ma assolutamente limitati confini della didattica universitaria o non. Se la poesia, di conseguenza, non sembra facilmente trasmissibile, al contrario, le regole procedurali non soltanto lo sono, ma devono essere chiaramente espresse nellambito didattico, perch ne costituiscono lo spirito forte, lanima. Le regole, daltro canto, sono facilmente trasmissibili e codificabili. Ma non bastano a trasmettere allallievo il mestiere nella sua completezza. La domanda allora : come si fa a carpire i segreti del mestiere? Nel caso dellarchitettura, lesperienza pi istruttiva che si pu fare quella di osservare il comportamento di un architetto esperto e maturo al tavolo da disegno (o al computer, il che lo stesso). Si tratta di osservare, in particolare, i movimenti delle mani, della penna o della matita mentre disegnano righe, figure, percorsi, tracciati. Sia nel disegno a mano libera (mentre lautore intento a tracciare linee, ad accarezzare a poco alla volta la figura che, man mano, si avvicina a quella definitiva) che in quello geometrico con riga e squadre o con mouse, tavoletta grafica e monitor, si noteranno i movimenti delle mani attente a ricercare corrispondenze, direzioni, punti notevoli, riferimenti e cos via. La cosa che colpisce lallievo alle sue prime esperienze questo modo di ragionare per figure, quellobbligare il pensiero attraverso strani filtri, strani rituali apparentemente incomprensibili. E del tutto ovvio che questo procedere non libero in assoluto, ma si muove come in una corsa ad ostacoli e questi ultimi sono proprio i vincoli imposti dalle condizioni generali e particolari nelle quali ci si trova ad operare: i materiali con i limiti e le caratteristiche tecnologiche che li contradistinguono, le richieste della committenza da soddisfare, gli impedimenti frapposti al percorso progettuale dai vari enti di controllo, le regole imposte dai sistemi costruttivi, le normative vigenti, il rispetto delle norme urbanistiche e cos via. Si tratta dunque di una libert che si svolge lungo percorsi in parte obbligati e in parte oscuri. Ma, in queste strettoie, ci che ci colpisce non il soddisfacimento di richieste, bisogni e il rispetto di norme e limitazioni da parte dellarchitetto-progettista; sono le sue idee che ha volte ci sfuggono, il modo di procedere del suo pensiero impreciso, il perch di alcune scelte che sembrano esulare da qualsiasi logica strumentale di controllo. In altre parole: il fatto che in un processo logico di previsione e di proiezione razionale verso obbiettivi altrettanto razionali e funzionali del tutto ovvio si affacci,

Aldo Rossi, Senza titolo

ogni tanto, un quid dincontrollabile che rende una gran parte delle scelte progettuali ineffabili, imperscrutabili. Potremo certamente giustificare Le Corbusier autore de Lunit di Marsiglia nelle sue scelte tipologiche, nella definizione della rue interior; riusciremo, forse, a seguirlo anche nella formulazione delle teorie legate al Modulor e la ripresa della sezione aurea. Non lo comprendiamo quando disegna oggetti e pilastri come fossero sculture e rocce di cemento, concrezioni calcaree dovute al tempo e non ad una ragione speculativo-progettuale razionalista. Di Mies, allo stesso tempo, apprezziamo fino in fondo la razionalit spinta fino alla negazione di qualsiasi orpello decorativo ma ci colpisce, senza che lo comprendiamo a fondo, il ritmo dei materiali, le scelte materiche, le pietre e la presenza continua di grandi vetrate che sottolineano lossessione della negazione dello spazio interno, con tutto quello che significa sul piano della totale spersonalizzazione dello strano abitante delle sue case di cristalli, asettici contenitori che sembrano piovuti da un cielo astratto ed irreale. Cos Kiesler con le sue pareti verticali inclinate fuori piombo o le sue endless houses concrezionali come grotte preistoriche per contemporanei uomini di Neandertal, o, ancora, i preziosismi stilistico-cromatici di De Stijl e di Johannes Jacobus Peter Oud. Per non parlare, poi, delle lastre al titanio di Ghery e della forma assolutamente imprevedibile del suo museo-esplosione di Bilbao. Perch questa la strada che si segue? Se provate a chiedere spiegazioni agli autori o andate scartabellando tra i loro scritti, molte volte le argomentazioni pur se apparentemente complesse ed articolate non sembrano convincenti; dubbia e abbastanza insulsa sul piano teorico larchitettura fluida di cui parla Toyo Ito20, come incomprensibili sono le teorizzazioni di Hermann Finsterlin sullarchitettura primordiale delle caverne21; ancor pi quelle di Bruno Taut utopista e criptiche oltre ogni misura le scelte di Aldo Rossi22, la sua architettura da scatola delle costruzioni fatta di stilemi volumetrici elementari ed enfasi dei colori accesi, come i rossi i gialli dorati, gli azzurri del cielo. Il pi delle volte le argomentazioni degli architetti appaiono pretestuose complicazioni intellettualistiche, astratte elucubrazioni poco aderenti alla realt. Il disegno o i disegni, gli schizzi, i tracciati al contrario, possiedono, il pi delle volte, piena autonomia espressiva, una carica di comunicazione reale e coinvolgente. Molte volte, insomma, un architetto si comporta come il millepiedi della storiella che lo vede ignaro protagonista di una performance non del tutto esaltante. La storia vuole che un tizio, incontrando un millepiedi sulla sua strada, gli chieda incuriosito come egli sappia muovere, in maniera

Aldo Rossi, Architettura assassinata

ordinata, tutta quella quantit di zampette senza mai sbagliare il ritmo o lordine dei movimenti. Il millepiedi, sbalordito, gli risponde che non ci ha mai pensato ma che molto facile; e, subito, comincia a spiegare il movimento. Ma, non appena tenta di decodificare quello che per lui un incedere naturale, perde il controllo dei movimenti rimanendo inevitabilmente a terra, senza potersi pi muovere, con le zampette impigliate in un groviglio senza fine. Questa storiella ci dice che la conoscenza acquisita , il pi delle volte, sedimentata al di l dellimmediata coscienza tanto da essere, in gran parte automatica. Ne sono prova anche le descrizioni che gli architetti forniscono dei loro progetti. Il pi delle volte essi si perdono in argomenti per cos dire collaterali e poco significativi mentre il vero nocciolo, il perch di quel progetto risulta, per loro, impossibile spiegarlo a parole. Cos la capacit progettuale si fonda su molti procedimenti automatici che diventano quasi inconsapevoli. I metodi e le procedure progettuali specifiche, in altre parole, si trasformano in un vero e proprio linguaggio (o, meglio, metalinguaggio), un assieme complesso di segni che sono utilizzati, dal progettista, in maniera quasi intuitiva, istintiva. Ecco, la definizione giusta potrebbe essere: strumentazioni logico-intellettuali adatte allaccadere dellintuizione progettuale. In questo modo si dimostra, ancora una volta, che lintuizione il frutto di un lungo e difficoltoso procedimento di apprendimento e educazione ad un corpus disciplinare complesso ed articolato. Si , dunque, pienamente progettisti quando le pratiche e le metodologie perch il progetto si avvii verso una felice conclusione sono in una certa misura automatiche. Dal che si deduce che il processo di apprendimento delle metodologie progettuali , nella maggior parte dei casi, lungo, faticoso, impegnativo e sofferto. Si rende utile, a questo punto del nostro discorrere, richiamare le riflessioni di un filosofo di inizio Novecento:
La volont gotica di trasfigurare tutto lo spazio interno smaterializza ogni massa nella pienezza della sua tendenza ascensionale: in essa trovano spazio dipinti su legno carichi di appassionata tensione; tra le foglie rampanti e sui capitelli v un rigoglio di reticoli e lacci, opera di straordinari maestri dello scalpello, che suddividono le ardenti finestre con trafori ornamentali e con rosoni. Ci sono curvature, non volte vere e proprie: nella navata centrale, nella profondit del coro, ovunque, il pathos dinamico imprime la propria spinta ascensionale; peccato e penitenza, raggiante bellezza demoniaca e regno dellanima mite, serena ed umiliata si avvicinano, e si incontrano in queste straordinarie cattedrali di figure, trasformandole nel corteo pietrificato dellavventura cristiana. Ma in queste pietre, in queste statue, in questa casa dal cuore umano, la luce insegue, lussureggia, arde; mai veniamo rinnegati, mai si concede alla forza inclusiva del materiale

qualcosa di pi di un tributo riflessivo, il muro sconfitto, le finestre multicolori conducono in un paesaggio sconfinato; ci troviamo al centro dellamore, in mezzo agli eserciti, dove perfino le vesti e i volti dei santi fanno propria ogni forza che chiude lo spazio (...) Vi sono molte sproporzioni nelle cattedrali gotiche e nella loro struttura modellata sulla forma umana, ma la stessa sproporzione esistente tra il nostro cuore e il nostro mondo. 23

Aldo Rossi, Per il monumento di Segrate

Queste parole di Ernst Bloch sono certamente segnate da uno spirito partigiano e, per la precisione, si situano con chiarezza dalla parte dellespressionismo che, come noto, nutr una grande ammirazione non soltanto per larchitettura gotica delle cattedrali ma per tutta la complessa koin culturale di quella stagione dellarte che nella costruzione di questi grandi edifici di culto sembr toccare il massimo delle sue potenzialit espressive; il pensiero di Bloch enfatizza con veemenza i caratteri simbolici racchiusi nel gotico, sottolineandone le caratteristiche di linguaggio fortemente visionario, teso alla comunicazione uomo-cielo contenuta nella spinta ascensionale suggerita dalle strutture innervate delle volte a crociera, dai pilastri polilobati che le sostengono, dalle slanciate finestre verticali rinchiuse dai vetri policromi e dagli archi a sesto acuto. E una visione di parte soprattutto nel metodo analitico, nel senso che la visionariet della struttura linguistica dellarchitettura gotica e dei suoi partiti decorativi volutamente rimarcata, accentuata dalla corrispondente visionariet delle descrizione critica che il filosofo fornisce; un metodo, questo, molto lontano dall asettica imparzialit e dal distacco predicati, ad esempio, da Walter Benjamin che vorrebbe il lavoro analitico paragonabile a quello del chirurgo perch solo cos, egli sostiene, ci si pu avvicinare ad una corretta descrizione dellopera e, quindi, si pu tentare di renderle giustizia senza sovrapporre al suo reale significato intenzionalit, interpretazioni e, conseguentemente, valenze ideologiche del tutto estranee. Il parere di Benjamin certamente condivisibile se si in una fase di approfondimento analitico-conoscitivo dellopera di architettura, ma il riferimento a Bloch stato da me scelto proprio come esempio di un atteggiamento, di una capacit di lettura e, contemporaneamente, di ideazione del manufatto di architettura che tende alla rivalutazione della forma-struttura e dei materiali in questo caso il materiale lapideo dei partiti decorativi, dei fregi e delle volute che la compongono come possibile spiraglio per la risignificazione della tecnica e la riscoperta della sostanziale unitariet che il processo costruttivo dellarchitettura contiene in s. Materiali, forma, sistemi costruttivi, costituiscono, nella lettura critica che Bloch effettua del gotico delle cattedrali, un processo unitario di conoscenza e di costruzione segnato da profondi significati spirituali, come laspi-

razione delluomo alla trascendenza. E si tratta di una sostanziale novit di lettura dello stile gotico che assolutamente estranea al clima caratteristico del revival ottocentesco.24 Dunque, ci che emerge tra le righe delle affermazioni di Bloch lunitariet del processo di costruzione e il suo valore di sistema forma-struttura. Ma questo atteggiamento, al di l delle differenziazioni ideologiche, delle articolazioni di linguaggio e delle scuole di appartenenza, accomuna un po tutti i maggiori esponenti dell architettura del primo Novecento. E si tratta, come stato pi volte messo in evidenza, di una coscienza della riconquistata funzione egemone dellarchitettura sulle altre arti proprio come accade nel gotico, in pieno medioevo, dove la cattedrale rappresenta simbolicamente e materialmente il luogo di sperimentazione di ogni forma e di ogni nuova invenzione costruttiva e, dunque, larchitettura assume un ruolo guida rispetto a tutte le altre attivit creative. Su questo terreno convergono figure emble matiche dellarchitettura novecentesca come i fratelli Bruno e Max Taut, Mies van de Rohe, Plzig, Mendelsohn, Gropius, Berhens, Le Corbusier ecc., e, cio, la parte migliore dellavanguardia architetto nica del Novecento dalla quale scaturiranno, in un processo di multiforme proliferazione, rivoli diversi di significato, di forma, di linguaggi, di ricerche, di valenze espressive. Ma la matrice , per lappunto unica, la rinnovata convinzione cos come, nel Medio evo, agli albori dello splendore della cultura occidentale europea che il costruire e, cio, il processo di realizzazione dellarchitettura fondato sui momenti distinti dellideazione, dellindividuazione dei metodi costruttivi, delle tecnologie dettate dalla logica dei materiali adoperati, delle simbologie che questi materiali, una volta utilizzati come elementi linguistici e, cio, segni significanti, possono assumere , sia un nocciolo unico ed indivisibile.
Bruno Taut, Notte nella montagna da Alpine Architektur Il costruire - scrive Bruno Taut nel 1918 - il supporto immediato delle forze spirituali, il plasmatore del senso della totalit, che oggi assopito, ma che domani si risveglier. Soltanto una totale rivoluzione nel campo spirituale creer questo costruire. Ma questa rivoluzione, questo edificare non vengono ipsofacto: devono essere ambedue voluti: gli architetti di oggi devono preparare questo modo di costruire. Il loro lavoro in preparazione del futuro deve essere reso possibile e favorito pubblicamente. 25

Anche le parole di Taut risentono del clima rivoluzionario espressionista ma sono qui riportate per rendere conto di unidea generale che, al di l delle ideologie dei singoli gruppi di appartenenza, definiva lo spirito della maggior parte dei protagonisti del periodo di formazione delle idee basilari di tutto il linguaggio moderno dellarchitettura. Si

potrebbero, infatti, citare, qui di seguito, molte altre prese di posizione quali quelle di Walter Gropius, o, ancora di Mart Stam, Artaria e Schmidt e, cio, di quel gruppetto di artisti ed architetti che successivamente aderiranno al costruttivismo, di Peter Behrens e cos via. La caratteristica che li accomuna tutti il carattere nuovo rispetto alla prassi consolidatasi lungo il corso dellOttocento da attribuire alla parola costruzione (Bauen) intesa sia come un processo concreto di creazione delledificio sia come un venire alla luce e consolidarsi dello spirito fondativo della nuova architettura. La parola costruzione assume, dunque, un significato molto pi ampio che non il solo riferimento ad un processo di prassi edilizia e di organizzazione del cantiere; essa viene investita di una funzione coesiva del tutto estranea alla koin culturale ottocentesca europea e la disciplina in grado di assicurare questa unitariet di metodi, di principi e di visioni del mondo, come si detto, proprio larchitettura26. Nellarchitettura viene individuata, tra laltro, la possibilit di conciliare contraddizioni di vasta portata come quella tra il lavoro artistico-creativo e quello artigianale. Tanto forte la spinta di queste convinzioni che esse non mancano di tradursi in vere e proprie ideologie di accorpamento delle varie attivit produttive fino allindividuazione di tutte le argomentazioni che verranno esposte nei programmi ufficiali di fondazione di gruppi ed associazioni come il Deutscher Werkbund prima e il Bauhaus di Weimar poi.
Fine del Werkbund - si legge tra laltro nel programma dellassociazione del 1910 - quello della nobilitazione del lavoro produttivo attraverso la cooperazione tra arte, industria ed artigianato, mediante listruzione, la propaganda e una presa di posizione unitaria sui vari problemi. Cos il Werkbund, come organo rappresentativo di lavoratori specializzati, agisce per un fine culturale che in verit trascende linteresse pi immediato dei suoi aderenti, ma va a vantaggio soprattutto del lavoro produttivo in s. 27 Manifesto del Werkbund, Esposizione di Colonia del 1914

Questa presa di posizione costitu un vero e proprio atteggiamento culturale generalizzato dettato, in parte, da motivazioni di natura economica e di riorganizzazione dellindustria tedesca nei riguardi della concorrenza europea, in particolare quella inglese, e, in parte, dalla diffusa convinzione che la separazione tra la produzione artigianale e la produzione industriale fosse del tutto superata sul piano concettuale. Lo stesso principio presente, ad esempio, nel programma teorico di fondazione del Bauhaus come appare con chiarezza dagli scritti di Walter Gropius; in un testo contenente le proposte per la fondazione di un istituto scolastico che fosse centro di consulenza artistica per lindustria, il

commercio e lartigianato del 25 gennaio 1916 egli, tra laltro, scriveva che:
Finch (nellindustria) la collaborazione dellartista fu considerata qualcosa di superfluo, il prodotto delle macchine rimase necessariamente un surrogato scadente del prodotto artigianale. Poco a poco si va tuttavia facendo strada tra i commercianti la nozione di quali nuovi valori vengano apportati allindustria dal lavoro spirituale dellartista. Ora, avendo una migliore conoscenza della realt, si cerca di garantire fin dal principio al prodotto delle macchine la qualit artistica, ricorrendo alla collaborazione dellartista per ritrovare la forma che dovr essere riprodotta in serie. Si forma, cos, tra lartista, il commerciante e il tecnico, una comunit di lavoro che, organizzata conformemente allo spirito del tempo, potrebbe forse essere in grado di sostituire a lungo andare tutti i fattori del lavoro individuale di un tempo... Lartista possiede infatti la capacit di insufflare lanima nel prodotto inerte della macchina: le sue doti creative continuano a vivere in esso come fermento vitale. La sua collaborazione non un lusso n qualche cosa che si aggiunga per compiacenza, ma deve diventare una componente indispensabile dellindustria moderna... 28

Integrazione del significato artistico con la produzione industriale: questo, dunque, uno degli imperativi che emergono dalle posizioni teoriche di Gropius e di gran parte dell avanguardia architettonica europea nei primi decenni del secolo, quindi proprio nel periodo di formazione dellautocoscienza architettonica e dei principi teorico-disciplinari in base ai quali si proceder alle massicce realizzazioni degli anni dellimmediato primo dopoguerra fino ai tardi anni trenta. Ed il tema in questione, che ha per oggetto il significato concreto e la pratica organizzazione del costruire, ne sottintende uno di pi ampio respiro come quello dellindustrializzazione delledilizia e della ricerca dei materiali da costruzione pi appropriati. Lo stesso Gropius, a questo proposito, pochi anni prima, nel 1910, aveva sostenuto che:
La nostra societ non solo fornir agli interessati case di pregio, solide e pratiche e dar ampie garanzie di buon gusto, ma terr conto anche, nei particolari, dei desideri dei singoli, senza contravvenire al principio dellunitariet della base industriale. 29

Walter Gropius, interno di Casa Sommerfeld, Berlino, 1920-21

Il tema fondamentale, in questottica, prosegue il fondatore del Bauhaus, proprio quello dellindustrializzazione delledilizia e, dunque, quello delle tecnologie esecutive e dei materiali adatti allo scopo per realizzare il duplice obiettivo di una produzione seriale conveniente dal punto di vista economico e di alta qualit formale. E lintenzione fortemente radicata, in Gropius come in tutti gli altri protagonisti dellavanguardia architettonica, proprio quella di unintegrazione intellettuale ottimale tra la tecnologia e

laspetto formale del progetto di architettura. Abbandoniamo, per il momento, le teorizzazioni e i principi fondativi dellarchitettura moderna europea e torniamo alla nostra epoca. Lesaltazione della costruzione e, dunque, dellintero ciclo della produzione edilizia considerato come processo, insieme sistematico, organizzato e governato da normative in itinere, dellindustrializzazione delledilizia e tutte le aporie che segnano le teorizzazioni sull arte industriale, la convergenza tra artigianato e prodotto di serie, ci riportano, in qualche maniera, anche al dibattito ed alle riflessioni della contemporaneit. Fatte salve le opportune differenze e il clima ideologico diverso, le problematiche che segnano, sul finire degli anni Sessanta, le meditazioni di Eduardo Vittoria cui ho fatto cenno in precedenza, richiamano molti aspetti e temi sollevati, nei primi decenni del Novecento, da Hermann Muthesius, Bruno Taut e lo stesso Walter Gropius: centralit dellarchitettura come sintesi dei processi e governabilit degli stessi, enfatizzazione del termine costruzione inteso come sistema ampio e valutativo degli obbiettivi e delle fasi di svolgimento dallideazione alla realizzazione concreta, tanto per intenderci , convinzione che larchitettura non derivi da un delirio creativo del singolo artista-architetto, ma sia un procedimento governabile e trasmissibile, regolato in base a norme, a leggi costruttive dettate dalle propriet dei materiali da costruzione, equilibrio con lambiente e enfasi del momento analitico-valutativo del procedimento progettuale che sia rispettoso dell uomo e dei suoi bisogni vitali e cos via, sono, come dicevo, tutti temi straordinariamente attuali una volta che, naturalmente, si sia fatta astrazione da singolarit storiche e contingenze del momento. Temi, intuizioni e spunti di ricerca che caratterizzano, fortemente, un territorio di speculazione logico-concettuale concretizzatosi, a partire dalla fine degli anni Sessanta, in quellarea disciplinare delle Facolt di Architettura italiane contemporanee che va sotto il nome di area tecnologica e della quale il pensiero di Vittoria, cui finora s fatto riferimento, rappresenta, con quello di altri pochi esponenti di primo piano, per cos dire, un grumo iniziale di significato e fondazione teorica. E parlando di Vittoria ci che subito colpisce del suo atteggiamento mentale la grande libert di pensiero e lapertura dialettica, la scarsa staticit insomma, che si trasformano immediatamente in impostazioni di metodo. Come di tutti i fondatori di una di sciplina o coloro che, per primi, si avventurano in territori culturali inesplorati, ci che colpisce, nei suoi scritti30, la grande disponibilit alla sperimentazione, espressa in un contesto discorsivo che procede quasi per aforismi e citazioni, e la costruzione di un percorso esplo-

rativo non-dogmatico, aperto, disponibile alla ricerca continua e, soprattutto, al dubbio; un sostanziarsi di incertezza razionalmente impostata che , da un lato, reminiscenza, in qualche modo rivitalizzata, della ratio cartesiana, illuminista, fondativa della moderna speculazione filosofico-scientifica, laica e aperta alla comprensione del mondo e delle sue leggi e, dallaltro, evanescenza e fluidit di ragionamento che, evitando posizioni sclerotiche ed assolutiste, apre i territori della disciplina architettonica alla sperimentazione continua, facendone scienza pronta ad accogliere ogni segnale, sia esterno che interno, come possibile spunto per deviare dal percorso intrapreso e per costruire potenti meccanismi di feed-back, di retroazione, per quanto possibile controllata, capaci di rimettere in questione ci che sembra acquisito una volta per tutte. Una concretizzazione radicale, se si vuole, di quel tipico procedere del pensiero dellarchitetto creativo, di cui ci riferisce Negroponte, che allombra del suo pensiero impreciso rimette in discussione il gi fatto in maniera globale e strutturale. Da questo esercizio sistematico e metodico del dubbio e dallindubitabile fascino che esso finisce per esercitare, appigliandosi a tutte le incertezze fondate e inevitabili della vita contemporanea e della sua precariet, forse, deve farsi discendere anche lenfasi successivamente attribuita, da parte della sua scuola31, ad alcune parole-chiave presenti in ogni elaborazione teorica e riflessione circolante, anche in epoche successive, nellarea tecnologica; i termini sistema, struttura, sperimentazione e innovazione ai quali, di recente, si sono aggiunti quelli di sostenibilit e complessit sono infatti ormai pilastri consolidati nel lessico corrente della Tecnologia dellArchitettura. Anche se, anche questo va detto con chiarezza, non sempre a questi termini corrispondono significati univocamente identificabili e immediatamente comprensibili da parte di chi li adopera con una certa frequenza32. In altre parole alla strutturale indeterminatezza che caratterizza parole che oggi sono sempre pi presenti nel lessico corrente (tra tutte penso proprio al termine sostenibilit, alla sua fortuna ma anche alla sostanziale vaghezza che lo caratterizza fin da quando ha fatto la sua comparsa nel dibattito contemporaneo su tecnologia, scienza, ambiente e sviluppo33) si unisce anche luso che molto spesso se ne fa, privo di qualsiasi profondit realmente conoscitiva, dettato soprattutto dalla moda del momento e dalla superficialit tipica di chi si affaccia a questi problemi senza le dovute conoscenze e il necessario rigore analitico. Cos ogni cosa allinterno delle problematiche di ideazione, costruzione e gestione dellambiente antropico, il progetto, il pensiero che lo genera, il cantiere, il tema della sicurezza, la manutenzione e il governo

del costruito, la riflessione conoscitiva, si trasformano in processo edilizio; ogni costruzione teorica o concreta, filosofica o effimera diventa sistema; l innovazione, dal canto suo, diventa di per s positiva, anche se e capita purtroppo assai spesso , gestita da idioti o malintenzionati, pu giungere a devastare equilibri conso lidati ed efficienti; spesso, nelle discussioni pubbliche e nei convegni, ho sentito confondere linnovazione creata esclusivamente per destare gli appetiti dei consumatori e rivitalizzare il mercato con quella realmente utile e orientata a dare risposte a dilemmi reali; la sperimentazione, dal canto suo, considerata sempre giusta, di per s, anche se, mal gestita e in assenza di chiarezza sugli obbiettivi da raggiungere, pu minare principi sani pur se tradizionali e consolidati da tempo; tutto, anche le cose pi banali, come se si trattasse di un imperativo categorico, devono essere inquadrate in una visione sistemica, per non parlare poi del termine complesso, ad ogni pi sospinto confuso con laltro complicato con il quale non condivide nulla se non il fatto di avere lo stesso opposto che semplice. E, a tal proposito, anche a rischio di allungare troppo il discorso che qui si svolge, vale la pena qui riportare, proprio per tentare di fare chiarezza, la definizione ed i tratti distintivi di un sistema complesso che ho desunto da un bel lavoro divulgativo di Vittorio Tabolotti presente in rete:
Ecco dunque lidentikit di un sistema complesso: Alto numero di elementi. Un sistema complesso pu essere composto da cinque o sei elementi, spesso per i sistemi complessi naturali sono composti da milioni o miliardi di elementi. Interazioni non lineari fra gli elementi. I singoli elementi sono interconnessi fra di loro in modo non lineare; ovvero fra le cause (input) e gli effetti (output) non esiste una proporzionalit lineare, cio descrivibili con un set di equazioni lineari. In altre parole, non lineare significa che variando in modo regolare linput, loutput pu comportarsi in modo non regolare e in modo non proporzionale alla variazione dellinput. In matematica le funzioni lineari sono delle linee rette; tutte le curve, regolari o irregolari, rappresentano delle funzioni non lineari. Un esempio di un fenomeno quotidiano di non linearit: se in casa vostra avete un rubinetto un po vecchio, vi sarete accorti che quando lutilizzate il flusso dellacqua non proporzionale alla rotazione del rubinetto. Potete ruotare il rubinetto per un po e non succede niente, poi arrivati ad un certo punto, basta una minima rotazione del rubinetto e il flusso aumenta enormemente. Loutput del sistema (il flusso dellacqua) correlato in modo non lineare con linput del sistema (La rotazione del rubinetto). Pertanto anche conoscendo gli input spesso impossibile prevedere gli output che ne deriveranno. Effetti ritardati: gli effetti di un input su un sistema complesso sono distribuiti nel tempo. Non detto che esso provochi una risposta immediata, essa pu verificarsi con effetti riscontrabili a medio oppure a lungo termine.

Presenza di retroazione o feedback. Le relazioni fra gli elementi formano spesso dei cicli di feedback, in cui il risultato del processo, o parte di esso, viene reintrodotto nel sistema e influenza il processo stesso. A questo punto occorre distinguere fra retroazione negativa e retroazione positiva. La retroazione negativa caratterizzata dallomeostasi (stato stazionario), essa gioca un ruolo importante nel raggiungimento e nel mantenimento della stabilit delle relazioni. La retroazione positiva provoca una perdita di stabilit o di equilibrio. In questo caso i dati reintrodotti aumentano la deviazione in uscita rispetto ad una norma prestabilita o previsione dellinsieme, destabilizzando in questo modo il sistema. Ha una struttura a rete. I vari elementi del sistema sono collegati fra loro in modo da formare una rete interconnessa di relazioni. Mentre in un sistema lineare loutput dellelemento A influenza linput dellelemento B, loutput di B influenza linput di C e cosi via, in una rete loutput dellelemento A pu influenzare altri due o pi elementi anche non sequenziali esempio Q e M. In questo modo tutti gli elementi del sistema potendo avere pi input e pi output, possono influenzare o essere influenzati da pi elementi. Questa una delle propriet fondamentali e di maggiore importanza dei sistemi complessi. E un sistema aperto. Il sistema scambia di continuo informazioni, energia, materiale con lambiente circostante. E universale. Con questo si intende dire che la complessit non legata a valori di grandezza. Esistono sistemi complessi di qualsiasi grandezza, dalle molecole alle galassie. E dinamico. Un sistema complesso agisce e reagisce in base ad azioni e reazioni degli altri, accumulando esperienza, continuando a riesaminare e riordinare la loro struttura. Per esempio il nostro cervello lavora incessantemente per rinsaldare o indebolire le connessioni fra i suoi neuroni in corrispondenza di quanto impariamo dai rapporti con il mondo. Le nazioni stipulano nuovi accordi o si riallineano in diverse alleanze. E robusto. Sopporta con molta flessibilit disturbi esterni senza crollare. Se fra elementi del sistema esiste una comunicazione efficace diminuisce la percentuale di fluttuazioni che possono destabilizzare il sistema. E creativo. Un sistema complesso capace di produrre innovazioni, funzioni e strutture che non esistevano in precedenza E imprevedibile. Il sistema estremamente sensibile alle condizioni iniziali. I fenomeni di retroazione positiva, possono permettere ad unoscillazione microscopica del sistema di esplodere, diffondendosi e coinvolgendo lintero sistema a lungo termine, e in un modo assolutamente imprevedibile. Ad uniniziale somiglianza due fenomeni cominciano velocemente a divergere e dopo un certo periodo ogni somiglianza scomparsa. Questa estrema sensibilit alle condizioni iniziali una delle caratteristiche pi importanti e sorprendenti di un sistema complesso. Ogni elemento del sistema instabile e capace di perturbare, in modo imprevedibile, lintero sistema. Questa sensibilit stata soprannominata con lormai famoso nome di effetto farfalla: una farfalla che batte le ali in brasile pu causare un tifone in India. Sensibilit differenziata. Le diverse parti del sistema mostrano una sensibilit molto variabile agli stimoli, sia quelli provenienti dallinterno, sia quelli provenienti dallesterno del sistema. In un sistema complesso vi sono dei punti critici, in cui uno stimolo ha effetti sproporzionati sul comportamento dellintero sistema. Non controllabile. Dove si crea novit e non esiste prevedibilit a lungo termine impensabile voler imporre il controllo umano. Ogni tentativo che procede in questa direzione destinato al fallimento. Il comportamento spesso discontinuo. A lunghi periodi di stabilit si alternano periodi nei quali linsta-

bilit pu venire amplificata in modo imprevedibile dai cicli di retroazione positiva che prendono il sopravvento. A questo punto il futuro del sistema determinato dal caso. Esso sar in balia delle fluttuazioni fino a quando una di esse porter il sistema verso un nuovo attrattore, ovvero verso una regione dello spazio degli stati, la quale, come una calamita, attrae il sistema. In altri termini il comportamento del sistema diventa simile a quello di una bilia che, dopo aver vagato incontrollata nello spazio, incontra un imbuto. Inevitabilmente la bilia inizia a rotolare verso il fondo dellimbuto. Il punto pi profondo dellimbuto in questo caso lattrattore del sistema. Ovvero un nuovo stato stabile del sistema. Fenomeni di autorganizzazione. Quando un sistema supera una soglia critica di complessit, improvvisamente si formano delle strutture che coinvolgono e organizzano in modo coordinato e armonico molti elementi del sistema. Quando un sistema si autorganizza, emergono delle strutture e delle propriet globali precedentemente inesistenti e che diventano dominanti per il comportamento globale del sistema. Nasce cos un nuovo modello gerarchico superiore. Gerarchia del sistema. Un sistema complesso strutturato in livelli gerarchici, che gestiscono le interazioni dellintero sistema, permettendogli, in questo modo, di vivere differenti vite. Autonomia parziale degli elementi. Le interazioni fra gli elementi del sistema sono in una posizione di compromesso. Questo favorisce una certa libert dazione nei comportamenti dei singoli componenti. Presenza di paradossi nel sistema quali la coesistenza di movimenti lenti e rapidi, forme di stabilit e instabilit, o ancora forme regolari o irregolari.34

Ma, al di l di definizioni pi o meno esatte e di attendibili identikit, probabile che questi aspetti negativi siano da attribuirsi alla vulgata che sempre esiste quando un discorso teorico interessante fa la sua apparizione nel panorama del pensiero di una determinata epoca e che, ancorch fastidiosa ed invasiva, un male assolutamente inevitabile e, per questo, ha da essere sopportato. Allo stesso tempo, per, loperazione di trasferimento di conoscenze da un settore allaltro necessita di approfondimenti nientaffatto trascurabili ed integrazioni interdisciplinari molto complesse. Lintegrazione tra informatica e discipline architettoniche, vale la pena di sottolinearlo, lobbiettivo principale del presente lavoro ed materia estremamente complessa come il lettore avr modo di constatare pi innanzi. Daltro canto, tornando alla questione del contrasto tra rigidit della scuola e flessibilit di uno dei suoi fondatori, con molta probabilit, lo stesso metodo seguito da Vittoria a generare contraddizioni e ambiguit35. E questo non deve essere valutato come un aspetto necessariamente negativo del suo pensiero. Come dire? la stessa fluidit di pensiero, la sua forte caratterizzazione verso lapertura e la continua messa in discussione dei risultati raggiunti che finisce per porre in crisi gli obbiettivi, una volta che siano acquisiti. Si tratta di un continuo divenire, che ritorna sui suoi passi e, ci facendo, imposta nuova-

mente lincipit stesso del discorso mutandolo, sovvertendolo, entrando apertamente in contraddizione; questultimo finisce per subire continui aggiustamenti e la rielaborazione di scopi ed orizzonti di significato diventa prassi comune e continua. Ed ovvio che la prima cosa ad essere esaltata il metodo esso stesso in divenire e fluido inteso, per lappunto, come processo, come flusso di informazioni e strumenti che possono cambiare assetto e sostanza a seconda della continua messa a punto che lungo il fluire del processo stesso possono subire. In questo modo ci che rimane stabile , paradossalmente, linstabilit come fondazione di principio e di metodo. E probabile che proprio in questo si annidi una delle aporie pi forti e, bisogna dire, meno risolvibili dellintera fondazione teorica vittoriana che se va bene quando si adatta ad un singolo individuo dotato di estrema intelligenza e grande sensibilit creativa non riesce, di converso, a fare scuola. Dalle teorizzazioni iniziali io penso alla fondazione duna scuola c sempre un inevitabile abbassamento di livello, quello che passa dallo slancio vitale e luminoso dellinvenzione al necessario grigiore della sistematicit. Si pu fare della asistematicit programmata, come quella di cui Vittoria parla, un sistema? Qui, insomma, mi sentirei di individuare il nodo apparentemente irrisolvibile che fonda laporia contro la quale il pensiero di Vittoria si va a scontrare; forse bisogna prendere atto della sua fondata ed assoluta impraticabilit concreta e del suo statuto come dire? eminentemente teorico ed astratto che esibisce la sua validit prevalentemente sul piano dei principi universali; si tratta, comunque, di un qualcosa che una volta partito alla grande, con un enorme balzo in vanti, stenta poi a decollare e subisce un forte abbassamento di livello quando tenta di trasformarsi in scuola e in osservanza normativa. Ma resta indubbio il fascino incredibile e la grande ammirazione che una tale impostazione riesce a suscitare. Ma quanto a fare scuola, si tratta di tuttaltro discorso sul quale, come ho test detto, sorgono numerosi dubbi: fare della Tecnologia in particolare di quella dellarchitettura un punto di partenza per un governo poetico del mondo, negandone contemporaneamente lo statuto poetico e pretendendo di attingere al rigore della scienza, assunto che, molto presto, perde la sua pretesa di progetto concreto, per assumere le colorazioni vaghe dellutopia, quella di cui prima si parlava e che caratterizza, almeno nella sua fase iniziale, tutta larchitettura moderna europea delle origini. E con questo si detto quanto alto sia il significato da attribuire a intellettuali come Vittoria, un suo collocarsi, senza ombra di dubbio, al fianco degli esponenti pi di

spicco della cultura architettonica europea del Novecento il cui statuto teorico fondativo completamente immerso nel territorio di utopia. Uno degli allievi pi interessanti di Vittoria certamente Giovanni Guazzo che si occupato principalmente di progettazione ambientale e che, a suo modo, ha tentato di coniugare linsieme delle variabili proprie delliter progettuale con la complessit dellambiente costruito. Proprio questa complessit, afferma Guazzo, impone ladozione di modelli semplificativi e di tagli logici in base ai quali tentare di formulare i problemi e dare loro risposta. In direzione del tutto diversa da quella di Vittoria, nella sua attivit di professionista e di docente, mi sembra si sia mosso Pierluigi Spadolini che pu essere considerato, al pari di Vittoria, un caposcuola ed uno dei fondatori dellarea della tecnologia dellarchitettura con la sua attenzione rivolta al mondo della prefabbricazione e della produzione industriale dei componenti edilizi. Pur non offrendo allattenzione del lettore come del resto consuetudine di molti architetti militanti che profondono costante impegno nella pratica professionale condotta con estrema dignit e qualificazione grandi approfondimenti di tipo teorico, Spadolini ha lasciato pagine piuttosto significative sul tema della prefabbricazione in Italia che conviene qui, anche se per sommi capi, ripercorrere.36 Quello della prefabbricazione, sostiene Spadolini, rappresenta, per molti versi, un fallimento almeno rispetto ai suoi obbiettivi iniziali che erano quelli di realizzare interventi a basso costo e di qualit dignitosa. Per comprendere queste affermazioni necessario rendersi conto di quali siano state le caratteristiche del processo di prefabbricazione attuato in Italia a partire dal secondo dopoguerra. Le metodologie possibili sono essenzialmente due: a. la tendenza a realizzare tutti i pezzi fuori opera (in fabbrica o officina) per poi, successivamente, montarli in cantiere. b. la razionalizzazione industriale dei processi di cantiere. Si tratta, sostiene Spadolini, di procedure complementari ed molto istruttivo ripercorrere la storia della prefabbricazione in Italia. Le tendenze che si sono affermate possono ridursi sostanzialmente a due: la prima presuppone la scomposizione logica delledificio in elementi componenti da realizzare in officina per poi essere montati in qualsiasi localizzazione geografica; la seconda presuppone la realizzazione di componenti il pi possibile privi di caratterizzazione tipologica, lasciando allarbitrio del progettista il loro assem-

blaggio, tentando di salvare, in questo modo, lautonomia della sua fantasia creativa e funzionale. I due atteggiamenti sono stati rispettivamente chiamati: prefabbricazione chiusa e prefabbricazione aperta. La prefabbricazione aperta appare pi libera, ma, in realt, anchessa una serie di forti limitazioni, dovute soprattutto alla logica delle imprese che, in qualche maniera, seguendo uno schema assai limitato di realizzazione (basato sulla scelta di un materiale, l impostazione di una griglia modulare dimensionale, ladozione di un particolare giunto e la stesura di un abaco degli elementi componenti) hanno anchesse contribuito in maniera massiccia ad un processo di omologazione ed appiattimento formale delledilizia, al punto che, per ovvi motivi di convenienza economica, ogni impresa ha finito per assumere un suo ben preciso stile formale. Anche il ricorso alla stesura di una normativa a carattere nazionale orientata verso il superamento di questi limiti non ha fatto altro che, paradossalmente, accentuare lomologazione appiattendo le scelte formali su tipologie rigide nelle quali la base progettuale limitata al concetto di ambiente cubico, di stanza parallalepipedica, di piani sopvrapposti, finendo per ottenere il risultato opposto a quello desiderato, la razionalizzazione ufficiale e normativa delle scelte estetiche su pochi stilemi formali ufficialmente catalogati. Compreso ci, prosegue Spadolini, si pensato che lintero problema metaprogettuale dovesse essere riformulato enfatizzando quelle che vanno sotto il nome di performance specifications (regole di conformit) che permettessero di sfuggire al problema delle tipologie preordinate, chiuse e bloccate. Ma anche questo non ha risolto il problema che, afferma Spadolini:
sembra sfumarsi attorno alla questione apparentemente irrisolvibile di come ottenere la scomponibilit senza limposizione di una normativa che conduca ad unoggettivazione standard, dato che inevitabilmente si pensa sempre al significato semantico e potenzialmente espressivo del pezzo inteso appunto come oggetto, pi che come elemento di un insieme il cui valore formale intrinseco pu essere molto prossimo allo zero assoluto, pur essendo per capace di far assumere allelemento composto finale i pi emergenti significati.

E pi innanzi, aggiunge che loggetto componente, pi che legarsi al design (attribuzione formale) proprio del processo progettuale architettonico tradizionale, finisce per essere totalmente determinato dalla prassi metodologica della produzione industriale che vede nella teoria della scomponibilit un mezzo concreto per poter aumentare le capacit funzionali ed espressive degli oggetti da produrre.

Limpostazione logica di Spadolini pienamente condivisibile perch sembra ben individuare laporia della prefabbricazione contemporanea: eccesso di concentrazione stilistica sul singolo componente e mancanza assoluta del controllo formale dellinsieme. Proprio il contrario di quanto la storia dellarchitettura anche molto lontana da noi nel tempo ci insegna: lassoluta mancanza di design, di qualsiasi prerogativa stilistico-formale , ad esempio, quella che caratterizza il concio murario depoca gotica, anche se la maniera di pensarne le valenze estremamente sofisticata, come mostrano i ragionamenti impeccabili di Villar De Honnecourt nellillustrare, nel suo taccuino, come debba costruirsi la curvatura del singolo concio nel taglio delle pareti laterali di modo che esso sia utilizzabile per i tre archi a diversa curvatura della crociera gotica ad impianto rettangolare di base, essendo i tre archi rispettivamente quelli impostati sui due lati del rettangolo e quello della crociera vera e propria impostato sulla diagonale. Ma pur mostrando notevole acume di analisi nelle conclusioni che Spadolini, in qualche modo, viene meno, non riuscendo a svincolarsi dalle spire delle aporie di fondo della prefabbricazione industriale contemporanea. Ed a questo punto che, lasciando sospeso ogni giudizio, egli sembra abbandonare una possibile risoluzione del problema generale che lindustrializzazione delledilizia pone. Laddove sarebbe necessario insistere sui procedimenti logici, sugli orizzonti di significato pi vasti che unintera epoca storica presenta e sulle valenze culturali del problema che la progettazione modulare di natura industriale rappresenta, prevale in Spadolini non il teorico e lesteta ma il professionista concreto alla ricerca di soluzioni immediate e di campi di sperimentazione fattuale. Infatti, procedendo in maniera piuttosto empirica, egli afferma che:
Si tratta, in sostanza, di ricercare come lindustrializzazione edilizia consenta la possibilit di avere sempre nuovi modelli, per senza rifarsi ad una organizzazione di coordinamento estesa a livello nazionale, cercando di risolvere inizialmente questo ben pi vasto problema nellambito specifico delle singole esperienze compiute.

Lenfasi, in altre parole, non posta su citt, architettura e loro pre gnanza estetica se non altro da raggiungere, come puro limite cui tendere come problema generale, per lappunto, che questi temi presentano, ma soltanto sul componente edilizio e la sua logica. Come dire? Una volta constatato che un certo uso, limitato e sbagliato e, per giunta, affidato alla sola logica del profitto quella dellimpresa, quella dellindustria produttrice

non porta a risultati convincenti sul piano estetico, si elude il problema generale che sottinteso e si ricorre sempre ad una certa logica specifica e limitata per risolvere quel problema che di natura superiore, pi complessiva, culturale, dunintera epoca e del suo modo di guardare il mondo e aggredirlo. Il ragionamento, in altre parole, si ribalta: costatata lesistenza di un problema generale e individuata la sua principale causa generatrice nella settorialit ed angustia culturale del metodo progettuale adottato, si abbandona il piano generale della riflessione per affidare la ricerca di un possibile rimedio a tutto ci ancora una volta a quella logica ristretta di settore che alla base dellerrore cui si cerca di porre rimedio. Laporia dunque chiara: non sono la logica dellarchitettura, delledilizia e della costruzione della citt per ricordare ancora una volta la bella definizione di Sitte, Stadtbaukunst, che ho anticipato a questi ragionamenti quanto torni utile in casi come quello del quale qui si discute con il loro insieme di valori complessivi e generali a richiedere un certo tipo di componente industrializzato ma , al contrario, la lo gica dellindustria, dellimpresa fortemente condizionate dalla logica del profitto ovviamente e, per molti versi, giustamente ha imporre scelte metodologiche ed estetiche; non sono ledilizia e larchitettura ha chiedere e condizionare la forma dei prodotti dellindustria ma, al contrario, in qualche modo sono costrette a subirli. E qualsiasi analisi tesa a valutare gli effetti positivi della componentistica industrializzata nel costruire appare sempre pi pervicacemente come vera e propria ideologia e, per di pi, notevolmente datata ed arretrata rispetto ai contemporanei discorsi sullambiente, gli equilibri paesistici, il recupero della natura, i disastri ecologici sempre pi frequenti, la perdita di qualit complessiva del costruito, la valorizzazione dei Beni Architettonici e Culturali in generale. Spadolini insiste nella scelta a favore della prefabbricazione anche se, a suo dire, scelte superiori (economiche, ragioni ed interessi della committenza pubblica e privata, organizzazione dei concorsi nazionali di architettura, ecc.) sembrano sempre pi orientate contro questo particolare tipo di tecnologie. Per rispondere a queste richieste stato opportuno adottare come valida lipotesi delledificio inteso come contenitore, con ci portando a conclusione un processo gi in atto, quello di azzerare ogni intenzionalit formale e tipologica. La prassi seguita, prosegue Spadolini, stata quella del caso-per-caso effettuando ogni volta unoperazione di sintesi di tutte le possibilit espressive consentite dal sistema, cosa questa che il primo passo per addivenire a unoperazione tipica del design. Va detto,

per, che il concetto di edificio-contenitore, prosegue Spadolini, va adottato con una certa libert:
lo stesso concetto di contenitore, del resto, rischia di rimanere un fatto isolato e una scelta non conseguente allimpostazione data, se non presupponesse nel suo interno la possibilit di una libera suddivisione dello spazio, ottenuta generalmente con ladozione di una griglia modulare che coordina tanto le dimensioni esterne che quelle interne per consentire la rispondenza funzionale.

La conclusione che se necessario rispettare, in qualche modo, la li bert progettuale dellarchitetto c bisogno, allo steso tempo, di una sperimentazione progettuale nella quale necessario che larchitetto acquisisca i metodi di produzione propri dellindustria perch egli, con la sua preparazione professionale tradizionale e la conoscenza approfondita dei valori strutturali, progettuali ed estetici dellarchitettura e dei suoi processi costruttivi storicamente consolidati, lunico professionista in grado di porre rimedio a tutti i guasti presenti nel panorama dellarchitettura contemporanea. Un possibile rimedio allasetti cit ed alla rigidit della prefabbricazione quello di introdurre il concetto di famiglia di forme inteso come insieme variabile di scelte legate ad un insieme di componenti da adottare allinterno del proprio processo progettuale. Le considerazioni che Spadolini svolge per lindustrializzazione delledilizia forniscono una delle motivazioni forti e fondanti degli atteggiamenti culturali che sono comuni a molti esponenti dellArea Tecnologica dellarchitettura. Dopo le rapide incursioni in una parte molto limitata della produzione teorica della cosiddetta area tecnologica, al di l di ogni contraddi zione e specifico indirizzo di ricerca che caratterizza alcuni dei suoi protagonisti, si pu certamente sostenere che la piena partecipazione della ricerca tecnologica alla sfera creativo-intellettuale entri a far parte, oggi, di un pi generale ridisegno della planimetria del sapere, superandone lestrema parcellizzazione; questa frantumazione, infatti, appare, con sempre maggiore evidenza, indipendentemente dalla buona volont dei suoi interoreti principali, funzionale, soprattutto, alle strategie accademiche di spartizione delle aree disciplinari. Infatti, soltanto in conseguenza delle suddivisioni disciplinari suindicate che tecnologia e progetto (o, se si vuole, costruzione e composizione) vengono se parate fino a denotare significati differenti. I termini costruire e com-ponere, se riferiti, per esempio, alla struttura elementare del processo creativo in architettura, denunciano, con precisione, il contrapporsi tra loro dei conci lapidei murari, luno in contrasto con laltro, luno in contrappo-

sizione, per lappunto, allaltro. Per la precisione, il termine costruire (com-struere) significa edificare o comporre qualcosa mediante lunione o il collegamento di elementi convenientemente disposti. Definizione, questa, che si adatta molto bene anche alla parola composizione che vuol dire: porre oggetti, manufatti costruiti luno di contro allaltro in stretta relazione in maniera tale che lassieme risultante sia in equilibrio; condizione, questultima, assicurata proprio dallatto che essi svolgono di contrapporsi. I significati, dunque, finiscono per accostarsi molto tra loro - fino quasi a coincidere - non soltanto dal punto di vista formale (fino alla definizione della forma e del disegno del paramento murario come nei vari opus testaceum, latericium, reticulatum, incertum, listatum, ecc.) ma anche dal punto di vista statico-tecnologico come accade nei sistemi spingenti dove lequilibrio raggiunto proprio grazie agli sforzi di mutuo contrasto tra i conci generati dalla contrapposizione, dal com-porsi, contra-porsi per lappunto, degli elementi luno rispetto allaltro. E, dunque, la separazione tra il mondo della tecnica e quello della forma non pretestuosa e falsa soltanto se ci si limita a considerare il piano logico-concettuale o della parcellizzazione del sapere operata in ambito accademico, ma anche, e soprattutto, se ci si riferisce al campo delle costruzioni concrete. Questa separazione un accadimento ciclico, ricorrente con puntualit lungo il corso della storia dellarchitettura. Basta pensare, tanto per fare un esempio, alla lunga parentesi dei revival ottocenteschi, definibili, tra laltro, dal punto di vista tecnologico-compositivo come un vero e proprio scollamento superficiale tra la pellicola delledificio (stucchi, intonaci, false cariatidi, paraste, lesene, cornicioni aggettanti, ecc.) e limpianto strutturale-costruttivo della fabbrica; o, per giungere in tempi assai pi vicini a noi, a quella che stata definita l orgia postmodernista nella quale gli elementi strutturali di passate tecniche e forme costruttive come archi, piattabande decorate, e cos via, sono stati coniugati, per fini esclusivamente stilistico-formali, con le regole fondamentali ed i materiali tipici del moderno, giungendo, come noto, a risultati di assai dubbio gusto. Tutto ci rimarca, come s detto, il dato materico del progetto di architettura, lo stretto nesso che sussiste tra i materiali e la forma. Ma il rapporto tecnologie-materialiprogetto va molto al di l di queste connotazioni linguistiche e di trama, per cos dire, superficiale dei materiali. Infatti le connessioni tra materiali da costruzione, formatipologia e struttura resistente delloggetto architettonico sono molto pi complesse. Nel senso che, unattenta lettura delle linee tecnologico-evolutive dellarchitettura nel tempo

mostra lesistenza di un forte collegamento strutturale tra queste tre sfere; esso interviene, direttamente e necessariamente, in ogni ragionamento progettante. Anche se quanto si ora detto pu risultare evidente sul piano intuitivo, se ne pu, con maggiore chiarezza, evidenziare limportanza sul piano logico-progettuale ricorrendo ad una definizione estremamente utile quale quella di modulo edilizio. La definizione in oggetto, infatti, molto pi articolata e generale che non le solite riguardanti i puri processi formali. Conveniamo allora di definire modulo edilizio quella parte elementare dell organismo architettonico, composta da pi elementi costruttivi autonomamente conchiusi, ognuno dei quali indispensabile al raggiungimento di tre scopi tra loro congiunti: lequilibrio strutturale, la definizione formale e spaziale, le tecniche costruttive e di realizzazione direttamente dettate dalla natura dei materiali impiegati. Ci risulter chiaro da alcuni esempi. Modulo edilizio , per esempio, lassieme - caratteristico dellarchitettura delle cattedrali gotiche - costituito da quattro piedritti (colonne o pilastri) situati ai quattro punti dimposta della volta costolonata di copertura. Lassieme staticamente definito con il suo sistema geometrico-strutturale in grado di incanalare gli sforzi (i pesi e le spinte), tramite le costolonature, ai piedritti; formalmente rimarchevole perch in base ad esso, alla sua ripetitibilit ed accoppiabilit, si svolge e si definisce lintera struttura formale delle navate e, dunque, della cattedrale; direttamente dipendente, nelle sue definizioni formali, dalle tecniche costruttive adoperate e dai materiali (taglio dei conci e loro disposizione nellorditura negli apparecchi finali di archi, volte, colonne, pilastri, costolonature e rinforzi). In altre parole se, nellanalisi dellopera architettonica e, cio, nello smontaggio logicotecnologico-strutturale delle sue parti componenti e nellindividuazione delle sue regole compositivo-costruttive, si fa rife rimento al concetto di struttura intesa come assieme di elementi governato da leggi ed in grado di autoregolarsi (che, in qualche modo, sembra richiamare quella di sistema, termine che ricorre con una frequenza quasi ossessiva nelle discussioni di area tecnologica che, non sempre, come ho gi detto, sembrano pienamente consapevoli del significato dei termini in gioco), si vede che la nozione di modulo edilizio viene a definire unimportante aggregazione logico-progettuale-costruttiva, in cui le parti elementari (conci ed assiemi di conci assemblati tra loro sotto forma di elementi) convergono, la quale svolge un ruolo essenziale ed indispensabile nella determinazione formale dellopera intesa nel suo complesso. Anzi si pu dire che la caratteristica formale-

costruttiva dellopera di architettura che la rende diversa dalle altre espressioni artistiche figurativo-spaziali sia proprio tutta contenuta in questa sua suddivisibilit in parti formalmente autonome, staticamente definite, atte a ripetersi uguali a se stesse, le quali danno luogo a organismi costruiti sempre pi complessi (navate, porticati, matronei, coperture, ecc.) che intervengono nella definizione del corpo finale dellopera. Ci che risulta estremamente interessante per il discorso che si ricordava allinizio il fatto che, da questo punto di vista, non ha pi senso alcuno staccare la tecnologia dalla forma e dalla funzione. E che questo modo di concepire lo spazio e di articolarlo che precipuo dellarchitettura, appartiene alle architetture di tutti i tempi, non soltanto a quelle moderne. Qualche altra considerazione degna dinteresse meriterebbe, poi, il fatto che, contrariamente a quanto spesso avviene nellera contemporanea, per il passato la natura modulare dellarchitettura non era contraddetta dai processi di standardizzazione. Anzi ci che ancora oggi ci meraviglia lequilibrio che il pi delle volte era raggiunto tra le caratteristiche specifiche del singolo concio (taglio, pezzatura, peso, maneggevolezza, durata, durezza, resistenza, ecc.), quelle del mate riale che lo costituiva (elasticit , anelasticit, porosit, valori estetici, lavorabilit, ecc.), quelle degli elementi architettonici veri e propri (colonne, archi, volte, capriate, pinnacoli, contrafforti, ecc.), quelle dei moduli edilizi cos come prima gli abbiamo definiti, le parti e lassieme finale. Un equilibrio che molte volte ci ancora in gran parte sconosciuto come cinsegna, tanto per fare un esempio eclatante, la cupola di Santa Maria del Fiore con tutta la messe di teorie ed interpretazioni che tentano di spiegarne il mistero del miracoloso equilibrio. Ecco, in questo senso ci sembra che laffermazione di Vittoria di cui prima si parlava e che, cio, la tecnologia debba essere considerata come un tentativo intellettuale di stabilire le connessioni che esistono tra i fenomeni della natura e le leggi della scienza sia ancora, almeno per quanto riguarda la cultura architettonica contemporanea, profondamente attendibile. V, cio, da scoprire ancora quella visione del mondo, quel modo di immaginarlo nuovo e nuovamente con maggiore energia ed entusiasmo che se ne sta nascosto in ogni tecnologia. Un modo, questo, utile anche ad impostare diversamente il processo di apprendimento delle regole del progetto di architettura. Ma bisogna ora chiedersi: quali sono le regole che caratterizzano questo processo di apprendimento? A questo scopo va premesso un ragionamento. Quando si parla di una cosa che si deve costruire, se ne parla, cio, e non si opera concretamente, si agisce su di

un altro livello (pi o meno astratto) che non immediatamente quello delle norme e delle strumentazioni necessarie alla costruzione concreta. Renato De Fusco ha ben descritto questa situazione ricorrendo alla definizione di protolinguaggio. Il protolinguaggio tutto ci che precede il progetto vero e proprio e metalinguaggio quel discorso che serve a progettare il progetto. Ma ascoltiamo direttamente cosa sostiene De Fusco quando assimila la progettazione ad un protolinguaggio:
Esso [il protolinguaggio] ha una funzione strumentale, pragmatica; un insieme di segni tratti di volta in volta e a seconda dellinterprete, dal disegno come autonoma esperienza e dalle arti figurative in genere, dalla geometria, dalla topografia, dalla statica grafica, ecc., in relazione al servizio del linguaggio-oggetto ossia dellarchitettura in carne ed ossa.37

Questa del protolinguaggio questione che ricorre, nelle operazioni intellettuali e creative delluomo, pi di quanto si possa immaginare. Ogni volta che si svolge un discorso su qualche attivit umana che non si attua con gli stessi mezzi linguistici che le sono propri facciamo ricorso ad un protolinguaggio prima ed a metalinguaggio poi. La differenza tra questi due tipi di linguaggi potrebbe essere: il protolinguaggio tutto ci che precede o organizza il progetto mentre il metalinguaggio descrive liter progettuale o lopera realizzata. Unoperazione metalinguistica avverrebbe, allora, quando si utilizzano le parole della lingua per descrivere unarchitettura. Se ora si desiderasse intraprendere una descrizione di Ville Savoye di Le Corbusier si farebbe ricorso ad un me talinguaggio, che quello della parola, per tentare di illustrare ed interpretare unarchitettura che, per sua natura, stata realizzata utilizzando mezzi ed elementi linguistici appartenenti ad un altro dominio, ad unaltra area disciplinare ed espressiva, quella dellarchitettura per lappunto. Un protolinguaggio - o pi protolinguaggi - al contrario organizzano i materiali che precedono larchitettura e vengono utilizzato per manipolarli e prefigurare quale potr essere lesito finale del processo progettuale. Giunti a questo punto, dobbiamo chiederci se esiste un protolinguaggio per il progetto di architettura e se la risposta s, quale esso sia. La risposta ovviamente affermativa e, certamente, esiste pi di un protolinguaggio al quale si fa ricorso nella progettazione. Per esempio, gi il fatto che si posto in evidenza e che, cio, se ne possa parlare, che sia possibile tentare di descrivere a parole un oggetto di architettura, ci dice che la lingua pu, in alcuni casi, essere utile in una fase di organizzazione dei materiali del progetto e, dunque, avere una valenza di protolinguaggio che pu opportunamente essere utilizzato

a questo fine, per cercare, cio, di giungere alla comprensione delle norme che sono alla base di un buon progetto di architettura. Ma la lingua non , ovviamente, il solo protolinguaggio utile a questo scopo. Tra i tanti disponibili, ne esiste uno che , per cos dire, pi diretto, quello pi importante e che deve essere posseduto fino in fondo da un architetto: questo protolinguaggio fondamentale, per lanalisi e il progetto dellarchitettura, la geometria. Per la precisione possiamo dire che esso un protolinguaggio nel senso prima assicurato da De Fusco perch ogni architettura progettata prevede una fase preliminare indispensabile che quella dellinquadramento strutturale preprogettuale basato sulla geometria. La geometria il protolinguaggio per eccellenza che guida il disegno e, dunque, un vero e proprio elemento fondativo del progetto di architettura. Senza geometria non possibile progettare. La geometria tanto importante che le regole fondamentali che la costituiscono divengono, molto spesso, regole del progetto di architettura. Molti allieviarchitetti non sono in grado di compiere un buon progetto perch non conoscono a fondo le regole e le procedure della geometria, perch non conoscono a fondo il rapporto che esiste tra la geometria e il progetto. Nel discorso che segue ci renderemo conto di come mai nessun protolinguaggio al pari di quello geometrico sia sostanzialmente connaturato alla stessa volont progettuale.38 Il protolinguaggio geometrico utilizza delle entit con le quali gli allievi-architetti devono prendere confidenza per procedere nelliter progettuale. Geometria non significa soltanto tecnica di rappresentazione dellarchitettura e relativa strumentazione (squadratura del foglio, strumenti da adoperare, regole, ecc.) e convenzioni del disegno tecnico. Tutti questi aspetti sono elementi necessari e propedeutici alliter progettuale ma ci che ci interessa maggiormente dal punto di vista progettuale sono le entit geometriche con il loro valore, per cos dire, strutturale, di organizzazione e prefigurazione dello spazio. Dobbiamo tentare di comprendere, in profondit, quale sia il significato di termini come asse, centro, bordo, perimetro, figura e cos via e le relative regole geometriche ad essi connesse. Sono queste, infatti, che influiscono profondamente sullessenza stessa del progetto. Queste sono le regole che, ad esempio, Palladio introduce nei suoi ragionamenti progettuali quando alla ricerca dellarmonia e quando lascia traccia di questi ragionamenti nei suoi scritti e nei suoi disegni di architettura. Ha scritto a questo proposito Rudolph Wittkower:

Per lui [Palladio] le illustrazioni erano un mezzo per esporre le proprie concezioni non soltanto del disegno architettonico, ma anche della proporzione: questo il motivo per cui le sue misure teoriche potevano deviare da quelle reali. Se questa deduzione esatta, sembra giustificata lipotesi che Palladio desiderasse che le misure scritte sulle tavole rispondessero a rapporti di carattere generale e di valore universale, ben al di l dellimportanza degli edifici singoli. In molte delle sue piante i rapporti della larghezza rispetto alla lunghezza degli ambienti sono posti in luogo visibile e facilmente leggibili, mentre - ad eccezione di alcuni dettagli ingranditi - assai pi difficile leggerli nel prospetto. Quanto allaltezza degli ambienti, la quale data soltanto nelle sezioni, relativamente non numerose, Palladio spesso si riferisce nel testo al metodo impiegato. Tali disposizioni sembrano rilevare uno schema preciso...39

Lo schema preciso cui Wittkower fa riferimento quello di una corrispondenza tra i principi dellarmonia architettonica e quella musicale. Aggiunge, infatti, pi innanzi:
Nessuno pu negare che i numeri di Palladio abbiano inteso suggerire alcuni rapporti e pertanto si pu porre in dubbio non questo fatto, ma semplicemente il grado cui si spinta la nostra interpretazione. Ora, la situazione nel campo architettonico esattamente parallela a quella della teoria e della pratica musicale. Un brillante studioso di teoria musicale come Mattew Shirlaw ha descritto larte della composizione armonica ai tempi di Zarlino con queste parole: Lantica arte, sebbene non dipendesse per il suo effetto estetico soltanto dallarmonia, era tuttavia capace di altissimo grado di espressivit armonica. I compositori del tempo non prendevano in considerazione il fatto che potesse verificarsi un esaurimento del materiale armonico; per essi esisteva una ricchissima riserva di variet armonica nelle diverse consonanze e nei diversi modi di combinarle. Non solo, ma con le differenti disposizioni di queste consonanze, era possibile ottenere combinazioni di toni assai disparate, varie sia per effetto armonico che per espressivit: unarte delicata e sottile che in seguito andata in gran parte perduta.40

Rileggendo poi le pagine di Daniele Barbaro, colto e raffinato committente di Palladio per la villa a Maser, Wittkower giunge alla conclusione che:
Chi studia il capitolo di Barbaro sulla proporzione potr anche metterlo da parte con la convinzione che lautore presupponesse e vedesse in un edificio relazioni proporzionali che superano la nostra capacit di percezione. Ma il lettore, pensiamo, consentir che Palladio, come Barbaro, credesse fermamente che la proporzione contenesse in s tutti i secreti dellArte. Inoltre lanalisi che abbiamo condotta di alcuni degli edifici palladiani dovrebbe aver dimostrato che larchitetto vicentino era maestro nellapplicare la proporzionalit. Tenendo presente lamicizia tra Palladio e Barbaro e la loro comunanza di interessi, si indotti ad affermare che il primo era in certo senso predestinato a realizzare nella villa dello stesso Barbaro quelle sottili relazioni armoniche, nelle quali sia il committente che larchitetto ugualmente credevano41

Andrea Palladio, Villa Capria detta la Rotonda, dai Quattro libri dellarchitettura

Lopera progettuale di Palladio, secondo il parere di un autorevole studioso come Wittkower, , dunque, la piena realizzazione di un ideale di armonia, un vero e proprio assieme di teoremi geometrico-proporzionali che ha permesso la costruzione di un gran numero di prototipi ideali di qualsiasi architettura e, al contempo, un insieme di simboli nel quale vengono rielaborati gli antichi ideali classici, una sorta di architettura archetipica, profondamente radicata nellinconscio pro gettuale collettivo degli architetti; insomma, come s detto, un vero e proprio progetto totalizzante ideale di raggiungimento della piena armonia basato solamente sui rapporti tra lunghezze, una sfida logico-concettuale a realizzare la pienezza dellespressione architettonica impostando e risolvendo complessi problemi di geometria. Le considerazioni che precedono ci permettono di affermare che, al di sotto delle costruzioni di architettura, quando questa pu legittimamente chiamarsi tale, esiste una ricerca di armonia che si sostanzia mediante la geometria, attraverso la costruzione per figure e rapporti dimensionali di proporzionalit tra le parti. Questa costruzione, poi, anche - ed quello che maggiormente ci interessa dal punto di vista tecnologico-costruttivo - alla base della corretta disposizione dei materiali (dei conci lapidei o di tutti gli altri componenti tecnologici del sistema edilizio) nello spazio. Anzi il vero miracolo dellarchitettura nella conformazione dello spazio si ottiene quando, vitruvianamente, il disegno armonico-proporzionale della forma (venustas) si sposa fino a coincidere con quello della struttura resistente (firmitas), individuando uno scopo, un fine indispensabile alle umane bisogna (utilitas) dove ognuno di questi tre aspetti non isolabile dagli altri se non in base ad un forte processo di astrazione, utile soltanto allanalisi strutturale dellopera e di una sua comprensione didattica. La geometria, congruentemente con la definizione di protolinguaggio fornitaci da De Fusco, da questo particolare punto di vista, assumerebbe il ruolo, insomma, della corretta matrice strutturale del comstruere, che lo precede, mettendo in relazione tra loro le parti se condo logica e senso; pesi e parti, figure e volumi, forze, pesi e resistenze dei vincoli, quadrature utili e distribuzione delle funzioni e delle attivit nel piano e nello spazio (tutto linsieme di variabili, insomma, su cui si fonda il progetto di architettura) verrebbero cos relazionati tra loro in maniera intelligibile, trasmissibile ed a regola darte. Senza tutto ci, cio senza geometria, senza un disegno congruente dassieme totale e globale, non sarebbe concretamente possibile alcun progetto.

Daltro canto questa circostanza non sembra vera soltanto quando si parla di architettura. Anche nelle arti figurative la geometria gioca, sul piano protolinguistico, un ruolo di fondamentale importanza. Se, ad esempio, analizziamo lo Sposalizio della Vergine di Raffaello - la cui struttura schematicamente riprodotta nellillustrazione - tra le tante cose va evidenziato come questa esemplare composizione pittorica, oltre ad essere il prodotto della grande capacit tecnica e creativa di Raffaello che rielabora in maniera originale le immagini-prototipo, per cos dire, che gli venivano dal suo maestro Pietro Perugino, presenta un elemento costante che ritroviamo anche in opere di altri autori: si vuole qui fare riferimento alla costruzione geometrica dell impianto scenograficospaziale dellassieme. Si tratta di una struttura posta in evidenza nel grafico, basata sulla presenza di alcune figure geometriche fondamentali come un quadrato, una semicirconferenza e una serie di triangoli che individuano alcuni punti notevoli che giacciono al di sotto del discorso costruttivo dellimmagine contenuta nel quadro e degli elementi fondamentali che intervengono nella definizione della sua dinamica formale e discorsiva, come lanello, la struttura dei gruppi di personaggi e la loro disposizione spaziale sia in primo piano che sullo sfondo, la grande costruzione architettonica del battistero che fa da fondale, le due porte del battistero luna prospetticamente infilata con laltra che riquadrano linfinito e cos via.42 Questo complesso sistema geometrico di figure elementari regolari tra loro coordinate d luogo ad una griglia concettuale-strutturale sulla quale unintera generazione di pittori costruisce i suoi quadri, le sue rappresentazioni. Analogamente ai maestri della pittura, i grandi architetti, come Palladio, utilizzano unimpalcatura geometrica estremamente rigorosa per ordinare la logica e gli elementi dell architettura. Ma chiediamoci ora: quali sono gli elementi geometrici che intervengono nella costruzione protolinguistica dellarchitettura? Se si lavora sulle figure geometriche semplici, bisogna comprendere che ci sono pochi elementi fondamentali connessi ad ogni figura geometrica che acquistano un grande significato per il progetto di architettura, i quali giocano un ruolo di estrema importanza non soltanto dal punto di vista compositivo-metodologicoprogettuale ma, come si gi ricordato pocanzi, anche da quello statico, costruttivo e tecnologico. Se si fissa lattenzione su di una figura elementare regolare, ad esempio un quadrato, e si riflette sulle sue precipue caratteristiche geometriche, ci si rende conto che possibile isolare alcuni punti notevoli del piano in relazione alla sua forma. Un punto notevole di par-

ticolare importanza rappresentato dallintersezione delle due diagonali, in figura indicato con la lettera A. E facile rendersi conto del perch questo sia un punto fondamentale: esso , infatti, il baricentro della figura; limportanza del baricentro dal punto di vista statico a tutti nota; esso quel punto ideale nel quale, per convenzione e per un notevole grado di approssimazione a quello che nella realt veramente avviene, si concentra il peso del corpo quando questo sia dotato di massa omogenea e di concretezza di materiale. Ma, dal punto di vista del progetto di architettura, se il quadrato in figura rappresentasse, anche se molto schematicamente, la pianta di un ambiente, A sarebbe un punto fondamentale perch luogo dincrocio dei due assi principali della figura con direzione uguale a quella dei lati (a e b in fig.). Quindi se il quadrato nellillustrazione rappresentasse la pianta di una stanza con quattro aperture uguali sulle quattro pareti, situate nella mezzeria di ognuna di esse, il punto A sarebbe (nel progetto, nella sua restituzione geometrica) un luogo dello spazio reale nel quale si verificherebbe lequivalenza di tutte le prospettive che dallinterno dello spazio considerato si proietterebbero verso lesterno. E del tutto ovvio che, in questa particolare discussione, il punto A non ha alcun significato n ha funzioni particolari. Esso importante ed assume significato se accoppiato al bordo, al perimetro della figura presa in considerazione. Questosservazione ci dice che esiste una prima dinamica fondamentale in ogni progetto di pianta: ogni progetto di pianta presenta una stretta relazione dinamica (rispetto alluso, alla percorribilit, ai punti di visione dellosservatore al suo interno, alle regole costruttive dellassieme, alla copertura e cos via) rappresentata dalla dialettica che viene a stabilirsi tra il centro geometrico della figura e il disegno di contorno della figura stessa. Questo uno dei primi elementi - gestaltici, conformativi, propri dellentit geometrica che si sta prendendo in considerazione - che danno significato alla fenomenologia progettuale di un spazio architettonico, di un ambiente riguardato strettamente dal suo interno. Palladio, ma con lui la stragrande maggioranza degli architetti di diverse stagioni espressive dellarchitettura, fa un largo e sapiente uso di queste caratteristiche specifiche delle figure geometriche coinvolte nella strutturazione delle piante delle sue opere architettoniche. La pianta della Rotonda, ad esempio, strutturata, dal punto di vista geometrico, dalla dialettica che si instaura tra il centro della pianta risultante - a forma di croce e dallassommarsi di significato che il centro acquisisce perch contemporaneamente il punto dincrocio dei due assi principali della figura dassieme ma anche il centro della sala

S. Maria del Fiore, pianta-raffronto tra la chiesa rea lizzata e la vecchia S. Reparata

circolare centrale e del quadrato di base che definisce il volume principale delledificio; esso , infine, anche la proiezione della cupola di copertura. Dunque: prima questione fondamentale quella di individuare il peso progettuale che possono acquistare, in una data figura geometrica, il baricentro, il perimetro e gli assi. Questo discorso anche intimamente connesso al significato che larchitettura assume a livello simbolico. Basta pensare al valore che ha, per esempio, nella cattedrale, il sistema costituito dallasse longitudinale della navata principale, da quello del transetto e il punto di intersezione di queste due entit geometriche. Su queste invarianti geometriche di fondo si impiantano grandi eventi architettonici (dal punto di vista formale e costruttivo) come la cupola di S.Maria del Fiore. Il punto di culmine della cupola (il punto pi altro della costruzione e quello pi significativo dellintero manufatto architettonico) situato sulla verticale che sinnalza dal punto planimetrico, intersezione dei due assi principali, i due bracci della croce latina. Tutta larticolazione della pianta, poi, si basa su questa struttura geometrico-spaziale di impianto. Le tre entit geometriche delle quali si sta qui discorrendo sono, quindi, i principi architettonici e costruttivi che determinano la logica e larticolarsi consequenziale degli elementi e delle parti di tutta lintera costruzione. La stessa costruzione del castrum romano (e, conseguentemente, della citt romana), tanto per fornire un ulteriore esempio, si basa su principi formali e geometrici di questo tipo. Gli elementi fondamentali che la contraddistinguono sono : la pianta quadrata, i quattro ingressi, il pomerium che evidenzia, in senso religioso-sacrale, il significato assunto dalle murazioni difensive (il perimetro, per lappunto) i quattro quadranti in cui gli assi principali suddividono lintera pianta urbana che sono, a loro volta, composti da isolati, il centro nel quale ubicato il Foro, e cos via. Tutti gli elementi urbani fondamentali che intervengono nella definizione successiva della planimetria della citt rispettano un ordine geometrico ed una legge insita nella figura planimetrica di base che sinteticamente esprimibile dal principio dialettica centro-perimetro. Da tutto quello cui s fatto cenno finora si comprende come la semplice dinamica ora descritta tra le entit geometriche di bordo, assi, centro e cos via, determina la gran parte delle opere di architettura lungo il corso dellevoluzione di questa disciplina.43 Lobiezione di fondo che si pu muovere a questo discorso rappresentata da tutte quelle architetture (che sarebbe, forse, pi corretto denominare sperimentazioni spaziali) come le opere di Kasimir Malevic, del gruppo De Stijl, di Wright, Hermann Finsterlin44

Pantheon - assonometria dal basso

Friedrich Kiesler, lespressionismo architettonico tedesco tra le due guerre, da tutte quelle opere che, insomma, sembrano seguire tracciati geometrici assolutamente liberi ed imprevedibili. In realt si tratta di progetti spaziali-figurativi o di architettura che presentano costruzioni geometriche assai complesse e sofisticate, non facilmente decodificabili e riconducibili a figure semplici ed elementari di base ma che, in ogni caso, fondano la loro interna strutturazione sempre su di un protolinguaggio geometrico. Possiamo, allora, dire che tutta la storia dellarchitettura - una volta che sia analizzata sul piano del protolinguaggio geometrico - si regge su pochi elementari principi strutturali di fondo. Questi principi non soltanto sono veri dal punto di vista formale e compositivo - come gi si avuto modo di ricordare fino ad ora - ma anche dal punto di vista tecnologico, statico e costruttivo e rispondenti alla logica di assemblaggio imposta dai materiali da costruzione impiegati e dai componenti edilizi preordinati. I sistemi simmetrici e di semplice articolazione spaziale probabilmente sono stati molto diffusi per il passato soprattutto per questioni statico-organizzative del modello spaziale e del suo comportamento complessivo e perch il materiale stesso, per sue caratteristiche naturali e lassieme di prestazioni che poteva assicurare sul piano pratico, rispondeva bene a questo tipo di organizzazione del manufatto edilizio. Cambiati i materiali sono mutate le limitazioni costruttive e, dunque, anche le forme complessive dell architettura. Un esempio quello suggerito dal passaggio dal sistema trilitico-architravato a quello spingente. Questo passaggio - che trova una sua plausibile spiegazione nelluso pi razionale e sapiente del materiale lapideo - ha generato un universo espressivo assolutamente nuovo ed impen sabile se si fosse continuato a far ricorso ai soli sistemi architravati. I materiali lapidei funzionano bene se intervengono nella costruzione di strutture simmetriche (ad esempio gli archi di un sistema porticato che sfruttano il principio statico della spinta e controspinta, le due parti di un arco che sono simmetriche rispetto allasse verticale passante per la chiave, la simmetria circolare delle cupole, quelle bi- o pluriassiali delle volte composte, e cos via); entrano in crisi o funzionano generalmente molto male se vengono utilizzati in strutture dissimetriche. Da questo punto di vista ci si spiega in maniera piuttosto soddisfacente come lasse di simmetria rappresenti unentit protolinguistica profondamente radicata nel pensiero progettuale architettonico, soprattutto in quello dei secoli passati, perch esso deriva da considerazioni, o per meglio dire da vere e proprie necessit strutturali, costruttive, tec-

cattedrale gotica - schema di sezione

nologiche, formali, compositive; i progettisti ed i costruttori dellantichit, partendo dallanalisi teorico-progettuale ma, il pi delle volte, dalla sperimentazione pratica, di cantiere - proprio come accade nella costruzione della cattedrale gotica - compresero a fondo la logica spaziale dellassieme costruttivo che andavano man mano creando, le ragioni costruttive dellorganismo architettonico e lintimo rapporto di queste con i materiali che lo andavano concretizzando. La razionalizzazione della forma dellarco, che viene compiuta gradualmente, durante il corso dellevoluzione tecnologica e costruttiva dellarchitettura, il risultato di unalta intelligenza progettuale. Nel caso, infatti, dei costruttori gotici che realizzano con intelligenza e consapevolezza progettuale larco a sesto rialzato, si raggiunge una soglia molto elevata della costruzione architettonica e una grande conoscenza, ancorch intuitiva, delle possibilit insite nel materiale lapideo. Altri esempi fondamentali dellintelligenza costruttiva sono le scale napoletane del settecento45 sia per il taglio e la disposizione spaziale dei conci lapidei, che, soprattutto, per il loro disegno di assieme e per le ardite geometrie spaziali che riescono a descrivere con grande eleganza formale e costruttiva. Quello che, dunque, si voluto qui sostenere e mettere in evidenza che il linguaggio geometrico, nella sua interna articolazione e nei suoi elementi fondativi, costituisce una piattaforma di base assolutamente indispensabile per la costruzione metalinguistica del progetto di architettura. Non si pu progettare alcun componente tecnologico o soluzione formale se non si preventivamente studiato a fondo e ci si impadroniti degli strumenti geometrici intesi come strutture protolinguistiche. Lesempio del Crystal Palace di Paxton ci insegna, a riguardo, molte cose. La correttezza procedurale, nella semplicit sostanziale della forma, la linearit dellimpianto geometrico-protolinguistico del pro getto, danno luogo ad un manufatto architettonico esemplare dal punto di vista figurativo ed assolutamente corretto dal punto di vista tecnologico, costruttivo e delle tecniche di assemblaggio dei componenti a quel tempo prodotti dallindustria. Il Crystal Palace la chiara esemplificazione del teorema che stiamo qui cercando di dimostrare: come la chiarezza dellimpianto geometrico-strutturale venga a costituire una vera e propria matrice logica che genera la forma ed impone le norme costruttive. Geometria e tecnologia, nellopera di architettura, non possono essere separate, luna determina laltra in una sorta di scambio dinamico, di profonda e mutua influenza. Il modo di pensare di un architetto maturo, consapevole delle possibi lit e dei limiti del

Crystal Palace - interno

mestiere acquisito, basato su questi principi. Egli esegue continuamente delle costruzioni geometriche per individuare la logica e le relazioni tra le figure che rappresenta. Su questimpianto logico-geometrico si sviluppano, poi, la ricerca delle proporzioni tra le parti: lindividuazione degli equilibri, la ricerca darmonia, come non soltanto Palladio sosteneva ma anche maestri molto pi vicini a noi nel tempo al pari di Le Corbusier. Dunque la geometria , per cos dire, il pane quotidiano del progettista. Senza geometria non si d progetto, anche quelli pi semplici, come il disegno di una mattonella46, di una cassettiera, una pentola o un qualsiasi utensile domestico, ammesso che il disegno di questi elementi lo sia. Se tutti questi oggetti non sono costruiti secondo affidabili geometrie di base essi non sono utilizzabili dalluomo n sul piano immediatamente funzionale, n su quello pi ampio dei significati che pretendono di trasmettere o sul piano delloccupazione e della definizione intenzionale dello spazio vissuto ed interpretato dalluomo. La geometria appropriata e commisurata alluso ed alle tecniche costruttive relative, inoltre, evita gli inutili e, il pi delle volte, dannosi espedienti di natura formalistica, gratuiti e, quasi sempre, poco validi proprio sul piano estetico. Daltro canto, si inseriscono in questo discorso anche altre considerazioni di non secondaria importanza, riguardanti la permanenza, nel tempo, di alcune caratteristiche strutturali degli oggetti progettati dalluomo; si tratta di invarianti che sono direttamente connesse alla funzione intesa non soltanto sul piano dellutile immediato ma anche, e soprattutto, in senso complessivo e, dunque, sul piano simbolico ed espressivo pi profondo delluomo; in questi casi si parlato di archetipi costruttivi, tecnologici, oltre che formali.47 Per quanto ci riguarda bisogna dire che, al di l di qualsiasi tentazione estetizzante, le cose rimangono sostanzialmente immutate nel tempo - nelle loro invarianti strutturali perch invariate sono le cause che le determinano, le motivazioni che ne sono alla base. Un oggetto duso, un contenitore, si presta ad assolvere alle stesse funzioni tanto nellera neolitica quanto nella nostra epoca e il modo delluomo di farne uso e trarne vantaggio sostanzialmente lo stesso. Allo stesso modo le leggi della fisica sono finora rimaste immutate, un corpo cadr dallalto verso il basso, il suo peso sar proporzionale alla massa, la sua resistenza dipender, tra laltro, da quella dei materiali di cui costituito e cos via. Ecco perch molti dei prodotti delluomo rimangono, di fatto, immutati. Vale la pena, a questo proposito, ricordare la frase di Tessenow che ci ricorda che, in fin dei conti, una casa sempre una casa; frase che era diretta contro tutti coloro che, abu-

Heinrich Tessenow, Case della citt-giardino di Hohensalza - Posen

sando della decorazione, degli stili ereditati dal passato, della tecnologia forte, finirono per stravolgere, lungo il corso dellOttocento e dei primi anni del Novecento, il significato semplice, profondamente umano dello spazio domestico, trasformando la costruzione in una sorta di inusitato, quanto gratuito, campionario fieristico di forme ed estetismi inessenziali e di pessimo gusto. Discorso, questo di Tessenow, quanto mai calzante se si pensa allo spettacolo attuale offerto dalledilizia residenziale di periferia e in provincia ma che ci mette in guardia anche nei confronti di prodotti edilizi partoriti da architetti troppo legati a motivi formali gratuiti. In genere le entit geometriche che hanno maggior peso progettuale e che vengono utilizzate, come si gi detto, sono gli assi, il perimetro, la figura intesa nel suo complesso, il peso, le linee, le polilinee e, cio, lassieme unitario delle linee quando queste siano tra loro connesse e questa circostanza sia necessaria per il particolare discorso progettuale che si sta conducendo; le polilinee sono entit introdotte dai sistemi CAD e che bene tenere nella giusta considerazione anche nel protolinguaggio geometrico progettuale tradizionale. Come sanno gli utenti esperti dei sistemi CAD la polilinea unentit che ha un grande peso nella costruzione del modello spaziale digitale del progetto; ma ha uneguale importanza dal punto di vista progettuale; i progettisti fanno spessissimo ricorso a questentit anche se, molte volte, in maniera inconsapevole. La polilinea , in realt, un profilo che, una volta estruso lungo una direzione nello spazio, o, pi in generale, lungo una qualsiasi linea direttrice - proprio come nel disegno di volte, calotte e cupole anche nellantichit - serve per creare figure pri smatiche tridimensionali. Quindi si tratta di una entit fondamentale non soltanto nella modellazione spaziale CAD ma anche nel concepimento tridimensionale di entit complesse che intervengono nella definizione degli organismi spaziali che compongono unopera di architettura. Altre entit geometriche di fondamentale importanza sono gli angoli e le direzioni. Vale la pena qui soffermarsi, anche se brevemente, su di esse. Spendiamo qualche parola sugli angoli. In genere, nella storia dellarchitettura tradizionale, gli angoli che maggiormente interessano sono quelli formati dai muri tra loro (in pianta) e quelli che indivi duano linclinazione delle falde di copertura degli edifici. Trascuriamo qui di occuparci del valore degli angoli e delle direzioni dei lati di base degli isolati urbani perch, il pi delle volte, essi sono determinati da motivazioni esterne alla logica progettuale (impedimenti, vincoli, forme precostituite dei lotti edificatori, limiti di propriet, ecc.) e, dunque, vedono alla base della loro conformazione ragioni che non sono strettamente attinenti al pensiero

progettuale ma che, al contrario, esercitano su questo una qualche pressione. Gli angoli dei muri che si incrociano, invece, sono determinati dalla logica interna del progetto e sono, quasi sempre, di 90. Solo in un caso questa logica varia per ragioni teorico-progettuali ed , precisamente, nei castelli. I castelli e le fortezze, le murazioni difensive presentano torrioni, bastioni i cui andamenti erano conseguenza di unaltra logica strettamente legata alla funzione precipua cui sono erano chiamati a rispondere: spezzare le truppe dassalto, frantumare il fronte degli attaccanti, diminuire londa durto a tutto vantaggio dei difensori della citt. La forma dei bastioni a cuneo, oppure langolo ancora a 90 ma ruotato, rispetto alla direzione della murazione, di 45. Ma, tornando allarchitettura domestica e urbana, mai si trova, nellantichit, una casa con angoli tra i suoi muri interni molto diversi dai 90; questo per ovvie ragioni di corretta distribuzione e conformazione degli spazi interni. Questa circostanza, generalmente vera per lantichit, contraddetta molto spesso nellarchitettura contemporanea. Bisogna dire, per, che non si tratta, quasi mai, di architettura di alta qualit. E buona norma lasciare gli angoli a 90. Se ci si vuole a tutti i costi sbizzarrire, si lascino inalterati gli angoli e ci si produca in ardite decorazioni parietali; sar meglio per la funzionalit della casa e per la stessa estetica. Una decorazione che alla fine stanca per la sua prepotenza formale pu sempre essere rimossa con maggiore facilit che non dei muri interni o, peggio, delle chiusure perimetrali. Angoli diversi sono, al contrario, utili per determinare linclinazione delle falde dei tetti in conseguenza di motivazioni squisitamente funzionali (declivio delle acque e della neve). Vale la pena avere sempre presenti le parole di Tessenow che si ricordavano innanzi prima di imporre variazioni rispetto agli schemi tradizionali di progetto di distribuzione ed organizzazione degli ambienti domestici. Per le direzioni va svolto un discorso molto pi complesso. Intendiamo qui parlare delle direzioni assunte dagli elementi della costruzione rispetto allambiente esterno ed ai punti cardinali. Per quanto attiene alla progettazione della casa bisogna dire che esistono delle direzioni preferenziali di orientamento ed organizzazione delledilizia residenziale. La casa, infatti, va sempre orientata in un certo modo piuttosto che in un altro ai fini della salubrit dellambiente interno che si viene a creare. Gli antichi preferivano lorientamento secondo lasse Nord-Sud, ubicando le aperture verso Sud e un muro cieco a Nord. Il raziona lismo tedesco, poi, ha inventato, com noto, un vero e proprio sistema di organizzazione

della casa rispetto allasse eliotermico, quellasse, cio, che permette la migliore esposizione ai raggi e alla luce del sole ai fini dell ottimizzazione del riscaldamento o raffreddamento naturale dellalloggio. Le zone che sono automaticamente create dalla presenza dellasse eliotermico sono quelle chiamate zona-notte e zona-giorno; la prima ubicata verso ovest in modo da catturare gli ultimi raggi del sole verso il tramonto e mantenere il calore nelle camere da letto verso sera e laltra, verso Est, Sud-Est, viene ad essere esposta ai raggi solari nel periodo in cui si soggiorna in essa e vi si svolgono le attivit giornaliere. Si tratta di una invenzione del razionalismo tedesco di grande rilievo che ha messo ordine in maniera pressoch definitiva in questa materia. Tutto ci che era naturalmente chiaro ai maestri costruttori dellantichit era stato, infatti, stravolto dalla logica ottocentesca di occupazione dei suoli urbani, orientata prevalentemente, se non esclusivamente, alla maggiore rendita piuttosto che alla pi razionale organizzazione delle tipologie di pianta. La sola logica del profitto applicata ai lotti edificabili non tiene conto, durante il corso dellOttocento, di tutti quegli argomenti tipici dellantichit che molto bene sono stati messi in luce in studi del tipo di quelli condotti da Saverio Muratori e Gianfranco Caniggia48. Nel razionalismo si orienta la casa secondo landamento dei raggi del sole per ottenere un risparmio energetico e, come si pu ben intuire, si tratta di una impostazione progettuale che torna, oggi, assai utile. Una buona orientazione Nord-Sud non serve soltanto a catturare i raggi del sole in inverno ma utile, come si accennava, anche per assicurare una buona refrigerazione nei mesi estivi perch tra la parte esposta a Nord e quella esposta a Sud si pu generare facilmente un riscontro e perch una serra opportunamente ombreggiata a Sud favorisce naturalmente questa circostanza.49 Le direzioni, come si vede, sono estremamente importanti nel progetto. Tra laltro stato dimostrato che lorientazione secondo i punti cardinali esercita direttamente la sua influenza anche sullo stato di salute e di benessere della persona. Sembra ormai accertato, infatti, che si dorme bene se il letto orientato secondo lasse Nord-Sud e la testa posizionata a Nord. Questo sarebbe dovuto proprio allinfluenza del campo magnetico terrestre. Daltro canto tutte queste circostanze non devono destare meraviglia visto che i campi magnetici naturali ed artificiali, i corsi dacqua e cos via, secondo alcune teorie sempre pi accreditate, influiscono in larga misura sulla salute delluomo.50 Tutte queste influenze positive e negative esercitate dallambiente sulla persona e condizionate dalla forma e dalla disposizione dellabitazione erano state, come si avuto gi

modo di evidenziare, in qualche maniera, intuite nellantichit e, poi, dimenticate o trascurate dallo spirito positivistico che si accompagnato, nella maggior parte dei casi, in maniera pressoch acritica allo sviluppo moderno della tecnologia e dellindustrializzazione. Nellantichit queste cose intervenivano grandemente a definire la razionalit dellabitazione anche se in maniera molte volte inconsapevole, spesso attraverso giustificazioni magico-religiose. Per nulla stato detto, finora, a proposito del concetto-strumento di pianta o planimetria nella progettazione architettonica. Il concetto di pianta deriva dal metodo di Monge che quella schematizzazione-convenzione geometrica la quale serve per rappresentare, in due dimensioni, un oggetto che, al contrario, situato nello spazio e ne ha perlomeno tre. Si tratta della ben nota questione di dover rappresentare su di un foglio (che un insieme a due dimensioni) unentit che ne ha tre o pi. Uno dei problemi geometrici pi importanti (e di difficile soluzione) per i progettisti di architettura questo ora ricordato. Il sistema inventato da Monge razionalizza tutte le acquisizioni sulla notazione tridimensionale dello spazio che si erano andate accumulando ed evolvendo dal rinascimento in poi. Il sistema delle proiezioni ortogonali , com noto, fondato essenzialmente sul ribaltamento di due dei tre piani di un diedro cartesiano sul terzo. In questo modo si rendono visibili contestualmente pi viste dello stesso oggetto tridimensionale da differenti angolazioni. Il concetto di pianta deriva, come s ricordato, da questo assieme di convenzioni e notazioni, sezionando le parti in elevazione mediante un piano parallelo al piano di base ad unaltezza arbitrariamente definita dal progettista o dal disegnatore. Se dal punto di vista geometrico una pianta definita nel modo che si detto, dal punto di vista progettuale essa molto di pi; una pianta un elemento fondamentale dal quale si parte, quasi sempre, per impostare il progetto di architettura. Perch questo accade? Perch non partire dal prospetto, per esempio? Molte volte pu accadere di partire da un prospetto quando questo sia il fine pi importante da raggiungere dal punto di vista progettuale come, ad esempio, nello studio di un negozio nel quale la vetrina sulla strada gioca un ruolo strategico di primo piano rispetto agli altri elementi che intervengono nella definizione dei dati di partenza del problema progettuale da condurre a termine. In questo caso larchitetto , in qualche modo, tenuto a privilegiare questo risvolto del problema progettuale ed a tenere in particolare considerazione le preesistenze ambientali e formali al contorno (le caratteristiche della facciata delledificio nel quale verr inseri-

to il suo lavoro, lampiezza e le peculiarit formali della strada, le connotazioni degli altri prospetti vicini, le condizioni di luce e di prospettiva, le angolazioni visive, e cos via). Dovr, inoltre, tener conto di tutte le normative e restrizioni imposte dagli Enti addetti al controllo (Soprintendenze, Autorit Comunali, Vigili del Fuoco, ecc); ma lo scopo principale del committente , comunque, quello di ottenere una vetrina, unimpaginazione formale che attiri i potenziali clienti e li invogli allosservazione della merce ed allingresso nel negozio. In un caso come questo si parte dal prospetto. Ma se si sta organizzando la sistemazione di una casa, gioco forza si deve partire dalla pianta. Anche se dobbiamo progettare un ospedale partiamo dalla pianta anche se il processo sar certamente pi complesso, pi difficile per la grande quantit di parametri che, in questa seconda eventualit, entrano in gioco. Quando si organizza una pianta, il lavoro progettuale si complica perch, congiuntamente allaspetto geometrico del quale ci si occupati in precedenza, nell individuazione delle matrici geometriche e delle entit che compongono l organizzazione protolinguistica di fondo, comincia a fare ingresso unaltra struttura logica che va sotto il nome di distribuzione, pi che delle funzioni, come era in uso anni addietro, delle attivit, dei modi di essere degli uomini in quegli ambienti in ben determinate circostanze. Se, infatti, ci si trova in un ambiente piuttosto che in un altro, ad esempio nella camera da letto, questa presenta delle determinate caratteristiche fisico-spaziali ed organizzative e non altre, in ragione delle azioni che vi si andranno a svolgere. La cucina avr altre caratteristiche perch in questa vi si svolgono altre attivit; e cos accade per il soggiorno e per tutti gli altri ambienti della casa. Tutto ci, poi, se si fanno salve, ovviamente, le specificazioni impianti stico-tecnologiche, vero per il tempo di oggi come per quello degli antichi romani: dormire, mangiare, passeggiare, parlare e cos via sono attivit pressoch costanti nella loro definizione nonostante il grande arco di tempo trascorso. Un letto sar un letto, un tavolo un tavolo e una sedia, pur variando la sua forma, dovr pur sempre essere un utile - e, non si sa mai ma fa sempre bene sottolinearlo, comodo - strumento per sedersi. La logica di aggregazione e definizione di alcuni spazi e di alcune loro caratteristiche di fondo si trasformata, nel tempo, in alcune regole generali che sono rimaste, nella sostanza, immutate. Disegnare una pianta di architettura, come ha ricordato De Fusco nel suo Segni, storia e

progetto dellarchitettura51, equivale a fissare il significato dellarchitettura. Questa definizione , in qualche modo, ripresa anche da Zevi quando sottolinea la differenza tra architettura e scultura fondandola sulla presenza o meno dello spazio interno52. E, quindi, lo spazio interno del manufatto architettonico ad assumere pienamente il ruolo di significato dellarchitettura perch rappresenta la sua peculiarit strutturale e semantica. Questo , ad esempio, particolarmente vero per una casa; lesterno rappresenta, infatti, il dato sociale, legato com al decoro ed alla bellezza dei luoghi urbani che concorre a definire, ma linterno tutto quello in base al quale labitante riesce a rintracciare un significato pi profondo, ritrova se stesso, le sue abitudini. Linterno della casa di abitazione assume, addirittura, il senso pieno di un complesso linguaggio.53 Ma, tornando al nostro discorso, il significato si sostanzia con il disegno di pianta e, dunque, il progetto di pianta fondamentale per larchitettura. De Fusco, a questo proposito, afferma che:
La principale figura dello spazio interno - significato la pianta. Essa la generatrice di quello spazio, il luogo sul quale maggiormente s appuntato linteresse dei progettisti e committenti, il sottosegno pi indicativo della funzione, della tipologia, del gusto, delleconomia, del costume di una data societ, ecc.; insomma il fattore pi significativo del segno architettonico. Sebbene si parli spesso di concepire un edificio nella sua totalit, ci sembra indubbio che, fin dai tempi pi antichi, il principale procedimento architettonico consistito nel conformare uno spazio partendo da un piano, nellaver immaginato un invaso, una volumetria, degli alzati e una copertura muovendo appunto da un disegno, da una figura di pianta.54

Dunque, il disegno di pianta estremamente importante. Da esso di scende tutta la logica di generazione del progetto di architettura. Il primo atto generalmente compiuto da un architetto quello di produrre un disegno di pianta ed anche il primo elaborato che egli sottopone allattenzione della committenza. Poi, a poco alla volta, in un continuo processo di andirivieni e di modifiche tra loro dialetticamente connesse, passa agli altri elaborati. Molte volte contemporaneo alla pianta un altro grafico che la sezione o, per meglio dire, una delle sezioni pi importanti e significative del manufatto che si sta progettando. Si tratta di un grafico che permette al progettista di comprendere quello che Adolph Loos indicava come Raumplan, lorganizzazione dei piani e dei volumi nello spazio; questorganizzazione pu essere molto articolata, con dislivelli, passaggi a quote diverse, sbalzi, sporti, solai in aggetto, volumi che si compenetrano e cos via55.

Detto ci, cerchiamo adesso di comprendere come sia concretamente possibile addentrarsi nelliter progettuale. Finora si implicitamente supposto che allallievo-architetto sia concessa la libert di scegliere, in piena autonomia, limpostazione e la metodologia del progetto. Cos in genere non , nel senso che, in tutta la storia dellarchitettura e, pi in generale, dellarte, in ogni bottega che si rispetti, il metodo progettuale e lo stile sono decisamente ed inevitabilmente imposti allapprendista. Andare a bottega da Michelangelo, Leonardo o Vasari significava, tra laltro, imparare per forza le modalit attraverso le quali questi Maestri portavano a compimento il loro lavoro, dipingevano, progettavano. E questo, di fatto, era implicito nelle cose stesse perch, di solito, si imparava un mestiere cominciando con lo svolgere i lavori pi umili e semplici - ma faticosi come impastare le tempere, macinare i colori e cos via, per poi passare, man mano, a compiti pi delicati che andavano dalla campitura omogenea di superfici alla stesura delle parti pittoriche meno impegnative (fondali, scenari, figure sullo sfondo ecc.) fino a giungere allimpegno richiesto dai particolari pi espressivi ed importanti della composizione, gomito a gomito con il Maestro. Il metodo che si sta qui tentando di tratteggiare - anche se molto anacronistico rispetto alla reale e corrente organizzazione del lavoro di architetto - di questo tipo, fondato su un modo del tutto artigianale di concepire il mestiere. Al contrario il lavoro va sempre pi delineandosi - per ragioni economiche e di organizzazione del mercato - sul modello delle cosiddette societ di ingegneria, organizzazioni di pi progettisti, con un grosso capitale versato o che sono in stretto accordo con societ finanziarie, che suddividono i compiti in moduli estremamente parcellizzati e specialistici. Da questo punto di vista il lavoro artigianale sembra non avere nessun futuro ma, a parere nostro, continua ad avere un grande significato sul piano concettuale ed intellettuale. Ecco perch, almeno sul piano didattico, necessario insistere su questo modello.56 Il primo problema serio per chi progetta proprio quello della esatta configurazione del metodo. Va detto che le metodologie di impostazione ed esecuzione del progetto di architettura sono molteplici. Cerchiamo, dunque, di comprendere perch esistono tanti metodi, perch esistono tante possibilit di progettare. La risposta semplice: perch essi dipendono dal criterio base che il progettista sceglie di seguire. Supponiamo, ad esempio, che si debba progettare una stanza utilizzando come principioguida quello dei colori, piegando tutto il resto, forma compresa, alla realizzazione di questo solo principio. Il problema formale, cio, interverr nel progetto ma si pu dire, in

fase di impostazione metodologica, che esso giocher un ruolo del tutto se condario rispetto a quello dei colori. Stabilito ci, tutte le conside razioni che verranno svolte sul piano protolinguistico e geometrico ai fini della definizione del progetto saranno tese ad enfatizzare il dato coloristico ed a porre in secondo piano tutte le altre istanze. Ad esempio, quando si prender in considerazione il parametro della luminosit dellambiente lo si posporr al tipo di colori che si vorr che prevalgano nellambiente stesso. Se un criterio come quello cui si sta facendo cenno potr apparire assurdo se si sta progettando una stanza di un appartamento perch esso , di fatto, del tutto secondario rispetto alla illuminazione con luce naturale ai fini di una pi razionale ed efficiente resa progettuale, non lo affatto se lambiente che si sta progettando un locale di esposizione di un museo per cui la luce pi adatta generalmente non quella naturale quanto piuttosto quella artificiale, particolarmente studiata ai fini dellesposizione che si sta progettando e di ci che si dovr mostrare. Il colore, in questo caso, finisce per acquistare una funzione predominante rispetto alla luce naturale perch assume una forte connotazione sul piano percettivo ed ci che condiziona la possibilit di visione dellutente nel sistema di esposizione che si sta realizzando. Questo semplice esempio ci mostra come la scelta di un parametro rispetto ad un altro, di un metodo piuttosto che un altro deve essere la logica conseguenza di una serie di valutazioni che non possibile effettuare una volta per tutte in maniera definitiva ma che, al contrario, la scelta dei parametri pi importanti, la loro organizzazione in una sorta di graduatoria delle priorit ai fini della corretta impostazione del progetto varia da caso a caso. Ma limpostazione della metodologia progettuale non dipende solo da questo. Essa dipende, in larga misura, anche dallepoca storica. Noi ci troviamo ad agire in unepoca moderna (o postmoderna a seconda dei punti di vista). In questepoca ci che segna in maniera prevalente le possibilit di progetto , tanto per fare un esempio, il criterio funzionalista, cio quel criterio che attribuisce valore predominante alle funzioni che si svolgono in un determinato ambiente. Secondo questa precipua modalit di impostazione della metodologia progettuale, che deriva direttamente dalla scuola americana dinizio secolo, viene a stabilirsi un rapporto di filiazione quasi automatico tra la forma di un oggetto architettonico e la funzione cui esso destinato.57 Ci risulta molto evidente se, per esempio, pensiamo di dover eseguire il progetto di un ospedale e, in particolare, di una sala operatoria. Se si pensa, infatti, ad una sala operatoria, proprio perch si tratta di un luogo che, per sua stessa natura, fortemente carat-

terizzato dallo scopo cui destinato e deve contenere apparecchi e strumentazioni specifiche che non dato ritrovare altrove e che condizionano fortemente lassetto e i comportamenti degli uomini, non si fa fatica a rendersi conto che tutto ci influenzer in grande misura la conformazione spaziale di questo particolare ambiente. Ma se, al contrario, si sta pro gettando una sala da ballo, siamo certamente pi liberi e possiamo pensare, indifferentemente, di ubicarla in un grande ambiente con una copertura a volta o in un capannone con una copertura a capriate metalliche. La funzione ballare impone la necessit di un piano uniforme, privo di scalini o buche, ma nientaltro. Tutto il resto libero ed lasciato allinventiva ed alla sensibilit creativa del progettista. Anche in questo caso la forma del tutto indifferente alla funzione ed assume un pieno carattere di autonomia. Questi due esempi, un po estremizzati, servono per affermare che uno dei criteri fondamentali che hanno guidato il progetto darchitettura in tutto il Novecento certamente quello funzionalista. Ma si anche visto che questo criterio strettamente legato allepoca. E dobbiamo da ci dedurre che in ogni specifica epoca storica o, se si vuole, stagione dellarte e dellarchitettura, si vengono fissando dei parametri generali di riferimento (ideologici, di pensiero, di visione del mondo) i quali determinano un particolare modo di affrontare il progetto; questi, ge neralmente, in unepoca diversa sono destinati a mutare. Nel mondo moderno prevale il carattere funzionalista dellarchitettura. Ma in altre epoche, come ad esempio nella cultura barocca, questo carattere funzionalista stato posto del tutto in secondo piano. Che significato hanno, dal punto di vista schiettamente funzionale, la sovrabbondanza di decorazioni, laccartocciarsi degli elementi costruttivi, il sovrapporsi di stucchi, modanature, ornamentazioni, festoni, cartocci, cartigli e cos via? Tutto ci che assolutamente incomprensibile dal punto di vista schiettamente funzionale mentre assume pieno significato dal punto di vista formale. I criteri generali, dunque, da epoca ad epoca cambiano. Noi, in quanto progettisti, per non essere anacronistici, non possiamo oltrepassare il perimetro espressivo (le convenzioni, lo stile, le forme linguistiche e cos via) proprio della stagione culturale nella quale siamo, volenti o nolenti, coscienti o non, totalmente immersi. In realt si possono anche valicare questi confini ma si rischia di essere ritenuti fuori dal mondo. E fuori dal mondo si per ignoranza, stupidit o per troppa intelligenza. Chi va contro i dettami generali di unepoca o uno stupido o un genio. In questi casi non esistono vie di mezzo; perch nel primo caso si tratta di una stupidit scialba, totalmente scollata dallepoca cui si appar-

tiene, perch si rimane, da stolidi, ancorati ad un passato definitivamente tramontato senza aver compreso nulla del tormento particolare che ha portato al superamento ed alla distruzione degli antichi stili. Nel campo della pittura uno degli esempi pi calzanti da questo punto di vista rappresentato da Gregorio Sciltian che si ostinato, nel pieno del secondo dopoguerra del Novecento, ad inseguire ideali di rinascimentale memoria assolutamente anacronistici, privi di qualsiasi significato, finendo per costruire una pittura decisamente piatta e banale.58 E, per, altrettanto vero che vi sono personaggi che non aderiscono allepoca per genialit, perch hanno compreso a pieno le sue limitazioni e, perch, per capacit e potenza di analisi, riescono a vedere lontano, oltre i limiti imposti dalle convenzioni e dagli equilibri del presente. Uno di questi uomini geniali fu, ad esempio, Arthur Rimbaud, poeta che anticip, in pieno clima ottocentesco, le tensioni e le tragedie che sarebbero state proprie del Novecento. Il suo Una stagione allinferno una piena anticipazione del baratro culturale proprio della modernit. Cos, allo stesso modo, si pu dire di Alfred Kubin che, nel 1907, scrisse Laltra parte nel quale si anticipano gli orrori del nazismo.59 Il progetto , dunque, frutto dellepoca in cui vede la luce. Il progettista, in genere, non riesce a cambiar nulla del linguaggio progettuale che gi formulato nella sua completezza da quelli che abbiamo chiamato maestri. Questi sono tali perch, nel corso delle loro sperimentazioni, hanno stabilito i limiti ed i pregi del modo di progettare e di concepire larchitettura che proprio dellepoca storica. Tanto vale, allora, copiare, nel senso alto di questa parola. E questo uno dei fondamentali principi della progettazione: saper copiare, saper trarre il maggior partito dalle innovazioni concepite dai maestri che si sono trasformate, consolidandosi, in veri e propri fondamenti teorici, principi normativi dellagire progettuale in architettura. Naturalmente il termine copiare va inteso in senso largo, ampio, creativo; significa, cio, comprendere un progetto, le regole che sono state messe in pratica in esso e coglierne tutti gli aspetti positivi, le risoluzioni escogitate per i problemi che esso ha affrontato. Questi sono aspetti piuttosto importanti ed anche estremamente difficili da rintracciare negli architetti contemporanei. Latteggiamento di questi, infatti, molto spesso presuntuoso e sar sempre estremamente impresa ardua far ammettere la dipendenza di una loro scelta progettuale da quella di un maestro. E invece ovvio che i discorsi progettuali, quale che sia la loro effettiva qualit, sono inseriti in un panorama pi ampio e complessivo che fa del passato e dellesperienza acquisita (del suo studio sistematico ed appro-

fondito) un indispensabile territorio di ricerca. Ogni eventuale innovazione non pu prendere le mosse se non da questo territorio, da questo background culturale complessivo. Pensare di dover inventare ogni volta un linguaggio certamente ingenuo. Ognuno, poi, quando raggiunge una sua maturit espressiva, fa di questo linguaggio un uso proprio e - in relazione alla sua intelligenza e alla creativit della poetica personale raggiunta - non privo di originalit. In un corpo linguistico comune e consolidato ognuno ricerca la sua li bert, le modalit di espressione che gli sono proprie. Ma i temi del progetto sono, generalmente gi dati ed ognuno dei grandi maestri ha contribuito a fornire la sua soluzione per un determinato problema. In tutti questi casi, quando le risposte progettuali sono soddisfacenti, si trasformano in soluzioni canoniche, tipologie o argomenti da trattazione manualistica. I manuali sono, per definizione, quei libri che hanno lo scopo di raccogliere gli esempi conclamati, le soluzioni in alternativa che si sono mostrate, nel tempo, le maggiormente riuscite. Lallievo-architetto, dunque, per imparare a fare un buon progetto deve imparare a copiare, a trasportare nelle sue proposte le soluzioni canoniche fornitegli dal manuale o dagli esempi dei maestri che studier con particolare attenzione. In particolare Il manuale dellarchitetto un libro complesso, molto ben fatto, che appartiene ampiamente alla storia dellarchitettura italiana del secondo dopoguerra. La sua prima versione del 1948 fu curata da Mario Ridolfi. Si hanno a disposizione molti metodi per progettare; tra questi si possono ricordare a solo titolo desempio: Il progetto funzionalista Il progetto parcellizzato per attivit Il progetto tipologico Il progetto in stile Il progetto semantico E cos via, lelenco potrebbe allungarsi a seconda del criterio-guida predominante che il progettista sceglie. Di quello funzionalista si gi fatto cenno in precedenza. Per bene approfondire ulteriormente il concetto. Innanzitutto chiediamoci, che cos una funzione, in che cosa consiste? La funzione pu intendersi come una sorta di sintesi, di etichetta,

per cos dire, che si applica ad un determinato ambiente (o insieme di ambienti) per individuarne le caratteristiche di fondo che - si suppone - debbano determinare il significato e che, conseguentemente, possano individuarne univocamente la forma, larchitettura. Ma la funzione, in quanto concetto sintetico, pu essere scomposta, suddivisa nei suoi elementi costituenti. E linteresse sta proprio in come essa pu essere scomposta. Soffermiamoci ad esempio sulla definizione dellambiente cucina in unabitazione. Si sa bene che in cucina si svolge la funzione prevalente della preparazione del cibo. La scomposizione pu avvenire chiedendosi quali siano le attivit umane che lazione di preparare i cibi presuppone. Le attivit sono molteplici: lavorazione dei cibi (lavaggio, preparazione e cottura), limmagazzinamento delle materie prime e degli strumenti necessari alla lavorazione, la particolarit degli impianti (idraulico, di smaltimento dei rifiuti) e cos via. Se si effettuano queste operazioni il progetto funzionalista diventa estremamente pi interessante. In generale, nella schematizzazione funzionalista, quest analisi dettagliata non viene mai condotta avanti con il rigore necessario; e, inoltre, uno degli errori pi frequenti commessi da chi alle prime armi con il progetto proprio quello di sottovalutare, se non di trascurare del tutto, questa complessit. Si tratta di una dimenticanza non lieve perch, poi, nella fase di progettazione esecutiva, si sar costretti a scegliere soluzioni gi prefabbricate (a livello industriale) che non sempre si adattano allassieme di scelte e soluzioni di progetto del caso particolare di cui ci si sta occupando. Il risultato sar, molto spesso, quello di un cattivo funzionamento e certamente di uno scadimento del livello formale-qualitativo del manufatto architettonico. Come gi si gi avuto modo di sottoli neare in precedenza, non richiesto ad un architetto di essere ogni volta radicalmente innovativo ed inventare, ad ogni occasione, tutto daccapo. Ma certamente richiesto alla sua competenza professionale di armonizzare le scelte generali di progetto (quelle che fanno parte del cosiddetto progetto di massima, per intenderci) con le soluzioni di dettaglio proposte dall industria e sapersi orientare con sapienza e professionalit tra le tante esistenti in commercio ed individuare quelle che maggiormente si adattano al suo caso e, inoltre, di saper progettare ex-novo le soluzioni non esistenti sul mercato, affidandosi a bravi artigiani e controllando a fondo il particolare iter creativo-costruttivo di ognuno di loro, con dovizia, discernimento, verificando che le tecnologie siano le pi appropriate, con buon gusto e capacit di prevedere tutte le soluzioni particolari che si dovessero rendere necessarie lungo lintero corso della progettazione, fino a conclusione dell opera nella sua totalit.

Di conseguenza il primo approfondimento che si rende indispensabile nel progetto funzionalista rappresentato dallanalisi puntuale delle attivit. Nel caso del progetto di unabitazione, ad esempio, lope razione di scomposizione analitica diventa assai interessante perch, spezzando il predominio sintetico della funzione, permette di cogliere quella miriade di schemi che sostanziano lattivit degli uomini. Ad esempio, quello dei percorsi. Viene qui in mente la complessa operazione teorico-progettuale condotta da Alexander Klein per mettere larchitetto in condizione di verificare, sul piano analitico, i criteri di progettazione degli alloggi razionalisti. Afferma, a questo proposito Klein:
Lalloggio che ci costruiamo deve essere in relazione attiva ed organica con le condizioni di vita ed i bisogni culturali della nostra epoca, inoltre deve soddisfare le necessarie richieste di maggiore economia e semplicit; in una parola, deve aiutare in ogni sua parte e sotto ogni punto di vista a renderci pi facile la vita e nel contempo a mantenere le nostre energie fisiche e spirituali. Tutte queste condizioni sono da rispettare specialmente per gli abitanti delle grandi citt.60

Per ottenere questi obiettivi generali, Klein escogita una serie di metodi di progettazione e di verifica molto interessanti che, anche se in maniera molto succinta, vale la pena qui ricordare. Il sistema da lui messo a punto basato su di un insieme di metodi analitici che vanno dallanalisi sistematica dei dati generali del problema da affrontare e risolvere (lo schema generale di lavoro per lindividuazione delle tipologie residenziali razionali), allesame preliminare per mezzo di que stionari, al metodo di riduzione dei progetti alla stessa scala - dove per scala da intendersi lomogeneit di alcuni parametri dimensionali e dello schema distributivo che permettono la confrontabilit sistematica delle varie soluzioni, riferite al numero dei posti letto61 - ed al successivo raffronto delle caratteristiche tipologiche, e, per concludere, al metodo grafico. Questultimo metodo di verifica il pi affidabile. Prosegue Klein:
Il metodo grafico si differenzia da tutti gli altri attuali metodi di valutazione delle piante poich con la sua applicazione possono venire lette oggettivamente ed in modo evidente le caratteristiche di una pianta. Inoltre pu venir utilizzato a scopo didattico per i principianti e come autocontrollo da i pi esperti.62

Alexander Klein, metodo grafico di analisi: i percorsi dellalloggio

Il sistema grafico proposto da Klein ha, come scopo ultimo, quello di indagare e di mettere in luce le caratteristiche pi importanti di ogni pianta del progetto. Esso si suddivide in quattro fasi distinte che, sinteticamente, sono:

Andamento dei percorsi e disposizione delle aree per la circolazione Concentrazione delle superfici libere e ombre portate. Analogie geometriche e relazioni tra gli elementi della pianta. Frazionamento ed ingombro delle superfici delle pareti. Le fasi di cui al precedente elenco hanno lo scopo di verificare percorribilit, disponibilit delle superfici libere, fattori di illuminazione ed utilizzazione delle pareti e confrontare tra loro soluzioni diverse. Questi criteri generali cui s fatto fin qui brevemente cenno appartengono, a pieno diritto, alla teoria generale elaborata dal razionalismo architettonico in merito ai requisiti che devono essere propri dellalloggio. Ritornando al nostro discorso, si vede, dunque, come il criterio di ana lisi dei percorsi che si possono tracciare in un ambiente ha illustri precedenti nella teoria dellarchitettura moderna. Se si prova a tracciare una sorta di diagramma delle attivit che si svolgono in un ambiente, si prender coscienza della grande quantit di azioni che si compiono e ci si render conto non soltanto della compatibilit ma anche, e soprattutto, dei conflitti che si generano tra le stesse. Proprio questi ultimi sono estremamente importanti da conoscere in fase di progetto ai fini di un corretto funzionamento del prodotto edilizio che si va costruendo. Di conseguenza gli aspetti da tenere a mente sono molteplici. Molto di questo lavoro di scomposizione delle funzioni in attivit si trova gi catalogato nei manuali specifici cui si deve fare costantemente riferimento. La manualistica, inoltre, propone, per tutte (o quasi) le atti vit, quali debbano essere gli oggetti o gli organismi architettonici, di arredo fisso e mobili, gi pensati e proporzionati in termini dimensionali. Ad essi bisogna fare riferimento per evitare di incorrere in errori o, quanto meno, di affaticarsi in un lavoro gi svolto e bene da altri fin nei minimi dettagli dimensionali, correttamente proporzionato al corpo delluomo, alle varie esigenze e nelle varie eventualit che effettivamente possono presentarsi nella pratica professionale. Il lavoro da svolgersi, dunque - per la parte manualistica gi data e per quella che deriva dalla particolare esperienza e bravura del singolo professionista - quello di legare la scomposizione delle funzioni in atti vit ad uno schema dimensionale di base che rappresenta ladeguamento degli oggetti che compongono lo spazio fisico al corpo delluomo. Grande maestro in questo compito stato certamente Le Corbusier che ha studiato, per

Le Corbusier, Il Modulor

quasi tutte le attivit fondamentali delluomo, in maniera quasi maniacale, quali fossero le possibilit di razionalizzazione del sistema delle misure. In questottica va inquadrato il suo lavoro di costruzione del Modulor e della sua vera e propria mania di ri levamento degli antichi monumenti63. Importante qui sottolineare la sua posizione nei riguardi dei sistemi di misura ed il suo ricordare il profondo significato che le passate unit di misura possedevano. Con lintroduzione del metro come unit, afferma Le Corbusier, s perduto qualcosa di molto importante nel passato, la rispondenza, cio, tra unit di misura e parti del corpo o azioni compiute dalluomo. Le moderne unit di misura sono, conseguentemente, a parere dellideatore del Modulor, frutto di un errore concettuale. Il metro ununit che astrae completamente dal corpo e dalle azioni delluomo; si tratta, in altri termini, di una misura imposta, ununit estranea. Che un uomo sia alto, mediamente, 1 metro e 75 centimentri ci dice poco. Mentre, al contrario, i metodi di misurazione degli antichi erano fondati su principi completamente diversi, meno precisi ma pi comprensibili con immediatezza. Ad esempio, la profondit delle acque era misurata in braccia, perch la lunghezza di un braccio umano era ununit concretamente esprimibile durante lazione che veniva compiuta mentre si mandava gi nel fondo una corda con un peso che fungeva da scandaglio. Come la velocit di una barca veniva misurata a nodi con ci intendendo riferirsi al modo in cui una sagola, segnata con nodi, buttata in acqua, scorreva lungo la fiancata dello scafo, dando conto della sua velocit e cos via. Questo modo di misurare entit e grandezze era, per Le Corbusier, profondamente razionale perch, rapportare lentit estranea al corpo o alle azioni di questo ad essa correlate, significava fare in modo che loggetto esterno diventasse a queste congruenti e immediatamente comprensibile, comparabile con le reali possibilit di comportamento delluomo. Ununit come il metro implica una profonda astrazione dellentit misurata dallesperienza propria delluomo. Questastrazione se, da un lato, sembra sposarsi con una razionalit, una logica progettuale (e, dunque, uninterpretazione del mondo) pi oggettiva, pi precisa e controllabile, - quella dovuta allo spostamento delle tolleranze di lavorazione dallimprecisione delle azioni delluomo alla micrometrica precisione della macchina - dallaltro estrania, di fatto, in maniera radicale luomo dal mondo che lo circonda, pone una distanza pi grande tra la sua mente progettante e la realt esterna e ci, contrariamente a quanto si creduto per un lungo periodo di tempo, non appare, oggi, pi un fatto com-

pletamente vantaggioso. Giunti a questo punto, ci rendiamo conto che, nel nostro lavoro di pro gettazione, si vengono incapsulando, ai fini progettuali tre tipi diversi di insiemi parametrici come: le funzioni, le attivit che sostanziano le funzioni e le misure che sostanziano gli spazi, gli oggetti e linvaso che rendono possibili queste attivit. Viene in mente, a questo proposito, il disegno di Leonardo che rappresenta il corpo delluomo e le figure nelle quali i movimenti vengono ad essere inseriti. Esso esprime pie namente una volont razionalizzatrice tesa a proporzionare lo spazio che circonda il corpo delluomo al corpo stesso. Unaltra forma di progetto che stata inserita nellelenco che si in precedenza proposto quella del progetto tipologico. Che cosa deve intendersi con questa espressione? In questo caso ci si sposta in unarea concettuale del progetto di notevole significato ed importanza. Se si fa riflessione allesempio della cattedrale gotica, si deve dire che, nellinsieme di tutto ci che la caratterizza, ci che colpisce il tipo di pianta a croce latina come si gi avuto modo di evidenziare in precedenza. Pi semplicemente questa circostanza si esprime dicendo che la tipologia della cattedrale gotica a croce latina. Si anche ricordato come, in epoca successiva, si tenda a sostituire questa tipologia con quella a croce greca. Ad esempio, quella che caratterizza il tempietto di Bramante a Roma, situato nel cortile del monastero di S. Pietro in Montorio sul Gianicolo, eretto nel 1502 nel posto dove, secondo la leggenda, il Santo avrebbe subito il martirio. Che cosa significa utilizzare il termine tipologia? Si tratta di una definizione generalizzabile? Il concetto di tipologia, che qui stato riferito ad alcune chiese, estensibile a qualsiasi edificio, tanto da assumere il significato di definizione universalmente valida per qualsiasi architettura. La definizione pi appropriata di tipologia edilizia, ripresa pi volte da molti dei pi autorevoli architetti contemporanei, quella fornita da Quatremere de Quincy che suona nel modo seguente:
La parola tipo non rappresenta tanto limmagine di una cosa da copiarsi o da imitarsi perfettamente quanto lidea di un elemento che deve egli stesso servire di regola al modello.64 Leonardo, Uomo vitruviano, 1490, Venezia Gallerie dellAccademia

Definizione che permette ad Aldo Rossi di aggiungere che:


Il tipo costante e si presenta con caratteri di necessit ed universalit: ma gi pure determinati questi caratteri reagiscono dialetticamente con la tecnica, con le funzioni, con lo stile, con il carattere collettivo e

il momento individuale del fatto architettonico.65

Aldo Rossi, Il teatro del mondo

Il concetto di tipologia, cos definito, permette di individuare dei criteri fondamentali alla luce dei quali possibile mettere a fuoco con chiarezza un insieme molto vario di scelte progettuali. Ma, nonostante questo significato di rilievo, esso rimane pur sempre un concetto e, dunque, dotato di un certo grado di astrazione rispetto alle esigenze e le necessit della costruzione concreta. Esso ci permette ladozione di criteri generali di aggregazione e definizione degli spazi e degli ambienti che intervengono nella individuazione dellopera architettonica considerata nel suo assieme ma non ci dice nulla, ad esempio, circa le dimensioni ottimali da adoperare nella modulazione degli spazi, nulla intorno allanalisi delle attivit umane che previsto che si svolgano allinterno del manufatto architettonico, meno che niente sui materiali da costruzione, non ci d alcuna informazione su come si costruisce la forma architettonica, niente di niente sulle proporzioni tra le parti. Di conseguenza si tratta di un concetto generale, tanto generale da diventare generico. La definizione di una scelta tipologica non sufficiente per individuare il processo progettuale in tutta la sua com plessit. Questo uno dei pi comuni - e pi grossolani - abbagli che si sono presi negli studi di architettura e di progettazione da circa trentanni a questa parte, in base al quale invalso luso - del tutto scorretto - che basta dichiarare la propria scelta tipologica per ritenere assolto pienamente il proprio compito progettuale. Le cose non stanno affatto in questo modo. Per fare un buon progetto si pu partire da una corretta e chiara scelta tipologica. La scelta di una tipologia rispetto ad unaltra implica profonde conseguenze formali nel tipo di oggetto architettonico che risulter alla fine delliter progettuale ma non assolutamente sufficiente a garantire un risultato accettabile. Dallastratto, generico, rarefatto bisogna procedere, poi, verso il concreto. E in questo v la maggior parte dellimpegno che si richiede ad un buon progettista. In altre parole, il vero lavoro dellarchitetto sta proprio nella definizione della tecnologia, nella sua messa a punto, delle proporzioni, della definizione strutturale-costruttiva delle forme, scelta, questultima, strettamente legata ai materiali da costruzione che si intendono adoperare e dei relativi criteri costruttivi. Seguitando nella nostra rassegna sintetica del breve elenco schematico riportato allinizio, cerchiamo di capire che cosa voglia intendersi con la definizione di progetto di stile.

Ancora oggi ci si pu far tentare, solleticare dalla bellezza di uno stile architettonico. Ad esempio, basta pensare allo splendore dello Jugendstil, quello che agli inizi del Novecento, in Italia, prende il nome di stile floreale. Per comprendere il perch del fascino di questo stile non necessario rifarsi alla bellezza della Vienna dinizio secolo o alle leganza dei lavori di Horta, ma basta guardare pi vicino a noi, alla bellezza del lungomare di Messina, con le sue splendide ville floreali dinizio secolo che si affacciano sullo stretto o ad alcune costruzioni disseminate nella citt di Napoli tra la via del capo di Posillipo, il parco Margherita, alcune zone del Vomero e il parco Grifeo. Lo splendore di quelle soluzioni formali , nonostante il tempo trascorso, ancora intatto. Anzi, quella leggera patina di tempo che lo segna, lo confina in unarea della mente e dellimmaginario che automaticamente lo circonda di unaura di magnificenza, del ricordo un po nostalgico di una passata giovent. Questo accade perch, nonostante gli anni, lo Jugendstil conserva quasi del tutto inalterato il suo carattere sensuale, di richiamo ad alcune forze - pur se di sola superficie - della natura. La stilizzazione floreale, il suo colore, il suo disegno danno corpo ad unatmosfera pienamente erotica anche se lontana nel tempo. In particolare, poi, i villini di Posillipo uniscono ai caratteri del floreale anche motivi schiettamente mediterranei, nella scelta dei colori, negli accoppiamenti dei materiali, maioliche, stucchi dorati, legni ed inferriate lavorate con estremo gusto e capacit artigianale e cos via. Ma - come dire? - lo Jugendstil pienamente ed esclusivamente una decorazione di superficie, una parte del metaforico abito che ledificio indossa ma che, in s, non pu essere da solo lispiratore della logica progettuale. Un esempio caratteristico di quanto si sta dicendo fornito dalla villa che Peter Behrens cre per s e la sua famiglia nella colonia degli artisti di Darmstadt66. Per Behrens, in particolare, la pro gettazione un fatto pi complesso che non il solo realizzarsi di uno stile:
Forse non lontano il tempo in cui la direzione nellarchitettura non sar pi data dal superamento di motivi ornamentali, storici o moderni, ma dellespressione di una concezione di vita ... Si tratta di portare ad espressione il concetto di spiritualizzazione dellessere ed un pi nobile atteggiamento di vita, mediante laccento posto su un carattere severamente architettonico, di contro alla pittorica piacevolezza del gusto medio borghese...67 Napoli, pensilina dingresso di Villa Pappone

La casa di Behrens, nel delirio progettante del suo autore, era una sorta di

Adolph Loos, Particolare della facciata Magazzini Goldman & Salatsch 1909-1911

Gesamtkunstwerk wagneriano in cui lartista progetta e predispone tutto, dall organizzazione generale degli spazi fin al pi minuto partito decorativo delloggetto pi umile di tutto luniverso domestico. Proprio questo tradisce uno degli atteggiamenti di fondo dello Jugendstil che quello di ricoprire la pi grande superficie possibile di decorazioni, senza lasciare un solo lembo scoperto, in un infaticabile girovagare superficiale senza mai immergersi in profondit. Proprio come ebbe a scrivere Hugo von Hofmannsthal: Bisogna nascondere la profondit. Dove? Nella superficie.68 Va qui detto per inciso - ma si tratta di una posizione personale e, dunque, come tale deve essere valutata - che non credo possibile comprendere a fondo lo spirito che anima larchitettura in una certa epoca senza fare ricorso alla letteratura. Lo studio esclusivo dellarchitettura , senza il supporto dellapprofondimento letterario, in qualche maniera manchevole, un po monco dal punto di vista dellanalisi del significato. Cos, ad esempio, si pu comprendere a pieno lo spirito che anima Behrens soltanto se si letto Hofmannsthal. E, dunque, incomprensibile pu apparire lo scritto di Loos Ornamento e delitto se non si letto Una lettera di Lord Chandos dello stesso Hofmannsthal. La perdita del senso comune delle parole lamentata da Lord Chandos, infatti, , mutatis mutandis, la perdita assoluta di significato dellornamento nellarchitettura di cui parla Loos.69 La descrizione di superficie si trasforma in un vero e proprio culto del superficiale inteso come sublime. Noi siamo comunemente abituati ad associare al concetto di superficiale quello di inutile, di effimero. E certamente cos: ma in questinutilit v riposta una tragicit. Chi si muove soltanto in superficie e non si immerge nel profondo lo fa perch ci che si cela nel profondo incute terrore70. Daltro canto anche la capacit di azzeramento di ogni valore di superficie del razionalismo architettonico tragica perch, riducendo loggetto di architettura ad oggettivit privata dogni carattere di decorazione superficiale, rifiuta lespressione, il significato mortificandosi al solo aspetto economico della vita. Non si pu, dunque, progettare partendo dallo stile. Ma, allo stesso tempo, non detto che non si debba utilizzare uno stile nel proprio progetto, introdurre la decorazione in quanto metodo di trattamento della superficie nella propria metodologia di progettazione. Questa una delle conquiste che larchitettura contemporanea pu vantare rispetto al razionalismo. Il razionalismo, possiamo dire, fece di necessit virt; trasform un problema economico (spendere poco per dare la casa a tutti, questa, in estrema sintesi, la con-

Frank Lloyd Wright, Memorial Masieri, 1953 prospettiva, inchiostro marrone, matita e pastelli su carta lucida

dizione di partenza delle ricerche sullExistenzminimum) in una questione formale, anzi compiutamente di stile, lo stile moderno, per lappunto. Ma nel no stro caso la questione comincia ad assumere lineamenti diversi ed anche il loosiano tab sulla decorazione sembra cadere. Probabilmente dovremmo chiederci, come si chiede Wright, quale sia la pi corretta decorazione per la casa, quale sia la pi efficace, la pi profonda. Wright, infatti, quando parla dei materiali e del loro valore simbolico-decorativo dal punto di vista progettuale, ad esempio quando tenta di rintracciare il pi corretto valore semantico per il legno, afferma che se lo si vernicia si finisce per snaturare, in qualche modo, la sua reale bellezza, il suo calore che dato dalla pienezza del disegno delle venature e dalle sfumature che esse assumono, rosso nel ciliegio, nero nellebano, rosso scuro nel mogano, bianco nellabete e cos via. Tutta la questione della verit intrinseca dei materiali da costruzione, insomma, si fonda proprio sul rifiuto della falsit della sovrabbondanza decorativa ed il recupero del concetto di bellezza come sincerit. Si tratta, come ben si comprende , di un discorso estremamente importante dal punto di vista progettuale, perch ci trova ancora immersi in questo tipo di cultura. Valgono le considerazioni che si sono svolte in precedenza a proposito delle limitazioni logico-concettuali e metodologico-progettuali imposte dallepoca nella quale ci si trova ad agire, dalla cultura dominante alla quale si deve, comunque, dare conto per conferire senso e valore al proprio modo di agire. Non siamo, dunque, liberi da questo particolare modo di concepire la decorazione. La decorazione non pu, nel nostro modo corrente di ragionare, sfuggire, in qualche modo, alle leggi della necessit, non pu essere gratuita o, almeno, per potersi adoperare non pu sfuggire ad una sorta di autocensura la quale ci impone di indagare nel campo delle motivazioni e non di farla essere ci che sempre stato, leggerezza, gratuit, superficialit, fuga in avanti rispetto al dato di necessit del presente. Latteggiamento moderno purtroppo esageratamente serio, motivato, necessitante; richiede profonde giustificazioni per la sua definizione progettuale. Qui si apre un discorso molto importante. In genere ognuno ha il suo metodo, per cos dire, per trovare lispirazione, per riuscire, cio, a venire a capo di un ben determinato problema, per farsi venire unidea intorno alla quale incominciare a lavorare e poi variamente pasticciare per tirar fuori una griglia teorica sulla quale impiantare il progetto. Il metodo che, a mio parere, alcuni grandi architetti hanno messo a punto quello del racconto. Come si gi prima ricordato la casa - che rappresenta largomento principale

FRank O. Gehry, Casa dellarchitetto, Santa Monica, California, 1978

della nostra attenzione progettuale - possa essere considerata una sorta di linguaggio. Essa sicuramente il prodotto di un processo costruttivo ma guai a considerarla soltanto a questo livello. Perch limitarsi soltanto a questaspetto significa rimanere invischiati in tutta una serie di problemi la cui immediatezza concreta porta a perdere di vista il significato di fondo che essa assume. Un progetto condotto soltanto sul piano immediatamente costruttivo porta ad una casa senzanima, senza alcun significato e, quindi, irrimediabilmente brutta. Come fare, allora, per fornire questo costrutto di unanima, di un significato? Bisogna innanzi tutto interrogare noi stessi, chiederci quale, secondo noi, devessere il significato dellambiente domestico. La casa certamente un linguaggio non solo perch parla dello stato sociale di chi ne ha promosso la costruzione e successivamente la abita ma perch parla al e del suo abitante. Come si pu fare ad entrare nella logica del racconto, ad entrare nella logica della casa in quanto linguaggio? Qui sono il nostro modo di pensare, la nostra sensibilit a farci da guida. In altre parole, a questo punto, il progettista va alla ricerca di qualcosa che non al di fuori ma al di dentro, nel profondo dellanimo umano. Naturalmente, Dio ci guardi dallintraprendere strani esperimenti psicoanalitici o di psicologia dello spazio. Il problema che si tratta di comprendere se esiste uno spirito delle cose domestiche e come penetrarlo. Siamo aiutati, ancora una volta, dalla letteratura. I lavori di Gaston Bachelard, a questo proposito, sono esemplari. Rimandando allo studio di questo autore chi voglia saperne di pi71possiamo fornire un esempio di quello che qui si intende dire. Ci aiuta, ad esempio, Proust quando allinizio della Recherche descrive il senso dello spazio domestico nello stato di ipnosi del sonno e della memoria di quello che si e che si stato:
Un uomo che dorme tiene intorno a s in cerchio il filo delle ore, gli ordini degli anni e dei mondi. Li consulta istintivamente svegliandosi e vi legge in un attimo il punto della terra chegli occupa, il tempo trascorso fino al suo risveglio; ma i loro giri possono confondersi, spezzarsi. Se, verso il mattino, dopo un po di insonnia, lo coglie il sonno mentre sta leggendo, in una posizione troppo diversa da quella in cui dorme abitualmente, basta un suo braccio levato per fermare e fare indietreggiare il sole, e al primo attimo del risveglio, non sapr pi lora, penser dessersi appena coricato. Quando sassopisca in una posa ancora pi strana e divergente, per esempio dopo pranzo seduto in una poltrona, allora lo sconvolgimento sar totale nei mondi tratti dalle loro orbite; la poltrona magica lo far viaggiare a tutta velocit nel tempo e nello spazio e, nellaprire le palpebre, egli creder dessersi coricato alcuni mesi innanzi in un altro paese. Ma bastava che, anche nel mio letto, il mio sonno fosse profondo e portasse a una piena distensione la mia ragione; allora questa abbandonava la zona del luogo dove mero addormentato, e, quando mi svegliavo nel cuore della notte, come ignoravo dovero, cos neppure sapevo al primo momento chi io fossi; avevo appena nella

sua primitiva semplicit il senso dellesistenza quale pu fremere nel fondo di un animale; ero pi spoglio delluomo delle caverne; ma allora il ricordo - non ancora del luogo dovero, ma di alcuni di quelli che avevo abitato e dove avrei potuto essere - veniva a me come un soccorso dallalto per trarmi dal nulla donde non avrei potuto uscire da solo; in un attimo passavo sopra secoli di civilt, e le immagini intraviste confusamente, di lampade a petrolio poi di camicie col colletto rivoltato, a poco a poco ricomponevano i tratti originali del mio io. Forse limmobilit delle cose intorno a noi loro imposta dalla nostra certezza che sono esse e non altre, dallimmobilit del nostro pensiero nei loro confronti.72

Henry Van de Velde, Sedie e sgabelli

Questo dunque il senso delle cose che ci circondano, quello di raccontare una storia al nostro io e permetterne la ricomposizione. Il pro getto di queste cose che riempiono lo spazio che circonda lIo quello che si sinteticamente definito, in precedenza, progetto semantico. Spostiamo, per questo, la nostra attenzione alla progettazione di un qualche elemento della casa, qualcosa di molto piccolo dal punto di vista dimensionale perch pi piccolo loggetto pi difficolt si incontrano nel volerne definire la struttura in maniera completa ed efficiente. Basta immaginare, ad esempio, il progetto di una tazza, un cucchiaio, un bicchiere, una sedia. Tutti questi oggetti, proprio perch hanno a che fare con funzioni elementari e consuetudinarie di ogni giorno, mostrano aspetti estremamente interessanti ma anche molto difficili da affrontare dal punto di vista progettuale con competenza e compiutezza. Consideriamo, ad esempio, un bicchiere: realizzare un piccolo contenitore concavo con un gambo sul quale esso si poggi e che serva, contemporaneamente, per impugnarlo non significa affatto aver risolto tutto lassieme di problemi che questoggetto presenta dal punto di vista progettuale. La questione estremamente complessa; con il tema del bicchiere o di altri piccoli oggetti duso quotidiano come quelli ora ricordati si sono misurate intere generazioni di architetti, progettisti, disegnatori, artisti, artigiani in tutte le epoche della storia. Basta pensare, per analizzare un esempio ancora pi evidente, che cosa rappresenta, dal punto delle difficolt di progettazione, il tema della sedia a partire da Thonet e dalla forma particolarissima delle sedie realizzate che portano questo marchio di fabbrica per giungere a quelle di Mackintosh; per non parlare delle poltrone, dove la fantasia dei progettisti e degli artigiani realizzatori letteralmente si sbizzarrisce. La poltrona, da questo punto di vista, un vero e proprio universo di si gnificati e di forme anche, e soprattutto, nel suo aspetto funzionale di strumento di vero e proprio estraniamento dal mondo. Chi si siede in poltrona con un libro da leggere - ad esempio un

libro giallo - chi ha deciso di chiudere, per un certo periodo (un minuto, unora, unintera giornata), con il mondo che lo circonda, con le sue ansie, con le sue incombenze. La poltrona, riguardata in questottica, uno strumento per intraprendere un viaggio del tutto particolare, quello che, sulle ali dellimmaginazione, ci porta lontanissimi dal luogo dove il nostro corpo giace, proprio perch questi, il corpo, si rilassa, distende tutti i suoi muscoli facendo dissolvere qualsiasi tensione residua. Un atto dimmaginazione che si potrebbe definire un atto di ribellione sostanziale e profonda rispetto a tutta la restante parte del mondo. Un atto dimmaginazione che strettamente legato al comfort fisiologico che loggetto poltrona, con le sue specifiche caratteristiche tecnologiche, costruttive e formali, riesce a realizzare. Tutto il meccanismo costruttivo, molle, gommapiuma, stoffa, cinghie, armatura di legno, imbottitura, chiodatura della stoffa, cuciture ecc, concorre alla realizzazione equilibrata di questo obbiettivo. Ma anche la bellezza legata alla forma della poltrona contribuisce a suggerire questa sorta di ipersimbolizzazione di un oggetto duso come la poltrona che si trasforma, a poco alla volta, in una sorta di grande mamma capace di accoglierci nuovamente in un abbraccio morbido e protettivo. Ecco, come a poco alla volta, un oggetto privo di vita sembra acquistare una sua propria anima, sensibile, accorta, accogliente, squisita. Bisogna pensare a quale significato assume la tappezzeria, il disegno della stoffa - molte volte a fiori o a grandi foglie, surrogato della natura o di un primordiale prato-tappeto di foglie ingiallite dallautunno nel quale tuffarsi, sprofondando anche nellodore pungente di un bosco che ci circonda. Dunque, pi piccolo - dal punto di vista dimensionale - il tema pro gettuale che si affronta, pi difficolt si presentano allattenzione ed al mestiere del progettista. Il suggerimento, quando ci si trovi ad avere a che fare con il complesso mondo della casa e della riprogettazione di parti di esso, , di conseguenza, quello di affrontare direttamente temi piccoli che piccoli non sono, come s detto, dal punto di vista delle difficolt di progetto che presentano. Il trucco per poter affrontare con lo spirito adatto tema e difficolt connesse quello di porsi nello stato danimo pi appropriato e cio di affrontarlo tenendo desto limmaginario che dentro di noi. Supponiamo, ad esempio, che nella nostra casa tutto sia al suo posto e tutto sia organizzato per il meglio; supponiamo, cio, che la casa nel suo complesso sia perfettamente corrispondente a ci che di meglio vi possa essere e di dedicarci, con tutte le energie che riusciamo a raccogliere, soltanto ad un piccolo oggetto, un bicchiere, un lume, un leggo

per poggiare un libro, langolo per situare il nostro Personal Computer, una scansia dove sistemare alcuni libri e cos via. In altre parole bisogna far s che questoccasione di progetto si trasformi in un momento di riflessione, se possibile profonda. I momenti di riflessione non sono mai troppi nella vita di ognuno di noi. Quando si presenta loccasione bisogna esser capaci di afferrarla al volo. Le cose, dopo, forse ci appariranno un tantino pi chiare e questo sempre un bene per la nostra storia personale. Forse la grande storia, quella che si fa da s, indipendentemente dalla nostra volont, passer indifferente a queste nostre pause di riflessione. In quegli attimi anche noi saremo indifferenti nei suoi riguardi e cos la partita, almeno in queste cose infime, pari e ci, c da esserne certi, non cosa da poco. Riflettiamo, allora, su di un ambito ristretto della nostra casa; allora, abbiamo deciso che si tratta della cucina? Bene: lanciamoci nellimpresa di progettare, per esempio, uno sgabello, o un aggeggio per posarci la saliera, oppure dove mettere i fiammiferi per accendere il gas, oppure - e questo un tema serio e complesso - una cappa per il fornello con tutti i problemi da quelli di tiraggio a quelli estetico-formali, e cos via. In altre parole, linvito quello di affrontare problemi concreti da risolvere, simulando il processo nella sua interezza, dallideazione alla rea lizzazione concreta, materiali e processi costruttivi compresi. Una volta impostato in questa maniera, qualsiasi tema diventa immediatamente complesso ed articolato. Una volta scelto loggetto, il primo quesito che si pone alla nostra attenzione quello di un corretto inquadramento dellaspetto funzionale ad esso connesso. La funzione delloggetto, come si gi detto in precedenza, certamente fornisce una serie di informazioni utili per definire alcuni aspetti delliter progettuale che sar necessario seguire; sarebbe fuorviante ed assurdo affermare che la funzione delloggetto duso non ha parte nella definizione dello stesso; non ha caso, poi, loggetto , per lappunto definito, oggetto duso; ma, come noto, gran parte della sua definizione determinata - come s visto in precedenza - dalla geometria, dai materiali scelti, dslle tecnologie di realizzazione, dalle figure spaziali, dalla modularit ecc. Il dato funzionale uno dei tanti che, congiuntamente agli altri, entra nella determinazione e nellesatta individuazione delliter progettuale che seguiremo. Ad esempio, parlando di un cucchiaio, non possibile prescindere dal fatto che si tratta di un oggetto che dovr portare il cibo alla bocca, circostanza, questultima, che influir direttamente sulle dimensioni e sulla forma (quella caratteristica di un semiuovo molto schiacciato); non potr pensare ad un cucchiaio che non

rispetti queste tolleranze dimensionali e formali a meno di non pretendere di squarciare la bocca degli utenti se le dimensioni sono troppo grandi o di costringere gli stessi ad usare le mani se, viceversa, si tratta di una concavit troppo piccola per ospitare il cibo. La funzione, dunque, non pu non dettare limiti al nostro agire pro gettuale. Il problema vero, per, che quando si deve procedere con cretamente nel progetto, le prescrizioni funzionali non sono assolutamente sufficienti per stabilire il come del progetto. Se si tenta di spremere allosso le indicazioni di natura funzionale di pi non si riesce ad ottenere a meno di non negare, in tutto e per tutto, la nostra funzione di architetti e tutte le aspettative - poche ancora per la verit - che la societ ripone nel nostro mestiere. Giunti a questo punto i problemi da affrontare sono due: 1. La definizione dei limiti: da dove comincio e dove devo giungere? 2. La definizione dei problemi costruttivi: tecnologie, materiali; quali le pi corrette, quali adoperare? In genere gli aspetti di cui ai punti 1 e 2 che precedono non possono essere completamente staccati tra loro; come abbiamo gi imparato in precedenza, la forma strettamente legata alle tecnologie costruttive ed ai materiali. In realt gli aspetti 1 e 2 sono, allo stesso tempo, congiunti e separati. Questo paradosso, se si riflette, si spiega abbastanza facilmente; per rendercene conto procediamo nel modo seguente. Supponiamo di aver deciso di progettare un oggetto ben determinato e circostanziato come, per esempio, un com e, cio, un oggetto che abbia dei cassetti, un piano di appoggio superiore ed uno specchio; proviamo, per prima cosa, a dare una descrizione sintetica delle parti che lo compongono o lo dovranno comporre in relazione alla funzione cui destinato e, cio, alla serie di azioni elementari in cui questa funzione pu essere suddivisa. Ed allora: a. Un com serve per riporre della biancheria. Esso deve, di conseguenza, avere dei cassetti. A seconda del numero di cassetti, per il passato, questo mobile prendeva nomi diversi. Per esempio, un mobile a sette cassetti - ognuno di questi, idealmente, era destinato ad un giorno della settimana - assumeva il nome di settimanile. b. Un com serve anche per la toilette in camera da letto, dunque deve

Giacomo Ricci, Studi di prototipi di com

avere un piano sul quale disporre gli elementi per questa necessit. In genere il piano di copertura superiore destinato a questo scopo. c. Per poter curare la propria persona necessario uno specchio; dunque lultimo elemento proprio questo. E facile mostrare come a queste tre parti derivanti da precise funzioni che sono, come s test detto, conservare biancheria e curare il proprio aspetto, corrispondano diverse azioni elementari che, per la precisione, sono: - aprire e chiudere in maniera comoda i cassetti e, cio, tirare in avanti e spingere allindietro il cassetto - afferrare e poggiare gli oggetti disposti sul piano superiore - specchiarsi, pettinarsi, imbellettarsi e cos via. A queste azioni devono corrispondere tutta una serie di tolleranze dimensionali compatibili con i movimenti delle braccia, le dimensioni degli arti interessati, le posizioni del corpo durante lo svolgimento delle azioni in cui la funzione stata scomposta. Ed ancora: i cassetti devono essere di dimensioni rapportate al relativo peso tali che nel tirarli fuori non si debba compiere un eccessivo sforzo muscolare. Il piano sul quale poggiano gli oggetti necessari alla toilette deve essere posto ad una quota tale che sia agevole afferrarli e che, inoltre, lo specchio permetta lazione elementare per la quale stato concepito e che, cio, sia di sposto ad una tale altezza in modo che non si debba salire su di una scala o che non ci si debba inginocchiare a terra per specchiarsi. E cos via. Si tratta di osservazioni che, dette cos di fila, possono apparire scontate e banali. Ed, effettivamente, tali sono perch loggetto com gi esiste codificato e classificato dal punto di vista tipologico; esso il risultato di una lunga ricerca dei maestri falegnami ed ebanisti lungo i passati secoli di storia dellarredamento. Essi ce lo consegnano gi studiato e sviscerato in tutti i suoi aspetti per cui le variazioni sul tema sono certamente infinite ma allinterno di un dominio dimensionale-funzionale finito, univocamente determinato. Ma la domanda, ora, : tutto ci basta per definire univocamente un com, il com che noi abbiamo intenzione di progettare? No, evidentemente, perch tutto quello che abbiamo finora esaminato nulla ci dice intorno a tutta una serie di parametri necessari per la costruzione del nostro oggetto di architettura; nulla intorno al materiale (al tipo di legno,

Giacomo Ricci, Studi di prototipi di com

Richard Riemerschmid, Lampada da tavolo

per esempio), le finiture, il colore, la laccatura, le decorazioni, la forma dello specchio, la sua eventuale cornice, ecc. Nulla di tutto ci ed intorno a molte altre cose ancora. Insomma, dobbiamo, praticamente, inventare tutto. Ma se si vanno ad analizzare le metodologie progettuali generalmente adottate dai grandi architetti, si pu notare che, se fossero partiti soltanto da considerazioni di tipo funzionale, non sarebbero arrivati ai risultati finali e formali raggiunti. Mackintosh non sarebbe arrivato al design delle sue sedie se fosse partito solamente dal dato funzionale e dalle dimensioni ottimali rapportate al corpo delluomo medio. In realt, come si avuto modo di sottolineare pi volte, il processo che si mette in moto nellarchitetto maturo non mai solo un procedimento di soddisfazione di una mera esigenza funzionale, o il compimento razionale di un processo tecnologico-costruttivo o la realizzazione di un preciso ed astratto ideale formale; si tratta, al contrario, del concorrere di tutte queste motivazioni, in un assieme dove i materiali condizionano la forma e, a loro volta, sono condizionati dalla funzione e questa si rimescola e si confronta con tutto il resto. Molte volte, nelle realizzazioni di alcuni architetti, limmagine che sta alla base della ideazione progettuale proviene da strutture formali del tutto estranee alla natura delloggetto che si va delineando in fase di progettazione. Ad esempio, molte volte un mobile assume in tutto e per tutto delle reminiscenze formali che sono proprie del corpo umano, oppure presenta una scansione di pezzi e parti che riecheggiano lorganizzazione formale, stilistica e strutturale di un vero e proprio edificio. Un eloquente esempio fornito dalle cassettiere rinascimentali, neoclassiche, rococ. Questi mobili, il pi delle volte, pur avendo cassetti, sportelli propri della mobilia, simulano, in tutto e per tutto una sintassi tra parti che tipica delledificio, presentando elementi componenti come le colonne cantonali con precisi riferimenti stilistici agli ordini classici, modanature, cornicioni aggettanti al posto delle cornici, fregi in cui compaiono metope e doccioni a forma di leoni che riecheggiano quelli analoghi dei palazzi. E, per soffermarci su una circostanza non poco curiosa che ricorre spesso, molte volte i piedi dei mobili assumono la forma di zampe di animali, cani, leoni, felini, dotate di dita e finanche di peli ed unghie. Questesempio ci fa comprendere come in tutti questi casi si sia messo in moto limmaginario del progettista, dellartigiano creatore dellopera che ha trasformato il mobile in un edificio o in una bestia che se ne sta in bella mostra di s, accovacciata in un angolo della casa. La nostra sensibilit di architetti moderni, come s avuto modo di mettere in evi-

denza in precedenza, non ci consente pi di interpretare in tal modo la forma atteso anche il fatto che una gran parte delle teorie che hanno preso vita nel moderno hanno violentemente inibito qualsiasi velleit simbolico-formale di questo tipo, sottolineando la necessit di insistere sulla semplicit delle forme e sul riferimento continuo alla bellezza ed allespressivit dei materiali espressi sinceramente in un linguaggio scarno, disadorno, essenziale. Ma anche vero che unimmaginazione, spinta nella direzione che poco fa si diceva, gioca un ruolo assai importante nella determinazione del progetto del mobile e dellambiente domestico. E anche se Loos ha sostenuto che qualsiasi forma di ornamento paragonabile ad un vero e proprio delitto, in fondo ogni progettista non riesce a liberarsi del tutto da queste implicazioni dellimmaginario nel suo lavoro progettuale, perch, a livello inconscio, si agitano sempre questo tipo di figure simboliche ed archetipiche nella determinazione delle scelte formali. Ma, naturalmente, queste considerazioni non significano che siano da ripercorrere strade analoghe nella definizione delliter progettuale; queste considerazioni vogliono mostrare che se si riesce ad associare alloggetto da riprogettare una storia, un racconto vero e proprio intendo - per lappunto una ricostruzione del progetto semantico -, e, in questo modo, viene riscoperto un significato per loggetto che si sta progettando, un significato che situato al di l del puro dato funzionale, paragonabile, tanto per spiegarci, a quel lavorio di fantasia che ognuno di noi ha fatto da piccolo, trasfigurando ogni oggetto domestico come se si trattasse di un elemento che entra a far parte di un grande paesaggio che la casa considerata nel suo assieme, un grande repertorio di oggetti fantastici con il quale si entra in dialogo; allora, se tutto ci accade, involontariamente si mette in moto un meccanismo - che quello creativo per eccellenza - che potremmo definire associazione di idee e di figure spaziali. Mi spiego meglio con un esempio concreto. Torniamo allesempio del com di cui abbiamo parlato pocanzi. Il metodo per mettere in pratica quanto si detto consiste, pi o meno, in questo; dopo aver compreso che cosa , dal punto di vista funzionale, il mobile del quale ci stiamo occupando ed aver compreso anche tutto lo schema dimensionale che consente agli arti delluomo di svolgere quelle azioni collegate alla funzione delloggetto (alle funzioni se, come il caso, ve ne sono pi di una), abbandoniamoci, con una matita in mano, allidea di fondo che quel mobile sembra suggerirci. Eseguendo in prima persona questa specie di esperimento non sono riuscito a li berarmi dallidea che il com, nel mio immaginario, possa paragonarsi ad una

Giacomo Ricci, Progetti di com

sorta di edificio-paesaggio. Come illustrato dagli schizzi, la parte inferiore del mobile e, cio, la cassettiera, stata interpretata come edificio e la parte superiore come paesaggio; lo specchio, infine, rappresenta il cielo e su di esso si sono sovrapposti, a seconda dei casi, una nuvola, una montagna ecc. A prescindere dal risultato formale cui giungerei se spingessi questo tipo di operazione fino alle fasi di progetto esecutivo e ne afacessi realizzare un prototipo, ci che si vuole qui sottolineare non tanto il tema singolare o lassociazione di idee particolare che mi venuta in mente, quanto, piuttosto, il modo di procedere che sembra porsi correttamente come vero e proprio metodo, per lappunto, quello che prima abbiamo chiamato progetto semantico. Lasciarsi andare alla libera associazione delle idee un metodo di pensiero e, soprattutto, specifico del pensiero progettante che, quasi sempre, seguiamo nel nostro lavorare di immaginazione. Per poterne trarre le conseguenze pi proficue per il nostro lavoro progettuale, si dovr legare a questo processo un analogo vagare della mano sul foglio di carta. Si tratta di un metodo utilizzato molto dagli artisti e, soprattutto, dagli architetti. Lesempio di Mendelsohn mi sembra molto eloquente. E, dunque, se si sceglie di seguire questa strada, si comincer ad associare intuitivamente tra loro immagini e forme. Alla fine, quello che fa ogni architetto maturo, ogni artista affermato, non altro che questo e quando inventa qualcosa, anche nel caso del Design moderno pi spinto, si viene costruendo una sorta di fenomenologia delloggetto domestico, di ricostruzione del suo significato spirituale. Nel caso di Munari, ad esempio, gli oggetti vengono reintepretati favolisticamente tanto che questo particolare linguaggio molto ben compreso dai bambini. Meccanismi mentali ed associativi di questo tipo sono quelli che possono aiutare in gran misura nella riprogettazione di elementi domestici perch sono in grado di assicurare valenze non soltanto funzionali a questi oggetti. La domanda spontanea, a questo punto, potrebbe essere: qual la necessit di trasformare un semplice oggetto duso in una cosa cos complicata? Si tratta di un procedimento legittimo o semplicemente di un atteggiamento, per cos dire poetico, una forte estroflessione soggettiva che pretende di diventare metodo progettuale? In parte queste obiezioni sono del tutto legittime. Una sedia, al di l di ogni cosa e di ogni considerazione creativa, pur sempre una sedia e serve principalmente per sedersi. Per, nel dire ci non che si farebbe una grande scoperta. Bruno Taut, ad esempio, si distacca enormemente da ogni atteggiamento immaginifico allinterno della proget-

tazione domestica perch, com noto, sostiene che gli aspetti funzionali nella casa moderna devono avere la priorit su tutto. E giunge, in questo suo furore ordinatore, anche a togliere i quadri dalle pareti, sostenendo che si possono tranquillamente riporre in un cassetto, in modo tale da poterne prendere visione quando effettivamente lo si desidera e non ogni volta che si leva lo sguardo sulle pareti, finendo per abituarvisi e, dunque, per non farci pi caso. La casa moderna dunque, per Taut, un territorio nel quale vanno azzerate tutte le velleit ornamentali che non siano strettamente motivate.73 In realt, come cominciamo nuovamente a renderci conto, una casa non soltanto, come voleva Le Corbusier, una macchina per abitare. Essa anche un mezzo per immaginare fuge dal quotidiano; essa, nella concezione di molti architetti, viene vista come uno egli ultimi mezzi in dotazione delluomo per dare sfogo alla sua fantasia, per sognare, per liberarsi della stretta che il territorio metropolitano esterno gli impone. E, in questo, anche i fautori dellannullamento di qualsiasi ornamento come Loos sembrano convenire. Le pi belle parole scritte, a questo proposito, dal maestro viennese, sono contenute nel saggio Gli interni della Rotonda che varrebbe la pena rileggere per capire a fondo che cosa qui si intende dire.74 Da questo punto di vista gli oggetti si pongono come strumento di dialogo con se stessi, sono delle presenze amichevoli nel paesaggio domestico se riescono, in qualche maniera, a farci superare i limiti delle pareti concrete, langustia fisica del quotidiano urbano e a farci pensare di stare lontano. Se gli oggetti che ci circondano, stimolano limmaginazione essi hanno una funzione che va molto al di l della funziona lit legata al loro essere soltanto oggetti utili per certi scopi pratici. Le parole di Bruno Munari che seguono ci confortano in questa tesi:
Ognuno ha un magazzino di immagini che fanno parte del proprio mondo, magaz zino che si venuto formando durante tutta la vita dell individuo e che lindividuo ha accumulato; immagini consce ed inconsce, immagini lontane della prima infanzia e immagini vicine e, assieme alle immagini, strettamente legate ad esse, le emozioni. E con questo blocco personale che avviene il contatto, in questo blocco di immagini e sensazioni soggettive che occorre cercare quelle oggettive, le immagini comuni a molti. Si sapr cos quali immagini, quali forme, quali colori usare per comunicare date informazioni ad una data categoria di pubblico.75

Anche - e soprattutto - di questo ha bisogno un architetto per dare corpo e sostanza al suo progetto, per utilizzare i materiali da costruzione al meglio delle loro possibilit fisi-

co-meccaniche e della loro potenzialit linguistica, espressiva e simbolica.

NOTE
1 Sulla specificit del meccanismo di feed back o retroazione cfr. Norbert WIENER, The Human Use of Human Beings, Boston, 1950; t.i. di Dario Persiani, Introduzione alla cibernetica, Bollati Boringhieri, Torino, 1997, in particolare il capitolo Rigidit ed apprendimento, p. 74 e ss. 2 cfr. Camillo SITTE, Die Stdt-Ban nach seinen Knstlerischen Grndsatzen, t.i. di R. Della Torre, Larte di costruire la citt, lurbanistica secondo i suoi fondamenti artistici, Jaka Book, Milano, 1984. 3 Eduardo VITTORIA, Tecnologia, progettazione, architettura, in Casabella, n. 375. 4 Sullassurdit dellassoluta mancanza di bellezza del panorama urbano contemporaneo molto calzanti sono le considerazioni di Rosario Assunto contenute nel suo lavoro La citt di Anfione e la citt di Prometeo, idee e poetiche della citt, Jaka Book, Milano 1983; cfr., in particolare il capitolo In treno con gli occhi chiusi riabilitando lestetismo, p.211 e ss. Su questo argomento cito alcune parole inedite di Assunto che mi scrisse in una lettera del 12 aprile 1986: Sono abbastanza vecchio per ricordare Roma viva. E Palermo, Napoli. Ancora intorno al 1950 cera, in via Speranzella, una friggitoria. Apparteneva forse agli eredi di DonnAmalia di Salvatore Di Giacomo? Nessuno ancora sapeva cosa fossero gli hamburger e il fast food. Quod agendum? Non lo so, non so dare una risposta. A meno di non dire, a costo di farsi dare del fascista, che stata una vera jattura labrogazione delle leggi contro lurbanesimo. Ma se questo accaduto, una ragion sufficiente, per dirla con Leibniz, deve pur esserci stata, Ed allora dovrei ricominciare da capo, riscrivere Il Paesaggio e lestetica e poi La citt di Anfione: due libri senza proposte perch non vedo alcuna soluzione. Parole piene di amarezza che riflettono, tra laltro, la consapevolezza profonda dellinanit di qualsiasi sforzo teso al controllo dellaspetto formale delle grandi citt contemporanee. 5 Giacomo DEVOTO, Gian Carlo OLI, Dizionario della lingua italiana, Le Monnier, Firenze, 1978. 6 Una bibliografia generale sugli studi sullutopia e sul senso che essa assume cui si sta qui facendo cenno sarebbe certamente sterminata; ci limitiamo, pertanto, agli studi pi recenti e significativi. Per il senso che assume il termine utopia concreta cfr. Ernst BLOCH, Geist der Utopie, F.a M. , 1964 (t.i. di V .Bertolino e F.Coppellotti, La Nuova Italia, Firenze 1980); per unanalisi complessiva del pensiero utopistico blochiano vedi pure Aut-Aut, n. 173-74, settembre-dicembre 1979 e, ancora, Alessandro De PAZ, Arte, utopia, politica, in AA.VV Forme dellutopia, La Pietra, Milano 1979; cfr., ancora, AA.VV Lutopia e le sue forme, Il . . Mulino, Bologna 1982. Per il senso generale che assume lutopia di Bloch in relazione alle utopie architet-

toniche mi permetto di rimandare al mio La cattedrale del futuro. Bruno Taut 1914-1921, Officina, Roma 1982, p. 45 e ss.. Per Bloch vedi ancora: Stefano ZECCHI, Utopia e speranza nel comunismo, Feltrinelli, Milano 1975 e Giuseppe PIROLA, Religione e utopia concreta, Dedalo, Bari 1977. Per il concetto di immaginario sociale cfr. B.BACZKO, Lumires de lutopie, Paris 1978; in particolare il cap. I; unaccorta analisi del significato del lavoro di BACZKO nel saggio di Alessandro DAL LAGO, Fortezze e labirinti. Utopie e costituzione del mondo sociale, in Aut-Aut, n. 186, novembre-dicembre 1981, p. 19 e ss. La bibliografia su Walter Benjamin vastissima; ricordo, per il particolare aspetto qui richiamato, il numero, a lui dedicato, in Aut-Aut, n. 189-90, maggio-agosto 1982 dal titolo Paesaggi benjaminiani contenente saggi di J.Derrida, G.Agamben ed altri. In particolare cfr. P .SZONDI, Speranza nel passato. Su Water Benjamin, p. 10 e ss., Remo BODEI, Le malattie della tradizione. Dimensioni e paradossi del tempo in Walter Benjamin, p. 165 e ss; vedi anche Franco RELLA, Il silenzio e le parole, Feltrinelli, Milano 1981, cap. 3, p. 138 e ss. Ancora su Benjamin cfr. A.ILLUMINATI, Benjamin e Parigi, in alfabeta, n. 54, novembre 1983, p. 3 e ss. 7 Uno studio che esemplifica questa concezione di Bloch quello sul significato di Thomas Mnzer nei riguardi del cristianesimo e della chiesa cattolica; cfr. Ernst BLOCH, Thomas Mnzer als Theologe der Revolution, Frankfurt am Main, 1969; t.i. a cura di S.Zecchi, Feltrinelli, Milano, 1980. 8 Cfr., a questo proposito, Fabrizio DESIDERI, Il nano gobbo e il giocatore di scacchi, Le Tesi sul concetto di storia di Benjamin, in Metaphorein, n. 3, 1978. 9 Walter BENJAMIN, Tesi di filosofia della storia in Schriften, Suhrkamp Verlag, 1955 (t.i. di Renato Solmi in Angelus Novus, saggi e frammenti, Einaudi 1962, pp.76-77. 10 Renato SOLMI, Introduzione a BENJAMIN, op.cit., p.X 11 Walter BENJAMIN, op.cit., p.73. 12 Ren DAUMAL, da una lettera del 24 febbraio 1940, inserita in Le Mont Analogue, Gallimard, Paris 1952; t.i. a cura di Claudio Rugafiori, Il monte analogo, romanzo davventure alpine non euclidee e simbolicamente autentiche, Adelphi, Milano 1968, p. 145. Nei frammenti e negli appunti lasciati da Daumal si legge, tra laltro, a questo proposito: Quando vai alla ventura lascia qualche traccia del tuo passaggio, che ti guider al ritorno: una pietra messa su unaltra, dellerba piegata da un colpo di bastone. Ma se arrivi a un punto insuperabile o pericoloso, pensa che la traccia che hai lasciato potrebbe confondere quelli che ti seguissero. Torna dunque sui tuoi passi e cancella la traccia del tuo passaggio. Questo si rivolge a chiunque voglia lasciare in questo mondo tracce del suo passaggio. E anche senza volerlo, si lasciano sempre delle tracce. Rispondi delle tue tracce davanti ai tuoi simili. pp.139-40. 13 in AA.VV Crisi della ragione, Einaudi, Torino, 1979. ., 14 Abbiamo visto dunque delinearsi una analogia tra il metodo di Morelli, quello di Holmes e quello di Freud. Del nesso Morelli-Holmes e di quello Morelli-Freud abbiamo gi detto. Della singolare convergenza tra i procedimenti di Holmes e quelli di Freud ha parlato dal canto suo S.Marcus. Freud stesso, del resto, manifest ad un paziente (luomo dei lupi) il proprio interesse per le avventure di Sherlock Holmes. Ma a un collega (T.Reik) che accostava il metodo psicoanalitico a quello di Holmes, parl piuttosto con ammirazione, nella primavera del 1913, delle tecniche attribuite a Morelli. In tutti e tre i casi, tracce magari infin-

itesimali, consentono di cogliere una realt pi profonda, altrimenti inattingibile. Tracce: pi precisamente, sintomi (nel caso di Freud) indizi (nel caso di Holmes), segni pittorici (nel caso di Morelli): Carlo GINZBURG, op.cit., pp.65-66. 15 ibidem, p.69 16 Aldo GARGANI, Introduzione a Crisi della ragione, cit., p.5 e ss. 17 I matematici neointuizionisti riconoscono lesistenza degli insiemi ben ordinati, anzitutto dei tipi dordine finiti come 0,1,2,3... del tipo dordine w... mentre rifiutano la nozione della seconda classe numerica che, a loro giudizio, una struttura immaginaria, per effetto della quale Cantor perde contatto con il terreno stesso della matematica .(...) Cantor, osserva Brouwer, va avanti e parla della sua seconda classe numerica come se avesse davanti agli occhi un oggetto reale; il modo in cui si esprime non fa pensare in alcun modo che egli abbia in mente nulla di pi che un sistema logico. Aldo GARGANI, op.cit., pp.32-33. 18 Il fatto stesso che la totalit delle nostre esperienze sensoriali sia tale che mediante il pensiero (operazioni con concetti, creazioni e uso di relazioni funzionali ben definite fra di essi e coordinazione delle esperienze sensoriali con tali concetti) essa pu venir ordinata, ci lascia pieni di stupore, ed un fatto che non riusciremo mai a spiegare (...); la connessione dei concetti elementari del pensiero comune con i complessi delle esperienze sensoriali pu venir intesa solo intuitivamente e non suscettibile di una determinazione scientificamente logica. La totalit di queste connessioni (nessuna delle quali esprimibile in termini concettuali) lunica cosa che differenzia il grande edificio della scienza da uno schema, logico ma vuoto, di concetti. Mediante queste connessioni i teoremi puramente concettuali della scienza divengono proposizioni riguardanti i complessi delle esperienze sensoriali Albert EINSTEIN, Out of My later Years, 1950; t.i. Pensieri degli anni difficili, Boringhieri, Torino, 1965, pp.38-40. 19 Eduardo VITTORIA, op.cit. 20 Toyo ITO, Antologia di testi sullarchitettura evanescente (a cura di Giovanni Longobardi), Edizioni Kappa, Roma, 2003. 21 Mi permetto di rimandare al mio Hermann Finsterlin. Dal gioco di stile allarchitettura marsupiale, Dedalo, Bari, 1982. 22 Una bibliografia su Aldo Rossi con una qualche pretesa di completezza sarebbe vastissima ed esulerebbe dai limiti di questo scritto. Mi limito, quindi, a segnalare, le opere pi significative: Aldo ROSSI, Larchitettura della citt, Marsilio, Padova 1966; Aldo ROSSI, Scritti scelti sullarchitettura e la citt, clup, Milano, 1984; Aldo Rossi, Opera completa, in 3 volumi (a cura di Alberto Ferlenga), Electa, Milano, 1996. 23 Ernst BLOCH, Geist der Utopie, (la stesura originale vide la luce nel 1919; quella tradotta in italiano e da me consultata la seconda, del 1923), F/M., 1964, t.i. di Vera Bertolino e Francesco Coppellotti, Spirito dellutopia, La nuova Italia, Firenze, 1980, p.34. 24 Una lettura che, per certi versi, possibile ritrovare nelle descrizioni ed interpretazioni che John Ruskin fornisce del gotico; cfr. John RUSKIN, The stones of Venice, t.i. Le pietre di Venezia, Rizzoli, Milano, 1987. 25 Bruno TAUT, Eine Architekturprogram, 1918, in Ulrich CONRADS, Programme und Manifeste zur Architektur des 20. Jahrunderts, t.i. di L. Berti, Manifesti e programmi per larchitettura del XX secolo, Vallecchi, Firenze 1970, p. 35.

26 Un titolo emblematico di un programma dell Arbeitsrat fr Kunst del marzo del 1919 Sotto le ali di una grande architettura in CONRADS, cit., p.38. In questo documento, tra laltro, detto che: Arte e popolo devono formare ununit. Larte/ non deve pi essere godimento di pochi,/ ma felicit e vita della massa./ Lobbiettivo la fusione delle arti/ sotto le ali di una grande architettura.. In questo periodo il comitato direttivo dellassociazione Arbeitsrat fr Kunst composto da Walter Gropius, Cesar Klein, Adolph Behne; ne fanno parte, inoltre, Otto Barting, Hermann Hasler, Erich Heckel, Georg Kolbe, Gerhard Marcks, Ludwig Meidner, Max Pechstein, Karl Schmitt-Rottluff, Bruno Taut, Max Taut, Wilhelm Valentiner. 27 Programma del Deutscher Werkbund del 1910, in Hans M. WINGLER, Das Bauhaus, Bramsche 1962, t.i. di L.Sosio, Feltrinelli, Milano 19762, p.24. 28 Walter GROPIUS, Proposte per la fondazione di un istituto scolastico come centro di consulenza artistica per lindustria, il commercio e lartigianato, in Hans M. WINGLER, op.cit., p.29; per unanalisi assai approfondita del lavoro svolto da Gropius in preparazione della scuola del Bauhaus cfr. Marcel FRANCISCONO, Walter Gropius and the Creation of the Bauhaus in Weimar: The Ideals and Artistic Theories of its Founding Years, University of Illinois, 1971, t.i. di Teresa Fiori, Walter Gropius e la creazione del Bauhaus, Officina, Roma, 1975; sullo stesso argomento cfr., ancora, Barbara MILLER-LANE, Architecture and Politics in Germany 1918-1945, 1973, Cambridge,(Mass.), t.i. di Teresa Fiori, Officina, Roma 1973. 29 Walter GROPIUS, Programma per la fondazione di una societ generale di costruzioni su una base artistica unitaria, aprile 1910, scritto presentato ad Emil Rathenau t.i. in WINGLER, cit, p.25 30 Eduardo VITTORIA, Argomenti per un corso di Tecnologia dellarchitettura, Multigrafia Brunetti, Roma 1975. 31 Con il termine scuola intendo fare riferimento soprattutto al gruppo di giovani studiosi napoletani che intorno a Vittoria si raccolse quando questi tenne le sue prime lezioni della neonata disciplina Tecnologia dellArchitettura nella Facolt di Architettura dellUniversit di Napoli, tra i quali vanno ricordati Rosalba La Creta, Virginia Gangemi, Gabriella Caterina, cui si sono aggiunti successivamente Augusto Vitale, Aldo Capasso, Claudio Claudi ognuno dei quali ha poi raccolto i suggerimenti di Vittoria per dar vita a spunti disciplinari e di ricerca interessanti e in qualche modo originali. 32 Vistoso sintomo di queste reali difficolt sono le analisi di questi termini e relative definizioni, condotte allinterno dellarea tecnologica ed affidate, generalmente, a dottorandi e dottori di ricerca, sotto forma di brevi saggi, schede e regesti bibliografici, tesi quasi sempre alla messa a punto di qualche glossario o dizionario logico-etimologico, la cui redazione si ripete con frequenza, in occasione di convegni, incontri, seminari, dottorati ed altre circostanze simili; valgano per tutte quelle recentissime, raccolte in AA.VV ., Tecnologia dellarchitettura. Creativit ed innovazione nella ricerca, materiali del I Seminario OSDOTTA, Firenze University Press, Firenze, 2006, (a cura di M. A. Esposito) sezione Per un lessico della Tecnologia, p. 161 e ss. 33 Com noto la definizione di sviluppo sostenibile da attribuirsi allex primo ministro norvegese Sgro Brundtland che, in quanto presidente della Commissione su ambiente e sviluppo insediata dallONU nel 1983, firm, nel 1987, il cosiddetto Rapporto Brundtland, Il nostro futuro comune, nel quale, per la prima volta, si definisce come sostenibile quello sviluppo in grado di soddisfare i bisogni degli uomini che

attualmente vivono il pianeta senza che esso comprometta la possibilit per i futuri abitanti di questa Terra di soddisfare i propri. Definizione che ha goduto di particolare fortuna e che ha visto il suo culmine nella Conferenza dellONU tenutasi a Johannesburg nel 2002 dedicata, per lappunto, allo sviluppo sostenibile. 34 Vittorio TABOLOTTI, Breve introduzione alla Complessit email: vtabolotti@libero.it . 35 Sempre per rimanere nel campo dellarchitettura, questa sorte non ha caratterizzato soltanto Eduardo Vittoria. Penso , ad esempio, alla straordinaria ricchezza poetico-espressiva di Aldo Rossi e del suo fare architettura e quanto, spessissimo, i suoi epigoni siano stati insopportabili ed insulsi sul piano teorico e abbiano rappresentato, nelle realizzazioni concrete, una vera e propria maledizione estetico-formale per le citt contemporanee. 36 Pierluigi SPADOLINI, Prefabbricazione in cantiere. Esperienze e studi sullindustrializzazione edilizia, LEF (Libreria Editrice Fiorentina), Firenze. 37 Renato DE FUSCO, Il progetto di architettura, Laterza, Bari, 1984, p. 20. 38 Per una discussione pi approfondita di questi aspetti cfr. il mio lavoro, presente in questa collana, Linfinito e la regola. 39 Ed proprio questa circostanza, come vedremo in seguito, che finisce per influire profondamente sulliter progettuale tradizionale dellarchitettura quando si scelga di far uso delle procedure informatiche e, pi in particolare, delle tecnologie del CAD, della modellazione solida, del rendering, ecc. 40 Rudolf WITTKOWER, Architectural Principles in the Age of Humanism, London, 1962, t.i. di R.Pedio, Principi architettonici nellet dell umanesimo, Einaudi, Torino, 1964, pp.124-25. 41 Rudolf WITTKOWER, op.cit., p.131. 42 ibidem, p.134. 43 cfr. Linfinito e la regola, cit. 44Per un approfondimento dellopera di Finsterlin mi permetto di rimandare al mio: Hermann Finsterlin, dal gioco di stile ... cit. 45 Cfr, a questo proposito, il lavoro di Francesco ABBATE, Sollecitazione e Forma: scala struttura voltata, Napoli, 1990 e, ancora, dello stesso autore Sollecitazione e Forma: La forma delle strutture, Cuen, Napoli 1996, p.87 e ss. 46 Agostino BOSSI, Le terrecotte nella tradizione partenopea, ESI, Napoli, 1990. 47 Guido NARDI, Le nuove radici antiche, Angeli, Milano, 1989. 48 Saverio MURATORI, Studi per unoperante storia urbana di Venezia, in Palladio, 1959, fasc. III-IV , luglio-dicembre, p.97 e ss. Vedi ancora, a questo proposito, Gianfranco CANIGGIA, GianLuigi MAFFEI, Composizione architettonica e tipologia edilizia, Marsilio, Venezia 1979 e Gianfranco CANIGGIA, Strutture dello spazio antropico, studi e note, Alinea, Firenze 1985. 49 Sui sistemi di raffrescamento pi idonei vedi Virginio BETTINI, Andrea BIZZOZERO, Paolo RABITTI, La casa del sole, architettura e risparmio energetico, Cuen, Napoli, 1995, p. 46 e ss. 50 Cfr., a questo proposito il lavoro di Karl Ernst LOTZ, Willst du gesund Wohnen, 1975 Reimscheid; t.i. La casa bioecologica, ed. Terra Nuova, Firenze 1991. Vedi anche la tesi inedita di Ivana MUSTILLO,

Architettura e clima, Facolt di Architettura di Napoli, rel. Giacomo Ricci, corr. Francesco Abbate, a.a. 199394. 51 Renato De FUSCO, Segni, storia e progetto dellarchitettura, Laterza, Bari, 1973. 52 Bruno ZEVI, Saper vedere larchitettura 53 Mi permetto di rimandare, per questo, al mio Casa, dolce casa, teorie e poetiche dellabitazione moderna, clean, Napoli, 1988. 54 Renato DE FUSCO, op.cit., p.136. 55 Questo processo subisce non poche modificazioni una volta che le tecnologie CAD e, pi in generale, informatiche vengono immesse nel processo progettuale. 56 In realt le grandi variazioni che sono state apportate al metodo, per cos dire, artigianale di produzione del progetto di architettura sono due: una quella test ricordata dovuta alle metodologie proprie del lavoro di gruppo delle societ di ingegneria con tutte le grandi limitazioni che questo comporta; laltra rappresentata proprio dallintroduzione delle metodologie informatiche che provocano, come ben presto si vedr e come si gi annunciato profonde modificazioni non soltanto nel metodo progettuale ma anche nelle modalit dello specifico processo di conoscenza che se ne sta al di sotto di ogni teoria e metodologia progettuale chiamando in causa un complesso problema di natura pi propriamente epistemologica. Se, poi, come sempre pi spesso accade entrambe questi aspetti intervengono nella ridefinizione del processo progettuale (e delle relative figure professionali) allora le trasformazioni sono molto profonde e rischiano di sconvolgere in maniera totale e definitiva lassetto della professione. Un sintomo molto vistoso di queste possono essere anche i recenti provvedimenti legislativi di riorganizzazione delle regole professionali che sono stati letti, dalle organizzazioni specifiche di categoria, come dei veri e propri attacchi al valore ed alla libert della professione di architetto. Su questi aspetti, per cos dire, di politica professionale torneremo pi avanti e mostreremo quali possono essere i possibili rimedi per il controllo della qualit architettonica e del suo valore e come salvaguardare la piena autonomia del singolo professionista architetto. 57 Ha scritto, a questo proposito, Peter BLAKE: Nessuno certo sul nome di chi per primo proclam lo slogan la forma segue la funzione. La maggior parte degli storici ritiene che sia stato Horatio Greenough e tutti sono daccordo che Louis Sullivan, il maestro dei grattacieli americani a cavallo tra questo e il secolo scorso, fece suo il motto, senza per farne la regola assoluta. Come disse infatti Marcel Breuer Sullivan non consumava il suo funzionalismo cos caldo come lo cucinava. In ogni caso, la forma segue la funzione, o tout-court, il Funzionalismo, divenne fin dallinizio il dogma del Movimento Moderno; in Peter BLAKE, Form follows Fiasco, Why Modern Architecture hasnt worked, t.i. di G. Villa, Alinea, Firenze, 1983, p.29. 58 Rimando, per questo, a Gregorio SCILTIAN, Trattato sulla pittura, estetica, tecnica, Hoepli, Milano, 1980 dove, tra laltro, si legge: Lopera dipinta deve dare alluomo, dal pi umile al pi raffinato, lillusione: lopera deve apparire, per render chiara lidea, quasi come una fotografia a colori; ma in quel quasi, per, raccolto il mistero dellarte pittorica (p.16) Dove si evince che allineffabilit dellopera corrisponde, nella visione critica dellautore, una consistente opacit-fumosit concettuale come quel non meglio

identificato quasi sta eloquentemente a significare. 59 Jean Arthur RIMBAUD, Une Saison en Enfer, t.i. in Opere, a cura di Diana Grange Fiori, Mondadori, Milano, 1975; Alfred KUBIN, Die andere Seite, Ein phantastischer Roman, t.i.di Lia Secci, Adelphi, Milano, 1965. 60 Alexander KLEIN, Alexander Klein, lo studio delle piante e la progettazione degli spazi negli alloggi minimi. Scritti e progetti dal 1906 al 1957, t.i. di s. Wettstein, Mazzotta, Milano, 1975. 61 Alexander KLEIN, op.cit., p.89. 62 Ibidem, p.93. 63 Cfr. LE CORBUSIER, Le Modulor, Paris, t.i. Mazzotta, Milano,1974. Per unanalisi del significato del Modulor mi permetto di rimandare al mio Casa, dolce casa, cit., p.79 e ss. 64 Riportato in: Aldo ROSSI, Scritti scelti sullarchitettura e la citt 1956-1972, clup, Milano, 1975, p.303. 65 ibidem, p.304. 66 Christian NORBERG-SCHULZ, Casa Behrens, Darmstadt, Officina, Roma, 1980. 67 Maria Grazia MESSINA, Darmstadt 1901 1908. Olbrich e la colonia degli artisti, Edizioni Kappa, Roma, 1978, p.42. 68 Su questo particolare aspetto si veda il saggio di Giorgio MANACORDA, La profondit della superficie, in Hugo von HOFMANNSTHAL, La donna senzombra, Guanda , Milano 1979, p.XI e ss. 69 Adolph LOOS, Ornamento e delitto, t.i. in Parole nel vuoto, Adelphi, Milano, 1972, p. 217 e ss. e Hugo VON HOFMANNSTHAL, Ein Brief, Berlin 1902 , t.i. di M.Vidusso Frediani Lettera di Lord Chandos, con introduzione di Claudio Magris, Rizzoli, Milano, 1974. 70 Mi permetto di rimandare, a questo proposito, al mio Casa, dolce casa, cit. 71 Ci si riferisce principalmente al lavoro di Gaston BACHELARD, La poetique de lespace, Presses Universitaries de France 1957; t.i. Dedalo, Bari 1975. Ma la comprensione del metodo adoperato dal filosofo francese sar completamente chiara a chi volesse approfondire gli aspetti culturali generali leggendo anche: La poetique de la rverie, P .U.F., 1975, t.i. Dedalo, Bari, 1972; Le droit de rever, P .U.F., 1970, t.i. Dedalo, Bari, 1975; Lintuition de listant, Paris 1966 e La psychanalyse du feu, Paris 1967, t.i. in unico volume, Dedalo, Bari, 1975; Epistemologie. Textes choisis, P .U.F., 1971, t.i., Laterza, Bari 1975; Le nouvel esprit scientifique, P .U.F., t.i. , Laterza, Bari 1978. 72 Marcel PROUST, Alla ricerca del tempo perduto, La strada di Swann, t. i. di Natalia Ginzburg, Einaudi, Torino 1950 ed. Mondadori, 1970, pp.7-8. 73 Bruno TAUT, La nuova abitazione, Berlin, 1924, t.i. Gangemi, Roma, 1986 74 Adolph LOOS, Gli interni della rotonda in Parole nel vuoto, cit. 75 Bruno MUNARI, Design e comunicazione visiva, contributo a una metodologia didattica, Laterza, Bari, 1993, p. 15

Capitolo secondo
la macchina programmabile
- Come commuoverti? Le mie suppliche non ti spingeranno ad essere pietoso verso la tua creatura, che implora bont e compassione? Credimi, Frankestein, ero buono, il mio animo ardeva damore per lumanit; ma non sono forse solo, spaventosamente solo? Tu, mio creatore, hai orrore di me; quale speranza posso riporre nei tuoi simili, che non mi devono nulla? Essi mi disprezzano e mi odiano. Le montagne deserte ed i tetri ghiacciai sono il mio rifugio. Ho vagato quass per molti giorni; le caverne di ghiaccio, che io solo non temo, sono un rifugio per me, lunico che luomo non mi disputi. Amo questi cieli cupi perch essi sono pi gentili verso di me dei tuoi simili. Se sapesse della mia esistenza, lumanit tutta quanta farebbe come te, si armerebbe per uccidermi. Non dovrei dunque odiare chi mi detesta? Non scender a patti con i miei nemici. Sono sciagurato ma essi dovranno dividere la mia miseria. Mary Shelley, Frankestein, 1817

Informatica e tecnologia
Immaginate, se potete, una piccola stanza di forma esagonale, simile ad una cella dalveare. Non illuminata n da finestre n da lampade, eppure piena duna soffice luminosit. Non vi sono aperture per la ventilazione ma laria pura. Non vi sono strumenti musicali, eppure, nel momento in cui inizia la mia meditazione, questa stanza pulsa di suoni melodiosi. C una poltrona al centro, accanto alla scrivania: larredamento tutto l. E sulla poltrona siede una massa di carne avviluppata... una donna, alta poco pi di un metro e mezzo, con il volto bianco come un fungo. E a lei che appartiene la stanzetta.1

Herman Hollerith, Macchina tabulatrice elettrica per censimenti (1879)

La donna bianca in volto ed ha un corpo informe perch, ci informa lautore un attimo dopo, evita accuratamente anche di muoversi. La poltrona, comandata elettricamente, la porta in giro per la stanza senza che lei debba mai alzarsi sulle gambe. Mortificato il corpo fino allinverosimile, al paradosso dellimmobilit assoluta, lattivit preminente tutta concentrata nel pensiero e la stanza - che una specie di organismo sensibile,

Copertina dello Scientific American che parla del censimento e dellimpego della macchina di Hollerit

diremmo oggi un ambiente virtualmente interattivo, visto che dotato di infiniti terminali, sensori, congegni, circuiti e diavolerie tecnico-elettroniche aperti verso lesterno raccoglie in s tutto il massimo spazio concreto, fisicamente identificabile, cui, per la donna, luniverso si riduce. La sua esperienza costituita, di conseguenza, dal flusso di informazioni - immagini, suoni, scritti, ecc. - che provengono da fuori, filtrati e organizzati dalle apparecchiature che costituiscono la stanza. E gli altri?, viene spontaneo chiedersi, Che ne del mondo esterno? Tutta la restante parte dellumanit sparsa in tante stanze esagonali, in tutto e per tutto uguali a quella test esaminata, rigorosamente isolate, collegate le une alle altre mediante una fittissima rete di apparecchiature elettroniche alle quali affidata qualsiasi comunicazione, qualsiasi contatto; e si tratta di contatti a distanza, gli unici tollerati, ch quelli fisici, concreti, ritenuti ributtanti e fonte di contaminazione, sono quasi totalmente eliminati. Questi, in maniera succinta, lincipit e la visione del futuro di un racconto quasi scono sciuto, scritto da Edgard Morgan Forster nel 1928, dal titolo The Machine stops nel quale, come si comprende dalle poche battute precedenti, viene registrato e, per cos dire, dissezionato un incubo che ricorre frequentemente nella letteratura fantastica degli ultimi cento anni: quello di una umana societ di l da venire che, abbandonata la superficie del pianeta, ha preferito sprofondare sottoterra e scegliere un modello di sviluppo completamente automatizzato o, per meglio dire, totalmente dipendente da un unico apparato centrale autosufficiente, spersonalizzato ed artificiale, la Macchina, The Machine che, per lappunto, compare nel titolo del racconto, la quale controlla landamento della vita di tutti gli abitanti di questo cosmo immerso nel sottosuolo, capace di regolare se stessa, i ritmi del tempo, il giorno e la notte, le comunicazioni tra gli uomini, il loro respiro. Al contrario di quanto verrebbe da supporre, per, questo sistema rigidamente gerarchico permette larghi margini di libert ai suoi utenti. Essi, ormai affrancati da ogni preoccupazione produttiva - finanche quelle pi semplici e intime, come prepararsi il cibo quotidiano o un bagno caldo, cose che si possono ottenere semplicemente premendo alcuni delle centinaia di pulsanti di cui ogni stanza corredata - possono dedicarsi interamente allo spirito e, come si direbbe oggi con termine alla moda, arricchire la loro creativit, avere delle idee, immergersi in studi complicati, lontanissimi dal campo delle pratiche applicazioni e comunicarli immediatamente agli altri i quali ne apprezzano lorganizzazione concettuale, il costrutto logico-ideativo, lapparato filologico, le impli-

Boris Karloff nella parte di Frankenstein nel film di James Whale del 1931

cazioni teoretico-filosofiche. Ma, dipendere da una macchina che risolve qualsiasi rogna della sfera pratico-produttiva, per darsi completamente alla costruzione della propria spiritualit, per incentivare e raffinare la creativit interiore, non , poi, un sogno effettivamente ricorrente tra gli uomini? Sogno che, nel racconto, per, non manca di trasformarsi lentamente in incubo, quando The Machine comincia a non funzionare pi, ad andare fuori tono, a perdere colpi fino a fermarsi del tutto, mandando in rovina lumanit, i suoi sogni e le sue aspettative. Nella fantasia letteraria contemporanea ricorre, in maniera quasi ossessiva, limmagine di una macchina che sembra impersonare la quintessenza dell intelligenza e del potere. Questa storia delle macchine che dominano tutta la vita dell uomo e che si sostituiscono a lui finanche nellattivit di pensare ha ampio sviluppo lungo tutto il corso dell800 prima e durante il 900 poi. Il suo vero inizio da rintracciarsi nel Frankenstein 2 di Mary Shelley, nel quale, com noto a tutti, viene narrata la vicenda di una creatura costruita artificialmente come una specie di puzzle di pezzi umani raccattati in giro qua e l, un hand-made man, frutto del paziente, quanto macabro, lavoro di assemblaggio condotto dal dottor Frankenstein. Il patchwork di macelleria umana, com noto a tutti, prende vita mediante una forte carica elettrica che si scarica da un fulmine in una notte di tempesta. Il sottotitolo della storia, Il novello Prometeo, ben rappresenta lo spirito della favola letteraria, la rivolta, cio, della creatura contro il suo creatore, della personalit meccanizzata contro luomo che lha generata. Questo particolare tipo di storia ha grande ripercussione lungo tutto il 900; nella letteratura in particolare, a cominciare dallespressionismo fino a giungere alla produzione di largo consumo e di genere, come la fantascienza o i racconti del terrore, non v morto che non resusciti, che torni ad una quasi-vita o che perseveri a restarsene in un limbo di quasi-morte; si tratta di pseudo-persone (o pseudocose, il che lo stesso) che hanno molto della meccanica degli organismi biologici elementari, assolutamente privi di quella scintilla divina - lanima - che appartiene ad ogni essere umano e lo rende tale, dotato di sentimento e passioni. Tutte le storie appartenenti a questo filone sono variazioni su di un unico tema di fondo in cui viene rappresentato un essere le cui gesta sono automatiche, meccaniche, azioni riflesse, una specie di materia dotata di vita propria che, alla fine di vicissitudini pi o meno complesse ed atroci, prende coscienza e si ribella alluomo. Tutte queste storie possono essere interpretate, per lappunto, anche come manifes-

Le macchine, contrariamente a quanto questimmagine sembra suggerire, incutono terrore nella cultura europea degli inizi del Novecento

tazione dellinconscio collettivo che avverte il pericolo incarnato nella macchina. Anche il cinema trasmette la stessa sensazione di panico come accade, ad esempio, in Metropolis di Lang, nel quale, in unimprobabile societ del futuro, enormi guasti sono provocati da un robot femmina che finisce per mandare allaria lintero ordine costituito su cui la metropoli del futuro si fonda. Insomma, la minaccia che la macchina rappresenta nei confronti delluomo profondamente avvertita in tutta la cultura occidentale del 900. Daltro canto anche limmaginario contemporaneo raffigura i computer come entit estremamente complesse e sofisticate, giungendo fino al punto di credere che esse possano essere dotate di vita spirituale, che le renda autonome dalluomo sia sul piano operativo che su quello, per cos dire, esistenziale. Valga per tutti lesempio di HAL 9000, il computer del film 2001 Odissea nello spazio che, completamente impazzito, tenta di far fuori tutti i personaggi del film e che, nella drammatica sequenza del suo annullamento da parte delluomo, muore proprio come potrebbe morire un essere umano, vittima di una regressione infantile devastante, causata dal distacco dei circuiti principali di memoria, che gli procura un profondo, assoluto stato confusionale.3 Abbandonando qui limmaginario letterario, la cui morale sembra assolutamente esplicita nel suo intento di mettere in guardia contro un certo modo di concepire il progresso e contro lautomatizzazione-computerizzazione totale del mondo, esso bene si presta ad orientarci nello studio che qui si sta conducendo e che ha per oggetto il complesso rapporto che s venuto a stabilire - ma che , in massima parte, ancora in via di definizione - tra il mondo dellinformatica e quello dellanalisi, dellideazione e del progetto di architettura. La visione pessimistica di Forster , infatti, anche se molte volte assai ben dissimulata, una fantasia molto radicata nellimmaginario nelluomo moderno e, in particolare, degli architetti, almeno a partire da una certa generazione ad andare indietro. In altre parole, si va delineando un vero e proprio incubo nel quale ogni libert di pensiero appare limitata e le concrete possibilit progettuali - la libert di sbagliare e di avvicinarsi, a poco alla volta, alla soluzione finale - assolutamente negate da quella macchina, il computer, che viene considerata lincarnazione, la quintessenza dellassoluta precisione matematica. Questa sorta di incubo abortito, questa inconfessata paura, la volont di poter ancora sbagliare ed incamminarsi verso la soluzione finale progettuale cos come, ad esempio,

faceva Mendelsohn, schizzando, in maniera quasi ossessiva, le possibili soluzioni con la matita grassa su minuscoli foglietti di carta in uno slancio creativo assolutamente originale ed autonomo da qualsiasi procedimento tecnico, svolgono la funzione di potenti inibitori nei confronti della macchina e, conseguentemente, fanno insorgere tutta una serie di equivoci riguardo alla funzione, le potenzialit ed i limiti propri dei computer. Per fugare questo equivoco necessario avvicinarsi di pi alla vera natura dei computer e comprenderne il reale funzionamento. Innanzitutto va precisato che la Computer Science, cos come oggi giunta a noi, deriva da un geniale connubio di tecnologie diverse, quella dei primi calcolatori elettronici, i Mainframe, megacomputer caratteristici degli anni cinquanta, e quella televisiva, del tubo a raggi catodici; ununione che ha letteralmente sovvertito qualsiasi prospettiva potesse profilarsi in questo settore allinizio degli anni sessanta e che ha permesso, altres, una massiccia diffusione di quella particolare macchina che va sotto lormai notissima sigla di Personal Computer. Tra tutte le prestazioni e gli attributi di flessibilit e possibilit di applicazione a svariati campi della umane attivit, la caratteristica pi straordinaria di questo tipo di strumento elettronico quella sinteticamente contenuta nell espressione macchina virtuale. Stare ad analizzare che cosa questa definizione voglia significare in tutte le sue molteplici sfaccettature ci porterebbe certamente molto lontano dai limiti di questo lavoro. In maniera molto sintetica si pu, per, dire che il computer, frutto dellinnovazione tecnologica di cui s ora detto, una macchina polivalente in grado di applicarsi a quasi tutti i settori delle umane attivit e, tra questi, una tra le applicazioni particolarmente interessanti e cariche di promesse sembra essere proprio quella dellanalisi e del progetto di architettura. Il primo passo da compiersi, per, quello di vincere la resistenza diffusa e pervicace che ancora esiste fra gli architetti verso queste tecnologie di gestione e manipolazione dei dati. Vale la pena, a questo proposito, rileggere le parole introduttive scritte da Joseph Weizenbaum ad un suo libro sulla Computer Science, i computer e le loro caratteristiche strutturali; un libro che meriterebbe senzaltro unapprofondita ed attenta lettura da parte degli architetti per la chiarezza con cui espone problemi, questioni e dubbi e prospetta soluzioni:
Questo libro - scrive Weizenbaum - solo nominalmente un libro sui computer. Da un punto di vista significativo il computer qui usato come veicolo per far muovere certe idee che sono molto pi importanti dei computer. Il lettore che d unocchiata a qualche pagina di questo libro e scappa terrorizzato per aver

Schizzi di edifici industriali di Erich Mendelsohn

visto qui e l unequazione o un poco di gergo informatico, dovrebbe ripensarci. Forse egli pensa di non sapere niente dei computer e, anzi, crede che i computer siano troppo complicati da capire per le persone normali. Ma una delle tesi principali di questo libro proprio che noi, tutti noi, abbiamo trasformato il mondo pi del lecito in un computer, e che questo rifacimento del mondo ad immagine del computer incominciato molto prima che nascessero i primi calcolatori elettronici. Ora che abbiamo i computer, diventa un po pi facile vedere questa trasformazione immaginaria che abbiamo attuato sul mondo. Ora possiamo usare il computer stesso - vale a dire lidea del computer - come una metafora che ci aiuti a capire quello che abbiamo fatto e quello che stiamo facendo.4

Joseph Weizenbaum fotografato al balcone di casa a Berlino


(foto tratta da Wikipedia, sottoposta ai vincoli di una licenza GNU)

Weizenbaum, professore di Computer Science al M.I.T., stato certamente un personaggio di primo piano nel settore scientifico e di ricerca dei calcolatori elettronici; tra i fondatori della Artificial Intelligence (AI) negli Stati Uniti, autore del linguaggio di list-processing SLIP e inventore di ELIZA, uno dei primi sistemi di elaborazione del linguaggio naturale capace di interagire in maniera intelligente con gli utenti5, anche uno dei pi accesi sostenitori, interni al mondo accademico, dellassoluta originalit del pensiero umano, in aperta polemica contro quelli che si ostinano a credere che con i processi propri dellIntelligenza Artificiale sia possibile emulare il modo precipuo di funzionamento della ragione delluomo. Il programma ELIZA rappresenta un esperimento sul linguaggio naturale ottenuto adattando, allo scopo, una sorta di astuta simulazione. In pratica, lutente pu porre delle domande al computer e questi gli risponde. In realt, pi giusto dire che il programma simula, molto verosimilmente, delle risposte. In altre parole, il programma sostiene un dialogo con lutente costruito ad arte, in maniera tale che questultimo ricavi limpressione sbagliata, naturalmente, ma molto verosimile - che il computer comprenda perfettamente ci di cui si sta parlando ed abbia piena consapevolezza dei problemi che gli vengono sottoposti. Il primo programma realizzato da Weisenbaum permetteva lo svolgersi di una sorta di dialogo tra utente e macchina nel quale il computer simulava il comportamento di uno psichiatra. Tutto era fondato su un semplice artificio linguistico, realmente adoperato in psichiatria dagli psicoanalisti di scuola rogeriana, che consiste nel ripetere lultima parola della frase proferita dal paziente. Insomma un dialogo del tipo:
Paziente: Sono depresso Computer: Depresso, capisco

Paziente: Credo dipenda dallinfelicit dellesistenza Computer: Lesistenza, gi

Limpressione che se ne ricava che, proseguendo il dialogo in maniera scorrevole, il computer partecipi - addirittura sul piano emotivo - alle vicissitudini che lutente gli racconta. Ma, naturalmente, come si capisce, non si tratta che di un trucco. E estremamente utile, a questo proposito, leggere quanto Weizenbaum scrisse a proposito dellaccoglienza che gli utenti riservarono al programma ELIZA.
Per il mio primo esperimento diedi ad ELIZA un copione progettato per permetterle di recitare (dovrei dire in realt parodiare) la parte di uno psicologo rogeriano impegnato in un primo colloquio con un paziente. Lo psicoterapeuta rogeriano relativamente facile da imitare, perch gran parte della sua tecnica consiste nel far parlare il paziente, ripetendogli le sue stesse affermazioni. (...) Questo programma Doctor (con tale nome veniva chiamato ELIZA quando recitava da psichiatra) divenne presto famoso al Massachusetts Institute of Thecnology, dove vide la luce, specialmente perch era un programma di cui era facile dare la dimostrazione. In genere, gli altri programmi non riuscivano a esibire altrettanto chiaramente il potere di elaborazione dei dati di un computer (...) Rimasi allibito nel vedere quanto rapidamente e profondamente le persone che conversavano con Doctor si lasciassero coinvolgere emotivamente dal computer, e come questo assumesse evidenti caratteri antropomorfici. Una volta la mia segretaria, che mi aveva visto lavorare al programma per molti mesi, e quindi certamente sapeva trattarsi soltanto di un programma per computer, incominci a conversare con esso. Dopo pochi scambi di battute, mi chiese di uscire dalla stanza... Ci di cui non mi ero reso conto era che un contatto estremamente breve con un programma per computer relativamente semplice potesse generare nelle persone normali delle enormi illusioni. Questa scoperta mi spinse ad attribuire una nuova importanza al problema del rapporto tra esseri umani e computer, e a decidere di pensarci su.6

In altre parole, in presenza di un computer, scatta, nelluomo medio, uno strano sentimento, una forte illusione in base alla quale egli finisce per antropomorfizzare la macchina, umanizzarla, o, se non altro, attribuire ad essa un modo di pensare simile a quello delluomo. Questo, a parere di Weizenbaum, si verifica perch la maggior parte delle persone non ha la bench minima idea di come sia fatto, come funzioni e che cosa sia un computer.7
Quindi tutte queste persone egli prosegue - a meno che non siano capaci di grande scetticismo (del tipo di quello che viene spontaneo guardando un prestigiatore), potranno spiegare le imprese intellettuali del computer soltanto applicando lunica analogia che hanno a disposizione, cio il loro modello della propria capacit di pensare.8

Nicholas Negroponte, un architetto prestato allinformatica

La posizione di Weizenbaum , dunque, a questo riguardo fortemente critica; egli crede che non sia possibile ridurre qualunque aspetto del pensiero umano a formalismo logico; o, per usare unespressione pi moderna, se il pensiero umano sia o meno calcolabile9. Il che, come si comprende con chiarezza, non altro che una forte ipoteca sulla riuscita degli studi di Artificial Intelligence. Ed , come stato sottolineato, proprio il suo carattere di interno alla Computer Science a fare imbestialire i suoi colleghi10. Il libro dal quale si sono, in sintesi, riportate le riflessioni che precedono un testo particolarmente importante nell insieme di pubblicazioni pi o meno specifiche, pi o meno approfondite che hanno per oggetto i computer e le loro applicazioni. Va detto, per che il testo di Weizenbaum risale a circa ventanni fa e chi a conoscenza del procedere, a dir poco turbinoso, delle novit e degli aggiornamenti nel campo dellinformatica e della Scienza dei Calcolatori, potrebbe essere spinto verso linevitabile conclusione che esso sia sorpassato, assolutamente inattuale e del tutto inaffidabile nelle conclusioni. Non affatto cos perch le questioni che in questo libro sono sollevate forniscono, con notevole anticipo, chiarimenti e risposte a problemi che soltanto in tempi recentissimi sono stati ampiamente verificati nella loro validit. Si intende far riferimento alla divisione tra chi ha inteso intraprendere, mediante lausilio degli elaboratori elettronici, quella serie di studi tesi allindagine-ricostruzione dei meccanismi di apprendimento e di deduzione logica che sono propri e caratteristici del modo di procedere della ragione umana - settore che, come s detto, ha assunto leloquente appellativo di Intelligenza artificiale - e chi, al contrario, non convinto, come lo stesso Weizenbaum, di questa possibilit, ha ritenuto inutile - e destinato allinsuccesso - lo sforzo degli studiosi e dei ricercatori in questa direzione puntando, invece, su quella che Nicholas Negroponte, anni fa, ha definito con unefficacissima formula, la simbiosi uomo-macchina11. Questa metafora sta ad indicare un metodo di lavoro e di progettazione che fa un particolare uso della macchina in modo che questa non si ponga sul piano dello scimmiottamento-emulazione del pensiero delluomo ma fornisca la sua assistenza e la sua insuperabile bravura nel campo computazionale.12
Supponiamo - scrive Negroponte - di trovarci in un paese straniero, di non conoscere la lingua e di avere ugualmente bisogno di aiuto. Allinizio i nostri movimenti delle mani e le espressioni del viso trasmetter-

anno gran parte del nostro significato allosservatore. Il nostro comportamento si servir di gesti e strane articolazioni per comunicare ci che vogliamo. Lascoltatore perplesso cercher bits di contenuto che egli possa capire e correlare alla sua lingua. Noi reagiremo alle sue reazioni e comincer a svolgersi tra noi un linguaggio mimato. Questo nuovo linguaggio nato dallo sforzo reciproco di comunicare. Se torneremo una seconda volta dalla stessa persona, magari per una nuova necessit, le radici di un dialogo gi esistono. Probabilmente questa seconda conversazione risulterebbe assolutamente incomprensibile a una terza persona che si inserisse nel dialogo a questo punto. Linizio di un rapporto progettista-macchina dovrebbe avere unevoluzione linguistica analoga. Ognuno dovrebbe cercare di individuare le strategie progettuali dellaltro, evocando una retorica che non si pu prevedere... Levento circolare in quanto lunit progettista-macchina provoca un dialogo e il dialogo promuove una pi intima unit progettista-macchina. Questa associazione sempre pi intima delle due specie diverse la simbiosi. Essa evolve attraverso uneducazione reciproca - in questo caso attraverso il dialogo.13

Un pezzo dellAnalytical Engine di Babbage


foto di Andrew Dunn, 2004

Forse, anche lo slogan simbiosi uomo-macchina pu destare qualche preoccupazione; ma le parole di Negroponte sembrano mettere in fuga qualsiasi dubbio: si tratta di pro gettare, egli asserisce, un rapporto ottimale di collaborazione tra luomo e la macchina nel quale siano delimitati con chiarezza i rispettivi ambiti di competenza ed alluomo sia lasciato quella che, da sempre, sembra essere sua unica prerogativa, la capacit di inventare e collegare, saltare logicamente, trasferire concetti e tecniche da un piano allaltro, da un settore allaltro, mentre alla macchina, alla fine, siano affidati solo quei compiti nei quali essa s mostrata imbattibile e, cio, conservare, ricordare, ordinare, computare. Lidea di questa collaborazione nata, come s gi fatto cenno, prima degli studi di Negroponte ora ricordati. Il primo ad avere lintuizione di una tale possibilit di collaborazione tra uomo e macchina fu, infatti, J.C.R. Licklider, professore di psicoacustica al M.I.T. Egli inizi a pensare ad una simile possibilit fin dalla fine degli anni cinquanta, partendo dallipotesi di poter interpretare con maggiore facilit i modelli matematici creati per interpretare i suoi specifici compiti in ambito specialistico. Riflettendo, infatti, sulle limitazioni e loggettiva complicazione di lavoro cui il metodo proprio della ricerca specifica lo costringeva, giunse ad una conclusione a dir poco disarmante: circa l85 per cento del suo tempo non era dedicato alla risoluzione dei problemi interni alla disciplina ed alla sua sistematica esplorazione scientifica ma allorganizzazione della stessa e, cio, la maggior parte del tempo era dissipato nel compito di far s che egli potesse esser messo nella condizione di riflettere. Da qui lidea che se qualcuno o qualcosa avesse svolto al suo posto tutta la serie

di compiti ripetitivi e di calcoli propedeutici alla riflessione, il suo lavoro ne avrebbe tratto un enorme vantaggio. Le sue parole illustrano con chiarezza questi propositi:
La simbiosi tra uomo e computer uno sviluppo previsto nellinterazione cooperativa tra uomini e computer elettronici. Gli scopi principali sono: 1) permettere che i computer rendano pi semplice una modalit di pensiero decisionale visto che esse permettono di raggiungere la soluzione di problemi ben formulati, e 2) fare s che gli uomini e i computer possano cooperare nel prendere decisioni e nel controllo di situazioni complesse senza alcuna inamovibile dipendenza su programmi predeterminati. In questa nuova partnership simbiotica, luomo imposter gli obbiettivi, formuler le ipotesi, determiner i criteri e svolger le valutazioni. Le macchine computazionali, dal canto loro, svolgeranno il lavoro di routine necessario per preparare la strada alle analisi proprie del pensiero tecnico e scientifico. Una serie di analisi preliminari indicano che questa collaborazione simbiotica potr portare a compimento complesse operazioni di tipo intellettuale in maniera molto pi efficiente che luomo da solo. I prerequisiti per il raggiungimento di una cooperazione effettiva includono i progressi nei tempi di elaborazione, nella memoria dei componenti, nellorganizzazione della memoria, nei linguaggi di programmazione e nellequipaggiamento di input e output.14

Come ha scritto Howard Rheingold nella sua articolata ricostruzione degli avvenimenti pi importanti della storia della scienza dei computer pi recente, quella di Licklider fu una vera e propria intuizione in anticipo sui tempi:
(Licklider) afferr il problema centrale: gli esseri umani e i computer avrebbero lavorato insieme in modo nuovo se si fosse riusciti a concepire il tipo appropriato di interfaccia.15

Il memex, invenzione di Vannevar Bush capace di memorizzare grandi quantit di informazioni, risalente al 1945

Licklider, insomma, pose le basi dei moderni calcolatori basati soprattutto, su uninterfaccia, come consuetudine dire, amichevole superando, in un sol colpo, una delle difficolt di comunicazione uomo-computer imposta dalla concezione stessa del rapporto tra loperatore e la macchina. Le macchine in uso negli anni cinquanta, infatti, erano complessi meccanismi con i quali il dialogo era possibile soltanto tramite astruse e complicate procedure note a pochi programmatori esperti e superspecializzati e lidea di Personal Computer molto lontana dallessere messa a fuoco.
Lelaborazione dei dati - prosegue Rheingold - implicava costrizioni sul che cosa poteva essere fatto con i computer e costrizioni sul come si poteva cominciare a farlo. Un procedimento conosciuto come lelaborazione a lotti era il modo appropriato per occuparsi di stipendi, calcoli scientifici o dati relativi ai censi-

menti. Avendo un problema da risolvere il primo passo consisteva nel codificare il problema e i dati che il programma avrebbe dovuto manipolare, di solito in uno dei due principali linguaggi di programmazione, il FORTRAN o il COBOL. Il programma codificato e i dati venivano convertiti in scatole piene di schede perforate - i dispositivi di input che sono universalmente conosciuti come IBM cards, un apparato che bisognava stare attenti a non tirare, piegare o strappare. Poi si consegnavano le schede ad un amministratore di sistema al centro di calcolo del campus o al centro di elaborazione dati dellazienda. Questo specialista - il sommo sacerdote che mediava fra gli utenti ed il computer mainframe collocato nel suo sancta santorum con aria condizionata - era lunico cui era consentito di sottoporre un programma alla macchina e era la persona da cui si ritiravano le proprie stampe ore o giorni pi tardi. Se nel programma cera un errore, che poteva essere banale, come un segno di interpunzione fuori posto, bisognava rifare tutto daccapo.16

Nel suo gi citato saggio del 196017, Licklider utilizz, per la prima volta, una metafora biologica, auspicando una collaborazione tanto spinta tra uomo e macchina da potersi assimilare, come si gi detto, ad una vera e propria simbiosi. Gli elementi di questa nuova collaborazione uomo-macchina erano, dunque, abbastanza chiari: Il computer si sarebbe dovuto trasformare da mega-macchina unica - o quasi - a disposizione di unintera collettivit in una macchina molto pi amichevole a disposizione del singolo utente. In conseguenza di questo obbiettivo, lelaboratore elettronico avrebbe dovuto essere munito di un linguaggio interprete molto pi facile da utilizzare che non le astruse sequenze di numeri binari o i comandi mnemonici legati al linguaggio macchina o a quelli di basso livello come lAssembler in grado di stabilire tra lhardware e lutente uno scambio semplice ed intuitivo, alla portata di tutti. Lintuizione di fondo che permise la realizzazione di questi due obbiettivi interdipendenti fu, come si accennava in precedenza, di mescolare tecnologie - lelettronica dellelaboratore e quella della televisione - fino ad allora assai distanti. Fu nel 1963 che Douglas Engelbart, un ricercatore fino a quel momento rimasto nellombra, propose un rivoluzionario sistema di integrazione tecnologica che prevedeva la realizzazione di un dispositivo per la scrittura computerizzata concepito con il concorrere di un elaboratore elettronico e di un sistema di output video preso a prestito, per lappunto, dalla ricerca televisiva. Engelbart teorizz le sue ipotesi nel saggio gi citato dal

Charles Babbage

titolo A conceptual Framework for Augumenting Mans Intellect18. In questo lavoro, tra laltro, egli scriveva:
I simboli con i quali lessere umano rappresenta i concetti che manipola possono essere ordinati davanti ai suoi occhi, spostati, riposti in memoria, richiamati in base a regole estremamente complesse - tutto in risposta molto rapida ad una minima quantit di informazione fornita dallessere umano, tramite speciali dispositivi tecnologici cooperativi. Nei limiti di quello che potremmo immaginare ora, questo potrebbe essere un computer col quale gli individui potrebbero comunicare rapidamente e facilmente, collegato ad un display tridimensionale a colori allinterno del quale potrebbero essere costruite immagini estremamente sofisticate, essendo il computer in grado di eseguire unampia variet di elaborazioni su parti di tutte queste immagini in risposta automatica allistruzione umana. I display ed i processi potrebbero fornire servizi utili e potrebbero coinvolgere concetti fin qui non immaginati ... Douglas Engelbart con la sua invenzione pi prestigiosa, il mouse
immagine scaricata da una pagina del sito web del Bootstrap Institute

Come per Licklider, anche nel caso di Engelbart largomento principale in discussione era la possibile collaborazione cooperativa tra luomo e la macchina. Per meglio mostrare le possibilit di questo nuovo sistema collaborativo tra sistema informatizzato e uomo nello svolgimento di un complesso lavoro intellettuale, Engelbart, ricorre allesempio del lavoro dellarchitetto. Le immagini che egli utilizza ricordiamo che siamo agli inizi degli anni sessanta possiedono una straordinaria capacit di previsione. E qui conveniente riportare per intero le argomentazioni che egli produce:
Per dare al lettore un orientamento preliminare e permettergli di immaginare come si potrebbe articolare un sistema di lavoro assistito dal computer, abbiamo incluso di seguito una breve descrizione di un possibile impianto di questo genere. Lesempio che ora si illustrer non deve essere considerato come la descrizione di un sistema attualmente allo studio nel nostro programma di ricerca. Lo scopo solo quello di mostrare le prospettive generali del nostro lavoro e persegue lunico scopo di fornire un esempio visibile delle tesi che qui si sostengono. Consideriamo un architetto che utilizza lassistenza di una macchina al lavoro. Egli siede alla sua workstation; questa consiste di un display, posto su di un lato ad una distanza di circa tre piedi; il display una vera e propria superficie di lavoro controllata da un computer; la comunicazione con questultimo avviene mediante una piccola tastiera e un certo numero di altri strumenti. Larchitetto sta progettando un edificio. Ha gi tracciato numerosi layout di base e li sta richiamando sullo schermo. I dati di layout sui quali ora sta lavorando sono stati gi immessi ed egli sta ora chiedendo al computer di mostrargli una vista prospettica delledificio con la strada, una rappresentazione simbolica dei residui alberi che rimarranno nel lotto e una serie di elementi di rilievo sul piano funzionale. La vista prospettica occupa i due terzi a sinistra dello schermo. Con un puntatore egli indica due punti di interesse, muove la sua mano sinistra rapidamente sulla tastiera facendo in modo che la distanza e lelevazione

tra i due punti indicati appaia sulla parte destra dello schermo. Ora, facendo uso del puntatore e della tastiera, egli immette una linea di riferimento. Gradualmente lo schermo inizia a mostrare il lavoro che si sta compiendo (uno scavo netto appare nel terreno). Poco dopo larchitetto cambia la scena sullo schermo ricorrendo ad una vista planimetrica dassieme del sito, nella quale viene ancora mostrato lo scavo. Dopo pochi minuti di studio egli immette dalla tastiera un elenco di domande e questioni che successivamente dovranno essere studiate ed approfondite. Ignorando la rappresentazione sul display, larchitetto comincia ad immettere una serie approfondimenti tematici e di dati. Quando ha finito, la scena ridisegnata appare sullo schermo. Una struttura sta prendendo forma. Egli la esamina e la aggiusta, compie una pausa per consultare un manuale o un elenco di informazioni dal computer in vari punti e riaggiusta il suo elaborato. Egli spesso richiama dal computer lelenco di specificazioni e considerazioni per farvi riferimento, modificarle o aggiungerne altre. Questi elenchi crescono attraverso una struttura molto dettagliata ed interconnessa la quale rappresenta la maturazione del pensiero lungo il corso della progettazione. Progettando diverse soluzioni qui e l, tracciando occasionalmente superfici curve e muovendo lintera struttura del progetto, egli finalmente raggiunge la forma grezza esterna delledificio che risponde alla gran parte delle impostazioni di partenza e si assicura che essa sia compatibile tanto con i materiali che dovranno essere impiegati che con le funzioni che avranno alloggiamento nelledificio. A questo punto larchitetto inizia ad immettere informazioni pi dettagliate circa gli interni. Qui la capacit del computer di mostrargli qualunque vista egli intenda esaminare (ad esempio una vista dellinterno oppure uno scorcio che rifletta laspetto delledificio visto dalla strada) gioca un ruolo di primo piano. Larchitetto immette particolari elementi di progetto ed li esamina in spazi di dettaglio. Egli cerca di assicurarsi che i raggi del sole dalle finestre non accechino un autista sulla strada e il computer verifica, ad esempio, se le finestre potranno riflettere violentemente sulla strada tra le 6 e le 6:30 nei giorni di mezza estate. Giunto a questo punto, possibile avviare unanalisi funzionale. Il progettista possiede una lista della gente che occuper ledificio e la sequenza giornaliera delle loro attivit. Il computer gli permette di controllare ogni turno, esaminando come le porte ruotano, dove saranno necessarie illuminazioni particolari e cos via. Finalmente larchitetto far in modo che il suo assistente combini tutte queste sequenze di attivit per indicare i punti dove il traffico, allinterno delledificio, sar pi intenso, o dove potranno verificarsi delle congestioni, per determinare quale filtro potr essere applicato alle attivit in questione. Tutte queste informazioni (il progetto delledificio e tutte le riflessioni strutturali ad esso associate) potranno essere immagazzinate su di un nastro per rappresentare il manuale di progetto delledificio. Caricando questo nastro sul suo computer, un altro architetto, un costruttore o il cliente potranno muoversi allinterno di questo manuale per valutare qualsiasi dettaglio possa interessare e apporre opportune annotazioni che saranno integrate allinterno del manuale di progetto per il suo beneficio successivo o per quello di altri.

Le parole di Engelbart ci appaiono non soltanto nel loro valore profetico in grado di spiegare, con un anticipo di oltre trentanni, quello che effettivamente accaduto nellambito

della Progettazione Architettonica assistita dallelaboratore, ma anche ed ci che maggiormente colpisce quello che ancora deve accadere o che sta per accadere. Questo ci dice che, perch una serie di visioni innovative si possano concretizzare, necessario un articolato processo di sviluppo innovativo dal punto di vista tecnologico che va dalla miniaturizzazione dei circuiti, al potenziamento della memoria centrale degli elaboratori, alle caratteristiche sempre pi spinte dal punto di vista delle prestazioni dei processori e cos via.19 Il centro di ricerca che fu affidato ad Engelbart prese il nome di ARC (Augumentation Research Center). La parola Augumentation che sta a significare potenziamento fu deliberatamente utilizzata da Engelbart al posto di Automation, automatizzazione, stabilendo una differenza terminologica che spiega in maniera molto esplicita limpostazione che caratterizz il settore di ricerca di cui fu responsabile. Lidea di fondo - che poi si dimostrata, sui tempi lunghi, vincente e sulla quale vale la pena, ancor oggi, riflettere - quella che la mente e il pensiero delluomo, non debbano, in qualche maniera, essere simulati mediante lausilio delle strumentazioni informatiche, quanto piuttosto aiutati, assistiti, per lappunto, in quelle fasi della progettazione e della ricerca che richiedono sforzi ripetitivi, meccanici. Niente di pi lontano dalle intenzioni di Licklider e di Engelbart che quella di sostituire il pensiero umano con quello della macchina, di mettersi, insomma, a ricercare una strada teorica lungo la quale tentare di ricostruire, artificialmente, la complessit specifica del modo di procedere dellintelletto delluomo e soprattutto delle sue attitudini creative. Questo, ovviamente, vale anche - e direi soprattutto - nel caso particolare del progetto di architettura dove necessario operare una netta distinzione tra progettazione automatizzata e progettazione assistita20. Lidea di una macchina, in cui inserire le necessit e le esigenze relative ad un progetto o ad una ricerca, la quale possa, poi, autonomamente, fornire risposte adeguate e - finanche - esteticamente rilevanti, ove mai fosse, anche se timidamente, paventata, andrebbe, a mio parere, repressa con forza e senza nessun tentennamento. E, daltro canto, anche tutti gli studi sullintelligenza artificiale almeno quelli riguardanti la cosiddetta intelligenza artificiale forte - oggi sembrano segnare, come si gi accennato, il passo e, per certi versi, anche la necessit di una revisione dei principi di fondo che li animano.21 Ma, tralasciando per il momento qualsiasi approfondimento di questi aspetti della questione, sembra opportuno mettere in evidenza che, una volta integrate le tecnologie infor-

matiche con quelle televisive, fu quasi immediato procedere oltre nella definizione dellUser-Machine friendly Interface teorizzandone, in qualche modo anche laspetto formale. Il passo successivo, estremamente significativo, fu quello di coniugare assieme il prototipo di computer che in questo modo si stava definendo con la psicologia. Il concetto basilare che venne preso a prestito da questa disciplina e dalle teorizzazioni di epistemologi come Jean Piaget e Jerome Brumer fu quello di intendere il processo dellapprendimento come esplorazione22. Lidea di fondo che anima questo settore della psicologia che ognuno di noi esperisce il mondo che lo circonda, lo rende suo e fa di ogni esperienza in esso un accrescimento della sua personalit come si trattasse di una vera e propria esplorazione di un territorio sconosciuto. Lartefice di questa impostazione del computer inteso come territorio da esplorare fu Alan Kay, affascinato soprattutto dai metodi di programmazione e dai linguaggi inventati da Seymour Papert che permettevano ai bambini di interagire con le macchine elettroniche23. Lintuizione di fondo che anim Kay fu quella che il computer, da quel momento in poi, dovesse essere considerato piuttosto un vero e proprio mezzo di comunicazione, un assieme di strumentazioni linguistiche complesse che non solamente un apparecchio per effettuare calcoli e, dunque, che si dovessero integrare nel progetto della nuova macchina tutti i mezzi atti a sostanziare questo obbiettivo. Il medium pi potente per conseguire questo fine la grafica. Linformazione grafica, per la sua natura gestaltico-conformativa, molto pi immediata, potente, comunicativa di quella scritta la quale richiede un notevole lavoro di decifrazione, di decodifica. Un computer, sosteneva Kay, devessere utilizzato, possibilmente, soprattutto dai bambini e, dunque, deve avere a disposizione un linguaggio immediato fondato prevalentemente sulla grafica. 24 Nelle poche battute che precedono sono contenute le premesse di quella che, a ragione, pu essere forse considerata una delle pi grandi rivoluzioni nel campo degli strumenti di comunicazione, perch fondandosi sullimmediatezza della comunicazione visiva basata prevalentemente sulla grafica, resa possibile grazie alla intima connessione dellelaboratore elettronico con loutput video preso a prestito dalla tecnologia televisiva, e fondandosi, inoltre, sul fatto che limmagine grafica computerizzata pu essere animata e, pu, rispondere alle sollecitazioni dellutente in tempo brevissimo, si viene ad aggirare la grande fatica di decodificazione che la tecnica tradizionale di comunicazione - quella che fa affidamento prevalentemente sulla scrittura su supporto cartaceo - richiede. Dal che si deduce che il Personal Computer nasce, soprattutto, come strumento linguis-

Un esempio di HMD (Head Mounted Display) invenzione di Ivan Sutherland

tico da esplorare il quale si pone come altro da quello che in realt . Utilizzando tecnica video e grafica interattiva, il Personal Computer viene concretamente a definirsi come macchina virtuale, strumentazione linguistica soltanto in apparenza estremamente semplice, che, proprio in quanto medium linguistico potente e flessibile, in grado di simulare diverse modalit di funzionamento e di rappresentare - proprio in senso spettacolare complesso mondi diversissimi con i quali ogni utente pu interagire a suo piacimento. E nel 1970, con la fondazione del Palo Alto Research Center (PARC) della Xerox, che si stabiliscono tutte le premesse per la concreta realizzazione del computer interattivo basato sullinterfaccia grafica, in grado di dialogare con lutente e, cio, la macchina alla quale oggi siamo abituati. Per una complessa serie di motivazioni, le migliori intelligenze impiegate nella ricerca informatica migrarono in questo nucleo provenienti, soprattutto, dai centri di ricerca dellesercito. Tra le tante motivazioni, non ultima era quella legata alla condanna della guerra degli USA nel Vietnam. Ha scritto a questo proposito Rheingold:
La guerra ebbe un effetto galvanizzante sia sui direttori della ricerca, che sui programmatori, molti dei quali non si trovavano pi a proprio agio lavorando per il Dipartimento della Difesa. Lesodo dalla ricerca sponsorizzata dalla Difesa, allinizio degli anni 70, da parte di alcuni degli elementi migliori, costitu forse una delle pi importanti forze trainanti della rivoluzione del personal computer. Un simile spostamento da applicazioni tecnologiche militari a interessi civili sembra essere nuovamente in corso agli inizi degli anni 90, il che potrebbe agire di nuovo come stimolo per il prossimo stadio evolutivo della tecnologia dellinformazione.25

Il PARC rappresent un vitale centro di ricerca orientato nella definizione di uninterfaccia interattiva tra uomo e computer. Al fine di realizzare questidea vennero escogitate soluzioni hardware e software fino ad allora mai concepite. Il mouse e la grafica bitmapped sono due importanti punti di arrivo nella messa a fuoco di questi obbiettivi e costituiscono le strumentazioni indispensabili alla base di personal computer come il Macintosh messo a punto dalla Apple e immesso sul mercato nel 1984. Ma, va ricordato che la grafica bitmapped successiva alla prima ricerca di computer grafica che basata su sistemi vettoriali. Il primo inventore in assoluto della grafica vettoriale - e, dunque, dei sistemi grafici alla base del CAD - fu Ivan Sutherland. Sutherland unanimemente considerato linventore geniale dei sistemi grafici in grado di

stabilire una comunicazione interattiva tra uomo e computer26. Il programma Sketchpad, da lui creato per la sua tesi di dottorato con Claude Shannon, inventore della teoria dellinformazione, stato, infatti, definito il pi importante programma per computer mai realizzato. Lo scopo di questo programma era quello di creare complessi modelli grafici che potessero essere mostrati e manipolati attraverso un comune schermo televisivo
Sketchpad - scrive Rheingold - permetteva alloperatore di utilizzare il computer per creare sofisticati modelli visivi su di uno schermo che assomigliava ad un televisore. Le configurazioni visive potevano essere riposte nella memoria del computer come qualunque altro dato e potevano essere manipolate col computer. La gente avrebbe potuto creare immagini nel modo pi naturale possibile, utilizzando le proprie mani e i propri occhi ed un dispositivo simile ad una penna per disegnarle. (...) Ma Sketchpad era molto di pi di uno strumento per creare rappresentazioni visive di dati. Era una specie di linguaggio di simulazione che metteva in grado i computer di tradurre astrazioni in forme percettive concrete. E Sketchpad era un potente modello di un modo del tutto nuovo di far funzionare i computer; cambiando qualcosa sullo schermo era possibile cambiare qualcosa nella memoria del calcolatore. Non si trattava ancora di una bitmap, ma Ivan aveva concepito un modo per utilizzare il TX2, il display a tubo catodico e la penna ottica (tutti sviluppati da altri) per controllare un computer disegnando su uno schermo.27

Schetchpad, il primo CAD ridumentale della storia della computergrafica

Chi comprese a fondo le enormi potenzialit del programma inventato da Sutherland fu Ted Nelson che, come si avr modo di vedere pi innanzi, certamente una tra le personalit di maggior spicco allinterno della ricerca geniale ed innovativa sul personal computer e nel campo della scienza dei computer. In un suo saggio del 1977 dal titolo The Home Computer Revolution28 Nelson dedica un intero capitolo al lavoro di Sutherland definendo Sketchpad, come si ora ricordato, il pi importante programma per computer mai scritto. La cosa fondamentale, a parere di Nelson, che, prima ancora di giungere ad una qualsiasi decisione grafico-organizzativa definitiva in merito allimmagine corrente sullo schermo, il programma permetteva di sperimentare le varie soluzioni e di conservarle in memoria:
In tal modo - afferma Nelson - Sketchpad permetteva di far prove prima di prendere decisioni. Invece di costringerti a posizionare una linea in modo definitivo, era fatto in modo da permetterti di provare una quantit di posizioni e organizzazioni differenti in maniera semplice, come se stessi spostando ritagli sul tavolo. Lasciava spazio allimprecisione ed al discernimento degli esseri umani. Invece di costringere lutente a dividere le cose in categorie nette, o richiedere dati precisi fin dallinizio (tutte quelle restrizioni

rigide che si dice i computer richiedano) ti lasciava scivolare le cose in sintonia con la tua sensibilit. Potevi riorganizzare il tutto fino a che non ottenevi quello che volevi, indipendentemente dal perch lo volevi.29

La penna ottica utilizzata in Schetchpad

In questo modo venne a definirsi, prosegue Nelson, per la prima volta un sistema grafico interattivo, una vera e propria Graphic User Interface (GUI) che poneva le basi per i pi sofisticati sistemi di gestione dei computer che, negli anni successivi, sarebbero stati messi a punto. E qui vale la pena di spendere alcune parole in pi per illuminare il concetto di GUI. Una strumentazione di questo tipo , infatti, orientata a stabilire un contatto diretto tra lutente e le routine di gestione della macchina contenute nella sua memoria centrale. Il meccanismo , di conseguenza, estremamente semplice nella sua concezione di fondo ma, proprio per questo, geniale: ad ogni immagine grafica costruita e situata sullo schermo - facilmente, se non, il pi delle volte, intuitivamente decodificabile da parte dellutente - accoppiata una serie di istruzioni per la macchina preventivamente compilate in fase di programmazione. Baster, dunque, eccitare limmagine sullo schermo - che prende il significativo appellativo di icona - per far procedere in maniera autonoma il software nellesecuzione della routine ad essa connessa. In conseguenza di ci il dialogo con la macchina immediato ed infinitamente pi semplice di quello costruito mediante interfacce non-grafiche e strumenti di comunicazione che richiedono maggior elaborazione ed uno sforzo mnemonico da parte dellutente (tastiera, linguaggi simbolici complessi, ecc.). Lelaborazione della grafica vettoriale da parte di Sutherland rese possibile, dunque, la costruzione di GUI in grado di semplificare enormemente la vita agli utenti e, quindi, di procedere speditamente nella progettazione e costruzione dei primi personal computer cui siamo, oggi, abituati. La computer grafica assume, dunque, a partire dallo Sketchpad di Sutherland, un significato molto ampio: essa uno strumento in grado di costruire un mondo di collegamento, per cos dire, tra lutente e la realt hardware della macchina, un mondo che pu assumere una configurazione autonoma, pretendere comportamenti adatti, simulare situazioni, prospettive, ambienti, operazioni, definire elementi, strutture, oggetti dalla natura pi disparata. Ogni volta la stessa macchina (e, cio, lo stesso hardware) si predispone per essere un mondo particolare, una situazione complessa nella quale lutente pu svolgere compiti (scientifici, didattici, progettuali, letterari, artistici, di gioco, ecc.) straordinariamente precisi e coinvolgenti.

Ed a questo punto che si compie una specie di miracolo paradossale che non cessa mai di meravigliare chi si dispone, di buon animo, a lavorare con un computer: quello in base al quale una macchina che , essenzialmente, uno strumento di computazione (che esegue, cio, operazioni), riesce a simulare processi operativi totalmente diversi tra loro perch si pone, soprattutto, come strumento di invenzione linguistica. Quando si dice che il computer interattivo una macchina virtuale si intende fare riferimento esattamente alle circostanze che si sono finora sinteticamente descritte. Si tratta di una macchina straordinariamente versatile che in grado di diventare, di volta in volta, macchina da scrivere, cinematografo, apparecchio televisivo, tecnigrafo, libro, strumento musicale e cos via. Ma non bisogna mai perdere di vista il fatto che si tratta, comunque, di simulazioni e, dunque, di particolari strumentazioni operative che trasformano la reale natura computazionale della macchina in una particolare situazione (testuale-grafico-acustica) complessa, assumendone pienamente il linguaggio. Su queste premesse di ordine generale si venuta delineando tutta la storia pi recente dei personal computer e la grande variet di applicazioni che questa macchina sembra, allo stato attuale, prospettare.

Macchine ed epistemologia
Si detto, in apertura di questo lavoro, che lincertezza, dovuta essenzialmente al frenetico susseguirsi di avanzamenti tecnologici e prestazionali, domina l informatica. E, forse, proprio in conseguenza di questa circostanza che essa desta grande interesse non tanto perch si pone nei termini di una disciplina da tempo consolidata, quanto piuttosto perch appare come un possibile luogo teorico nel quale pu prendere corpo una discussione profonda e complessa di natura epistemologica. Ma, in realt, che cosa si intende sostenere con questaffermazione? Parafrasando la definizione corrente di epistemologia si pu dire che ogni riflessione circa la natura del computer e della relativa scienza che ne governa la conoscenza e la costruzione - data per certa, come s visto, la natura di complesso linguaggio che ne caratterizza la costituzione - implica, necessariamente, lo studio, consacrato dallesame critico, della natura e del valore della conoscenza scientifica nellambito della gnoseologia30. Dove per gnoseologia da intendersi lindagine e la dottrina filosofica relativa al problema della conoscenza, cio della verifica delle forme e dei limiti dellattivit conosc-

itiva umana. La gnoseologia indaga, dunque, nel campo della conoscenza dal punto di vista filosofico e per questo, porta con s grandi domande come Che cosa e conoscibile e come?, Che cos lente, Che cosa lessere?, e cos via. Una parte della gnoseologia, scienza generale della conoscenza, impostazione universale dello spirito, costituita proprio dallepistemologia. Questa , dunque, una disciplina molto pi circoscritta, suffragata dal lavoro critico, che ha per oggetto, la conoscenza scientifica, del perch e del come si conosce nel campo della scienza. Una volta che si pensi di applicare la strumentazione informatica al campo della progettazione architettonica, ad esempio, ci si imbatter necessariamente nelle domande di portata generale che si sono riportate. E, di conseguenza, ci si trover al cospetto di argomenti che, ancorch di carattere generale, finiscono per riguardarci molto da vicino, perch si possono molto agevolmente coniugare con i problemi di fondo che la disciplina architettonica pone, soprattutto in un periodo di grandi incertezze come quello che, da tempo, ci troviamo a vivere, dopo il progresso forte del Moderno in architettura e la sua recente messa in discussione.31 Ma perch, si potrebbe obiettare, andare a ricercare tutte queste complicazioni, per cos dire, aggiuntive al nostro lavoro di architetti che, di per s, nella particolare congiutura, semplice non appare? Perch, oltre ai tentennamenti che si manifestano alla base delle teorie che, nellepoca attuale, hanno come principale preoccupazione quella di assicurare pieno significato al progetto di architettura, rendere ancora pi complesso un compito che appare gi complicato nella sua formulazione di base? Il motivo di fondo consiste nel fatto che, come si avr modo di verificare nel seguitodi questa discussione, la strumentazione stessa messa a disposizione dallinformatica ad imporlo, nella sua fluidit strutturale e nella sua rapida evoluzione. Il problema principale posto dal computer che esso, in quanto macchina, ha certamente una prevalente natura strumentale ma che, proprio a seguito del fatto di essere una macchina del tutto particolare nella sua concezione e nella sua essenza, travalica immediatamente questa contingenza strumentale per mostrarsi nella sua vera sostanza linguistica. E, come tutte le cose che hanno una qualche connotazione di questo tipo, il computer pone grandi questioni strutturali, intorno alla sua pi efficace e corretta utilizzazione sul piano linguistico, metalinguistico e, pi in generale, epistemologico. In sintesi si pu dire che lapplicazione di un nuovo strumento linguistico, quale il computer , alla progettazione architettonica e tecnologica, pone immediatamente un prob-

Seymour Papert

lema di riorganizzazione del sapere architettonico specifico del quale si sta trattando (e, dunque, propriamente una complessa questione epistemologica) e di tutte le interconnessioni metalinguistiche che si vengono a stabilire tra la progettazione dellarchitettura e la Scienza dei Calcolatori. Tutto quello che s finora detto ci permette di comprendere perch, ad esempio, lutilizzazione delle strumentazioni CAD nella rappresentazione e progettazione dellarchitettura pone in risalto numerosi problemi di conoscenza disciplinare che, al contrario, si erano dati per completamente risolti e che, di fatto, tali non erano. Da questo punto di vista, molte sono le questioni ancora sospese e il territorio di indagine che si offre alla nostra attenzione certamente quasi tutto ancora da definirsi. Dunque il computer pu, nella sostanza, intendersi, tra laltro, anche come un potente mezzo linguistico. Questo appare con immediatezza nella sua stessa definizione che, contrariamente a quanto normalmente si crede, lo identifica, pi che con un efficiente elaboratore di operazioni matematiche complesse, soprattutto e prevalentemente con un potentissimo strumento in grado di manipolare simboli logici. La definizione pi corretta di questo particolare tipo di macchina dovrebbe dunque essere non quella di calcolatore ma quella di manipolatore di informazioni, di linguaggi, di sintassi, di regole grammaticali di comunicazione. Uno degli studiosi che sembrano aver maggiormente approfondito, sul piano generale, gli aspetti semantici ed epistemologici connessi allutilizzazione del computer nellapprendimento e nelluso del linguaggio proprio Seymour Papert che gi prima si ricordava. Allievo di Jean Piaget, matematico di formazione e titolare della Lego Chair for Learning Researche del MIT, Papert ha dedicato prevalentemente la sua attenzione ad approfondite ricerche in campo pedagogico mediante l utilizzazione del computer e dellIntelligenza Artificiale. Un aforisma di Piaget che Papert ama riferire nei suoi scritti suona pressappoco in questo modo: capire vuol dire inventare. Parole che si potrebbero egregiamente applicare alle prospettive di lavoro che sembrano impegnare, nel prossimo futuro, gli architetti: capire (linformatica e, cio, la logica strutturale di un computer) vuol dire, infatti, ripercorrere le tappe evolutive del mestiere dellarchitetto e, dunque, inventare, riflettere, cio, con maggiore attenzione sulle ragioni profonde del progetto di architettura e sperimentarle nuovamente, provare a riscriverle, riponderarle per il tramite di un nuovo metalinguaggio progettuale che , per lappunto, quello suggerito dallo strumento elettronico.

Jean Piaget

Proprio in questo senso si qui richiamata la parola epistemologia e fatto riferimento al lavoro scientifico di un intellettuale come Papert, considerato come uno tra i protagonisti e fondatori della Computer Science e delle nuove strumentazioni al servizio dei processi creativi e progettuali. Papert, oltre ad una storia personale particolarmente interessante e caratterizzata da notevoli innovazioni e scoperte nel campo specifico dellinformatica - come la realizzazione del linguaggio di programmazione per bambini Logo - ha una sua particolare posizione culturale, radicale, di rifiuto del rigido conformismo teorico-ideologico che caratterizza, ovunque, listruzione32; in particolare, la sua critica si appunta, prevalentemente, contro le tradizionali metodologie di insegnamento e formazione intellettuale dei bambini. Uno degli aspetti fondamentali della battaglia scientifica e culturale sostenuta da Papert, nei decenni scorsi, stato soprattutto quello della individuazione e corretta messa a fuoco del ruolo giocato dallelaboratore nei meccanismi di apprendimento dellinfanzia in particolare e, pi in generale, il forte significato che questo strumento ha finito per assumere sul piano epistemologico33. Da questo punto di vista Papert ci fornisce un evidente e sostanziale contributo nel compito che ci siamo qui posti, di comprendere la doppia valenza che lelaboratore assume proprio in virt della sua specifica natura linguistica: esso da un lato si pone come un vero e proprio complesso assieme di strumentazioni metalinguistiche e strutturali che, in quanto tale, ammette le sue regole, il suo corpo normativo ed i suoi principi fondativi; questi devono essere studiati con attenzione per comprenderne luso appropriato e la logica costituiva; dallaltro un potente strumento flessibile ed adattabile ai settori pi disparati e, quindi, pone ulteriori problemi di interfacciamento disciplinare, di definizione, cio, di ampi spazi e territori culturali di transito (in gran parte ancora da inventare) nei quali i nodi e i limiti della macchina si confrontano con i nodi e i limiti della disciplina oggetto di analisi che, nel nostro caso, sono i processi di analisi e progetto dellarchitettura.Questi aspetti appaiono in tutta la loro chiarezza non appena si rifletta, ad esempio, sul valore metalinguistico (sul piano propriamente progettuale) che, come si gi detto in precedenza, una disciplina come la geometria assume nellindividuazione delle matrici e delle valenze spaziali dellarchitettura. A questo proposito, si pu affermare, senza ombra di dubbio, che il metalinguaggio per eccellenza del progetto di architettura la geometria; senza geometria non si d disegno, senza disegno non si d progetto architettonico. Il computer, riguardato sotto questa particolare angolazione critica, rappresenta anchesso un metalinguaggio complesso con le sue regole che neces-

sario conoscere. La geometria, che evolve, nella crescita culturale dellumanit, dal suo primo significato di agrimensura, diventa disciplina pienamente autonoma e, dunque, linguaggio completo costituito da elementi, norme e leggi che ne regolano il funzionamento. Daltro canto il termine disegno, in senso allargato, sinonimo di proposta, piano, progetto; e, dunque, disegnare, tracciare figure in base alle regole della geometria significa progettare. In tutta la storia evolutiva del disegno, come avremo modo di vedere pi innanzi in maniera approfondita, un problema si delinea con insistenza: il tracciamento di figure, quando si ponga come realistica rappresentazione dell oggetto e dellintorno nel quale esso sar collocato, presenta degli aspetti che potremmo definire, per molti versi, drammatici, quello del supporto che irrimediabilmente ed irriducibilmente bidimensionale. Questa circostanza genera un duplice conflitto:
Bernard Berenson

* La necessit di costringere il mondo reale, che possiede tre e pi dimensioni, a quello della rappresentazione che ne ha due. * La necessit di astrarre dalla reale grandezza delloggetto e ricorrere allartifizio delluso della scala del disegno date le limitazioni proprie del supporto di rappresentazione. Si trattato, dunque, per tutta la storia della rappresentazione metalinguistica del progettazione architettonica di un vero e proprio scollamento dimensionale tra quelle proprie del progetto e quelle del mondo concreto. Ed ormai per noi lecito supporre che ad ogni drammatico scollamento strumentale di questo tipo corrisponda, inevitabilmente, un tormentato distacco del pensiero progettante dalla realt, divaricazione che si trasforma immediatamente in un procedere pi complesso, molte volte pi faticoso se non addirittura falsato, dellimmaginazione e della razionalit progettante. Larchitettura ha pienamente subito questa menomazione linguistica anche se la difficolt ha aguzzato lingegno e si ricorsi a stratagemmi, trucchi, veri e propri inganni costruiti ad arte mediante i quali si sono messe in scena delle complesse simulazioni il cui scopo era quello di suggerire la costruzione reale, le valenze effettive che loggetto costruito avrebbe posseduto nel mondo reale. Una situazione che andata avanti per secoli, anche se attraversata da complesse dinamiche perch non sono mancate rivoluzioni che

hanno segnato tappe importanti nellevoluzione: il passaggio dalle tecniche di raffigurazione dellalto medioevo alla prospettiva quattrocentesca, linvenzione, da parte di Giotto, della pittura tonale e tattile, cos come ha suggerito Bernard Berenson34, gli studi sulla prospettiva di Filippo Brunelleschi, Paolo Uccello e Albrecht Drer e cos via, fino a giungere, nellOttocento, alla sistematizzazione assicurata dal metodo delle proiezioni ortogonali di Monge .35 Con lintroduzione delle metodologie analitiche connesse alluso dei computer nelliter progettuale dellarchitettura accade qualcosa di molto singolare. I programmi CAD si basano sui principi della grafica vettoriale e, cio, sulla costruzione, nella memoria centrale dellelaboratore, di un sistema tridimensionale spaziale riferito ad una comune terna di assi cartesiani x,y,z. La questione sostanziale che, nella memoria elettronica, questo sistema realmente una struttura tridimensionale e, cio, ogni entit creata in esso correttamente ubicata nello spazio virtuale del computer. Una considerazione dello stesso Papert ci aiuta a comprendere meglio ci che qui si sta dicendo. Per Papert le teorie sono mondi artificiali:
...E, poich la teoria ci d modo di comprendere meglio il mondo reale si pu dire che il mondo artificiale diventa pi reale della realt stessa. Io non credo che il mondo sia una costruzione delluomo, tuttavia penso che il mondo cos come lo conosciamo non sia altro che una costruzione sociale e personale.36

Schermata di AutoCAD con il tracciamento di una linea

Di conseguenza il mondo tridimensionale costruito da un qualsiasi sistema CAD un mondo artificiale e, dunque, teorico, perfettamente valido sul piano metalinguistico di rappresentazione del progetto e delle idee da cui esso proviene. Ma c di pi: questo mondo ammette come scala di rappresentazione quella reale e, cio, ogni oggetto che di esso fa parte costruito in base al rapporto dimensionale di 1:1; per questo motivo che, quando si parla degli ambienti virtuali costruiti nelle memorie centrali dei computer, si utilizza la parola mondo cos come in precedenza gi si anticipava. Ogni entit mantiene le misure che effettivamente avr nella realt e il sistema di riferimento prende il significativo nome di World Coordinates System (WCS). Non si tratta di surrogati (in scala ridotta e a due dimensioni) di oggetti concreti; si tratta, al contrario, di duplicati (veri e propri cloni) elettronici in tutto e per tutto corrispondenti agli oggetti che saranno costruiti nella realt. Chiunque abbia elementari nozioni di CAD sa che, per immettere una qualsiasi primitiva geometrica allinterno della memoria dellelaboratore, suf-

ficiente fornire le coordinate dei punti notevoli che la individuano; il programma, poi, provvede ad associare ad essi il particolare algoritmo geometrico che la individua univocamente. Questo significa che la restituzione delloggetto sar continua e che lutente potr percorrerlo in una fluida manipolazione, il pi delle volte soltanto concettuale ma anche concretamente tattile se egli sar opportunamente munito dei sistemi immersivi della Realt Virtuale. Dunque v una radicale differenza tra tutta la storia della progettazione precedente lintroduzione dellelaboratore e quella che, a partire da questa circostanza, si proietta verso il futuro. La differenza, come si diceva, sostanziale proprio sul piano metalinguistico. Nel territorio di simulazione nel quale sorge il progetto e nel quale strumentazioni metalinguistiche diverse iniziano la manipolazione dei dati, dei concetti, dei parametri indispensabili e prioritari atti alla giusta previsione di quello che sar loggetto costruito (requisiti, prestazioni, caratteristiche tecnologiche, materiali da adoperarsi, sistemi costruttivi, valenze formali, ecc.) vengono mutate le dimensioni proprie dello spazio del progetto (che si potrebbe definire, in analogia alle strumentazioni, metaspazio) nel quale lopera architettonica inizia a prendere, a poco alla volta, corpo. Il metaspazio ancora pi complesso di quanto a prima vista si possa immaginare perch: I diversi componenti del progetto sono tridimensionali. Essi possono essere modificati in ogni loro caratteristica immediatamente ed in relazione alle condizioni al contorno. Ad ogni elemento componente possono essere attribuite propriet reali come colore, grana e mappatura superficiale, materiali costitutivi, modulo di elasticit, coefficiente di dilatazione lineare, momenti dinerzia rispetto a qualsiasi asse, requisiti sul piano tecnologico e su quello delle possibili prestazioni, descrizioni di parametri aggiuntivi e cos via. Ogni elemento componente pu essere memorizzato in apposite librerie e pu essere richiamato con estrema semplicit ogni volta che questo si renda necessario.
oggetti nello spazio tridimensionale

E ci fermiamo qui; elencare tutte le possibili caratteristiche del metaspazio ci porterebbe troppo lontano.

Appare ora con maggiore evidenza quello che si sosteneva allinizio di questa discussione, come la nuova strumentazione informatica a disposizione del progetto di architettura implichi un profondo ripensamento del modo di fare il progetto. Ma la questione non si chiude qui. Perch, se non ci si limita allanalisi del CAD, v molto di pi.
Dei territori inesplorati non esistono mai mappe affidabili, ma in questo caso abbiamo la possibilit di trarre informazioni importanti dalla storia della creazione e dello sviluppo di unindustria che vale 20 miliardi di dollari, quella del personal computer. Il PC - il suo hardware in continua evoluzione, le applicazioni professionali, i sistemi on-line, le connessioni via Internet, la posta elettronica, i titoli multimediali, gli strumenti di authoring, i giochi - la base della prossima rivoluzione.37

Di Bill Gates, autore delle parole ora riportate, noto tutto; soprattutto il fatto di essere un ex-enfant prodige che, allet di quarantanni luomo pi ricco degli Stati Uniti dAmerica e che deve la sua immensa fortuna economica ai computer. Circostanza che deriva dal fatto di aver genialmente intuito, in unepoca nella quale nessuno ci pensava, lo sviluppo che queste macchine avrebbero avuto in ogni campo delle umane attivit. Analogamente al passato, Gates prevede un futuro ancor pi segnato dallevoluzione dellelaboratore. E su questo punto sono in molti ad esser daccordo con lui. Ma, tornando al nostro discorso, le parole di Gates ci suggeriscono, anche se in parte, una possibile prospettiva futura. E questo futuro (e neanche tanto lontano) quello nel quale un oggetto pu essere presente in una realt elettronica non soltanto come elemento concreto di uno spazio virtuale tramite la geometria CAD, ma anche mediante tutta unaltra serie di dati che possono essere contestualmente presenti nellambiente di studio creato dalle strumentazioni elettroniche. E infatti possibile accostare tra loro metalinguaggi diversi che si occupano di fornire, ognuno, una descrizione delloggetto di studio. In altre parole, appare chiaro come, utilizzando queste nuove strumentazioni linguistiche, il progetto di architettura non potr non essere, inevitabilmente, profondamente influenzato, nel suo percorso logico-procedurale e, dunque, come gi si sottolineava, nelle modalit proprie del pensiero progettante, nellessenza stessa dellarchitettura. La conoscenza, in generale, si uniforma al modo in cui lo strumento (il medium) lorganizza. E qui si apre una grande questione sul senso e il valore di ci che noi chiamiamo strumenti. La considerazione pi importante che va fatta in questa sede che uno strumento non rimane indifferente rispetto alla materia che tratta e, di converso, la materia

non pu non esserne influenzata. Si viene a stabilire, insomma, una corrispondenza biunivoca, un mutuo interscambio dialettico. Lo strumento, in altre parole, finisce per influenzarla, mentre la manipola, in maniera sostanziale. Si dovrebbero, di conseguenza, iniziare discorsi complessi, richiamare il lavoro di linguisti come Noam Chomsky, Mac Luhan fino a giungere allo stesso Martin Heidegger per approfondire opportunamente il senso del valore che linstrumentum acquisisce. In Heidegger, in particolare, lo strumento tecnologico assume un particolare valore sia in quanto strumento che in quanto espressione di una determinata tecnologia. La tecnica, infatti, per Heidegger, assume pienamente il significato di mezzo in vista di ben determinati fini e questa considerazione comporta la domanda: Che cos la strumentalit in se stessa?. La strumentalit non soltanto un mezzo asettico, neutro, ma, afferma Heidegger, un modo del disvelamento, dunque un portatore di significato e, di conseguenza, agente modificatore del senso ultimo dellazione che mediante esso posta in essere.38 Lo strumento tecnologico disvelamento nel senso che mostra aspetti della realt altrimenti non conoscibili. Osservato da questa particolare angolazione, il carattere dello strumento come tramite passivo verso il fine aprioristicamente predeterminato finisce per crollare: lo strumento modifica il processo, modifica il fine ultimo e, dunque, modifica profondamente il significato dellazione delluomo. Gli strumenti, secondo Heidegger, non sono entit passive rispetto ai processi ed alle metodologie di cui entrano a far parte. Anzi, lo strumento, in quanto tale, finisce per condizionare cos profondamente il metodo di analisi da influenzare il pensiero progettante che alla base del processo. Un esempio illuminante fornito dal linguaggio. Una delle tesi pi affascinanti e fondate sostenuta dagli strutturalisti quella secondo la quale noi non pensiamo in un linguaggio differente dalla lingua nella quale siamo abituati ad esprimerci. Quando si formula un pensiero, un concetto che non sia semplice ma che sia frutto di un ragionamento complesso, lo si articola nella propria lingua madre e se non si possiedono le parole adatte il pensiero non riesce ad essere articolato con nitidezza, non assurge a chiarezza. Quanto pi le parole sono essenziali, necessitate e misurate, tanto pi il relativo pensiero chiaro. Questa una delle scoperte fondamentali della linguistica e dello strutturalismo. Ora, il linguaggio, che pu definirsi correttamente come uno strumento per comunicare - uno dei tanti a nostra disposizione -, finisce per essere esso stesso la comunicazione. Queste con-

siderazioni erano, daltro canto, gi sufficientemente chiare ai filosofi dellantichit classica come, ad esempio, Aristotele. Ed proprio a questo punto che si pone la questione del computer in quanto potente strumento linguistico il cui peso sul piano epistemologico gi stato sottolineato pi volte nel corso del discorso che in questa sede si sta conducendo. Il computer, in quanto tale, non pu non modificare il nostro modo di pensare, di organizzare la ricerca, di concepire il sapere scientifico. Se il valore strumentale interviene direttamente nel modo di organizzare il pensiero, ci vuol dire che, ad esempio, il testo scritto (organizzato in modalit sequenziale) al quale siamo da sempre abituati, finisce per strutturare il pensiero in un ben determinato modo: il nostro modo di pensare, in alcune occasioni di studio - nonostante sia prevalentemente di natura associativa - finisce per svolgersi in maniera sequenziale, rigida, poco dialettica. Esso si venuto stratificando e conformando in questo modo lungo il corso della storia - sia individuale che collettiva e culturale - e, ci che pi importante, cos si strutturato come sapere ufficiale, accademico. sistematizzato. Questo particolarmente evidente nelle prime fasi di costruzione della nostra storia culturale individuale. Recentemente intervistato a questo proposito Papert ha fornito una serie di conside razioni che conviene riportare per esteso:
INTERVISTATORE: - Che cos per lei la conoscenza? PAPERT: - Risponder raccontando un aneddoto che riguarda le ricerche di Jean Piaget. Nei suoi primi anni di lavoro chiedeva spesso ai bambini cosa producesse il vento. Una delle risposte pi comuni a questa domanda era che sono gli alberi a produrre il vento. E se ai bambini venivano chieste spiegazioni questi rispondevano muovendo le manine vicino al viso dellinterlocutore facendogli provare che il movimento della mano produce dellaria. Provate ad immaginare se la mano fosse grande come un albero quanto vento produrrebbe e se vi guardate intorno per vedere quanti alberi ci sono facile capire quanto vento possano produrre. Normalmente gli adulti sono contenti di queste risposte perch pensano che i bambini dimostrino di essere intelligenti e che questo sia un buon modo di ragionare. Ma se ladulto un insegnante la sua reazione diversa perch ritiene che il dovere della scuola sia insegnare ai bambini la verit, la vera teoria, con il risultato di soffocare la creativit dei bambini.(...) Una delle applicazioni pi efficaci dei computer allinterno della scuola quella che consente la creazione di mondi artificiali complessi. Invece di dare in pasto ai bambini verit nude e crude occorre dare loro lopportunit di creare micro-ambienti in cui possano evolversi processi di apprendimento secondo direzioni spontanee. I bambini creano in continuazione mondi artificiali, anche senza laiuto di computer. (...) Per sviluppare lapprendimento bisogna dare ai bambini lopportunit di costruire un mondo e farlo funzionare, un mondo del quale possano discutere con gli altri, ragionare, trarre conseguenze, sviluppare ipotesi, verificarle. Senza nulla togliere ai

mondi artificiali costruiti quotidianamente attraverso il gioco e la fantasia il computer pu ampliare lopportunit e la capacit di costruirne altri anche sotto la guida e lo stimolo dellinsegnante.39

Ecco perch chi si formato secondo le modalit del pensiero sequenziale suggerito dai testi scritti, forse vero ma il pi delle volte incapace di scoprire i propri limiti perch sostanzialmente incapace di mettersi in discussione e in crisi, non vede di buon occhio il computer ed il rapporto che i bambini hanno con questa macchina. Ecco perch i ragaz zini interagiscono profondamente con questo strumento, perch esso stato pensato sul loro modo di sentire, di percepire, ma soprattutto perch il pensiero dei bambini non ancora sostanzialmente strutturato sulla cultura libresca e, dunque, come un territorio vergine e di futura maturazione, basato su circuiti logici associativi, immediati, gestaltici, percettivi. La questione , dunque, molto pi complessa di quanto non appaia. Probabilmente sono le basi stesse di una certa cultura che vengono messe in discussione e sembrano andare in crisi. E si tratta di un bene perch, se non altro, finiranno per mettere profondamente in questione, ad esempio, la cultura della televisione che ha gi battuto quella libresca sostituendo alla profondit sequenziale di questa una superficialit sterminata, una vera e propria spazzatura di opinioni assolutamente non fondate su una bench minima concettualizzazione. Il pensiero televisivo sintetico; ma si tratta di una sintesi assolutamente superficiale, epidermica e per questo non adeguata alla profondit ed alla complessit del mondo reale, sostituendo a questo uno scenario di apparenza fittizia e fuorviante. E dunque un bene che al pensiero televisivo si vada si vada sostituendo quello del computer, almeno nelle generazioni pi giovani, perch questultimo appare infinitamente pi complesso, articolato e libero. Ma, torniamo al nostro discorso sul progetto di architettura e le modifiche che il computer, in quanto strumento, pu apportare ad esso. Le possibilit di manipolazione delloggetto che si va man mano a formare, il controllo contestuale e dinamico dei punti di osservazione e del movimento che si pu attribuire alloggetto, a parti di esso o allosservatore che, per cos dire, viaggia allinterno dellarchitettura in formazione, lintercambiabilit dei materiali di mappatura delle superfici, la possibilit di attribuire e riconoscere le caratteristiche statiche dei componenti, il controllo tecnologico di ogni fase di assemblaggio, la disposizione spaziale dei componenti in sistemi edilizi complessi per il raggiungimento di ben precisi equilibri figurativi, statici e di bilancio complessivo delle

forze effettivamente in gioco, la possibilit di valutare con maggiore approfondimento quella che, troppo sinteticamente, definita resistenza di forma, la possibilit di mettere in piedi modelli di comportamento dei materiali basandosi su schemi che simulino leffettivo andamento delle tensioni piuttosto che lutilizzo di modelli matematici interpretativi (vere e proprie simulazioni sperimentali di campo) e cos via, tutto ci, questo bagaglio complesso di informazioni che possono essere immagazzinate in ogni oggetto della memoria, viene a costituire il materiale a disposizione del progettista in un unico ambiente virtuale di lavoro.40 Il secondo aspetto, la flessibilit di impiego , che poi quello pi evidente, d conto di come questo particolare strumento interagisca con i vari settori del sapere. Nel caso che ci riguarda, il problema epistemologico che si viene configurando pu, allora, definirsi come quello di un ripensamento approfondito e circostanziato dei principi e delle regole che caratterizzano il processo analitico-progettuale dellarchitettura compiuto attraverso la complessa mediazione linguistica rappresentata dallelaboratore digitale. Ecco perch non corretto n utile ridurre tutto ci di cui ci si occupa in sede di Progettazione Assistita allo studio delle specifiche procedure del CAD. Il CAD rappresenta certamente un capitolo fondamentale ed importante nello studio delle interazioni possibili tra il computer ed il progetto di architettura ma non certamente lunico ed esclusivo. Largomento vero intorno al quale si possono concentrare le nuove riflessioni teoriche rappresentato dal progetto di architettura, con una particolare attenzione rivolta alle sue valenze tecnologiche. Il discorso ha come suo principale argomento larchitettura perch, ragionando del computer, si utilizza questa macchina e la sua logica per studiare, nella maniera pi approfondita possibile, le specifiche caratteristiche del progetto. Si tratta, dunque, di un processo in qualche modo analogo a quello messo in moto da Papert che, utilizzando il computer nella sua piena valenza linguistica e semantica, finisce per approfondire, attraverso il linguaggio, la conoscenza dei comportamenti mentali e conoscitivi dei bambini. Loggetto del suo studio non , dunque, il computer ma il particolare processo di apprendimento che i bambini mettono in atto per conoscere, esperire ed impadronirsi del mondo. E dunque, soltanto in apparenza loggetto dello studio che qui si propone la macchina elettronica e il suo linguaggio, le sue regole. Tramite essa si , in qualche modo, spinti ad approfondire quel particolare modo di esperire il mondo (la citt) ed impadronirsene

(progettare), tipico degli architetti, tenendo in opportuna considerazione anche quelli del passato. Il parallelo che si istituisce tra i rapporti progettisti-computer e bambini-computer ci spinge ad approfondire questultimo, a tentare di capirne di pi. A questo proposito stato scritto, tra laltro, che:
Fuori dalla scuola, il rapporto tra le nuove generazioni e il computer ben pi profondo e coinvolgente. I bambini - afferma Papert - considerano il computer cosa loro. Molti hanno osservato che i bambini si trovano pi a loro agio con le macchine che con i genitori e con gli insegnanti. Che cosa sta dietro questa relazione damore? Sar possibile guidarla verso forme costruttive o ci gi sfuggita di mano?

Il computer, prosegue Papert, entrato, fin dallinizio, nella didattica in maniera dirompente ma stato privato della sua carica, per cos dire, eversiva nei confronti dellinsegnamento tradizionale perch stato congelato in apposite camere asettiche ed isolate dal lavoro di ogni giorno che vanno sotto il nome di laboratori informatici nei quali il loro uso viene distorto, profondamente frainteso e mistificato, pi oggetti di culto che reali strumenti, sostanzialmente separati dalla pratica quotidiana dellapprendimento, perdendo, in questo modo, la loro funzione pi importante, metalinguistica, epistemologica. Lanalisi di Papert, sinteticamente riportata, presenta molti aspetti di verit perch indubbio che i bambini, ancorch piccolissimi di et, hanno un rapporto immediato con un oggetto cos complesso quale un computer che, al contrario, appare astruso ed incute un vero e proprio timore reverenziale nelle persone pi adulte che, in genere, rifiutano il rapporto con la macchina. Perch questo accade? La spiegazione reale e razionale che il computer moderno stato progettato in maniera da presentare uninterfaccia amichevole soprattutto verso i bambini, tagliata a misura sul loro specifico modo di apprendere. Di conseguenza, i bambini si trovano a loro agio su questo tipo di macchina perch essa stata pensata, progettata, architettata, organizzata da intellettuali come Papert che, da epistemologi e sulla suggestione delle metodiche ispirate da Jean Piaget, hanno messo a fuoco ed inventato lo stile generale del linguaggio dei computer, perch queste macchine fossero in grado di rapportarsi con utenti che non sapessero n leggere, n scrivere. Ecco perch sono particolarmente amate dai bambini; esse permettono lesplorazione di grandi mondi fantastici, consentendo lidentificazione dellutente come protagonista di storie, nelle quali presente un grande lavoro intellettuale, di abilit e strategia che avviene senza la medi-

azione faticosa del linguaggio scritto e delleducazione sclerotica scolastica tradizionale. Si assiste, dunque, al paradosso che bambini, anche molto piccoli di et, sono in grado di lavorare con un computer anche senza sapere n leggere, n scrivere. Ci, in altri termini, significa che questo tipo di macchina in grado di trasmettere conoscenza senza far ricorso alla mediazione della scrittura e della lettura del linguaggio strutturato tradizionale. La mediazione della scrittura e della lettura , di fatto, una mediazione difficile ed ostica per un bambino. Queste circostanze devono indurre alla riflessione. La prima considerazione da farsi riguarda le grandi rivoluzioni nel campo delle comunicazioni che si sono avute nel corso della storia dellumanit. La prima, forse, quella basata sui messaggi di fumo che erano in grado di trasmettere significati su grandi distanze. La seconda grande rivoluzione, dal punto di vista comunicativo, stata quella dovuta alla stampa e, quindi, alla possibilit di diffusione della scrittura su vasta scala intesa come sistema universale di trasmissione della conoscenza e del sapere. La terza rivoluzione quella delle telecomunicazioni, basata, principalmente, sul medium televisivo. La quarta, quella che sembra la pi importante anche e soprattutto dal punto di vista epistemologico, che rappresenta un vero e proprio totale sovvertimento di ogni metodologia finora consolidatasi nella prassi, quella informatica che si fonda sulluso massiccio del computer. Dunque il bambino, per cos dire, parla naturalmente con il computer perch utilizza un sistema di apprendimento che tagliato su di lui, sul suo modo di intendere il mondo, i suoi desideri, le sue aspettative. Il bambino, afferma Piaget, quando nasce riesce a riconoscere facilmente limmagine di un volto che non qualcosa fortemente caratterizzata - ad esempio da colori vivaci - ma dalla forma astratta. Questo vuol dire che i meccanismi che sono alla base dei processi di conoscenza ed apprendimento dei bambini sono complessi e basati, soprattutto, sul riconoscimento e la decifrazione di immagini considerate nel loro assieme. Questa circostanza metterebbe in cattiva luce i tipici processi di insegnamento basati sullastrazione almeno nelle prime fasi di apprendimento in et prescolare e scolare. Queste osservazioni portano alla possibilit di strutturare semplici messaggi per immagini grafiche o, come si dice in linguaggio informatico, per icone. La storia individuale di ognuno di noi ci insegna che impariamo ad esperire il mondo decifrandone le forme semplici ed elementari, primancora che si mettano in moto i processi di articolazione della voce e la comprensione dei fonemi. Questa

storia individuale ripercorre, ogni volta, la storia generale dellumanit che presente, daltro canto, in forma archetipica e primordiale in ognuno di noi. La storia culturale dellumanit stata segnata da stadi differenti di apprendimento; in questa sua lenta evoluzione, uno dei primi stadi si basato su una cultura visiva, di discernimento delle immagini e delle forme decifrate come segnali che indicavano, di volta in volta, il pericolo o laffidabilit di tutto ci che circondava luomo. Un meccanismo di apprendimento semplice, immediato ma fondamentale per la sopravvivenza del singolo individuo e della specie. Per farla breve, i bambini sono in grado di orizzontarsi molto bene tra le immagini e imparano prima a disegnare e poi a scrivere. Sono molto pi bravi a disegnare dei pupazzetti, figure comunque complesse, che non i simboli astratti dellalfabeto. Ma losservazione che alla base del disegno del pupazzetto complessa e nientaffatto immediata come potrebbe sembrare a prima vista. Ricostruire gli equilibri che connettono le varie parti tra loro, tentare di stabilire le proporzioni, le connessioni funzionali, le relazioni dordine non certamente facile, n immediato. Eppure un lavoro che il bambino compie prima di imparare la logica astratta che determina la forma dei caratteri dellalfabeto e la relazione che lega questi ai suoni emessi dalla glottide ed articolati dalla bocca, dalla lingua e dai risonatori acustici corporei dei quali facciamo uso per amplificare e modulare i suoni ed il fiato necessario a produrli. Dunque, la capacit creativa che sottintesa nella creazione grafica di un semplice pupazzetto notevole e, altres, complesso il lavoro mentale che ne alla base. Partendo da queste considerazioni si pu tentare di generalizzare e dire che il modo grafico-gestaltico precedente a quello logico-astratto-alfabetico ed pi radicato, istintivamente, nella natura delluomo.

La Macchina Analitica: un possibile modello dellintelligenza-logica


E utile, a questo punto, tentare di comprendere, anche se per sommi capi, le origini e le tematiche di fondo che caratterizzano la Scienza dei Calcolatori. Innanzitutto va detto che anche se i calcolatori sono macchine costruite per la computazione, adatte a lavorare, cio, con i numeri, esse, come si gi avuto modo di anticipare, acquistano pieno significato soprattutto su di un piano linguistico-pluridisciplinare. I primi costruttori di computer volevano che queste particolari macchine potessero

lavorare sul piano logico oltre che su quello strettamente computazionale. Ricostruire i passi salienti di questa storia il compito che ora ci si propone. Tutto quello che finora si detto intorno alla storia pi recente degli elaboratori elettronici rappresenta, infatti, la fase finale di un processo evolutivo che ha inizio nel 1640 circa. Escludendo sia il pallottoliere che labaco, conosciuti fin dallantichit, e di uso frequentissimo presso i romani, dallinsieme di strumenti costruiti dalluomo per avere un aiuto nello sviluppo di calcoli matematici, il primo esempio di oggetto costruito in grado di eseguire in maniera automatica alcune operazioni elementari dovuto al genio di un matematico filosofo quale Blaise Pascal. La machine darithmtique inventata da Pascal fu poi pi comunemente chiamata pascalina41. Questa macchina era in grado di effettuare soltanto addizioni e sottrazioni. Nel 1671 Gottfried Leibniz ampli il progetto iniziale di Pascal, realizzando una macchina che era in grado di eseguire anche moltiplicazioni e divisioni, che fu da lui definitivamente perfezionata nel 1694. Ma si tratta, comunque, di macchine calcolatrici in grado, cio di manipolare soltanto numeri e non simboli. Il numero non stata una conquista immediata delluomo; stato necessario un laborioso lavoro intellettuale perch fosse possibile impadronirsi del numero e del suo significato:
Il primo passo verso la conquista del numero il riconoscimento della corrispondenza biunivoca; un sassolino, una pecora; due sassolini, due pecore... Con i sassolini si pu giungere a rappresentare quantit notevoli, a condizione di poter stabilire la corrispondenza biunivoca in modo sicuro e di non perdere poi i sassolini stessi. Un passo importante per la costruzione mentale di un sistema numerico la capacit di superare lo stadio fisiologico o percettivo, per arrivare a dominare una quantit maggiore (6,7...). Le cinque dita di una mano sembrano fatte apposta per fornire allocchio il punto di appoggio per recepire e memorizzare qualcosa in pi. La facilit di memorizzazione legata alla struttura stessa del nostro modo di pensare; infatti, le figure formate da una mano con dita distese o piegate possono essere memorizzate come tali, anche senza avere ben chiaro il significato del gesto; ci perch la nostra specie, come dice Arnheim, ha una capacit di pensiero molto legata alla facolt visiva e alla elaborazione di immagini, come stadio precedente alla memorizzazione di concetti sotto forma di parole.42

Il calcolo , dunque, unoperazione di confronto. Per ottenere il pieno dominio logico dellastrazione applicata al campo della geometria - bisogna attendere la cultura greca. I primi strumenti utilizzati dalluomo per aiutarsi nelle operazioni di calcolo sono, dopo le dita, labaco e il pallottoliere.

E soltanto agli inizi del 1800 che ci si pone in maniera problematica il problema del calcolo automatico con forti implicazioni nella logica. Il fondatore di questa disciplina certamente Charles Babbage che, per primo, dal 1829 al 1839 pens al progetto di una macchina che fosse in grado di eseguire automaticamente dei calcoli; questo congegno destinato a rimanere solo un progetto - venne da lui denominato Macchina Analitica43. Nel 1840 Babbage, in una serie di conferenze, present la sua macchina allaccademia militare di Torino. Un professore di matematica italiano, Luigi Menabrea, rimase a tal punto colpito dallintelligenza dellidea di Babbage che ne stese un dettagliato resoconto che, con lautorizzazione dello stesso Babbage, e una presentazione e lopera di traduzione di Ada Lovelace, il primo documento scientifico esaustivo sulla struttura e i principi di funzionamento del primo prototipo logico dellelaboratore moderno44. Ada Lovelace, figlia del poeta Byron, era una matematica di primo piano ed era anche assistente di Babbage. Fu lei a predire, in un articolo del 1843 , che la Macchina Analitica, nel futuro, si sarebbe trasformata in un oggetto in grado di manipolare dati di qualsiasi natura, spaziando dalla musica alla grafica, sia in campo teorico che in quello delle pratiche applicazioni.45 Naturalmente quelle di Babbage furono, per la maggior parte, brillantissime anticipazioni che non poterono realizzarsi se non in minima parte. Lostacolo principale, come si pu facilmente immaginare, fu la mancanza di una tecnologia di base atta a realizzare lhardware. Sul perch dellirrealizzabilit del progetto di Babbage si espresso, circa dopo un secolo, con chiarezza Alan Turing:
Sebbene Babbage avesse tutte le idee essenziali, la sua macchina a quel tempo non lasciava prevedere prospettive molto attraenti. Le velocit disponibili sarebbero state certamente superiori a quelle di un calcolatore umano, ma allincirca 100 volte inferiori a quelle della macchina di Manchester, una delle macchine moderne pi lente. La memoria doveva essere puramente meccanica, a base di ingranaggi e schede.46

Della Macchina Analitica furono concretamente costruite soltanto alcune parti. Essa rimase, conseguentemente, a livello di grande progetto irrealizzato in chiaro anticipo sui tempi; una vera e propria utopia, dunque, come si evince anche dallo stile degli scritti di Babbage e dei suoi discepoli.
Ada Lovelace Babbage i suoi discepoli, fra i quali figura la contessa di Lovelace, erano degli autentici utopisti. Nei loro

scritti spesso ritroviamo delle espressioni di una visione del mondo in anticipo di un secolo. Se la Macchina analitica fosse stata costruita avrebbe rappresentato il primo computer, ma Babbage stava cercando di trarre da un meccanismo a orologeria un congegno che in realt appartiene allera dellelettronica. Il suo rifiuto di accettare le limitazioni pratiche dei materiali con i quali lavorava e dellepoca in cui viveva tipico di un utopista.47

Il nome di Alan Turing legato anche a quello di Enigma, la macchinetta per crittografare messaggi e ordini militari adoperata dai tedeschi durante lulimo conflitto mondiale. Turing, segretamente coinvolto dallIntelligence britannica, ebbe il compito di forzare i meccanismi di questo marchingegno, cosa cui si dedic con successo, contribuendo, in maniera notevole, alla lotta contro i tedeschi ed alla loro disfatta.

Dunque Turing sostiene che quella di Babbage unutopia. Si tratta, quindi, prima ancora che scienza in senso stretto, di un atto di pensiero, di un vero e proprio filosofare. Per inciso, molto interessante notare come la disciplina della quale stiamo qui rintracciando le origini, affondi le sue radici non soltanto nella matematica ma, per lappunto, anche nella filosofia. Ed proprio questa che finisce per giocare un ruolo non secondario nella sua definizione. Daltro canto gi apparso evidente, in tutto quello che si gi detto, il significato che il calcolatore assume sul piano epistemologico e linguistico. Ci che va adesso ricordato la circostanza che quelli che ne parlano con maggiore dovizia di particolari e ricchezza di argomentazioni sono, soprattutto, letterati, psicologi, psichiatri, filosofi. Le pi interessanti applicazioni della scienza dellelaboratore allintelligenza artificiale vanno, infatti, dalla psichiatria48 alla politologia49, alla psicologia infantile e cos via. In generale, poi, le riflessioni dei matematici, fondatori della scienza dei calcolatori, confinano direttamente con la biologia e la filosofia. E, dunque, sembra corretto dedurre, da tutto ci, che alla base di questa costruzione intellettuale vi sia, oltre che un generale interesse conoscitivo, un complesso groviglio di discipline diverse; ma non basta: le date dinizio (i primi decenni dell800), il clima e gli ambienti culturali (Ada Lovelace, figlia del poeta Byron), le tensioni ideali che traspaiono dalle descrizioni di Menabrea e dallimpegno culturale della stessa Lovelace e di Babbage fanno s che questa nuova disciplina affondi le sue radici direttamente nel pieno del Romanticismo. Non sembra, dunque, essere casuale che in questa stessa koin culturale nasca la mitologia delluomo-macchina, vero e proprio patchwork di pezzi da buttare, come si gi posto in risalto in precedenza - concettualmente un pasticcio spurio, per lappunto, di apporti di diversa provenienza logica, concettuale, disciplinare - il Frankestein di Mary Schelley. Babbage pensa alla sua macchina computazionale programmabile come ad un complesso congegno meccanico, avendo assunto come suo fondamentale modello ispiratore la meccanica di precisione degli orologi, vero e proprio mito macchinista ed illuministico del 700.

John von Neumann

Babbage inventa, in maniera davvero geniale, uno schema di funzionamento per la Macchina Analitica che fortemente in anticipo sui tempi e nei confronti delle tecnologie della sua epoca, vera utopia intesa nel suo significato pi pieno e progressivo di meccanismo di pensiero in grado di anticipare il futuro50. Lo schema ideato da Babbage , infatti, poi quello che sar fatto proprio da von Neumann che universalmente riconosciuto come il vero fondatore della moderna scienza dei computer. Lo schema di von Neumann costituito come un insieme composto da pi parti ad ognuna delle quali viene affidata una ben individuata funzione. Esse, in sintesi, sono: la memoria, lunit operativa, i circuiti (o congegni) di immissione ed emissione dei dati e la possibilit di memorizzare le operazioni da eseguire. Lidea rivoluzionaria di Babbage, che marca la sostanziale differenza tra la Macchina Analitica dal congegno ideato da Pascal, era tutta incentrata su questultima particolarit: memorizzare le operazioni da eseguire. Ci significa realizzare un calcolatore programmabile. La pascalina al contrario, non altro che un assieme di ingranaggi moltiplicatori in grado di effettuare il riporto e, cio, la concretizzazione fisica, mediante ruote dentate, del sistema decimale di rappresentazione delle entit numeriche.51 La Macchina Analitica di Babbage , dunque, un complesso organismo programmabile e, cio, nella sostanza un moderno computer. Anche se la Macchina non fu materialmente costruita tratte alcuni elementi componenti, gi allepoca si apr la discussione intorno al fatto se un simile marchingegno potesse essere definito intelligente e, cio, se fosse capace di produrre un qualcosa che si potesse assimilare al pensiero delluomo. Questo, poi, anche un punto fondamentale intorno al quale ha ruotato tutta la costruzione del computer fino ad oggi: lidea che fosse, in qualche modo, possibile ricreare in maniera artificiale, sintetica, il pensiero delluomo, il suo procedere e districarsi tra le varie questioni che si pongono nella sua crescita culturale. Il computer, dunque, sembrerebbe porsi, sul piano simbolico, come una possibile metafora dellintelligenza. O, meglio, la possibilit di creare una forma artificiale di pensiero a delinearsi come una delle caratteristiche pi importanti dei computer. Proprio in conseguenza di questultimo aspetto, a detta di molti, il computer avrebbe tanto potere di suggestione nei confronti dellimmaginario moderno. Per Bolter, ad esempio, non luomo a voler rendere il computer a sua immagine e somiglianza, ma esattamente il contrario: luomo a volersi ridurre macchina, identificando in questa un ideale di perfezione e razionalit. Ci sarebbe di che riflettere su questa conclusione sconcertante. Il mito di

Frankenstein assumerebbe una nuova, inquietante colorazione verso una sorta di maledizione-perversione e volont di trasmutazione propria delluomo moderno e cos pure tutta la tematica delluomo-macchina nella letteratura a cominciare da Lamettrie fino a giungere allIo-robot di Asimov.[ Ma proseguire in queste argomentazioni ci porterebbe molto lontano dagli obbiettivi pi circoscritti del discorso che si svolge in questa sede. In ogni caso, quella relativa al computer , per utilizzare unespressione di David Bolter, una tecnologia caratterizzante della nostra epoca. Bolter, infatti, anni addietro, gi sottolineava il valore culturale di uno strumento potente quale lelaboratore elettronico ; in unimmagine molto suggestiva egli esemplificava la sua convinzione secondo la quale alcune tecnologie - che non mancava di definire, per lappunto, caratterizzanti - finiscono per influenzare profondamente la cultura e la visione del mondo di intere epoche che in esse si rispecchiano e si identificano.
Pensate ad una xilografia o a un dipinto che rappresenti un monaco scolastico vissuto nel tardo Medioevo. Immaginatevi luomo vestito con la tonaca, circondato da preziosi libri in una piccola cella e, magari, attraverso una finestra qualche particolare dei giardini del monastero. Siede o sta in piedi a un alto banco inclinato che regge uno o due grandi volumi. Forse sta componendo un trattato, oppure sta copiando laboriosamente un manoscritto. Lavora a lume di candela, o alla luce del giorno. Dietro di lui, sulla parete, appeso un astrolabio o un compasso. Non difficile immaginare che ogni elemento di tale quadro ha un certo rapporto tanto con il pensiero metafisico quanto con il pensiero comune di uno scolastico medioevale o rinascimentale. Labito e la cella stessi sono rappresentativi delle condizioni sociali nel cui ambito fior la dottrina scolastica: il loro rapporto ovvio. Lo stile e pure lalfabeto con i quali scrive; la pergamena che usa; il copiare da manoscritti, piuttosto che da libri stampati; lautorit delle poche opere di cui in possesso; lassenza della fidata luce elettrica; la qualit degli strumenti, anche scientifici, di cui dispone: tutti questi elementi influenzano il suo lavoro. Un quadro non pu descrivere completamente un modo di vita, eppure se ci fosse possibile entrare in tale cella, toccare i libri e gli strumenti, oppure camminare per i giardini di un monastero prima della Riforma e dellinvenzione della stampa, saremmo chiaramente agevolati nella comprensione dei Compendi, dei Commentari Biblici, dei Trattati sulla logica e degli epistolari che sono giunti fino a noi.52

Quella ora descritta uneloquente immagine archetipica della tecnologia trainante dellepoca Medioevale e della Cultura ad essa connessa. Cos, allo stesso modo:
La prossima immagine archetipica sar una fotografia di uno scienziato o di un filosofo seduto a un terminale di un computer. Di fronte a lui lo schermo televisivo sul quale appariranno le parole composte sulla

tastiera. La stanza sar scarsamente illuminata, poich le parole e i diagrammi sullo schermo saranno di per s luminosi, e quasi nuda, poich la maggior parte dei rapporti e degli strumenti di lavoro saranno incorporati nel computer stesso. I dispositivi di memoria conterranno i risultati sperimentali o i testi letterari; i programmi duplicheranno i testi e presenteranno i risultati in formati leggibili. Il cursore lampeggiante sullo schermo, ben pi comodo del medioevale stilo dello scrivano, canceller gli errori.... Lo scienziato o il filosofo che lavorano con tali strumenti elettronici penseranno in modo diverso da coloro i quali hanno lavorato alle consuete scrivanie con carta e matita, con lo stilo e la pergamena o con il papiro. Sceglieranno problemi diversi e saranno soddisfatti di soluzioni diverse.53

La citazione ora riportata, d credito alla tesi dalla quale siamo partiti; quella secondo cui il computer uno strumento metalinguistico di fondamentale importanza per la nostra cultura o, per dirla con Bolter, una tecnologia caratterizzante della nostra epoca. La definizione stessa adoperata da Bolter sintomatica perch individua luomo del duemila come uomo di Turing, riferendosi, evidentemente, ad Alan Turing, che pu essere considerato il vero padre della moderna Macchina Analitica. In altre parole, una tecnologia caratterizzante pu definirsi come quella serie pi o meno complessa di artifici - o, meglio, artefatti opera dellingegno umano - che finisce per connotare ed influenzare profondamente lo spirito di unintera epoca storica: lorologio, ad esempio, limmagine del 700; il meccanismo ad orologeria fornisce uneloquente metafora trainante dellilluminismo e del suo spirito classificatorio che si concretizza nella costruzione dellEnciclopedia come raccolta somma di tutte le umane conoscenze. Inoltre Bolter, ci dicendo, ci viene in aiuto nellindividuazione di quellarea disciplinareculturale che si sta qui tentando di delineare, rappresentata dalle possibili interazioni logico-culturali tra informatica e architettura. La questione viene complicata, inoltre, dalla circostanza che, per definizione, ci si trova ad avere a che fare con una disciplina, quale larchitettura , certamente ambigua. Materia ambigua perch, da un lato, affonda le sue radici nella scienza e nella tecnologia e, dallaltra, perch confina immediatamente con la storia e con il territorio dellespressivit artistica e, dunque, con le discipline umanistiche. Il termine ambiguit va, naturalmente, interpretato alla lettera, riferito, cio, ad una disciplina che vede il suo statuto distendersi da un confine allaltro, condividendo le sorti di aree disciplinari normalmente ritenute tra loro in conflitto secondo la tradizionale suddivisione che viene operata nel campo della cultura moderna ed occidentale. Larchitettura, di conseguenza, sarebbe - da questo punto di vista - per met umanistica e per met scientifica. Il mestiere

di architetto, poi, si verrebbe a configurare come una sorta di coperta troppo stretta che, ognuno, tecnologo, compositivo o artista che sia, tende a tirare tutta dal suo lato. Ma David Bolter offre una lettura sulla quale sar, in generale, conveniente riflettere:
Gli scienziati, inclusi coloro che si occupano di scienze applicate e gli ingegneri, possiedono scarse nozioni di storia e filosofia. Gli umanisti, generalmente, imparano delle scienze solo il minimo indispensabile. Tra i molti tentativi fatti per colmare tale lacuna si pu annoverare anche questo libro. La mia scelta di scrivere sui computer fu dettata dalla convinzione che queste macchine debbano essere, e saranno, in grado di fornire il pi saldo ponte tra il mondo delle scienze e i mondi tradizionali della filosofia, della storia e dellarte. Il computer un mezzo di comunicazione oltre che uno strumento scientifico, e pu essere utilizzato tanto dagli umanisti quanto dagli scienziati. Come nessuna altra macchina precedente, introduce concetti di fisica, matematica e logica nel mondo umanistico. Allo stesso modo pu anche trasmettere pensieri artistici e filosofici in campo scientifico. In altre parole, ho cercato di riconoscere e favorire un processo, gi iniziato, di fertilizzazione incrociata.54

Niente pi e niente meno che un autorevole e sintetico parere sostanzialmente coincidente con quanto si tentato di sostenere fin dallinizio.

NOTE
1 Edgard Morgan FORSTER, 1929, The Machine Stops, in The Eternal Moment and Other Stories, New York, Harourt Brace Jovanovich; t.i., La macchina si ferma, in Racconti, Milano 1988. 2 Mary SHELLEY, Frankestein or the Modern Prometheus, 1818, t.i. di M.Premoli, Opportunity Books, Milano, 1995. 3 Il nome HAL un chiaro riferimento al Big Blue, lIBM. Infatti le lettere che compongono il nome del computer di 2001 precedono di un posto quelle della societ produttrice di computer e software. 4 Joseph WEIZENBAUM, Computer Power and Human Reason, From Judgment to Calculation, Freeman and Company, 1976; t.i. di F.Tibone, Il potere del computer e la ragione umana, i limiti dellintelligenza artificiale, Ed. Gruppo Abele, Torino, 1987, p.11. Per unutile informazione sui limiti e le prospettive dellIntelligenza Artificiale cfr. Margaret A. BODEN, Artificial intelligence and natural man, 1987, MIT Press, Cambridge MASS., t.i. Intelligenza umana e intelligenza artificiale, Tecniche Nuove, Milano, 1993 e Danilo FUM, Intelligenza artificiale, Il Mulino, Bologna, 1994. Altri testi interessanti sono: Patrizia TABOSSI, Intelligenza naturale e intelligenza artificiale, Il Mulino, Bologna, 1998; Luigia CARLUCCI AIELLO, Marta CIALDEA MAYER, Invito allintelligenza artificiale, Angeli, Milano, 1995. 5 Per avere unidea di come funzioni il programma ELIZA 6 Joseph WEIZENBAUM, op.cit., pp.22-25

7 Unindagine della Microsoft diretta ad un pubblico di bambini fornisce una conferma di questo modo di intendere il computer come una grande scatola dei sogni. Cfr. Furio COLOMBO, Confucio nel computer, memoria accidentale del futuro, Rizzoli, Milano 1995, p. 162 e ss. Ci sono modi diversi per interpretare questo esperimento, da cui Microsoft si aspettava soprattutto suggerimenti di produzione e di mercato. C un evidente senso di solitudine, c la tendenza a chiedere tutto al computer, come se il territorio del computer fosse il solo abitato da una presenza benevola o almeno disposta ad occuparsi del bambino o della bambina che interroga. p.164. 8 WEIZENBAUM, op.cit., p.28 9 ibidem, p.30 10 Franco LA CECLA, Introduzione a WEIZENBAUM, op.cit., p.6 11 In realt il lavoro di Negroponte in questa direzione lultimo esito di un complesso sforzo di riflessione sullargomento portato avanti, nel tempo, da diversi studiosi di forte rilievo. Il primo ad occuparsi delle modalit di pensiero delluomo una volta che questi si avvalesse delluso di una macchina potente come un elaboratore stato Vannevar BUSH nel suo famosissimo saggio del 1945 As we may think; altri lavori estremamente importanti in questa senso sono: J.C.R. LICKLIDER, Man-Computer Symbiosis , in IRE Transactions on Human Factors in Electronics, vol. HFE-1, marzo 1960 e Douglas C. ENGELBART, Augmenting Human Intellect: a Conceptual Framework, Air Force Office of Scientific Research, Stanford Research Institute, Menlo Park, Ca., October 1962. 12 Nicholas NEGROPONTE, The Architecture Machine, cit., p.31 e ss. 13 Nicholas NEGROPONTE, op.cit., p.31. 14 J.C.R. LICKLIDER, Man-Computer Symbiosis, cit. (trad.mia). 15 Howard REINGOLD, Virtual Reality, New York 1992, t.i. di V Saggini, Baskerville, Bologna 1993, . p.102 16 Howard RHEINGOLD, op.cit., pp.100-101 17 J.C.R.LICKLIDER, op.cit. 18 Il testo originale di Douglas ENGELBART, A Conceptual Framework for Augumenting Mans Intellect, apparso anche in P HOWERTON, Vistas in Information-Handling, vol.I, Washington D.C., Spartan .W. Books, 1963. 19 Anche il lavoro di Negroponte, La macchina per larchitettura, letto oggi, mostra il suo carattere profetico. 20 Questi aspetti della questione ed altri altrettanto importanti sono affrontati nel lavoro di Arcangelo CASILLO, Dal sassolino alla citt (virtuale), nel n. 3 di Progettazione Urbana, Napoli, 1995. 21 Gli studi significativi che hanno messo in crisi, in qualche maniera, le tematiche tipiche della cosiddetta intelligenza artificiale forte sono ormai numerosi. Oltre al gi citato lavoro di Weizenbaum vale la pena leggere anche il contributo di un filosofo come Hubert L.DREYFUS, What Computers cant do. The limits of Artificial Intelligence, 1972 New York; t.i. di G.Alessandrini, Armando ed., Roma, 1988. Per avere unidea delle aspettative (e delle illusioni) riposte in questo particolare settore dellInformatica si rimanda a di Peter BISHOP, Fifth generation computers, concepts, implementations and uses, 1986, Ellis Horwood Limited, t.i. di M.Collautti, I calcolatori della quinta generazione, ricerche, strutture, linguaggi, Muzzio, Padova 1988.

22 Che, nel caso particolare di Piaget, il processo dellapprendimento del bambino sia un qualcosa di estremamente complesso paragonabile, per lappunto, ad un percorso esplorativo una convinzione maturata col tempo e mediante un meticoloso procedimento di analisi delle risposte e dei comportamenti mentali dei bambini. Scrive, a questo proposito, in maniera sintetica e illuminante Maurice Reuchlin: [Le osservazioni di tutti i suoi precedenti studi] ... non bastano pi allo psicologo Piaget (che peraltro spiega levoluzione dei suoi interessi in Sagesse et illusions de la philosophie, 1965): il bambino non pu esprimere tutto quello che lo psicologo vuole sapere, difficile distinguere ci che dice per gioco da ci che crede veramente, per cui bisogna far ricorso a ci che Piaget chiama esame clinico. Egli controlla le sue ipotesi nel corso di conversazioni condotte abilmente, che gli permettono di raccogliere le reazioni del soggetto, lasciandosi in parte guidare da lui, per ritrovare, nellinsieme del dialogo, il significato che ha, per il soggetto, quella particolare risposta. (...) Le risposte sono raccolte e raggruppate in stadi che caratterizzano, a determinate et, il passaggio ad una forma pi evoluta di ragionamento. In questo modo Piaget studia nel bambino il giudizio e il ragionamento (1924), la causalit fisica (1927), il giudizio morale (1932), il concetto di numero (1941), di tempo (1946), di movimento e di velocit (1946), di spazio (1948), di caso (1951), ecc. Mauriche REUCHLIN, Histoire de la psycologie, Presses Universitaires de France, 1991, t.i. di P .Waldis, Newton Compton, Roma 1994, p.71. 23 Seymour PAPERT, Mindstorms: Children, Computers and Powerful Ideas, New York, 1980; t.i. Mindstorms: bambini, computer e idee. Milano, EMME, 1984. 24 Alan Kay , tra le altre cose, linventore del linguaggio di programazione smalltalk e lideatore dei linguaggi di programmazione orientati agli oggetti. Alla base di questi vi la sua analogia biologica in base alla quale un computer ideale dovrebbe funzionare come un organismo vivente. Ogni cellula componente, secondo Kay, dovrebbe, cos, funzionare in accordo con le altre perch sia possibile raggiungere determinati obbiettivi. Da questo punto di vista un computer potrebbe funzionare in maniera autonoma. Le cellule componenti, inoltre, potrebbero raggrupparsi tra loro in vista della risoluzione di particolari problemi o per gestire funzioni interne. La maggior parte del suo tempo Kay lha dedicata ai bambini e ad insegnare loro luso del computer. 25 H. RHEINGOLD, op.cit., p. 110-11. 26 Di Sutherland cfr. The Ultimate Display in Proceedings of the IFIP Congress, 1965 e, ancora, A Head-Mounted Three-Dimensional Display in Proceedings of the Fall Joint Computer Conference, 1968. 27 H.RHEINGOLD, op.cit., pp.116-17, il testo tra parentesi [ ] mio. 28 T. NELSON, The Home Computer Revolution, pubblicazione indipendente, 1977. 29 T. NELSON, op.cit., pp.120-123. Per una esauriente panoramica degli algoritmi che sottintendono, in generale, alla grafica vettoriale che alla base di qualsiasi sistema CAD si rimanda al lavoro di Roy A.PLASTOCK e Gordon KALLEY, Computer Graphics, New York, 1986, t.i. di W.Molon, Etas libri, Milano, 1987. 30 G. DEVOTO, C.OLI, Dizionario della lingua italiana, Le Monnier, Firenze, 1971. 31 Faccio riferimento al lavoro teorico-critico, nel campo della storiografia architettonica, di Manfredo Tafuri; in particolare, a La sfera e il labirinto, Einaudi, Torino, 1980. 32 Ma in realt sono quasi tutti i professori ad essere stupidi e tediosi nonch la scuola perfettamente inutile. Come dire? Sono passato dalla convinzione che la scuola fosse un male necessario a quella che si tratti certamente di un male ma sostanzialmente inutile se non dannoso.

33 Cfr. in particolare di Seymour PAPERT, oltre al gi citato MindsStorms, il lavoro The Childrens Machine - Rethinking School in the Age of the Computer, New York, 1993; t.i. I bambini e il computer, nuove idee per i nuovi strumenti delleducazione, Rizzoli, Milano, 1994. 34 Bernard BERENSON, I pittori italiani del Rinascimento, Sansoni, Firenze, 1974, p.63 e ss. 35 Cfr., a questo proposito, il tentativo di ricostruzione che di queste problematiche offerta nel mio lavoro Linfinito e la regola, Archigrafica PaperBacks n.1 in www.archigrafica.org.. 36 Seymour PAPERT, Il vento degli alberi, intervista in Virtual, III, n.20, maggio 1995, p.29 37 William H. GATES, The Road Ahead, 1995, t.i. La strada che porta a domani, Mondadori, Milano, 1995, pp.3-4 38 Martin HEIDEGGER, La questione della tecnica, t.i. in Saggi e discorsi, a cura di G.Vattimo, Mursia, Milano, 1980. 39 Seymour PAPERT, Il vento degli alberi, cit. p.28 e ss. 40 La denominazione esatta VirtualSTUDIO. Questo tipo di ambiente di lavoro, nel caso particolare dellarchitettura, loggetto di una ricerca MURST 60% 1994 -1995 da me condotta. 41 Pascal lavor alla definizione e costruzione della pascalina per tre anni dal 1642 al 1645. Questa calcolatrice rappresent, per lepoca, la somma delle esperienze in questo campo. Quasi certamente Pascal fu la seconda persona a dedicarsi ad un lavoro del genere perch sembra che Schickard ne avesse costruito una simile nel 1624. 42 Alberto CAMPIGLIO, Vincenzo EUGENI, Dalle dita al calcolatore, Bompiani, Milano 1990, pp.14-15 43 La bibliografia su Babbage vastissima. In particolare, si riportano, qui di seguito, alcuni dei titoli pi famosi sullargomento: C. Babbage (M. Campbell-Kelly, ed.), Passages from the Life of a Philosopher IEEE Computer Society Press, 1994, J.P Bowen, A Brief History of Algebra and Computing: An Eclectic Oxonian . View, IMA Bulletin, pp 6-9, January/February 1995, Longer version in OUCL Technical Report PRGTR-9-94, July 1994; R.A. Hyman, Charles Babbage: Pioneer of the Computer, Oxford University Press, 1982. R.A. Hyman (ed.), Science and Reform: Selected Works of Charles Babbage Cambridge University Press, 1989; J. Palfreman and D. Swade, The Dream Machine, BBC Books, London, 1991; D. Swade, Charles Babbage and his Calculating Engines, Science Museum, London, 1991, D. Swade, Redeeming Charles Babbages Mechanical Computer, Scientific American, p 62, February 1993. 44 L. F. MENABREA, Sketch of The Analitycal Engine, invented by Charles Babbage, with notes upon the Memoir by the Transaltor Ada Augusta, Countess of Lovelace, Bibliothque Universelle de Genve, October, 1842, No. 82. 45 Cfr. Betty Alexandra TOOLE, Ada, The Enchantress of Numbers, Ed.D, Strawberry Press. Tanto il significato che Ada Lovelace ha assunto nel campo della Computer Science che, nel 1979, Il Dipartimento della Difesa degli USA ha battezzato, in suo onore, un linguaggio di programmazione chiamandolo ADA. 46 Alan TURING, Computing Machinery and Intelligence, Mind, vol.59, 433-60 (1950); t.i. in V SOMEN. ZI, R.CORDESCHI, La filosofia degli automi, Bollati Boringhieri, Torino, 1986, pp.172-73. 47 David BOLTER, op.cit., p.43 48 K.M. COLBY, Computer Simulation of a Neurotic Process, in S.S. TOMKINS e S.MESSICK (a cura di) Computer Simulation of Personality, New York, 1963. 49 R.P .ABELSON, Computer Simulation of Hot Cognition, in in S.S. TOMKINS e S.MESSICK (a cura di)

Computer Simulation of Personality, cit. 50 Rimando alle definizioni di utopia di Ernst Bloch. e a quanto su questargomento si gi detto in precedenza. 51 in realt Pascal non affront un compito cos facile, perch il sistema di misura di riferimento non era decimale. 52 J. David BOLTER, Turings Man. Western Culture in the Computer Age, Chapel Hill, 1984; t.i. Luomo di Turing. La cultura occidentale nellet del computer, Pratiche, Parma, 1985, pp.13-14. 53 J.David BOLTER, op.cit., p.14. 54 J. David BOLTER, op.cit., p.5.

Capitolo terzo
grafica 3D, CAD, modellazione e Virtual Reality

In unottica ristretta, ferma alla dialettica, l informatica ridotta ad un insieme di strumenti per calcolare, scrivere, progettare e comunicare meglio e pi rapidamente. Il pi ampio approccio retorico vi individua uno spazio di produzione e di circolazione dei segni qualitativamente diverso dai precedenti, che vede cambiati i criteri di valutazione dellutilit e le regole dellefficienza. La nostra specie ormai irrevocabilmente inserita in questo nuovo spazio dellinformazione. La questione che si pone non quindi tanti quella di valutarne lutilit quanto di determinare in che direzione proseguire un processo irreversibile di creazione culturale. Pierre LEVY, Il virtuale, 1995

Le origini del CAD


Laspetto che maggiormente coinvolge nellutilizzazione delle strumentazioni informatiche certamente quello grafico. La computer grafica, che , nei fatti, il settore che pi da vicino interessa il progetto di architettura, non invenzione recente. Essa ha inizio negli anni 40 quando la parola computer apparteneva ancora allarea delle creazioni fantascientifiche e appare per la prima volta in alcune applicazioni militari che avevano lo scopo di un controllo pi approfondito dei modelli di aeroplani in fase di progettazione. Ma soltanto nei primi anni sessanta che Ivan Sutherland, dottorando del MIT ed allie-

vo di Claude Shannon, crea il primo vero e proprio programma software di grafica computerizzata dal nome Sketchpad. Sketchpad il prototipo degli attuali programmi CAD, i quali, ovviamente, sono molto pi evoluti del loro illustre progenitore. Si trattava di un sistema, per noi oggi in qualche maniera rudimentale ma per lepoca letteralmente rivoluzionario, mediante il quale lutente poteva disegnare ed interagire, tramite una penna ottica, con le semplici entit geometriche che apparivano sullo schermo di un monitor, modificarle liberamente e, successivamente, memorizzare ogni possibile variazione di queste su un supporto magnetico di massa. Con questo programma venivano poste le basi della grafica vettoriale, della quale si parler qui diffusamente. Sutherland impost il suo lavoro su di una macchina TX-2 che era considerata, allepoca, un vero e proprio gigante nel panorama dei computer correntemente in uso. Essa possedeva 320 Kbyte di memoria centrale, un dispositivo di memorizzazione basato su nastro magnetico, una stampante in linea (la prima costruita dalla Xerox) e un display televisivo basato su di un tubo a raggi catodici (Cathod Ray Tube o, in breve, CRT) di nove pollici. Nel 1963 Sutherland discusse la sua tesi di dottorato dal titolo Sketchpad. A Man-Machine Graphical Communications System. Nel 1964, allet di 26 anni, Sutherland fu assunto dalla NSA (National Security Agency) ed and a lavorare presso lARPA (Advanced Research Project Agency) del Dipartimento della Difesa con un contratto di ingaggio di 15 milioni di dollari lanno. Linvenzione di Sutherland era estremamente semplice e, proprio per questo, geniale. Si trattava, in buona sostanza, della compiuta applicazione delle tecnologie televisive a quelle informatiche, nel senso che la presenza di un dispositivo a raggi catodici, (il display di un monitor) non era utile soltanto alla visione di quello che accadeva in alcune aree della memoria centrale dellelaboratore ma serviva anche ad interagire con la macchina impartendo direttamente ordini alla CPU e, dunque, assumendo la piena funzione di strumento per linput dei dati. La penna ottica, utilizzata per interagire con gli oggetti che apparivano sul display, conteneva, infatti, una minuscola cellula fotoelettrica la quale, emettendo un impulso elettronico, finiva per intercettare e guidare sullo schermo il flusso di elettroni che, provenienti dal cannone elettronico del tubo a raggi catodici, disegnava le figure interessate. Con unoperazione di sincronizzazione tra limpulso emesso dalla penna ottica e il pennello elettronico che tracciava le figure sul fondo del tubo catodico, si veniva a definire un metodo estremamente efficiente perch il computer riuscisse a leggere, in maniera rapida ed efficace, la posizione della penna rispetto alla

griglia raster dello schermo televisivo. In base a questo principio si stabiliva una via di comunicazione diretta tra lutente, cui era demandato il compito di manovrare la penna, e il computer che poteva rilevare la posizione e leggere i comandi che attraverso questo strumento venivano impartiti. Il programma conteneva, inoltre, anche tutta una serie di routine di trasformazione e modifica delle entit geometriche che sono ancora oggi in uso nei programmi pi evoluti a nostra disposizione.1 Quello che qui interessa porre in evidenza non soltanto la nascita delle tecnologie di base della grafica vettoriale e del CAD ma anche il principio generale in conseguenza del quale lo schermo televisivo si trasformato in uninterfaccia estremamente semplice ed intuitiva capace di far dialogare lutente con la macchina, individuando, cos, quella tipologia di strumentazioni che sono alla base delle GUI (Graphic User Interface), oggi diffusissime; queste forniscono la base materiale per la costruzione delle metafore pi in uso nei computer attuali, da quelle della scrivania e del desktop per i sistemi Macintosh, Windows, Xwindow di Unix, KDE e Gnome di Linux, a quelle immersive o semi-immersive dei videogames in soggettiva o di Internet. Un sistema di grafica vettoriale, nei suoi principi teorici di fondo e nell organizzazione dei suoi specifici materiali costituenti, deriva direttamente dalla geometria analitica della quale assume le caratteristiche basilari adattandole, per cos dire, ai limiti propri dellhardware con i quali necessario fare i conti. Il principio sostanziale, dunque, quello di descrivere il mondo (sia in un sistema di riferimento piano che in un sistema tridimensionale) partendo dalla sua forma geometrica e seguendo il principio (daltro canto vero per tutta la logica che alla base della definizione dellintelligenza delle macchine) che ogni realt comunque complessa pu essere scomposta in un insieme, opportunamente organizzato sul piano strutturale, di elementi semplici. Per questo motivo tutte le entit di base rappresentabili nella grafica vettoriale si dicono primitive geometriche o, pi semplicemente, primitive. Ci detto il problema che, in computergrafica, si dovuto affrontare risolvere stato il passaggio dal continuo al discreto e dallinfinito al finito. Senza entrare nei meriti di problematiche come queste ora rapidamente sintetizzate che costituiscono, poi, il campo di definizione ed applicazione teorico-matematico della computergrafica cui prima gi si fatto cenno in buona sostanza il problema consiste nel fatto che la descrizione del mondo che viene effettuata dalla geometria analitica basata sui principi matematici di insiemi di numeri reali e di continuit delle funzioni geometriche rappre-

sentate. Al contrario, un sistema grafico computerizzato deve fare i conti con i sistemi di rappresentazione reali e, cio, la memoria dellelaboratore (basata su grandezze discrete) e il display, il reticolo, cio, (anchesso finito, discreto) che se ne sta adagiato sul fondo di un CRT. In altre parole per disegnare un segmento in un piano cartesiano individuato da una coppia di assi (X,Y) dovr tracciare la retta che passa per gli estremi del segmento assegnato e, cio, una quantit infinita di punti che, proprio perch particolare insieme dei numeri reali, gode della propriet che un suo qualsiasi intervallo AB (dove A e B sono due punti che ricadono su di esso) non linsieme vuoto (e contiene un infinito numero di punti) a meno che A non coincida con B, in tal caso riducendosi linsieme in questione allunico punto A=B. Questa che in termini matematico-geometrici rigorosi una ovviet, assume le connotazioni di un paradosso se ragioniamo in termini reali se cio ci riferiamo, nel nostro caso, allinsieme dei punti del reticolo raster sul fondo del CRT. La computer grafica, sul piano teorico, potrebbe definirsi, molto sinteticamente e grossolanamente, come quella disciplina che si occupata di effettuare il passaggio dalla geometria analitica a quella un po pi rudimentale ma concreta degli elaboratori digitali che sfruttano la tecnologia televisiva. Ed allora, in pratica, un segmento AB sar descritto allelaboratore come linsieme di punti (appartenenti al reticolo raster del CRT) che pi si avvicinano, nella risoluzione adottata, alla descrizione grafico-visiva del segmento in questione. Per effettuare queste operazioni a partire da quelle estremamente semplici necessarie al tracciamento di un qualsiasi segmento nel piano fino a giungere a quelle pi complesse di clipping e di eliminazione delle linee nascoste nel modelli tridimensionali pi complessi, viene ad evolversi quella disciplina denominata grafica vettoriale che, come s detto, allepoca del lavoro di Sutherland, era gi definita in tutti i suoi lineamenti fondamentali e che aspettava soltanto di essere fisicamente implementata. Levoluzione della grafica vettoriale in sistemi CAD enormemente pi complessi , comunque, un tardo esito, per cos dire, di questo lungo processo. La motivazione funzionale iniziale della grafica vettoriale , soprattutto, di natura economica e, cio, di risparmio di risorse del computer. Pur essendo pi complessa, nella sua strutturazione teorico-disciplinare, di quella raster o bitmapped essa il primo tipo di grafica ad essere utilizzata negli elaboratori. La ragione di ci sta nel fatto che in questo tipo di grafica si fa ricorso, per descrivere le figure geometriche, a strutture di dati che, una volta parago-

nate a quelle proprie della grafica raster, fanno un uso molto pi contenuto delle risorse (di memoria e di potenza di calcolo) della macchina. Una retta, ad esempio, sar descritta allelaboratore ed immagazzinata nella sua memoria centrale, fissando le coordinate di due suoi punti notevoli (quindi quattro valori numerici) e raccontando, per cos dire, alla CPU come fare a tracciare la retta compresa tra i due punti assegnati. In altre parole la memoria impegnata sar relativa alle due coppie di coordinate e al comando di tracciamento della retta preventivamente memorizzato insieme agli altri sotto forma di programma operativo CAD. Se avessi voluto procedere in altra maniera? Vi un modo, cio, di riferire alla macchina queste stesse cose utilizzando procedimenti meno concettosi, senza ricorrere allausilio della descrizione mutuata dalla geometria analitica? Il metodo, in questultimo caso, pi elementare proprio quello della grafica raster che dice allelaboratore come colorare i singoli pixel dello schermo e dove posizionarli. In altre parole se, supponiamo, i punti costituenti il segmento in esame fossero stati 100 (ma , in genere, sono molti di pi), il computer avrebbe dovuto memorizzare 100 coppie di valori (x,y) e, 8 (16, 24, 32 o 64 a seconda della risoluzione e della profondit di colore desiderata per il display) valori aggiuntivi per ognuno di essi per descrivere il colore, la luminosit ecc. In altre parole avrebbe occupato un numero molto maggiore di locazioni di memoria di quante non necessitassero al primo sistema. Si intuisce, quindi, anche il fatto che un sistema di grafica vettoriale, se opportunamente organizzato con algoritmi efficienti e set di comandi ben strutturati, si pu trasformare in una struttura complessa che permette una facile modifica delle primitive geometriche. Se a questo si aggiunge un valido metodo di correlazione tra limmagine sullo schermo e la sua reale dimensione (problema della scala del disegno e della sua visualizzazione dinamica), di misurazione delle singole parti, e di memorizzazione delle soluzioni trovate in modo che sia possibile richiamarle semplicemente in una nuova sessione di lavoro, si comprende come il passaggio dalliniziale grafica vettoriale messa a punto da Sutherland ai sistemi CAD sia stata unovvia conseguenza.

Sistemi di coordinate
La grande innovazione tecnologica apportata dalle metodiche di design basate sulle procedure specifiche del CAD quella di disegnare, quando questo si renda necessario, direttamente in tre dimensioni e controllare, tramite interfacce appositamente studiate, in

tempo reale leffetto delle proprie scelte nello spazio del modello piuttosto che in viste di proiezione piana che riportano, allinterno dello spazio di editing digitale, le metodologie delle proiezioni di Monge adoperate per il disegno tradizionale. Naturalmente, essendo il display del monitor approssimabile comunque ad una superficie piana, quella sulla quale si lavora sempre una rappresentazione a due dimensioni di una realt che ne possiede tre. Il fatto che potenzia questa condizione di lavoro rispetto al tradizionale disegno su supporto cartaceo laggiornabilit contestuale dello spazio di visualizzazione basato su viste isometriche o prospettiche le quali possono essere rapidissimamente ricalcolate dallengine grafico una volta che lutente vari il punto di vista orientandolo in maniera arbitraria rispetto alloggetto da visualizzare. Uninterfaccia cos congegnata d, allutilizzatore, la sensazione di poter facilmente manipolare loggetto in corso di elaborazione e di spostarsi rapidamente intorno ad esso, al suo interno o, comunque, inquadrarlo da qualsiasi punto di vista. Metodologie di rappresentazione siffatte si basano, essenzialmente, su uno o pi sistemi di riferimento cartesiani composti da tre assi ortogonali tra loro (X,Y,Z) rispetto ai quali ogni nuova primitiva geometrica, che entra a far parte dello spazio del modello, viene posizionata in base allimmissione di terne di coordinate dei punti notevoli che le caratterizzano. Si detto che i sistemi di riferimento che vengono adoperati sono pi di uno. Generalmente quelli in uso in un modellatore 3D sono almeno due: un sistema locale (delloggetto o dellutente) e un sistema generale di riferimento (o sistema coordinate mondo). La necessit del sistema locale delloggetto o dellutente (User Coordinates System o UCS, i cui assi, per distinguersi da quelli mondo si indicano con Xu, Yu, Zu) si rende subito evidente quando si pensi che la tecnica maggiormente diffusa per la costruzione di entit geometriche nello spazio fa riferimento ad un piano di costruzione comunque orientato nello spazio (detto anche lastra di vetro) il quale finisce per essere il piano di costruzione di base per realizzare qualsiasi solido. Variando la posizione e lorientamento del sistema UCS si variano lorientamento e la posizione del piano base (definito dagli assi Xu e Yu) e, conseguentemente, la posizione e lorientamento dei relativi solidi che su di esso poggiano o ad esso sono riferiti. Il concetto che alla base di questo sistema di organizzazione del lavoro abbastanza semplice anche se, nella costruzione di modelli spaziali complessi, necessario riferirsi a pi sistemi UCS tra loro diversi per adattarsi ai tanti orientamenti degli oggetti da posizionare nello spazio; questultima cir-

costanza fa s che il lavoro di costruzione possa diventare anche molto macchinoso e faticoso. Il piano di costruzione o lastra di vetro pu essere definito ricorrendo a varie tecniche come, ad esempio, scegliendo tre punti che giacciono su di esso o selezionando delle primitive geometriche preesistenti che si assumono come elementi di costruzione del sistema locale. Per poter operare e disegnare nello spazio baster fare s che la lastra di vetro si adagi alle superfici sulle quali si desidera intervenire. Ogni terna di riferimento scelta pu essere memorizzata e, quando si renda necessario, richiamata, nel corso del lavoro futuro. In questo tipo di processi si possono costruire entit tridimensionali nuove anche se molto semplificate adottando la tecnica del trascinamento (sweeping). In questo modo un punto giacente sul piano (X, Y), trascinato lungo lasse z per una quantit definita, d origine ad una retta perpendicolare al piano (X, Y), una linea giacente su questo, trascinata lungo lasse z, d luogo ad un piano, una polilinea d luogo ad una superficie pluriconnessa, le figure chiuse (un triangolo, un rettangolo, una quadrato e cos via) danno luogo a solidi prismatici. Alla stessa maniera si possono ruotare le entit finora menzionate rispetto ad assi comunque scelti, generando superfici di rotazione. Un sistema in uso tempo addietro era quello di trasformare entit piane in elementi spaziali modificandone lo spessore (Thickness) o la loro quota z di posizionamento (Elevation). Era possibile, in questa maniera, costruire modelli spaziali anche se molto semplici e rudimentali. In tutti i casi che precedono si fatto riferimento a terne di assi cartesiani locali o generali. Al posto di queste tipologie di sistemi di riferimento si pu far ricorso ad un sistema HPB (Heading, Pitch e Bank) mutuato, nei modellatori, dai simulatori di volo. Si comprendono con esattezza questi termini se, infatti, ci si riferisce ad un aeroplano. Se un aeroplano gira a destra o sinistra muta il suo heading; quando ruota verso lalto o verso il basso muta il suo pitch e, infine, quando ruota su se stesso (rolling, ruotare intorno al proprio asse longitudinale) muta il suo bank. Se si fa riferimento a questo sistema HPB na turale pensare alloggetto come se fosse un aeroplano. Perch viene utilizzato, a volte, un sistema HPB piuttosto che un normale sistema cartesiano XYZ? La ragione sta tutta nella matematica. Le rotazioni di un oggetto intorno ai suoi assi non formano gruppi commutativi e questo comporta molti fastidi nella determinazione dei movimenti quando si costruiscano delle animazioni. Poich, di contro, utilizzare un sistema HPB nella costruzione tridimensionale di un oggetto risulta molto

complesso, si preferisce procedere in questo modo: fare riferimento ad una terna di assi cartesiani (X,Y,Z) nella costruzione delloggetto e ad un sistema HPB quando si voglia costruire una sua animazione. In generale i sistemi CAD non prevedono questa doppia rappresentazione perch in essi ci si limita a costruire gli oggetti tridimensionali e non si generano animazioni. I modellatori dotati di moduli interni dedicati alla produzione di animazioni, al contrario, basano gran parte del loro specifico lavoro su sistemi HPB. Un sistema CAD bidimensionale che lavora, cio, soltanto nel piano (X, Y) del sistema di coordinate globale o mondo segue il principio generale secondo il quale si disegna poco e si modifica molto nel senso che appare subito chiaro, non appena ci si impegni praticamente nellelaborazione di un disegno grafico, come, una volta che si siano disegnati pochi elementi essenziali, sia pi conveniente procedere nella costruzione di strutture complesse modificando, copiando, tarando opportunamente gli elementi gi tracciati. Le primitive grafiche maggiormente utilizzate sono i punti, le linee, gli archi, le circonferenze, le polilinee, le spline. Da questi pochi elementi base si parte per costruire insiemi anche complicatissimi e molto estesi. In buona sostanza un sistema CAD bidimensionale si articola intorno ai seguenti temi fondamentali: * tracciamento delle primitive * operazioni di editing * metodologie di automatizzazione di parti del disegno * archiviazione dei disegni eseguiti e loro riutilizzazione come elementi costituenti di disegni pi complessi * metodologie di tracciamento e relativi strumenti di aiuto (snapping, griglie, bloccaggio ortogonale, ecc.) Per il tracciamento delle primitive geometriche ogni sistema offre dei particolari menu opportunamente strutturati e le metodologie di esecuzione dei relativi comandi (modalit di selezione degli elementi, settaggio dei pulsanti del mouse, digitazione da tastiera, alias dei comandi e cos via). I menu di disegno, oltre a consentire la creazione di punti, linee, archi, circonferenze, shape, regioni, polilinee, spline ed altro, contengono anche i comandi per accedere ad una serie di strumenti di supporto che permettono lautomazione di alcune procedure, come, ad esempio, tracciare campiture e retini interni ad

aree, o per facilitare il lavoro di creazione degli oggetti grafici, come, ad esempio, linee di costruzione, multilinee, bloccaggi rispetto a determinate direzioni o giaciture, griglie di riferimento e cos via. Di particolare utilit sono strumenti come lo snapping bloccato alla griglia o quello orientato agli oggetti. In sintesi lo snapping permette di agganciare alla griglia o a punti notevoli delle entit geometriche gi presenti nel grafico i nuovi elementi che si intendono tracciare; punti notevoli sono generalmente considerati, gli estremi dei segmenti (END), il loro punto mediano (MID), lintersezione di linee o di qualsiasi altra entit presente (INT), il centro di archi o circonferenze (CEN), la tangenza a curve esistenti (TAN) e cos via. Laggancio delloggetto che si sta disegnando avviene con la tolleranza, che pu giungere fino allottava cifra decimale, scelta fin dallinizio nellimpostazione generale del disegno al quale si sta lavorando. Questa circostanza, come si vede, permette una notevolissima precisione, altrimenti impensabile, che rappresenta uno dei primi e fondamentali vantaggi del disegno bidimensionale digitalizzato rispetto a quello tradizionale. Gli elementi tracciabili sono pochi e ormai ben noti perch entrati nelluso corrente della pratica professionale. La maggior parte di essi sono gli stessi che vengono utilizzati nel disegno tecnico tradizionale su carta. Poche parole su quelli specifici del disegno vettoriale e, per la precisione, a proposito delle polilinee e delle spline. Una polilinea, come dice il termine, composta da un insieme di pi linee (rette o curve) che viene considerato come una sola entit. Le polilinee sono indispensabili in tutta una serie di operazioni pi complesse che possono essere eseguite in un CAD, dalla misurazione automatica di aree e perimetri di figure chiuse al tracciamento di solidi con la tecnica dello sweeping di cui si gi detto e sulla quale ci si soffermer pi innanzi. Sulle polilinee possono eseguirsi tutta una serie di complesse operazioni di editing e trasformazione (variazione dello spessore e dei raggi di raccordo tra le varie linee componenti, formazione di figure chiuse, editing dei punti notevoli componenti e cos via) che ne fanno delle entit di particolare rilievo e utilit allinterno delle metodologie di disegno automatico. Dal canto suo una spline una curva del terzo o quartordine definita in base a dei punti di controllo che non necessariamente coincidono con la curva stessa. Il nome deriva dai listelli di legno flessibili e sottili che venivano impiegati nei paesi anglosassoni come curvilinei per tracciare linee curve nel disegno tecnico tradizionale. Le spline sono estremamente importanti nei modellatori 3D perch non soltanto servono per costruire oggetti complessi ma possono anche essere utilizzate per definire percorsi di

movimento estremamente utili nelle tecniche di animazione degli oggetti. Una spline viene definita allorigine in base a tre vertici tridimensionali che vengono connessi da linee. La connessione avviene attraverso un meccanismo di interpolazione. Vi sono diversi tipi di spline e linterpolazione tra i vertici non una linea retta ma una curva. Questa particolare tipologia di spline caratterizzata da una curva che non ha angoli o salti. I tipi pi frequenti di spline sono: lineari (come le polilinee), cubiche, akima, b-spline, Hermite. Le spline, proprio come accade per le polilinee, possono essere aperte o chiuse. Comunque, come si ricordava, si disegna poco e si modifica moltissimo. Vale la pena ricordare, anche se molto in breve, quali sono le operazioni di editing pi in uso in quasi tutti i sistemi CAD. Esistono operazioni di cancellazione (ERASE) e copia degli elementi (COPY), di spostamento (MOVE), di rotazione (ROTATE), di specularizzazione (MIRROR) rispetto ad un asse, di copia parallela (OFFSET) e di modificazione delle caratteristiche proprie degli elementi come stirare (STRETCH), tagliare (TRIM), raccordare (FILLET), smussare (CHAMFER), estendere (EXTEND) e cos via. Una tecnica alla quale si fa molto spesso ricorso quella di creare, allinterno del disegno, dei blocchi o celle che sono, in pratica, insiemi di entit geometriche tra loro connesse che possono essere considerate, proprio come accade per polilinee e spline, entit unitarie e trattate di conseguenza. Questi raggruppamenti godono di particolari propriet che possono variare, anche considerevolmente, da sistema a sistema, ma che, nella sostanza, tendono ad un unico scopo che quello di rendere automatiche una serie di operazioni da parte dellutente e di concorrere alla definizione di librerie di oggetti, per cos dire, preconfezionati che, alloccorrenza, possono essere immessi in uno o pi disegni differenti razionalizzando il processo di costruzione del disegno e rendendo automatico, in qualche modo, quello di progettazione. Elementi di libreria come questi possono anche essere parametrizzati, con ci intendendo la possibilit di assegnare loro, a seconda dei casi, misure diverse per dar luogo a pi possibilit interpretative a seconda delle necessit di progetto o per scalarli opportunamente rispetto al grafico corrente di lavoro. In effetti le operazioni di parametrizzazione pi semplici (come la variazione dimensionale di blocchi precostituiti) sono consentite da quasi tutti i sistemi CAD anche se alcuni di essi fondano tutta la loro metodologia di lavoro su procedure parametriche definite fin nei dettagli della pratica progettuale. Nel campo della progettazione architettonica alcuni sistemi mettono a disposizione librerie di elementi raggruppati per tipologie edilizie e costruttive (muri, tramezzi, finestre, porte, solai, scale interne ed esterne, elementi di

arredo e cos via). Sistemi, questi, che se, da un lato, consentono di velocizzare enormemente il lavoro, per cos dire, di routine, dallaltro non mancano di mostrare tutte le proprie limitazioni quando il progettista voglia liberamente ridefinire gli elementi di libreria o quando, comunque, abbia bisogno di una flessibile strumentazione di disegno in grado di consentirgli la libera progettazione di elementi architettonico-costruttivi innovativi. Altri sistemi, molto pi complessi, fanno coesistere al proprio interno le due metodologie offrendo, di conseguenza, allutente-progettista un pi ampio spettro di possibilit espressive e procedurali. A mio modo di vedere sono da preferire questi ultimi. Generalmente tutti gli elementi che intervengono in un file di disegno vengono raggruppati in sottoinsiemi, pi o meno rigidi, tematici. Una tecnica molto diffusa quella di ricorrere a layer di lavoro che, anche se in maniera non del tutto rigorosa, richiamano la metafora del lucido trasparente del disegno tradizionale. La strutturazione del disegno mediante layer risulta, in molti casi, utilissima ma mostra anche le sue limitazioni. Una metodologia pi corretta ed conveniente quella di accoppiare al database interno del sistema CAD che ha lo scopo di organizzare in maniera razionale tutte le primitive geometriche e le relative modificazioni che, in successione, sono state ad esse apportate dallutente un database esterno di tipo relazionale che ricorra, cio, alla classificazione tabellare, con la possibilit di accoppiare ad ogni entit grafica strutturata (ad esempio blocchi o celle) una serie di informazioni di natura non grafica (numerica, testuale, ecc.), manipolabili con i linguaggi di gestione tipici di questa tipologia di database come, ad esempio, il linguaggio SQL. Uno dei vantaggi di questo tipo di metodologie e di strutturazione dei grafici quella di poter estrarre report, di effettuare query di sistema particolarmente mirate, di derivare sottotabelle evidenziando, contemporaneamente, sul grafico gli elementi interessati. Nelle tipologie CAD pi avanzate e complesse possibile utilizzare anche processi di automatizzazione del tracciamento delle entit geometriche facendo uso delle tecnologie cosiddette del Constraint Solving e dellEditing Syntax-directed. La prima metodologia basa la sua efficacia e la sua, per cos dire, intelligenza sulla costruzione di regole dedotte dalla presenza di vincoli. Linsieme dei vincoli (constraints), una volta che questi siano tradotti e comunicati al sistema come insieme di regole matematico-geometriche, fa in modo che, qualora i vincoli non siano rispettati dallutente, la particolare azione avanzata sia impossibile, stringendo le concrete possibilit di creazione o modifica allinterno di campi ben delineati. Latro sistema consiste nella creazione di un vocabolario di

elementi e di opportune regole sintattiche per ognuno di essi in modo che sia possibile automatizzare le relative procedure di immissione in disegni complessi e costruendo oggetti come elaborazione degli elementi presenti nel vocabolario ed in base allinsieme di regole prestabilite in fase di definizione delle procedure sintattiche codificate.

Costruzione di superfici e solidi


Si visto in precedenza come una semplice operazione di trascinamento di alcune primitive geometriche possa generare superfici e solidi. Questo tipo di operazione viene chiamata sweeping o anche estrusione ricorrendo ad una evidente metafora mutuata dal mondo delle tecnologie di lavorazione dei metalli e materiali plastici. Tutti i sistemi di costruzione di entit tridimensionali prevedono, al loro interno, un modulo basato su operazioni di sweeping di traslazione e di rotazione offrendo la possibilit di costruire un gran numero di solidi mutuati proprio dalla pratica costruttiva architettonica antica e moderna una volta che queste due tecniche di modellazione siano opportunamente combinate tra loro. Le potenzialit di realizzazione, poi, aumentano quando si aggiunge anche la possibilit di variare il percorso di estrusione da lineare a complesso e da piano a comunque orientato nello spazio. Le superfici o i solidi tubolari, ad esempio, possono essere realizzati mediante estrusione utilizzando polilinee o spline spaziali arbitrariamente costruite come percorsi lungo i quali effettuare la traslazione. Generalmente tutti i sistemi del tipo ora sommariamente descritti offrono menu specifici per il tracciamento degli oggetti tridimensionali con una serie, pi o meno complessa, di primitive gi fissate (solidi platonici, box cubici o rettangolari, sfere, piramidi, coni, cilindri, cunei, tori, anelli, ellissoidi, ecc.). Le primitive cos costruite possono poi essere sottoposte ad operazioni di editing e, quindi, di trasformazione in perfetta analogia a quanto accade nel piano, permettendo tagli, stiramento, rotazioni, traslazioni, rotazioni ed altro. Occupa un posto di rilevo il set di operazioni booleane, che derivano il loro nome da quello di George Boole, il matematico ottocentesco inventore delle leggi del pensiero logico-matematico e degli operatori AND, OR, NOT che sono alla base dellintelligenza della macchina; in questo caso, i tre operatori permettono di definire le operazioni di base che si possono eseguire sui solidi che sono, rispettivamente, quelle di unione, intersezione e sottrazione. Questo set di operazioni consente di seguire procedure anche molto complesse mediante la sovrapposizione delle singole manovre e di ottenere risultati altrimenti irraggiungibili o perseguibili con

insiemi procedurali molto pi tortuosi e poco intuitivi. Naturalmente ogni sistema CAD tridimensionale ha un suo particolare set di operazioni che seguono procedure pi o meno simili e permettono risultati pi o meno accurati. Importantissimo, comunque, in un sistema che possa dirsi effettivamente agevole dal punto di vista dellusabilit, lorganizzazione dellinterfaccia e la possibilit di interagire con il modello in tempo reale, fluidamente e in maniera intuitiva. E qui, ovviamente, le differenze tra i vari sistemi si fanno sentire e fanno propendere per alcuni software piuttosto che altri. Per la progettazione di elementi tridimensionali buona norma non riferirsi alla modellazione per solidi perch estremamente farraginosa e, soprattutto, perch i file risultanti diventano subito ingestibili per il loro eccessivo peso in termini di occupazione della memoria. Sono da preferirsi i sistemi di modellazione per superfici i quali, anche nel caso della realizzazione di modelli molto complessi, generano quasi sempre file molto leggeri e, dunque, facilmente gestibili su qualsiasi tipo di piattaforma e da macchine con prestazioni non molto spinte. Naturalmente nel passaggio da un sistema di modelli solidi a modelli di superficie variano le modalit specifiche di rappresentazione. Un tipico sistema per la rappresentazione di superfici pi complesse e variamente orientate nello spazio quello che fa uso di faccette e, cio, di piccole facce planari o non (in massima parte triangolari anche se possono essere utilizzate altre figure geometriche come quadrati, rettangoli o elementi quadrangolari) che, concettualmente, approssimano la curvatura di superficie in perfetta analogia a quanto accade nel piano dove piccoli segmenti lineari retti approssimano landamento delle linee curve. Questo tipo di procedura semplifica le operazioni di calcolo e viene adoperato in tutte quelle situazioni di lavoro in cui non sia necessaria una rappresentazione estremamente precisa delle superfici. In questo caso la superficie prende il nome di rete (mesh). Tra le mesh vanno ricordate le superfici di Coons costruite mediante linterpolazione tra quattro elementi perimetrali lineari arbitrari tra loro non planari. Questultima tipologia viene sfruttata particolarmente dai progettisti di navi ed aerei che, in questo modo, possono procedere a definire la pelle (skin) dei prototipi in fase di progetto come risultato di profili, nervature ed altro che costituiscono i dati di partenza per la definizione di scafi e scocche particolari. Analogamente a quanto accade nella definizione delle spline, partendo dalla forma dei righelli in uso nel disegno tecnico, si procede per definire le superfici NURBS. In altre parole possibile immaginare di ottenere una superficie spaziale complessa piegando e deformando opportunamente un sottile foglio di materiale plastico. Seguendo questa

metafora si viene a definire una superficie spline matematica la quale pu essere gradualmente modificata spostando opportunamente dei punti di controllo nelle tre direzioni dello spazio. Una superficie NURBS (Not Uniform Rational Bspline) viene, in questo modo, a costituire un elemento molto flessibile adatto alla definizione di complesse superfici spaziali che, per la sua flessibilit, presente in tutti i sistemi di modellazione di superficie. Questi modellatori offrono una libreria di forme base che sono, in pratica, delle superfici NURBS modificabili come si desidera una volta che le si sottoponga ad azioni di trascinamento, rotazione e torsione mediante trasformazione dei loro punti di controllo.Nelle applicazioni di Industrial Design i modelli offerti in queste librerie vengono implementati, in fase di definizione del software, come veri e propri campioni riferiti a materiali esistenti nella realt e in base agli effettivi processi di lavorazione cui questi ultimi possono essere sottoposti. Si viene, in questo modo, a determinare un vero e proprio laboratorio virtuale di sperimentazione di elementi dotati di caratteristiche perfettamente confrontabili con i dati reali, i limiti dei materiali e le procedure concrete di costruzione.

Rendering, luci, colori e camere


Il lavoro di costruzione dei modelli tridimensionali viene solitamente compiuto in una modalit di visualizzazione molto elementare e strutturale detta a fil di ferro (wireframe) perch di ogni elemento evidenzia gli spigoli principali o, qualora si tratti di mesh, le faccette di definizione. Questa modalit di rappresentazione, utile perch impegna poche risorse della macchina e, quindi, consente un lavoro veloce, presenta, per, notevoli inconvenienti sul piano della visualizzazione nel momento in cui il modello, col progredire del lavoro, va complicandosi. La modalit a fil di ferro non permette di distinguere agevolmente ci che in primo piano e ci che sullo sfondo, rendendo in alcuni casi assolutamente arduo procedere o individuare con certezza i punti di solidi sui quali si intende intervenire. Allo scopo di superare questi ostacoli, tutti i sistemi utilizzano anche altre modalit di visualizzazione che rendono meno ambigua la lettura del display. Il pi noto quello basato sul cosiddetto algoritmo del pittore. Lalgoritmo del pittore quel procedimento matematico che esegue unoperazione di cutting, e, cio, taglia tutti i solidi che sono nascosti da altri solidi che li precedono, per cos dire, nel cono visivo che parte dal punto di osservazione della scena, e permette la decodifica intelligente della logica spaziale di aggregazione del modello. In altre parole, mediante questoperazione si ordi-

nano le superfici del modello in funzione della loro profondit relativa. Lalgoritmo del pittore, dunque, ordina i poligoni in relazione alla loro profondit e li ridisegna partendo dal pi lontano. Man mano che il ridisegno prosegue quelli che vengono dopo coprono parte di quelli precedenti e le linee coperte vengono cancellate fino a giungere alle superfici che sono in primo piano. Il risultato di questoperazione un disegno per linee (in vista piana, assonometria o prospettica) dove loggetto tridimensionale, pur se rappresentato in maniera estremamente schematica e, per cos dire, spartana, facilmente decodificabile dalloperatore che pu lanciare questo tipo di visualizzazione ogni volta che sia necessario valutare il grado di avanzamento del lavoro o interpretare correttamente la posizione di un particolare elemento della scena sul display. Si tratta, comunque, di un sistema di controllo che non si avvicina affatto ai risultati che si possono raggiungere con un processo di rendering completo. La parola rendering ha origine negli Stati Uniti ma non, come si potrebbe pensare, nel campo della computer grafica, bens in quello del design di automobili ed era comunemente usata nellarco di tempo che va dalla fine degli anni cinquanta a quella degli anni sessanta. Le tecniche di rappresentazione accomunate sotto la sigla di rendering erano quelle utilizzate dai designers e dagli specialisti di car design e servivano a rappresentare, in maniera realistica molto spinta, i particolari tecnologici delle carrozzerie, le vernici, le ombre, i riflessi, le trasparenze dei cruscotti e le riflessioni particolari delle cromature delle parti metalliche, dettagli, questi, che assumevano grandissima importanza nella efficace descrizione di un prototipo e nella pubblicit dei modelli prima della produzione vera e propria per orientare il gusto del pubblico. Attualmente il termine rendering, perduto il suo originario significato, sta a rappresentare una specifica tecnologia software di resa del modello tridimensionale una volta che esso sia trattato in un particolare modo, inquadrato sotto una particolare angolatura da una camera opportunamente predisposta dallutente e con un parco luci studiate in modo da esaltarne gli aspetti e le caratteristiche pi importanti. Questo assieme di elementi (luci, camera, oggetto da renderizzare, sfondi, piani di appoggio ed ambientazione) prende comunemente il nome di scena. Lo scopo dellallestimento di una scena , dunque, quello di ombreggiare il modello e di ottenerne delle viste virtuali che, a seconda dei casi e degli obbiettivi che si intendono raggiungere, saranno estremamente fotorealistici o, al contrario, volutamente in contrasto con quanto potrebbe effettivamente accadere nella realt.

Le ombreggiature rendono, in generale, pi realistica la rappresentazione di un modello. Vi sono svariate maniere di ombreggiare. Esistono processi pi semplici e rapidi che, per, non restituiscono unimmagine che richiama la realt e processi molto pi complessi e lenti che, di contro, ricostruiscono le atmosfere e gli effetti del mondo reale con estrema precisione e dovizia di particolari, addirittura, a volte, in maniera quasi iperrealistica. Le fasi di costruzione di un processo di rendering statico sono essenzialmente quelle che seguono: costruzione del modello per superfici creazione di una o pi camere posizionamento delle luci puntiformi e dambiente trattamento dei materiali del modello campionamento delle texture costruzione delle viste e delle proiezioni (assonometriche, piane, prospettiche) calcolo delle superfici nascoste ombreggiatura, ed infine salvataggio su file delle immagini raster Atteso che con questo processo si ricava unimmagine raster da un modello geometrico vettoriale, il processo di ombreggiatura consiste nel ricalcolare, in base a tutti i parametri che influenzano la scena, lintensit delle componenti del rosso, del verde e del blu di ogni singolo pixel che comporr limmagine finale. I parametri che intervengono in questo processo sono svariati: le propriet spaziali degli oggetti e la loro capacit di riflessione, le propriet delle sorgenti luminose che emettono raggi con un proprio valore di spettro luminoso, la posizione dellosservatore e le mutue interferenze delle superfici presenti nella scena tra loro e cos via. Esistono molte leggi matematiche per tentare di descrivere questo processo estremamente complesso. Ogni espressione matematica opera con un certo grado di astrazione (semplificazione). La pi elementare la legge di Lambert o del coseno dovuta allastronomo Johann Lambert che la elabor nel sedicesimo secolo. Lambert congegn la sua legge osservando che esiste una relazione tra lintensit della luce riflessa da una superficie e langolo di incidenza del raggio luminoso in arrivo su questa. E, per la precisione, la legge di Lambert stabilisce che

lintensit della luce riflessa direttamente proporzionale al coseno dellangolo di incidenza. Leffetto di questo tipo di shading certamente poco accattivante perch non ammette mezzi toni e sfumature e quindi fa apparire gli oggetti come illuminati da un flash nella notte, appiattiti e privi di qualsiasi morbidezza derivante dalle riflessioni dellambiente e di tutte le altre luci generate dalle superfici circostanti. Lo shading di Lambert ha comunque lo scopo di aggiungere una certa serie di informazioni che permettono di decifrare lorientamento delle superfici del modello in esame. Si tratta, quindi, di una procedura che agevola lo studio delle masse oggetto di analisi, sopprimendo tutte le altre informazioni e quegli effetti che da questo punto di vista rivestono minore importanza. Una limitazione tipica di questa procedura che le superfici parallele presentano lo stesso aspetto creando, a volte, non poche confusioni sul piano dellinterpretazione. Una tecnica che relativamente pu aiutare nellinterpretazione volumetrico-spaziale quella di aggiungere allo shading di Lambert anche le linee di contorno delle masse e degli spigoli (rendering di linee nascoste in filled). Le limitazioni pi evidente dello shading di Lambert si rendono evidenti nellombreggiatura di superfici curve. In questo caso il risultato caratterizzato da una grossolana approssimazione della superficie in esame ad uninsieme di superfici piane illuminate uniformemente anche se in maniera diversa luna dallaltra. Anche qui lapprossimazione pu essere tollerata soltanto in una fase di studio preliminare del modello. Un sistema per rendere in maniera pi soddisfacente le superfici curve quella di distribuire su di esse la luce in maniera uniforme. Un algoritmo capace di rispondere a questa richiesta stato messo a punto per la prima volta da Henri Gouraud nellUniversit dello Utah. Lidea di base che spinse questo studioso fu quella di individuare, per ognuna delle facce in cui la superficie era discretizzata, la normale, calcolare lintensit luminosa in ognuno di questi punti e operare, successivamente un interpolazione lineare tra i valori cos ottenuti. In questo modo si ottiene una variazione uniforme dellilluminazione e una resa convincente delle superfici curve trattate in questo modo. Naturalmente, essendo tagliati fuori una grande quantit di altri parametri che influenzano, nella realt, laspetto delle superfici sotto lazione della luce, la resa che si ottiene con lo shading di Gouraud , qualsiasi sia il materiale che si sta adoperando, simile allaspetto che si ottiene con materiali opachi. Nella realt tanti altri fattori modificano la resa uniforme con sovrailluminazioni complesse ed estremamente articolate. Per correggere questi inconveniente interviene lo shading di Phong che prende il nome

dal suo ideatore Bui-Tuong Phong. Questo tipo di procedura tiene conto delle sovrailluminazioni e fa uso di uninterpolazione pi accurata. Leffetto risultante certamente di gran lunga pi soddisfacente di quelli finora illustrati e permette una verifica accurata delle condizioni di illuminazione e delleffettiva apparenza delle superfici e dei materiali impiegati. Valori riflettenti e speculari molto accentuati portano a superfici brillanti e colori estremamente realistici. Come si compreso da tutto quello che si qui rapidamente esposto, il passaggio dallo shading di Lambert a quello di tipo Phong rappresenta il passaggio da unombreggiatura elementare ad una tipologia di ombre ben pi complessa e fotorealistica. Ma quella di tipo Phong rappresenta lombreggiatura pi elementare tra quelle complesse che prendono in considerazione una serie pi ampia di parametri e di fenomeni che intervengono nella definizione delle immagini cos come appaiono nella realt. Le descrizioni delle caratteristiche delle superfici oggetto di studio possono comprendere anche parametri come il coefficiente di opacit, le propriet di riflessione diffusa e speculare e di trasparenza. Tutti questi parametri che derivano dagli studi di ottica geometrica possono venire combinati con i principi di ombreggiatura prima esaminati determinando una tecnica di restituzione molto complessa ed elegante che va sotto il nome di raytracing. La tecnica del raytracing calcola il colore risultante pixel per pixel in base ai fattori che seguono: ombreggiatura dipendente dalla luce che direttamente incide in un determinato punto di una superficie assegnata riflessioni di altri oggetti colore di ogni oggetto osservato attraverso la superficie in quel punto Al fine di realizzare una tecnologia pi complessa che calcola anche gli effetti della diffusione luminosa negli ambienti si sono create le procedure di rendering che vanno sotto il nome di radiosity. Questa metodologia stata mutuata dalle procedure messe a punto nel campo dellingegneria termica per lo studio dellenergia radiante. Il metodo si basa sul dividere le superfici che intervengono nel definire la scena in esame in elementi discreti. Ogni elemento della scena, sia esso superficie riflettente che sorgente luminosa, viene considerato nello scambio di luce ed , quindi, considerato come possibile emettitore di energia luminosa. Tutti gli scambi possibili vengono valutati mediante una serie di equazioni di bilancio energetico. In altre parole ogni elemento discreto di superfi-

cie viene considerato come soggetto ad una quantit di luce incidente la quale viene divisa in luce assorbita e luce riflessa. Da questo primo calcolo si procede verificando che cosa accade della luce riflessa una volta che essa giunga a tutte le altre superfici vicine e viene effettuato unaltra volta il calcolo della luce assorbita e di quella riflessa e cos via fino a quando lenergia luminosa che viene riflessa da ogni elemento discreto pu essere considerata trascurabile. Come si pu ben intuire, questo calcolo molto dispendioso in termini di tempo e diventa conveniente quando sia necessario ottenere delle simulazioni molto veritiere soprattutto di interni architettonici. Un discorso particolare, nelle procedure di rendering e, come vedremo successivamente, in quelle di animazione, quello da dedicare allilluminazione. Quello giocato dalle luci nel mondo della modellazione 3D e del rendering un ruolo estremamente importante. La luce cambia radicalmente laspetto degli oggetti su cui si posa e lambiente in cui si diffonde. Si tratta di un capitolo tanto complesso non soltanto nella modellazione digitalizzata ma in tutte le arti figurative tradizionali che non basterebbe un intero volume dedicato a questargomento per sviscerarne tutti gli aspetti. Ci limiteremo qui soltanto alle caratteristiche pi importanti per il discorso che qui si conduce. Lo studio della luce pu essere suddiviso, in una prima grossolana suddivisione, in due grandi capitoli: quello relativo alla luce artificiale e quello relativo alla luce solare. La prima considerazione da farsi che questultima la pi difficile a riprodurre per via sintetica. Come regola generale, per ottenere un risultato accettabile, bisogna agire non soltanto sulle caratteristiche intrinseche delle luci ma anche sui materiali e sulla luce ambiente. Elemento estremamente importante che caratterizza gli ambienti naturali latmosfera. In generale, anche in relazione alle limitazioni proprie dei modellatori di fascia bassa che sono quelli pi diffusi, questo particolare aspetto tende ad essere trascurato. Ma nei software di fascia alta questo parametro viene implementato con maggiore cura e viene offerta una serie di strumenti adatti a riprodurre i fenomeni caratteristici che finiscono per definire latmosfera come nubi, nebbia, foschia e cos via. Perch sia possibile costruire animazioni di buon livello si rende necessaria una conoscenza approfondita della teoria dei colori e della qualit della luce che si pu costruire, ricorrendo alla letteratura specifica e specialistica che si esiste sullargomento. Uno dei fattori pi importanti nella resa luministica di una scena la luce ambiente. Questo particolare fattore influenza tutto quello spazio e quelle zone della scena che non

sono direttamente illuminate dalle fonti luminose precedentemente create. Non facile determinare i valori esatti da impostare per questo parametro; devono essere individuati caso per caso e, comunque, necessaria una grande esperienza nel campo della modellazione e, soprattutto, una conoscenza approfondita dello specifico software del quale si fa uso. Per luce artificiale si deve intendere qualsiasi fonte luminosa che non sia quella solare. Normalmente, tutte le fonti luminose previste nei vari software (spot, puntiformi, parallele ecc.) possono essere colorate in modalit RGB per aumentarne leffetto o limportanza nel bilancio luminoso generale della scena. In generale luso di luci colorate vivifica la scena che, altrimenti, se si ricorre soltanto a fonti luminose bianche, pu apparire sbiadita e scialba. Un fattore di fondamentale importanza che bisogna tenere molto ben presente il passaggio, sul piano della resa (dominanti di scena, luminosit, brillanza, trasparenza, riflessioni e cos via), dai colori che appaiono sul display del computer, a quelli restituiti da un video televisivo o a quelli della stampa su carta. In questi passaggi avvengono profonde modificazioni in base alle quali i risultati finali possono apparire radicalmente diversi da come sono stati inizialmente progettati. Questo accade perch esistono, nei meccanismi specifici di formazione dei colori finali in ciascuno dei casi ora detti, differenze strutturali radicali e difficilmente superabili. La regola generale pi semplice alla quale ci si pu attenere questa: se si lavora per un prodotto che rimarr sul computer il problema non si pone in alcun modo, ma se il prodotto dovr poi essere riversato su video (o essere proiettato con videoproiettore in una sala pubblica su di un grande schermo) o riprodotto a stampa, allora largomento colore uno dei fattori pi delicati e va affrontato per primo, nel piano di produzione, specialmente se il risultato deve essere acquistato da committente esterno che riscontra profonde differenze tra laspetto a monitor e quelli del prodotto finale video o a stampa. In generale, per tentare di controllare gli effetti finali, si possono utilizzare appositi campionari di colore creati dai produttori video per tentare di bilanciare i risultati con i colori di progetto che appaiono sul display del computer. Non esistono regole certe ma le soluzioni di compromesso accettabili vanno ricercate empiricamente per tentativi, verificando gli errori man mano che questi si presentano e immettendo opportuni e graduali parametri correttivi. Vanno fatte molte prove di riversamento dei colori da computer a video o prove di stampa (fattore molto importante, in questultimo caso, la specifica qualit del supporto cartaceo che si adopera) ed

ottenere informazioni che possano tornare utili ai vari professionisti che lavorano nei singoli settori. Si diceva, prima, della necessit di conoscere almeno i rudimenti dei meccanismi di produzione dei colori specifici dei sistemi software attualmente in uso. In alcuni sistemi possibile scegliere tra due sistemi di colori, quello basato sul modello RGB (Red, Green, Blue) e quello basato sul modello HSV (hue, saturation, value). I colori hanno una grande importanza e determinano, in gran parte, la qualit estetica e la struttura tecnologica di unimmagine raster. Quando siano utilizzati con sensibilit ed accortezza essi non soltanto aumentano il contenuto di informazione trasmissibile ma anche il realismo della rappresentazione degli oggetti naturali che, molto spesso, rappresenta uno degli obbiettivi principali del lavoro di modellazione e rendering. Locchio umano pu percepire molte frequenze di colore dello spettro comprese nellintervallo da 400 nm (blu) a 700 nm (rosso). Questa sensibilit ai colori il risultato di svariate migliaia di recettori situati sulla retina. Non tutti possiedono la stessa sensibilit e non tutti riescono a percepire lo stesso intervallo di lunghezze donda. Alcuni recettori sono particolarmente sensibili allinterno dellintervallo dei blu, mentre altri sono particolarmente recettivi in quello del verde, intorno ai 540 0 580 nm. Locchio ha tre differenti tipi di recettori per i colori primari rosso, verde e blu. La sensibilit allo spettro e il sovrapporsi degli intervalli di sensibilit rende la caratterizzazione dei colori estremamente difficoltosa. Il colore che locchio umano percepisce come bianco non contiene verde, rosso e blu nelle stesse proporzioni. La luce bianca detta luce acromatica. Come si ricordava poco fa, strumenti tipici per loutput dei colori sono il display del monitor, i proiettori video, gli apparecchi televisivi e le stampanti. Alcuni di essi utilizzano, per la rappresentazione dei colori, un metodo di miscelazioni detto sottrattivo (CMY) mentre altri utilizzano il metodo additivo. Generalmente un colore viene determinato mediante la determinazione di tre parametri numerici. Il sistema pi in uso nelle applicazioni di computer grafica quello RGB perch nella grande maggioranza dei casi si armonizza con i sistemi hardware dedicati alla grafica, in particolare i monitor. Un monitor, una volta che sia riguardato da questo particolare punto di vista, pu essere considerato come una griglia a grana, per cos dire, molto fine di punti (pixel) risultanti dalla sovrapposizione dei tre colori fondamentali del sistema RGB e, cio red, green e blu. I punti luminosi sono generati dal un fascio di elettroni sparati dal cannone del tubo a raggi catodici.

Attivando con differenti intensit gli elementi della griglia raster dello schermo possibile non soltanto generare gli otto colori di base (nero, rosso, verde, giallo, blu, magenta, ciano e bianco) che sono il risultato della miscelazione dei tre colori primari, ma anche moltissimi colori derivanti dalla loro composizione. La quantit finale di colori che possibile ottenere generata dalla gamma di gradazioni dintensit del fascio elettronico incidente. Per esempio, utilizzando quattro gradazioni per i colori primari si ottiene una profondit di 4rossi x 4verdi x 4blu = 64 colori. La misura standard 256 gradazioni per ogni colore primario che porta ad un insieme complessivo di possibili combinazioni di 256x256x256 pari a 16.777.216 colori. E possibile rappresentare in un diagramma grafico tutti i colori ottenibili ricorrendo ad uno schema organizzato su tre coordinate spaziali dove lasse delle x rappresenta il rosso, quello delle y il verde e, infine, quello delle z il blu. Si ottiene, in questo modo, un diagramma che viene comunemente cubo RGB. Nel caso che ad ogni componente di colore si attribuisca soltanto un bit di intensit (e, cio, la componente pu soltanto essere accesa o spenta ma non assumere i valori intermedi possibili di scala) il cubo in questione facilmente comprensibile. Se tutte le componenti (RGB) sono spente, il colore risultante il nero, se, viceversa, sono tutte accese, il colore risultante il bianco. Le altre combinazioni possibili sono che siano accese le tre componenti fondamentali una per volta (e si avranno i colori Rosso, Verde e Blu) o due alla volta dando come risultato i colori Magenta (Blu e Rosso accesi e Verde spento), Ciano (Verde e Blu accesi e Rosso spento) e Giallo (Rosso e Verde accesi e Blu spento) Questo tipo di rappresentazione in base al sistema RGB tecnicamente corretta mentre invece, meno rigoroso il sistema HSV basato sui parametri H hue (sfumatura), S saturation (saturazione), V value (valore di colore) pi adatto, conseguentemente, a pittori ed artisti. Per terminare questo paragrafo alcune considerazioni sulle camere. Con questo termine si intende, di norma, un oggetto che interviene nella composizione della scena che rappresenta un punto di vista aggiuntivo per la percezione della vista ridimensionale. Normalmente viene fornita una camera di default, ma lutente pu crearne quante altre desidera per controllare la scena contemporaneamente da pi punti di vista prospettici. Per poter localizzare con precisione la posizione della nuova camera nella scena di lavoro corrente viene fornito un sistema di coordinate locali dove gli assi X e Y relativi individuano il piano del film e lasse Z indica la direzione di puntamento della camera. Una cam-

era, come accade nella realt, possiede una lunghezza focale che definisce langolo di apertura dellobbiettivo dal fish-eye fino ai teleobiettivi. In perfetto accordo con la metafora foto-cinematografica possibile definire anche la profondit di campo che determina quale parte dellimmagine risultante sar messa a fuoco. In alcuni casi anche possibile scegliere tra avanti e dietro, se si desidera, cio, che siano rappresentati con maggiore chiarezza gli oggetti situati anteriormente o posteriormente. Si pu anche decidere di mettere a fuoco la parte centrale e in questo caso sia la parte anteriore che quella posteriore non saranno a fuoco.

Movimento
Finora ci siamo occupati di modelli statici. Analizzeremo, ora, il movimento. Per fare questo necessario introdurre la nozione di ipersolido [Il concetto di ipersolido, come si vedr tra poco, qui da intendersi, prevalentemente, come astrazione matematica, modello quadrimensionale funzionale alla descrizione di ci che accade in unanimazione al computer. Nella pratica corrente della progettazione architettonica sono stati introdotti concetti analoghi anche se il loro significato da intendersi soprattutto sul piano formale e dello stile. Stephen Perrella, ad esempio, introduce, nel suo modo di fare architettura, il termine hypersurfaces. Le hypersurfaces sono da intendersi come involucri dinamici delloggetto architettonico in grado di stabilire link poliedrici e polisemantici con campi esterni allarchitettura, come recettori di flussi di informazioni eterogenee. Secondo Perrella le tecnologie virtuali producono scambi nuovi ed interattivi che possono veicolare il reale e il virtuale, realt che, tradizionalmente, vengono considerate opposte e disconnesse. Perrella ha studiato panelli costituiti da hypersurfaces intese come diagrammi strutturali che riescono a superare il distacco che esiste nellarchitettura tradizionale tra struttura delledificio e la pelle esteriore (skin)2. Riflessioni analoghe sono state condotte in studi per tesi di laurea dove gli spazi innovativi (spazi per il telelavoro, musei virtuali, ecc.) risultano dal concorrere di elementi concreti dello spazio fisico ed elementi del flusso di dati virtuali che vengono immagazzinati nello spazio reale mediante interfacce appositamente studiate come cavedi, superfici parametriche, schermi, involucri, pavimenti interattivi, ecc3. e, cio di un solido a quattro dimensioni. Questo concetto che, a prima vista, pu apparire abbastanza astruso, poco visualizzabile e, soprattutto, poco utile, al contrario, viene facilmente compreso se, in qualche modo, si

amplia il concetto di pixel. Un pixel, come si compreso da tutto quello che si detto fino a questo momento, un punto luminoso situato sul piano del display. La sua definizione trae origine, com noto, dalla contrazione dei due termini pictured element ( che sta ad individuare un elemento zerodimensionale luminoso o colorato). Una linea pu essere descritta come una serie monodimensionale di pixel luno accanto allaltro; una superficie piana pu essere definita come un insieme di linee situate le une accanto alle altre e , cio, come una serie bi-dimensionalie di pixel. Procedendo in maniera del tutto analoga viene introdotto il concetto di voxel e, cio, di un elemento solido elementare tridimensionale una sorta di cuboide elementare il quale concorre a definire, in perfetta analogia a quanto accade per il pixel, elementi solidi comunque complessi. Ricorrendo ai voxel sar possibile descrivere elementi tridimensionali di qualsiasi natura, prismi, cubi, piramidi, sfere e cos via. Cos facendo, in perfetta analogia a quanto accade per il piano, dove ad ogni pixel corrisponde una coppia di valori numerici che ne forniscono le coordinate di posizionamento rispetto ad un sistema di assi cartesiani di riferimento, ad ogni voxel corrispondono tre coordinate di posizionamento rispetto ad una terna di assi cartesiani perch esso possa essere univocamente determinato. Gli elementi spaziali saranno, dunque, insiemi di voxel e cio di terne numeriche di ubicazione nello spazio. Nulla vieta, a questo punto, di accoppiare ad ogni terna un quarto valore, una quarta coordinata che descrive al sistema la posizione del voxel nel tempo. In questo modo possiamo pensare di descrivere il movimento del singolo voxel. Questo ragionamento si pu estendere a tutti i voxel che costituiscono il solido in esame. Un voxel con una quarta coordinata aggiuntiva prende il nome di ipervoxel [Un ipervoxel possiede, quindi, quattro coordinate (x, y, z, t). Se, per fare un esempio concreto, supponiamo che lipervoxel in questione quello che segue una traiettoria in moto rettilineo uniforme parallela allasse delle x , le sue coordinate potranno specificarsi nel modo che segue (xi, y, z, ti) con dove xi = xo + i e ti = to + i con per i che varia da 1 a n e y e z che rimangono costanti]. Un solido costituito da ipervoxel si chiama ipersolido, ottenendo in questo modo un modello che contiene informazioni sulle posizioni degli elementi minimi di informazione (voxel) che costituiscono il solido e sulla loro variazione nel tempo. Un ipersolido, conseguentemente, altro non sarebbe che una struttura informativa capace di descrivere il movimento di un corpo solido nello spazio. E del tutto ovvio che questastrazione concettuale presenta difficolt di visualizzazione in uno spazio 3D ma, come in uno spazio bidimensionale esistono metodologie di rapp-

resentazione delle tre dimensioni (assonometrie, isometrie, prospettive, ecc.), analogamente possibile rappresentare in 3D, mediante opportuni artifici, unentit del tipo di un ipersolido ora descritto. Praticamente possibile rappresentare un oggetto di questo tipo intervenendo sulla dimensione temporale cos da sovrapporre alcuni stati diversi del solido (nel tempo) nel sistema di coordinate tri-dimensionali; leffetto sar simile a quello delle celebri fotografie a pi esposizioni eseguite da Harold Edgerton per studiare il movimento.4 Riepilogando quanto finora emerso, un ipersolido un solido che contiene in s, oltre tutte le informazioni di natura volumetrica e posizionamento nello spazio della scena, anche quelle necessarie perch se ne possa rappresentare, mediante un opportuno sistema di restituzione, unanimazione. Ma procediamo oltre. Se si ricorre alla tecnologia di rappresentazione basata su voxel, un solido pu essere descritto soltanto attraverso i suoi confini e, cio, soltanto mediante quei voxel che sono situati ai bordi di esso, trascurando tutta la massa di voxel che sono allinterno della pellicola (skin) pi esterna. Questo tipo di modello di rappresentazione prende, per lappunto, il nome di modello per confini. La procedura che tutti i punti senza dimensioni vengono tra loro associati per formare linee monodimensionali, queste, una volta associate, formano superfici bidimensionali e queste ultime, associate tra loro, descrivono solidi tridimensionali. Procedendo con metodo analogo, il concetto di modello cos descritto si pu ampliare e solidi tridimensionali si possono associare alle coordinate temporali in modo da definire ipersolidi quadridimensionali. Definiti i concetti di voxel, ipervoxel, ipersolido e ipersolido per confini, possiamo, a questo punto, cercare di comprendere come lavorano i software dedicati alla modellizzazione di solidi in movimento. La procedura generalmente utilizzata quella che ricorre al congelamento, per cos dire, di keyframe e, cio, di fotogrammi-chiave essenziali a definire il cammino del solido nello spazio. Due keyframe, generalmente quello dinizio e quello di fine, mostrano le differenti posizioni di un ipersolido in due determinate coordinate temporali (quella iniziale e quella finale) dellanimazione che si intende costruire. Loperazione si sviluppa, sul piano concettuale, in maniera perfettamente analoga ad un trascinamento (sweeping) di figure bidimensionali per la costruzione di solidi. Viene effettuato un trascinamento di un solido attraverso la quarta dimensione per definire un ipersolido. Il trascinamento temporale segue regole e leggi analoghe a quelle di un trascinamento bidimensionale nella terza dimensione per cui ogni elemento del solido e, cio,

ogni voxel, si muover lungo una traiettoria temporale conservando le relazioni di congruenza con tutti gli altri punti del solido di appartenenza originario. In altre parole tutti gli elementi che costituiscono gli elementi di confine del solido si muovono assoggettati ad un insieme di regole di congruenza come appartenenza alle proprie strutture tridimensionali originarie, movimento secondo traiettorie definite per raggiungere il keyframe di destinazione, e cos via. Naturalmente possibile anche variare la forma del solido e quindi introdurre varie leggi di modificazione. In generale possibile variare tutte le propriet del solido dal primo keyframe allultimo. Ad esempio se la variazione interessa soltanto i valore di posizione dei voxel costituenti allora si avr una semplice traslazione. Se varier soltanto il loro orientamento si avr una rotazione e cos via. Le regole di comportamento dellipersolido nel corso del movimento dal keyframe iniziale si possono anche sovrapporre tra loro interessando il movimento, le variazioni dei punti di osservazione della scena, i movimenti relativi di altri ipersolidi, variazioni di illuminazione ambientale e di sorgenti luminose, le propriet specifiche del solido come, ad esempio, trasparenza, volume, grandezza, colore e cos via. In molti modellatori di fascia alta vengono visualizzate le cosiddette curve di movimento che corrispondono alla posizione del solido nello spazio, alla velocit ed allaccelerazione. Sappiamo che la seconda curva la derivata della prima e la terza la derivata della seconda. Muovendo ognuna di esse sar possibile variare le caratteristiche del moto del solido interessato e modificare le altre curve conseguentemente. Questo tipo di strumentazione permette un controllo molto accurato del moto di un oggetto e di modificarne le caratteristiche quando e come si vuole. Le due tipologie principali di animazione comunemente inglobate nei software di modellazione ed animazione sono il fly trough e i movimenti articolati di oggetti complessi le cui parti sono governate da precise gerarchie. La prima tipologia corrisponde, pi o meno, al concetto di passeggiata virtuale (Virtual Walktrough) attraverso un modello ed quel tipo di animazione che maggiormente interessa il tradizionale lavoro di progettazione (di edifici od oggetti) degli architetti. La seconda tipologia serve per rendere scene intricate e la sommatoria di movimenti che in esse possono animare oggetti diversi, oppure per stabilire come, in un oggetto composto da pi parti che possono animarsi, i vincoli relativi facciano sentire la loro azione condizionando le possibilit di movimento e le limitazioni che linsieme esercita sulle singole parti. Questultima tipologia interessa, forse, soprat-

tutto il lavoro futuro degli architetti e, cio, la progettazione-realizzazione di spazi virtuali e sintetici come scenografie, modelli sofisticati, siti web animati e definiti soprattutto dal punto di vista dellorganizzazione spaziale e cos via. Perch questi procedimenti appaiano chiari necessario introdurre il concetto di gerarchia di movimento. Immaginiamo, per fare un esempio, di voler costruire un modello semplificato del sistema solare. Sappiamo che in questo sistema il sole pu essere considerato un elemento fisso mentre tutti gli altri elementi costituenti e, cio, pianeti e satelliti sono in movimento rispetto ad esso. Il sole, per questa sua caratteristica, potrebbe essere scelto come origine del sistema globale di riferimento mentre ogni singolo pianeta avrebbe un sistema locale la cui origine sarebbe coincidente con il centro del pianeta stesso. I satelliti avrebbero un movimento di rotazione relativo a questi ultimi sistemi mentre i pianeti girerebbero attorno al sole e, cio, si riferirebbero al sistema globale. Per poter costruire con esattezza il movimento reale di un satellite dovremmo mettere in modo i pianeti attorno al sole e i satelliti attorno ad ogni singolo pianeta. In altre parole dovremmo costruire una gerarchia di movimenti dove i primi (rotazioni attorno al sole) trascinano, per cos dire, i secondi (rotazioni dei satelliti attorno ai pianeti). Con questo tipo di procedimenti e, cio, di gerarchie derivate da vincoli, possibile descrivere movimenti anche molto complessi. Lo stesso procedimento dal punto di vista concettuale potrebbe applicarsi ad organismi pi complessi come, ad esempio, il corpo umano o un personaggio di un cartone animato come il cow boy Woody di Toy Story o Tot quando in uno suo celebre film, vestito da Pinocchio, si muove come una marionetta con scatti e movimenti rigidi delle parti tra loro. In una schematizzazione di comodo potremmo considerare il corpo di questultimo suddiviso in parti rigide (proprio come fossero di legno come Tot riusciva magistralmente ad imitare) collegate da giunti che permettono rotazioni piane. In questo modo le parti componenti potrebbero essere: la testa comprensiva del collo, il torso, le braccia e le gambe. Le braccia, a loro volta, sarebbero costituite da due parti, le braccia attaccate con cerniere al busto e gli avambracci, comprensivi delle mani atteggiate a spatole a questi rigidamente collegate. Le gambe, infine, potrebbero consistere in tre parti: le cosce, le gambe e i piedi, collegate le une alle altre con cerniere e sempre con cerniere ai lati della parte inferiore del tronco. A questo punto, per realizzare un,animazione del nostro Tot virtuale dovremmo stabilire delle gerarchie partendo dal tronco: testa, arti superiori ed inferiori si muovono in

funzione di ogni spostamento del tronco; la testa pu ruotare intorno alla cerniera che la lega al tronco; le braccia ruotano intorno alle cerniere del tronco e si trascinano gli avambracci e le mani; le cosce si portano appresso gambe e piedi. I movimenti di TotPinocchio sono abbastanza semplici e schematici ma il movimento di una mano, anche se rigidamente legata allavambraccio pu diventare enormemente complesso se tutto il corpo si muove, le gambe procedono e il torso si abbassa nel movimento tipico di imitazione della gallina che becca il granone in terra. Per definire i movimenti di Tot si ricorre a quella che si chiama una catena cinematica e, cio, una descrizione di movimenti possibili in relazione al sistema di vincoli che sono imposti ai singoli pezzi componenti e le gerarchie di appartenenza (lavambraccio legato al braccio e questo al busto che, a sua volta, si muove se linsieme coscie-gambe-piedi si muovono). Una tecnologia frequentemente utilizzata per gli scopi brevemente esaminati finora quella della cosiddetta cinematica inversa (Inverse Kinematics IK). Si tratta di un metodo che permette di posizionare le figure nello spazio e precisare le tipologie di legami che le caratterizzano i quali risultano indispensabili per gestire correttamente le animazioni. Per esempio si pu afferrare una mano al termine di un braccio e trascinarla nella posizione desiderata ottenendo che tutto il braccio a questa attaccato segua automaticamente (e correttamente) la mano nel punto dove questa sar ubicata. La cinematica inversa non usata solamente per le animazioni ma anche per la normale costruzione di oggetti che devono essere gerarchicamente organizzati. Esistono, molto spesso, particolari oggetti disponibili nei vari modellatori che permettono la costruzione di catene di vincoli tali da soddisfare alle regole della cinematica inversa. Alcuni di questi oggetti prendono nomi significativi della loro funzione strutturante come, ad esempio, bones (ossa) o figure (figura).

NOTE
1. Allepoca della tesi di Sutherland tutto il complesso capitolo matematico di trasformazione della geometria descrittiva in computer grafica era gi stato completamente messo a nudo. Unesposizione particolarmente interessante di questa materia e degli algoritmi di trasformazione relativi in Roy A.PLASTOCK, Gordon KALLEY, Computer Graphics, 1987, Etas libri, Milano.

2. Cfr. Peter ZELLNER, Hybrid Space, Thames & Udson, 1999, London, p.45 e ss 3. Le tesi in questione cui qui si fa riferimento sono: IPERPORTO, luogo di interconnessione dei flussi materiali ed informatici di Carlo De Mattia, Michele Marozzini, relatori Andrea Vallicelli, Giacomo Ricci, F.d.A. Universit di Chieti-Pescara anno acc. 1999-2000 e Riqualificazione di Place de Stalingrad Paris-La Villette. Museo virtuale delle opere di Charles Nicolas Ledoux di Vincenzo Guadagno, relatori Giacomo Ricci, Marco Zoratto, assistente Francesco Donniacono, F.d.A. di Napoli Federico II e Ecole dArchitecture Paris-La Villette, anno acc. 2000-01. 4. William J.MITCHELL, Malcom MCCULLOUGH, op.cit., p.243.

I dinosauri addomesticati
percorso cronologico ragionato attraverso la storia evolutiva dei computer et similia

E doveroso iniziare questo tentativo di sintetica ricostruzione cronologica della storia evolutiva dei computer ricordando la calcolatrice meccanica dovuta, nel 1642, alleccezionale capacit inventiva di Blaise Pascal. Allet di soli diciannove anni, il filosofo francese, infatti, ide costru una macchina ad ingranaggi, che dal suo nome fu chiamata pascalina, la quale effettuava, per la prima volta nella storia, il riporto automatico e, di conseguenza, era in grado di eseguire addizioni e sottrazioni. La storia vuole che Pascal inventasse questo marchingegno per venire in soccorso del padre il quale, per esigenze legate al suo lavoro - era, infatti, esattore delle tasse - era costretto ad eseguire numerose operazioni di calcolo. La pascalina era una semplice calcolatrice meccanica che non conservava alcuna memoria di ci che faceva n era istruibile intorno alle azioni che doveva compiere mediante un programma precostituito; dunque, a rigore, non ce ne dovremmo occupare in questa sede. Come non dovremmo occuparci del perfezionamento che un altro filosofo, Gottfried Leibniz, effettu di questo meccanismo qualche anno pi tardi. Nel 1671, partendo dai principi costruttivi della pascalina, egli progett, infatti, una macchina la quale era in grado di eseguire, in aggiunta alle operazioni di base delladdizione e della sottrazione, anche moltiplicazioni e divisioni. Fu poi nel 1694 che questo tipo di apparecchiatura venne messa definitivamente a punto. Ma, come s ora detto, si tratta soltanto di macchine calcolatrici, le quali, pur se basate su ingegnosi meccanismi, non hanno, per, nulla a che vedere con le macchine automatiche che nel tempo sono sorte e che, molto pi rigorosamente, possono essere imparentate ai moderni computer. Come ormai tutti sanno il primo a pensare alla realizzazione di una macchina che fosse in grado di svolgere automaticamente operazioni di calcolo algebrico fu il matematico Charles Babbage. Progettista e costruttore di svariate calcolatrici per la compilazione di tabelle numeriche di aiuto al calcolo (trigonometriche, attuariali, ecc.), nel 1822 Babbage progett e realizz, anche se solo in parte, una macchina automatica di questo tipo dotata di memoria centrale e capace di svolgere operazioni multiple.

La Macchina Analitica (Analytical Engine), cos come Babbage la defin, fu la prima calcolatrice che, tramite scheda perforata, permetteva la memorizzazione di un programma precostituito. Va detto, per, che questo congegno, ancorch geniale per i tempi in cui fu ideato, non arriv mai a funzionare in maniera completa perch si basava, essenzialmente, sulle tecnologie, allepoca dominanti, dei meccanismi degli orologi e del motore a vapore le quali, come si pu ben intuire, non erano assolutamente in grado di assicurare una ragionevole velocit di esecuzione e laffidabilit necessaria per una corretta funzionalit operativa. Sotto il profilo strutturale la Macchina Analitica era composta da ununit operativa e da una memoria centrale; era prevista, inoltre, la presenza di dispositivi per limmissione dei dati e, una volta che questi fossero stati elaborati dallunit operativa, la loro restituzione allutente. Era contemplato, inoltre, il controllo dei cicli di operazioni da eseguire. Per i motivi che si sono detti, le intuizioni di Babbage rimasero a livello di pure congetture per oltre un secolo e mezzo fino a quando non fu costruito il primo calcolatore elettromeccanico della moderna storia dei computer, il Mark I di Aiken di cui si parla pi innanzi in questo lavoro. Allepoca, anche se la Macchina Analitica non fu completamente realizzata e, conseguentemente, non fu possibile controllare empiricamente lesattezza delle previsioni di Babbage, molto vivace fu la discussione intorno ai presupposti teorici e, per cos dire, filosofici che la animavano. Lattenzione si appunt soprattutto intorno alla possibilit di costruire un qualche meccanismo che, artificialmente, fosse dotato di intelligenza ed autonomia di azione intellettuale. La Macchina Analitica, secondo le intenzioni di Babbage, avrebbe dovuto essere una costruzione spettacolare perch era prevista ununit di calcolo in grado di effettuare operazioni su numeri fino a cinquanta cifre. Una serie di interessanti osservazioni furono svolte da Ada Augusta Lovelace Byron, figlia del poeta Lord Byron, giovane matematica ed assistente di Babbage, la quale, tra laltro, ebbe a scrivere che:
La Macchina Analitica non pretende di creare nulla. Essa pu fare qualsiasi cosa nella misura in cui noi sappiamo ordinarle in che modo farlo.1

La diffusione delle idee geniali di Babbage ebbe luogo, soprattutto, grazie allopera del matematico italiano Luigi Menabrea il quale si preoccup di divulgare le sue idee. Il matematico inglese, infatti, aveva scritto poco e male sui principi di funzionamento e le

finalit della Macchina Analitica e le conferenze da lui tenute riuscivano, per la maggior parte degli ascoltatori, di difficile comprensione. Nel 1840 Babbage tenne un ciclo di conferenze presso lAccademia militare di Torino e, in questoccasione, il Menabrea, che l insegnava, ebbe modo di ascoltarlo e rimanere, di fatto, profondamente colpito dalle sue tesi. Menabrea scrisse un rapporto molto comprensibile sulla Macchina Analitica e Babbage stesso, dopo averne preso visione, convinse Ada Byron a tradurlo in inglese2. Questo rapporto costituisce unesperienza singolare per chi ha a cuore la storia dellevoluzione dei computer e ci si rende conto, leggendolo, che, di fatto, dalle geniali anticipazioni di Babbage pochissimo cambiato nella Computer Science durante il corso di pi di un secolo e mezzo di evoluzione. Possiamo affermare, insomma, che, con buona approssimazione, il progresso che si avuto riguarda soprattutto le tecnologie attuative ma non le teorie e le idee di fondo in base alle quali la moderna scienza dei calcolatori stata costruita. Con il lavoro di Babbage per la prima volta fa ingresso, nella storia della cultura degli uomini, la possibilit di costruire concretamente unentit artificiale la quale ha, anche se soltanto in nuce, la possibilit di emulare il pensiero delluomo e, forse, la pretesa altres di imitare questultimo nelle sue precipue facolt creative. Babbage mor nel 1871 e il suo cervello venne studiato a fondo per osservare se la sua straordinaria genialit fosse originata da caratteristiche morfologico-conformative diverse da quelle normali. Esso ancora conservato, separato nei due emisferi costituenti, in due vasi nel museo Hunteriano. Dopo lopera di progettazione di Babbage del 1822, altro atto fondamentale, dal punto di vista teorico, nella definizione del percorso che port vero la concreta realizzazione della Macchina Analitica fu la pubblicazione, avvenuta nel 1854, del testo di George Boole Laws of Thought (Leggi del pensiero) nel quale lautore defin, sul piano teorico, la cosiddetta matematica dellintelletto e, cio, la trasposizione, in termini matematici, delle leggi fondamentali della logica aristotelica. Questa disciplina meglio nota, oggi, con lappellativo di algebra di Boole. Lalgebra di Boole importantissima nella fondazione della moderna Computer Science perch rappresenta il primo atto teorico fondamentale nella trasformazione della Macchina Analitica, delineata da Babbage nei suoi tratti essenziali, da semplice meccanismo in grado di svolgere operazioni matematiche a strumento linguistico complesso capace di effettuare intere catene di operazioni di natura simbolica. Nel 1914 nasce una societ dal nome CTR composta da 1346 membri effettivi il cui pres-

idente Thomas Watson. Nel 1924 la societ CTR converte il suo nome in IBM (International Bussiness Machine). Ma bisogna aspettare quasi un secolo, e per la precisione il 1927, per vedere questa storia proseguire, quando un professore di psicologia alla Columbia University si dedic allideazione e realizzazione di una macchina che fosse in grado di raccogliere ed elaborare automaticamente i risultati dei test psicologici. Vide cos la luce il Testcorer 805, apparecchio in grado di eseguire una serie di determinate operazioni in maniera automatica. Continuando gli studi in questa direzione gi tracciata, un gruppo di ricercatori guidati da Wallace Eckert, appartenenti allAstronomical Computing Bureau, fece uso di alcune macchine tabulatrici per effettuare i calcoli astronomici. Nel 1931, Vannewar Bush fu il primo a costruire, presso il MIT di Boston, un calcolatore analogico moderno, il cosiddetto analizzatore differenziale. Si tratt, per, di una macchina che ebbe scarsissima diffusione soprattutto a causa della sua impostazione strutturale di tipo analogico3. Successivamente, infatti, vennero realizzati i calcolatori digitali e fu essenzialmente questa la direzione che si scelse per orientare gli investimenti da parte del Governo e degli Organismi Militari degli Stati Uniti. Nel 1936, il giovanissimo e geniale matematico Alan Turing, per la prima volta, associ tra loro il comportamento del cervello delluomo e quello artificiale di una macchina, la Macchina Analitica per lappunto4; ma, a dir meglio, si trattava piuttosto del modello astratto di una macchina di sua concezione ripresa in gran parte dalle formulazioni iniziali di Babbage delle quale discusse in maniera approfondita nel suo lavoro di tesi, un saggio teorico che ha assunto, successivamente, un grande significato nellevoluzione della Computer Science, dal titolo On computable numbers, with an application to the Enstscheidungsproblem. Il problema matematico di fondo (per lappunto lEntscheidungsproblem) sul quale Turing accentr la sua attenzione di giovane studioso era stato sollevato nel 1928, durante lo svolgimento di un Congresso Internazionale, dal matematico Kurt Gdel il quale era riuscito a dimostrare che laritmetica, nel suo corpo assiomatico, non pu essere considerata totalmente coerente e che, del pari, non si tratta neanche una disciplina completa. Il problema generale intorno alla natura della matematica era, per cos dire, gi nellaria quando fu posto allattenzione della comunit scientifica da David Hilbert in un Congresso Internazionale del 1928. Cos Peter Bishop ne ha sintetizzato i lineamenti prin-

cipali:
Primo: la matematica completa, nel senso che sempre possibile dimostrare se unaffermazione matematica vera o falsa? Secondo: la matematica coerente, nel senso che, in una dimostrazione, nessun passo corretto pu portare ad una conclusione non corretta? Terzo: la matematica decidibile, ossia esiste un metodo ben preciso che, in linea di principio, possa essere applicato a qualsiasi enunciato matematico e che stabilisca se laffermazione vera?5

E nel 1931 che Kurt Gdel pubblica tutte le sue deduzioni in campo teorico racchiuse nella formula del cosiddetto teorema dellincompiutezza in base al quale si dimostra che esistono proposizioni vere in aritmetica delle quali non possibile avere una dimostrazione soddisfacente. A questo tipo di problematiche Turing era stato avviato dal suo maestro Max Neumann che aveva assistito al Convegno del 1928 nel quale Gdel aveva esposto la sua tesi e ne aveva riferito in due lezioni tenute a Cambridge alle quali Turing aveva assistito. Intanto, nel 1937, ad appena ventun anni, Claude Shannon si laure discutendo una tesi nella quale si dimostrava che lalgebra di Boole poteva essere associata, nei suo meccanismi, al funzionamento di circuiti elettrici e che, mediante la combinazione di questi, era possibile rappresentare complesse operazioni logiche ed aritmetiche.6 Il passo decisivo, di fatto, era ormai compiuto. Alla distanza, la prima formulazione di Boole che, come s accennato, introduceva la logica aristotelica nelle operazioni computazionali, rendendo possibile, in questo modo, la concezione di una macchina in grado di eseguire non soltanto operazioni di calcolo numerico ma anche di natura logico-simbolica, finiva per raggiungere la concretezza della costruzione effettiva: una macchina simbolica poteva realizzarsi mediante la logica costruttiva dei circuiti elettrici qualora questi fossero opportunamente progettati e predisposti e venissero a costituire, come vengono oggi appellate, delle porte logiche. Tra il 1935 e il 1945 lingegnere Konrad Zuse, in Germania, costru, nel salotto della sua abitazione, diverse versioni di un computer polivalente che prese il nome di Z1. Si trattava della prima macchina che, oltre a svolgere calcoli, consentiva anche altre operazioni su funzioni simboliche. Ma le vicende drammatiche della guerra non permisero lo sviluppo di questi studi e ricerche. Nel 1943, durante il conflitto mondiale, venne utilizzato il Colossus, una macchina in

grado di decodificare automaticamente i messaggi in codice tedeschi. Essa fu realizzata in Gran Bretagna a Bletchley Park, da un gruppo di ricercatori, cui appartenevano anche Donald Michie e Tommy Flowers, guidati da Max Neumann, maestro di Turing. Questo tipo di calcolatore, basato essenzialmente sui principi di criptoanalisi (analisi dei messaggi cifrati) ideati dallo stesso Turing, fu in grado, come ormai tutti riconoscono, di svolgere un ruolo di primaria importanza nella determinazione dellesito della Battaglia dellAtlantico se non, addirittura, dellintera guerra. E proprio nel 1943, daltra parte, che vede la luce il lavoro teorico di Arthur Rosenblueth, Norbert Wiener, Julian H. Bigelow dal titolo emblematico Comportamento, scopo e teleologia che rappresenta latto di fondazione teorica della Cibernetica. Nato dalla collaborazione di un neurofisiologo come Rosenblueth e di un fisico-matematico del calibro di Wiener (laureato a diciannove anni allUniversit di Harvard, allievo di Russell e di Hilbert, professore di matematicoa al MIT, che aveva atteso a studi nei campi della teoria della relativit e dei quanti, della logica matematica e di epistemologia) il saggio in questione assunse un significato capitale nellevoluzione teorica della disciplina cibernetica. Di questo saggio ci occupiamo in maniera pi approfondita in altra parte di questo studio. Nellambito di una breve ricostruzione cronologica come questa va sottolineata la circostanza che in esso venga effettuato il tentativo di comprendere il funzionamento di tutti i sistemi complessi, dalla natura dei meccanismi propri del cervello del singolo individuo fino a quelli della societ umana considerata nel suo insieme, vista come macchina orientata alla ricerca di un proprio equilibrio nei confronti dellambiente esterno. Il primo computer che propriamente si possa denotare con questo nome deve essere considerato il Mark I, progettato e realizzato dal matematico Howard H. Aiken, con il suo gruppo di ricerca e laiuto dellIBM, sul finire degli anni 30 presso lHaward University. La costruzione della macchina si protrasse dal 1940 al febbraio del 1943. Si tratt del primo calcolatore elettromeccanico general purpose e, cio, non specializzato, conosciuto anche come Automatic Sequence Controlled Calculator (ASCC), ottenuto collegando in serie 78 calcolatrici a relais: nellinsieme la macchina risultante conteneva circa 3300 rel. Il sistema di numerazione era quello decimale e lingresso dei dati avveniva mediante lettore a banda perforata. Il committente dellimpresa fu la Marina militare degli Stati Uniti ed il costo si aggir intorno alle centinaia di migliaia di dollari di quel tempo. Lo scopo principale era quello dellautomatizzazione del calcolo balistico e la pro-

duzione di tavole che aiutassero gli artiglieri nei lanci a lunga distanza. Il Mark I fu soprannominato Nessie volendolo avvicinare, per le eccessive dimensioni (era lungo 15,5 metri ed aveva unaltezza di 2,5 metri), a quello che si immaginava dovesse essere il mostro del lago di Lochness. Successivamente, durante la seconda met degli anni 40, lo stesso Aiken con il suo gruppo e nuovamente con laiuto finanziario dellIBM, costru la seconda versione di questo calcolatore, che prese il nome di Mark II, molto pi veloce e dotato di un sistema di controllo in grado di individuare qualsiasi malfunzionamento della struttura. Mark II aveva, infatti, una potenza di circa dodici volte superiore al modello precedente riuscendo ad eseguire una moltiplicazione in un quarto di secondo. Questo incremento era dovuto dalladozione delle valvole nella costruzione delle circuiterie. Utilizzando le teorie di Aiken, nel 1946, John Mauchly e J. Presper Eckert, della Moore School of Electronic Engineering, venuti a conoscenza del progetto di un calcolatore a valvole termoioniche ideato, prima della guerra dal professor John Atanasoff dello Iowa State College ma non realizzato per mancanza di fondi, riuscirono a costruirlo con i fondi dellesercito dando vita, in questo modo, al primo calcolatore completamente basato su tecnologia elettronica della storia che ebbe il nome di ENIAC (Electronic Numerical Integrator and Calculator) con una spesa straordinaria per lepoca di un milione di dollari e la collaborazione di 200 tra tecnici e ricercatori. ENIAC era un vero e proprio dinosauro per mole, peso e per numero di componenti utilizzati. Le sue dimensioni complessive di ingombro erano di 30 x 3 x 1 metri e limpiego di 18.000 valvole. Ma, nonostante questo massiccio impiego di componenti, le capacit di memoria e la programmabilit di ENIAC lasciavano molto a desiderare. Si trattava, comunque, della prima macchina di quelle dimensioni realmente funzionante. Alloggiato, agli inizi, nella Scuola di Ingegneria elettronica dellUniversit di Pennsylvania, fu, successivamente, ospitato al Centro di Studi balistici dellesercito situato ad Aberdeen. ENIAC era alloggiato in una superficie di circa 180 metri quadrati e possedeva un peso intorno alle trenta tonnellate. Questo calcolatore stato considerato per molti anni la prima macchina elettronica del mondo fin quando non stato stabilito, da una corte federale degli Stati Uniti nel 1973, che questo primato dellinvenzione spettava, come si gi anticipato, ad Atanasoff. Nel 1949 era inaugurato, in Inghilterra, lEDSAC (Electronic Delay Storage Automatic Calculator), primo calcolatore elettronico a programma memorizzato, costruito

nellUniversit di Cambridge da M.V. Wilkies, D.J. Wheeler e S.Gill, una macchina provvista di rilocazione automatica. Ma, nonostante questi precedenti, la macchina cui generalmente viene attribuito il titolo di progenitore di tutti i computer attualmente in circolazione quella di cui venne iniziata la costruzione nel 1945, progettata da Johann Von Neumann, al MIT. La realizzazione fu accompagnata dalla pubblicazione di un famosissimo saggio opera di Neumann, Burks e Goldstine dal titolo Preliminary Discussion of the Logical Design of an Electronic Computing Instrument (Discussione preliminare del progetto logico di uno strumento elettronico di calcolo). In questo saggio, di 101 pagine, viene descritta, minuziosamente, ogni fase della progettazione e realizzazione di quello che viene riconosciuto come il primo calcolatore elettronico a programma preventivamente registrato. Di fatto questo scritto assunse il significato di un vero e proprio manifesto che introduceva allera dei computer. La costruzione termin nel 1952 presso lIstituto for Advance Study (IAS) e per questo il calcolatore fu denotato con il nome di IAS machine. La IAS Machine o, il calcolatore di Von Neumann, era organizzato in modo da ricevere il programma sotto forma di una serie di istruzioni sequenziali che venivano memorizzate in una porzione libera della memoria centrale. Successivamente ununit di controllo sceglieva le istruzioni in maniera ordinata e le passava allunit di calcolo che le eseguiva, passo dopo passo, prelevando i dati da processare dalla memoria. La circostanza fondamentale da mettere qui in evidenza quella che sia i dati che le istruzioni erano, per cos dire, della stessa natura, nel senso che erano espressi sotto forma di numeri che il calcolatore era in grado di manipolare. In questo modo la macchina poteva modificare non soltanto i dati grezzi che le erano stati forniti ma anche le stesse istruzioni di programma e, di conseguenza, modificare, durante il funzionamento, il programma stesso cui stava rispondendo. Questa circostanza una tappa fondamentale che segna il passaggio dal calcolatore allelaboratore, intendendo con la prima espressione una macchina che esegue calcoli e non modifica il programma cui sottoposta e con laltra, una macchina in grado di modificare, per cos dire, il suo comportamento man mano che le condizioni che si verificano durante lelaborazione lo dovessero richiedere, una macchina, cio, che regola da sola le sue azioni e, dunque, certamente pi intelligente di una semplice esecutrice automatica di operazioni prestabilite. Quasi in contemporanea al MIT, nel laboratorio di servomeccanismi, veniva realizzato un calcolatore analogo ma pi veloce della IAS Machine, denominato Whirlwind I la cui

caratteristica innovativa era limpiego di nuclei magnetici per la costruzione della memoria. E in questoccasione che si ebbe la prima realizzazione di un programma che potesse essere considerato un simulatore di volo. Dello stesso anno lEDVAC (Electronic Discrete Variable Automatic Computer), altro calcolatore a programma memorizzato, costruito secondo le idee di Von Neumann da Mauchly presso la Moore School, successivo allUNIVAC (Universal Automatic Computer) sviluppato nel 1950 dallo stesso Mauchly e Eckert per la Remington Rand come evoluzione dellENIAC costruito precedentemente nel 1946. LUNIVAC fu consegnato nel 1951 al Census Bureau degli Stati Uniti in pi esemplari. Questi lavorarono al censimento per 12 anni. Per molto tempo il termine stesso UNIVAC stato utilizzato come sinonimo di computer. In Europa, in quegli stessi anni, tranne che per lInghilterra, gli studi subirono, a causa della guerra, un arresto. Si pu dire che durante gli anni cinquanta che nasce, negli Stati Uniti lindustria dei calcolatori con laffermarsi, da un lato, della societ UNIVAC, fondata da Mauckly e Eckert e, dallaltro, dellIBM destinata a diventare lazienda leader mondiale nella costruzione dei calcolatori elettronici. Nel 1948, infatti, lIBM entra nel mercato con il Model 604. I calcolatori costruiti in questo periodo vengono detti della prima generazione: loro caratteristiche fondamentali erano quelle di impiegare valvole elettroniche nella costruzione dei circuiti dellunit centrale di calcolo e nuclei magnetici per la memoria. Essi erano estremamente ingombranti e pesanti, costosissimi, consumavano grande quantit di energia e, di contro, la loro affidabilit era quanto mai deludente. Un passaggio notevole in avanti si ebbe nel 1947, quando lideazione ed invenzione del transistore da parte delle industrie della Bell Telephone, ad opera di John Bardeen, Walter Brattaim e William Schockley, permise un cambiamento sostanziale nellarchitettura dei computer a partire dal 1952. Lo sfruttamento di questa nuova tecnologia, infatti, non avvenne immediatamente perch sul finire degli anni quaranta la tecnologia di realizzazione dei transistori non aveva ancora raggiunto un sufficiente grado di affidabilit ed i prezzi risultavano ancora troppo elevati. Fu sul finire degli anni cinquanta che si pass dallutilizzazione dei circuiti basati sulle valvole a quelli che facevano uso dei transistori aprendo il passo alla cosiddetta seconda generazione dei calcolatori elettronici. Il passaggio era necessario perch le valvole, pur essendo affidabili sul piano delle

prestazioni, erano estremamente costose una volta paragonate ai transistori notevolmente pi economici. E comunque il 1955 lanno che si soliti denotare come data ufficiale dalla quale inizia la seconda generazione dei calcolatori elettronici. Per quanto riguarda la storia italiana nel campo dellelettronica bisogna qui ricordare che nel 1952 Adriano Olivetti, mostrando un grande intuito riguardo a quello che nel seguito sarebbe accaduto, anche contro il parere di molti dei suoi dirigenti, stabil un punto di contatto fra lazienda italiana e lelettronica, costruendo negli Stati Uniti un laboratorio di ricerche elettroniche a New Canaan, il quale doveva svolgere la funzione di osservatorio delle ricerche che prendevano vita nel campo delle nuove tecnologie proprio nei luoghi fisici dove queste andavano sorgendo e sviluppandosi. Nello stesso anno, ad opera del Rettore della Stanford University venne creato, allinterno dellarea universitaria, lo Stanford University Park dal quale si sarebbe sviluppata Silicon Valley. Nel 1952 lIBM present il suo primo computer commerciale il modello 701, un calcolatore a valvole termoioniche. Nel 1956 fa per la prima volta la sua comparsa ufficiale la definizione Artificial Intelligence (AI). Essa fu usata da John McCarty, giovane professore di matematica del MIT. Secondo quella che ormai pu essere considerata una vera e propria leggenda7, il termine nacque quasi per caso, inventato di sana pianta da McCarty, la cui preoccupazione principale era, innanzitutto, quella di escogitare una sigla accattivante per ottenere un finanziamento dalla fondazione Rockfeller per lorganizzazione di un seminario estivo di cui era ideatore e responsabile8. Al seminario parteciparono una serie di studiosi che diventeranno, poi, i padri fondatori di questa nuova disciplina; tra gli altri ricordiamo Marvin Minsky, Allen Newell e Herbert Simon. Nel 1958 Johann Von Neumann scrisse il suo importante saggio The Computer and the Brain, che si pu considerare uno dei saggi fondativi e fondamentali dellIntelligenza Artificiale9. Ed nel 1959 che Newell, Simon e Shaw sviluppano e rendono pubblica la prima applicazione di intelligenza artificiale di alto livello che denotata con la sigla General Problem Solver (Risolutore generale dei problemi). Successivamente Marwin Minsky, nel 1961, sancisce, in un suo lavoro dal titolo Step toward Artificial Intelligence, la suddivisione dellIntelligenza artificiale in due aree di studio separate: quella fondata su basi simboliche (high lewel) e quella fondata su basi connesioniste (low lewel). In un suo saggio del 196010, Licklider, professore di psicoacustica al M.I.T., utilizz, per

la prima volta, una metafora biologica, auspicando una collaborazione tanto spinta tra uomo e macchina da potersi assimilare, come si gi detto, ad una vera e propria simbiosi. Licklider aveva cominciato a pensare a questo tipo di eventualit fin dai primi anni cinquanta. Nel 1962 Ivan Sutherland, per la sua tesi di dottorato sotto la guida di Claude Shannon, effettu la prima realizzazione operativa di computer grafica progettando il programma Sketchpad, definito, da una gran parte degli esperti, il pi importante programma per computer mai scritto. Questo perch questo programma era soprattutto, oltre che un esperimento avanzato di computer grafica, un modo per utilizzare il display a tubo catodico e la penna ottica per controllare un computer disegnando su di uno schermo11 e, cio, la prima realizzazione di un nuovo modo di interagire con la macchina da parte dellutente. Sulla scorta di questultima esperienza rivoluzionaria portata avanti da Sutherland e delliniziale intuizione di Licklider, nel 1963 Douglas Engelbart, un ricercatore fino ad allora rimasto nellombra, propose un rivoluzionario sistema di integrazione tecnologica che prevedeva la realizzazione di un dispositivo per la scrittura computerizzata concepito con il concorrere di un elaboratore elettronico e di un dispositivo di output video preso a prestito, per lappunto, dalla ricerca televisiva. Engelbart teorizz le sue ipotesi in uno scritto dal titolo A conceptual Framework for Augumenting Mans Intellect. (Unimpalcatura concettuale per il potenziamento dellintelletto umano)12. Nel 1963 Joseph Weizenbaum progetta il suo programma per simulare linterpretazione del linguaggio naturale ELIZA. Dal punto di vista del progresso hardware, gli anni sessanta vedono lo sviluppo progressivo della tecnologia microelettronica e, cio, dei circuiti integrati. Fu possibile, in questo modo, la realizzazione di un circuito elettronico completo, costituito da resistenze, condensatori e transistori contenuti sulla stessa piastrina che inizialmente era impiegata per realizzare un solo transistore. Leffetto risultante di ci fu la diminuzione delle dimensioni, laumento della velocit, la diminuzione dellenergia necessaria al funzionamento. Nel 1965 Ivan Sutherland, autore del programma Sketchpad si produce in unaltra geniale invenzione, lhead mounted display, apparecchio che apre allera della realt virtuale. Le parole di Sutherland sono il miglior commento a questo tipo di invenzione:
Lidea fondamentale che alla base del display tridimensionale di presentare allutente unimmagine in

prospettiva che cambia in base ai suoi movimenti. Limmagine retinica degli oggetti che vediamo , dopo tutto, bidimensionale. Perci potendo porre due immagini bidimensionali appropriate sulle retine dellosservatore, possiamo creare lillusione della vista di un oggetto tridimensionale.13

E nel 1970 che i circuiti integrati cominciano ad essere impiegati nella costruzione dei calcolatori. Nel 1971 la INTEL produce il primo microprocessore. Lungo tutti gli anni settanta si sviluppa la tecnologia della LSI e, cio, dellintegrazione dei circuiti a larga scala, la costruzione di pistrine di silicio sulle quali erano allocati migliaia di transistori, consentendo, in questo modo, la realizzazione di memorie a semiconduttore. Nel 1974 lingegnere italian Fagin, che lavorava presso la Intel, riesce a contenere in ununica piastrina di silicio tutta la struttura integrata del calcolatore dando luogo al microprocessore facendo s che il costo le dimensioni della macchina divenissero estremamente bassi e, contemporaneamente, laffidabilit aumentava moltissimo.

NOTE
1 Riportato in Luigi F. MENABREA, Sketch of the Analitical Engine, con note aggiunte da Ada BYRON, Scientific Memoirs, 3, pp. 666-731. 2 MENABREA, op.cit. 3 Il pensiero di Bush chiaramente espresso in uno scritto che egli scrisse successivamente dal titolo As we may think, in Atlantic, Agosto, 1945. 4 Questo accostamento risulta evidente anche soltanto soffermandosi sul titolo di uno dei suoi saggi pi famosi: Computing Machinery and Intelligence, Mind-59, 1950. 5 Peter BISHOP, I calcolatori della quinta generazione, Muzzio, Padova, 1988, p.4 6 Claude SHANNON, A symbolic analisys of relay and switching circuits, AIEE Transactions 57, 1938, pp.713-723. 7 Cfr. a questo proposito Danilo FUM, Intelligenza artificiale, Il Mulino, Bologna, 1994, p.18 e ss. 8 E utile qui riportare quanto Fum ci riferisce al proposito, permettendoci di leggere un passo della richiesta originaria di McCarty: Proponiamo che uno studio (di due mesi, con dieci uomini) dellintelligenza artificiale venga condotto durante lestate del 1956 al Dartmouth College di Hanover, New Hampshire. Lo studio proceder sulla base della congettura che, in linea di principio, ogni aspetto dellapprendimento o di qualsiasi altra caratteristica dellintelligenza possa venir descritto in modo cos preciso da mettere una macchina in grado di simularlo., FUM, op.cit., p.18 9 Johann VON NEUMANN; The Computer and the Brain, Yale University Press, New Haven, 1958; t.i. in SOMENZI, CORDESCHI, La filosofia degli automi, Boringhieri, Torino, 1994(2), p.108 e ss. 10 J.C.R.LICKLIDER, Man-Computer Symbiosis, in IRE Transactions on Human Factors in

Electronics, vol. HFE-1, marzo 1960, pp.4-11. 11 Howard RHEINGOLD, La realt virtuale, Baskerville, Bologna, 1993, p.117 12 Douglas ENGELBART, A Conceptual Framework for Augumenting Mans Intellect, in P HOWER.W. TON, Vistas in Information-Handling, vol.I, Washington D.C., Spartan Books, 1963. 13 Ivan SUTHERLAND, A Head-Mounted Three-Dimensional Display, in Proceedings of the Fall JointComputer Conference, 1968, pp.757-764

Gli uomini hanno usato, fin dai tempi pi antichi marchingegni che li aiutassero nel calcolo

Labaco, lo strumento pi antico

Il pallottoliere, un po pi moderno

Ma per la comparsa di vere e proprie macchine da calcolo si deve giungere agli inizi del seicento

Nel 1642 Blaise Pascal inventa la pascalina

Pare che Pascal inventasse questo meccanismo di riporto per alleviare il lavoro di suo padre, esattore delle tasse, costretto a lunghe nottate per controllare conteggi complessi e di grande responsabilit. Il padre di Blaise era vedovo ed aveva saputo sopperire anche alle funzioni di sua moglie, accudendo in maniera affettuosa ed efficiente i suoi due figli. Per questo Blaise gli fu molto grato e ide questa macchina che lo aiutasse nel suo lavoro, automatizzando parte dei calcoli, rendendo, in questo modo, le sue notti meno pesanti e faticose. La pascalina effettuava soltanto addizioni e moltiplicazioni

Nel 1671 il filosofo Leibniz perfeziona il modello di Pascal aggiungendo la possibilit di effettuare sottrazioni e divisioni Successivamente, nel 1694, Pascal apporta alla macchina le modifiche finali perfezionandone notevolmente il funzionamento

E, comunque, singolare il fatto che sia Pascal che Leibniz fossero, contemporaneamente filosofi, pensatori e matematici. Ed singolare che il prototipo rudimentale di computer che la pascalina sembra interpretare, sia il frutto di un pensiero eminentemente filosofico piuttosto che solo matematico come sarebbe naturale aspettarsi. In ogni caso , per, poco corretto, come si vedr, ridurre il computer alla sola funzione di calcolo

E nel 1822 che il matematico inglese Charles Babbage progetta una macchina Che pu , a ragione, essere considerato il primo computer moderno

La macchina analitica (Analytical Engine) non riusc, per, mai a vedere la luce perch le difficolt di realizzare un organismo cos complesso ricorrendo alla meccanica diventarono insormontabili. Le idee di Babbage furono diffuse dallitaliano Luigi Menabrea che aveva ascoltato il matematico inglese in una serie di conferenze tenute allAccademia Militare di Torino. Lo scritto di Menabrea fu tradotto in inglese dalla giovane assistente di Babbage, Ada Byron, figlia del poeta Lord Byron, bellissima donna ed eccellente matematica.

A differenza delle altre macchine precedenti, la Macchina Analitica era programmabile, era concepita, cio, come organismo mutevole, in grado di cambiare il suo comportamento logico a seconda delle istruzioni che erano immesse al suo interno. Questo tracciava una netta linea di separazione con le macchine calcolatrici progettate da Pascal e Leibniz che potevano solo operare con le quattro operazioni aritmetiche fondamentali.

INGRESSO

USCITA

DATI MACCHINA ANALITICA ISTRUZIONI

DATI

Particolare di grande importanza , insomma, il fatto che i dati in ingresso (e, conseguentemente, anche quelli in uscita) non erano soltanto numeri ma NUMERI ISTRUZIONI e SIMBOLI

NUMERI

ISTRUZIONI

SIMBOLI

Analitycal Engine

TECNOLOGIA

MECCANICA

Unit operativa

memoria

Analitycal Engine

Nel 1854 il matematico inglese George Boole pubblica un testo che acquister, in seguito, fondamentale importanza nella teoria dei moderni calcolatori Il testo ha il titolo:

Laws of Tought (Leggi del pensiero)


Il suo scopo quello di tradurre in formule matematiche certe e calcolabili le regole del pensiero logico-matematico. In queste formule possono essere utilizzati, indifferentemente, numeri, simboli e, per cos dire, Frammenti elementari di ragionamento che, sommati gli uni agli altri, possono permettere di costruire ragionamenti complessi e giungere a soluzioni stabili, condivisibili, logicamente corrette.

Il libro di Boole fonda la cosiddetta matenmatica del pensiero e, in qualche modo, rappresenta la traduzione della logica aristotelica in termini rigorosamente matematici

Lidea su cui si basa la logica boleana quella di immaginare due insiemi logici estremi: il Tutto, luniverso che contiene ogni cosa, e il Nulla, ovvero linsieme vuoto. Boole indica il Tutto col numero 1 e con 0 il Nulla. Poi prova ad immaginare che cosa resta della nostra matematica se ci limitiamo a questi due numeri. Le quattro operazioni sono sostanzialmente le stesse: 1+0=1 Perch il Tutto pi il Nulla uguale al Tutto e cos via. Unica differenza 1+1=1 Perch il Tutto aggiunto al Tutto da ancora il Tutto. Partendo da questa idea banale, Boole riesce a scrivere tutte le regole e gli enunciati della logica aristotelica in forma di quattro espressioni con le quattro operazioni dellalgebra. Ma, di pi, ad ogni frase possibile accoppia il valore 1 se la frase vera altrimenti il suo valore 0. La scoperta formidabile di Boole che se indichiamo con 1 e 0 la verit e la flasit di ogni frase, le operazioni logiche fra le frasi sono la stessa cosa che operazioni matematiche tra numeri. Tutto

=1

Nulla

=0

La logica booleana molto nota anche tra i disegnatori elettronici al CAD ed ai programmi di modellazione si fonda su tre operatori elementari che sono:

AND

OR

NOT

Gli operatori introdotti da Boole (che dal suo nome prendono il nome di operatori booleani) intervengono prepotentemente nella definizione della

INTELLIGENZA

della

MACCHINA

Dalla corretta applicazione degli operatori, infatti, discendono numerose procedure di Intelligenza Artificiale come: Le espressioni condizionali La logica dei predicati e cos via

Un esempio di espressione condizionale

IF

THEN

1) Se di giorno c la luce 2) E adesso c luce 3) Allora giorno

(IF) (AND) (THEN)

Tutte queste intuizioni e congetture rimangono tra loro sconnesse fin quando, un secolo dopo circa, un giovane e geniale matematico inglese, rileggendo le note di Ada Byron e la sua traduzione di Menabrea, sceglie una tesi di laurea che ha per oggetto una MACCHINA TEORICA Che prender il suo nome e si chiamer

Macchina

di

Turing

Cambridge, primavera 1936. Un giovanotto dal corpo slanciato e laspetto goffo entra correndo nel viale del Kings College. Calzoncini da maratoneta, scarpe da ginnastica, una maglietta non proprio impeccabile, una cartellina sotto il braccio: il Prof., come lo chiameranno presto i vicini di casa, non ha laspetto che la gente attibuirebbe a un matematico. Eppure Alan Mathison Turing, ventiquattrenne bruno, solitario, deriso per la voce stridula e sgraziata, sta correndo in facolt a consegnare un articolo grazie al quale un giorno verr considerato scienziato tra i pi geniali del secolo. Lui non lo sa. Ma soddisfatto, vuole festeggiare la conclusione di un lavoro difficile. In copertina un titolo incomprensibile: Sui numeri computabili, con unapplicazione allEntscheidungsproblem. Dentro una scoperta matematica di rara bellezza:

Lidea della Macchina Universale

La Macchina di Turing
UNITA di CALCOLO LETTURA

TESTINA SCRIVENTE

NASTRO DI LUNGHEZZA INFINITA

Dati in ingresso

Dati in uscita

SIMBOLI CALCOLI NUMERICI OPERAZIONI LOGICHE

SIMBOLI CALCOLI NUMERICI OPERAZIONI LOGICHE

Dati istruzioni

Dati istruzioni

Movimento del nastro

Istruzioni

modificate

Dati istruzioni

Dati istruzioni

TRASFORMAZIONI

Nel 1937 Claude Shannon mostra, nella sua tesi di laurea, che lalgebra di Boole si pu Fisicamente realizzare sotto forma di circuiti elettrici. Oggi questi circuiti, molto opportunamente, sono detti porte logiche e Sono rappresentati con i simboli sotto riportati

A B IN OUT

A B IN OUT

A IN

B OUT

AND

OR

NOT

A B IN OUT
IF
A is true

AND

B is true

THEN

C is true

In altre parole se sono verificate entrambe le condizioni AeB Allora anche C sar verificata. In termini elettrici questo significa dire che la porta AND permette il passaggio della corrente se sono in corrente sia il conduttore A che il conduttore B

AND

A = true B = true C = true

A = true B = false C = false

A = false B = true C = false

Le idee dei fondatori Lutopia della macchina che pensa


La Macchina di Turing costituisce la tecnologia trainantedi un intero periodo storico che giunge fino ai nostri giorni e che, a giudicare dai fatti, durer ancora per molto tempo ancora

La Macchina Analitica, nelle intenzioni dei suoi Ideatori, avrebbe dovuto emulare lintelligenza umana

Nel 1943 Rosenblueth, Wiener e Bigelow scrivono, a pi mani, il saggio Comportamento, scopo e teleologia che rappresenta latto ufficiale di fondazione di una disciplina nuova: la cibernetica. Nel 1958 Johann von Neumann, nel suo saggio The computer and the Brain (il computer e il cervello), azzarda un raffronto tra il cervello delluomo e lhardware che costituisce la memoria di un elaboratore

Ordine 2,8 x 10

10

POTENZA Di M EMORIA

POTENZA Di M EMORIA

MACCHINA

CERVELLO

UMANO

Ma ancora Alan Turing colui che affronta alla radice il problema. Nel saggio del 1950 Macchine calcolatrici ed intelligenza si pone la domanda: Possono pensare le macchine? Evitando di dare una risposta diretta a termini come macchina, pensiero e intelligenza propone il gioco dellimitazione Il gioco dellimitazione viene giocato, dice Turing, da tre persone, un uomo (A), una donna (B) e linterrogante (C)

C viene chiuso in una stanza separata dagli altri due. Scopo del
gioco per linterrogante quello di determinare quale delle altre due persone sia luomo e quale la donna.

Questo gioco ha assunto unimportanza fondamentale nella costruzione dellintera impalcatura teorica della Scienza dei Calcolatori ed universalmente conosciuto come:

Test di Turing

Il dialogo avviene attraverso TELESCRIVENTE

PRIMA FASE

Il dialogo avviene attraverso TELESCRIVENTE

SECONDA FASE

Turing e gli altri fondatori della Computer Science tratteggiano i lineamenti di fondo di una vera e propria UTOPIA: lidea che la mente umana sia rappresentabile secondo le regole della LOGICA e che questa, a sua volta, sia riproducibile per via artificiale

MENTE

UMANA

MACCHINA A N A LI T I C A

LOGICA

SIMBOLICA

Nel 1956, in occasione di un convegno estivo di matematici, John McCarty, giovane e brillante professore di matematica, allo scopo di ottenere un finanziamento dalla Fondazione Rockfeller, conia lespressione:

INTELLIGENZA

ARTIFICIALE

Questa sigla ebbe molta fortuna ed evoc, subito, fantasmi nascosti nellinconscio collettivo. Lidea che potesse essere creata un Intelligenza non naturale ma artificiale si incontr con uno dei sogni pi antichi delluomo, quello di poter creare esseri intelligenti partendo dal nulla. Era nata una nuova disciplina che, in poco tempo, avrebbe mosso i suoi passi entrando prepotentemente tra le discipline pi prestigiose cui lintelligenza delluomo potesse dedicarsi.

I fantasmi evocati affondano nellimmaginario collettivo e risalgono, forse, alla notte dei tempi. Da tempo immemorabile luomo ha pensato di poter assumere un ruolo quasi divino se fosse stato capace di creare la vita e, con essa, lintelligenza. Ma nellIlluminismo che la vita artificiale (e, dunque, anche il pensiero artificiale) acquistano un particolare significato: se la ragione delluomo il motore di tutte le cose allora ricreare la mente delluomo uno degli obbiettivi pi alti che ci si possa porre. Da questo momento automi giocatori di scacchi, robot, Golem, macchine complesse si affacciano nella fantasia delluomo come possibili. Alan Turing segue unidea che non quella di costruire una semplice macchina per fare i conti. Il suo sogno quello, pi ambizioso, di cercare di capire quali meccanismi si nascondano dietro il pensiero umano.

C chi, per, non ritiene necessario fare grandi sforzi perch una macchina possa essere messa in grado di scimmiottare il pensiero ed i comportanti intellettuali delluomo. E pi utile, secondo questo modo di pensare, usare la macchina per aiutare luomo nei processi ripetitivi e di calcolo. Alluomo il suo campo esclusivo di competenza che quello dellideazione, dellintuizione, della creazione. Alla macchina quello della forza di calcolo bruta, della ripetizione, delliterazione, della grande velocit. Nasce, cos, lidea dellIntelligence Augumenting (potenziamento dellintelligenza) al posto dellArtificial Intelligence

AI

IA

AI Intelligenza Artificiale

IA Potenziamento dellintelligenza

La macchina che esegue

Schema di funzionamento

PROBLEMA PROBLEMA

Conoscenza sul dominio del problema (ESPERTO di AREA)

S V I L U P P O della

SOLUZIONE

AALLG O RRI ITTM O GO MO PROGRAMMATORE

PPRRO G RRAAM M AA OG MM ESECUZIONE del PROGRAMMA

Conoscenza di un linguaggio di programmazione

DATI

RISULTATI

COMPUTER

La macchina di von Neumann

Schema di funzionamento

CPU Central Processing Unity

UNITA LOGICO-ARITMETICA

UNITA DI CONTROLLO

ISTRUZIONI

UNITA DI INPUT

MEMORIA CENTRALE

UNITA DI OUTPUT

MEMORIA DI MASSA DATI E PROGRAMMI RISULTATI

Dalla Macchina che esegue a quella intelligente

La macchina che esegue

La macchina che pensa

A LG O R I T M O

CONOSCENZA SUL CONOSCENZA SUL DOMINIO DOMINIO DEL PROBLEMA DEL PROBLEMA

FORMALIZZAZIONE del PROBLEMA

PROGRAMMA

COMPUTER

COMPUTER

Rapporto tra la Mente umana e la Macchina intelligente

MODELLO LOGICO della MENTE UMANA

MODELLO della MACCHINA INTELLIGENTE

CONOSCENZA

MOTORE I N F E RE N Z I A L E

INFERENZA

B A S E di CONOSCENZA

RISPOSTA

RISPOSTA

Costituzione schematica di un motore inferenziale PROCESSO LOGICO

BASE di CONOSCENZA

DEFINIZIONE del PROBLEMA DEFINIZIONE del PROBLEMA

FATTI

RICERCA delle REGOLE RICERCA delle REGOLE ADATTE allo SCOPO ADATTE allo SCOPO

SCELTA delle REGOLE SCELTA delle REGOLE

REGOLE

ESECUZIONE della REGOLA ESECUZIONE della REGOLA

LOBIETTIVO LOBIETTIVO STATO RAGGIUNTO? STATO RAGGIUNTO? FATTI DEDOTTI SI END END

NO

Sistemi Esperti

Descrizione schematica

UTENTE

ESPERTO

INTERFACCIA

UTENTE

ACQUISIZIONE di CONOSCENZA

Pareri Opinioni Spiegazioni

FATTI

SPIEGAZIONE

MOTORE

INFERENZIALE

BASE di CONOSCENZA

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