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ENDOCRINOLOGIA

PROF.POZZILLI 1 marzo 2005

Il diabete, dovuto ad un aumento della glicemia ematica, è una sindrome perché


comprende più malattie messe insieme.
Parlando di diabete è giusto distinguerne almeno quattro tipi di cui i primi due
(diabete di tipo 1 2 diabete di tipo 2) ne rappresentano circa il 98%. Queste due forme
di diabete venivano anche denominate “insulino dipendente e non insulino
dipendente” in base alla capacità di produrre o meno l’insulina (il diabete insulino
dipendente produce insulina, quello insulino indipendente non produce insulina).
Successivamente si è capito che il diabete insulino dipendente poteva anche non fare
l’insulina e che il diabete non insulino dipendente poteva anche fare l’insulina, per
questo motivo si è deciso di passare ad un a nuova classificazione.
La nuova classificazione parte da un concetto patogentico: il diabete di tipo 1 è
legato ad un processo autoimmune a carico delle cellule beta, che vengono distrutte
da linfociti ed autoanticorpi che legano i linfociti, e non vanno incontro ad un
processo di rigenerazione (la quota che va incontro a rigenerazione è molto piccola,
pari a circa il 10%). La terapia da fare in questo tipo di diabete è l’insulina in quanto
non ci sono beta cellule. Le cellule alfa, che producono glucagone, non sono, infatti,
in grado di produrre insulina così come il fegato, anche se quest’ultimo origina da
una linea cellulare simile a quella delle beta cellule.
E’ importante dire che senza insulina si muore! Senza insulina l’organismo usa la per
ossidazione degli acidi grassi provenienti dai tessuti di deposito i quali, con il tempo,
si esauriscono e alla fine si entra in chetoacidosi e si muore.
Questo ci spiega perché, quando si produce troppa insulina e si mangia troppo
zucchero, si aumenta di peso: questo perché l’insulina fa utilizzare il glucosio e tutto
quello che si mangia si accumula nei tessuti di deposito.
Quindi, il diabete di tipo 1 è una malattia autoimmune sostenuta da una base genetica.
Questa forma di diabete colpisce bambini e giovani adolescenti, però può colpire
anche gli adulti nei quali il processo di distruzione della beta cellule può essere molto
più lento. Probabilmente i soggetti che sviluppano questa forma di diabete in età
adulta non avevano una suscettibilità genetica molto forte al diabete di tipo1 legata
all’allele HLA di classe 1 e 2, oppure perché possiedono dei geni protettivi, oppure
perché possiedono dei geni che riproducono le beta cellule. Le beta cellule, se
vengono distrutte, sono in grado in assoluto di rigenerarsi, se si mettono in coltura
( impiegano circa 20 giorni). In vivo non si replicano perché persiste il processo
autoimmune. Basandosi su questo principio, un chirurgo negli USA ha deciso di
trapiantare le beta cellule del pancreas di un gemello sano al fratello gemello affetto
da diabete di tipo 1: si è osservato un rigetto acuto mediato dai linfociti citotossici
CD8 + che , immediatamente, hanno mosso una risposta immunitaria alla
reintroduzione dello stesso antigene che aveva determinato la distruzione delle beta
cellule. Questo esperimento è stata la chiara dimostrazione che rimangono cellule di

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memoria e che, quando si trapianta il pancreas o beta cellule in un soggetto diabetico
di tipo 1, nel giro di pochissimo tempo si ha un rigetto. La difficoltà in tutta la
trapiantologia è che, quando si trapianta un organo in un soggetto in cui quell’organo
è stato distrutto da un processo degenerativo, basta fare un po’ di immuno
soppressione e la cosa va avanti. Ma se si fa un trapianto non si fa altro che
richiamare quell’antigene che l’organismo aveva eliminato attraverso un meccanismo
di citotossicità autoimmune. Questo spiega perché purtroppo non si riesce trapiantare
con successo una beta cellula. Consideriamo che il trapianto di beta cellule, in
assoluto, è il più semplice trapianto che si possa fare perché si prende un pancreas da
donatore, si isolano le beta cellule, si isolano in coltura, si aspirano con una siringa e
si iniettano in vena porta. Per far si che queste beta cellule riprendano a funzionare,
bisogna indurre tolleranza e fare in modo che il sistema immunitario non distrugga le
ultime beta cellule che sono presenti al momento della diagnosi (circa il 20-30% di
tutte le beta cellule).
Un diabetico necessita di una unità pro chilo di insulina al giorno: se ne necessita di
meno vuol dire che un po’ ne produce. Si è visto che chi produce ancora insulina e si
riesce a proteggere la massa beta cellulare, ha meno complicanze perché
l’iperglicemia viene controllata meglio soprattutto di notte.
Dal punto di vista epidemiologico, questa malattia è la più frequente malattia
dell’infanzia, con un’incidenza in Europa di 15/100.000 nuovi casi all’anno; nel
Lazio ogni anno vengono diagnosticati circa 120-130 casi di diabete di tipo 1, con
una prevalenza dello 0.2%, contro una prevalenza del diabete di tipo 2 del 4%.
Il diabete di tipo 2 (non insulino dipendente, chiamato anche diabete alimentare,
diabete grasso etc.) è il diabete dell’adulto e colpisce individui con familiarità per
diabete. La possibilità che un individuo con parente di primo grado diabetico sviluppi
il diabete, sono dipendenti dal numero di parenti di primo grado affetti da diabete di
tipo 2: con tutti e due i genitori il 50% sviluppa il diabete. La possibilità di sviluppare
o meno questa forma di diabete dipende dallo stile di vita: la suscettibilità genetica
non è infatti sufficiente per lo sviluppo di questa forme di diabete. Anche nel diabete
di tipo 2 siamo di fronte ad una situazione di iperglicemia, ma in questo caso la
situazione è meno grave perché l’insulina viene prodotta. Infatti, mentre nel diabete
di tipo 1 l’insulina non viene prodotta e bisogna introdurla dall’esterno altrimenti si
muore, nel diabete di tipo 2 l’insulina viene prodotta. Quindi in questa malattia c’è
iperglicemia ed insulina alta. I livelli di insulina elevati fanno sì che il soggetto
aumenti di peso (si produce troppa insulina quando si mangia troppo e si introducono
troppi carboidrati). Questa insulina a livello periferico, negli organi che rispondono
al sue effetto (muscolo scheletrico, tessuto adiposo, fegato) e che presentano recettori
di superficie, interagisce con tali recettori e viene immagazzinata. Un adipocita di un
soggetto aumentato di peso ha una minore affinità per l’insulina nell’interazione con
il suo recettore, con conseguente riduzione della quota di glucosio che penetra nelle
cellule. Si viene, quindi, a creare una condizione paradossale: la glicemia si innalza,
la beta cellula pancreatica produce più insulina, questa insulina determina l’aumento
di peso, l’aumento di peso favorisce ulteriormente l’iperglicemia e, se questo circolo
non si interrompe, si crea una condizione di iperglicemia accompagnata ad
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iperinsulinemia ed obesità. Con il passare degli anni, questo continuo stimolo alla
produzione di insulina, può andare incontro ad esaurimento. In base alla
predisposizione genetica, a parità di iperisulinismo ci sono soggetti che diventano
diabetici, e soggetti che rimangono semplicemente obesi. Questo perché l’altro
aspetto importante della patogenesi del diabete di tipo 2 è dato dal recettore la cui
espressione sui tessuti bersaglio è determinata geneticamente. Quindi, se il recettore
risponde male all’iperglicemia e all’iperinsulinemia e non riesce a far internalizzare
bene il glucosio, si svilupperà una condizione di diabete; se il recettore risponde bene
all’iperglicemia, si svilupperà una condizione di obesità perché il glucosio viene
internalizzato nelle cellule. Conclusione di tutto ciò è che nel diabete di tipo 2 il
fenotipo clinico è drammaticamente variabile da soggetto a soggetto; se oggi un
soggetto soprappeso viene diagnosticato diabete di tipo 2 con prevalenza di insulino
resistenza, dopo due anni questo fenotipo clinico può essere un altro!Non esiste oggi
in patologia una malattia che cambia di fenotipo clinico tanto come il diabete. Questa
notevole variabilità nell’arco degli anni pone logicamente problemi anche dal punto
di vista terapeutico: se la malattia varia si deve variare anche la terapia.
Quindi il diabete di tipo 2 è una sindrome con fenotipo variabile a seconda dell’età di
insorgenza.
Molti dicono che il diabete è una malattia dei lipidi più che degli zuccheri perché
come conseguenza si ha un aumento dei lipidi nel sangue: questo fa si che il diabete
sia la prima causa di morbilità legata all’aterosclerosi. Un paziente su tre ammesso in
ospedale con problemi cardiovascolari è diabetico e molto spesso non sapeva di
esserlo.
Quindi è importante conoscere questa patologia che presenta risvolti in diversi ambiti
clinici: oculistici, cardiologici, ginecologici (macrosomia del feto per iperproduzione
di insulina in risposta all’iperafflusso di zuccheri da parte della madre).
Ridotta tolleranza al glucosio: vuol dire che quando si assume zucchero per bocca
la glicemia sale sopra certi valori. Essere affetti da una ridotta tolleranza ai
carboidrati vuol dire essere di fronte alla porta che conduce al diabete, se non si
modificano le abitudini alimentari sicuramente si diverrà diabetici.
Possiamo distinguere due tipi fondamentali di ridotta tolleranza: la glicemia a
digiuno elevata e la glicemia postprandiale elevata. Di queste due la più pericolosa è
la postprandiale perchè, su studi su grandi casistiche, si è visto che la glicemia
postprandiale è significativamente associata, quando supera determinati valori, agli
accidenti cardiovascolari, mentre la glicemia a digiuno, anche se elevata, non
presenta tale associazione.

(Mostra diapositiva sulla variazione del diabete di tipo 2 in base alla produzione
endogena di insulina ed aumento di resistenza periferica all’insulina)

Le altre due forme di diabete sono il LADA (latent autoimmune diabetes in adults)
e il MODY.
Il LADA è un diabete autoimmune latente, perché non si vede tanto che è diabete di
tipo 1 autoimmune, che compare negli adulti (ricordiamo che il diabete di tipo 1
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compare soprattutto nei ragazzi). Questi soggetti non sono obesi, ma hanno degli
anticorpi. Per poter diagnosticare questa forma di diabete è importante valutare la
presenza o meno di questi anticorpi anti cellula beta.
Questo gruppo rappresenta almeno il 10 % di tutte le forme di diabete
apparentemente di tipo 2 perché,quando questi soggetti vengono diagnosticati
diabetici, non sono trattati con insulina, sono pazienti che hanno la glicemia un
po’elevata e vengono trattati come diabetici di tipo 2 e rientrano in quel fenotipo
clinico di diabete di tipo 2 normopeso.
Il MODY (maturity onset diabetes juvenile) è un diabete con le caratteristiche
dell’età adulta che però insorge nei bambini; è il diabete dei bambini obesi che fanno
un’iperglicemia intorno ai 15 anni. Questa forma di diabete ha una forte componente
genetica e ne sono stati identificati sette tipi con una mutazione a carico di alcuni
geni che controllano il meccanismo di secrezione insulinico o di utilizzazione
dell’insulina. Queste forme di diabete sono rare, ma probabilmente rappresentano
l’1% delle forme di diabete del giovane.
E’ importante ricordare questi numeri perché di fronte ad un bambino obeso che sta
male, non cresce o non va bene a scuola, è importante fare un prelievo ematico per
valutare l’eventuale possibilità di patologia a carattere ereditario. Se tale prelievo è
negativo basterà semplicemente mettere a dieta il bambino per farlo dimagrire.
La popolazione filippina sta creando molti problemi dal punto di vista
dell’interpretazione del fenotipo clinico. Il cosiddetto “Tripty genotype” è un
genotipo asiatico che viene in Europa, entra in una sistema di alimentazione e di vita
a cui non era esposto (in questo caso il fenotipo non era abituato a mangiare molto)
con conseguente notevole aumento di peso nell’arco di poco tempo. Questo perché il
loro genotipo non è in grado di smaltire tutto quello che mangiano e quindi
accumulano tutto. Risultato di tale situazione è che, nonostante la giovane età (40
anni circa) a Roma ne muoiono circa 7 al giorno per accidenti cardiovascolari!!
Siamo d fronte ad un genotipo incapace di adattarsi al nuovo ambiente in cui vive.
Lo stesso è successo in Polinesia dove la “Cocacolonizzazione” ha determinato una
rapida mortalità per accidenti cardiovascolari in soggetti diabetici.
Quindi, il MODY è una forma di diabete geneticamente determinata e se non si
modifica la strategia interventistica questi soggetti svilupperanno molto presto il
diabete e le complicanze cardiovascolari ad esso associate.
Algoritmo diagnostico:
Altro aspetto importante è capire se il diabete necessita di insulina o meno. Se si
presenta un paziente diabetico di tipo 1, con 400 di glicemia ed eventuali
complicanze (chetoacidosi) si deve somministrare insulina.
Nel caso di diabete 1 bisogna somministrare insulina, nel caso di diabete di tipo 2 non
bisogna somministrare insulina.
Altri aspetti da considerare sono l’età del pz e l’eventuale ereditarietà: se il pz ha
meno di 25 anni e presenta ereditarietà ci orientiamo verso il MODY; se il pz ha più
di 25 anni si deve studiare la secrezione insulinica. In caso di secrezione normale o
ridotta vado a valutare gli anticorpi: se sono presenti mi oriento verso il LADA, se
sono assenti mi oriento verso un tipo 2 iposecretore. In caso di secrezione aumentata,
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con comorbidità metaboliche, mi oriento verso un diabete di tipo 2 insulino
resistente. (vedi slide)
E’ importante classificare correttamente le varie forme di diabete soprattutto nel
momento in cui si deve intervenire farmacologicamente. Per esempio se si
somministra l’Euglucon ad un paziente che produce troppa insulina si compie un
errore perché questo farmaco non fa altro che stimolare la secrezione insulinica e
quindi non si fa altro che peggiorare la situazione del paziente.
I criteri per la diagnosi di diabete mellito sono:
1. Sintomi del diabete: poliuria, polidipsia, calo ponderale, astenia
2. Glicemia occasionale maggiore di 200 mg, e glicemia a digiuno maggiore di
126 mg ( è importante ricordare bene questi valori! Ricordate che 126 è la
traduzione dell’inglese 7 millimolare!)
3. Facendo una curva da carico, se dopo 2 ore dall’assunzione del cibo la
glicemia è maggiore di 200 possiamo fare diagnosi di diabete.
4. Per quanto riguarda la ridotta tolleranza: abbiamo valori a digiuno tra 110 e
126 mg.
5. Per quanto riguarda la glicemia dopo il carico orale (2 ore) abbiamo valori
compresi tra 140 e 200 mg .
Altro aspetto è quello del diabete gestazionale: una mamma diventata diabetica a 17
anni, con un figlio a 27 è diabetica di tipo 1 e non ha un diabete legato alla
gravidanza! Mentre il diabete di tipo 2 in gravidanza diventa un diabete gestazionale.
I parametri per la diagnosi di diabete sono adatti anche per la ridotta tolleranza.

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