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Esilo
Quando queste parole cadranno una ad una sotto i tacchi di una danza,
quando questi denti avranno morso le labbra nomadi del tempo,
quando queste mani apriranno il vento,
quando avrò posato a terra l’orecchio per sentire il tuo cuore nel profondo, per sentirlo correre e
cantare,
quando avrò volato a piedi nudi con i corvi neri sopra i vostri campi d’oro e sopra il sonno delle
scimmie,
quando in un alba di seta avrò liberato l’odio dalle vostre lenzuola
e incendiato i cancelli delle vostre sicure case d’occidente
quando…….
quando avrò parlato ai secoli delle nostre sconfitte
e dei poeti e dei guerrieri e dei profeti chiusi freddi muti e stanchi,
quando avrò scambiato l’odore sacro del pane ammuffito con una nuova armatura
quando i miracoli rotoleranno tra una folla di tamburi,
quando i porti e le oasi, i ponti e le strade, saranno solo stagioni nel palmo della mia mano ,
allora ti sarò di nuovo accanto e tornerò a difenderti che sia maggio o ottobre,
allora e solo allora tornerò a casa.
Socialdemocrazia
Benvenuti a terra
con un foglio di via
ne paradiso socialdemocrazia.
Qui niente più scioperi
né opposizione
tutti d’accordo
Superproduzione.
Sotto controllo
l’informazione
parola d’ordine
Omologazione.
Qui l’aria è pesante
sa di proibizionismo
la protesta è scoppiata
lega e qualunquismo.
Un tempo fu un bandito
bandito senza tempo,
uccise un presidente
ne ferì altri cento.
Forse fu a vent’anni
o forse due di meno
era con Gaetano Bresci
sopra una nave lungo il Tirreno.
Giocarono a tresette
tresette con il morto
il terzo era un gendarme
il quarto un re dal fiato corto.
Un tempo fu a Milano
dove si va a lavorare,
c’erano tante bande
quante banche da rapinare.
Ma un tempo fu un bandito
bandito senza tempo
veniva con la pioggia
e se ne andava via col vento….
Chico Mendez
Johnny lo zingaro
Johnny lo zingaro
scarpe di serpente
con il suo sguardo lontano.
Virna la bruna
cuore di vetro
sette anelli d’oro scuro per mano.
Li hanno visti
sparare alla luna
verso l’alba
in quel vecchio luna park
la dove il vento piega le spade
dove i cani disegnano le strade.
Tracce di sangue
gomme di fuoco
urlano le sirene.
Presero Johnny
e Virna la bruna
c’è chi li vide in catene.
Tutta la notte
dentro in questura
con la mascella spezzata
e poi il mattino
dentro in pretura
vent’anni come una pisciata.
Io sono un ladro
e ho imparato a rubare
come ho imparato a suonare.
Io sono un ladro
e ho imparato a rubare
come mio nonno e mio padre.
Io sono un ladro
e non un assassino
e dell’inferno ho paura,
non è la legge
dei Gages e dei giusti
che chiuderà l’avventura.
E venne la morte
con i denti d’argento
e prese Irma per mano
entrò nel letto
nel bianco silenzio
nel rosso del ventre gitano.
Oltre
Le radici e le ali
En el frente de Jarama
della guerra in Spagna
chi ricorda il nome
della sua compagna.
Ma chi sa dire
se è paura o amore
che t’incendia il cuore
che ti fa morire.
Ombre rosse
Chicco il dinosauro
Che dare?
Kowalsky
È solo un sogno
che non riesco a catturare
È solo un sogno da decifrare
È solo un sogno
che non riesco a ricordare
È solo un sogno
o qualcosa in più?
Ai cancelli di Mirafiori
Kowalsky re di cuori
prese picche e quadri
da Lenin e Robespierre
Quando il tempo era un ostaggio
puntò il suo miraggio
vinse il primo maggio
e il sindacato non firmò.
È solo un sogno
che non riesco a catturare
È solo un sogno da decifrare
È solo un sogno
che non riesco a ricordare
È solo un sogno
o qualcosa in più?
È solo un sogno
che non riesco a catturare
È solo un sogno da decifrare
È solo un sogno
che non riesco a ricordare
È solo un sogno
o qualcosa in più?
Cambia il vento
Via Italia
Ha un pezzo di cielo
nascosto nel cuore
Itab Hassan Mustapha.
Ha ferite di sale
Ha le ali bendate
Itab Hassan Mustapha.
Ha un pezzo di cielo
nascosto nel cuore
Itab Hassan Mustapha.
Ha ferite di sale
Ha le ali bendate
Itab Hassan Mustapha.
Fuggono i desideri
là fuori dalle mura
cercano il sentiero
tra sbarre e paura
Mustapha.
92 Rebibbia
canzone clandestina
che possa accarezzare
la tua anima bruna
Mustapha.
Ha un pezzo di cielo
nascosto nel cuore
Itab Hassan Mustapha.
Ha ferite di sale
Ha le ali bendate
Itab Hassan Mustapha.
Ha un pezzo di cielo
nascosto nel cuore
Itab Hassan Mustapha.
Rossa è la notte
e il cielo è una ferita
che il tempo non richiuderà.
Là dove scendono le strade
il nostro cuore si perderà
il nostro cuore si troverà.
Rossa è la notte
e il cielo è una ferita
che il tempo non richiuderà.
Là dove scendono le strade
il nostro cuore si perderà
il nostro cuore si troverà.
Eurialo e Niso
Le sentinelle erano
incantate dalla luna
fu facile sorprenderle
tagliandogli la fortuna.
Una di loro aveva
una spilla sul mantello
Eurialo la raccolse
e se la mise sul cappello.
Eurialo fu bloccato
in mezzo a una radura,
Niso stava nascosto
coperto di paura.
Eurialo circondarono
coprendolo di sputo
a lungo ci giocarono
come fa il gatto col topo.
I dialetti soffocati
nel regno del rumore
Al reparto verniciatura
non passano le ore.
Il partito trasversale
E domani chissà
se ci incontreremo
sulla riva di un sogno
su una piazza italiana
sotto l’arcobaleno.
E domani chissà
se ci rivedremo
sotto ai ponti di un sogno
lungo la carovana
sotto l’arcobaleno.
E domani chissà
se ci incontreremo
sulla riva di un sogno
su una piazza italiana
sotto l’arcobaleno.
E domani chissà
se ci rivedremo
sotto ai ponti di un sogno
lungo la carovana
sotto l’arcobaleno.
E domani chissà
se ci incontreremo
sulla riva di un sogno
su una piazza italiana
sotto l’arcobaleno.
E domani chissà
se ci rivedremo
sotto ai ponti di un sogno
lungo la carovana
sotto l’arcobaleno.
UNA VOLTA PER SEMPRE
1995
Cimare il cantore
Olmo il contadino
saltarono il fosso
nel freddo di un mattino.
Mimì l’apprendista
Cesare il muratore
pagarono la corsa
col sangue e col sudore.
E allora dissi
“se avete una ferita
se avete un sogno
ancora da salvare.
c’è tanta strada
fuori che ci aspetta
C’è tanta strada
per ricominciare”.
Li ho visti nelle piazze
diversi eppure insieme
dare un segno al tempo
gettare un nuovo seme.
Li ho visti diventare
una storia vera
alzare contro il cielo
una bandiera.
Castro lo studente
Mantra sua sorella
nel buio della notte
seguivano la stella.
E allora dissi
“Se avete una ferita
se avete un sogno
ancora da salvare
C’è tanta strada
fuori che ci aspetta
C’è tanta strada
per ricominciare”
Virus il cibernauta
Abdel il clandestino
nel villaggio virtuale
mutavano il destino.
Li ho visti tornare
nel grande giardino
lasciare la notte
per un mattino
Li ho visti guardare
verso un nuovo orizzonte
il cielo si accese
lontano sul monte.
Bellezza la regina
fuorilegge il Re Bambino
un amore che non muore
è questo cammino.
E allora dissi
” se avete una ferita
se avete un sogno
ancora da salvare
C’è tanta strada
fuori che ci aspetta
C’è tanta strada
per ricominciare”.
In piedi controvento
lottammo con le onde
erano mille e mille
noi soli sopra il ponte.
Poi venne la paura
a battere bandiera
ci cadde addosso il cielo
soli nella bufera.
Il mare ci colpiva
con forza di gigante
un grido poi le luci
terra terra
terra all’orizzonte.
Sarà la riva
sarà il confine
che ci riparerà.
Sarà l’inizio
sarà la fine
cosa ci aspetterà.
Sarà la riva
sarà la galera
che ci nasconderà.
Sarà paura
della bufera
che ci catturerà.
In piedi sottovento
il vecchio corsaro
ci disse “Non c’è luce
ai piedi del faro”.
Con voce di diamante
negli occhi aveva un’onda
quella che mai si stanca
quella che alza e affonda.
Il vento si era alzato
quando prendemmo
il mare
dal porto delle ombre
andammo di nuovo
di nuovo incontro al sole.
Sarà la stella
di un mattino
che ci guiderà.
Sarà lontano
sarà vicino
dove ci porterà.
Il Re Bambino
C’era un re bambino
chiamato fuorilegge,
aveva un cane
di nome inferno
per gli amici di fantasia.
Così il re bambino
divenne una stella cometa,
ma cadde dal cielo dei vinti
e tornò a casa con una ferita.
La figlia
del maggio sovrano
con le dita
spogliate di anelli,
aprì nel cuore del re
tutte le porte
e tutti i cancelli.
E quando fuorilegge
pensò che era tempo
di andare,
non c’era né strada
né ponte
per poter indietro tornare.
Le Mura di Caos
Il primo aveva
il passo più veloce,
e le sue spalle
erano curve come quelle
di chi conosce il peso di una croce.
Ma una notte,
come tante,
alla settima ripresa
sul tappeto del quadrato
vide il volto
il volto della resa.
Ma dimmi qual è
la via giusta fratello,
il passaggio dov’è
per uscire di qua,
dalle mura di Caos
di Caos città.
L’altro andava lento
una gamba trascinava
il segno di una sorte cattiva
che dietro si portava.
Ma dimmi qual è
la via giusta fratello,
il passaggio dov’è
per uscire di qua,
dalle mura di Caos
di Caos città.
E un angelo li vide
un angelo venuto da lontano,
che li coprì con le sue ali
mentre la neve
cadeva piano piano.
Il Ponte della Verità
Il Palazzo di Babele
In quella pianura
da Valle Re ai Campi Rossi
noi ci passammo un giorno
e in mezzo alla nebbia
ci scoprimmo commossi.
Il Giudizio Universale
A forza di miracoli
s’era sentito male
nel giorno del Giudizio
del Giudizio Universale.
Era uscito il 47
e il cadavere di un giornalista
a Torre Annunziata
fece il nome di un socialista.
Ci disse “Voi che siete
sulla buona pista
chiedete ai miei colleghi
perché muore un giornalista”.
Mezzogiorno era di fuoco
arrivava il temporale,
mancavano poche ore
al Giudizio Universale.
Ciro Cocaina
s’era fatto l’ultimo pizzo
alla pizzeria Vesuvio
era ormai fuori servizio.
Il garzone di contrabbando
cantò “Fronn’ e Limone”
piangemmo tutti in coro
fino alla fine della canzone.
Quando cademmo
fermi aspettammo la visione
nella valle dell’ultimo sospiro
vennero il coniglio
ed il serpente
custodi e testimoni
della tentazione.
Il Diavolo dormiva
e sognava la palude
quando noi smarriti e stanchi
arrivammo nell’Orto dei Pensieri,
sotto il Pesco di Giuda
c’erano due uomini seduti
soli tristi e muti.
Di un giorno nuovo
di un nuovo amore tornerò,
e un nido di stelle
e un tetto di vento
con me porterò.
Per te che sei
del mio cuore
la danza
sei il ritorno
e l’eterna partenza.
Sei l’alba che accende
una nuova speranza.
Tu tu che per me
Tu che per me sei
l’altra metà del cielo.
Di un canto nuovo
di un nuovo amore tornerò,
e le mie lacrime
di sabbia d’argento
con me porterò.
Per te che sei aldilà del confine
sei la curva che non ha fine.
Sei l’alba nascente
sul letto del fiume.
Tu tu che per me
Tu che per me sei
l’altra metà del cielo.
Di un sogno nuovo
di un nuovo amore tornerò,
e una corona
di gocce di luna
con me porterò.
Per te che sei
del mio cuore
la danza.
Sei il ritorno
e l’eterna partenza,
del mio desiderio
sei l’intima essenza.
Tu tu che per me
Tu che per me sei
l’altra metà del cielo.
Il Ritorno
(Instrumental)
FUORI DAL CONTROLLO
1997
Muoviti
Giorni
La verità è partigiana,
la verità si nutre di pianto,
tempo verrà per dividere il grano
dai topi dividerlo e tenerlo lontano.
Tempo sarà di svelare il mistero
dividere il falso, il falso dal vero.
Bruciami l’anima
Ora è tardi
per mordere il vento,
a quest’ora là fuori lo sai
piovono pietre,
a quest’ora i nostri cavalli
calpestano il cielo,
ora sei l’onda che viene
incontri il mio remo.
Ora
Bruciami l’anima
fammi ridere il sangue nel cuore.
Bruciami l’anima
sotto la luce fammi volare.
Bruciami l’anima fammi cadere
sulla tua pelle.
Come quando il sole si arrende
e fa posto alle stelle.
Ora è tardi
per fallire un sorriso,
a quest’ora si scavano gli occhi
per trovare un segreto,
a quest’ora siamo pronti a giocare
l’ultima mano,
ora splendimi intorno
e danzami piano.
Ora
Bruciami l’anima
fammi ridere il sangue nel cuore.
Bruciami l’anima
sotto la luce fammi volare.
Bruciami l’anima fammi cadere
sulla tua pelle.
Come quando il sole si arrende
e fa posto alle stelle.
Bruciami l’anima
fammi ridere il sangue nel cuore.
Bruciami l’anima
sotto la luce fammi volare.
Bruciami l’anima fammi cadere
sulla tua pelle.
Come quando il sole si arrende
e fa posto alle stelle.
Resta vivo
Resta vivo
Resta vivo
Tieni duro
Non arrenderti mai.
Il testimone
Colpevole di ghetto
Colpevole di ghetto
sospetto di anarchia.
Reo di resistenza
ad uno stato di polizia.
Colpevole di esilio
e di lavoro nero.
Colpevole di fame
nel ventre dell’impero.
Colpevole di ghetto
affetto da liberazione,
privato del diritto
di non umiliazione.
Colpevole di cercare
rifugio dalla guerra.
Colpevole di credere
alla promessa di una terra.
(Recitato in Inglese)
Una mattina, milioni di anni fa , la marea portò la vita sulla spiaggia dodici ore dopo, ritornò a
prenderla ……ma la vita si era già trasferita nell’entroterra e aveva investito tutto in proprietà
immobiliari. A quei tempi gli Dei occupavano tutti i migliori appartamenti. Da balconi di nuvole e
marmo, si divertivano a osservare le scimmie scendere dagli alberi, per cogliere cetre. Oggi gli
dei vivono nel ghetto, perché è nel ghetto che stanno le storie. L’uomo ha sempre invocato gli
immortali attraverso i sacrifici, i rapporti sessuali e la narrazione. Ma di sacrificio ormai non si
parla più, il sesso è diventato motivo di afflizione invece che di gioia per il mondo, e abbiamo
cominciato a permettere a società per azioni di raccontare per noi le nostre storie, i nostri
complicati miti di luce e di tenebra avvolte a spirale, ridotti a luoghi comuni da fast food e
spudorate bugie, che meraviglia c’è se gli Dei sono annoiati e alienati, se li troviamo sdraiati nei
vicoli del ghetto, ubriachi di inchiostro da teatro, ogni sommossa è un balletto, la ribellione è
opera, la dissoluzione è un cantico in corso e la storia è un romanzo che stiamo scrivendo voi e
io. Ascoltate! La vostra vita è una storia. Ve la state inventando. E vi conviene cominciare a
farlo come meglio potete, perché ieri sera tardi, quando mezzanotte mostrava il suo ghigno di
lupo, ho visto il vecchio arrivare dalla collina con un sacco di chicche in spalla. E gli Dei, nel
ghetto, si stanno agitando. (Tom Robbins)
Dopo la pioggia
Iside
Il bandito Trovarelli
Ha perso l’occupazione
per scarso rendimento,
è l’ultimo della fila
all’ufficio collocamento.
Ha perso tetto e letto
dello sfratto ha l’ingiunzione,
ora è sempre più
sotto pressione.
Da parte a parte
da strada a storia,
sorelle e fratelli,
vi dico che è tornato
il bandito Trovarelli.
Da parte a parte
da strada a storia,
sorelle e fratelli,
vi dico che è tornato
il bandito Trovarelli.
Comandante
Comandante Comandante
quando il cielo cadrà sulla terra
questa guerra Comandante vedrai finira’,
questa guerra Comandante vedrai finirà.
Qui si parte
qui si torna
qui – la verità ci suda l’anima
qui – siamo aldilà è un’altra musica.
Qui si parte
qui si torna
qui – la verità ci suda l’anima
qui – siamo aldilà è un’altra musica.
Se mi guardi, vedi…
Ho la pelle fatta
di sale d’attesa
delle notti ho l’eta’.
Ho curvato i giorni
come fanno i treni
e ho sorpreso le citta’.
Cose che soltanto il cuore
può vedere
corrono i miei anni
vanno sotto gli occhi.
Se mi guardi, vedi……
corrono i miei anni
vanno sotto gli occhi.
Se mi guardi, vedi……
Ho giocato ai fiori
fra silenzi e spari
ma non ho tradito mai.
Grandine di rose
ne ho piene le tasche
te ne do quanta ne vuoi.
Cose che soltanto il cuore
può vedere
corrono i miei anni
vanno sotto gli occhi.
Se mi guardi, vedi……
corrono i miei anni
vanno sotto gli occhi.
se mi guardi, vedi…
E ho trascinato l’alba
con gli zingari di neve
per trasparire il mondo
e ricordare
che l’erba un tempo era
la pianura.
Corrono i miei anni
vanno sotto gli occhi.
Se mi guardi, vedi……
corrono i miei anni
vanno sotto gli occhi.
se mi guardi, vedi…
Io e te
Anime nude
stese al sole.
Come l’acqua
sotto i ponti.
Come io e te.
Come nuvole
sopra i campi.
Come io e te.
Vorrei
(di tutto di più)
Di tutto di più
darei l’assalto al cielo
Di tutto di più
per un istante almeno vorrei….
Di tutto di più
darei l’assalto al cielo
Di tutto di più
per un istante almeno vorrei….
Di tutto di più
darei l’assalto al cielo
Di tutto di più
per un istante almeno vorrei….
Non è di maggio
Non è di maggio
andare a stento
su queste strade
senza uscita.
Non è di maggio
seguire il tempo
quando la musica è finita.
Non è di maggio
qui non è.
Fiori di sangue,
fate rumore,
scoprite al sogno
le città.
Fiori di sangue,
battete il cuore,
chiamate il giorno
che sarà.
Non è di maggio
il vostro Dio
Il vostro è un secolo
di mani.
Non è di maggio
comprarsi l’anima,
una per tutte
le stagioni.
Non è di maggio
qui non è.
Fiori di sangue,
fate rumore,
scoprite al sogno
le città.
Fiori di sangue,
battete il cuore,
chiamate il giorno
che sarà.
Paz
Reflesciasa’
Si chiama KEMA’L
dalla Turchia , operaio
nei cantieri di Francia,
enormi le mani
e durante le notti comuni
a occupare un cantiere
per salari mai dati,
dice con calma a me brusco, nervoso: “Errì reflechì a ça”.
Nagual il messaggero
Verrà da lontano
come un seme bruciato
e un chiodo per mano.
Verrà a riprendersi il fiato.
Verrà con l’ultimo raggio
di sole malato.
Verra’
Verrà il messaggero
Verrà Nagual verra’
Verrà il messaggero.
Verrà da un rumore di fondo
Verrà con la scimmia di latta
e un dubbio nel fianco.
Verrà dalla nave affondata
Verrà con un milione di occhi
di paglia bruciata.
Verra’
Verrà il messaggero
Verrà Nagual verra’
Verrà il messaggero.
Verra’
Verrà il messaggero
Verrà Nagual verra’
Verrà il messaggero.
Era prima
prima della guerra
Era prima ancora prima
della guerra.
Quando i diavoli tossivano
e gli angeli sputavano,
e noi sotto sempre sotto
in mezzo ai guai.
Era prima
prima della guerra
Era prima ancora prima
della guerra.
Era prima
prima della guerra
Era prima ancora prima
della guerra.
E’ terra nostra
Se dovessi dare un’immagine della mia anima le darei quella delle colline. Delle colline
marchigiane. Morbide, come onde di un mare in quiete, a volte anche malinconiche. Casa mia.
Colline che oggi non sono più quelle fatte da padre Dio o da madre Natura, perché a renderle
così (come la mia anima) c’è stato e c’è ancora tanto lavoro. Quello degli uomini della terra, i
contadini.
Lacrime del sole
La cultura contadina è stata per millenni una cultura legata alle stagioni, a una scansione del
tempo ciclica e non storica. Nella storia è entrata da poco tempo, forse un cinquantennio, poco
più, poco meno…
E quell’essere stati fuori dalla storia non va perduto, non va dimenticato poiché molto c’è in
quella cultura che oggi va ripreso e rivalutato.
Soprattutto l’essere parte di tutto l’universo. Di ciò che è vita e che ogni volta ci appartiene e
nello stesso tempo ci oltrepassa. Cantare oggi questo sentimento, questa religiosità, ci permette
di dare una risposta a ciò che siamo e a chi siamo. Per farlo abbiamo ritrovato una canzone
gaelica, dei celti, dell’inizio della storia europea. Questa canzone dice di essere tutto, di essere
presenti a tutto ciò che accade.
“Io sono il vento che soffia sul mare, sono l’onda dell’oceano, sono il toro delle sette battaglie,
sono l’aquila della roccia…”.
Vederci e vedere, guardare il mondo e noi stessi. Noi siamo tutto l’universo e l’universo è in noi.
Dalle nostre scelte dipende il futuro dell’universo come dal battito d’ali di una farfalla.
Oggi si può e si deve tornare alla terra ma nuovi, da uomini planetari. Si può tornare alla terra
come astronauti che l’hanno vista dall’alto e si sono resi conto che è la nostra unica
casa.L’Altrove non c’è più, abbiamo raggiunto i confini. Ma c’è l’Altro che c’è in noi e tra noi,
nelle mille differenze con cui dobbiamo misurarci e convivere per condividere.
A Maria
A Maria
A Maria
A Maria una per tutte
A Maria
A Maria
A Maria
A Maria
A Maria una per tutte
A Maria
A Maria
A Maria
A Maria
A Maria una per tutte
A Maria
A Maria
Maria Santiloni Cavatassi è nata nel novembre del ’28 a Comunanza in provincia di Ascoli
Piceno. La sua era una famiglia di mezzadri.
Tutta la vita di Maria è una testimonianza del cammino per la conquista della dignità da parte
del mondo contadino. Dall’appoggio alla Resistenza all’organizzazione del Sindacato nelle
campagne marchigiane e non solo. La storia di Maria è parte importante della storia del grande
“Umanesimo di razza contadina” e della lunga marcia che si chiama emancipazione.
La comai’ Tomaza
y el compai’ Pascual
tuvieron treinta hijos
jesus que barbaridad,
que fueron esclavos
sin su voluntad,
por temor que el amo
los fuera a azota’.
A la molina no voy màs
porque echan azote sin cesar.
Y sufrieron tanto
los pobres negritos
con el poco comen
y al mucho trabajar.
Hasta que del cielo
vino pa’ toitos
don Ramon Castilla
santa libertad.
“A volte, Victor, quando la tua voce riempie la sala di casa mia, o quando pulisco i vecchi dischi,
uno dei miei figli domanda chi canta, e la risposta è sempre la stessa: quest’uomo che canta è
mio fratello ed in ognuna delle mie carezze ci sono anche le sue mani.” (Luis Sepúlveda)
Victor Jara, cantautore cileno torturato e assassinato nella mattanza dello stadio di Santiago dopo
l’11 settembre 1973.Chi lo uccise prima gli spezzò le mani.
Comandante
Comandante Comandante
quando il cielo cadrà sulla terra
questa guerra Comandante vedrai finira’
questa guerra Comandante vedrai finirà
“Esortato a dire la verità e niente altro che la verità, l’individuo in questione dichiarò di chiamarsi
Marcos dei Monti della Selva, figlio del vecchio Antonio e di Dona Juanita, fratello di Antonio
figlio, Ramona e Susana, zio della Tonita, del Beto, della Eva e dell’Heriberto, che nacque
nell’accampamento guerrigliero di Agua Fria, Selva Lacandona, Chiapas, una notte di agosto
del 1984.”Marcos è la selva, è il ponte fra il mondo indigeno e il mondo esterno. È l’uomo
capace di accendere il sogno in ogni parte del pianeta. Colui che ha scoperto, dietro il dolore, la
speranza. Un sub-Comandante che ha il fiore della parola, perché la lotta continua nelle parole
prima di qualsiasi altro posto.
Chico Mendez
1800 famiglie sparse su 10.000 km quadrati di foresta vergine: l’Amazzonia. Sono seringueiros,
tagliatori di caucciù.
Il 22 dicembre 1988 Francisco Chico Mendes viene assassinato. Lavorava come sindacalista
nel consiglio nazionale dei seringueiros e nella Cooperativa agroestratti che oggi porta il suo
nome.
Chico Mendes era andato oltre la lotta di rivendicazione sociale e salariale e attorno al
movimento dei seringueiros aveva sviluppato una serie di relazioni e progetti che abbracciavano
i rapporti con le comunità indigene, promuovendo una lotta e una resistenza non violenta.
Cercava soluzioni rispettose nei confronti dell’ambiente (“Un solo taglio al giorno per non
uccidere”), sviluppava progetti educativi e formativi che coprivano le lacune istituzionali. Chico
Mendes aveva una “prospettiva migliore”. Una visione, un progetto, un’alternativa. Per tutto ciò
è stato ammazzato. Dai padroni, dai fazenderos. Con il suo sacrificio, con le sue lotte Chico
Mendes ci ha lasciato una lezione di civiltà. Resistere!
Con questa canzone abbiamo voluto rendere omaggio a Giovanna Daffini. Personalità
straordinaria, unica, pari a quella dei Guthrie, dei Dylan, dei Joe Strummer.
Una maestra, una dei “nostri”, una mondina. Attraverso la sua opera la canzone popolare è
tornata a nuova vita.
Nata a Villa Saviola, una frazione di Motteggiana in provincia di Mantova, il 22 Aprile 1914,
lavorò in risaia dal 1927, a tredici anni, fino al 1952. Con suo marito Vittorio Carpi, suonatore di
violino, portò in giro per l’Emilia e la Francia un repertorio ambulante che andava da “Bandiera
Rossa” alla “Marcia Nuziale di Lohenghin” di Wagner. Dopo l’incontro e la collaborazione con il
Nuovo Canzoniere Italiano innoverà il suo repertorio sotto la spinta di una popolarità ottenuta
tramite i Dischi del Sole.
La voce e la chitarra di Giovanna ancora oggi “cantano” quel coraggio di tutta una vita, costi
quel che costi: tirare su i figli, battersi con l’ottimismo, il coraggio per l’esistenza quotidiana.
Giovanna morì nel ’69, a 55 anni.
Con lei la nostra cultura, la nostra canzone, quella popolare, torna eterna.
In quella pianura,
da Valle Re ai Campi Rossi
noi ci passammo un giorno
e in mezzo alla nebbia
ci scoprimmo commossi…
Con la versione del Coro delle Mondine di Novi questa canzone torna a casa.
Noi la dedichiamo alla madre dei sette fratelli Cervi, il cui nome non compare nel testo della
canzone, e di ciò ce ne scusiamo.
La canzone dell’emigrante
Una canzone che incidemmo nel 1988 su Reds. Fu il frutto di una collaborazione per noi
decisiva, perché ci spinse verso nuove direzioni: quella con Ambrogio Sparagna.
Abbiamo adattato quel testo allora scritto e cantato in inglese ad un testo oggi in italiano.
Oggi più di allora possiamo cantare che COSMOPOLI È IL FUTURO!
I nostri padri hanno conosciuto la peggiore delle violenze: lo sradicamento. L’essere strappati
dalla propria terra e dalle proprie radici è da sempre la prerogativa per poi essere umiliati,
alienati, sfruttati, resi schiavi.
I nostri padri furono scambiati come carne da macello per la “Ricostruzione”. Furono presi per
fame e costretti dal bisogno ad emigrare.
Eppure riuscirono a trasformare la pietra, il ferro in pane.
La stessa storia oggi si ripete e va contromano. Sono gli altri quelli che oggi emigrano, costretti
dalla fame, dalla guerra e dalla povertà, a venire qui nelle “sicure città d’occidente”.
Cogliere l’occasione significa che nell’incontro con l’Altro noi possiamo ritrovare noi stessi, le
nostre radici.
Possiamo fare in modo che la stessa storia che è toccata ai nostri padri non si ripeta, che non
sia più come prima. Noi abbiamo altri doveri rispetto a quelli dei padri, altrimenti nessun futuro ci
sarà concesso.
Noi possiamo fare in modo che il dolore si trasformi in speranza. Che dal dolore rinasca l’antico
“sogno di una cosa”. “Cosa” che oggi prende un nuovo nome: COSMOPOLI!
Che la nostra terra significhi per tutti i migranti ospitalità, pari opportunità, emancipazione,
dignità, condivisione di un sogno antico. Antico come il cuore della terra. Dove risiede il
futuro.Dall’incontro con l’Altro nascerà l’uomo nuovo. Perché il “diverso”, l’Altro, non è minaccia,
ma frammento alla ricerca del tutto. Esso mi provoca, svela i limiti del mio frammento,
suggerisce possibili coincidenze, dimostra la necessità di sentirsi relativi. E dalla relazione
nuova rinasce la nuova cultura, un nuovo immaginario e una nuova unità da e per condividere
nuovamente.
( Woody Guthrie )
Woodrow Wilson Guthrie nacque a Okemah, nella Okfuskee County, in Oklahoma il 14 luglio
del 1912. Morì il 3 ottobre 1967 a New York. Fu il più grande “cantastorie” e poeta rivoluzionario
americano.
Aveva scritto sulla sua chitarra “Questa macchina uccide i fascisti” (mentre il Che sul suo mitra
scriveva “Questa macchina fa musica”).
Con Guthrie le lotte, le sconfitte, le speranze dell’Altra-America, quella dei braccianti, degli
immigrati, degli operai, dei neri, dei poveri, hanno trovato nella canzone popolare una voce che
è diventata controstoria e controcultura insieme.
“This land is your land” è la canzone più famosa di Guthrie. Un inno.
Il lavoro per il pane
Questa visione proviene da Mohandas K. Gandhi. La sua fu la più grande delle rivoluzioni,
ancora oggi viva e in atto. Una rivoluzione non solo contro l’imperialismo inglese ma contro la
cosiddetta “civiltà” dell’occidente. Ancora oggi le sue critiche all’orrore provocato dal predominio
della tecnologia sull’essere umano e su tutto il pianeta, le sue parole sono dirompenti e
suonano vere come nessun’altra. La civiltà occidentale basata sulla supremazia tecnologica ha
ridotto e riduce in schiavitù milioni e milioni di uomini e donne. Per combattere Gandhi invoca il
senso del divino e ciò che è sacro e che rende gli uomini uguali, fratelli: la religione.
“Tutte le religioni insegnano che dobbiamo restare passivi di fornte ai beni terreni e attivi per
quelli divini, che dobbiamo porre dei limiti alle nostre ambizioni terrene e non averne per quelle
religiose”. La civiltà che Gandhi profetizza e lotta perché venga realizzata è una civiltà che si
basa “sull’uso appropriato delle mani e dei piedi”. È il ritorno all’uomo alla sua supremazia di
contro a quella tecnologica che lo asservisce e lo distrugge. Questo è il cammino che porta alla
pace vera; l’eliminazione dei bisogni superflui, indotti, la fine del consumismo che mette l’uno
contro l’altro. Condizione per la pace e la civiltà vera è il non accumulo. Poiché colui che
accumula reinveste in mezzi per poi sfruttare coloro che non hanno nulla… E quanto Gandhi è
vicini a Marx, in questo punto? È lo stesso punto di partenza, da cui si può ricominciare.Ecco
allora che la rivoluzione “oggi è nei campi”. Una rivoluzione che cancella le multinazionali, la
grossa distribuzione e gran parte dei rumori e delle asfissie, del “vivere male”.
LA ROSSA PRIMAVERA
2011
Fischia il vento
(tradizionale)
la brigata garibaldi,
simbolo di vittoria,
la libertà portiamo.
Ai popoli oppressi
la brigata garibaldi,
ai traditori fascisti
gliela la faremo pagar.
ai traditor fascisti
simbolo di vittoria,
la libertà portiamo.
Ai popoli oppressi
la brigata garibaldi,
Su in collina
(Francesco Guccini)
Poco di buono
(Claudio Lolli)
è un lampo di tuono,
Prende le stelle
ne fa mille scintille,
accende la miccia
poi scapperà.
Quel muso fiero
fa un cenno a D'Artagnan,
un mezzo sorriso
il ragazzo tedesco
il gerarca servile
e rimane nascosta
trasmette, va in onda
messaggi di libertà,
al comando alleato
un pilota annoiato
La birra è finita
e Marlene se nè andata
assaggio un'arancia
Stanotte le stelle
e prima di dormire
Avevano un granaio
Avevano un saluto
avevano lo sguardo,
quello di chi va incontro alla sorte.
Ci disse la pianura:
Ci disse la pianura:
E in quella pianura
ci scoprimmo commossi.
Gli dissero: "Non dirlo in giro, non crederanno a quel che avete fatto,
ed il ragazzo bevve alla sua vita, disse "ora la guerra è davvero finita".
Tredici
(Yo Yo Mundi)
Quattro dormiva
Dodici l'ago e
Tredici la cruna
Sette sanguinava,
Otto lo rincuorava
a spezzare le mani di
Dodici l'ago e
Tredici la cruna
piuttosto di parlare
torno in galera.
torno in galera.
sì sì che lo conosco
ha il manico rotondo,
lo piantai a fondo.
Sì sì che lo conosco
ha il manico rotondo,
lo piantai a fondo.
i colpi di mitraglia,
ma si sentiva un grido,
Viva l'Italia.
della fucilazione,
ma si sentiva un grido,
Rivoluzione!
della fucilazione,
ma si sentiva un grido,
Rivoluzione!
Festa d’aprile
(Franco Antonicelli)
Presente
Presente
Presente
Eurialo e Niso
Aprile
Venite su al confine
e viva è la memoria
venitelo a guardà.
venitelo a guardà.
la verità è al confine
risorgere si debe.
C'è un corpo sul confine
è un corpo di guerra
venitelo a salvà.
Le storie di ieri
(Francesco De Gregori)
Sangue e Cenere
Perché così è
così sia
così sarà
Sangue e Cenere
Sangue e Cenere
Sangue e Cenere soltanto.
Perché così è
così sia
così sarà
Sangue e Cenere
Sangue e Cenere
Sangue e Cenere soltanto.
Perché così è
così sia
così sarà
Sangue e Cenere
Sangue e Cenere
Sangue e Cenere soltanto.
Alle Barricate
Qui Oltretorrente
un grido una promessa
da Borgo Saffi fino al Naviglio
trionferà bandiera rossa.
E le camicie nere
battono la ritirata
dall’orda dei fascisti
Parma è liberata.
Da qui da qui
Da qui da qui
Da qui fino all’eternità.
Rosso è lo straccio
che portano al collo,
e tengono stretta una foto
all’altezza del cuore.
Per chi li aspetta
sarà triste la cena.
Chi prega per loro
avrà l’anima in pena.
Da qui da qui
Da qui da qui
Da qui fino all’eternità.
Da qui da qui
Da qui da qui
Da qui fino all’eternità.
Marenostro
Attraversano il ponte
poco dopo il tramonto,
sono i figli promessi
alla fine del mondo.
Perché perché
Perché Fausto e Iaio?
Perché perché perché?
Diciotto di marzo,
le otto di sera,
che sia maledetto quel giorno,
maledetta quell’ora.
In via Mancinelli
sono otto gli spari,
le spalle coperte,
il sangue hanno freddo
i cinque sicari.
Ma chi li manda
presta servizio,
chi copre è segreto
è servo fedele
riscuote a palazzo
ed io so chi è.
Perché perché
Perché Fausto e Iaio?
Perché perché perché?
Perché perché
Perché Fausto e Iaio?
Perché perché perché?
Perché perché
Perché Fausto e Iaio?
Perché perché perché?
Nino
Ma oggi Nino
ti do la mia parola,
quella di chi nel pane
ci mette tutto il sole,
quella che canta
con la città futura,
e corre fino al vento
oltre le sbarre oltre i cancelli
oltre queste mura.
Ma oggi Nino
ti do la mia parola,
quella di chi nel pane
ci mette tutto il sole,
quella che canta
con la città futura,
e corre fino al vento
oltre le sbarre oltre i cancelli
oltre queste mura.
C’è un marinaio
con la sua vertigine,
c’è una montagna
che si chiama solitudine.
È un raggio di luna
sopra un campo di neve,
è la strada di casa
il mio paese.
È quella speranza
che diventa canzone,
è un giardino nascosto
in un bosco di rose.