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DELOS BOOKS
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www.delosbooks.it
365
racconti erotici
per un anno
a cura di
Franco Forte
Un’iniziativa del a
www.writersmagazine.it
INTRODUZIONE
di Franco Forte
L’idea era cercare di coinvolgere 365 autori attraverso il forum del a Writers
365 autori diversi, uno per ogni giorno del ’anno, anche perché di solito
appli-
chiamo criteri di valutazione molto rigorosi. Per di più, per dare vita a un
libro
che accogliesse un solo racconto per pagina, siamo stati costretti a imporre
un
limite invalicabile per la lunghezza delle opere: 2500 battute, non una di
più; e
state serrate, molto impegnative (anche perché il fatto di sfruttare il web co-
un’antologia come questa. Abbiamo dato vita a una vera e propria “fabbrica
i risultati a cui siamo arrivati, è stato l’aiuto di uno dei massimi autori
italiani,
Alan D. Altieri, che si è dimostrato un vero trascinatore di folle, e grazie al
qua-
a fare del ’antologia non solo un libro unico nel panorama editoriale, ma
anche
Avete un piccolo gioiello di narrativa erotica fra le mani, da leggere con cal-
1 gennaio
di Sergio Donato
Ho visto qualcosa nel tuo letto, l’ultima volta che sono venuta da te. Il
materasso
era morbido. Mi sono lasciata cadere sul bordo rimbalzando due volte.
Quando
Non ricordo bene. Avevo detto che non ti avrei parlato se tu non potevi, ma
ho dovuto farlo per non pensare a quello che c’era nel tuo letto; e poi questo
gioco del silenzio credo sia durato abbastanza: ti fa sembrare più distante
dal
mondo.
degli scuri accostati si stendeva sui lombi, al ungando le ombre del lenzuolo
che ti fasciava il ventre.Era lì, sotto la stoffa. Non so, mi piace pensare che
al
I medici hanno detto tante cose sul a lesione, sui recuperi, sullo shock
sotto potesse muoversi qualcosa, dato che la paralisi era perlopiù totale. E
c’è la
Non so cosa mi sia successo, l’ultima volta. Forse la luce del pomeriggio e
il
ora me ne sorprendo, perché è stato tutto così naturale. Ho solo control ato
che
mi è sembrata una buona idea control are che non fossi sudato.
roccia, i tendini tesi, il torso nudo lucido di sudore. Le dita di sono fatte
strada
fra i riccioli, e il palmo si è riempito del a tua carne appena umida, calda,
dura.
Ho stretto più forte, sentendomi più sicura sul a tua roccia, e ho creduto di
6
365 racconti erotici per un anno
2 gennaio
di Irene Vanni
Una volta nutriti, gli zombie sono creature innocue e puoi farci quello che
vuoi.
C’è chi li fredda con una pallottola e chi li chiude in gabbia per col audare
la
fissandomi con sguardo spento di neonato, mentre la mia mano gli scorre
sul a coscia per accertarsi del a vitalità che tende la stoffa. Si chiama Scemo
o
L’ho scelto con cura. È alto, ben fatto e ha solo un’ammaccatura sul a
calotta
cranica dovuta a chissà quale incidente. Poco m’importa del suo passato.
Ogni volta che facciamo la doccia cerco di lavargli via il sangue dal a
tempia.
avanti i palmi delle mani, per anticipare ciò che voglio. Sa solo questo.
Credo
gli piaccia. E a me piace guardarlo nudo, steso fra le lenzuola bianche meno
di
convergono sul ventre, dove mi siedo, lenta, e mi chino per cercare il volto,
le labbra, lo spirito. Ma non respira. Il cuore non batte. Il sangue gli scorre
nelle vene come il cibo, senza scaldarlo. Le sue dita scivolano gelide lungo
le
mio anfratto. Con le dita, con la lingua, col corpo intero. Mi fa aspettare. Ha
imitazione.
spinta, mi perdo in lui. Il flusso di vita mi scioglie, fra vagiti rochi. Divento
tomba e cul a.
Le sue carezze sono aride come quando è Scemo. Mi chiedo come sarebbe
ODORE DI fEmmINa
3 gennaio
di Gabriel a Saracco
– Tutto a cinque euro! – Nel mercato, l’uomo grasso urlava agitando pizzi,
tul e
Lisa era lì come ogni lunedì: – Anche questo a cinque euro? – sventolò un
di perline, un perizoma con una banconota finta infilata nel a tasca davanti.
Non
Lisa gli mostrò la punta del a lingua e salì sul veicolo accostando lo
sportello
in bel a mostra.
– È troppo buio… – Aprì di poco il portel one: l’uomo era lì, come si
aspettava.
Lo ignorò e si girò sul a schiena per ammirarsi dietro: anche il culo era
scoperto.
Proverei anche il perizoma con i pon pon e il due pezzi in vinile. Posso?
sistemare il cinturino del sandalo dal tacco vertiginoso. Sentiva gli occhi
La mutandina lucida lasciava scoperta la sua parte migliore. Dal e coppe del
chiusi. Le orecchie erano attente al fiato pesante del mantice appena fuori.
Infine
ritornerò.
8
365 racconti erotici per un anno
NO sTOP
4 gennaio
di Diego Lama
al colmo del desiderio. – Non può finire sempre così – mormora Lula.
23 ore su 24. Nel ’ora libera corro da Lula. Quando mi vede sul a soglia del
’alcova
mi accoglie con un sorriso senza malizia, come se mi stesse aspettando.
troveranno mai.
Siamo scappati al ’alba. Per dodici ore abbiamo corso tra le dune del
deserto
bruciate dal sole. Di notte ci siamo nascosti in una piccola grotta stretta e
profonda, tra spini e lucertole bianche. Abbiamo control ato lo stato del e
batterie
Ci siamo guardati negli occhi per qualche secondo, poi ci siamo baciati,
ha chiesto.
– Sarà come uno sbadiglio, uno starnuto, un brivido, una cosa così, una cosa
umana…
– Riusciremo a sentirlo?
ci saremmo fermati mai più, per tutto il tempo concesso, fino al ’ultima
scintil a
di energia. Solo al ora, forse, solo al a fine, avremmo provato quel a cosa
che
PaZZa DI TE
5 gennaio
di Isabel a Braggion
Non lo aveva cercato lei, questo amore, non si era lasciata invaghire dal
potere
scossa fino alle viscere... Una droga a cui non avrebbe più rinunciato.
Una semplice telefonata: – Tra noi è finita! – Punto.
di riconquista.
Le trema la voce. – Ti amo. – Due parole che non aveva mai trovato il
coraggio
di dire.
Le dita scorrono sui bottoni del a camicetta trasparente. Sotto, un top nero
di seta le accarezza le linee perfette del seno, i capezzoli turgidi giocano sul
a
stoffa liscia.
– Non dovresti essere qui. – La voce secca di lui la taglia come mille pezzi
di
vetro strisciati sul cuore. Gli occhi diventano luci, il dolore le avvampa la
pelle
mentre il panico gioca con i suoi ormoni impazziti. La gonna scivola a terra,
i sandali si perdono nei pochi passi che la separano da lui. Gli si siede
sopra,
sul a pelle. Lui l’accarezza con un gesto istintivo, contrario al suo volere.
– Un consiglio che suona come una promessa. Lo libera dal suo desiderio,
le
Poi lui si alza, ricomponendosi, freddo. Apre una cartel a e le porge una
foto.
– Chi è, lui?
10
365 racconti erotici per un anno
NOsTalgIa
6 gennaio
di Mirel a Esse
Va pure avanti così, fa’ finta che io non esista (ennesimo sms senza
risposta). Apre il
primo casset o del a cucina, esamina i coltel i, ne sceglie uno: non il più
lungo, non il
Osserva chi entra e chi esce: è un’ora morta, c’è solo lei nel locale.
bal are un’ultima volta, nuda, sul tavolo. Sbirciando fra le gambe aperte,
toccando le
fessure umide. Quel e che ha immaginato nel e not i afose, masturbandosi.
Quel e che
stringe la gola.
– Perché mai?
Rosetta, ma Carlito!
– Già che c’ero, mi sono fat a una sesta, caro il mio zuccone! Tu eri
disoccupato,
non potevi darmi niente, e io nel night guadagnavo pochino. Ora sai cosa
posso
–– Perdonami, Carlito… Fai un giro con me. Come ai vecchi tempi, quando
eri la
Gustavo è eccitato. Di Carlito non gli importa nul a: vuole la donna dei suoi
sogni e
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Il DEsIDERIO
7 gennaio
di Lina Anielli
Si perse negli occhi di ghiaccio fermi nei suoi e fra le lentiggini che dal
naso si
– Via!
Accostò la bocca aperta nello stesso istante in cui Luca le spinse la mela fra
i denti.
Sot o il suo sguardo impudente, staccò il primo morso. I volti vicini, seguì il
rivolo di
contendersi il torsolo.
Al ’interno era fresco. Lui le afferrò i capelli. Con il fiato corto, lo lasciò
cercare,
model a al a sabbia.
12
8 gennaio
di Antonino Alessandro
Non è stata una vera scopata. Lui aveva sedici anni e un uccello che non
aveva
visto niente di diverso dalle dita del a sua mano destra e io volevo togliermi
“ahi” e tutto si era concluso nel sudore, in un letto singolo dietro le persiane
socchiuse.
– Una ventina di minuti. Avrà qualche fastidio per dodici ore – mi risponde
il dottor Tommasi.
La seconda volta che ho fatto sesso è andata meglio. Avevo quindici anni
con dolcezza e mi ha fatto godere. Altro che una decina di colpeti, un po’ di
Vedo Tommasi che si toglie gli occhiali e fa finta di pulirli per poi
riprendere
Manfredi una sera, dopo averlo fatto divertire. In certi frangenti gli uomini
diciottenne: “Vedrai, sarà come tornare indietro nel tempo, così non dovrai
– Come?
– Adesso sentirà una piccola puntura – dice Tommasi brandendo una siringa
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9 gennaio
di Gianluca Lucchese
I fatti del giorno erano “il caro pane”, “la borsa nera” e le presunte violenze
sul rubinetto.
Lei, eccitata, capel i neri, lunghi, ricci, ansimava nel a richiesta di quei
versi. Le
cadde.
– Ti amo come guardo il pesante sacco del a posta, pieno di gioia, pieno di
sospetto agitato.
si nascose dietro l’angolo. Quel membro la possedeva con forza, ma non gli
pareva affatto una violenza… Era sempre stato incerto sui modi con cui
quel e
avvenenti donne avevano redatto il verbale in caserma. Da quel ’angolo
apparvero
terra. Poi la schiena nuda, bagnata, le slip, i glutei di marmo e quel e mani
che
tastavano l’uomo sul petto, sulle braccia, tra le gambe, come per tenerselo
tutto
a memoria…
– Mhhh... ancora...
– Sei la mia carne che brucia, come la nuda carne delle notti d’estate. Sei la
mia
14
10 gennaio
di Karim Mangino
Il primo piercing mi costò un ceffone. Mio padre vide l’anellino che mi ero
pulsava di dolore. Anche se sapevo che guardarlo così era la cosa che lo
faceva
Lui urla e stringe i pugni e io penso ancora, come una preghiera, colpiscimi
accanto a Sara. Sono passati due anni e mi sembra una vita. Sara dorme,
più piccola tra noi due, le mani delicate, le caviglie sottili, i piedi piccoli.
Ha un
viso da bambina con le lentiggini sul naso. Non ha i piercing che mi sono
fatta
io: ne ho uno sul a lingua che a lei piace tanto e uno al ’ombelico; lei ha
solo un
libertà.
ancora lo schiaffo di mio padre che mi brucia il viso. Non ti sono mai
piaciuta,
vero papà? I capelli troppo corti, il giubbotto di pelle. Non ero la bambina
con
le treccine che volevi tu, non è così? Be’, i tuoi schiaffi non cambiavano
proprio
viso.
dà un bacio come solo lei sa fare. Mi prende il viso tra le mani e gioca con
delle dita e la sento tremare mentre la tocco. Chiudo gli occhi. Sara, sono la
tua
in lei.
15
absIDI
11 gennaio
di Paolo Veroni
Era arrivata solo da un paio d’ore con la navetta dei rifornimenti che già
non
riuscivo più a prestare attenzione alle sue parole, tanto ero distratto dai seni
non volevo perdere tempo. Avremmo condiviso gli stessi spazi, la stessa
aria,
gli stessi alloggi e l’intimità di questo bidone volante fatto di carta stagnola.
sue labbra mi ipnotizzavano, rendendo ogni altra cosa più ovattata di quanto
non fosse stato nel ’ultimo mese. Da troppo tempo galleggiavo fra pannelli
le avevano imposto di compiere, poi con decisione e senza dire una parola
le
pettorali, senza timore. Le sfilai la polo facendo scorrere le mani sui fianchi
e poi sulle braccia. Non ricordavo più quanto fosse morbida la pelle di una
donna.
lunare.
Ma ci sentivamo Dei.
16
12 gennaio
di Massimiliano Maestrello
I miei non ci sono più e io vivo con mio fratello in un piccolo appartamento
dalle parti
di Via Diaz. Tut e le regole sono saltate: non è un granché, mio fratello,
come figura
Tut e storie che durano poco, comunque: forse mio fratello non è granché
nemmeno
punto. Le pareti del ’appartamento di Via Diaz sono fini come carta velina e
io sento
tut o. So bene cosa fanno, chiusi lì dentro, l’ho visto in certi film che danno
in piena
Un pomeriggio li sento litigare. Mio fratel o esce di casa sbat endo la porta
e
si siede accanto a me. È nuda. Chiudo gli occhi, sento le guance andare a
fuoco. Sara
Resto immobile.
– A tuo fratel o non piaccio più – dice lei. Mi abbassa la cerniera dei jeans.
Mi tocca
Sara e mio fratel o si vedono ancora un paio di volte. Un’altra del e sue
storie a breve
sorridermi. Fa una bol a e schiocca la lingua contro il palato nel modo che
mi piace.
È un messaggio per me, forse. O forse è solo il suo modo di dire addio al
’appartamento
di Via Diaz.
17
13 gennaio
di Andrea Franco
sfuggente.
– Prima a modo tuo – riprende Silvia – poi a modo mio. Pensavo che
almeno una
sfiora con le labbra, con un movimento languido del a lingua. Poi dice: –
Dev’essere
una sorpresa.
dal a sua lingua calda, Silvia si scopre eccitata. Sta per portare una mano
tra le cosce,
ma si blocca.
che ne dici?
Silvia non ha bisogno di voltarsi. Sa chi c’è al e sue spal e. Ha accettato di
accontentare
Loro si muovono e Silvia per un momento chiude gli occhi. Sente la mano
di Daniela
che le sfiora il seno, poi un morso sul capezzolo duro e sensibile. Senza
rendersene conto,
due dei quattro ragazzi sono intorno a lei in un intreccio di braccia, lingue,
desiderio.
parlare.
profondi di Silvia.
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14 gennaio
Se devo essere sincero, diciassette anni per una scopata mi sembrano troppi.
Sì, sì, è stato giusto inasprire le pene per i pedofili, non lo metto in dubbio,
caso...
Ed era stata lei, dopo aver cenato insieme a lume di olocandela, a chiedermi
suggerito l’abuso”, sta scritto sul a scatola, ma lo sanno tutti che succede
già
Si sa, con queste ragazzine che sembrano delle donne fatte non puoi mai
01/11/2005.
chip, il suo chip, quello che dice: adesso puoi aprire le cosce, farne un
passaggio
segreto che solo una lingua può aprire, una voragine per tutti gli
appassionati.
Così, a mezzanotte e uno (non si sa mai, nemmeno con gli orologi atomici)
la sfioro.
Ed è col cazzo ancora ciondolante che vengo portato su ’sto cesso di Titano,
mentre la radio ricorda ai poliziotti di control are gli orologi per il passaggio
al ’ora legale.
19
REwIND
15 gennaio
di Alter W.
Mi sto radendo e immagino lei che fa frusciare le lenzuola mentre mi
aspetta
e si tocca.
Complice una cena sul a terrazza vista mare e la solerzia con cui il
cameriere
caduta fra noi e avevi accettato l’invito a casa mia. Tempo dieci minuti e
del a gratificazione del ’altro. E così la mia camicia diventava una guepière,
del a smania di scoprire i nostri corpi, dove ogni piega, ogni muscolo,
labbra
al ’appagamento ci aveva stordito, tanta era stata prima l’estasi del darsi e
del
spiare le tue movenze, cogliere quel lampo negli occhi nel momento in cui
provavi piacere.
come la fenice.
l’arcano richiamo del tuo afrore, al quale ritorno ogni volta ebbro e schiavo.
del ’abbandono, che tutto finisca e io mi possa ritrovare solo a ricamare sui
ricordi.
Già, i ricordi. Solo quelli sono sufficienti per eccitarmi e scatenare sciami
Metto la fede.
20
la chaT
16 gennaio
di Mariarita Cupersito
Presto arriverà la not e. At endo paziente che questo inutile giorno scivoli
nel ’oblio
Immagino che molte studentesse del campus abbiano una movimentata vita
Ogni not e porta con sé una nuova storia, un nuovo ragazzo da amare
selvaggiamente
Sono fat a così, zero complicazioni. Sesso e via. È tut o ciò che voglio.
Le ore diurne servono solo a riprendermi tra una not e e l’altra; vado a
lezione, in
palestra, a fare shopping, ma in realtà dormo: at endo fiduciosa e paziente
l’arrivo
del ’oscurità.
Ogni sera chat o con altri studenti del campus di cui non so assolutamente
nul a,
Sono io a det are le regole, ho il control o totale del gioco. Niente nomi,
niente
rivedrà una seconda volta. Appena arriva l’alba il mio interesse per ognuno
di essi
Stasera sono su di giri. Sarà a causa del temporale che infuria ormai da
diverse ore e
La corrente è andata via. Sono in camera al buio, seduta sul letto, davanti
allo schermo
diverse ore, ma a me bastano pochi minuti per trovare ciò di cui ho bisogno.
Entro nel a chat. Per un at imo mi sembra di udire un suono at utito
proveniente
Inizio subito a chat are in privato con lui. È sicuro di sé, mi piace. Il suo
nickname
riesce a stuzzicarmi.
Voglio vederti.
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UP aND DOwN
17 gennaio
di Massimiliano Cacciotti
Up and down on my body / make me feel your size daddy / move it on shake
it on
giusta per venirci da soli in questa vil a–disco–sexy, come un Tom Cruise
da
ultimo Kubrick. Ci sta bene pure la musica al a radio e io che faccio il coro,
Due euro per il parcheggio: ladri, come al solito! Però lo sapevo. Ci sono
già
Perché ci sia tornato non l’ho ancora capito. Però ci sto. Ci sto “per
dimenticare”,
Meno male che c’è anche lei, la cubista del ’altra volta, quel a che ci
eravamo
solo scambiati due chiacchiere, ma che io, a casa, ho già usato per farmi le
seghe. Meno male che c’è lei, sì, anzi tu “Ci davamo del tu, vero?” “Certo,
che
sei scemo?” “Come ti chiami che non ricordo?” “Simo” “Ah Simo, sì.
Sarebbe
Simona, no? Io Marco” “Lo so, lo so!” e mi sorride con uno di quegli
sguardi che...
(sta a vedere che mi ha usato anche lei per i suoi ditalini!). Meno male,
perché
indietro. Meno male, perché al piano di sopra, su nel privé, è già scattata
l’orgia
e ci buttiamo anche noi, che qui usa così. Meno male, perché poi lì, dentro
di lei,
mica come voi che vi ci potete solo riempire di seghe!” Meno male perché
poi c’è
quel a saletta dietro, che Simona conosce, quel a con la scritta “Riservato”,
dove
andare soli io e lei. E Simo, che in fondo è una romanticona ingenua dipinta
da baldracca, poi mi dirà roba del tipo: “Sono stata benissimo”. Peccato
solo
che, un attimo prima di dirlo, se ne vada in bagno a darsi una rinfrescata…
La
aspetto inutilmente per venti minuti. La rivedo un’ora dopo: è nel privé, con
un
Dài, no, non devo piangere. Meglio andare a bal are, su, che giù in
discoteca
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18 gennaio
di Cristina Cardone
Conosceva Barcellona, le piazze erano sempre una festa e poi lì trovava gli
artisti più
– No.
Parlavano francese. – Fai l’amore con me – ripeté con voce calda. – Le mie
labbra
Lui sembrava quasi distrat o dal suo lavoro. Al ora lei slacciò un bot one del
cappotto.
– No! – la bloccò. – Parlami. Io ti ho già spogliata.
– La voglia lacrima tra le mie gambe, dove si insinuano le tue dita. Stringo
appena per
sentire il contat o con la tua pelle. La mano scivola dentro al ritmo del mio
desiderio.
– Continua.
– Voglio sentire la tua pelle sot o la mia, voglio sentire in bocca il tuo sesso.
Lui annuì.
23
sEDUZIONE
19 gennaio
di Carlo Battaglini
Il mio libro. La gente at ende che firmi la loro copia. È la mia serata. Cosa
potrei
vedo davanti.
Le guardo gli occhi dove sto per precipitare, poi la profonda scol atura. E il
suo
Era arrivata da chissà dove e aveva messo in agitazione il paese; troia per le
donne
le raccontava.
Un giorno caldo, nel ’ombra dei portici silenziosi, intesi i suoi tacchi che si
sul davanti.
– Spogliati! – mi ordinò.
Ero ipnotizzato dal ’anello. Obbedii. Mi accorsi delle manette solo quando
mi
ritrovai con i polsi fissati al a testata del let o. Mi agitai, ma lei mi posò
l’indice sul e
verso il mio viso. Mi coprì la testa con la gonna. Tut o divenne buio; il suo
aroma
mi soffocava, non capivo più nul a. Tentai di baciare quel sesso che si
avvicinava, ma
svenni.
Quando ripresi i sensi ero solo, senza manette. Mi vestii con rabbia, ancora
eccitato
dal desiderio insoddisfat o che mi piegava, e che sarebbe rimasto tale anche
negli
anni a venire.
E adesso lei è qui che mi guarda, con il suo odore che mi fa impazzire, e mi
chiede
24
PRONTa a mORIRE?
20 gennaio
di Sara Gatto
Le sue mani sono ferme sui miei fianchi, ma per me è come se fosse
ovunque. La
proprio come piace a me, e io non so fare altro che lasciar cadere la testa
indietro
scappare rapidi, per non concedermi troppo. Sa che sta giocando con il
fuoco
e questo gli piace da morire, lo eccita quasi dolorosamente. Vorrei che fosse
veloce, che mi possedesse qui, ora, contro questo muro fuori dal ristorante
dove
Perché le nostre unioni sono sempre così. Non si uniscono solo i corpi,
anche
cadere, costante.
sollevato.
riprendere fiato.
Mi sorride con quel sorriso colmo di piacere che io adoro vedere, e l’unica
cosa
che riesco a pensare è che morirei sempre con lui.
25
21 gennaio
di Francesca Violi
Parcheggio del Trend: piedi in aria, gonna alzata sui fianchi, la tua schiena
sbat-
di Rob, uno dei cubisti ( dodici, come i mesi del ’anno: lui è Dicembre).
Da quando hai fondato l’Agenzia non avevi mai... ma che ti è preso proprio
la cosa ti è proprio sfuggita di mano. Per fortuna hai guardato l’ora. Solo
che
intanto lui era già entrato. Così ora fai del tuo meglio per velocizzare la
cosa: sti-
moli, palpeggi, strofini, mordicchi. Come far durare il meno possibile gli
affondi
Lo dice il contratto.
Tasti, aliti, premi, stuzzichi, strusci. Gli infili persino il dito nel... in-
somma, sì, nel sedere, ma con le unghie finte, non sarà...? No, no, gli piace!
23:54. Non sai più cosa fare: ti vengono in mente solo cose tipo... No, no.
Ora il ritmo è molto più veloce. Dài, un ultimo sforzo! Tanto cos’hai da
perdere?
più forte
(Oh.)
si inarca
(Ooh)
trema
(No! Aspet...)
(... ta)
più, finché è un unico boato che si alza dalle case sparse nel a pianura, dal
nuo-
26
22 gennaio
di Matteo Ciccone
c’è bisogno di uno bravo. – Lui allora ha fissato negli occhi il nuovo
fornitore
Un marito che vuole liberarsi da una moglie scomoda, ormai una ciabatta
troppo stretta per un piede ingrassato da un’avara ricchezza. – Quel a strega
deve sparire. In modo pulito e senza strascichi. Per anni l’ho sopportata. Di
sommato, è una madre. Inutile dire che vuole subito aiutarlo a trovare una
certa via del a città, perché lui viene da Roma e non conosce.
Fanno l’amore la prima e unica volta in un motel che ha scelto lui giorni
prima. Prendere una vagina secca è tosto, ma crede di averla fatta godere. In
ogni caso, non ha sentito i clic segreti che hanno immortalato la carne che
geme.
Lui non vorrà nessun rimborso, farà il santino che né perdona né cova
rancore.
27
aNN
23 gennaio
di Luca Roncoletti
Addio al celibato, destinazione Lap Dance, sfruculiose intenzioni! Ci
troviamo
al parcheggio.
A Nico ci si abitua. Si muove ambiguo che non gli daresti due lire, poi ti
sforna libido well oriented ( well perché è oriented come la mia). Si metterà
in
Alta, atletica, gambe che mi scende la lacrima tanto son belle. I miei amici
sono inebetiti. Io ancora riesco a giudicare con occhio da esteta, però non è
giusto nei miei confronti che questa Giunone non sia innamorata di me.
Poi si gira.
erotica anche una chiavetta USB). Poltrone agli angoli. Quattro, noi. Lei
quindi
soffusa disegna sul corpo oliato orgiastici riflessi (va be’, orgiastici è un po’
Leggo in lui riconoscenza di gran qualità. Ann sembra dirmi Peccato che
non
mi è così vicina che… mamma! Insinua le dita fra gli elastici del perizoma.
(Pier, che ti ritrovi occhi, naso e bocca dove li avresti sperati casomai una
dea fosse salita sui braccioli del a tua poltrona, finirai mai di ringraziarci?)
e vira su di me. Come prima, sale. Potrei essere meno felice? Mi massaggia
i lobi.
Poi, il gesto. Si piega ad angolo retto e mi dà un bacio sul a fronte (il bacio
sul a
fronte schizza dritto ai vertici del a mia classifica di fantasie erotiche).
Indugia un
Quando mi riprendo lei non c’è più. Dentro il privè noi moschettieri. E il
compensato.
28
la lEZIONE
24 gennaio
di Aldo Cirri
in una zona del bosco lontano dai sentieri battuti. Aveva appena aggirato un
grande abete, quando sentì un bisbigliare nel folto del a boscaglia. Chi
diavolo
cespuglio una voce maschile e una femminile erano impegnate in una strana
– Così?
– Forse un tasso.
posizione di prima.
– Uff!
Lei appoggiò le labbra sul ’imboccatura del trombone che, questa volta,
emise
29
bOca chIca
25 gennaio
di Tommaso Chimenti
Non ci siamo mai parlati. Non ci siamo mai visti di persona. Ti ho visto
sul divano. È al a tua sinistra appena dopo la soglia. Appoggia le scarpe per
terra. Non parlare. Ti ho lasciato una sciarpa sul divano. Bendati. Prendila
e legala bene. Stretta. Comincia a salire le scale. Io sono al piano superiore,
ti guardo. Gli occhi dritti avanti a me, sullo schermo i colori rimbalzano, si
Si sente soltanto il fruscio delle tue calze sulle scale di legno. Sento un
misto
tua figura che avanza nera e cieca. Ho voglia di control are se ti sei messa
una
Arrivi a tentoni, barcol ando leggermente. Un passo dopo l’altro. Non parlo.
Ti
i ruoli. Vanno rispettati. È questo il gioco. Il gioco delle parti. Sono qui per
te,
mi dirai. Sei qui perché hai bisogno di un padrone. Una notte ogni tanto. Ti
piace sentirti in balia, non riuscire a control are tutto, come invece fai di
solito.
Sei una donna forte, di solito. Mi hai scelto per sentirti preda. Non ci sono
più gli uomini di una volta, mi hai scritto. Eccomi, mi volevi. Apri la bocca.
Sento il tuo respiro. Ansimi. Fammi sentire. Ti passo un dito sulle labbra.
Sono
umide. Muovi in avanti la testa. Con i denti tenti di prendermi una falange.
Tiro indietro il dito. Ti prendo il viso con una mano. I tuoi capelli
sobbalzano
qui per questo. Dimmi che sono la tua piccola, mi chiedi. Certo, ti rispondo.
30
PlUg–IN
26 gennaio
di Riccardo Restelli
plancia, poi alzò lo sguardo verso la vetrata di prua, riempita quasi per
intero
Luke abbassò la leva. Il grosso perno d’attracco s’al ungò fluttuante nello
spazio
davanti al a prua del ’astronave per poi irrigidirsi nel a posizione
d’inserimento.
Luke guardò solo per un attimo il monitor: gli occhi del a donna si erano
chiusi
per metà, mentre la lingua spuntava sottile e invitante tra le labbra. Il suo
sguardo
era inequivocabile.
Ecco, adesso!
verso il monitor, dove la donna aveva gli occhi chiusi e la lingua che
correva sul e
con un tono appagato che Luke non poté fare a meno di notare.
31
la vOglIa
27 gennaio
di Stefano Conti
Scrivo. Un lavoro come un altro, ma almeno posso stare a casa e non sono
vuole far sapere in giro che sono io l’autrice dei miei romanzi, ma in fondo
è
Non sono telegenica, ha detto. Sarà perché non sono più una ragazzina. O
forse per questa terribile voglia rosso fuoco che mi attraversa il volto dal
collo
Scrivo sempre in prima persona, perché Carlo vuole così. Dice che è
diciottenne con la sua voce da gatta in calore spergiura che è tutto vero. E
tutti
Sono lupi famelici in abiti firmati. Li avete sentiti? – Ma non sei troppo
giovane
per certe cose? – E Lara si limita a fare spal ucce, a sorridere con le sue
labbra
rosse e lucide come caramel e e a guardarli con quegli occhi enormi. Pare
una
Sento dei passi, ma faccio finta di niente. Trattengo appena il fiato. Una
mano
dev’essere vero.
Sono tre mesi che Lara sta da me, da quando si è presentata in lacrime con i
seni che spuntavano dal a maglietta strappata e profondi graffi sul volto.
Davanti
e che volevano farle capire a loro modo quanto apprezzassero i suoi diari.
Continuo a digitare mentre mi bacia sul collo, proprio dove la mia voglia
inizia ad accendersi.
sui fogli che ho trovato nel cassetto del a stampante. Le parole sono esplose
dal a
matita come se fossero state sempre lì, pronte a uscire: raccontano di come
la
malvagi uomini–lupo.
32
maRcO ROssI
28 gennaio
di Marco Negri
– Laura – esclamo mentre innesto il telefono tra spal a e orecchio. – Con chi
sei,
– Lo so. Anch’io.
una forza antica e primitiva. Lui non mol a, però, e riprende cercando di
apparire
aprirne una tutta sua; poi mi aggiorna sui suoi hobby e altro ancora.
minuti. Contro ogni pronostico raggiunge i quat ro, e sta per superarli
quando si
ferma, forse indeciso se è o meno il caso di raccontarmi altro del a sua
infanzia;
allora sento Laura che lo incita a proseguire con dei versi soffocati. E me la
immagino
anche, in ginocchio con la testa che va avanti e indietro dal ’inguine del suo
amichetto
E quello obbedisce, perché è chiaro che farebbe di tutto pur di non farla
– Ah, lei è la troia? E tu che stai scopando con tutti i Marco Rossi presenti
fatto e lo sto facendo. Inoltre è più divertente di quel che credi. E tra tutti i
Marco
– Questo era uno sfigato, ma il prossimo del a lista li batterà tutti, credimi.
– Ma dai?
33
TOwTON 16
29 gennaio
di Cecicilia Scerbanenco
del viso duri. La guancia sinistra era deturpata da una cicatrice livida, larga
quasi
L’uomo al ungò una mano e le sfiorò una guancia. Lei rabbrividì. Con un
coraggio che non credeva di avere, giocherel ò con i lacci che gli
chiudevano la
Lei, che era sempre stata troppo pudica e timida per avere una vita sessuale
degna di questo nome, si sol evò, ipnotizzata dai muscoli del e cosce del
’uomo: le
preistorica.
poi si inarcò, si artigliò a quelle spalle larghe e gridò con tutto il fiato che
aveva.
decise.
Si alzò. Sul grande tavolo, il saggio su una fossa comune del a guerra delle
due
rose era aperto al a pagina dedicata allo scheletro numero 16. Il suo volto,
sfigurato
da una cicatrice, era stato ricostruito dagli scienziati forensi: un viso duro,
quasi
C’era una cosa rossa sul libro. Si avvicinò. La riconobbe: era una rosa gal
ica
34
Il PROvINO
30 gennaio
di Simone Togneri
La prima volta che lessi del provino risi immaginando una fila di tapini con
normodotati.
La seconda no. La frase che era stata aggiunta sostituì la voglia di ridere
con
presentarmi agli studi in via Pisa 23. Nessuna richiesta di foto esplicite e la
cosa mi
piacque. Non sopportavo l’idea che il mio uccello e il mio viso apparissero
insieme
Gli studi: una casa privata in mezzo ad altre, immersa in un giardino mal
tenuto.
film hard basato sul concetto del provino: donne dalle gambe chilometriche
pallido. – Sì?
misero e ci infilammo giù per una rampa di scale. Lo studio era in garage.
Monitor,
fece firmare la liberatoria per l’utilizzo del video, poi volle vedere l’alato. –
L’annuncio
dito cominciò a toccare e carezzare il mio arnese nel punto più sensibile e
un brivido
Tolsi la benda poco prima di venire e troppo tardi per fermarmi. Sal si pulì
le
35
allORa è QUEsTO
31 gennaio
di Silvia
Terribilmente conscia, come mai era stata prima, del a mano che si insinua-
va sotto di lei, che dal a nuca discendeva lenta ma ferma, fino al a base del a
Fiera, forte, feroce, sbocciava come un fiore scuro ai margini del buio dietro
Paura, era quel a l’emozione di base, paura per quelle sensazioni fuori con-
trollo che al a paura stessa si mescolavano, paura per l’aver paura e il non
riu-
Quel che vide in lui fu conferma ancor più certa dei segni che i baci timidi
bero cupo e languido del ’oblio di quel nuovo inizio, il mattino successivo.
troppo profondi perché non vi si sentisse annegare – una morsa al a gola, in-
negli occhi solo quelli di lui, scuri, avvolgenti, al centro di quel fiore rosso
cu-
36
1 febbraio
di Valentina D’Amico
Adesso è più vicino, contro il braccio sento premere le sue gambe. Il calore
Lui mi sfiora il viso, appoggia le dita sulle mie labbra. Ho paura. Nel sentire
– Fai la brava, stai ferma – mi dice. Ci provo: mi concentro sul suono caldo
sempre più vicina. Il suo seno è schiacciato contro la mia testa, la sua bocca
mani, quelle quattro mani che adesso sostano sulle mie labbra e sul mio
viso,
sento avvolgere e trattenere il seno, per poi scorrere giù impazienti lungo il
me, avide. Desidero labbra che percorrano il mio corpo, lingue che ne
ridise-
37
cUORI a RENDERE
2 febbraio
di Luca Artioli
Diego non disse nul a, si limitò soltanto a emettere un flebile sospiro poco
prima di sentire la lingua del a ragazza farsi spazio tra le sue labbra.
Era la prima volta che faceva l’amore con una sconosciuta. Di lei conosceva
Si erano incontrati poco prima, giù al ’angolo fra via dei Tigli e vicolo
Per sedurla era servito poco altro. Soltanto un sorriso e una battuta un po’
maliziosa sul pericolo di premere il pulsante sbagliato del distributore.
Nello
sguardo di lei era scoppiata come una stel a, pareva quasi entusiasta del loro
Diego, benché ostentasse sempre una sorta di empatia, nei modi e nei gesti,
Fu così anche quando, abbracciati sul divano, lei decise di fare sul serio.
ghezza sopra la testa. Lui distolse per un istante lo sguardo. Era come se
quei
cosa nel a sua pienezza, lasciandolo come perso davanti al a forza del ’atto,
Si baciarono con voglia, poi Diego l’afferrò per le cosce, sollevandola con
donarsi, avevano soltanto deciso che sarebbe stato il luogo e l’attimo giusto
per farlo.
Come fossero la lama e la ferita che sutura, come fossero un’unica anima in
38
la RUgIaDa
3 febbraio
di Elena Kuznecova
Mi svegliai con i primi raggi del ’alba. Lei stava dormendo accanto a me,
com-
iati sui nostri vestiti sotto un albero adiacente al prato. Dopo qualche
momen-
timetro dal suo viso, che mostrava un’espressione beata e per questo ancora
più
disarmante. Era sdraiata sul a schiena a braccia scoperte, con la testa legger-
piccoli come due chicchi d’uva passa e il suo ventre si raggricciò di pelle
d’oca.
momento.
Non potendo più sopportare la pressione del desiderio, che ormai aveva
riempito tutto il mio corpo, usai la stessa mano con la quale volevo
svegliarla,
per liberarmi. Chiusi gli occhi nel momento del piacere, cercando di farlo
du-
rare il più a lungo possibile, di fotografarlo per immortalarlo per sempre nel
a
mia mente…
Dopo qualche secondo riaprii gli occhi e vidi subito il suo sorriso.
Pensai che sarei stato travolto dal a sensazione di vergogna per averlo fatto
39
sENZa PROTEZIONE
4 febbraio
di Ornel a Prina
domandò se avesse delle colpe. Tra lei e Giorgio non c’era mai stato sesso
bollente, i loro amplessi del venerdì sera erano brevi, monotoni, non
riusciva
Entrò in camera da letto, si vide riflessa nel grande specchio del ’armadio;
iniziò a spogliarsi, indugiando nel gesto, guardandosi come non si era mai
maturi, ampi, materni, avevano conservato una loro bellezza; trovò i fianchi
e cominciò a immaginare di essere sul a strada con quei vestiti che non
difendono da nul a, senza mutande, con un crampo allo stomaco ogni volta
che una macchina rallentava; sentì il desiderio animale del maschio senza
nessuna finzione di amore, il fiato corto addosso insieme al peso del corpo
che
tutti? E lei, godrà sentendo il potere di quello che ha tra le gambe, o subirà
senza biancheria intima né calze, infilò gli stivali coi tacchi alti e si truccò
borsetta e uscì.
Alle otto di sera il marito, non trovandola al suo rientro, iniziò a telefonare
40
haREm
5 febbraio
di Oriana Ramunno
Aliya la cinse da dietro e le sussurrò queste parole nel ’orecchio. Parole che
Cercò la sua bocca, e quando l’ebbe trovata la baciò, la divorò con un senso
di
Aliya le sfilò le vesti, lasciando nudo il suo corpo di bambina che stava
facendo scivolare l’olio caldo sul corpo. L’odore di mirra e incensi stordì
ancora
la fanciul a, mentre la mano di Aliya le massaggiava i seni turgidi.
ventre. Il ventre che l’indomani avrebbe accolto il seme di un uomo che non
conosceva. Alyia fece scorrere le dita verso il suo pube e schiuse quel frutto
misterioso, quel santuario a cui solo lei avrebbe voluto accedere. Maisa
sentì
le sue carezze ardenti farsi varco tra le cosce, con movimenti lenti e
profondi,
ritmati dal suo respiro. L’aveva amata fin da piccola. Erano cresciute
insieme
nel gineceo, confidandosi sogni e paure, nelle calde serate nel giardino,
vicino
e il viso. La sua mano le scivolava sul sesso, accogliendo gli umidi umori. I
seni
Maisa sentì le belle dita di Aliya scivolarle dentro, per portarla fin sul ’orlo
41
gIUlIa
6 febbraio
di Luigi De Pascalis
piccole tappe verso Milano. Dal buio di una stazione sconosciuta sbucò
Giulia,
cappotto nero con il bavero rialzato, sciarpa blu, occhi innocenti e ambigui.
Mi chiamo Lorenzo...
Io Giulia…
mano s’azzardò fra cosce asciutte e snelle. Appena fu sul sesso, lei ebbe un
con la punta del naso: mi piaceva il profumo del suo piccolo cuore segreto,
così liscio, setoso e tenero. E mi piacevano i suoi sospiri rauchi a ogni tocco
di
– Girati, adesso!
– No...
dentro di lei. – Ma non puoi farci niente, sai? Ti ho legata troppo bene.
un nome di città. Mi strappò via dal suo corpo con un misto d’ira smarrita.
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sE la PIaZZa va IN calORE
7 febbraio
di Trap
peccato originale, incede verso di me. Una bel a donna non cammina,
incede.
dei suoi fianchi sussulta come il ventre di un maschio percorso dalle prime
onde di piacere.
l’intruppare nel Cupolone. Per la prima volta dopo milioni d’anni, i suoi
Mari
tornano a bagnarsi.
di buona annata. Le sue bocce hanno un tale impatto sul ’aria circostante
Cleopatra, poi si rizza con tale veemenza erettile che le sue fibre granitiche
rischiano un effetto big bang; i sanpietrini bal ano una samba sfrenata,
mentre
sanguigna costipazione.
Radio Radicale.”
erotico.
43
NINPhOmaTIc hORROROTIc
8 febbraio
di Domenico Nigro
Non senti la pioggia battente che fuori percuote sferzante l’asfalto, le tue
tigre assopita nel a sua gabbia dorata riposi mentre il tuo cervello di plasma
e
Sei la regina del sesso deviato ultratecnologico, dominatrice del ’arte porno
definizione.
tentatrice, tu mantide che dopo il coito uccidi il maschio e lo fai a pezzi per
suo volere condizionato dal ’ipnosi elettronica del a musica trance che
emetti,
ultrasuoni folli che solo il tuo maschio vittima può percepire e tu riprendi
tutto, l’estasi, l’agonia, l’attimo del ’orgasmo e quello del a morte, i tuoi
occhi
quel a atroce neogotica morte è lo spettacolo che offri a pochi eletti molto
ben
paganti.
Sei sublime nel a scena finale dove ti lecchi gli artigli retrattili di
affilatissimo
acciaio, lecchi tutto il sangue e lasciva sciogli l’abbraccio delle tue gambe
constrictor dal torace schiacciato non più simmetrico del a tua vittima
amante
44
Il fOTOgRafO DI maX
9 febbraio
di Marilù Oliva
– Vivi solo?
– No, con altri ragazzi. Ora loro sono via. Entra pure.
di moda e l’aveva invitata nel suo appartamento per un servizio che sarebbe
finito su Max. Lei ci era cascata, complici le quattro Ceres che si era scolata
corridoio buio.
Le sembrò di sentire delle voci maschili dietro una porta chiusa ma la birra
corridoio, nel ’ultima stanza. Lui lasciò la porta aperta, accese una lampada,
la
Lei esitò, lui le si accostò: – Vuoi che ti aiuti? Sei imbarazzata? Io col mio
lavoro, sai quante ne ho viste di ragazze nude... – Non aspettò una risposta,
appena stata scartata. Aveva i seni gonfi e turgidi, cercò di coprirseli con le
braccia. Ma lui gliele aprì, la appoggiò al bordo del letto e cominciò a farle
appena stato scoperto. Lei non protestò e si consolò pensando che i nudi
sono
ferma così... anzi, aspetta... chiudi gli occhi. – Lei obbedì e cominciò a
capire
cosa lui voleva quando riaprì gli occhi e lo trovò coi pantaloni abbassati.
Esitò
un istante quindi pensò che forse anche a lei piaceva quel a situazione, nuda
d’argento sgualcito a terra. Non appena lui le fu dentro, alzò gli occhi al a
porta
45
EscORT la bElla
10 febbraio
stivali rinforzati, piombò nel a cabina e, liberatosi degli abiti luridi, li ficcò
nel ’inceneritore.
Prima di andare sotto la doccia, ripassò mentalmente gli avvenimenti degli
del trasmettitore.
Non ti servirà più. Ma Voet? Veniva da O’Leary. Sta per arrivare. Niente
errori, stavolta.
Entrò sotto la doccia, lasciando che gli ultrasuoni gli purificassero il corpo,
Escort la bel a, nel a sua orgogliosa forma Zatox di lucente rettile nero e
del torrido amplesso che pregustava. Il membro del generale umano degli
Zatox
46
ROsaRIO DI caRNE
11 febbraio
di Ombra83
Rossetto.
averti, per sentirti venire, per sprofondare tra le tue cosce rosee, per
incontrare di
desiderato per giorni, cercandoti per vie senza nome, incontrando altre
puttane
che potessero assomigliare a quel corpo senza imperfezioni.
Non hai difetti. Tu che succhi gustandoti ogni centimetro del a mia pel e,
che
sacrificio.
Qui il sogno s’interrompe e rimango io, seduto con gli occhi chiusi, su una
leccarlo e a nutrirti di me come fai con altri sudici uomini, che succhiano le
tue labbra vermiglie, entrando nel piccolo antro del a loro perversione. Un
La luce si spegne, qualcun altro attende il tuo corpo, sordo a ogni mio
lamento.
47
la sTRaTEgIa DEll’IsTRIcE
12 febbraio
di Enrico Luceri
a lui. Scalciò via il lenzuolo e socchiuse gli occhi, fissando il corpo nudo
del a
ragazza. Lei si lasciò scivolare fra le gambe del ’uomo e gli accarezzò la
peluria
bianca del ventre. Bastò quel contatto per procurargli una modesta erezione.
La
donna guardò soddisfatta il volto gonfio e pallido del ’uomo di mezza età
che si
– Non sono ancora pronta – sussurrò lei, dopo avergli mordicchiato un lobo
del ’orecchio.
Proviamo così.
– Racconta come hai fatto a diventare il più potente boss del a zona.
Sbrigati,
tanti anni prima era diventato il capo indiscusso del a banda. Spiegò come
aveva
Lei afferrò il laccio che aveva posato sul comodino e legò le mani del
’uomo
al a testata del letto, poi sfilò un fazzoletto che sembrava spuntato dal nul a,
come il trucco di un prestigiatore, e lo imbavagliò. Lui la fissava con gli
occhietti
Come questo. – Con una risatina che agghiacciò l’uomo, gli fece dondolare
davanti al viso uno spillone. – Adesso ti farò vedere come l’istrice ammazza
una
carogna – sibilò.
bimbo che non sei riuscito a far massacrare era una femminuccia.
48
13 febbraio
di Emiliano Maramonte
Poi qualcosa di morbido e umido gli percorre il petto, giù fino al pene.
Arriva il piacere.
Mani vogliose lo esplorano, ma il tocco è disperato, dispostico. Unghie
come artigli gli graffiano la pelle. La lingua di lei è avida e assapora ogni
ruga,
Lui solleva la testa e strizza le palpebre. Scorge una sagoma oscura dietro di
Intanto sente schioccare le labbra sul glande e freme al ciclico lavorio delle
Pochi minuti, e lui è già esploso. Stordito dal ’estasi, non capisce: perché
tutto questo?
L’ultimo bacio.
Un addio.
La avvolge e la consuma.
Scompare.
Ha scelto l’oscurità.
49
caRNEvalE a sORPREsa
14 febbraio
dI Virgilio Tuzzi
Miniver sbuffò. Helora adorava vedere gli uomini fare a gara per un suo sì.
– E tu? Non festeggi il carnevale? – le chiese la sorel a con una punta di cat
iveria.
Il citofono squillò.
Helora era at orniata da tre corteggiatori; l’abito bril ava e ben si adat ava al
’ac-
conciatura a caschetto. Con il flute nel a destra e una sigaretta nel a sinistra,
si diver-
tiva nel ’arte di favorire ora l’uno ora l’altro. L’alcool fece il suo effetto. La
musica e le
Poi notò un elegante uomo in smoking, dal fisico esile, per la verità, che la
fissava
chiere nelle mani del primo venuto e, tra lo stupore dei suoi corteggiatori, si
avviò
lasciò portare, anzi cercò un contat o diretto con i fianchi, ma lui la evitò.
La coppia ondeggiò per la sala, come se fosse unica, infine l’uomo la spinse
in
un angolo appartato. Helora, estremamente eccitata dal a situazione, inclinò
la testa
scorrere lungo il reggicalze, fin dentro le mutandine. Con abile tocco fece
mugolare
rendendosi al piacere.
50
Il cOllaRE
15 febbraio
di Data
Puntuali, ieri sono arrivati gli ordini. Ho indossato ciò che hai chiesto e
sono
qui; osservo la fol a, cercando il tuo volto ancora sconosciuto. Sono nuda
sotto
la gonna e sento il freddo che si insinua tra le gambe. Il mio cuore corre, più
veloce del respiro, ma più lento del desiderio che mi inonda. Sono bagnata,
se nul a stesse per accadere. La tua mano scivola sotto la gonna e mi sfiora.
riesco a parlare, a pensare, l’intero mio essere è concentrato sul a tua mano
che
Prendo le chiavi del a stanza e apro la porta. Non entro, so di dover eseguire
un ulteriore ordine: lego i capelli affinché il collo sia nudo per il col are che
mi
donerai. Oltrepasso la soglia sapendo che ciò che sta per succedere mi
cambierà
nuovo quel fiume caldo che mi dà al a testa. So cosa sta per succedere e lo
attendo con ansia. Il col are sul collo, che mi stringe la gola, mi rende tua.
La benda per ultima. Sono nuda, a parte il col are, la benda e le manette.
Prendi la frusta e mi accarezzi con essa e io... oh, io vorrei morire lì, in
quel ’istante.
Sono sempre più eccitata, i capezzoli turgidi ne sono la prova, la mia fica
di te.
365 racconti erotici per un anno
51
ROssO
16 febbraio
di Barbara Baraldi
via a ritroso per trovare quello che ho perso. La mia sciarpa rossa. Il mio
amuleto.
immergo il dito e succhio il nettare vitale che fuoriesce dal a mia anima.
Sono
dentro di me.
Sbatto contro un ragazzo.
Un attimo. Una scossa. Dentro i suoi occhi ritrovo i ricordi. Dentro i suoi
occhi vedo le tracce perdute del a sciarpa rossa. Marco questa mattina mi
voleva
lasciare. Gli occhi impassibili. Nessuna pietà per il mio amore ferito.
L’ho legato. I polsi al a testata del letto. Con la mia sciarpa rossa.
Ho cavalcato il suo sesso, regina del suo piacere. Per l’ultima volta.
Ti amerò per sempre, Marco. Per questo ti ho regalato la mia sciarpa rossa.
Lo sconosciuto mi sorride. – Tutto bene? – chiede con i suoi occhi di
ghiaccio.
Accetto con un cenno del capo. Mi chiedo come faccia a non vedere la
tramonto.
52
Il TOccO aUDacE
17 febbraio
di Sara Amadei
pelle. Gli occhi chiusi, il viso appoggiato alle mani incrociate, una
piacevole
dal corpo e i sogni prendono forma, diventando veri. La fantasia prese così
per un istante senza fiato. Con una delicatezza inusuale, si mosse sul mio
sesso
sonno tornò, e con esso anche la carezza sensuale, che giocò lenta sul a mia
natica destra, quasi danzando sulle mie curve generose. Risalì nel ’incavo
del a
braccia, senza poter aprire gli occhi per la luce intensa. Restai in attesa, ma
la
sole. Sospirai quasi di piacere, dietro gli occhi chiusi. Sul a clavicola passò
delicatamente, soffermandosi sul a spal a.
poteva essere l’amico di mia sorel a, quello biondo… o forse ancora… non
Colpita dal a luce pomeridiana, sollevai una mano per proteggere gli occhi
53
18 febbraio
di Marco Fosca
Lessi quanto c’era scritto: “La lezione dura un’ora. Potete interagire
esclusivamente con la lady che vi verrà assegnata. È vietato parlare e
quando
sentirete il rintocco del a campana siete pregati di uscire dal a stanza senza
fare
senza finestre e con il soffitto molto alto. A circa sei passi da dove mi
trovavo
c’era una decina di poltrone disposte a cerchio e rivolte tutte verso l’interno.
54
19 febbraio
di Eliselle
C’è l’attesa. C’è quel ’esaltazione strana che ti pervade. C’è quel a morsa
che ti
tiene stretto lo stomaco e non vuole liberarti. C’è un lembo del a gonna che
rimane incastrato nel a portiera chiusa. E ci sei tu, che con un movimento
pensavi da quando hai incontrato per la prima volta la sua lingua. L’hai
sentita
calda e l’hai accolta. Ti ha preso una febbre che non sentivi da tempo. Ci
pensavi
da quando ti è rimasto sul viso il suo odore. Un odore pulsante, al ritmo del
Ora hai una risposta al a prima delle tue domande. Sai che qualcosa
succederà
La luce non se n’è andata del tutto, il parcheggio non è ancora deserto, ma
la
morsa allo stomaco si stringe e ti spinge verso di lui, seduto accanto a te sul
seggiolino posteriore.
Perché c’è il suo collo, e tu lo afferri. Perché c’è la sua saliva, e tu la succhi.
Perché c’è il suo cazzo che preme, sotto di te, e tu lo vorresti dentro di te.
Perché
E c’è la sua mano che si infila sotto la tua gonna, percorre la pelle,
raggiunge gli
slip, li scosta, ti tocca. Avevi fantasticato sulle sue mani, sei bagnata, ti
penetra
con due dita, ti rovescia di lato per arrivare più a fondo. Ti fa impazzire,
suoi capelli per trattenerlo a te. Le sue dita si muovono in un lago, spingono
con forza, escono, arrivano al clitoride, gemi. Non vorresti finisse. Non
vorresti
finisse mai. Vorresti qualche ora in più. Vorresti una notte intera. Sai già che
non basterebbe.
Ora che si è staccato da te e cerchi di scrol arti di dosso quel languore, quei
brividi che scottano, quei lividi in profondità, ti accorgi che hai le risposte
alle
gamba. Ti rilassi.
Lo sai: sarà un intervallo breve. Sai già che stanotte non dormirai.
55
sINDROmE DI sTOccOlma
20 febbraio
di Cristina Falzolgher
Mio caro,
(il tono non ti sorprenda, è tanto che siamo uniti nel ’ombra)
nato nemmeno per un istante. Qualsiasi evento inatteso ormai rimanda a te.
a scartare servizi da caffè e scatole di libri. Ero del tutto impreparata al tuo
regalo. Poi ho aperto un cassetto del a mia nuova cucina, in cerca delle
forbici.
E’ inspiegabile come tu sia riuscito a recapitarmelo, in un appartamento di
cui
Con le tempie che pulsavano, in cerca di risposte, ho fatto il giro delle fi-
nestre e ho trascinato una pesante sedia di ferro battuto contro la porta d’en-
trata.
Ora mi sono abituata alle piccole sorprese: la foto dei tuoi genitali in corni-
snuff. Lasciamelo dire, hai toccato il fondo con quel a bambola bionda,
petti-
Volevi spaventarmi e per qualche tempo ci sei riuscito. In sei mesi ho cam-
quei torbidi SMS senza mittente non riesco a capirlo. Tu però sei un essere
carnale e l’elettronica non è che un ripiego. Entri nel mio computer per
depo-
Tu miri al a pelle. A questa pelle lunare che reca traccia di ogni minimo
ciabili e ascolti la mia agitazione. Al ’inizio il tuo sfondo sonoro, con quel
clan-
Vivo nel ’attesa di un tuo gesto. Forse è la sindrome che crea un attacca-
mondo. Non ho nul a da perdere, nessuno mi reclama, non c’è nessuno per
cui
56
21 febbraio
di Claudia Salvatori
Lui si volta su un fianco ansimando. Durante il sesso con lei pensava a
un’altra,
na, voluttuose e rabbiose, hanno tracciato graffi indelebili nel a sua anima.
Su
chi, glutei, orecchie, unghie smaltate, labbra. Tiene gli occhi chiusi per
paura
di essere scoperto. Non sa che lei a sua volta pensa a due dozzine di uomini
Nel a casa di fronte un’altra coppia. Lei immagina che un secondo uomo sia
presente nel a stanza; lui che una fol a intera lo guardi. Non trovano piacere
Sopra di loro, nel ’attico, due uomini avvinghiati. Ciascuno dei due sogna
Più avanti, nel a stessa strada, una donna vorrebbe un’altra donna, ma nes-
suna riesce a calzare con sufficiente esattezza l’immagine luminosa che ha
cre-
Nelle altre case, per le strade, nei locali. Erezioni, tensioni, umori del ’ecci-
Si addensano in un vapore, una nube erotica che sale verso l’alto. Verso le
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malIaRDa al fasT fOOD
22 febbraio
di Francesca Galleano
Elena, una qualunque in questo mare di cameriere che vanno e vengono con
i
una polo blu sbottonata e un ciondolo di corallo a forma di cuore si tuffa nel
Elena se ne andrà dalle esalazioni di frittura, dal caldo del a cucina, dal a
chieda mi porta un hamburger. Gli altri ce l’hanno con lei perché è sbadata,
brucia il pane e semina crocchette sul pavimento; è lenta, dicono che fare il
Ora vedo attraverso la porta aperta del bagno Elena allo specchio. La curva
delle sue labbra pronuncia un umido invito imprigionato nel rossetto color
mattone. Una donna che si trucca davanti al suo capo esibisce una provoca-
zione rotonda.
– Elena, che fai? Al bancone c’è la fila. Ricordati che lavori ancora qui!
rie che, secondo me, faranno quei due stasera. Elena sorride maliziosa, mi
in-
più scottanti. Sono tutto un fuoco, ormai. Le sue guance si arrossano, gli
occhi
allontana. Lei sorride senza voltarsi e senza rispondere. Non dice che verrà.
Ho preparato una cena fredda. Lei verrà; non verrà, chi lo sa. Metto un
disco e aspetto.
58
23 febbraio
di Gianfranco Staltari
I seni il uminati sono grossi e sodi. Mani e piedi sono legati con strisce di
mordere.
Ho un’erezione.
Tutto di lei mi piace. Non esiste una parte del suo corpo che non mi faccia
Poi sparo e un fiore rosso le si apre sul a fronte spargendo materia cerebrale
sul cuscino. Mi rivesto con calma e già sto pensando al a mia prossima
meta:
Sono pazzo di Monica, il suo fan numero uno. Tutto di lei mi piace.
Non esiste una parte del suo corpo che non mi faccia eccitare.
59
IN vENTI mINUTI
24 febbraio
di Claudio Cassone
Arrivai a casa di corsa: avevamo a disposizione venti minuti, poi lei sarebbe
entrai in camera: lei era sul letto e indossava solo la sua bellezza devastante.
preparava il corpo al ’amplesso. Non parlavo, non parlava. Saltai sul letto e
Fu allora che sentii qualcosa scendermi dal naso, poi vidi gocce di sangue
posarsi sul a pelle contratta del a mia amante. Lei se ne accorse e mi guardò
con un’espressione minacciosa che non avrebbe concesso pause per nessun
motivo.
sfociò sul suo ventre dopo essere passato tra i seni duri e assetati; poi il
fiume si
Non c’era emozione, non c’era passione, ma solo libertà e volo, libertà e
teorema.
Arrivammo insieme al traguardo, mano nel a mano, con una tale violenza
da sfondare il letto, ritrovandoci immersi nel rosso caldo del a mia vita.
Senza
60
NOTTE DI NOZZE
25 febbraio
“... Santità, ora che Vi ho riferito nel particolare le mie impressioni politiche
sul a corte di Luigi XII, come Vostro figlio devoto Vi narrerò la mia notte di
regale e la verginel a francese che indossa solo una camiciola bianca. Ha gli
e dolce come il grano di Provenza infilo le mie dita nel a nobile figa. È
umida,
mia bestia che se non uso la forza non riuscirò a entrare. Spingo e sono
dentro.
Lei geme, sente male, io invece mi sento bene, spingo, spingo e la inondo.
Il
mio pene gronda sperma e sangue. Era vergine, la petite, non ci hanno
truffato,
e poi ti farò conoscere la vita… altre sette volte, padre mio santo, in quel a
notte: diverse posizioni, stesso trionfo. Mi è sembrato che godesse
soprattutto
nel didietro, e questo mi ha infiammato tanto che l’ho ripetuto due volte.
L’ho
il bastardo del Papa! Lui sapeva dove il Borgia aveva passato la notte di
nozze:
altro che otto scopate! Al a ritirata, sul a comoda, a cagare tutto quello che
61
scambIO DI cOPPIa
26 febbraio
di Nicola Verde
quando tut o pareva dovesse risolversi in una bol a virtuale. Ma non era
stato così. Fu
al matrimonio del figlio di un suo caro amico: un ragazzone di 35 anni. Non
lo aveva
Nel raccogliere la forchet a, lui aveva visto le cosce del a sposina al argarsi
e
Nel rialzarsi fece per dire qualcosa, ma poi ci ripensò: sua moglie non lo
degnava
di uno sguardo, persa chissà dove, aveva la faccia incastrata tra le mani
messe a V. Così
– Che bestia! – pensò. Notò appena che pure sua moglie Lina s’era alzata.
Pompò in fretta, poi si rilassò sul a schiena di lei. Per tut a la scopata
l’aveva
Quando pure lui risalì, sua moglie era al suo posto, mentre gli sposi stavano
odore di vecchi.
62
OmbRE
27 febbraio
di Michele Matteucci
Sapevo tutto di loro. Avevo imparato a riconoscerli dalle ombre. Ogni sera,
sempre di più. Andavo su e giù con la mano come l’ombra di lei su di lui.
capelli mentre ondeggiava sul suo pene. Il sudore del ’uomo, quasi le
vedevo
bol a di piacere. Le bocche aperte e gli occhi chiusi, esattamente come me.
un solo istante in più. Aprivo gli occhi e osservavo le ombre. Le mani del a
donna a spazzolare i capelli di lui in quel breve momento in cui, tutti e due,
si
63
Il RamO
28 febbraio
di Valeria Montaldi
In piedi davanti al a porta che il valletto aveva appena richiuso dietro di lei,
nudo e la fissava.
– Vieni qui.
L’uomo sorrise.
– Vieni – ripeté.
le sciolse i lacci del a veste: il tessuto di seta scivolò dal e spal e e ricadde a
– Colette.
le gambe del a ragazza, si chinò in avanti e affondò la testa fra le sue cosce.
fatte scivolar fuori le dita dal suo corpo, gliele infilò in bocca.
– Succhia – ordinò.
64
365 racconti erotici per un anno
guance.
cenno, invitò la giovane a seguirlo fino a uno scanno: non aveva braccioli
fino a quando, con il respiro rotto dal ’affanno, si inginocchiò sullo scanno,
Colette colpì di nuovo, una, due, tre volte. A ogni frustata, la testa del
duca scattava verso l’alto mentre il corpo, piegato in avanti, era attraversato
La ragazza esitò per un istante, poi fece scivolare la punta del ramo verso il
basso e la strofinò sul a pelle delicata fra i testicoli e l’ano. Il mugolio che
stava
uscendo dal a bocca del duca si trasformò in un gemito. Colette continuò a
Il duca urlò.
pianto. Il duca si afflosciò sul o scanno con la testa riversa sul cuscino: le
due monete dallo scrittoio e gliele mise in mano. Colette le strinse nel
pugno
e uscì.
Fuori dal a porta, il valletto la ricoprì con un mantello di lana fine e glielo
65
1 marzo
di Alessio Schiavone
Entrai nel a sala; era buia. Solo pochi faretti a il uminare il pavimento a
scacchi.
Non mi sentivo del tutto a mio agio; c’erano anche altre persone nel a sala.
da dietro come un toro. Lui con una mano le carezzava la schiena, con
l’altra le
stringeva il seno, mentre la nuca era protesa nel piacere. Avanzai di un paio
di
ai lati del corpo. La sua partner, appoggiata sulle braccia tese, stava di
fronte
a lui, sopra le sue cosce, con le gambe piegate e divaricate. Lui, passivo, si
gambe unite. Una ragazza era sdraiata sul a schiena sopra di lui, con le
gambe
piegate e i piedi poggiati sulle sue ginocchia. Lui le teneva i fianchi, mentre
lei
arrampicata sul corpo del ’uomo come una scalatrice, gli posava i piedi
sulle
del a sensualità delle movenze e del ’unione, coglievo gli odori nel a mia
immaginazione.
Sullo sfondo si intravedevano due donne. Una era sdraiata sopra l’altra, nel
dei clitoride.
66
2 marzo
di Niki Borea
Silenzio.
Ti guardo.
Solo il presente.
Quando mi annodi per prenderti la mia anima, mentre io, impotente fra le
Mi liberi.
67
3 marzo
di Paolo Campana
lenta il viale alberato ondeggiando sui tacchi, mentre la gonna mostra gran
parte delle cosce nude e traccia il dolce incavo dei glutei. Un giovane dai
boccoli
biondi la incrocia e le offre uno sguardo blu intenso; lei sorride complice e
sposi si svegliano, nudi, al a luce del ’alba, mentre al piano terra la custode
Pochi istanti alle sette, s’apre l’accappatoio del fornaio mentre calano i
rinnova con la bocca il vigore del suo uomo, l’amante del fornaio ne
cavalca
buon risveglio.
68
fIaba sEXY
4 marzo
di Mauro Simeone
mamma nuda di spalle che gioca al caval uccio sul letto ed è felice.
Da fuori si vede un bambino che entra felino nel a camera da letto dove
Una sigaretta ci sta tutta, pensa lui; afferra il pacchetto sul comodino, sfila
Non fa in tempo a gustarsela che Marina e il piccolo sono già lì. Di nuovo.
do sei punto tre. Marina, come ogni donna, si rilassa quando non dovrebbe
e
– Certo che no! Sei uno scrittore, si aspetta molto di più da te. E bada; devi
stavamo facendo è del tutto naturale, come l’alternarsi del giorno e del a
notte.
Lui è confuso, poi improvvisa una fiaba sexy come se fosse l’incipit di uno
dei suoi romanzi noir: – Ascolta, Matteo: il sole e la luna sono amici e il
loro
gioco preferito, sai qual è? Nascondino. Ti sei accorto che quando vedi il
sole la
– Sì, stanno insieme un po’, giusto il tempo di fare tana libera tutto: pianti,
bue, sogni brutti, verdure nel piatto. Quando si fa tana, tutto diventa bello.
dopo quando, dal a finestra del a cameretta, vide il sole affacciarsi timido su
Milano e notò che anche lui, come papà, si stava fumando una grossa
nuvola
dopo essersi nascosto per qualche ora sotto sua moglie: la luna.
5 marzo
di Franco Pesce
Per tutta la mattina non ho fatto altro che sognare a occhi aperti, ricordando
i
nitidezza rammentavo ogni dettaglio del suo corpo, ogni increspatura del a
sua pelle lattiginosa, il luccichio del a mia saliva sul seno, l’abbondante
salsa
cosparsa lungo il ventre. Ricordo di come lei, distesa sul tavolo dei
condimenti,
ve provenienti dai nostri respiri affaticati. Ricordo il modo in cui, con l’al
uce
e l’indice, m’infilava in bocca le crocchette di pollo, facendomi quasi
svenire
Il mulinare del a sua lingua nel mio orecchio colmo di senape e tabasco. I
miei
Purtroppo, ricordo anche il momento in cui suonò l’al arme e noi due, presi
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la schERmaglIa
6 marzo
di Francesco Stefanacci
movimento del nemico. Qualcuno aveva già messo gli occhi sul a propria
preda,
piano, agitati.
fredda schiettezza.
I nervi potevano saltare in ogni momento: sarebbe bastato un movimento
Le tette bal arono, tratteggiando ovali nel ’aria; i peni si ingrossarono, erti
e placidi ansimi eccitati furono gli unici suoni udibili per diversi minuti.
collettivo. La sua onda psichica si propagò ben oltre la zona di guerra: scalò
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PRIgIONIERO
7 marzo
di Daniela Barisone
Mi accarezza lentamente, solo un leggero sfiorare di dita, quel che basta per
suoi baci, la sua lingua è benvenuta, nel tracciare misteriose mappe sul mio
petto.
James sa sempre come destare il mio interesse, in ogni ambito del a nostra
tese intorno al suo collo. Mi tocca, mi manipola come se fossi cera fusa da
mi ama con tutta la passione che può riversare nei suoi gesti. Lo supplico,
lo
chiamo.
più che certo, perché nessuno avrebbe un così meraviglioso sorriso dopo
aver
ghiere e i bulloni nel a mia testa, e io sono sicuro che lo sarà fintanto che gli
So che lo faranno per molto tempo, perché io non sono un robot come gli
72
UN bREvE DIaRIO
8 marzo
di Valentino Peyrano
nel a stanza del ’orgia. Era una sala ampia. La musica invadeva lo spazio.
Mi
sono avvicinato al centro, dove c’era un divano circolare. Alcune luci
permet-
Quando è arrivato il mio turno, finalmente l’ho vista. Stava sdraiata sul a
erano a portata. Lei non era più giovane, però si manteneva attraente. I seni
fatto assumere.
Sono entrato dentro di lei. Poi mi sono avvicinato al suo viso. Teneva gli
Mi sono spostato più indietro. L’ho sentita arrivare al culmine. Non potevo
ancora allontanarmi, ma ormai avevo raggiunto il mio scopo.
Ora ho capito che la conclusione non sarà quel a che speravo. La testa mi
Nel delirio, ho percepito una voce, al a radio, che annunciava la morte per
73
9 marzo
di Paolo Grugni
Le mie ex mi passano a trovare una volta al mese. Non un giorno
prestabilito,
che sto guardando un film per vecchi con del a gente che bal a in saloni con
lampadari enormi o che sta uccidendo degli indiani ubriachi, le scopo senza
nebbia e mentre loro si rivestono io guardo come va a finire tra due pettinati
e
Quel a bionda, non so come cazzo sia possibile, ha la figa che sa di Aperol
e
questa è la cosa che mi piace di più di lei. Starei ore a leccargliela, è come
stare
Il fatto è che ho un cane che sta male da anni e andrebbe soppresso. Ma non
mi decido mai e al a fine, visto che sto quasi sempre chiuso in casa a
curarlo,
il rapporto e mi dicono che sarebbe ora di porre fine alle sue sofferenze. Io
rispondo che se muore il cane, mi ammazzo così pongo fine anche alle mie
di
Non è vero, non mi ammazzerei mai, mi cago addosso per molto meno,
cane, che puzza sempre più di acetone, è ancora vivo. E se è vivo lui, sono
vivo
anch’io. E se sono vivo anch’io non c’è motivo per non farsi una scopata. Il
giorno che muore devo trovarne uno uguale da mettere al suo posto.
Potrebbe
anche funzionare.
74
TORTURa
10 marzo
di Giorgia Anzalone
Si lascia sfuggire un mugolio più forte degli altri, quando lui le chiude le
braccia
jeans, e che lei non può proprio fare a meno di sentire, nonostante i
pantaloni
lunghi e larghi e pesanti che aveva indossato apposta per non sembrare così
attraente, per evitare che quel a serata finisse come finiscono sempre tutte le
loro
braccio dai suoi fianchi per sbottonarle i jeans e scendere con due sole dita
fra le
lei si morde un labbro con forza e getta indietro il capo, i ricci che si
spargono
ovunque sul suo petto e sulle sue spalle e gli pizzicano il collo,
costringendolo
Lei non risponde, non subito, almeno, e lascia che lui superi la lieve
barriera
di cotone umido che ancora tiene lontane le sue dita, per poi perdersi del
tutto -
occhi chiusi e respiro pesante - quando quelle stesse dita si fanno strada
dentro
Si aggrappa al braccio che ancora la stringe, sperando che lui non intenda
Si volta appena, cerca le sue labbra e lui le nega il bacio con un sorriso
presuntuoso.
naso. – Ti odio.
– Non è vero.
75
lE TRE DOmaNDE
11 marzo
Le cose che non riuscivo a capire erano tre: come fanno a incastrarsi i nasi?
Da
Però avevo deciso: non volevo morire vergine. Per provvedere a queste
lacune
Cristiana. In un articolo avevo letto che era come mordere una mela.
momento lo saprai.
Cominciavo a pensare che fosse una specie di segreto di stato. Perché
nessuno
voleva dirlo? E le altre come lo avevano scoperto? Forse su Sky c’erano dei
e ho scritto il numero di telefono sul muro del bagno del a scuola. Sopra,
bene in
Lui è alto con i brufoli e quando mi vede, dice: Ah, sei tu? Speravo meglio.
Problema risolto. Lui mi fa: Mettiti in ginocchio! Forse perché è alto, penso
io.
Poi si slaccia i pantaloni e senza tante cerimonie lo tira fuori: Ora bacia
pure.
Ci penso un attimo e poi decido per il senso orario. Lenta o veloce? Mentre
ruoto la lingua penso: adesso lo dovrò baciare in bocca? Gli farò male?
76
ROUlETTE
12 marzo
di Valentina Capaldi
Merda, che situazione. Eppure fino a dieci minuti prima tutto era perfetto:
per la serata. La sua era bellissima: una rossa con un abito talmente
essenziale
che quando si appoggiava addosso a Grey lui poteva sentire la pelle nuda
dei
seni attraverso la stoffa del a giacca. Poi a Brown era venuta l’idea di fare
un gio-
co più eccitante e aveva condotto tutti nel a sua suite, promettendo due
milioni
a chi avesse avuto il coraggio di spararsi con quel a pistola che aveva un
unico
Nessuno aveva preso il revolver fino a che la rossa non lo aveva infilato tra
le mani di Grey.
– Prova – gli aveva detto; e Grey non era riuscito a rifiutare. Quella ragazza
terribile; ed è talmente preso che quando la rossa gli si siede sulle gambe ha
un
piccolo sussulto.
Lei gli mette le braccia al collo e gli si stringe contro. Di nuovo, Grey
avverte
– Hai paura? – gli sussurra la rossa nel ’orecchio; poi, in maniera discreta,
gli
tiene tra le mani trema; quel a che ha nei pantaloni si raddrizza con
decisione.
con una puttana, ma il braccio gli sale da solo, e si ritrova la canna del a
pistola
È una follia premere il grilletto. Perché non spinge via quel a pazza che gli
sta attaccata addosso e non si sbarazza del a pistola? Potrebbe farlo, sì,
adesso
lo farà…
E poi, nel a suite, risuona lo sparo.
77
clIO
13 marzo
di Fabio Lastrucci
Entrando nel locale per soli uomini, Saro sembrò restringersi dentro il
gessato preso in
prestito dal padre. La vista de “L’ultima Sirena” non somigliava a quel che
gli avevano
Saro obbedì. Nel a squal ida sala in penombra, gli avventori fissavano
avidamente
non ritorno.
78
14 marzo
di Gianluca D’Aquino
La sera non tardò ad arrivare. Darcy rassettò il bavero e i ca pel i
scarmigliati. Un
filo di luce scivolava sotto la porta al agando il pavimento. Entrò. Lei era
adagiata
sul divano di pelle scarlatta, corpo candido e sinuoso, seno florido, lisci
capelli
unghie laccate del rosso del sofà. Le gambe aperte svelavano il sesso sottile
e rasato,
Passione, alcool e oppio mostrarono i loro effetti. Ernest, al e prese con due
sotto i colpi di Darcy, che aumentò il ritmo del a penetrazione fino a godere.
su naso e bocca, lo era. Un urlo scosse Ernest, che balzò in piedi: la ragazza
era
plumbea, gli occhi sbarrati, non respirava. Darcy cercò invano di rianimarla
Ernest affrontò la situa zione. Rivestì le ragazze, diede loro del denaro, le
mise
– L’ho uccisa…
– Non hai ucciso nessuno, idiota! È morta da sola, anzi non lo è aff atto,
non è
Issarono il greve peso e lo misero nel baule del cocchio che scivolò fuori
città,
dai poderi nel fitto bosco fino al lago. La notte cedeva spazio al ’alba ma
avrebbe
Attesero che nul a riaffiorasse. L’acqua paludosa avrebbe celato il corpo per
il
Forse…
79
a mE glI OcchI
15 marzo
di Simone Valeri
Non aveva saputo dirgli di no. Non poteva resistere a quegli occhi: azzurri,
intensi, predatori, l’avevano turbato fin dal primo momento. Forse non
erano
solo gli occhi, forse anche il tratto deciso e marcato del a mascel a, così
diverso
da quello di Sara... Chissà. Sta di fatto che non aveva potuto sottrarsi al suo
Aveva compreso solo allora che non poteva dirgli di no perché non voleva.
tracciavano il loro sentiero su di lui. Erano mani dal sapore forte, deciso,
Con gli occhi appannati dal piacere, abbassò lo sguardo per poterlo
osservare, ma non gli vide il volto. Solo una testa piegata, inarrestabile, che
Chiuse gli occhi, ormai in balìa di quelle sensazioni. Gettò di nuovo la testa
bene. Cosa doveva fare? Dirgli di sì significava buttare nel cesso una vita
Furono gli occhi a dargli la risposta: la forza di quel ’orgasmo era lì dentro,
era in quel ’uomo che gli stava di fronte, nudo ed esposto in tutto il suo
ritornare al mondo.
80
vUOTa DENTRO
16 marzo
di Michela Arnese
I nostri corpi sono ormai degli sconosciuti. Mi guardi e dici che sono
l’unica nel a
dal pensiero che tu sia di un’altra donna. E ogni volta che scorgi il dubbio
nei
miei occhi, mi ripeti che sono la sola. Mi hai torturato piano fino a oggi.
Sono
Fra la gente che bal ava era impossibile non vederla: rosse le scarpe, rosso
sopportare. Mi sono scoperta arida. Non provavo più nul a. Ero vuota
dentro.
A dispetto di tutto, ora ero più forte.
Ad aspettarti ci sono io, vestita come lei quel a sera, stessa capigliatura e
una
maschera in pizzo nero che mi copre il volto. Quando entri non ti sfiora
nessun
Mi ritrovo con le tue mani sul mio corpo, mi alzi l’abito, mi sfili le scarpe,
il
perizoma. Con forza mi apri le gambe. Il tuo viso tra le mie cosce. Con la
lingua
sottomessa al a sua furia. D’un tratto ti fermi, ansante: sento il tuo sesso
pulsare
nel mio. Stai per finire. Mi sfilo dal a sua stretta e te lo prendo in bocca. Le
mie
Rido di te, del a situazione in cui ti ho portato. Rido del tuo membro ancora
81
YOkaI (l’aPPaRIZIONE)
17 marzo
di Valentina Tesio
quel ’istante. Chi era quel a donna vicino a me? In fin dei conti la palazzina
in cui vivevo contava pochi volti noti. Strette in un jeans e una canotta nera
sembrava che le sue forme audaci stessero per esplodermi addosso. Nel
’aria
si percepiva una lieve essenza di loto sprigionata dal a sua pelle chiara, e io
ansimavo.
Lei, che prima rimase impietrita, portò la mia mano sul suo seno sodo, i
cui capezzoli inturgiditi mi invitarono a premere il corpo contro il suo;
l’avevo
lunghi capelli neri e corposi, adagiandosi sul mio volto, mi donarono il suo
Annusavo la sua pelle sempre più nuda, le sfilai la canotta e il passo per
che per me fu impossibile bloccarmi; nel mio orecchio la sua fievole voce,
in
alcuni istanti più roca, ansimava. Era troppo tardi per fermarci; i suoi occhi
ero cosciente di tutte le sensazioni che invadevano gli involucri dei miei
resti
esausti.
Lei, instancabile nel provocare piacere in un uomo, fu in grado di non far
in casa mostrando la macchia del a mia virilità. Infilai la chiave nel a toppa
e
82
l’INcONTRO
18 marzo
di Jundra Pinelli
Desiderava da tempo incontrarla, non gli bastava più ammirarla sulle
riviste.
Pochi minuti e sarebbe stato sicuramente soddisfatto per il resto dei suoi
giorni.
piedi; molti si accontentano di vederla al a luce del mattino, altri, come lui,
dei commenti del a gente. Sono gambe forti, sode e lucide. Dal ’alto del suo
sguardo, vede i suoi tanti ammiratori e forse si prende anche un po’ gioco di
loro.
del a vita, per riprendere il suo ventre: voleva essere in quel ventre. Voleva
entrare in lei. Non sentiva i rumori intorno, non gli importava più niente,
ormai
gli mancava poco per essere il suo amante. Aveva pagato, era il suo turno,
gli
Era entrato in lei. Risaliva il suo corpo con tutto il fiato che aveva. Le sue
Non gli bastava, adess,o essere giunto nel ventre di lei. Voleva un rapporto
Era perfetta con il suo corpo statuario che luccicava. La notte rendeva
l’atmosfera ancora più eccitante. Anche lui, come lei, era elettrizzato. La
prima volta per lui con lei. Forse l’unico loro incontro, anche se lei è
sempre
là, per lui, per tutti quelli come lui. Si godeva appieno l’immagine di lei
nuda,
il uminata dai flash. Era riuscito a farla sua. La stava possedendo, non
voleva
uscire dal suo corpo, si era rilassato ed era in uno stato di trance,
l’abbracciava
e l’ammirava.
Ma come tutte le sere a mezzanotte lei rimane là per tutti e non si concede
più a nessuno.
Non voleva abbandonare quel piacere che lei gli dava ma una divisa grigia
83
la PasTIccERa
19 marzo
di Elifucci
Sorrido, chissà da dove, al ricordo del primo giorno, quando non riuscivi a
Apri il mio ricordo ancora una volta, spiegalo come nitida fotografia.
Ecco la mia schiena nuda, le tue ginocchia sulle maioliche azzurre. Il mio
seno
Scendi di nuovo gli scalini del a mia pasticceria. Sei scalini di bottega, pre-
meditati, sei scalini culo a terra. Sei scalini scivolati in chicchi bianchi, ciao
oggi è domenica!
Letto damascato le mie palpebre socchiuse, cielo rosso spina, nero ambrato,
unghie cerase, affilate come coltelli; bocche umide e ritorte, mani al acciate
in
pochissime smorfie. Le tue note nelle mie curve. Amplesso consumato sotto
La pioggia batte forte sul ’asfalto anche questa sera. Non te la senti di torna-
Gatta nera ti graffio, rosa secca ti cerco, pomice grigia finemente spiegata,
Nel a farina d’avorio lucente, sparsa sui gradini del a bottega, cerchi le mie
Nel a nuova vetrina sistemo anche oggi i cannoli del a domenica. Ciascuno
Le mie dita, ora, al tuo pensiero, più forte stringono l’oro lucente di questo
84
RIsvEglIO
20 marzo
di Fiorenza Flamigni
mia vita. I primi tempi con Gabriele, quando le cose andavano bene, i figli
piccoli e
una sigaretta e aspiro chiudendo gli occhi, con la nuca incol ata al
poggiatesta.
schiaccio con la punta del a decolté rossa. Mi sono vestita bene, le gambe
sembrano
più lunghe, inguainate nelle calze scure con la cucitura dietro, e la gonna
stretta mi
tro i salotti si è solo carne, corpi senza volti, muscoli e pel e, sensazioni
d’immagini.
Ha una maschera di cuoio e uno strano costume di pel e che lascia scoperte
le
suo organo teso che preme da dietro. Un brivido che parte dal basso, uno
squarcio
Venerdì.
– Sei di buon umore – dice Gabriele con aria sospesa. – Non ti sentivo
cantic-
Ho gli occhi che bril ano e li tengo abbassati, piegando appena le labbra in
un
compiaciuto sorriso. Domani... la porta viola, penso.
85
lO scambIO
21 marzo
di Simone Carabba
il corpo dei ragazzi, e la forza di gravità scomparve. Era la prima volta per
lingua, leccandone l’essenza di rosa. Sentiva il vel uto del a sua pelle liscia.
Osava ogni tanto sconfinare fra le sue gambe, carezzando l’interno coscia
Lei sentì il pene entrare lentamente, toccando le piccole labbra fino alle
grandi,
lidi caldi. Le dita si strinsero sul a pelle dei fianchi. Un su e giù prima lieve
e
– Già.
86
hIsTOIRE N. 3
22 marzo
di Ramona Corrado
del ’ascensore. L’avvocato del quinto piano entra ignaro nel ’ascensore a
piano
Armani e tacco stiletto, entra nel a cabina come se entrasse al Ritz di Parigi.
Senza interpel are l’uomo, schiaccia il pulsante del ’attico. Si volta verso di
lui,
Una fiamma gli brucia negli occhi neri e un sorriso diabolico storce appena
un labbro che più sexy non si può. Un liquido denso le scende caldo dal
sesso
Quinto piano.
Settimo piano.
Al nono, lui viola anche l’ultimo orifizio e la inonda col suo seme, mentre
Attico.
87
di Alessandro M. Colombo
I tuoi occhi, cristalli di smeraldo, fissi nei miei. Posso leggervi la risposta
che
mi taci. I tuoi capelli color liquirizia, dal profumo di mela verde, delimitano
il
tuo viso ovale e disteso. La pelle come neve caduta in una valle disabitata.
Le
Le mia dita scorrono sul a tua pelle dolce come un panno di vel uto.
Sfiorano
Non è forse un sorriso quello che vedo scintil are nei tuoi occhi estasiati?
secondo bacio, poi un terzo. Scendo, sfiorando la curva delicata del naso;
fino
che si rincorrono dentro le mie orecchie, ombre di nostalgia che gravano sul
mio cuore. Sento le lacrime prendere forma tra le mie palpebre. Una,
solitaria,
No! Non muoverti, non dire nul a. L’asciugherò io, suggendola con infiniti
baci. Il tuo sapore sul mio palato e il tuo profumo nelle mie narici. Ti apro
la bocca, con delicata fermezza. Lascio che la mia lingua s’incunei tra i tuoi
denti, al a ricerca del a tua. Quando la sfioro, fredda e immobile, una scintil
a di
Le mie mani scorrono sul marmo freddo del tuo corpo. Affrontano le
asperità dei tuoi seni e percorrono la vastità del tuo ventre, fino a scivolare
tra
le pieghe gelide e asciutte del tuo sesso. Non posso resistere oltre. Lascia
che ti
d’amore.
Chiudo gli occhi e affondo con tutta la mia virilità nel ’algido mare del tuo
88
24 marzo
di Marzio Biancolino
– Ciao nonnina! – salutò Letizia sporgendo una mano festante. Con l’altra
regalò un
grande abbraccio.
Antonio si fece avanti con una sporta del a spesa. – La trovo in splendida
forma.
fat o rimprovero. – Dài, che mentre Antonio sistema tut o nel frigo, io e la
mia nonni-
– Ci penserà Antonio. Anzi, con una giornata così, perché intanto non
preparia-
mo fuori?
loro, non prima di aver dato in cucina il tocco finale al risot ino.
ro che questo fat o capita solo a una generazione sì e una no: la mia nonna è
morta che
aveva centoset e anni, e anche prima era sempre così tra le primogenite del
a nostra
quelle belle vitamine che ci sono dentro e con tut a la vita che ci frul a
insieme…
duecento. Sozmel!
89
PaROla D’ORDINE
25 marzo
di Nunzio Donato
– Va bene così?
– A dire il vero, no. Non va bene per niente – mi risponde, sempre con
non ci sta tutta, però poi l’ho trovata molto morbida. Più di quello che pen-
sassi. No, be’, in effetti non ho mai pensato a come poteva essere, ma dopo
un
po’ che ero lì a pastrugnare, mi è venuta in mente quel a pallina che sta sul
a
scrivania del dottor Pivani. Quel a che lui schiaccia e trita mentre mi fa
delle
domande. Una volta me l’ha fatta usare, ed era proprio morbida come la
tetta.
Lei mi sta ancora guardando, solo che ora non sembra più arrabbiata. Ha
tano, le tette sono davvero enormi e si muovono come se fossero vive. E ora
sembra che siano loro a guardare me, con quegli occhietti rossi e puntuti.
– Latte?
Annuisco. – Ghigo mi ha chiesto se volevo qualcosa da bere, e io ho detto
sì, ho voglia di latte. Allora lui e Fede si sono guardati e poi sono scoppiati
a
siamo venuti qui e Ghigo mi ha detto: vai su, e quando lei ti apre, dì con
voce
90
laURa
26 marzo
di Gianluca Merola
troppo alta per me, le natiche mi arrivano al petto, nonostante sia piegata sul
cosa fare. Questi sono i patti: io non posso prendere iniziative, rovinerei
tutto.
al a ricerca del a mia, portandola a sé. Gliele metto entrambe sul sedere,
sodo
intorno a noi. Dalle pareti sottili filtrano rumori di vita domestica: posate,
delle sue unghie lucide. Sul a punta hanno una virgola di smalto bianco
perlato, dal tratto preciso. Senza voltarsi al unga il braccio fin dietro la mia
regolari e flessuosi, come una lesione in un vetro spesso. La sua pelle scotta
così
per abassarsi un po’, solo così riesco a entrarle dentro. Mi piace, prima non
lo
avevamo mai fatto così. Il tavolo prende a battere contro la parete. Un po’
al a
volta, i colpi si avvicinano tra di loro. Le pareti sono così sottili che mi
sembra
di poter sentire addosso gli sguardi maliziosi dei vicini di casa. Laura
emette
– Sul serio?
cOsE IN cOmUNE
27 marzo
di Effetto Neve
imparare a essere più discreta! Due ore fa, a casa sua, ho provato per la
prima volta la
sensazione di un cazzo che entrava nel buco del culo come un coltello nel
burro.
Sì, in effetti ho fatto la troia, gliel’ho detto. Poi gliel’ho urlato, per incitarlo
ad
L’hai cercato perché non eri più felice col tuo uomo, quello che al ’inizio
volevi
sposare. Quello con cui volevi passare la vita assieme, al ’improvviso non ti
bastava
più. Hai guardato un po’ di annunci, te lo sei scelto come piaceva a te. Una
mail, poi
Con me ti piaceva?
iniziato mettendosi le mie gambe sulle spalle, mi chiede una pecorina. È già
venuto
– Dai, chiamami per nome mentre vengo… dimmi che sei la mia puttana.
Una stretta di mano, come si usa fra uomini. Non sa che sono il tuo ex.
Piccola mia, quand’è che hai smesso di amarmi? Non mi sono accorto di
nul a
92
sORPREsE
28 marzo
di Noemi Bardel a
re sot o l’acqua calda. Pensava al regalo che stava per fare a Filippo.
sciare del ’acqua e capì che era sot o la doccia. Un’idea si fece strada nel a
sua mente.
Quando sentì la tenda del a doccia muoversi, Cecilia fu sul punto di urlare.
Si ac-
corse quasi subito, però, che si trat ava di Filippo. Lui adorava farle certe
sorprese.
Filippo non resistette e la strinse a sé. Una mano, lenta e calcolatrice, scese
lungo
il fianco di Cecilia, mentre l’altra andava a posarle sul viso una leggera
carezza, antici-
patrice del bacio che stava per arrivare. Le labbra si unirono, mentre l’acqua
scorreva
dosi al a parete del a doccia. Filippo capì subito il messaggio che gli veniva
lanciato e
Terminò come aveva previsto. Poi Cecilia lo guardò drit o negli occhi e gli
prese
ringraziarla del più bel regalo di compleanno che avesse mai potuto fargli.
93
fINE chIamaTa
29 marzo
di Stefano Di Marino
– Seduta sul davanzale. Fuori si vede il mare, una falce di sabbia, qualche
scoglio e
– Di che colore?
– Sì, anch’io sento il tuo calore mentre ti sfiorano il seno. Hai i capezzoli
già duri.
– Lo so, sto pensando a cosa potresti farmi... se fossi qui... ma non ci sei.
– Bastardo. . sì, qui vicino, adesso il tuo odore mi arriva al e narici. Le tue
mani. .
Ho indosso solo il mio tatuaggio nuovo. Proprio sul ventre. Un polpo che
possiede
– Aspetta...
– Non posso.
– Io sarò qui.
94
di Stateira
Non bal ava più come prima, da quando l’aveva visto fare a lui. Lui che,
maledet-
to, danzava. Rob, che stava per Robert, ma Rob suonava mil e volte meglio.
Era stato facile odiare il suo corpo, e tutto quel fastidioso talento. Banale
fini-
radicato nel e pupil e, che torceva il suo corpo, gloriosamente nudo, con
grazia
lupesca. Quel a bocca socchiusa, quelle mani, la sua spina dorsale come un
lungo
dopo brandel o, le meraviglie che nascondevano. Per fare suoi il suo odore e
il
tatto. Ma, proprio quando fu certo di aver toccato il fondo con la punta dei
piedi,
– Vuoi sposarmi? – gli chiese quello stupido, con il suo accento del a
Corno-
devozione, il volto immerso nel pube soffice che disperdeva il suo respiro
gonfio
95
ImPaTTO vIsIvO
31 marzo
Entro furtiva nel a stanza in penombra. Tu sei sdraiato sul letto. Sembri ad-
– Apri gli occhi – ti ordino. Certo, aperti gli occhi, la visione impatta decisa
sul a retina scoppiando di colore e forma e non lasciando spazio al ’immagi-
to. Ė una camicetta di pizzo nero, leggera, e l’ho messa direttamente sul a
pelle
e quel a è la prima cosa che hai davanti mentre apri gli occhi. Dal tuo punto
di
pelle. Vieni, c’è tanto posto qui, tra i miei piccoli seni. Ci sta la tua bocca, ci
Ė facile lasciare che le mani cerchino, frughino, dentro quel poco di vestiti
nel ’umido del mio sesso. La mia bocca a cercare il tuo. Le parole. Prima
sus-
– Più forte, dillo più forte. – Poi gridate. Sfacciate, senza pudore. Le mani
trattenute, i miei polsi chiusi dal a tua mano prepotente e forte. Che non mi
la-
libera, lo svuota. Come una coppa che si rovescia. Come un urlo trattenuto
che
– Va bene, ragazzi, buona la prima! Questa era l’ultima scena. Il film è fi-
nito.
96
365 racconti erotici per un anno
UN amORE ORTOREssIcO
1 aprile
di Stefano Mascel a
– Così sono andato verso il frigo… Hai presente quei giochini erotici con la
frut a?
− Lei? Hai capito ‘sta top model. Ma tu, quelle robe… le avevi mai fat e
prima?
− Be’… fragole, mezzo limone, la panna spray… e poi il barat olo del a
Nutel a. Ah,
− Proprio lì?
− Mitico!
− E lei?
− Una dieta?
− Capisci ora il mio dramma? Non avevo niente di quelle robe biologiche lì.
− Pazzesco… e com’è finita?
− Ma pensa… E tu?
− Sì, ridi ridi… Oh, guarda qua: confettura di cranberry! Ne prendo un barat
olo,
97
bURNINg PassION
2 aprile
di Lavinia Vitali
ca? – aggiunse, rovistando con sguardo esperto fra i vinili e tirando fuori il
suo
– Champagne?
La donna, come annoiata, continuava a guardarlo dal a sponda del letto e
non oppose resistenza quando lui l’afferrò per le spalle. – Oh, non
guardarmi
Se ne liberò.
Una volta tolti gli slip, lui esplorò la fessura fra le sue gambe, che non lo
respinse, ma anzi si adattò subito al a forma delle sue dita, presto sostituite
da
Spinta da tanta frenesia, lei non poté che seguire il suo ritmo mentre teneva
gnando per lo sforzo e il piacere, lui cercava di tenerla ferma con il proprio
peso mentre un po’ le strizzava i seni e un po’ le sfiorava il punto umido fra
lenzuola.
– Sei calda, mia cara... – ansimò lui accarezzandole piano la coscia mentre
dal a fronte gli cadevano piccole goccioline di sudore. Stava per terminare
– Niente, mamma!
98
3 aprile
di Aldo Ardetti
Ci siamo amati in luoghi improvvisi, inattesi. Ci siamo amati nei luoghi la-
gunari, sotto un sole che fondeva la sabbia di una spiaggia deserta nei giorni
feriali fino a sera, quando l’umidità del crepuscolo ci coglieva di sorpresa
nel
silenzio di una pineta, quando la voce del cuore e del respiro accompagnava
il
nostro ritmo del piacere col profumo del a nostra pelle insieme al latice
delle
naufrago nel tuo mare, felice perché appagato nel vento che avvolgeva e ac-
Cadde ogni innocenza su quei treni che raggiungevano, nel buio del a not-
Smetana. Fiumi di parole, degli abbracci e dei baci, degli sguardi complici
che
Laghi, mari e monti sono stati testimoni dei nostri sentimenti e del nostro
piacere: tetti di glicine, siepi di pampini, oasi di palmeti, isole d’erba sulle
quali
nostri gemiti cancel avano il mondo mentre baciavo le tue labbra vermiglie
per
assaporarne ogni piega, prima di prenderti, prima di averti tutta perché nul a
era rubato. Mai sazio del tuo corpo anche tra le lenzuola usate dove
ascoltava-
mo musica che scatenava ritmi per poi (s)venire in coro al vicino corpo
caldo
99
fINO all’UlTIma gOccIa
4 aprile
di Roberto Fogliardi
Sdraiata sul a panca dei pesi la ragazza attendeva, circondata da una trentina
di
patoio, simili a pugili prima del ’incontro. Altri erano nudi, salvo che per
una
veri. Il volto ovale circondato da capelli neri a caschetto. Gli occhi verdi. Le
da farfalle.
– Numero uno e numero due! – disse una voce fuori campo. – Azione!
due, un grosso nero coloro ebano, scostò la mano del a ragazza e la penetrò,
Nadia prese a oscil are il bacino mentre la lingua correva su e giù per l’asta
affrettò a leccare tutto quel che poteva, poi bevve avidamente dal a
cannuccia
Altri due arrivarono a sostituire il ragazzo, poi altri due, e altri ancora.
Passarono i minuti: il trucco ormai le colava dal volto, mescolandosi con gli
umori degli uomini, che lei continuava a bere, senza perderne una goccia.
Poi la creatura prese il volo. Flijek 3 era il pianeta del settore stel are dove il
lavoro si era rivelato più semplice e veloce: ora il raccolto era completo e
poteva
100
gEmms
5 aprile
di Luigi Pagano
Una sera qualsiasi del ‘45. Fredda e uggiosa, ma nel a piccola utilitaria con
Lucia cavalca l’uomo sotto di lei con forza. Lui, con gli occhi chiusi, anna-
spa con le mani cercando di afferrare i grandi seni che ciondolano nel ’aria,
Dopo lunghi sussulti e gemiti, i ruoli si ribaltano; adesso è lui sopra di lei e
Al a fine, esausto e svuotato, si stende sul sedile del guidatore. Lei l’abbrac-
cia e gli accarezza il petto rigido e glabro. Poi la mano scende lentamente,
pas-
L’americano non capisce nul a di ciò che gli ha chiesto la giovane ragazza,
In quel preciso momento lei, ragazza dei quartieri di Napoli, capisce che
non l’avrebbe mai più rivisto. Le lacrime gli scendono sul viso ancora
sudato di
passione, si accascia accanto a lui, chiude gli occhi e assapora gli ultimi
attimi
to straniero dai denti troppo bianchi per essere veri. Una storia
contrabbanda-
Ma Rosa ha aperto gli occhi, e resta nuda e immobile a guardare il suo so-
NOTE DI NOTTE
6 aprile
di Daniela Basilico
la sua corsa per infrangersi, così le note spaziano lente nel a hal del ’Hotel
De
neve che scende lenta dietro le vetrate. Il ritmo si fa più intenso. Energia
che
scorre sotto i polpastrelli. Rabbia che scivola tra le dita. Lunghi capelli
biondi
volto è sporcata dal e lacrime. Gocce salate che cadono sul a tastiera.
Dolore che
Lo aveva aspettato fino al ’alba. Poi aveva aperto il computer. Tra le e-mail
ne
mento. Per quel a stessa sera. Con un’altra donna. E una frase:
Chissenefrega del
Quel a che sta suonando non assomiglia più a nessuna melodia. È un rincor-
È un tocco lieve, quello che le sfiora il collo. Una piuma, un soffio di vento.
E tu chi sei?
Chiude gli occhi, ferma la mente, ascolta una musica che non c’è e lo lascia
fare.
Chi sei?
È in quel momento che lui solleva la testa. Una lama di luce gli il umina lo
sguardo. Gli occhi si incontrano senza essersi mai visti prima. Matilde
sbatte le
102
DI sETa E caNNElla
7 aprile
di Sonia Pampuri
affilati come coltelli. Armonica nei gesti. Dosa. Mescola. Frul a. Impasta.
La
trama sottile del a pelle accesa dal calore del forno e del mio sguardo.
Riflessi
nico sulle note di Cohen. Non posso più ascoltarle. Ora. Non più. Viva.
Can-
giante nel ’umore mutevole degli sguardi. Felice, forse. Questo non mi
verrà
Magica, nel a sapiente arte delle tue mani, che miscelano farina, zucche-
ro e uova con antica sapienza di femmina. Femmina, già. Nessuna più di te.
Nessuna come te. Dopo. Canticchiante su note basse, le tue preferite, quei
versi struggenti: And you want to travel with him, and you want to travel
blind,
snd you think maybe you’ll trust him, For he’s touched your perfect body
with
his mind. Un po’ Susanne. Anche tu. Poetica puttana. Madre e amica.
Ritmi-
co guizzare del a braccia nello scorrere ipnotico del mattarello sul a sfoglia.
come acqua sul a mia pelle. Attenta nel disporre nel nido caldo del a sfoglia
l’aroma a spandersi. Avvolto intorno al tuo corpo di seta dorata. Fuso con la
fragranza speziata del a tua pelle. Spargevi quel a polvere rosseggiante con
ge-
labbra fossero dello stesso rosso. Chinata. Torri perfette le tue gambe,
coronate
dal quel trofeo rotondo, morbido, lievitato come sfoglia burrosa. Un colpo
del
8 aprile
Perché? si domandò mentre, nelle vesti del vecchio bardo in cui si era
trasfor-
forse perché Glendar non era elfo ma umano; forse per la forza che sentiva
ribollire
dentro di lui e che gli apparteneva come una seconda pel e che profumava
di guerra
Amore? pensò Elis. Molte cose uomini ed elfi fanno per amore, anche
uccidere, ma
Elis si alzò; era se stessa eppure non lo era, in lei una forza incontrol abile
esigeva
che la seguisse. Senza condizioni.
Il guerriero aprì gli occhi, disorientato, non ricordando dove fosse né chi
fosse,
suo cuore si legò senza condizioni. Lo sguardo corse lungo il corpo nudo di
lei, sul
col o slanciato, sui seni sodi e i capezzoli turgidi di desiderio, sul e spal e
forti e le
lunghe gambe che sbocciavano nel folto vel o del pube. E gli occhi, quegli
occhi che
no in una cosa sola, come la notte al giorno nel momento del ’aurora. Lui
dentro di
lei come un gioiel o nel o scrigno, lei avvolgente col tepore del a vita che le
pulsava
in ogni fibra.
Era ormai quasi l’alba, il cielo non prometteva pioggia per quel giorno;
l’elfa
fissò a lungo quel ’amore desiderato ardentemente, e seppe che il sapore del
a vita
non sarebbe stato più lo stesso, finché non l’avesse ritrovato. Ma aveva un
dovere da
104
gOccE
9 aprile
di TiVedo
Gocce di sapone liquido che si scioglie nel palmo, mentre scende ad acca-
rezzare le parti più delicate del mio essere.
ginocchia, dove so che farai scorrere il tuo viso mentre accarezzi ogni
millime-
Gocce di gelato, che fai scivolare sui miei capezzoli e massaggi sui miei
seni,
sul mio ventre, sul mio pube, e poi lecchi pazientemente via.
Gocce di liquore che passano dal a tua al a mia lingua, scendendo a infuo-
Gocce che si sciolgono dai cubetti di ghiaccio che le tue mani attente fanno
scorrere nelle mie pieghe sensibili e che alleviano le gocce di cera, che mi
lasci
addosso quanto basta per sentirle ma non per lasciare dei segni.
Gocce dorate, quelle con cui giochiamo passando dal letto al a vasca al let-
Gocce di desiderio ammiccano dal mio sesso che ti vuole e fuori dal quale
Gocce di sangue che stil ano dalle mezzelune delle mie unghie mentre ti
arpiono a me, per farti arrivare ancora più in fondo e finalmente…
Gocce del tuo seme che sprizzano mentre dal a tua bocca che mi sovrasta
gocce del a tua saliva cadono sul mio viso fondendosi alle gocce salate che
stil-
105
sPEZIE
10 aprile
di Lidia Parazzoli
Nel ’aria del piccolo ristorante indiano dove l’avevo portata fluiva un odore
di curry che riempiva il naso, che titil ava la gola. Così notai l’armonia dei
suoi
lineamenti, che nel bel mezzo del a masticazione si trasfiguravano,
indugiando
C’era una tensione che si propagava dalle narici alle labbra, appena lucide
mandibole solo per spalancare gli occhi. Ed ecco apparire cosa veramente
mi
col peperoncino.
grado di godere delle cose del a vita, come il cibo. Ma avrei saputo essere
anche
gando l’attesa del piacere fino allo spasimo, dando un retrogusto piccante
alle
sue voglie?
Non mi interessava più il suo sorriso, ma il modo di mordere e sminuzzare,
trasalii.
kabi del boccone. Olivia decise di rispondere al a dolcezza del piatto con la
finalmente ritrovata.
106
TENTacOlI E sQUamE
11 aprile
di Valeria Molina
Le tue mani bruciano su di me. Sei come il fuoco e io sono semplice cera,
mal-
leabile sotto le tue dita.
Mi apro per te, schiudo le gambe per mostrarti un bocciolo di rosa appena
Scendi a baciarmi l’addome, dove sai che sono più sensibile. Arrivi fino al a
sento il corpo che vibra per la tensione, sul ’orlo di qualcosa di grande. Tu
lo
Sto ferma, nuda sotto il tuo sguardo. So che non devo muovermi, altrimenti
sul pene e vieni di nuovo verso di me. Ti aspetto immobile, lascio che tu mi
Spingi, poderoso e brutale. Non c’è dolcezza in quello che facciamo, solo
Carnevale.
RIccI E caPRIccI
12 aprile
Era nuda davanti allo specchio. Si studiò in basso, indecisa sul da farsi. Il
folto
di gabbiano.
Le era sempre piaciuta bel a fitta e pensava che il marito impazzisse per
lei.Si mise a toccarla, morbida e cedevole sotto le dita. Si guardò: gli occhi
ver-
sotto le sue mani. Poi la sua bocca scese giù, nel profondo, cominciò a farla
Quando l’aveva visto si era messa a ridere. E pensava che lo avrebbe fatto
lifluo.
Ritornò nuda davanti allo specchio. Gli occhi chiusi. Luca la stava bacian-
do, con ardore, la virilità protesa. Gli accarezzò languida la schiena, i glutei
Leila riaprì gli occhi. Madida di sudore. Si guardò allo specchio, convinta e
Grande, a dopo.
Andò in bagno: era il momento di farsi una doccia e di dire addio al suo
108
Il TERZO cERchIO
13 aprile
di Doralice De Roux
impazienti, vogliosi.
il seno, turgido, suo malgrado. Sente il membro del ’uomo scivolare sul a
nuca.
Poi scende lento vertebra dopo vertebra. Si sofferma sul ’incavo delle
natiche.
Nostalgie.
Rapide, altre mani scivolano sul corpetto. Stringono i lacci. Qualcosa tra le
autoreggenti nere.
109
cOsì
14 aprile
di Monica Ferretti
Al ungo la mano per parlarti. Leggi i movimenti. Gesti che scivolano nello
sguar-
do. Ti vedo seguire le dita fin nelle tue, polpastrelli che si rubano lo spazio,
e penso
che vorrei indossarle, quel e tue mani sicure, abili, che è così bel o toccarmi
di te,
Esce un suono dalle labbra, di parole vicine, che trascinano dentro giochi
che i
farmi trovare umida. Liquida di te. E vorresti leccarla, questa mia bocca,
mentre le dita cercano nel ’aria la tua presenza per spingerti la testa tra le
cosce.
Fissa nello sguardo mi muovo sicura, socchiudo la fame delle labbra gonfie
e mi
strofino il tovagliolo fin dentro. Lo bagno di me, del mio volerti,
indescrivibile.
Durante la cena ti alzi. Silenzioso. Con quello sguardo fondo. Quasi illecito.
Ti guardo allontanarti mentre me la sfioro con le dita. Il cel ulare vibra nel a
bor-
Succhio le dita e mi alzo dal a sedia con le gambe molli di chi sa cosa
l’aspetta, con
stai dando.
[inginocchiati]
Mi chino verso quel paradiso oggetto del a passione più cruda. Apro la
bocca
senza staccarmi dal dominio del tuo sguardo e tu, liquido, mi hai. Così.
110
Il mONDO sa DI fREscO
15 aprile
di Marco Magurno
Ce l’aveva ancora duro quando un colpo al a testa lo fece vacil are e cadere.
Il
sapore umido del ’erba gli avvolse il muso come un guanto di saliva. Era
rovinato
Ahi, che botta, mai avuto un orgasmo così, pensò la sua parte ancora
coscien-
te. Un rigagnolo di sangue caldo, intanto, gli sboccò sul a punta del a
lingua. Poi
chiato sul prato, s’ingroppava una grassottel a riccioluta che gli s’era buttata
ad-
dosso non appena l’aveva visto. La teneva ferma coi pollici sui fianchi e
stantuffa-
più vari.
La più grande orgia del millennio, avevano detto, un’ammucchiata senza re-
Poco più in là due ragazze si rotolavano avvinghiate nel ’erba mentre uno
Una piccoletta saltel ava sul a pancia di un uomo peloso, mentre un altro,
con un
L’aria era pregna di odori e gemiti, e nel cielo poche nuvole galleggiavano
leggere.
Quando i reparti d’assalto del a Polizia Morale piombarono sul luogo non si
dal ’alto la valle per poi riversarsi su quel ’incastro di membra e fiati.
Nessuno
cedette al a fatica.
111
lE NOTTI DI saRa
16 aprile
di Vittorio Rainone
Sara, in piedi, segue il ritmo con il bacino, scivola verso le porte che si
aprono
a un colpo di rul ante.
Scendono in pochi, con lei: guardano altrove, tranne quando dà loro le spal-
le. Ha un abito bianco corto che si alza a ogni passo. Non indossa altro,
sotto. Ed
In stazione c’è la stessa musica cadenzata che sentiva in treno. Gli addetti
alle
ripida. Sara sale piano e finge di non accorgersi che dietro di lei si è
radunata una
C’è questa strada lunga, il uminata dalle insegne dei locali, gruppi di
ubriachi
uomini in fuga, una mano afferra quelli che, più vicini a lei, non
accennavano a
staccarsi. La voce di Paolo squarcia quello che resta del a notte: grida, la
scuote.
È il suo sogno, gli risponde Sara: non deve preoccuparsi e non deve intro-
mettersi.
prende la coperta che gli porge un poliziotto e fa per coprirla. Sara vorrebbe
Svenire in un sogno.
112
chImERa
17 aprile
di Alice S. Tramontano
un mare limpido, ma frastagliato, fatto dei suoi sorrisi, delle sue parole
gentili,
che dividiamo, come se si trovasse sempre nel suo elemento, padrone di sé;
scoprire ogni lembo di pelle sensibile, di tracciare una mappa invisibile coi
marchiando.
Sogno di sentir esplodere il suo sapore in bocca, esaltando ogni mio senso,
di avvertire i suoi fremiti sotto i miei tocchi, mentre si lascia andare senza
più
di un contatto ancora più intimo. I nostri due corpi stretti insieme, incastrati
smarrirmi sulle sua labbra dolci come miele, annaspare nel suo luogo più
na-
scosto e profondo e spingermi in lui fino a dimenticare chi sono e cosa sono
stato prima di incontrarlo, percepire la sua voce roca sussurrare il mio nome
nelle nostre vene come linfa vitale. Ma anche come un veleno infetto che
non
ci lascerebbe scampo.
Lui è tutto ciò che voglio, ma non sarà mai mio. Tuttavia...
113
gENTE balORDa
18 aprile
di Miriam Cervellin
Erano una coppia non più giovane, ma nemmeno così vecchia da aver perso
interesse per le pratiche da letto. Appena sveglia, lei sbadigliò e gli disse: –
Ti
chi mesi.
Lui annuì con poca sorpresa. – Si vede che non sono più uniti come un tem-
po – rispose, al ungando una mano sul pube di lei. Lei si al ungò tra le
lenzuola
e si sfilò il perizoma.
pubici.
– Sai come sono gli adolescenti: è possibile che abbiano intuito – rispose lui
– Lei lo ha conosciuto in palestra e lui pare che abbia perso la testa per una
– Quegli ambienti sono pericolosi. Meno male che noi ne siamo fuori – dis-
– Lara dice che il loro legame si è rafforzato. Non sono più obbligati ad
ave-
di prima.
mani sulle natiche dando una leggera strizzatina. Era il segnale convenuto
di
giù. Lui si inarcò ed emise un sospirato “oh!”. Lei, poco dopo, emise un
sospi-
rato “ah!”.
Era sempre bello finire insieme, era il loro specchietto per le allodole e
dopo
tanti anni nul a era mutato. Rimasero abbracciati per alcuni minuti,
aspettan-
– Sfiorò affettuosamente i testicoli del marito, quasi a voler dire loro che
erano
stati al ’altezza, e si diresse sicura e serena verso il bagno. Lei era sempre la
114
la mORTE DI EROs
19 aprile
Alle note di All around the world di Lionel Richie, la tenda color porpora si
spalancò ed Eraldo Porta, in arte Eros Doors, salì sul tavolo noncurante di
piatti e bicchieri.
Con la mano destra, Eros prese un lembo del a giacca dello smoking e tirò
petto maschile che pareva scolpito dal Canova e una serie di addominali da
fare invidia a una statua greca. Con la mano sinistra, invece, agguantò i
panta-
baro che gli faceva luccicare i muscoli come una luminaria la vigilia di
Natale.
Eros scese dal tavolo con un balzo e iniziò a strofinarsi sulle ragazze. Lui si
av-
vicinava e loro fingevano timidezza. Ma nessuna resistette a toccare quel
corpo
Eros iniziò a strusciarsi contro Claudia, che restò pietrificata. Poi continuò
e perse l’equilibrio. Ma non cadde perché Patty teneva ben saldo il suo stru-
mento di lavoro.
quel delirio. Appena prima che il corpo di Eros venisse addentato e poi
masti-
115
asPaRagUs OffIcINalIs
20 aprile
di Federico Guerrini
Sai, il vero gourmet non mangia solo col palato, ma con tutti i sensi. Ti
propon-
rago, per esempio. A quel punto lei aveva già preso una decisione:
trattenuto
si sarebbe consegnata con la mente e col corpo. Vedi, continuò lui, questo
vir-
perché, lungo e turgido, si erge con orgoglio dal a madre terra, e cambia
colore,
mano. Lei prese l’asparago, sentendone il gambo molle e liscio sotto le dita.
Le
l’ortaggio dentro e fuori la cavità orale. Sentì l’occhio vigile di lui, percepì
senza
poi slacciò la camicetta e la introdusse fra i seni, quindi scese più giù,
sfregando
il bastone contro la sua parte più segreta, emettendo timidi mugolii. Sentì i
sentire la mano di lui bloccarla dolcemente. Brava, disse lui, vedo che hai
capito
116
21 aprile
Zulima ha gli occhi grandi ed è tutta nera, anche dentro il cuore. Mentre
la scopo, sta dritta sui tacchi a spillo. Dice che così l’amore si fa meglio.
Poi si
Ogni volta godo da matti. Quando finisce mi dà un bacio caldo sul ’inguine
Parliamo poco, però, delle rispettive vite, che quasi non ci conosciamo.
e mi dice che dovrei smettere di farmela in casa quando moglie e figli non
ci
sono. Vivo in paese e la gente spettegola… gliel’ho detto che una di queste
volte
L’inverno è stato lungo. Zulima è stata molto assente, anche per colpa mia.
Non sapevo cosa fare… Quante volte ho chiuso gli occhi desiderando che la
sul a pelle. Uno schifo. Durante l’ultima visitina mi ha dato dei bacini
roman-
avvolta nel cellofan con cui è arrivata un anno fa. Io non sono uno che pro-
mette a una donna di amarla per tutta la vita. Che assurdità! Neanche con
mia
moglie sono stato di parola, figuriamoci con una bambola gonfiabile.
117
NElla NOTTE
22 aprile
di Margherita Lamatrice
Una mano sul seno, lo stringi con possesso, come a volerlo plasmare, im-
porre il tuo volere. Le dita sono frenetiche. Non sai cosa stai facendo, vuoi
solo
Pensi a lei, immagini di sfiorare il suo corpo, un corpo simile al tuo, troppo
di averne ancora, non ne hai mai abbastanza. Quasi invochi il suo nome
men-
la ragione.
E il cuore che batte, che riempie le orecchie, che annul a gli altri suoni.
mondo sia tutto lì, tutto in te, non ci sia nul a oltre il suono del tuo respiro e
del tuo cuore. E lei. Ogni spasmo è una tortura lenta. È dolore mascherato
di
Avverti il tuo corpo come se non ti appartenga più, preda solo del ’istinto
che ti grida di volerne ancora, e poi ancora fino al a fine, quasi al a morte.
Vivere o morire. È una scelta che in quel momento pare impossibile da fare.
E lei, dentro di te, nel a tua mente, nel a tua anima, presente, indelebile.
potenza tale che ti pare impossibile essere ancora viva, e solo allora riesci a
concepire un mondo oltre al tuo corpo ormai esausto. Osservi il soffitto
ancora
intontita dal ’esperienza e ti rendi conto che tutto sommato vivere è più
impor-
Non puoi avere ciò che davvero vuoi, ma ora sei troppo stanca per pensarci.
118
gIOcO al massacRO
23 aprile
di Tiziana Ritacco
Sangue. Lo senti scivolare lento sul a pelle. Come rivoli di umori caldi,
bollen-
ti. Come quel sesso che ti avvolge e le cui spinte assecondano le tue. Le
unghie
Sorride sagace, ti sfida. Non ti apparterrà mai. Lo sai, te l’ha detto prima
an-
cora che quel gioco avesse inizio. Gioco al massacro, a farle del male, a
subirne.
Godere di ogni attimo, ogni sensazione. È una fiamma che consuma la cera
in
che ancora ti lacera mentre lei gode per quel lampo di dolore nel tuo
sguardo;
gemito sofferto.
Le dita nei suoi fianchi. Uno spasmo violento. Lascerai i segni. Vuoi
lasciar-
Le labbra sul suo collo quando le spinte si fanno impetuose, quando impri-
mi il tuo peso sul a sua pancia per fermarla, braccarla contro ogni suo
deside-
ro quando resterà solo il profumo di donna sul a tua pelle, il piacere colato
sul-
le lenzuola. E sarai nudo, sarai solo. E l’odore di sesso stantio nel ’aria
giocherà
Misurare gli affondi, il tocco delle dita sul clitoride. Violento a volte. Altre
leg-
La baci. Mai sul a bocca. Sul mento, la guancia, dietro l’orecchio. La lingua
lungo la gola, una scia umida quanto i vostri corpi sudati. Ti fermi appena
Poi più giù, un capezzolo tra le labbra per farle urlare tutto il suo piacere,
Ricadi sul letto esausto. L’occhio sui segni che le hai lasciato: ne è piena.
Ma
l’anima livida è la tua, perché ora lei sorriderà come sempre, si alzerà e
tutto
sarà finito un’altra volta. E che davvero non sia stato solo un gioco è una
spe-
ranza vana.
UN mURO DI NEvE
24 aprile
di Alex Favaro
Il giorno dopo, alle prime luci del mattino, il sole, insinuandosi fra le tende
Quel a mattina, il mondo mi avrebbe fatto paura. Perché non sarei stato
to, fino a sentire quel ’attimo di assenza tra un respiro e l’altro. Con la punta
del ’unghia e del a fantasia avrei grattato le lenzuola umide, e avrei ancora
avu-
to voglia di giocare.
Era cominciata per gioco, e sarebbe finita in un fiume di piacere, che ora
Mi lascio guidare dal ritmo dettato dalle sue mani e mi ritrovo girato, la
vengo trascinato, come una marionetta dai fili, dal movimento del suo petto
sta posando la lingua sul confine tra la mia anima e la mia mente, tra la mia
Gioca con l’elastico dei miei slip, lo morde, lo tira, lo lascia andare.
Sento i passi delle sue dita sul a superficie del a mia anima. Qualcosa di
caldo sul mio viso, una lacrima, una lacrima mi scende fino alle labbra. Tiro
fuori la lingua e assaporo la mia libertà. È salata, il sapore più dolce che
abbia
mai assaggiato. E con essa dimentico l’orgoglio del mio essere uomo. E con
essa
dimentico domattina.
E la paura.
120
scUsa Il RITaRDO
25 aprile
di Enrica Muraro
Di nuovo qui, nel tuo buco. Tempo fa, era il luogo dei miei più reconditi
desideri,
volta che mi vedrai, ho costruito la mia vita e sto realizzando ciò che mi ero
pro-
messa.
Mi fai entrare, mi osservi, scruti il mio sorriso e capisci che ti sto già
umiliando
con la mia vitalità fin troppo evidente, sai anche che è l’ultima volta che
sarò davan-
una lama si stesse adoperando per aprire di nuovo tutte le mie vecchie
cicatrici.
Sono le tue labbra a spazzare via ogni pensiero. Ancora in trappola, la mia
pic-
cola dolce gabbia dorata che tanto mi è mancata, di nuovo tu, padrone del
mio
Il silenzio è rotto dalle nostre labbra che si uniscono e dalle mani che si
strappa-
consumare questa fiamma che non si era mai spenta. Ci uniamo, finalmente,
ei
non farmi sanguinare, non ho più forza. Hai fatto cadere ancora una volta le
mie
– Ti amo.
rime che mi sfuggono. Intuisci la mia risposta dalle labbra tremanti e dal
sorriso
Con uno sguardo di sufficienza rispondo: – Pari. – Poi ci sono solo le nostre
Dk E laDY kaNT
26 aprile
di Marina Crescenti
Il fruscio delle lenzuola sul suo corpo nudo la eccitava. Faceva caldo, si
alzò. Era
Sfiorò i seni gonfi. Socchiuse gli occhi, si passò la lingua sul labbro. Uno
sbuffo
D’un tratto, un rumore. Solo fronde di salice, mosse appena dal vento. Sfilò
dai
capelli biondi il lungo fermaglio, ciocche vel utate ricaddero sinuose sulle
spalle.
Nascosto tra i rami del salice, indossava una calzamaglia nera, un otto rove-
sciato lasciava scoperti gli occhi. Grigi, come metallo grezzo che riluce. I
contor-
Le fu subito sopra, una mano contro la sua bocca carnosa. Non fece in
tempo a
gridare, gli occhi sbarrati in quelli di lui, gelidi. Con uno scatto, l’uomo la
legò
per i polsi al a spalliera del letto. Portò le mani sopra i grossi seni, vi
affondò la
faccia. Li leccò. Lei si ribellò, ma l’uomo era forte, non le permise altro che
di-
vigore. La sfiorò in mezzo alle gambe: era ancora eccitata. Poi le scivolò
lungo i
fianchi sudati. Lei sentì la lingua calda scorrerle fra le cosce, voleva gridare,
mor-
dere, fargli male! Ma la mano di lui premeva impietosa sul suo respiro
affannato.
Mosse come impazzita la testa, i capelli biondi sparpagliati sul cuscino. Lui
la
penetrò. Sentì il membro duro entrare e uscire al ritmo dei suoi ansimi. I
glutei
del ’uomo si indurivano a ogni spinta, la lingua seguì percorsi di libidine
sfrenati,
Lei si voltò, diede un ultimo sguardo al suo uomo, tirò fuori la lingua e la
122
magNOlIa
27 aprile
di Scil a Bonfiglioli
Tutte le ragazze al a Casa del Tè avevano il nome di un fiore. Lei era Fiore
di
Campo: un nome dato alle ragazze che non si sapeva da dove venissero,
quali
La Casa del Tè era quasi deserta, quel giorno di pioggia. Il cielo era algido;
Campo sorrise, come le era stato insegnato. Lui le tolse la seta e le sue mani
lei profumava di cose mai toccate e le fragranze del ’acqua e dei bambù, nel
poppò. La chiamò con voce ruvida come una vela e le palpò il ventre, che
era
Quello che la ragazza aveva tra le gambe era un fiore solitario, a forma di
coppa.
– Come ti chiami?
trasse a sé sui giunchi e la pioggia e affondò feroce tra le sue cosce di latte.
–
Magnolia.
123
28 aprile
di Annamaria Fassio
Atanai se n’è andato. Atanai non tornerà più. Il suo corpo giace su un
giaciglio di
Amira giocava con l’acqua del fiume. Era accosciata sulle pietre, le gambe
sua madre. Amira era sicura di non averla mai sentita gemere, come,
invece,
e simile a una pietra di fiume. Atanai, il maschio più potente del a tribù,
s’in-
ginocchiò incuriosito e baciò quel a pietra rosea. Amira gli strinse la testa
fra
pulsava a contatto del a lingua di Atanai, che fece risalire le mani lungo i
fian-
Amira fece una cosa incredibile. Aprì la bocca e succhiò il sesso di Atanai.
Lui naufragò in una dolcezza senza fine. Non aveva mai provato nul a di
simile.
– Vai via! – urlò Atanai. Il vecchio gli infilò la punta del a lancia nel fianco
e
la rigirò a lungo, ebbro del fiotto caldo di sangue che usciva dal a ferita.
dete nota delle conchiglie e delle armi… Sono segni di potere. Si ipotizza
che
124
29 aprile
di Gabriele Stel a
al a fontana del Nettuno. Pareva lui stesso una divinità latina, tanto erano
sferzanti
le sue parole nel ’aria mentre mi raccontava le sue imprese. Volevo una
dimostra-
zione. Concordammo che avrei scelto una bellezza romana e lui avrebbe
provato
ristorante e non solo era bel a, ma il suo corpo morbido e pieno straripava
dagli
Afrodite silenziosa!
sole, con il reggiseno che faceva capolino dal a scol atura e il profumo dei
gerani
con la sedia, per darle modo di arrivare dove voleva. Il suo piede nudo
giocava tra
le mie cosce, divampando incendi in ogni punto che toccava. Avrei voluto
gridare
che stavo andando a fuoco! Le sue dita si arrampicarono sul mio sesso, fino
a ren-
nel a sera, fino a perdersi tra le voci del a piazza. Speranza mi prese la
mano tra le
Quel dolce invito giunse leggero come un bacio sulle mie labbra; ci
alzammo e
Il Professore smise di parlare, sorpreso. Lo salutai con una pacca sul a spal
ae
125
fIDaTI DI mE
30 aprile
di Luigi Costa
– Fidati di me. Vedrai, sarà una cosa speciale – disse lui, aiutandola a
entrare in
E lei era sicura che lo sarebbe stato, non a caso aveva indossato il completo
delle grandi occasioni. Con lui c’era sempre qualcosa di speciale, ma questa
volta
Aveva una benda sugli occhi, così lui aveva voluto; poteva solo ascoltare il
suono sommesso del a radio, il respiro ansioso del compagno, l’odore acre
del a
sigaretta che stava per morire schiacciata nel posacenere del ’auto. Bastava
que-
sto per farla eccitare, per farle scendere una mano lungo una coscia. Ma lui
la
Arrivarono da qualche parte fuori città, ma lei non vide dove. Lui scese, la
La fece stendere sul grande letto che era nel centro del ’unica stanza. Un
odore
sul letto, nuda, senza sapere cosa le sarebbe successo, senza neanche vedere
cosa
stesse facendo il suo uomo, la faceva impazzire. D’accordo, non era nuda,
ma
così si sentiva. Nuda come non lo era mai stata. Sentì il suo uomo
accendere una,
dieci, cento candele. L’odore del a cera si mischiò al ’altro. Non poteva
resistere,
lui era troppo lento. Senza sollevarsi dal letto e senza attendere altri ordini,
si
Poi lo sentì accendere ancora una volta lo Zippo d’argento, con una mano
sola, con quel gesto plateale che le piaceva tanto. Le sembrò di vederlo. E le
sem-
brò di vedere l’accendino mentre, ancora acceso, cadeva per terra. Come se
ca-
Lui le fu di nuovo sopra, e questa volta la penetrò subito, con foga. Lei
accom-
126
sE
1 maggio
di Alberto Sodani
del a sua pelle levigata e incorniciata di capelli esotici come il suo sguardo,
e
delle labbra carnose e del a scol atura sul leggero vestito viola. E forse ci
chie-
deremo da dove venga quello sguardo esotico come i suoi capelli. Per poco,
però. Perché lei ci scaverà dentro con la sua magia d’Oriente cui
risponderemo
con la nostra miseria d’Occidente, perché vorremo sapere com’è lei, lì,
dove la
pelle levigata scompare, anzi no, appare, perché le sue gambe si aprono
men-
tre il viola si alza. E così sapremo com’è lei, lì. Perché vediamo radi fili
liquidi
su quel a nudità che ora temiamo. Per poco, però. Perché lei sorriderà e la
dei pantaloni e dallo sguardo esotico e dalle labbra carnose e dal a scol
atura
sul leggero vestito viola. E una lampo scorrerà, con lentezza, e delle labbra
si
127
caccIasOgNI
2 maggio
di Claudio Tanari
sette ore.
– Quando, l’ultimo?
Davide estrasse dal ’acquario DP1 che, esposto al a luce, svolse pigramente
le
sostituì le pareti del a nave Afrodite. Una massa ameboide color carne
trascinava
Con gli artigli affilati del ’ectoplasma libero Davide dilaniò la carne che lo
ser-
128
DIvORamI
3 maggio
di Claudia Minardi
suo essere. Quando le sue mani le sfioravano i fianchi, quando la sua bocca
le
premeva sui seni, il modo in cui lui la teneva stretta come se non ci fosse un
domani, aprivano ogni volta quel a porta in fondo al suo cuore, da cui quel
Fame.
allo stesso tempo non riusciva a non provare una forte eccitazione. Era
come
sul a sua pelle, i suoi baci lasciavano marchi incandescenti, e la sua solida
pre-
e al contempo estranea.
Sentiva la sua voce profonda tremare, mentre si spingeva dentro di lei, e
pletamente. Non era un amplesso gentile. Quasi gridò, quando lui aumentò
il
ritmo delle spinte, come per sottolineare che lei era sua, che non avrebbe
mai
invece da lui un profondo gemito che non fece altro che incrementarla. Non
Questo era ciò che lei voleva sentire: carne contro carne, grida, gemiti e
fame. Fame di corpi, fame di piacere, fame di possessione. Perché lì, in quel
129
la sEDUTa
4 maggio
di Alberto Cecon
– Di solito inizio dal collo. Le labbra si attardano sul a nuca, giocano coi
lobi
linea del a spina dorsale, fino in fondo, si sofferma sulle natiche. Quindi
risale
lungo il dorso, prima un fianco, poi l’altro. Quando sono stanco del a
schiena,
al ’interno delle cosce, che assaporo fino al limite del pube. Sfioro con la
bocca
il solco del seno ansimante, suggo la pelle fino al a base del collo.
Finalmente
basso verso l’alto, dal a base al a punta, risalgo il duplice piacevole pendio.
As-
chia piegate. L’odore del suo umore m’inebria, mi confonde. Appena sono
so-
si fanno insostenibili, e la sento che sta già godendo, immergo la lingua fino
trattengo...
tino.
su di lei.
130
schIUma
5 maggio
di Filomena
se abbiamo mai avuto un passato, una storia che possa dire di aver
condiviso
con te. Mentre penso a tutte le cattiverie che ti ho detto, mi tolgo i vestiti,
ogni straccio è un pezzo di ricordo che spero di riuscire a lavare via. Vorrei
faccio con questa lavatrice. L’apparecchio sta lì, a bocca aperta, quasi ad av-
dietro, giro la manopola del miscelatore e senza pensarci afferro il tubo del
bagnoschiuma. La spugna gial a disegna sul mio corpo una traccia bianca e
mi invade le narici, mi fa tua, il mio cuore prende a battere più forte, sento
le
massaggiano i fianchi, si fermano sulle natiche per poi risalire fino al collo,
mi baci l’orecchio, lo mordicchi e dentro di me innumerevoli spilli
colpiscono
sotto a bocca aperta, il ticchettio del ’acqua è energico sul a mia lingua, mi
riempie la bocca, due rivoli caldi scendono ai lati delle labbra dischiuse.
Come
un fiume continua a scorrere lungo il mio corpo nudo. Le tue spalle larghe
so-
no così forti, mi sovrasti, mi sento protetta, avvolta come una bimba nel a
sua
pure non sei con me! Ti ho buttato via come si fa con le cose vecchie e
inutili e
131
ROlE PlaY
6 maggio
di Alessandro Barbini
quel ’animale che le è piombato alle spalle. Ma lui è più forte, tanto più
forte, e
È preda. E lì sul tappeto di corda la butta a terra, la tiene giù col suo peso,
con
tutto il peso del corpo. La faccia è schiacciata, graffiata: dolore e odore; non
sospiri, ansimi, ruggiti, grugniti e alito caldo. Sul collo, nelle orecchie e fino
del a vita, a quando la penetra dolcemente distesa sul letto e le bocche si in-
tinua e sembra che non debba finire più. Vorrebbe che non finisse più.
Anche
parole: – Mi sposi?
– Sì.
132
DOREI
7 maggio
di Alessio Lazzati
dele.
Toccava: con tutta la pelle, non con le mani. Corde robuste. Strette ma non
ultimo nodo. Non cadde, ma la tensione sul suo torace aumentò, come quel
a
sulle spalle. La pressione attorno ai seni si acuì. Forte e salda. Sangue affluì
ai
Lei era diventata dorei, lui sensei. L’aveva spogliata, lavata e massaggiata,
aiu-
per prepararla per lo tsuri, la sospensione, per quello che sarebbe stato
immo-
Non solo.
bile. Un dolore acuto e mirato. Sapeva che non avrebbe lasciato segni sul a
sua
i muscoli del ventre e delle gambe. Tremò e gemette più forte. Ansimava.
La
timetri dal suo. Le scostò una ciocca di capelli. Appoggiò le labbra sulle
sue.
– Non sei la mia schiava più di quanto io lo sia di te.
Lei sorrise. Sollevò la testa appena per annuire. Poi tornò a lasciarla penzo-
133
Il faZZOlETTO blU
8 maggio
di Dante Bernamonti
“Ti scoperei subito, sono quel a che ti fissava al bar prima, tu al banco, io al
erotico era stato vietato il sesso non onanistico, praticarlo in due o più era
Alle otto scendevo dal a metro in Cairoli. Deciso ad arrivare a piedi prima
scoloriti sul pacco. E il fazzoletto blu che usciva dal a tasca posteriore, il
segna-
dere cosce ben tornite e scure oltre le calze che occhieggiavano dal a mini.
Certo che osa, pensai. La camicetta aperta fino a mostrare l’ombra del seno,
il solco tra le coppe serrate dal tessuto nero che spiccava malizioso. Certo
che
Al ’ora in cui presi posto con lei sul a panchina non c’era quasi nessuno
al parco, l’orario di lavoro ridotto dopo la crisi del 2020 faceva sì che fino a
vità sociali e culturali del Programma di Rinascita. Non disse nul a, quando
le
mai quasi obsolete autoreggenti. Fu quando infilai le dita nel taglio umido,
che
134
Il “PIaNO cONfIDENZIalE”
9 maggio
di Paola Favilli
davanti a me. Sentii subito i suoi occhi addosso. Fui a disagio, ma anche
affa-
scinata: alto, capelli corti neri, occhi marroni, sguardo provocante. Il suo
corpo
scol atura. E i miei sul suo petto vigoroso. Mi si avvicinò, quasi per
baciarmi, e
Arrivò l’ora del nostro incontro. Prendemmo l’ascensore e senza dire nul a
lui pigiò il tasto numero 20. Non mi ero mai accorta che ci fosse: l’attico,
piano
al centro un grande letto con lenzuola rosse. Sentii il suo respiro scendermi
esplodere. Il suo pene era duro, caldo. Mi girai e lo spinsi verso il letto, mi
sfilai
Ansimava mentre mi penetrava con violenza, e io con lui. Sentii che il suo
pene
Sono tornata al ’ascensore, il giorno dopo, ma lui non c’era. Ho cercato sul
a
tastierina il ventesimo piano, ma l’ultimo era il 19. L’attico non esiste più.
Forse
Lo aspetto ancora ogni giorno, sperando che ricompaia, che faccia riappa-
135
Il gIOIEllINO
10 maggio
di Fatima Cardoso
nel a mia mente, tutte uguali; sesso fatto per dimenticare, per cancel are me
stessa. Ma la prima notte in cui mi hai scopata è stata diversa. Eravamo due
per te. Mi sono inondata per riceverti per intero, lungo, fino in fondo, dentro
di me, fino al ’esaurimento. Poi i nostri corpi sudati, sazi; e te ne sei andato.
Non mi hai detto niente, eppure te n’eri accorto, anzi, te ne sei approfittato;
hai preso al balzo l’opportunità di rivedermi. Sapevi che i miei erano
appunta-
menti di una sola notte, ma hai atteso il giorno seguente e sei venuto a
ripren-
- senza mai trovarlo - nei corpi che mi cavalcano e che mi fanno godere. Li
uso
Però tu hai trovato il modo per rivedermi. Mi hai lasciato un tuo ricordo e
Ora te lo restituisco. Lo trovi dentro la busta. Con lui cancello il nostro le-
game. L’avevi perso dentro di me con il tuo seme, quel a prima notte. Non
me
l’avevi detto, eppure te n’eri accorto. L’hai usato come pretesto per
rivedermi.
Ti restituisco il tuo piercing, l’anellino che avevi sul prepuzio e che mi
avevi
regalato.
Ora il nostro vincolo è spezzato. Sono la donna di un uomo che non esiste,
e come tale appartengo a tutti gli altri. Non cercarmi mai più.
D.
136
DEmONE
11 maggio
di Lucia Ferrone
L’abbandono è assoluto, non c’è una via di mezzo. Lasciarsi andare non
rende
minimamente l’idea. E lei lo sapeva bene: lo sentiva nel a morsa delle corde
che
gli occhi. Poteva quasi sentirlo sorridere, gli occhi rossi sfavil anti e i denti
un
Non aveva chiesto di amarlo, ma lui, prepotente, si era infilato nel suo cuo-
re, nelle sue viscere, togliendole ossigeno e pace. Togliendole tutto, perché
solo
Non sapeva nemmeno se fosse tipico del a sua razza, quel tipo di gioco, e
tate dal ’umida scia del a lingua, portandole via un po’ di coscienza a ogni
gemere per quel misto inscindibile di dolore e piacere di cui non poteva fare
a
sto ancora e ancora, e da cui chiedeva sollievo allo stesso tempo; che le
faceva
rombare il sangue nelle orecchie e contrarre una morsa al ’altezza del cuore.
Istintivamente cercò di inarcarsi contro la mano che giocava col suo pia-
mente al suo orecchio, e si immaginò uno dei suoi sorrisi sardonici da cui si
sentiva sempre spogliata.
occhi, oltre il buio del a notte, oltre il buio del a benda, nel luogo dove
perdeva
e ritrovava se stessa, e lasciò che il corpo avesse ciò che gli spettava, fuori
dal
Quando lui mise fine al a tortura delle dita, penetrandola, l’orgasmo recla-
fiato.
Piano piano la marea rifluì, e il mondo riapparve. Lui le sorrise, gli occhi
che bruciavano come torce e i capelli bianchi il uminati dal a luna. Ancora
una
137
PRIvé
12 maggio
di Andrea Viscusi
Vengo qui una volta a settimana, di solito il giovedì. Nel weekend il locale è
pieno
di ragazzetti che bevono, gridano, fischiano. Con quel a gentaglia non c’è
modo di
particolare per fare del proprio corpo uno strumento capace di evocare
sensazioni
così profonde, così vere. Se l’arte è tutto ciò che smuove le emozioni del
pubblico,
Sul palco c’è una bionda dai capelli a caschetto. Non la vedo spesso, ma
dovreb-
non tralasciando di ondeggiare i fianchi perfetti. Ora che c’è lei, per me
Alina non
esiste più.
Elettra si siede su di me e mi piazza un bacio sul a guancia. – Ciao! –
esclama.
una mano sul a coscia, assaporando con le dita la pelle morbida e tiepida. –
Ti va
– Certo. Adesso?
– Sì. Vieni.
sa. Comincia a sfiorarmi il volto con la punta delle dita, poi le passa sul a
nuca, si
con l’abilità di un pianista e tasto, palpo, stringo. Tutta quel a carne, quel
soffice
138
TEmPUs fUgIT
13 maggio
di Giulio Uggè
Finalmente lei è qui, davanti a me. In tutta la sua radiosa bellezza. Lo so, è
un
luogo comune quello che vuole che ogni donna appaia agli occhi del
proprio
amato come la più bel a del mondo, ma che volete farci, quando si è
innamorati
come lo sono io, il cuore prende il sopravvento su ogni altro organo. Occhi
compresi.
Abbiamo solo pochi minuti per noi e non ci sarà un altro incontro.
Le sfioro con un dito la bocca, ne seguo i contorni, poi scendo lungo la gola
e verso quel petto florido, quei seni meravigliosi su cui in tanti hanno perso
la
testa.
bacio dolcemente mentre la mia erezione cresce fino a farmi male. Vorrei li-
mani... oh, sì, le dita e la lingua non possono e non devono fermarsi...
esploro
ogni centimetro di quel corpo sensuale con delicatezza e passione, con tutti
i
miei sensi. La fragranza del a sua pelle quasi cancel a anche quel poco di
auto-
La lingua sta ancora guizzando avida sul suo sesso quando il mio orologio
139
UN’alTRa lUNa
14 maggio
di Paolo Costantini
Occhio alle pareti, ci aveva detto con una strizzatina d’occhi il tecnico del a
Stazione Spaziale prima di lasciarci soli in una grande cabina a vetri, con
vista
gli slip legati alle caviglie, e mi stampai sul a vetrata. Il tecnico sapeva il
fatto
suo. La mia compagna si era già liberata dai vestiti e se la rideva, ben salda
al
corrimano.
L’assenza di gravità è cosa ben strana. Niente letto su cui distendersi, niente
azione e reazione e via dicendo, non erano solo brutti ricordi del liceo.
zioni, tuffi da parete a parete, abbracci in aria con movimenti da polipo im-
una splendida donna vitruviana il uminata dal disco terrestre, un’altra Luna
sospesa nel nero cosmico. La raggiunsi con un tuffo, senza nessun timore di
sciabordii al basso ventre.
Camminavo con le mani sul suo corpo, lo esploravo con dita e bocca, fru-
gavo ovunque. Non ricordavo di averla mai sentita gemere con quei suoni
me-
lodiosi. Ben presto mi fermai. Ero troppo eccitato, e con gli occhi
semichiusi
trai tenendomi ben aderente al suo ventre. Il piacere fu quasi istantaneo per
entrambi.
immersi a lungo in quel a piscina impalpabile, di fronte allo Sri Lanka che
140
POcO ImPORTa
15 maggio
di Gaia Cremascoli
Sono unghie che graffiano il muro e vi si aggrappano come se potessero
sca-
calda e appiccicosa sul a pelle, l’afa ristagnante nel cuore e nei respiri
ansio-
si. Il peso di arti che non ti appartengono addosso, vicino, vicino, il caldo.
Il caldo.
doti lo stomaco in una morsa nauseante. Sai com’è iniziata: un locale affol
ato e
sguardi insistenti, parole che non ascolti nemmeno più, sorrisi artefatti, il
tutto
in funzione di un’attesa che scorre pigra, attorno al bordo sporco di sale del
tuo Margarita, finché uno di quegli sguardi - uno qualunque, sono tutti
uguali
E continua con inseguimenti brevi, e altre parole che non ascolti nemmeno
più
Quello che importa è l’infrangersi dei corpi uno sul ’altro, i brividi violenti,
al mondo.
Quello che importa sono i sospiri densi l’uno dentro l’altro, e quel caldo
lentamente e senza via di scampo. Sai com’è iniziata, sai come inizia ogni
volta.
Quello che non sai è se questo rincorrersi finirà mai. Ma forse anche questo
poco importa.
141
Il POsTINO
16 maggio
di Danja Batista
Lo sentì entrare in ufficio come ogni giorno, così alzò la testa cercando di
non farsi
sui suoi pettorali, per poi passare a rimirare quel fondoschiena perfetto
quando lui
si voltava per uscire. Quel giorno, però, non riuscì a farlo, perché lui la notò
e i loro
sguardi s’incrociarono.
Fu un attimo.
Prima che se ne rendesse conto lui era già lì, le aveva girato la sedia e
l’aveva
sollevata di peso per poi baciarla con ardore. Quelle labbra così sensuali
sulle sue,
Quando le labbra del ’uomo si separarono dalle sue si sentì persa, ma lui
riprese
tutti i bottoni. Con un gesto rapido lei liberò i capelli dal ’austero chignon,
facendoli
voleva sentire le sue mani sul a pelle. Affondò le dita nei suoi capelli,
sospirando,
mentre sentiva la sua bocca giocare con i suoi capezzoli, le sue mani che
scendevano
sempre più.
modo...
– Federica?
– Federica.
– Federica!
– Uh?
– Chi, io?
Lei sospirò delusa, guardando il bel fondoschiena del postino uscire dal
’ufficio,
142
17 maggio
di Paolo Guiducci
Era giovane e bello. Aveva enormi occhi nocciola, capelli rosso fuoco e si
agi-
Manuel l’aveva notato subito: la sua schiena era liscia, le gote e il collo resi
lucidi dal sudore; cosa non avrebbe dato per affondarci i denti.
Non era stato difficile. Essere il bassista di un gruppo - per quanto scalci-
lando. Era venuto da solo - gli diceva - perché ai suoi amici la musica
grunge
al a parete ruvida del camerino da due soldi che era stato concesso a lui e ai
suoi compagni. Era tutta questione di ritmo, come nel basso. Bastava
toccare le
corde giuste nel momento giusto. Tracciò strisce di saliva, sottili come tele
di
ragno, percorrendo la lunghezza prima del a gamba, poi del sesso del
ragazzi-
no. Il sapore del suo seme era dolce come la sua carne rosata: che fosse
fatto di
I suoi capelli sembravano bril are, sotto la luce artificiale del a lampada;
il rossore diffuso faceva sembrare ancora più bianca la pelle del petto
glabro,
sentire bene tra le natiche la consistenza del a sua erezione, non più
inguainata
Gli soffiò contro un orecchio, facendolo rabbrividire: il fatto che non fosse
volta; poi, al argandogli le gambe con decisione, affondò in lui con una
fluida
143
alchImIa
18 maggio
di Alessio Gradogna
Quel a sera sei entrata nel a Tana con la tua consueta aria circospetta. Ti sei
sedu-
niente. Hai sfogliato un libro, l’hai rimesso a posto, ti ho offerto una birra. Il
silenzio
Sono andato un attimo nel ’altra stanza, lasciandoti sola. Due o tre minuti,
non
di più. Quando sono tornato ti eri già tolta le scarpe, e te ne stavi accucciata
sul di-
vano, a piedi nudi. Ti ho vista, e in quel momento, con quel ’unico gesto di
sicurezza
e intimità, mi sei entrata nel cuore. Hai invaso con prepotenza il mio cervel
o già
saturo di complicazioni, hai girato le carte e calato una scala beffarda, hai
raggirato
le tue labbra, ho gettato i tuoi vestiti nel vento, ho ammirato il tuo corpo
nudo e cal-
leccato la tua pelle, toccato il tuo piacere, esplorato i tuoi segreti più
nascosti, goduto
vuto fino al ’ultima goccia il frutto del mio tornado impazzito, hai
abbandonato la
ragione per perderti con me nel ’abisso del gusto salato del ’Eros.
Una volta finito ti ho accarezzato i capelli e le guance, per ore. Hai baciato
il mio
Non ti rivedrò più. Lo so. Ma non scorderò mai il tuo sorriso complice, il
tuo
colata a piedi nudi sul divano, l’inondata purezza del a tua essenza intrisa di
mistero,
144
19 maggio
di Federico Storni
Cara lettrice,
razione d’intenti. Sto per dirti cosa farò se mi inviterai a casa tua.
Secondo: prima di leggere oltre, cerca una mia foto su Google. Se non la
trovi,
Dal momento che mi aprirai la porta, non parlerò. Ti vedrò per la prima
volta e
il mio cuore accelererà: sei bellissima. Avrò dei fiori con me. Sono per te.
sempre dal a tua parte, e mentre parli penserò che ti amo e avrò pietà di
quelli che si
di pelle scoperta. Una volta nudi ti farò coricare e ti benderò. Dal a bocca
scenderò
al collo, poi al seno, poi al pube. Mi riempirò del tuo odore. Bacerò e
mordicchierò
piccole e grandi labbra per un tempo che parrà eterno: solo quando penserai
di non
farcela più passerò al clitoride. Poi prenderò un fal o. Sarò dentro di te. Poi,
un altro.
Tu ci sarai quasi.
Aggiungerò un dito.
Al a lingua.
In controtempo.
Fino.
Al ’orgasmo.
Infine, me ne andrò. Non ci sarà una seconda volta, non vorremo rovinare
qual-
cosa di perfetto.
145
calZE DI NYlON
20 maggio
di G. Dummy
la sottile pellicola che separava la sua carne dal a mia sentivo la donna
gemere
silenziosamente, al ritmo delle accelerazioni frequenti del tram sul quale
sta-
vamo viaggiando. Non avevo mai visto quel a donna. I pochi passeggeri
appesi
alle maniglie sembravano non accorgersi di nul a, tanto meno lei si curava
dei
loro sguardi. Era immobile, lo sguardo fisso sul finestrino dove le insegne
al
di nylon, fino al ’interno coscia, dove trovai una piacevole sensazione di ca-
do le gambe.
rebbe stata banale. Mi limitai a fissare il riflesso dei suoi occhi nel vetro del
Con la mano premetti sul a fessura, che sentii bagnata attraverso le calze di
nylon. La donna gemeva con eleganza, la stessa con la quale al ’improvviso
mi
Rimasi inebetito. Si fece spazio tra le mie gambe e uscì nel corridoio, mo-
Il tram ripartì.
146
INNaffIaTa
21 maggio
di Vittorio Catani
C’erano momenti in cui lei, invece di inveire contro di me, o fare i capricci,
certo aveva un altro amante. Stesa sul letto, abbronzatissima come sempre -
io
mi limitavo a giacerle accanto - si sfilò gli slip neri, restando
completamente
nuda, e disse qualcosa sul a peluria del suo pube, che pareva stesse
imbiancan-
do. Voleva che facessi un controllo. Guardai da vicino: forse sì, appena, qua
e
Nelle narici mi giungeva diretto il suo odore, a me ben noto. Secondo lei,
ora
dovevo aiutarla a togliere, uno per uno, i peli del suo Monte di Venere che
ac-
non voleva apparire “vecchia”, non certo per me, ma per qualche altra
persona.
vicina. Pur di rivederla una volta - dopo tanto tempo - nuda, sentirne gli
odori,
menti dei suoi genitali - che lei accoglieva con squittii di sdegnata protesta -
le
dissi: – Ora, cara, sono al limite. Non credere di farla franca. – Ero carico
da
A ogni modo, passata la formale protesta iniziale, lei mi lasciò fare. Non
potevo avere un rapporto completo, sospettavo fosse nel periodo fertile (lo
era
zai e gustai per lunghi, preziosi minuti, giusto per farle scontare una minima
percentuale delle sue malefatte; poi, appena avvertii che stavo per
esplodere,
giardiniere che non finiva mai, andava su e giù. Ebbe solo la forza di
ripararsi
147
22 maggio
NON gUaRDaRE IN bassO
di Marco Baldini
– Fai piano o ci sentono – sussurra tra i denti; mi preme una mano sul a
bocca, quasi
lenzuola umide sotto le dita. Il banchetto sta per terminare. Il suo respiro si
fa più in-
L’osservo. Palpita, debole, palpita. Il mio uomo s’è guardato bene dal non
man-
resta a gal a. Mi volto e torno a letto: lui dorme beato, imbrattato del mio
sangue,
certo che non mi vedrà muovermi mai più. Mi stendo vicino a lui,
carezzandolo e
dannandomi per non avere più labbra con cui baciargli la fronte; resto
immobile,
per un attimo, chiedendomi cosa dirà domattina quando vedrà il cuore del a
sua
donna nel cesso bianco di casa sua… spero vivamente che non s’arrabbi, se
gliel’ho
148
TERaPIa
23 maggio
Sono giorni che osservo i suoi occhi: ha paura. Avesse capito qualcosa di
me,
gli stupidi. Sorrido a me stesso: non che ti sia andata troppo male, bastardo
fortunato.
tempo, settimane o mesi non saprei dirlo, ma è quanto basta perché venga a
cercarmi. Arriva come un odore che non sentivo da secoli e il primo
impulso è
Giorni, forse ore, più probabilmente solo qualche minuto da che è tornata
a farmi visita, e già mi ha convinto a soddisfarla. Non che sia stato difficile,
in
che se dal ’odore non ne sono certo. Di sicuro c’è che non si aspettava di
vedere
È bel a più di quanto gli occhi avessero svelato, forme appena mature
avvol-
te da una pelle di latte, capelli di seta tuffati nel a china... solo lo sguardo è
as-
sente, come per tutte. Non la tocco finché non è completamente nuda,
rimane
dosi lo scorrere del a vita più sotto, finché raggiungo un seno appena
sbocciato
Perso a contemplare una perfezione a cui non ero preparato, la sento trema-
re: non accade mai. Mi blocco. Mi sta fissando. Ha il terrore negli occhi;
non
Mi alzo tenendola per le braccia, non finge di apprezzare i miei canini. Non
fingo mi dispiaccia e mi calo sul più bel pezzo di carne bianca del a mia
lunga
vita. Difficile capire quanto sublime sia il pizzicore dolciastro del sangue di
una giovane vergine. Le succhio la vita; non affannatevi, non saprete mai
cosa
voglia dire.
149
24 maggio
di Ilaria Ferramosca
Era da poco domenica mattina, raggi di un sole maggese andavano e
venivano
Ezio era un uomo strano, molti lo definivano così: lui invece si sentiva nor-
male e non capiva cosa ci fosse di così anomalo in quel modo tutto suo di
desiderare le donne.
Aveva cinquant’anni e, come di consueto, era seduto sul a poltrona nel suo
La prima che si offriva al suo sguardo era Anna, percorreva il viale per il
jog-
ging domenicale; quel passo gommato e saltel ante gli dava allegria. Forse
non
aveva l’eleganza di molte altre, eppure quei piedi fasciati nei calzini, stretti
dai
altri uomini poteva essere simile al bondage. Certo, nul a a che vedere con
la
suoi col ant di lycra nera frusciavano in calzature eleganti, e lui immaginava
spesso di sentirne il mormorio setoso mentre l’al uce si posava sul suo
volto,
uno stiletto, sarebbe stato sul suo petto come il fine punzecchiamento del a
freccia di Cupido.
Le riconosceva tutte dal ritmo del ’incedere, prima ancora di veder spunta-
librarsi in volo.
Fantasticò che si trattasse di una ballerina; poi di colpo, dinanzi allo sguar-
do in attesa, apparvero i piedi più belli su cui il suo desiderio si fosse mai
posa-
dita, titil ando con la lingua i polpastrelli di quei mignoli torniti, sentendoli
aderire al palato. Sognò di passarvi le mani nel mezzo, con un gesto che per
lui
Aveva fatto a suo modo l’amore con una bel a sconosciuta, che forse non
150
l’ImPlOsIONE DI aRIsTOTElE
25 maggio
di Lorenzo Valle
Aristotele per posarlo, con sobria curiosità, sul a figura colorata che ha
catturato
me vivaci prendere possesso del a sedia situata dal ’altra parte del ’ampio
tavolo.
vividi occhi azzurri; le mani aggraziate che si muovono rapide tra i libri, lo
zaino, il cel ulare; la succinta maglietta blu che evidenzia i suoi magnifici
seni,
il Paradiso...
tra quelle cosce affusolate, si dilunga troppo, vecchio e ridicolo, chinato sul
sotto il tessuto degli adorabili capezzoli eretti, prima che la ragazza, rossa in
vede la ragazza tornare a sedersi al suo tavolo, con una minigonna ancora
più
151
26 maggio
di Giovanni Zucca
Nel o sguardo del biondo pal ido con l’iguana tatuata sul ’inguine c’è
stanchezza. Spinge
ma. Lui grugnisce. Lei geme. Lui estrae il membro luccicante e se lo mena.
Lei balza su
(PaUsE)
DRIIN... Prima l’ecuadoriano del DHL, con il plico dal ’aria anonima
(superof-
ferta DVD hot). DRIIN... Poi il palestrato del a spesa a domicilio, incazzato
nero
medico del a visita fiscale. Poteva andarsene (alle ore x il sig. Y dipendente
del a dit a
Tranne il capopat uglia del a Volante del 113, che fissa lo schermo al
plasma, un’orgia
lettore DVD…
(PlaY)
(sTOP)
sto?Un istante prima che lo schermo diventasse buio, è certo di averlo visto.
Un si-
lenzioso Grazie.
Nel o sguardo del biondo pal ido con l’iguana tatuata sul ’inguine.
152
PRIscIllE
27 maggio
di Serena Bertogliatti
tendo dalle scarpe da battona da strada con larghi tacchi giallo canarino, su
su per
improvvisata.
del a misura giusta, coperte e scoperte nel modo giusto, con quei top che
sembrano
pompini, che puoi dire volgari mil e volte ma la voglia non ti passerà mai,
carnose,
Il naso piccolo, corto, dal e narici un po’ grosse che si al argano quando
sbuffa,
quel a noia seducente da creola dai capelli ingestibili. Ricci ricci ricci,
boccoli.
Priscille 99/100.
Priscil e che è troppo perfetta per essere una donna, e quindi è un uomo, che
per grazia di Dio si ricorda perfettamente cosa piace a un uomo, come un
uomo
di tre quarti dando il culo al o specchio per vedere la stoffa tirata del
perizoma che
marca. Si sbava il rossetto sul mento con l’indice, e apre le gambe su di me.
Cosce
– Quando sarò 100/100 e smetterò di lavorare verrò a casa tua ogni settima-
essere sfinito, svuotato del tutto, crol are inutile nel sonno.
indiscussa di ogni porno. Rispetto a Priscille, tutte le altre donne sono buchi
con-
153
DEsIRéE E fRaNcEsca
28 maggio
di Massimiliano Govoni
Lavori dietro a questa telecamera da sei mesi, prima facevi riprese ai matri-
zummi sul sedere di Desirée: lo inquadri come se fosse un viso, con le sue
co-
fa risaltare come una terza. Il giorno in cui te l’hanno presentata era già
nuda.
Oltre a Desirée ci sono sei ragazze, otto telefoniste, due tecnici e la signora
Una sera, dopo il turno, tu e Desirée siete andati a mangiare una pizza. Lei
si è presentata in jeans e scarpe da ginnastica, i capelli raccolti in una coda.
Il
Ti ha detto subito che non è mai andata a letto con qualcuno per soldi, che
ha
di occuparsi di contabilità. Non potrà fare questo lavoro per sempre, lo sa,
ma
ragazza e hai immaginato le battute dei tuoi amici. Hai avuto una
sensazione
spiacevole, hai creduto che qualcuno non avrebbe capito. Davanti al a porta
In cuffia il titolare dice che mancano due minuti, e tu lo ripeti con la mano
a Desirée. Poi l’ascolti mentre saluta con voce suadente e si strizza le tette
per
154
29 maggio
di Aldo Selleri
va. Le piaceva iniziare la giornata sotto la doccia, con il suono del violino.
Era
la stessa - l’aveva stregata. Il piacere del contatto del a pelle con la schiuma
pro-
l’ora. Non aveva mai incontrato la vicina, ma i suoi gemiti, intensi come
quelli di
suo appartamento. Il cielo, là fuori, era denso di nuvolaglie, ostile come una
spia
che attende. Liang sapeva che lei aspettava la sua musica. Attaccò la sonata.
pel e di seta.
smo. Si trattenne.
Liang accostò il violino al ventre e al membro eretto: ne uscì una nota più
acuta. Con la stessa mano che impugnava l’archetto, riuscì a stringere anche
il
vano la sottile parete divisoria e investivano Liang come una pioggia calda.
Poi
Con l’incalzare del a sonata, le dita di Liang sul violino diventarono freneti-
che e quelle di lei, nel a viola, più prodighe e veloci. A un nuovo crescendo,
Anna
Anna strofinò un asciugamano bianco sul nero del a viola. Liang pulì dal
’in-
155
faba mETROPOlITaNa
30 maggio
di Letizia Loi
fitta e sghemba.
denudandolo del tutto. Il suo sguardo avido si sfama delle linee sinuose di
quel
addosso. Assapora ogni bacio vorace che piove su di lui senza concedergli
re-
traccia con la lingua e i denti una sottile ragnatela di segni rossi sul a sua
pelle;
La gargol a si perde in lui, sfamandosi del calore che non potrà mai otte-
piacere. Amando quel giovane per tutta la notte, sino a sfinire quel corpo
caldo
fuga.
dato vita.
156
31 maggio
di Giovanni Agozzino
lontano erano per lui la chiara, semplice e pura emanazione del a bellezza
del a
moglie. Chissà cosa farà mia moglie adesso, pensava, immaginandola ai
fornelli
La moglie affondava mani e ginocchia sul prato umido del a collinetta, e ge-
sotto casa. Lo sguardo basso sui fili d’erba ammantati di rugiada e la testa
fissa
L’amante le fece colare uno sputo tiepido intorno al ’ano e le tolse una
mano dal
portato la moglie in un posto lontano, uno di quei luoghi esotici su cui orbi-
faccia in giù. L’uomo la penetrò con furia: le palle sbattevano sul a vagina
umi-
157
la gIOsTRa DI PaNDORa
1 giugno
di Sergio Calvaruso
Pezzi di uomini e donne si muovono sul ’electro che riga gli amplificatori.
Il dj suo-
na il suo laptop, gocce sul a fronte. Sullo schermo delle mannaie volano in
loop. So-
no due attorno a me. Ho le loro lingue addosso. Uno mi prende una mano,
la porta
Lingua contro lingua, denti che si mordono, labbra fuggono, poi si cercano,
poi
si separano.
… sei pericoloso…
… lo so...
E cadiamo sul divano. Lottiamo, sotto luci rosse e blu, su bassi cacofonici.
Tiri
bile. Al ungo un braccio, lei prende la mano, dita sottili, fragili. È un bacio
che la
Ed è ipnotico.
Voglio esserci. Salgo sul tavolo, mi piego in ginocchio, le prendo il viso tra
le
Lei apre gli occhi, sorride, si separa e scivola via come un sospiro. La
guardiamo
una donna. Anche a me. Provo a sorridere, disperso, e il mio viso frana nel
’incavo
158
vENTIsETTE mINUTI
2 giugno
di Corrado Sabia
Vado a centottanta sul ’autostrada e con la mano libera frugo tra le cosce di
Vera.
ha un orgasmo almeno una volta ogni ventisette minuti rischia un col asso
ner-
voso. Se ne sta sdraiata sul sedile accanto con la gonna alzata e la fica al
vento. Io
gliel’ho detto, non puoi fare da sola? Nossignore, non è lo stesso. Anche il
dottore
è d’accordo. A me ‘sta cosa pare tanto una gran cazzata. E intanto per non
farle
flippare il cervello sto rischiando di andare fuori strada. Per non ammazzare
lei
– Cazzo, Jim, mettimi dentro tutta la mano. Fai lo schizzinoso? Che dopo so
io come sdebitarmi…
– Pezzo di stronzo, così non arrivo nemmeno tra ventisette anni! Ci devi
met-
tere impegno!
– Senti, mi hai rotto le palle, ok? Non voglio spalmarmi sul guard-rail!
sul sedile urlandole: – Eccoti il tuo piede. Ora avvicinati e fatti scopare!
Spalanco gli occhi. Ora le vedo bene. Sono luci di auto ferme al centro del a
– Dieci secondi!
Al ora in un baleno le strappo via il piede dal a fica, lascio andare il volante,
la afferro con tutta la forza che ho e la sbatto di peso sul a leva del cambio.
Il suo
159
3 giugno
di Paolo Di Crescenzo
Fuori dal ’auto le cicale amoreggiano con il cielo stel ato. Una brezza
tiepida
profumo inebriante.
Al ungo una mano, le accarezzo una guancia, il collo, una spal a. Mi fermo
sul ’elastico del a canottiera. Un dito vi si infila sotto e un attimo dopo sul
mio
Lei mi poggia una mano sul a coscia. Sento le sue dita piccole e delicate
turgido, la sua mano che lo avvolge e lei... non so come sia successo, ma il
ve-
Qualcuno tossisce fuori dal ’auto. L’idillio scompare subito, il mio pene si
Non vedo il viso del ’uomo che ha parlato. È buio. Scorgo soltanto il lucci-
chio del a sigaretta che gli penzola dalle labbra. Ho voglia di mandarlo a
quel
160
basTaRDO
4 giugno
di Roberto Orsetti
Sentivo senza sentire che le piaceva. Vedevo senza vedere il suo volto
diventare
rosso fuoco. Capii che era in mio potere, che non avrebbe potuto mai
sfuggire al suo
dove potevano aprirsi con quel a gonna stretta e nera che le avevo ordinato
di met-
Niente calze, naturalmente. Solo la pelle morbida che la sera prima aveva
nutrito
Trascorrevano secondi come ore, percepii la sua fame e i suoi occhi che
cercava-
vai io stesso un senso di sgomento per quelle frasi. Ero freddo, distaccato,
impegnato
Tornai a immaginare il suo respiro, la saliva che le usciva dagli angoli delle
lab-
bra. Mi convinsi che era giusto così, che il godimento passava per quei
momenti,
Quando il ritmo fra le due cose cominciò a farsi difficile, mi accorsi che le
era
impossibile staccarsi dal suo mondo. Ancora una volta senti senza sentire la
sua
Poi lei raccolse le mutandine che aveva sputato mentre urlava di piacere e
mi
– È quello che volevo, quello che volevi – risposi dal a mia tastiera.
161
UN TUffO, TI PREgO
5 giugno
di Simone Corà
– No – fa lui. – Passera.
Le conosciamo. La fortuna ci fa sapere che sono sole. Che alle spalle hanno
storie
incontrol abili, ci mischiamo l’uno nei piaceri del ’altra. I suoi capezzoli
sono spilli
tra le onde e la getto in acqua. Le mie risate coprono i suoi stril i. Si sta
divertendo.
to, ma quando la tocco sento l’asprezza del ferro. E del a ruggine che lo
corrode.
162
sUcchIaRE la vITa
6 giugno
di Chiara B.
carnali di quel fiore umido schiuso tra le cosce, due colonne di puro
alabastro.
Lui, ebbro – gli occhi rossi fissi sul capo reclinato di quel a madonna
– avverte la melodia di vita con ogni senso: c’è il frusciare ipnotico del
sangue
marmoreo abbraccio.
I suoi denti graffiano, mordono, penetrano nel a gola tesa in un ansito la-
C’è il sangue, invisibile filo scarlatto che si dipana al crescere del piacere
che
che lui lecca, assaggia con gusto, spremendone, come fa col sangue, fino al
’ul-
tima goccia.
163
vENERE
7 giugno
di Giovanna Astori
do del vestito di raso nero. Così la vidi per la prima volta, ondeggiare felina
fra il tavolo e la finestra, col calice appoggiato fra le dita sottili. Non
riuscivo a
staccarle gli occhi dal a schiena nuda. Lungo la pelle serica oscil ava una
lunga
Non la conoscevo ancora, la sera del a festa. Certamente lei non mi notò.
Più volte mi trovai a breve distanza, aspirando l’odore leggero che emanava
invisibile. Vel uto. Le mie mani restavano a più di due metri da lei, eppure
Ogni volta che la guardavo e la sfioravo col pensiero, la mia pelle era
invasa
Quando lasciò la sala portò con sé le parole che non avevo trovato per lei,
Da quel giorno, ogni mattina avverto il suo aroma quando cammina sinuo-
sa nel corridoio.
E lei non immagina il piacere che provo se, passando davanti al a mia por-
164
8 giugno
di Errico Passaro
LUI era un uomo disil uso dal ’amore. LEI una moglie insoddisfatta. Era
fatale che
LUI: Vorrei essere di fuoco lì, le mie labbra incol ate al e tue, il mio petto
con-
tro il tuo seno, la mia virilità contro il tuo pube, ansimanti. Continua tu.
LUI: Vieni, vivi, ridi, canta, ora! Beffiamo la morte facendone dei ns corpi
1, al ac-
LEI: No, oggi avrebbe 1 sapore amaro, quel o del dispetto e nn del a scelta.
Ho
LEI: Nn dirlo. Te lo chiedo ancora 1 volta: rileggi il tuo sms di prima, vivi
1 so-
gno reale con me, vinci dolore e morte, fatti felice, stringiti a me fino a
soffocarmi!
punto, fu LEI a infilarsi docile nelle sue fauci. Come poi disse, le attenzioni
di
di un uomo che a letto la usava come una bambola gonfiabile e fuori dal
letto
quasi intimidita, fece due passi verso la cucina, e lì fu raggiunta alle spalle
dal ’uomo, che la cinse da dietro, le sfiorò i seni, le baciò il collo. La donna
lasciò fare, accompagnò le mani di LUI sui seni sfacciati, spinse con il
bacino
contro la sua erezione. Rimasero così per lunghi minuti, quelli che LEI
disse
vento: la voltò, la baciò a fondo, la spogliò, la prese sul tavolo del a cucina.
LEI non raggiunse l’orgasmo, ma godette del suo godimento. Si rivestirono
in
ricolosa relazione.
165
ODORE D’INchIOsTRO
9 giugno
di Valentina Giacobazzi
La penna con cui fino a poco fa ho preso appunti è abbandonata sul banco,
so-
se ormai è un clichè.
Ti ho desiderata dal primo momento che sei entrata in classe, con i tacchi
Sorrido sornione, mentre con una mano ti accarezzo l’interno coscia, an-
dando a sfilarti il tanga ormai bagnato dal principio del tuo piacere.
Mi avvolgi le gambe intorno al a vita, sento sui fianchi il tessuto delle auto-
La gonna si arrotola sulle tue cosce sode, mentre le tue mani mi stringono
Se potessi vedere la lavagna noteresti che i tuoi riccioli neri sono finiti sul
proiettore e ora danzano sul muro, ci passo una mano mentre con lentezza
Imposto un ritmo lento, anche se non abbiamo molto tempo: tra meno di
Non duro molto, però, in fondo ho solo 19 anni, quindi ti prendo veloce-
Dopo gli ultimi tremiti del mio orgasmo suona la campanel a e tu torni a
– Bene, Innocenti, mi pare che non abbia problemi per l’esame, no?
166
10 giugno
di Enrico Beccari
da dietro. Una ragazza bionda si sta rivolgendo a me. Mi tolgo gli auricolari
per
– What?
giorno...
– How much?
Brava, l’hai capito che non sono un passaggio a livello. Si scopre il top a
rivelare
due seni piccoli ma ben fatti. Chiudo le dita intorno ai capezzoli. La pelle è
fredda
e soda. Potrei restare così tutta la vita.
noto una puntura di zanzara. Il rosso intenso del bubbone risalta sul a pelle
chiara.
acuto, il vociare dei bambini dal a piazza poco distante. Da quanto tempo
sto viag-
Tiro su la bel a praghese per farle capire che è inutile insistere. Senza
neanche
ta da dieci euro. Colloco il resto con perizia, sui lati. È importante, ogni
tanto, fare
un buon lavoro.
Mi ripulisco con cura, poi cerco una fontanel a pubblica per sciaquarmi le
167
11 giugno
Panoramica dal ’alto. Glutei flaccidi si muovono su e giù, sul corpo supino
di una
tempo solo dal ’efficienza del tuo pene. Recluso in un pertugio, prigioniero
di una
tuo. Tra poco ti rovescerai sul a schiena e la tua pancia molle ti seguirà, i
testicoli
sfuggita al a tua regia, con volgare irruenza. Come un rutto incontrol ato.
dibili. Ti ho visto.
Sei entrato in un hotel, con una. Il suo sguardo spento sovrastava una risata
artificiale, senza allegria. Stavo dal ’altro lato del a strada, in un cono di
penombra
Immobile, sopra la luna finta del cerchio di luce di un fanale, calo il sipario
denim. Mi guarda.
rivoltate sui polsi, forti e sottili. Le sue mani sensuali conquistano i miei
fianchi.
Il suo corpo vibra contro il mio, chiudo gli occhi. Mi accarezza la schiena,
168
di Fabio Novel
no sulle mie. Che le lingue danzino, ancora una volta. Aspetto. Aspetto
tanto.
Aspetto troppo. Non avverto più il suo respiro caldo sul viso, dalle mie
narici
pagato.
Riapro gli occhi. Con difficoltà. Con paura. Li riapro sul buio di una stanza
vagamente soffocata da un luglio vigoroso, non sono più nel buio vasto e
libero
Sono (siamo) nel mio (nostro) letto. Tra lenzuola inumidite da sudore, ma
mante tra i suoi capelli grigi, eppure forti come quelli corvini di un tempo.
La
sveglio.
te. Questo è il momento del a realtà, però. Quel a che ci resta. Ce la giochia-
mo, senza pretese, ma con amore. E scopriamo che Eros può ancora
riservarci
qualche sorpresa...
169
l’amaNTIDE
13 giugno
di Giuseppe Agnoletti
una pantera, una gatta ricoperta di pelle scura. Sul viso una mascherina di
seta
– Buonasera – dico.
Replica con un miagolio lungo e caldo, un brivido che ha il sapore di un
rantolo. Non parla. Mi tira dentro per la cravatta, come al solito va per le
spic-
continente inesplorato, gli occhi, vaghe stelle del ’Orsa, stil ano la luce
tagliente
Recupero le mie vesti sparse per tutta la stanza. Mi volto e getto in aria una
banconota verde da cento. Madame l’afferra al volo. Gli occhi le bril ano
impu-
un tentacolo e scivola fino al a base del collo. È meglio che vada, ora.
Scendo con calma. Una volta fuori dal portone mi accendo una sigaretta.
La consumo con avidità e così subito un’altra. Poi apro la macchina, prendo
la
borsa e ritorno sui miei passi. Salgo le scale. Di nuovo suono il campanello.
– Fra poco è pronto! – tril a dal a cucina. È già balzata di là tra i fornelli,
chio colgo il dettaglio di una calza a rete seminascosta dietro una poltrona.
Sono un uomo baciato dal a sorte. Ma come potrà funzionare, dopo, quan-
170
14 giugno
di Roberto Bisso
Si dimena sopra di me. Si agita ansimante, le sue mani sul mio petto, il viso
rivolto
verso l’alto, gli occhi chiusi come a pregare chissà che dio. Le sono dentro
ma non
sono veramente qui; non saprei dire dove… sono semplicemente altrove.
Non che non sia brava, ci sa fare con le mani, con la bocca e con tutto il
corpo;
E nessuno al ’anima.
Il buio del a stanza mi aiuta a ignorarla. Non chiedetemi il colore dei suoi
ca-
pelli o la grandezza dei seni; non ricordo il sapore del a sua pelle, il taglio
dei suoi
Ho una vaga idea delle sue labbra giusto perché le ha usate (e bene).
Non saprei neanche dire se sia bel a o brutta, ma conoscendomi non penso
che avrei accettato di scoparla, se non fosse stata almeno carina. E sono
piuttosto
severo nei miei giudizi.
chio, il braccio sinistro disteso fuori dal letto, lo sguardo fisso verso il vuoto
sopra
Ma il cuore dice di no, come già tante altre volte prima di stanotte.
Il tempo scorre senza senso e, più passa, più mi scindo in tre; da un lato il
Cuore
che vaga nel tempo e nello spazio, desiderando rivivere momenti che non
torne-
ranno mai più. Dal ’altro il Corpo, concentrato sul momento, su di lei e su
se stesso.
ni, ombre di piacere sembrano pian piano arrivare anche a me mentre lei
accelera
senza che nul a di piacevole passi questa barriera che ho eretto tra Cuore e
Corpo;
l’uno che anela una donna soltanto, l’altro che sembra accontentarsi di
chiunque
riesca ad attrarlo almeno un po’.
bacia con passione. Spero sia venuta, perché non ho la minima voglia di
dedicarmi
per ciò che vorrei ma non avrò mai, la donna che amo e amerò sempre.
Anna.
171
15 giugno
di Serena Scuderi
sigaretta: so che fumare fa male, ma cosa volete che importi a una ragazza
come me? Sotto l’accappatoio questo corpo a metà, che nessuno ha mai
tocca-
to, è umido e freme accarezzato dal vento. Questa è la mia vita: una vergine
in
Comincia la musica e so che per me non c’è nient’altro che un lungo, inten-
mano segue il contorno del collo e delle spalle e ancora giù, tra i seni che
con
ma lo vedo, un piccolo salto nel ’incavo delicato del a gola; non lo posso
sen-
tire ma è come il mio, quando le mie dita giocano dove il mio essere donna
è
ancora un segreto, per tutti tranne che per me. Una goccia di sudore: non la
al a mia, che lui sta massaggiando con le sue mani forti, le stesse mani che
mi
che golose come frutti maturi si divorano l’una con l’altra; chiudo gli occhi
e
posso quasi sentire il rumore del ’amore: è un ronzio nelle orecchie, un
rombo
So che mi stai guardando, lo faccio anche per te, piccola. Chissà che
segreto
distante.
So cosa fai dietro quel a tenda, posso quasi sentire il tuo ansimare
sovrappor-
letto. Chiudo gli occhi e ti vedo aprire l’accappatoio bianco, il tuo corpo
esile e
indifeso che vorrei penetrare con tutta la forza che possiedo: vorrei
spezzarti e da
te fare uscire una piccola farfal a.
172
16 giugno
bito ci riconoscemmo.
È stato facile portarti nel mio mondo. Forse è proprio quello che cercavi.
e poi su, lungo la schiena liscia e umida. Sei il mio angelo, o il mio demone,
dipende. Con te sono quello che voglio. Sono passione, sono furore, a volte
un
Non sembri affatto la persona che poco fa si agitava su quel letto, eppure so
che eri tu. I tuoi occhi, il tuo corpo che sfuggendo si esponeva ancora di
più, i
Lo so che non hai altri amori, che non hai altri amanti. Non te lo permet-
terei, solo io posso averti, solo io posso bere il tuo piacere. Eppure, a volte,
mi
piacerebbe vederti con un’altra persona, vorrei sentire se anche con altri
ansimi
in te, se ridi quando ti tirano con forza i capelli, come faccio io quando
vengo.
La mia curiosità è malattia, voglio e non voglio. Chissà cosa farei in quel
’at-
timo.
Non capisco perché, non capisco come, ma ti amo. Sarà un modo strano,
sbagliato, ma ti amo. Amo far l’amore con te, amo sentire il tuo corpo che
scal-
da il mio. Amo saperti creta nelle mie mani, io a decidere del tuo destino,
dei
tuoi attimi di piacere. E ogni volta mi guardi con occhi pieni di devozione,
di
ora, quando ti sveglierai. Sul foglio pochi graffi di inchiostro nero per darti
di
che pensare, per farti godere l’anticipazione del nuovo gioco: la prossima
volta
173
OPhElIa 2999
17 giugno
di Simona Maestrelli
strum, Ophelia sfiora con indolenza le onde spumose, le scaglie del a lunga
coda rilucenti di smeraldi e zaffiri. È un esemplare quasi perfetto di
sexsirena,
La spiaggia è deserta, in mare tre ragazzotti e due setter gordon a sei zam-
pe. Uno dei due cani, il più maestoso, le passa accanto e la riempie di sbuffi
Erectus) esce dal mare per scusarsi. Pronuncia con difficoltà alcune parole,
delle onde muovendo il bacino, con impeto sempre maggiore. Dopo pochi
minuti gli H.A.E. sono tutti nudi, con i membri eretti. Ophelia apre la bocca
fa-
melica, li tocca con dita artiglianti. I puledri mugolano, gli ebeti volti
stravolti
I volti dei due H.A.E. sopravvissuti sono intrisi degli umori di lei. I giovani
in bocca, nel naso. Stupiti e inesperti non trovano altri orifizi. Goffi leccano
le scaglie argentate cercando quel che resta del a vagina, una sorta di cocci-
Ophelia ha caldo sperma appiccicato sul volto, sui capelli, che le cola
vischioso
La bel a Ophelia muore per poi rinascere, non più donna né sirena né pesce
Primo gennaio del ’anno 3000. Le malattie a trasmissione sessuale sono sta-
lETIZIa la cOllEZIONIsTa
18 giugno
di Alda Teodorani
più del normale, fino a sentirsi scoppiare. Con il tempo aveva iniziato ad
accu-
to, alle soglie dei quarant’anni aveva accumulato oro, gioielli, preziosi,
quadri e
si era innamorata del a coppa, per le quali aveva sempre avuto un debole:
un
oggetto che raccoglie e racchiude... Comunque era convinta che pochi
sapes-
sero riconoscere il valore del ’oggetto e restò sorpresa quando scoprì che un
giovanotto giocava al rialzo. Lei lo finì per esaurimento, la coppa era sua e
ora
suo stupore per il fatto che una bel a donna come lei potesse riconoscere a
pri-
come mai pensava che bellezza e astuzia non potessero giocare insieme,
quello
i vestiti.
tranquil a, l’aveva portato a casa sua e gli aveva fatto vedere tutti i suoi
oggetti.
Insomma, nel giro di una mezz’ora erano a letto, circondati dal luccichio di-
screto di quel tesoro. Lui l’aveva sfinita, costringendola a gridare,
scopandola
senza sosta, incol ato al suo corpo. E quando lei era arrivata al ’orgasmo,
men-
tre giaceva sfinita sul letto, immersa nel sudore e abbandonata, si era alzato
in
sulle labbra, poi le aveva detto: – Grazie di tutto, amore mio. – E aveva
raccol-
to i pezzi più preziosi che aveva trovato, cacciandoli in una borsa recuperata
dal ’armadio. Poi, uscendo, si era girato un’ultima volta. – Puoi tenere la
coppa
175
NEmIcI amaNTI
19 giugno
Una sala decorata a festa, per celebrare la vittoria dei malvagi e la sconfitta
dei
buoni. Poche stanze più in là, una camera in cui non esistevano più né vinti
né
vincitori.
una fanciul a dai lunghi capelli castani, che le celava il volto dagli occhi
dorati
– Fermati, ti prego. Lasciamo che questa notte porti con sé il gusto del
miste-
Perché loro erano nemici che stavano per diventare amanti. Per anni
schierati
più giù, seguendo la linea delicata del collo, giocando con i bottoncini che
le
gno di toccarlo a sua volta, per sincerarsi che non fosse tutto un sogno a
lungo
le dita nei capel i biondi del compagno, godendo del a loro serica
consistenza.
fu quel a di una tigre che, soddisfatta, faceva le fusa per le carezze ricevute.
Il ru-
more di uno strappo, e il corpetto del vestito le ricadde come un fiore sui
fianchi
morbidi. Anche il resto degli abiti fece la stessa fine, vestigia di una
finzione che
Pel e contro pel e, tocchi roventi di labbra a seguire disegni immaginari sul
e
tiche, sospesi sul a labile soglia di un piacere sofferto. Scie umide, che
rincor-
rendo il profilo dei seni pieni, portavano a piccole incursioni nel ’avval
amento
giungimento completo.
Persa nel ’estasi del piacere, la ragazza quasi non si accorse del e parole
dure e
176
Il ghIaccIOlO
20 giugno
di Luigi Rinaldi
Cominciò così.
Ti facesti lasciare le chiavi dal principale per finire una pratica urgente. Non
mi
fu difficile trovare una scusa per restare con te oltre l’orario di lavoro: la
lussuria
faldone dal ’archivio. Era in alto sugli scaffali e non ci arrivavi nemmeno
con lo sga-
bello. Ci provai io, ponendomi con la patta, già dura, al ’altezza del tuo
viso.
calda e immobile del luogo chiuso amplificava il suono dei tuoi movimenti
soffoca-
ventasti di ghiaccio. Mi dicesti che tra noi, oltre al sesso, non ci sarebbe
stato al-
tro. Niente tramonti insieme, niente mani nelle mani, niente progetti sul
futuro. Mi
confessasti che non eri in grado di amare. Forse, dicesti, era giunto il
momento di
fermarci a riflettere.
Accettai la tua proposta. Non potevo sopportare l’idea di avere il tuo corpo
senza
sazione di vedere delle crepe nel muro. Mentre mi cavalchi noto qualcosa di
nuovo
Sara. Ma non c’è fretta. Lasciati andare ancora. Proveremo anche domani,
insieme,
177
la TaglIa
21 giugno
di Barbara Gisolo
vano, e invece eccomi qui, in piena crisi. Leona mi gironzola intorno, a voi
invisibile
si solleva sul gluteo nudo. Potrei supporre che indossi un tanga, ma so che
non è così.
La mano di Ramon che scende a sistemare l’orlo, oziando più del dovuto,
mi dilania le
Restano soli. L’at rezzatura era già montata, non ci dovrebbe volere tut o
questo
tempo prima di rivederli tra noi: occhi indiscreti, pagati per cogliere quel a
debolezza
Leona. Seni turgidi maturati sot o un sole caldo. Mani veloci, da giocoliera,
che
scivolano tra le pieghe più nascoste, dandoti piacere in luoghi che tu, uomo
uomo,
che stemperi sul a piega ambrata del collo, dove affondi il viso per frenare
la bramosia
più violenta.
tori che, per fidelizzare un pubblico ormai saturo di freesex, hanno stravolto
le regole
del gioco. Niente più piacere di sbirciare scene che non potete concedervi
nel a vita,
cogliere nel nostro sguardo, nel nostro gesto, la prova del a perversione che
garantirà
Restiamo in quat ro. Ebbene, guardate adesso. Ho un bel regalo per uno di
voi.
Leona esce dal a stanza. In ordine, eppure ha ancora negli occhi quel brillio
che mi
Sono fuori.
178
fRIgIDaIRE
22 giugno
Quel a sera ero stanco, volevo solo sdraiarmi sul materasso che occupava
giorno dopo.
Raccolsi la ragazza e la sistemai sul materasso; non era morta, aveva solo
perso conoscenza. Mi sarei occupato di lei più tardi, la mia priorità era
riacco-
non si era rotta la schiena, si era spezzata le gambe. Molto giovane, la pelle
L’ho seppellita accanto al a baracca, dove vedi quel mucchio di terra smos-
179
Il lagO caPOvOlTO
23 giugno
di Marco Caudullo
Elisa, nuda sul bordo del letto, guardava il cielo attraverso la finestra.
carezzandole il ventre.
L’uomo spostò la mano sul ’anca e con l’indice seguì la linea del a coscia.
Elisa rabbrividì. Capì quanto lui la desiderasse dal ’energia con cui la
toccava.
− Non avere fretta. Fa’ come se il tempo non stesse scorrendo… − disse lei.
− Mi piace il gioco dei se. Allora rispondimi: che faresti se il tempo si fosse
fer-
− Se fosse così non avrebbe alcun senso la parola infinito. Avrebbero senso
solo
il qui e ora.
la baciò anche sul collo. Poi disse: − Qui e ora è stupendo, sai?
Elisa sentì la sua erezione tra le gambe, un impercettibile sorriso le si
disegnò
sul volto. Cercò la sua mano e la condusse al seno. In cielo non c’erano
nuvole. Lo
sportata dalle sue onde si lasciò andare al piacere del contatto con quel
’uomo, di cui
to amante, lo afferrò per il busto e lo spinse con forza dentro di sé. A ogni
affondo
dal e altre stanze c’era una distanza incolmabile, e sopra le loro teste le
acque calme e
Restarono sdraiati uno di fronte al ’altra. L’aria pregna dei loro umori.
− È una domanda senza senso. Quando uscirai da qui che importanza avrà?
180
365 racconti erotici per un anno
malEDETTa maRIlYN
24 giugno
di Lita Cassisa
Torno verso casa a passi lenti, con gli occhi che strisciano sul ’asfalto e i
pensie-
La stanza era piena di ragazzi, musica, balli. Ovunque c’era qualcuno con
un bicchiere di vino in mano. Io non bevo. Non facevo altro che dire: – No,
No, non è vero. Non l’avevo ripassata nel a mia mente, ma con lei, con
Marilyn.
Nel a mia stanza avevo deciso tutto a tavolino, era scritto su un foglio,
come
per la stanza, si era fermato di colpo su Marilyn, che dal muro mi guardava
con
malizia. No, era qualcos’altro, ne avevo letto sui libri, era voluttà!
Era la prima volta che stavo così vicino a una donna. In quel ’intimità.
Poi lei scivolò di lato, sul a mia spal a. Ebbi il colpo di genio di assecondare
Avevo le sue labbra appiccicate alle mie, così non potei dire: – Non l’ho
mai
fatto, Marilyn!
E mentre pensavo che quello era il mio primo bacio sentii che dovevo go-
dermelo fino in fondo. Per questo chiusi gli occhi e mi concentrai sul tatto,
su quelle labbra che… no, non premevano più, al ’improvviso erano leggere
e
voraci come se volessero mangiare le mie e poi rinunciassero. Tocchi di
labbra
sola sul divano, casa mia mi sembra l’unico luogo possibile. Non potrà
esserci
181
hUmaN NaTURE
25 giugno
di Amanda Folcia
Ho tutta la vita da raccontarti, ma non sono ancora sicura che per noi ci sarà
un domani.
non so inviarti; solo dal mio sorriso potresti indovinare ciò che vorrei.
Tutto intorno a noi è sospeso nel ’attesa. Il silenzio ci avvolge, riempie gli
spazi, impone la sua presenza. Sento l’impulso di raccogliere i capelli, di
acca-
Forse non c’è una via di uscita, penso; non c’è un destino comune, per noi.
Allora tu fai una cosa che non mi aspetto: ti alzi e scegli una canzone. Poi ti
Tu ora sai cosa fare; nei tuoi movimenti percepisco una tranquil a fermezza
dare da loro. Cedo al tuo abbraccio e posso finalmente sentire il tuo calore, i
tuoi pensieri più segreti. Gli stessi che attraversano la mia mente.
Riesci a mettere qualcosa di fresco nel gesto antico di seguire con i polpa-
I nostri movimenti ora nascono direttamente dal a musica e dal battito del-
le nostre anime.
nel ’altra, di andare oltre i limiti del a fisica e approdare a quel territorio
dove
C’e un attimo in cui temo che tutto possa finire così come è cominciato. Tu
e io: nuovamente due estranei. I secondi passano veloci. Vorrei solo essere
più
Aderisco al tuo corpo, sperando che tu capisca. È allora che lo sento, espli-
182
hENTaI
26 giugno
per cancel arne la morbosità. Ma ecco che appare un altro cartone animato.
Più dolce, sensuale: scorgo il rossore sui visi, il timore negli sguardi, l’età
in-
Ancora, sposto il mouse: stavolta il disegno è quasi una fotografia e lei è...
di piacere, la linea sinuosa dei fianchi e quel a singola goccia di sudore che
in-
La guardo, incerto, ed è una bel a donna, ma non è lei. Non è quel a crea-
tura dal tratto etereo i cui gemiti mi hanno sconvolto, quel ’angelo dalle ali
di
Non so cosa fare: mi sta fissando. Desidera ciò che anche io un tempo desi-
a lungo, ma di cui ora restano solo ceneri. Le sorrido, ma chiudo gli occhi: e
lei è ancora davanti a me; le dita sfiorano labbra schiuse in un chiaro invito,
la
mano scivola lungo il petto e sul a morbida pelle del ventre, come se
volesse
Mi giro dal ’altra parte, ma lei non desiste: forse crede che stia scherzando,
che voglia farmi desiderare; ma io... non posso, non voglio: non è lei e in
tutto
questo non c’è purezza, non c’è passione, non c’è amore. Eppure... quei
seni che
premono sul a schiena, le labbra che mi sfiorano il collo; e le mani, calde e
deli-
183
lUNa
27 giugno
di Valchiria Pagani
Quando la luna è un cerchio nero nel nero del cielo, Chiara sa che deve farsi
I peli del pube sono soffici e li arriccia tra le dita, mentre aspetta.
Quando la luna è un cerchio luminoso nel nero del cielo, Chiara sa che
deve farsi trovare pronta. Lascia dischiusa la finestra e si stende nuda sopra
di cielo scuro. Lui è lingua, che striscia umida tra le gambe, che le scosta le
dita
affonda, fin dove la carne non è più rossa, ma diventa un buco nero e
vischioso,
nero come la luna che il cielo ha inghiottito. Lui affonda fino a dove le
manca il
so. Il dolore è un cerchio nero, come la luna nuova. Chiara ormai lo sa.
Come
Chiara s’inarca, come quando lui le affonda dentro. S’inarca e spinge. Quasi
non respira.
La massa bianca fuoriesce lenta, strofinandosi sul suo clitoride gonfio e rit-
to. Poi sguscia al ’improvviso, insieme al suo orgasmo. È una larva, grassa
e
Chiara si lascia andare sul letto e lo osserva. Ormai ha smesso di avere pau-
ra. Sa che, come ogni plenilunio, lo vedrà strisciare, tuffarsi dal letto,
attraver-
Avvicina una mano al a bocca. Succhia la punta delle dita. Sa che troverà
il sapore di lui. Come sa che dovrà aspettare il novilunio perché lui ritorni a
184
NaRcIsO E bOccaDORO
28 giugno
Mentre scivola agli angoli del a mia mente mi aggrappo al corpo di Marta.
Marta occhiverdi, Marta da morire, portami via. Marta apre la bocca per
pren-
dersi i miei respiri e l’altra si aggrappa agli spigoli del ’anima; stalattiti su
un
fettamandorla di Marta la bocca del ’altra mi sussurra profumi del ’età del
’oro.
Marta lecca il collo, la sua lingua lama al a mia gola; il peccato preferito di
nato. Mentre Marta mi protegge le orecchie dalle sirene la mia lingua fugge
sul ’ombelico del ’altra. Mentre Marta scende sotto il mio ombelico sento la
bocca del ’altra alitarmi sul cazzo. Risale Marta e i suoi occhiverdi... Marta
non
in nessun altro mondo. Gli occhiverdi di Marta bal ano sinuosi chiudendo il
riemergere dal fondo blu del a momentanea estasi. L’altra ritorna nelle
labbra
e nel palato di Marta, nei miei denti che ottusi dal desiderio urtano i denti di
Marta. Mentre le mani di Marta mi parlano, dentro sento il bianco del a car-
ta, leggo il nome del ’altra. Marta ha le gote rosse, di statua appena scolpita.
ta. Il lento scorrere di una visione che trascende il mio cosmo interiore am-
gue color vino. Sento bruciare Marta da dentro. Marta che scopa come se
fosse
ladro del ’odore di Marta. Profuma di verde, di grano verde spezzato in una
giornata di fresco fuori stagione... Vengo. Marta sorride ricambiata dal mio
so-
sia. Non c’è più l’anima, non c’è più l’altra; la mia mente si volta e nello
specchio
sul muro cerca solo i miei occhi.
185
INTERcITY 499
29 giugno
di Marcello Cimino
polsini fanno bel a mostra due gemel i d’oro con pietra rossa, forse rubini.
Sul
sedile, accanto a lui, un panama bianco con la banda nera. Siede eretto
guardan-
do avanti a sé, le mani appoggiate a un bastone, anch’esso bianco.
– La prego.
Il treno si muove, sono soli. Bea prende il giornale, l’uomo sembra fissarla
da
– Faccia pure.
triangolo nero dello slip. Infilando i pollici sotto le bretelle del a canottiera
si
scopre le tette. Mentre con una mano si stringe il capezzolo sinistro, con
l’altra si
scosta le mutandine e si accarezza in mezzo alle gambe. La ragazza sente
che sta
per venire e, per non farsi scoprire, maschera l’orgasmo con dei colpi di
tosse.
Allora l’uomo si sfila la pochette dal taschino del a giacca e gliela porge.
– Tenga questo – le dice alzando gli occhiali sul a fronte e fissandola con
due
186
aNNalbERTa
30 giugno
di Alessandra Gallo
so a fissarla. Il concetto delle labbra di lui, piene e rosa sui denti bianchi, è
rotondi-
tà tiepida. Dev’essere uno che sussurra nei capelli. Lo immagina dire il suo
nome
per intero an-nal-berrr-ta con la voce che viene su dal a pancia come la
fame, e
di falangi.
spazio ristretto per tornare al proprio posto. Nel farlo un po’ la spinge
contro il
di lui dentro di lei, mentre il sugo del ’arrosto inonda il tagliere e le schizza
le
Lei geme.
manere per ultima e chiudere la fila. Spera che lui esca subito dopo di lei.
Ma la
troia bionda si avvicina a Saverio, gli chiede qualcosa con la voce un tono
sopra
la decenza. Ridono.
Il cielo estivo prima del a pioggia, visto attraverso le foglie degli alberi, è
un pizzo
scostumato carico di umori che grida sesso senza vergogna. Annalberta sale
in
187
1 luglio
lontananza e forse per il caldo, forse per la noia, piano piano le parole di lui
si
fecero lontane e lei venne rapita da quel a voce così profonda e calda.
voce che sussurrava al suo orecchio tutto quello che una donna avrebbe
voluto
sentirsi dire. Una voce così penetrante da farle immaginare che avrebbe
saputo
parole uscivano dal a bocca di lui trasformandosi in gesti sempre più audaci
nel a mente di lei. Sentiva le sue mani stringerle forte i polsi sopra la testa,
il
viso attaccato al a sua guancia, l’alito caldo sul collo. Il racconto andò
avanti,
ogni pudore tra due corpi che si stavano cercando. La voglia di lui premeva
sul
– … allora dai, ci vediamo presto così ti faccio vedere le foto! - Brusco ri-
entro al a realtà.
no per salutarsi e il profumo del a pelle di lui restò impresso nei ricordi
ancora
palpitanti di lei.
Gustandosi il piacere del fumo, andò via sorridendo soddisfatta, con la testa
188
Il bUcO NERO
2 luglio
di Marco Farè
Il disco, in realtà un buco nero, era vicino a Milano. Poco prima era minu-
scolo, poi si era mangiato la Lombardia e non si era fermato. Lee osservava
la
Terra svanire, insieme ai suoi dieci miliardi di abitanti. Entro poche ore
avreb-
Una sera, Paolo osservava le luci del a strada dal a finestra del a sua came-
retta. Dopo alcuni minuti puntò il binocolo sul a palazzina di fronte. Poteva
vedere dentro un bagno, attraverso una finestra priva di tende. C’era una ra-
gazza un po’ più grande di lui. La spiò mentre si spogliava. La vide senza la
maglietta, i seni... non ne aveva mai visti. Come poteva essere tanto
fortunato?
provato a cambiare finestra. Per poco sua madre non l’aveva beccato, e co-
munque non era abbastanza. Aveva tentato con un binocolo più potente, con
Dopo la maturità si iscrisse a fisica. Lo studio del ’ottica, per quanto affa-
scinante, gli aveva chiarito soltanto che non avrebbe mai potuto vedere die-
tro quel dannato angolo. Ma le teorie sul a massa e sul a velocità del a luce
lo
nero come artificio per modificare la traiettoria dei fotoni. Chi poteva
imma-
189
sONNO
3 luglio
di sorpresa trovarci.
Ma adesso non so proprio cosa dire, non capisco cosa possa essere accaduto
e anche il mio analista brancola nel buio: in tre anni non si è risolto nul a,
anzi
forse è peggiorato.
Ogni sera mi corico con timore, a volte con eccitazione, a volte con rabbia.
È iniziato tutto tre anni fa: eravamo in un albergo a Giava, una vacanza
A un certo punto della notte i nostri vicini di stanza hanno iniziato a fare
che Alberto aveva avuto un’idea simile poco prima, ma non ci era riuscito:
forse
la stanchezza, forse le suggestioni del ’isola, forse il mistero di quel
giardino.
armi.
della notte. Cosa ricordo? Ah, sì! Quei due a letto. Poi ho sognato che
avevo un
qualcosa.
Alberto mi dice che abbiamo fatto all’amore, ma proprio non ricordo! Non
anche qualcosa di misterioso, perché alle mie domande non risponde e resta
vago.
colessia erotica? So che faccio l’amore con mio marito, e anche più di
prima,
ma non ne sono cosciente. Glielo permetto perché anche a me piace, mi
piace
essere amata da lui in questo stato di incoscienza. Non nascondo che provo
un certo eccitante timore per tutto quello che non so, per quello che tiene
per
sé e che non mi racconta; mi piace quando poi lui mi spiega cos’è accaduto
tra
di noi, anzi, quello che lui ha fatto con me. Ora lui mi possiede più che mai
e,
O forse, ora, con questo mio totale abbandono, sono io a possedere lui?
190
4 luglio
di Silvia Daveri
date per anni confidarmi i suoi segreti; erano carnose e umide, le sentivo
pre-
Le labbra di Caterina con un velo di lip gloss al a fragola erano una provo-
cazione su un viso acqua e sapone che era sbarazzino ancora oggi; non ci
ve-
Cancel ai l’abitacolo dagli occhi e spinsi dentro la lingua, il mio smalto ros-
tura dei jeans un attimo prima che arrivasse ai capezzoli e mi staccai da lei
per
passare l’indice sulle sue labbra bagnate, poi lo leccai: sapeva di fragola.
Guardai il nocciola lucido ed eccitato dei suoi occhi per trovare consenso e
rientrava da Parigi.
Dal finestrino entrava una debole brezza, soffiava via il sudore dal a nostra
pelle; l’imbarazzo di ritrovarci era stato solo mio, com’ero stata io a
chiudere la
La desideravo, ma ormai sapevo scopare solo come gli uomini, quelli che
nel cassetto i giochi da ragazze. Il sesso con Caterina non era una
competizio-
ne tra corpi, era puro piacere. I miei capezzoli turgidi premevano sotto la
stof-
– Cara, che fai lì fuori tutta sola? – mi chiese mio marito dal a finestra.
191
Il fIORE DI lOTO
5 luglio
di Subhaga Gaetano Fail a
Efrem, seduto sul muretto di pietra, respirava piano e attendeva il sole. Poi,
un fruscio proveniente dal giardino del casolare accanto gli fece volgere lo
rel a allegra sui tulipani e sulle ortensie, sui gerani e sulle rose, sul a terra
grassa
assetata dal a calura estiva. La ragazza vide Efrem. Alzò la mano in segno
di
saluto. Efrem scese con un piccolo balzo dal muretto e si avviò verso di lei.
– Forse non sono ancora aperti. Nello stagno la luce giunge più tardi.
dello stagno, un’esile striscia. Nel centro delle ampie foglie verdi,
galleggianti
sul ’acqua velata d’ombre, i grandi fiori di loto erano racchiusi ancora in
una
l’acqua. Poi i loro occhi si incontrarono. Luce nel a luce. Ombra nel
’ombra. Le
viso tra i suoi seni chiari, sul a pelle profumata che attutiva il battito del
cuore
in tumulto. Le dita del a ragazza liberarono dal ’impaccio dei vestiti il sesso
turgido di Efrem, poi strinsero le sue natiche. Marta cercò il sapore di lui af-
un’ultima insistente isola gonfia di rancore urlava ancora: – Io! Io! Io!
Infine i due corpi si congiunsero, l’uno nel ’altro, abbracciati, distesi sul
192
365 racconti erotici per un anno
sOTTO Il sOlE
6 luglio
di Diego Tonini
limitare del a spiaggia, con la luce del sole che bagna le sue curve come un
vi-
come un felino esotico eppure così solida e concreta. Lotto con la bramosia
di
Mi alzo e avverto nel basso ventre una pulsazione mista di paura ed ecci-
tazione.
Lei è là, a pochi metri, acquattata sotto il sole, non si muove nel a calura
immobile e sembra non fare caso a me. Nessuno mi guarda, nessuno è con
lei,
sono così vicina da sfiorarla e lei ancora non si è accorta. Mi chino come
per
appena. Un brillio in lei è come elettricità che scorre sulle mie dita. È un
segna-
chiudo gli occhi e quasi senza accorgermene inizio a muovermi sopra di lei,
sua curva.
niente oltre ai nostri corpi uniti, al mio seno gonfio, ai miei capezzoli che
spin-
Sento lei calda sotto di me, zitta e immobile, sento i miei gemiti sorgere alti
e
nita.
193
PER ImPIccagIONE
7 luglio
di Paola Vadacchio
za, scoccando sorrisi maliziosi dagli occhi scuri e lucenti. Da sotto la curva
delle labbra mi mostra un piccolo spiraglio di quei denti dritti, bianchi come
perle in fila. Mi chiedo come possano essere così perfetti... sono cose che
fra la
Stanotte, però, non voglio fare distinzioni fra la mia e la sua gente, mentre
lunghe dita inanel ate si serrano attorno al mio bacino per trascinarmi a bal
a-
Amira ride.
I suoi occhi non facevano che ridere, sotto il folto velo nero delle ciglia, il
giorno in cui mi sorprese al limitare del vil aggio e volle per forza leggermi
la
Si dice che il profumo di una zingara si avvolga attorno al collo delle sue
vittime come un laccio, fino a strangolarle. Si dice anche che alcune delle
loro
tima categoria, perché non vedo che i suoi capelli, mentre infilo il naso fra i
riccioli neri, al acciando le braccia dietro la sua schiena, sul a pelle calda
che
curva mentre lei scuote il bacino al ritmo dei crotali, spingendosi contro di
me
con un’ostinazione che mi toglie il fiato, dato che il suo profumo speziato
scen-
Mi tiene stretta, il mio brivido crepita sotto il palmo del a sua mano.
– Quel giorno ho letto sul a tua mano che temi ciò che non conosci – soffia
Il respiro, sotto la carezza delle sue labbra, mi si strozza prima che possa
chiederglielo.
194
8 luglio
di Francesca Montuschi
Le dita sfiorano la lampo del a gonna, che scivola a terra. Un velo copre le
gam-
la sua finta ingenuità guardandomi negli occhi: sorride e afferra tra i denti il
mia eccitazione è un pugno nello stomaco che soffoca il respiro. Nudo sul
letto,
stringo il lenzuolo bianco, leggermente ruvido, del motel. Ho fame del a sua
pelle, del suo sapore, del suo piacere. Si inginocchia a terra e mi fissa
ancora.
Mi sento travolto e i miei gesti diventano quasi violenti. I suoi capelli stretti
in
un pugno. Fili di seta morbidi con cui copro la mia erezione. Decisa la sento
succhiare il mio piacere. – Non fermarti, ti prego…fino in fondo... – fino a
cuscino come una rete da pesca ingrigita, stropicciata, che è stata gettata su
un
vecchio molo. Laura e la solita camicia di flanel a beige, con dei grandi
fiori
blu sbiaditi, quel a logora sul fondo. Odora ancora di cucina. La cena di ieri
del nostro rapporto mentre il mio desiderio sessuale resta in sospeso. Non
posso sfiorare la flanel a. Mi urta. Non sono eccitato da quel corpo che
dorme
alzo. Entro in bagno e chiudo la porta. Seduto sul water accendo il cel ulare
e,
sollievo. Vedo già le sue gambe velate avvinghiate al mio bacino che
danzano
frenetiche, mentre il suo viso mostra labbra schiuse in uno spasmo. Sento
già
il suo piacere stridere fra i denti, trattenuto come una dolce vergogna. Esco
dal
195
al casEllO
9 luglio
di Luca Ducceschi
brio rosso fuoco, che arrivò proprio mentre una punizione di Pirlo usciva di
un sof-
fio. Guidava una donna più verso i quaranta che i trenta, con una gonna il
cui orlo
era più vicino al ’inguine che alle ginocchia. E una scol atura oscena, nel
’accezione
positiva del termine. C’era un uomo, con lei, ma a lui non feci caso. Dal a
mia posi-
zione lo spettacolo era di quelli che, tra colleghi, definivamo da quattro stel
ette.
La mano del ’uomo era posata sul ginocchio di lei, e mentre stavo contando
il
resto ne approfittò per sol evarle la gonna fino agli slip. La donna prese le
monetine
Ripartirono.
Materazzi per distrarmi. Trezeguet stava per battere il suo rigore quando la
coppia
Avevo considerato i rischi. In quel momento tutti avevano altro da fare che
non
La donna entrò nel gabbiotto e si sporse per guardare nel piccolo televisore
da
5 pol ici. Le sbirciai le tette. Erano vere quanto le labbra. Intanto eravamo
giunti al
momento topico del mondiale. Grosso stava per calciare il rigore decisivo.
Cazzo.
entrò, mentre un getto di fuoco usciva dal mio uccel o, direttamente in quel
a bocca
196
l’EsamE
10 luglio
di Marcel a Testa
un nero che mal si accordava col finto biondo-campo di grano dei capelli,
Giulia: un nome così dolce; a Paolo ricordava Il bacio di Hayez che dal a
tesina gli urlava che era lì per sostenere l’esame. Giulia: un nome così
innocuo
per un volto di pietra, dove le rughe erano come le crepe del muro di
Monta-
le. Il bacio: come sarebbe stato baciare quelle labbra riconoscibili solo per
un
rossetto rosa ben marcato? Un velo ne era rimasto sul bordo di un bicchiere
di
plastica che lei schiacciò. Paolo si offrì di gettare il piccolo relitto e Giulia
ne
che celava la voglia di essere domata. Paolo ne era sicuro: un’ora a letto con
lui
fare canestro nel cestino. Leccò il rossetto per poi pulirsi d’istinto le labbra.
Si
fra sé e sé chiamarla per nome. Dopo il caffè era il momento del a sigaretta.
schiena non le avrebbe dato più di 40 anni. Gli altri 20 erano tutti
concentrati
gio. Giulia tamburel ava con le dita sul a cattedra e commentava con piccoli
197
UNDIcI lUglIO
11 luglio
di Fedra Poe
sempre, potessi saperti di mare, giuro che correrei a piedi fin lì. Avessi mai
avuto
la certezza del a vera realtà, a oggi non sarei quel a che sono. Vederti
trascinare
cuore, amore, la tua maledetta passione, come una casa sul e spal e, il
profondo
noi due, io lo so. Sarebbe amore. Quel ’infinito toccarsi e i baci, i gemiti,
l’ansima-
Marcel si alzò, ponendo fine al patimento del ’attesa. Non fece nessuno dei
gesti proposti dal a sua mente, piuttosto posò il giornale, camminò lento,
get-
tò il sigaretto per terra e lo calpestò con fare studiato; poi si fermò. Le cinse
i
Per la prima volta tra mura di lenzuola, tetti di piume e schiocchi di baci e
an-
simi e “ti amo” da respirare, avevamo atteso che tutti gli ospiti uscissero
da quel
Drappi di tul e posavano, stanchi, gli arti estremi sul a terra. A ricoprirci i
pen-
sieri c’era del ’ovatta morbida, di quel e che nascondono e sanano dentro.
Inutile
parlarti ancora di com’ero e di com’eri, descriverti le unghie sul a schiena,
le tue
labbra sul e mie gambe, fino in fondo al mio sesso. Lo conosci già.
198
NO mONEY
12 luglio
di Chiara Pallotti
Sbatté gli occhi un paio di volte prima di riuscire ad abituarsi al a luce che
en-
Si sedette sul letto e prese l’orologio in mano per control are l’ora: si era
addormentata.
Dopo il lavoro andava diritta a casa con il taxi; quel a sera, invece, era come
se l’avesse dimenticato.
do piano si mise una mano tra i capelli per ravvivarli, pensando al perché
fosse
ancora lì.
Sentì uno strano rumore accanto a lei e lo notò: era un ragazzo dai capelli
scuri e dal a pelle color bronzo. Lo aveva abbordato la notte prima in un
locale
Si ricordò delle sue mani, grandi e calde, che si erano mosse delicatamente
sulle sue spalle e sui suoi fianchi senza infastidirla; su per le cosce e poi,
piano,
con una gentilezza a lei sconosciuta, si erano avvicinate agli slip neri.
erano arrivate al a cerniera del ’abito che indossava; avevano preso fra i
denti
il tira zip e l’avevano fatto scendere fino a che l’abito non si era sfilato
pratica-
mente da solo.
Nessuno era mai riuscito a fare sesso con lei in modo così dolce e gentile; il
“oggetto di piacere” con cui era stata battezzata; guardò verso il ragazzo
che
dormiva beato in quello che, probabilmente, era il suo letto.
Sorrise, pensando che per una volta non avrebbe chiesto il compenso del a
serata.
199
13 luglio
di Andrea Tortoreto
Il locale, tavoli piccoli e grandi vetrate sul a strada, è pieno; molti uomini.
suoso invito che, dal ’elegante décolleté rosso sangue, sale fino al
’ammiccante
pizzo del ’autoreggente. Ti piace essere ammirata, adori gli occhi avidi sul
tuo
to da piacevole malizia.
Ti guardi intorno con sensualità, il seno si muove per il tuo lieve ansimare.
La pelle lucida rende la generosa scol atura ancora più evidente. Dondoli
lieve-
mente il piede accaval ato, sei un po’ nervosa anche se nessuno lo direbbe.
Arriva il solito pranzo, carne rossa poco cotta e insalata. Usi il coltello con
esserlo. Sei un’ossessione. Basta averti incontrata. Anche solo una volta.
Non dovresti ma decidi di seguire le istruzioni, con una lieve angoscia che
guardandoti intorno. Ansia e voluttà sul tuo volto. Avvolgi le mutandine nel
tovagliolo che pieghi e lasci sul tavolo. La tua sensualità ha vinto di nuovo.
Ti
Resto a guardarti mentre ti allontani con passo superbo. Non puoi vedermi
200
INcENDIO E PIOggIa
14 luglio
di Mameha
Silenzio.
Vetri bagnati, liquida dentro come fuori, gocce dei miei umori m’inumi-
mondo, un tardo pomeriggio d’autunno, avvolti e protetti dal buio che rende
Nel silenzio e nel a quiete solo nostra, la messa a fuoco si restringe sul tuo
due sole dita appoggiate sotto la tua bocca, ferme, e la pressione dei miei
pol-
pastrelli segna e scava la strada a una penetrazione perpetrata con gli occhi.
Sorrido ora alle tue labbra dischiuse e ai denti serrati. Divampi. Il fuoco
Non faccio che premere il mio corpo e le mie emozioni su di te, percuoto la
tua mente con i tamburi primitivi del sangue e dei battiti accelerati.
gemiti, dei miei sobbalzi sotto i tuoi colpi feroci. Tenterai di rifarti, di
provare
Queste sono le nubi nere che amo e invoco. Queste le folate sferzanti, le
201
DUE al REcORD
15 luglio
di Barbara Becheroni
bia; una pineta adiacente la spiaggia in cui i vil eggianti trovano un po’
d’ombra
sfidare i raggi.
Spalle strette, occhi scuri, sedere grosso. Una quarantina di anni prima
nessuno si
era preso la briga di crescere quel a bambina strana, difficile, con tutti quei
proble-
mi. Parla poco, fa fatica a concentrarsi, la sua mente si muove piano. Però è
buona,
non ha mai fatto del male a nessuno. Così i martedì e i mercoledì, giorni di
poco
come lei, per godersi un po’ di vacanza. E lei bal a, l’animazione è anche
per loro.
bal a, con l’entusiasmo dei suoi settantotto chili, applaude, riesce a fare
tutto quasi
Appena finito, lei si alza, si veste ed esce. Luca prende il cel ulare. Vorrebbe
scri-
vere a Federico, in città, che ne mancano solo due per battere il record del
’estate
passata con dieci giorni d’anticipo. Sente bussare e pensa che la tipa sia
tornata, così
apre e vede Rosa e Maria. Non capisce. Loro entrano. Le conosce, le fa bal
are.
Rosa però lo sorprende: lo fissa e lo spinge sul letto. Poi si sfila il costume e
gli
popolare del a spiaggia. Poi stringe le palpebre: – Ieri figlia del padrone,
oggi mo-
Tutti sanno chi è don Tanino. Anche i matti. Sul suo cannone, poi, girano
miti
e leggende. Luca chiude gli occhi. Maria canta. Una mano a la cintura. Una
mano
202
16 luglio
di Patrizio Greco
e nove minuti pensò che quello fosse un bel ’orario per incontrare il suo
amore. La
– Non ti preoccupare, è troppo presto per dire che sei rimasta incinta.
– Forse sarebbe meglio che venissimo insieme da una qualsiasi parte, non ti
pare?
– Colpa tua che mi rendi elettrico e non faccio che pensare a una cosa sola.
Sonia spostò le gambe fuori dal tavolo e, quando furono in direzione del
brizzo-
quantenne spalancò gli occhi e quasi si strafogò col boccone che gli calava
di traverso.
cogliere la forchet a che aveva lasciato cadere. Era senza reggiseno; la blusa
larga sul
e accarezzavano appassionatamente.
365 racconti erotici per un anno
203
PRIma vOlTa
17 luglio
di Massimo Monticone
guardiani o al armi, tanto da poterne sentire il rilievo delle pennel ate sotto
le
Il rilievo del a pennel ata – onda elettrica in cerchi concentrici che si al ar-
gano dal a gola al monte di Venere, liquida cascata di brividi dal a base del
a
e…La mano di lei, ghiaccio puro, ghiaccio affusolato, aguzzo, sul a base del
Lei lo invita a farsi vicino, lo invita a dar corpo a quelle dita, a dar carne
al a tensione che attrae e respinge, e lui non è che una marionetta spinta da
un
vimento, sinfonia di odore e calore, poi gemito e tra le dita serrate il latte
delle
lenzuola si rapprende, poi tutto torna a farsi fluido, liquido scivoloso caos
che
li inghiotte per restituirli al a realtà delle pareti, del soffitto, delle foto
incorni-
ciate, del pomeriggio senza genitori, per restituirli al mondo in una bol a
che
risale fino alle guance arrossate e li rende per sempre complici e un po’
colpe-
voli. Una rosa cremisi sboccia dov’era il contatto. Il corpo di lui si scioglie
in
204
18 luglio
di Daniela Piegai
Da oltre cinquemila anni siamo i guardiani di questa buffa razza: molti sono
pallidi, altri più colorati, ma tutti sono senza pelliccia, e quando fa freddo si
tutti noi che siamo nati, ma hanno OBIETTIVI. Cervellotici, per lo più.
E noi da oltre cinquemila anni cerchiamo di far capire loro che la cosa più
bel a è vivere la sostanza stessa del mondo: gustare il sole caldo, le cose
buo-
Guardo la mia umana, che ogni tanto sembra capire: beve un liquido dora-
to, e poi ancora, e ancora, e al a fine entra nello specchio, come in una
favola
che abbiamo suggerito loro tanto tempo fa. E nel mondo al di là dello
specchio,
gioca.
Quando l’angoscia si fa più forte, cerco aiuto e non lo trovo: siamo soli nel
i suoi occhi d’ambra, e sembra capire, ma qui è subito sera, anzi è notte
fonda,
diverso ogni sera, una volta, e la pel e mi ardeva come fiamme d’erba.
Cenere, questo rimane del fuoco, e per riattizzarlo l’alcol può servire.
Ecco, sento che si accende una scintil a: se ci soffio sopra, forse, diventa
una
luce decente. L’amore è amore anche solitario. In fondo, gli uomini che ho
avuto
mi davano brividi solo per come li percepivo, per come immaginavo che
fossero.
Chiudo gli occhi e danzo e rido: chi dice che solo un uomo concreto possa
stesso ritmo delle onde del mare, e sembra quasi che la risacca se la porti
via,
205
maNOmORTa
19 luglio
di Federica Ramponi
I miei fianchi li ho sempre detestati, sono arrivata anche ad averne il
comples-
so. Così larghi, così importanti, così evidenti! Eppure, ora, devo dire che mi
palestra per avere natiche alte e sode non deve andare sprecata!
Incrocio dei colleghi, saluto cordialmente e loro anche, tanto gentili. Strette
na. Come quando mi chino per raccogliere una penna, e sento scivolare i
loro
occhi lungo la curva del a scol atura. Quando salgo o scendo le scale, le loro
tre sono presente, e ride sguaiato. Io sorrido, ma appena esco dal ’ufficio lo
Mentre gli preparo il caffè passa uno, e tocca il morbido guanciale che è il
mio culo, una palpeggiata in piena regola. Che porco! Ma perché l’ha fatto?
La
forte di lui. – Per questa volta non la denuncio, ma che non si ripeta! – Sono
206
365 racconti erotici per un anno
casTRamORONE
20 luglio
(amore da castrato)
di Gennaro Francione
guirmi ogni sera al Teatro Argentina. Io non avevo occhi e voce che per lei.
mi ritrovai, la sera stessa, tra le sue braccia con le sue voglie avide di
cotanto
mutilo sesso, ma anche con un cuore davvero infranto dal a mia bellezza,
dal a
damasco giallo, guarnito con galloni di seta dello stesso colore. C’erano
quattro
là, sotto la mia testa, c’era il sudore emanato dal marito quando se la scopa-
va…
tanto di più di quel che era per i due ovetti rinsecchiti e graziosi.
“Quando vidi che aveva soddisfatto la sua morbosità visiva, lasciai che si
venni subito.
“Matilde si alzò e mi preparò un bel rosolio a base di petali di rose, fiori
con le mani. Poi mi prese sul suo corpo, facendomi andare su e giù finché
non
207
gf 23
21 luglio
di Pierfrancesco Prosperi
stato portato via tra le convulsioni. Marika li fissava con aria di sfida.
– Coraggio!
– Non ce la faccio – sussurrò Rico. La sua mano scese verso gli inguini.
Una voce calò dal ’alto, potente come le trombe del Giudizio: – REGOLA
N. 3!
Alex fissò la donna. I suoi seni gal eggiavano nel a penombra come entità
astrat e,
Una parete era tappezzata di teleschermi che mostravano da tut i gli angoli
quello che
Lui si avvicinò barcol ando, con sforzo introdusse l’esausto Alex II nel
’orifizio.
torni del suo corpo. Alex si contorse convulsamente, poi scivolò a terra
come una
– Bei bastardi, però, quelli del pubblico – borbot ò una voce nel a cabina
immersa
– Hanno scelto l’opzione più cruenta – confermò un’altra voce. – Hai visto
però il
– Sì, sì. Però sarà difficile trovare concorrenti per il prossimo anno.
L’altro alzò le spalle. – Non pensarci. Per il GF 24 escogiteremo
qualcos’altro.
208
valERIO
22 luglio
di Antonel a Anzalone
mi torna in mente con forza. Il suo cazzo duro, bagnato del a mia saliva, che
sonno, senza sogni. Ho altre immagini di lui. Sarà una notte molto lunga e
Sono le due e cinquantadue del mattino e lui è sdraiato accanto a me. Ac-
carezzo il suo corpo con lo sguardo: i capelli neri, sottili come seta, la pelle
diafana, i capezzoli piccole rose sul candore del petto. Avrei voglia di
scopare
con lui un’altra volta, di essere posseduta da questo corpo che riposa
accanto al
mio. Due corpi, così uguali eppure così diversi. Io sono piccolina, cicciottel
a,
bel a nemmeno quando ero più giovane, quando avevo ancora i miei capelli,
i miei denti. Valerio è stupendo. A volte è così bello che la sua bellezza mi
fa
dello stomaco e rimango senza fiato. Gli sfioro le labbra con un bacio. Non
lo
due ore. L’ho strangolato nel sonno con queste mani, che sono ancora avide
di
compresse di sonnifero nel vino. Ho atteso il tuo sonno sul nostro letto.
Adesso
aspetto, forse la polizia mi verrà a cercare, prima o poi; semplicemente
osservo
uno spicchio di cielo nero dietro i vetri del a finestra. Tra un paio d’ore
diven-
terà azzurro. Sentirò gli uccelli e i primi tram del a mattina su viale
Trastevere.
Aspetto mentre mi accarezzo molto lentamente. Valerio, amore mio, non sei
209
la camERa chIUsa
23 luglio
di Fabio Lombardi
Da quando il dottor Gideon Fell era passato a miglior vita, capitava spesso
che
– Naturalmente.
– Bene, allora… Sir Charles Montague, il capo del a polizia, soffre di gelo-
sia nei confronti del a moglie, Olivia. L’altro ieri, pensando che si
preparasse
per una scappatel a, l’ha chiusa a chiave in camera da letto. La camera non
ha finestre, e non ci sono doppie chiavi per aprire da dentro. Al suo ritorno,
serratura non era stata scassinata. Sir Charles ci sta perdendo la testa, su
questo
mistero.
Mi ero aspettato una certa resistenza da parte di Olivia, invece lei mi fornì
agli occhi di sir Charles quando aveva aperto la porta. Lei scalciò via le
scarpe,
la raggiunsi. Feci scorrere la lingua sul suo addome e sul a parte interna
delle
lei muoveva i fianchi mandando piccoli gemiti, poi sollevai la testa e mi di-
stesi. Olivia si chinò su di me. Dopo qualche minuto, che usai per soppesare
le circostanze del caso, la feci girare da tergo, strinsi tra le mani le sue
natiche
raggiungeva l’orgasmo.
sturbandomi.
Avevo risolto il caso. Il dottor Fell non avrebbe saputo fare meglio.
210
la cONfEssIONE
24 luglio
di Gianfranco Nerozzi
Lei si fece più vicina. Gli occhi luccicanti. Calò la cerniera del a tuta del
’uo-
mo. Gli scoprì il torace e lo accarezzò sui pettorali. Sfiorò i suoi capezzoli
con la
Sul vassoio sopra il tavolo, di fianco al a sedia dove l’uomo era legato,
c’era
una siringa già pronta. La donna la prese e la usò sul a spal a di lui. L’uomo
non
stato iniettato era siero del a verità , l’unico modo per resistere era pensare
ad
altro. Lo aveva visto fare dagli agenti segreti nei film. S’immaginò una
parete
La donna si chinò per leccargli il pene. Poi si sollevò la gonna fino ai fian-
chi: sotto non indossava gli slip e la sua figa era carnosa ed esposta. Montò
sul
guardò con gli occhi pieni di luce e le labbra piegate in una smorfia di
piacere.
Opporsi, lottare, non dire nul a, pensare al a parete bianca. Lo sperma risa-
liva e fermentava.
Sempre più forte. Si sentiva bruciare. Il siero del a verità scorreva nel suo
sangue e lo invadeva. Il cuore sembrava sul punto di scoppiare. L’uomo co-
grida nel ’aria. Gemiti. La donna roteava il bacino con un ritmo frenetico.
L’uomo fece un ultimo tentativo di opporsi. Ma non era più possibile riu-
211
DEsIDERIO NERO
25 luglio
di Declavia Strigi
Nero come questo lembo di stoffa sot ile. Seta impalpabile che si tende
sopra le
mie palpebre abbassate. E cancel a ogni altro colore. L’azzurro avido dei
tuoi occhi in-
gordi, mentre si posano sulle mie spalle nude e ripercorrono febbrili la mia
schiena
inarcata, le mani legate. Il verde del mio vestito slacciato, quasi strappato,
accasciato
ai miei piedi come l’ultimo velo di un pudore ormai dimenticato.
Solo tu e io, uniti da un’oscurità che uccide i colori, cela le forme e azzera i
suoni.
Avvolge ogni curva, spezza la carezza delle tue mani sui miei seni, sui miei
fian-
chi, e si distende sul mio corpo fremente di at esa. Con un dito mi sfiori le
labbra,
sature del ’odore del a mia pelle e del profumo del a mia eccitazione.
Ogni suono diventa superfluo, ogni ansito è inghiot ito da questo buio che è
den-
nostri pensieri per poi insinuarsi in uno spasmo tra le nostra membra tese.
Accentui la stret a sui miei fianchi, la pressione del tuo pet o sul e mie
vertebre
Ora ti muovi, ora rallenti. Le mie ciglia tremano appena, la benda umida di
stille
salate e senza senso. Forse è solo troppo nero, un buio troppo grande da
contenere.
vo il coraggio.
soccorso.
Mi aspetto che mille luci esplodano nel a mia testa, ma il buio permane.
Ritrovo il respiro, tu sciogli il nodo che rende le mie dita intorpidite, al enti
la
benda.
Apro gli occhi e le mie iridi riflettono figure statiche, forme fossilizzate.
212
365 racconti erotici per un anno
26 luglio
di Alessandro Morbidelli
Da: madame_isabelle@hotsextv.com
Cara Mil y,
perdonami per essermi fatta viva soltanto adesso, ma la pressione delle re-
si sono accorti del mio valore e mi hanno affidato un programma tutto mio!
In un primo momento non tutti erano convinti del a validità del format, poi
mesetto fa, quasi per caso, per una cena tra colleghi organizzata in
redazione,
quel a vipera di Cherry sostiene che sia piaciuto di più il servizio che la
portata
(anche lei non ha disdegnato, però!), a me non importa un fico secco: a fine
cena il format era bello che pronto e quello che vedrai sullo schermo non
sarà
ne, per tenere alto l’interesse… Finora, e lo dico con le dita incrociate, è
andato
sai quante volte ho dovuto abbassare la testa, quanti carichi hanno dovuto
so-
stenere le mie spalle e quante volte mi hanno tappato la bocca: questa per
me
non perderti “La maga delle creme: le fel atio culinarie di Madame
Isabelle”.
Un bacio “cremoso”,
Isabelle
213
sINglE
27 luglio
di Simona Vassetti
Tra mura familiari, in un pomeriggio piovoso, il ricordo del a sua voce nel
’aria
Bruscamente devio il viso verso quel ’altro che ho nel a parete di fronte.
invece, sono lì fuori in vana attesa; mentre la mano regista muove la trama
del
Peccato di presunzione.
Cerco di frenare il solletico, è ancora presto per lasciarsi andare, allora rive-
l’ex che ho perduto senza rancori e quello per cui sto ancora piangendo.
Un uomo...
Dopo resto sgualcita, e non serve più premere il tasto rewind: sono consape-
214
Il vElENO DI UN RIcORDO
28 luglio
di Graziel a Falco
Ecco, ormai il bisogno l’aveva resa cieca, quando a passo lento entrò in ca-
Si scostò i capelli dal collo, rivedendo nel a mente la mano di cui aveva vo-
glia e che, una sera, aveva fatto quello stesso gesto: con le dita le aveva
sfiorato
il mento, prima di farle scorrere lungo il solco fra i seni, e i baci sul collo
erano
Le mani di lui si erano posate sulle sue curve, in un gesto non possessivo,
sguardo: fissando gli occhi nei suoi l’aveva incatenata a lui, costringendola
ta-
La sua mano sul proprio seno le sembrò troppo piccola, rispetto a quel a
del suo ricordo, ma credette di sentire la bocca di lui sul collo, quando volle
cui l’aveva toccata e baciata, con la stessa sensuale devozione con cui lui
aveva
Ma ormai era intossicata a tal punto che il ricordo di lui l’avrebbe uccisa
moz-
zandole il respiro, se con la mano non fosse andata a rivivere le sue spinte,
215
29 luglio
di Daniela Rindi
Alberi di ciliegio, un laghetto, fiori di loto galleggianti, non capisco il senso
del tut o
con l’eden. Osservo l’ engawa coperta da un tetto spiovente che filtra una
luce naturale
con le punte verso l’uscita. Una geisha, perfettamente truccata e vestita, con
gesti rituali
ben calibrati e studiati, mi prepara un tè. Ciascuna parte del rito va gustata e
goduta.
il contenitore delle sue passioni. Vengo disteso dolcemente sul tatami. Già
pregusto il
Spero.
ogni bot one; bacio dopo bacio scende, mi apre i pantaloni, me li sfila e…
M’immagino il paradiso.
Lei srotola la fascia del kimono, lentamente, strato dopo strato, lasciandomi
in
un’ansia senza fine.
La vorrei.
Avvicina le labbra al mio pet o, lo bacia e con la lingua visita tut o il mio
corpo,
Sto morendo.
Si avvicina al limite del mio piacere, con una lingua affilata, sot ile e
sapiente. A un
Mi riprendo dal sogno del a geisha e torno al lavoro. Lei è nuda, supina;
prendo gli
I profumi degli olii mi inebriano. Con le dita aiuto questo massaggio di cui
sono
gambe mostrandomi quel o che avrei voluto prendere senza essere preso,
ma anche se
oltre le dita, lentamente, la mano; lei si perde nel piacere bramato. Io spingo
ancora.
E io ubbidisco.
216
PIETRa E caRNE
30 luglio
di Erika Muscarel a
Lo vedo, dal mio terrazzo. Non sa che lo osservo silenziosa. Capelli lunghi,
lisci, oc-
è fatto di pietra.
mentre con lo sguardo perso nel vuoto mescola lo zucchero nel caffè.
Ogni venerdì sale nel suo appartamento. Cenano insieme, bevono molto
vino.
Parlano fitto fitto. L’altro per lo più ascolta. Nel buio li vedo come in un
film. Per-
iniziare la danza. Gli passa un braccio intorno al collo, gli scosta i capelli
dal viso, gli
schiude le labbra con una lieve pressione del pol ice. Lo bacia piano, con
passione,
Non dovrei spiarli; ma mi piace guardare il suo viso sconvolto dal piacere,
gli
occhi chiusi, le labbra vermiglie, il respiro spezzato, e intuire gemiti
soffocati.
Trovo una scusa, gli dico che ho finito lo zucchero. Lui ne prende un po’ e
mi in-
quale sono venuta, che sappia quanto bramo un contatto fisico. Per errore
mi sfiora
Tutto segue un ritmo. Del cuore, che batte incessante. Delle sue labbra, che
si
scontrano con le mie. Del a sua lingua, delle sue mani sui miei seni
tormentati, delle
sue dita, che esplorano il mio corpo. Il ritmo del suo sesso, che mi riempie,
che mi
violenta con dolcezza. Siamo un corpo solo che esplode, sospira, respira,
implode e
torna a esplodere di nuovo, senza fiato.
L’orgasmo è devastante.
Riapro gli occhi. Sono ancora sul terrazzo, rapita da audaci fantasie; ma
esco
piano dal mio stato onirico, non voglio che finisca. Lui è in casa, sta
versando del
217
31 luglio
di Cristina Origone
Carola sente ancora sul a pelle chiara il tepore del ’acqua e i baci e le
carezze
Il loro orgasmo era iniziato nel ’istante in cui i loro occhi si erano incrociati
intima e si ferma a guardare il corpo disteso sul letto, il uminato dal a luce
del
sul cuscino e gli occhi azzurri che la fissano prima di parlare: – Hai l’intimo
scoordinato, lo sai?
Lei si copre indossando un vestito scol ato nero, con una decorazione sul a
poi si avvicina al letto. Le sposta una ciocca di capelli dal viso e le bacia
dol-
ricorda dei suoi gridolini di piacere nel a vasca da bagno, mentre la schiuma
La ragazza muove le dita del piede che sbuca da sotto il lenzuolo a fiorellini
rosa, avvolto su di lei lasciando esposto solo una parte del corpo, celando il
so. Le percorre con le dita la pelle liscia fra i seni, poi con l’indice disegna
il
Lei spinge i fianchi verso le sue dita, mentre arriccia le labbra vogliosa di
Carola l’assaggia per l’ultima volta: si lecca le dita e si allontana dal letto.
Afferra la borsa e un telefono cel ulare sul comodino. Esce dal a stanza,
mentre
218
ONE shOT
1 agosto
di Guergana Radeva
Spaesata nel ’oscurità, la mano indugia sul a pelle nuda e, prima di raggiun-
e sul a scia del ’eccitazione il corpo di lui si rivolta supino, liscio e cieco nel
a
morsa vel utata delle ginocchia. I seni oscil ano e sfiorano le labbra mentre
le
sotto di lei e si lascia in balia al ’ondeggiare, prima placido, poi sempre più
rapi-
do, risucchio vorticoso senza fondo e senza fine… per poi risalire
lentamente,
Quando si sveglia, lui non c’è. Chiarore morbido filtra attraverso le tende
leggere e languida lei si alza, apre la finestra, si siede sul davanzale, inspira.
Accende una sigaretta e inspira ancora, stavolta con piacere. One shot.
L’emo-
vano condotta in piazza, e nel a piazza c’era il solito circolino con le solite
seg-
di vino la sua attenzione si era spostata dalle macchie del panno verde alle
gli aveva infilato nel a tasca dei jeans il bigliettino del ’albergo. Stasera,
aveva
screto.
219
mI PIaccIONO lE sfIDE
2 agosto
di Chiara Bertazzoni
– Eddai, è una cosa che vorrei provare – continuò Riccardo con tono per-
suasivo.
za. Tra loro c’era un rapporto speciale che li portava a stare bene insieme. E
a
– Coraggio, non puoi dirmi di no! – aggiunse lui. Claudia non diceva mai
cardo lo sapeva. Lei non lo fece nemmeno quel a volta. Lo guardò dritto
negli
te nudo. Nuotarono insieme verso il largo, quel tanto che bastava per non
essere
visibili nemmeno da qualche eventuale passeggiatore solitario.
Lei sapeva di essere brava, certo, non aveva mai provato in quel contesto,
ma
carezzarlo sapiente. Sentirlo gemere sotto i suoi tocchi pose fine agli indugi.
Prese un bel respiro e scese tra le sue gambe. Salato, pensò cominciando a
Risalì per prendere fiato. – Se continui così non dovrò nemmeno impegnar-
Una frustata di piacere colpì Riccardo quando sentì la sua bocca accoglierlo
fino in fondo. Claudia ci sapeva fare, ma questa non era una novità. Fu
istintivo
contatto con la realtà si assottiglia. Essere nel a sua bocca. Fino in gola.
L’acqua
220
la bElla aDDORmENTaTa
3 agosto
di Fernando Nappo
cendo largo nel ’intrico di rovi sino al suo giaciglio. Al lavoro, pensò. Si
distese
vicinò imbarazzato, sfiorò le labbra del a fanciul a con un bacio di puro vel
uto,
zicarlo, ora sfiorandolo tra le gambe, ora agitando il seno vicino al suo
volto.
Rimasta nuda, prese il fuso, lo stesso col quale s’era punta da adolescente,
scivolare lungo il corpo, tra i seni, sul ventre, in mezzo alle gambe, sotto gli
I due ragazzi stavano sdraiati a letto. Lui, esausto, la osservava; lei fumava
si. – Ma se vuoi, puoi spargere la voce fra i tuoi amici. Lavoro anche di
dome-
nica, se necessario.
te amatoria.
221
Dalia
4 agosto
Non gli era mai piaciuto essere sottomesso, men che meno da una donna.
Tirò
– Liberami!
– Picchiami.
– Cosa?
– Cosa?
– Dalia.
Certo che ricordava Dalia. Se la voleva fare, ma lei non voleva. L’aveva
– Perché ti sei appena scopato quell’errore. Io sono sua figlia. Troppo devo-
ta, Dalia. Abortire e gettare una vita nel cesso… proprio no. Domani è il
mio
222
la PORTa
5 agosto
di Massimo Alborghetti
cordo: sono entrata come una chimera nel cuore dei miei amanti. Li ho
trafitti
con il calore del corpo, con l’umido del a saliva e con il fuoco dei baci. Li
ho
lasciati con lo squarcio del mio passaggio nel cuore. Hanno chiesto,
implorato
del vestito umido. Essere scopata sotto uno dei seggiolini rossi. Quello era
il
fuggita via. Ora devo entrare in casa. Forse è già tornato. Mio marito e le
sue
maledette scarpe.
223
sETE
6 agosto
di Roberto Paris
A mezza costa c’è una vecchia cappel a sconsacrata, dai muri spessi costru-
I lampi di luce si fanno più vicini e con essi il rumore del ’auto. Il motore
mento.
Mi aiuta a spostare le fronde con cui ho occluso la breccia nel muro a nord
ed entriamo.
parte del ’ambiente è vuoto, decadente, solo l’altare ricoperto di vel uto
borda-
Non c’è bisogno che istruisca il mio adepto. Si lascia guidare fino al blocco
Gioco con la tensione. Gli spasmi dei suoi pettorali seguono i capricci del a
Vado avanti a stuzzicarlo e lo faccio sdraiare sul blocco di marmo, nudo fra
i cuscini.
spinta e i nostri gemiti salgono a risuonare più volte al ’interno del ’abside,
fino
Allora mi abbandono sul suo petto, la testa nel ’incavo del collo. Scopro i
me al ’unisono.
224
la fOllIa DI kIkI
7 agosto
Un giorno torrido d’estate l’aria tirava bollente. Il sole era così potente che
Kiki
desiderava intensamente d’essere altrove. La grande metropoli nel a quale
vive-
accomodante del ’abitudine. Da poco aveva finito gli studi, aveva dei soldi
da
parte ed era libera di decidere. Così fu. Partì in poco tempo per le Isole
Sval-
e questo la divertiva.
Una mattina, come tutte le altre, Kiki sedeva al tavolo. Tra la fol a vide en-
trare un uomo: alto, barba fola, i tratti del viso marcati dal tempo e
l’abbron-
zatura che risaltava il colore verde degli occhi. Kiki, subito colpita,
cominciò
nelle parti più intime e vogliose davanti a tutta quel a gente che non aveva il
dosso. Mentre le mani del ’uomo la percorrevano, sentire il calore del suo
pene
eretto non faceva che aumentare la terribile voglia di essere posseduta, tutta,
completamente.
Erano nudi, e lo spettacolo di quei corpi che fluttuavano era talmente mera-
viglioso che i clienti godevano nel guardarli. Più gli occhi di lei
s’incrociavano
con la moltitudine dei volti presenti, più sentiva affondare le mani del
’uomo
bocca del ’uomo le avevano sfiorato ogni singola parte del corpo. Kiki stava
per
scoppiare, così si girò di schiena e mise il culo proprio sopra a quel pene
duro
e bagnato; e quando si soffermò a realizzare che non era solo un sogno, lui
bile momento.
365 racconti erotici per un anno
225
bRacI aRDENTI
8 agosto
di Ariadne Karloff
A sedici anni, per Arianna era stata una rivoluzione, una di quelle scoperte
che
mille altre. Era stata forse la curiosità a portarla lì, ma ora come ora non lo
Era tutto scritto: il corpo del ’uomo nudo, mani di donna su di lui, parti sco-
nosciute dai nomi strani, al punto che aveva sfogliato il dizionario; le parole
la
edizioni economiche.
Nel a sua mente erano entrate parole e immagini incancel abili: mani sui
concederselo senza l’aiuto di nessun altro, se non delle proprie, abili mani.
Pas-
sioni torbide che sfociavano nel ’omicidio, nel a gelosia folle per il
possesso.
Dopo quel ’incontro non era riuscita a dimenticare, aveva iniziato l’esplora-
zione. Il suo corpo, libri, immagini: tutto quello che poteva farle
comprendere
appieno cosa fosse quel a sensazione di nodo allo stomaco e calore che
l’aveva
presa sfiorando quelle parole. Era diventata quasi una droga, una ricerca co-
E ora sta lì, nel letto, musica, luci smorzate, nel a mente fantasie che corro-
Nel seno c’è un fulcro, fra le gambe un altro, sfiorare i capezzoli per dare
lievi scosse che riverberano verso il basso, dove l’altra mano accarezza
lasciva,
stuzzica e s’immerge, sognando che le dita siano quelle del suo amante, non
le sue.
Sfiora, tocca, accarezza con rapidi affondi fino a che la schiena s’inarca, i
muscoli tesi, occhi stretti a vedere rosso, labbra morse per trattenere i
gemiti
226
DaYDREam
9 agosto
di Roberto Morano
siamo amici. No. Come faccio a esserle amico? A parlarle, passarle accanto,
e
non poter fare nul a. Vorrei urlare. Correre. Piangere. Il mio è amore. Punto.
Non è amicizia. Può essere un’ossessione, ma amicizia mai. Piuttosto mi
toglie-
rei la vita. Lei è vita. È il frutto dei miei pensieri proibiti, platonici e
siffrediani.
Ma i suoi capelli, i suoi occhi, la sua pelle, il suo corpo, non esprimono che
gioia di vivere, un sorriso mai scalfito da lacrime e quel a luce passo così
tanto
tempo a guardarla che le lezioni mi sono ignote, così tanto tempo a pensarla
del a sua bellezza mi fa pensare che sia lei il mio dio. Blasfemia? Forse non
da
parte di un giovane senza infamia né gloria, con voti medi, vita sociale
scarsa,
dola deridermi. Non era un sogno! Era fisico! Era reale! Io, lei, soli, nessun
che accarezzava me, il mio volto, la mia barba non curata. Stesi, lei su di
me,
per l’ennesima volta circondata dal a luce del sole. Mi bacia il petto, la
pancia,
e tutto ciò che avevo atteso e mai osato sperare si avvera. Il mio corpo sente
il
sione dei sensi fisici che subito fanno implodere i nostri corpi in un
abbraccio
marmoreo. E lì. Come mai avrei ancora potuto chiedere, mi guarda. Ancora
Se per un sogno del genere non troverò mai le parole, se una sensazione del
IN mEmORIa
10 agosto
di _eMMe_
Quelle mani enormi, forti e calde che le avvolgevano il corpo come quelle
di
nessun altro. Quel a pelle lucida di sudore sul a sua, quel a voce affannata
nei
suoi capelli che implorava per avere di più, più a lungo, per sempre.
Soprattutto ricordava quel perdersi totale nel piacere tormentoso, quel di-
Anche lui stava bevendo, la chioma scura spettinata, negli occhi la stessa
vacua incredulità che lei aveva nei suoi. L’aveva guardata per un momento
senza
Erano usciti nel giardino buio, per non mescolare il loro dolore a quello
geloso dei parenti. Lui aveva pianto. Seduto su una panchina di pietra, il
volto
Con le mani affondate nei suoi capelli, l’aveva colpita, con chiarezza abba-
Non aveva cessato per un minuto di ripetere a lui e a se stessa quanto amava
l’altro, quello disteso nel a bara di legno scuro; eppure aveva goduto di
ognuna
delle sue carezze, trattenuto gemiti a ognuno dei suoi baci. Si era ritrovata a
scavare la sua pelle con dita predatrici, a mordergli il collo fino a fargli
sfuggire
Tutto si era dissolto nel a furia del ’amplesso. Esorcizzato dai denti che
aveva
affondato nelle sue spalle, dai segni rossi lasciati sul a sua schiena, dai
mormorii
Da lui, da lui contro di lei, su di lei, dentro di lei, che la riempiva e non le
lasciava nel petto spazio per altro se non per quell’eccitazione ansiosa che
le
pulsava nelle vene, nel a testa, nel cuore e di cui lui solo era causa e
soluzione.
Del funerale non riusciva a ricordare altro che quell’estasi che sfociava nel
228
11 agosto
Mi chiedo perché sto qui a riflettere. Non si fa altro che pensare. Ma poi a
che
tarlo che batte sul legno. La musica di Mahler in sottofondo mi aiuta a farlo
nel
suo battito di mani m’aveva destato. L’aria maliziosa non le mancava, tanto
che quel a volta mi disse che ero bravo a suonare quanto a scopare. Le
piaceva
provocarmi, peccato che quel a sia stata l’ultima volta che l’abbia vista.
Chissà
giro di giostra.
Lei si chiama Julie, conosciuta a Parigi, vent’anni, alta, con poco seno e an-
cor meno peluria. È lì distesa sul divano, senza reggiseno e con spirito
liberti-
no. Sta leggendo un libro, quando alza lo sguardo i suoi occhi molto grandi
ed
Batman.
Julie nota il sorriso stampato sulle mie labbra e forse s’interroga su cosa
succede; dovrei dirle che sto pensando con brutale onestà di infliggerle un
do-
loroso piacere, annusando come una belva ogni suo minimo spasmo.
Ma non è così. Non parlo, ma mi porto vicino a lei sul divano, dove intanto
tette e l’ombelico. Mi giro e sul suo dorso modello con le mani la chiave di
vio-
gio contro la sua schiena. Tutti i miei pensieri perversi lentamente sparisco-
229
sOlO UN’IDEa
12 agosto
di Manuela Costantini
– Dai, vieni qui, siediti di fronte a me – ti dico e poi ti sussurro di stare tran-
sulle pareti. E il rumore dei respiri e dei pensieri. Ti fiderai, sarai desiderosa
di
ti qualche piccolo tocco nei dintorni del pizzo. Invece mangerò il resto delle
gambe, legherò anche le tue caviglie e arriverò ai piedi che sanno di cuoio e
di
sudore appena accennato. Non potrò fare a meno di giocare con le dita. Sarò
“di marmo” e vorrò spogliarmi ma non oserò togliere le mani e la bocca dai
Non potrai muoverti. Ti sdraierò con una lieve pressione sulle spalle e an-
drai giù docile, appena impaurita. Entrerò con le dita sotto la corda che
corre
piegherò ore per seguirne tutto il percorso. Tu avrai gli occhi chiusi e un
legge-
ro tremito ti agiterà gli angoli del a bocca. Nel tuo viso entrerà
un’espressione
convincere anche te che l’estasi potrà durare per sempre. Sarai arrabbiata,
ma
230
la PaRTITa
13 agosto
di Euro Carello
filino più basso di quello per l’entomologia. Sarà quel capezzolo malizioso
che
Fatto sta che a metà del a rievocazione del ’ultima Champions League, tra
le immancabili certezze dei mister da salotto, mi stendo bene il tovagliolo
sulle
ginocchio come per caso, al ungandosi sul tavolo per prendere il sale. E non
lo sposta più.
sul a pelle nuda del suo interno coscia. Intanto, più o meno, parliamo. Forse
di
film, ma non saprei dire. Sono troppo concentrato sui miei polpastrelli.
Lei guarda i due ormai cotti, guance rosse di vino e occhi lucidi, e ogni
del labbro, così sensuale da provocarmi una sontuosa reazione nelle zone
ap-
posite.
Quando la partita sta per iniziare, mi offro di aiutarla in cucina, tra gli sfot-
Sotto la mini di cotone ha solo un perizoma color carne. Non c’è neanche
bisogno di toglierlo, basta alzare la gonna e scostarlo. Lo facciamo da
dietro,
lei appoggiata al lavello, con la testa girata per al ungare la lingua sul a mia,
io
io rischio una testata sul naso e mi morsico il labbro per non gridare.
231
DIPINgIlO DI NERO
14 agosto
di Fabrizio Canciani
erotici ha retto al a crisi del ’editoria, al ’avvento dei DVD, di Internet, e sai
perché?
tasiosa.
materia.
verso l’eccesso.
umiliazioni e le sevizie.
– Stai scherzando?
bracciali di ferro, corde, carrucole. Una gogna faceva bel a mostra in mezzo
al a
spinse oltre, e poi ancora più in là, tra gemiti di piacere che lentamente si
trasfor-
232
Il PalO
15 agosto
di Luca Di Gialleonardo
persa nei miei pensieri banali, appesa al palo di sostegno nel centro del
vano
di bal are. Strinsi la mano sul metallo, mentre i fianchi iniziavano a seguire
la
musica che superava la barriera delle cuffie. Chiusi gli occhi e il senso del
’udi-
to prese il posto del a vista. Il ritmo era ora padrone dei miei pensieri.
Afferrai il palo anche con l’altra mano, sfiorai il metallo col seno,
molleggiai
Lo mandai al diavolo.
Il ragazzo mi fissava imbarazzato, quasi rapito dal a mia danza. Sorrisi con
volevo farlo morire di quel ’eccitazione che traspariva dal a sua tuta
leggera.
Baciai il palo, titil andolo con la lingua, persa nel a musica, persa nel a mia
E ruppe l’incantesimo.
Sentii le porte aprirsi alle mie spalle. Mi risistemai velocemente e saltai giù
dal treno. Mi voltai per un attimo a guardarlo. Era ancora sul treno, con una
233
16 agosto
Fu quando il sole copulò con la luna che la lussuria proliferò sul a Terra, e
la
– Perché non viene a vedere l’eclisse, qui, sul promontorio? – mi chiese una
lupa travestita da pecorel a. Accettai, forse per via del ’intelligenza che la
gio-
Tant’è, sono solo inutili dettagli, perché sono i fatti a parlare e non i
processi
psicologici. Rammento la lunga salita sui prati in fiore e poco altro, se non
l’av-
Mi sdraiai sul ’erba e lei… sì, doveva avermi stregato, compiuto chissà
quale
suo apice.
– Ti sto liberando, amore mio – mi sussurrò, aggiustandosi i capelli dietro
Era nuda, col corpo velato di sudore e le mammelle che spiccavano dal gra-
un fuoco che le ardeva nelle viscere. Strinse le cosce sul mio bacino e io…
ero
Diffusi il mio seme benedetto nel ventre di quel a serpe e solo allora ri-
troppo tardi!
Ora sono chiuso in queste quattro mura, a osservare la luna da una griglia
capite?
chezza che un uomo deve custodire e che io, invece, ho lasciato bruciare
sotto
un cielo trapuntato di stelle.
234
17 agosto
di Melanto Battista
più facile.
Le dicevano che il passato era sepolto; che, ormai, era legata a un altro.
Le dicevano che Dio l’avrebbe punita, se non avesse strappato gli sporchi
pensieri che strisciavano nel a sua testa e le portavano un diverso nome, alle
labbra, che non era quello del a persona che aveva dovuto sposare.
sulle spalle scoperte e poteva sentirne il ruvido del a pelle, le callosità del
trop-
E non avevano fretta, non ne avevano mai, le mani di Sandro, mentre scen-
devano sul seno che lei sollevava e abbassava nel lento respirare. Nel a sua
so modo; così, per rendere davvero tutto più facile, chiudeva gli occhi e il
gioco
nel solco stringendosi poi a coppa sulle sue forme piene e morbide. Non
era-
na sfregava sui capezzoli turgidi e sensibili tra fastidio e piccoli brividi che
le
in quel ’umido gioco di lingua. Non era di Sandro l’ampio petto contro cui
si
sopra le natiche.
Non sarebbe stato lui quello che, al a fine, avrebbe accolto nel suo sesso e
da
cui avrebbe tratto infinito piacere.
Oh, sì, Luca ovunque, dentro e fuori; sul a sua pelle sudata, tra le labbra
rosse e piene, tra i seni prosperi e le gambe aperte che gli avrebbe avvinto ai
fianchi per sentirlo in lei fino in fondo, e rivivere fino al ’ultima goccia i
suoi
ricordi.
invidiose megere di paese le dicevano, Dio l’aveva già punita, ma lei aveva
sco-
235
la caPREsE
18 agosto
di Giovanni Buzi
– Cosa?
Anche lui si spogliò. Le andò accanto con un vassoio: olio, sale, pepe,
basilico, po-
– Sei proprio mat o – rise lei, – che vuoi fare? – Poi scat ò a sedere sul
parquet. –
Roberto rimase in ascolto, poi disse: – Non sento niente. Sdraiati, dài...
Roberto andò ad aprire la porta. Anna fece un passo indietro a veder entrare
quel-
occhi verdi e polpose labbra prive di rossetto. Dello stesso rosso vivo, una
tuta incol-
lata al corpo, che lasciava scoperti solo i seni prosperosi e un vistoso sesso
maschile
già sul ’al egro. Una frusta in mano e stivali di coppale rosso lucente. Anna
sorrise al
marito dicendo: – Sei incorreggibile...
peperoncino.
236
EclIssE
19 agosto
di Francesca Claut
mente. Sorrido, immaginando tutta quel a gente sotto di noi, che vede due
dischi
Apro la porta piano, senza bussare. E lì, disteso fra le coltri del cielo, ci sei
tu, il
mio inverso, la metà luminosa del a Luna. Il cuore mi si stringe che temo si
spezzi.
Finalmente. Cammino nel a stanza celeste verso di te, mentre ti alzi,
sorridendo.
contro pel e d’oro, corpo d’ombra contro corpo di luce. La tua luce mi
pervade. Mi
liberi dei veli delle vesti, mi tocchi fra le scapole, mentre io, scaglia dopo
scaglia, ti
Finalmente.
Ti sento solido, stretto fra le mie mani, dopo tutti questi anni lontani nel
’eter-
topazio, e affondo la mia bocca nel a tua, respiro, ma non posso, non posso
respi-
rare… Quanti anni sono passati? Cento? Mille? Mille e mille persone ci
stanno
la, passi la tua lingua fra i miei seni, e poi gemi, oh la tua voce… Come di
vento.
mia lingua, mentre la tua mano fra le mie gambe mi fa gridare, le tue dita,
così
Milioni di uomini vedono i due dischi diventare un sole nero dai raggi
lunari su
contro pelle d’onice, la luce rossa ci cosparge come braci ardenti. Non
importa
stra memoria.
237
la PRINcIPEssa E Il PIsEllO
20 agosto
di Virginia Coral
combattente che aveva infilzato più di mille nemici con la sua lancia
d’acciaio.
sgraziato.
quando fu sola, vide il suo corpo sottile riflesso nello specchio, la pelle
imma-
cedette al a stanchezza.
giada, che scricchiolavano sotto i suoi denti. Ma questo baccello era più
gran-
to a lei era disteso un paggio. Lui le mise una mano sul a bocca,
delicatamente,
nel suo ventre acerbo, si convinse che stava sognando. Dolci carezze leniro-
no il dolore acuto che sentiva nel a parte più misteriosa del suo corpo, quel
a
nascosta tra le cosce, che pulsava come un cuore trafitto. Poi, lentamente, la
pressione diminuì, mentre il paggio ansimante le appoggiava il viso
accaldato
bi dal a siepe sotto la tua finestra. Quando lui tenterà di inerpicarsi nelle tue
viscere con la sua carruba secca, pensa a me e al ’estate, che torna ogni
anno a
238
TI sTaNNO asPETTaNDO
21 agosto
di Andrea Pistone
Cosa mi fai fare? Vieni avanti. Non posso farlo. Puoi, invece. Quanti sono?
Credo cinque in tutto. E come sono, li hai visti? In che senso come sono?
Lo
tasticando. Però da come ti bril ano gli occhi non mi sembri scoraggiata.
Be’,
diciamo che la cosa mi alletta. Visto? Cos’hai capito, solo pensarla, farlo è
di-
verso. Ma se non hai mai provato. E chi te lo dice? Ah, e cosa aspettavi a
dir-
melo? È successo molti anni fa, ancora non ti conoscevo. E con quanti? Tre.
I miei complimenti, cara, se le cose stanno così allora cambia tutto. Perché?
magia. Dai, caro, non fare così, vedrai che mi comporterò bene. No, basta,
la
cosa finisce qui! Non ti arrabbiare, non adesso che mi hai fatto venire
voglia.
Hai voglia? Da morire. Li mangerai tutti? Sì, a uno a uno. E poi manderai
giù?
Tutto quanto, niente scarti. E come se li pappa la mia golosona? Oh, prima
li
assaggio lentamente, ci girò intorno con la lingua. E poi, poi? Poi, dopo che
li
buio. È questo il bello, dovrai trovarli tu. Lo sai che sei proprio perverso? È
per
questo che mi ami. L’idea mi stuzzica, dove vado prima? Avanti piano, così,
ecco ci sei vicina, uno di loro è proprio vicino a te. Davvero? Certo, al unga
la
mano. Oh, lo sento, lo sento, è così gonfio. È grosso? Sembra proprio di sì,
non
mi ci sta in mano. Dai, giù la testa. E gli altri? Sono qui anche loro, tranquil
a.
Se sono tutti grossi come questo non penso di farcela. Smettila di pensare,
mettilo in bocca. Oh, amore, mi sento così colpevole. Essere golosi non è
una
colpa, dacci dentro, succhialo tutto. Così? Sì, così, brava, e quelle palle
dove le
Meno male, con quello che costano! Con questo ho finito, guarda, sono
tutta
sporca. Sì, sporca, come piace a me. Amore, non te la prendere ma non
credo
239
faTE cOmE mE
22 agosto
(Tecnica di masturbazione)
di Alex Panigada
Adoro l’estate, adoro il mare, adoro starmene in spiaggia sdraiato sul mio
lettino
a fantasticare sul a maggior parte delle donne che sfilano davanti a me.
Ormai nel corso degli anni ho anche affinato la mia personale tecnica.
Poi basta lasciar scivolare la mano al ’interno del costume, e il gioco è fatto.
un palmo dal tuo naso... bene, quello è il momento giusto per concludere.
Adoro l’estate, adoro il mare, adoro starmene in spiaggia sdraiato sul mio
come in estasi, con il cuore che batte ancora al ’impazzata, e che si fottano
tutti
quei dannati sensi di colpa. Mi accendo una sigaretta, ne tiro una boccata e
mi
Quale?
240
vOcE sOla
23 agosto
di Marina Visentin
Solo con la voce poteva occupare lo spazio, slanciarsi verso l’alto, sentirsi
legge-
Essere e basta.
Essere desiderio.
Il desiderio che vibra nel a gola e fra le gambe, che cola come lava incan-
descente fra le cosce e fin nel solco delle natiche, che avvolge i seni
candidi, i
Il suo corpo largo, coperto di ciccia spessa, massiccia, ottusa, per tanto tem-
Una prigione dove ogni tanto penetrava la luce di una fantasia più
conturbante
del a compassione.
Poi era arrivato lui, lungo e magro, le mani nervose che si avventavano fra
le sue cosce come verso un’umida terra promessa. Col respiro pesante, gli
oc-
Con la voce lo aveva attirato a sé, come una sirena, una donna-pesce che
tra amara.
lide che sputavano veleno. Bambina cattiva, sei una bambina cattiva!
Ancora ti
E la colpa è sempre lì, come pelo sul cuore, che cresce e ricresce, come la
voce di sua madre che abbaia insulti al a sua ciccia precoce e ostinata,
refratta-
241
fORsE
24 agosto
di Azzurra Bellezzi
Lui amava il sadismo nel sesso e lei era rimasta perplessa nel momento in
cui
glielo aveva detto, mostrandole le foto sullo schermo del pc. Gli aveva
chiesto
il consenso del a partner: una donna legata su una sorta di panca in un modo
erano state tagliate e solo il suo corpo nudo e vulnerabile era visibile, un
folto
cespuglio di peli scuri le spuntava fra le gambe divaricate, in primo piano la
va-
solo il fondo. Loro erano in un letto in cui solo poco prima avevano
condiviso
ore d’amore, o forse era solo sesso. Lui non si era mai rivelato violento con
lei.
Amava, sì, prenderla da dietro, infilare il grosso cazzo nel a sua stretta
apertura
ficata. In quanto a lei, aveva una libido molto spigliata, una passione così
forte
di estasi tale che le impediva di distinguere l’uno dal ’altro. Lui le prendeva
le
di forza per lei non gridare, lo avrebbe fatto poi mentre il primo orgasmo la
squassava, facendole perdere il controllo di se stessa. Ora sapeva che quelle
urla trattenute erano forse bramate, anelate dal ’uomo che in quel momento
le
si perse nel a loro profondità cercando non sapeva bene cosa. Le sembrò di
in-
242
la cURIOsITà è fEmmINa
25 agosto
di Alessandra Spagnolo
L’ho trovato per caso, facendo le pulizie di primavera: era in una scatoletta,
quasi vel utato, diverso dal a pelle, flessibile, ha anche gli attributi, cosa che
io
Lo rimetto via.
Oggi ci ho giocato sul divano. Ho schiacciato i tastini, l’ho passato nei miei
È sparita la scatoletta: questo significa che lui in qualche modo lo usa. Non
sono gelosa, ma vorrei che lo proponesse anche a me. Perché non lo fa?
Forse
ma devo dire che lui è stato davvero perfetto, non ha battuto ciglio. Il sesso
i tempi morti.
Vedo mio marito girare inquieto per casa: so cosa mi vorrebbe chiedere,
a posto.
Intanto è arrivato il mio pacco: nove funzioni, senza attributi, viola, con
stro assistente”.
243
TURIsmO sEssUalE
26 agosto
di Stefano Valente
Sceso dal ’aeroporto mi faccio accompagnare in città da un taxi. Non posso
prendere subito la metro. Non ora, non così presto. Devo prima informarmi
sulle ore di punta. E voglio essere in centro, quando salirò per la prima
volta
sul a metro.
Non ci posso fare nul a, lo giuro. Sono andato da un medico per capire per-
ché sono fatto così, per farmi curare. Ma oltre ad alleggerire il mio
portafoglio
Ho viaggiato molto negli ultimi anni, mi sono fatto tutte le grandi capitali
europee, le più affol ate. Nelle ore di punta i mezzi pubblici sono quasi
imprati-
cabili, la gente sta stipata come animali nei carri bestiame. Tutti attaccati
l’uno
al ’altro. Pelle contro pelle. Il mio sudore che si mischia con quello degli
altri.
E le mani. Le mani che non sai dove metterle, a meno che non sei fatto
come
me. Quando vedo un corpo che mi interessa, che sia uomo o donna, bello o
aperte.
Fu così che una sera, non appena vidi un filmato del a metro di Pechino,
capii che dovevo al più presto andare nel a capitale cinese. Nel video la
gente
nel a metro era così tanta che ogni stazione aveva degli addetti pagati per
spin-
Ora sono qui, al a pensilina del a stazione, in attesa del prossimo treno. An-
cora due minuti, dice lo schermo. Dietro di me ci sono già gli omini
schiaccia
spingere. La gente comincia a entrare e io, corpo contro corpo, penso che
que-
sta sarà davvero una vacanza fantastica.
244
saRRacENIa PURPUREa
27 agosto
di Luca Rossi
Il nuovo vaso verde smaltato è colmo d’acqua, almeno due centimetri, sul
terreno
bulbo rossiccio, riposa nel fango di terra e torba dal quale emergono diversi
ascidi
rosso incandescente.
Ecco! Il sole il umina le trappole, le vene rosse bril ano sotto la pel e verde
sottile. Sono foglie turgide, cave, con una leggera peluria al ’interno e
colme di
La pianta vibra nel a luce del sole, muove il corpo flessuoso. Magnifica
scarlat-
Siamo nudi uno davanti al ’altra – Come sei bel a, stenditi qui, su di me,
ecco,
Tra gli ascidi rossi individuo il più grosso. La bocca rossa e carnosa. Una
goccia
è ferma sul labbro, trattenuta dal a peluria sottile. L’interno è scuro e senza
fine.
Sì. Così, così. . Sono dentro di te, siamo l’uno dentro l’altra, una volta, due
volte.
Vengo, gemo – ti amo – ti sussurro in una delle tue tante orecchie, ma tu sei
fredda, come se fossi altrove.
Allora faccio per uscire, infuriato. Non andava bene? Eh? Non bastava?
Non
ferito, così ti scaglio lontano. Troppo lontano. Il vaso rimbalza con uno
sdeng me-
Sette piani di sotto tu non esisti più. Il tuo vaso nuovo, smaltato di verde, è
in
frantumi e tu... i tuoi ascidi... non ci sono più, sei una macchia verderossa
sul ’asfal-
to. Ai piedi di mio padre che si pulisce le scarpe. – Chi lancia vasi dal
balcone? –
Guarda in alto. – Marco, sei tu? – gli occhi ridotti a fessure. – Ma sei nudo?
245
casTa DIva
28 agosto
di Solange Mela
Il tempio greco e la luna bianca, appesa sullo sfondo. Atena, silenziosa e di-
stante, ascolta le note del ’orchesta e le suppliche del a donna ai suoi piedi.
Vengo ogni volta per soffrire con lei, con Norma, perché la musica è il mio
Non importa chi mi siede al fianco, quasi mai. Tranne stasera, perché il tuo
Sei troppo giovane per me, tu che approfitti del buio e risali con la mano
Le tue dita leggere provocano un brivido sul a pelle. Esitano tra il pizzo, un
Perché ti fermi?
Prima del pensiero arriva il tuo profumo, inebriante e umido, sul collo, fra
i capelli.
Sono troppo vecchia per te che, nel ’invocazione di una Norma il uminata
da vaghe luci, divento Casta Diva, divento la luna in eclisse che non vuol
mo-
Nel ’ombra del palco sono ancora bel a. Sono belli i miei seni, che spremi
nel a mano come uva matura.
È bel a la mia bocca, che tormenti con una lingua ingorda, affamata, come
È una lingua di lava che traccia spire sul a pelle, affonda nel a carne per
Per questa mano benedetta, che come un serpente scivola tra i pizzi, mi
e splendida.
Canta, perché non veda il disinganno nei miei occhi e comprenda l’abisso
246
fRammENTI
29 agosto
di Ester Mistò
Anche sua mamma, quando era piccola, amava sedere su una panchina e
guar-
dare lontano. Solo che sua madre lo faceva nelle paludi del a Biebrza,
cercando
di avvistare le cicogne, mentre Anna sedeva sul a panchina del cimitero,
quello
Sua madre aveva dato i nomi agli alberi. Anna, invece, sfiorava la lapide di
lino a Zofia. Poi si sedeva sul a panchina di fronte a Natan. Zil lat 6. Vissuto
anni 6.
Si sedeva sul a panchina e vi appoggiava sopra una pietra. Ogni giorno, una
– Dzien dobry. Buongiorno – le diceva tutte le mattine, quando lei gli pas-
narsi.
Quel mattino lui le prese la mano e la condusse nel bosco fitto e buio. Cor-
rendo insieme incontro al vento, lei si sentiva gelare il collo, il fiato seccarsi
nel a gola, la mano calda di lui avvinghiata al a sua, i suoi occhi scuri pene-
sorpresa di lei.
Intorno a loro una distesa di lapidi. Dentro di loro, solo crampi e fitte allo
stomaco.
caldo, tra la neve ai loro piedi, una mano avida sollevarle la gonna e: – Nie.
grandi labbra, nelle piccole labbra, bagnate, tremule, calde, contratte, in uno
la vita. Mia.
247
sETTEmbRE
30 agosto
di Marco Bartoli
Lui guida sicuro, senza che una parola accompagni i suoi gesti. La strada è
la
stessa che facciamo ogni mese, e giunti al portone mi saluta con un cenno.
Non si
Il mio seno si trasforma in un arco, teso verso il piacere più estremo, e ogni
volta
Le mie mani diventano i petali di un fiore che una volta non conoscevo,
sboc-
e calde, come i miei pensieri. Il piacere che provo è una coppa di ambrosia
che mi
È questo il succo del frutto proibito, la marea che sale inondando il mio
corpo
togliersi dal petto il peso del ’anima, e sentirla aleggiare libera intorno al a
stanza,
lo gemito. È morire, ogni volta. E, per ogni orgasmo che arriva, rinascere.
Finché, dopo aver divorato la vita con morsi voraci, mi sento ancora una
volta
L’auto mi aspetta con il motore acceso, come sempre. Lui guida sicuro,
senza che
– Quanto?
– Il solito. Cinquecento.
mo sposarci.
248
valZER DI salOmé
31 agosto
di Eleonora Goi
C’è silenzio nel a sala, un silenzio affilato e opprimente, di domande
sospese, di
oltre le scale di marmo bianco, nel mondo che vive e respira, la musica
ancora
Attende in piedi, la dama, la schiena che quasi sfiora la parete, il mento ap-
pena sollevato, un animale braccato che sfida superbo le fauci del predatore,
lo
sguardo impudico e deliberato che ancora indugia sul a curva pallida del
collo,
C’è un che di famelico nel modo in cui la guarda, nel modo in cui la lingua
sa-
etta a umettare le labbra sottili. Parla di desiderio e del sapore metallico del
san-
– Avrete il mio appoggio, mia signora – mormora, un passo per ogni parola,
fino a che non è tanto vicino da poterla toccare, fino a che, su quel mia, la
destra
si solleva.
licato del a spal a e poi scivolano giù, repentine, voraci, a ghermire un seno,
a
proprio, solido e bollente oltre la stoffa che li separa, sente la sua mano tra
le pie-
ghe del a gonna, tra le pieghe del a carne, a violare la sua eccitazione, a
sublimare
Sono un’unica ombra al chiarore delle braci, ombra di carne e seta che si
na, macchiata di piacere e di vergogna come le dita umide che lui le poggia
sul a
bocca schiusa.
Rumore d’una porta che si apre, le ultime note di un valzer di Strauss per un
momento, nell’aria.
Di nuovo silenzio.
249
QUalcOsa DI ROssO
1 settembre
di Laura Poletti
Per quel che mi riguarda, sono sempre stata discreta: va bene che siamo nel
duemila, ma certi pregiudizi sono lontani da morire. E per il quieto vivere
basta-
privata.
scusa di guardare il monitor, tanto da poter sentire la forma del suo seno,
piccolo
Poi, quello stupido test, letto ad alta voce durante la pausa pranzo: che
colore
Fino a questa mattina: non l’ho notato subito, la sua tenuta era quel a stan-
dard, gonna scura e camicia chiara, i capelli biondi raccolti in una coda.
L’ho
sulle labbra.
Capisco che lei lo sa, e non considero i rischi e le conseguenze, aspetto solo
sue mani ovunque. Forse qualcuno bussa, mentre siamo schiacciate nel
minu-
scolo spazio fra la porta e il lavandino, ma non insiste quando si accorge del
a
serratura bloccata.
Forse non sono stata abbastanza rapida a smorzare i suoi gemiti, ma non è
giorni, dopo averla premuta con tanta forza sul a porcel ana fredda del
lavandi-
250
DUE DI NOTTE
2 settembre
di Eleonora Lo Iacono
male solo quand’è nudo. È bello essere simili a qualcuno, mentre si è noi
stessi.
Lui mi guarda in modo diverso, quando gli sbottono la camicia.
Nudo è senza domande. È pelle che parla di desideri. È bocca che sorride
semplice. È baci, e tutto suona. Schiocca. Nuda sono senza mode né artifici.
Faccio pendant con le sue cosce. Sono mani che bal ano la mia musica.
Nuda
ho le risposte. Sono.
e gli dico: – Piove. – Mi risponde che ci sono trenta gradi, altro che pioggia.
–
Piove ogni volta che sudi – e mi viene da ridere, e lecco la sua pioggia fino
al a
Elli. E che sarei? Mi rivestirebbe, la farsa del a donna che non sono. Così lo
lego
Notte fonda. Non accenniamo a rivestirci di quel ’età che non serve, in que-
sta cerimonia.
251
maDamE cRUDElTà
3 settembre
di Barbara Bertucci
teresse, non v’era traccia. Dopo anni mi ero ormai assuefatta. Attraversavo
le
lunghe e agonizzanti ore immersa nel tedio d’una quiete innaturale. La noia
allevava i miei piccoli mostruosi parti mentali. Ero una ricca borghese
viziata
che non aveva nul a da fare se non contemplare quel nul a dal ’alto del a sua
desiderio. Anche il più inutile. Per esempio ad assumere una giovane al mio
servizio. Che non gradii per nul a, al principio. Vent’anni più giovane di me.
La facevo entrare nelle mie furenti stanze. Adagiata sul a mia chaise longue
stino di pelle su quel a rosea perfezione che volevo disfare. La sua saliva
calda
biavo i favori godendo dei suoi spasimi e del suo affrettato respiro gemente.
La
za mancante di slancio.
252
4 settembre
di Xel
Dovevo aspettarmelo: quel a scena l’avevo vista dal balcone del mio
bilocale
Casualmente aveva fatto in modo che leggessi le griffes dei suoi abiti e che
gli
facessi i conti in tasca. Aveva tirato fuori l’iPhone ridacchiando per qualche
cena - il ristorante era chic e costoso - mi aveva offerto il miglior vino del a
L’avevo invitato a salire a casa per un drink, Martini senza ghiaccio, e anco-
la minima esitazione.
giunto punti che io stessa non credevo così sensibili, mentre la sua lingua
mi
ancora un attimo fra le gambe con il sesso duro avvolto nel preservativo,
poi
Non troppo grosso né troppo piccolo: perfetto. Si spinse in me, una, due, tre
volte… c’ero quasi… e poi più niente. Venne con un gemito strozzato,
un’espres-
sione estatica, e dopo trenta secondi di convenevoli era già sotto la doccia.
cissimo, tanto che non ero riuscita neppure a contare fino a tre. Mi sorpresi
a
253
5 settembre
di Cinzia Leo
Accadeva ogni notte. Un urlo sospirato svegliava Angelo. La donna che gli
dormiva accanto si trasformava. Clara apriva gli occhi ma quel ’azzurro era
in-
mani di Clara che, per aria, disegnavano archi sempre più grandi, vedeva le
sue
Clara ululava reclinando il collo al ’indietro. I ricci biondi, alle volte, sfiora-
del suo corpo rispondeva feroce. Angelo restava così. Paralizzato. Non
voleva
sibili. Poi, un urlo acuto, di quelli che liberano l’anima, metteva fine allo
strazio
pevole lo avrebbero scosso. Sua moglie non esisteva che di notte, ma non a
lui
254
vIbRaTORI a gRaPPOlO
6 settembre
di Marco Migliori
Il generale seguì la dottoressa in una stanza divisa da una larga vetrata. Dal
’altra
La dottoressa indicò una sporgenza sul a coda del cilindro: – Con questa
punta,
sul a vittima. Le faccio anche notare che non l’hanno ferita nel tagliare la
stoffa.
– Procediamo senz’altro.
Dieci minuti dopo erano sul tetto a guardare le scie dei razzi in partenza.
– Anch’io.
– Capisco. Senta, non le sembra che metà dei missili stia tornando indietro?
– Anche noi combattiamo, non solo loro. Lo scopo del progetto non è
vincere,
255
maREE
7 settembre
di Aurora Alicino
Lui in piedi davanti a me, con un’erezione già in atto e la borsa accanto.
gola.Lui inizia a manipolare il mio corpo con quel tocco pesante e sfacciato
che
mi fa impazzire. Roba sua, sì, sono roba sua, un oggetto, una schiava, una
ca-
le giunture. Ecco, ora ha deciso da dove partire. Si alza, estrae dal a borsa
un
Sale sul letto, traccia due solchi leggeri sulle mie cosce, due onde. Poi, un
indice lungo i segni lasciati dal a lama. Il sangue inizia a defluire e al suo
posto
l’eccitazione mi entra nelle vene. Divarica la ferita sul a pancia e soffia sul
a
carne viva. Ho un brivido, quasi una convulsione, grido. Onde, ancora onde
sulle mie braccia, onde che pulsano e buttano fuori vita e stress. Eppure,
non
mi sono mai sentita così viva. Vorrei che mi facesse sua, vorrei toccarmi, lui
si
pedisce ogni movimento. Due soli, ora, sul mio petto, e raggi rossi
tutt’intorno.
Gemo. Tanti piccoli tagli lungo i dolci pendii dei seni. Li spreme, ed
eruttano
256
abbIa PaZIENZa
8 settembre
di Maurizio Matrone
– Sì, pronto?
– Lo sai che non aspetto altro, maschione. Mi eccita solo sentirti parlare,
vengo
solo con la tua voce, mi bagno solo con le tue parole e…
– No, cazzone, anche in bocca. E davanti, dietro, sempre, tutte le volte che
vuoi.
– Anch’io, amore…
– Alle quattro?
– E tuo marito?
– Meno male, ci tengo al tuo cazzo… e ai tuoi wurstel. Allora passo io,
occhei?
– No, bastardo…
257
9 settembre
di Marinel a Lombardi
Lo desiderava. L’attendeva al varco. Lui aveva scelto il giorno giusto per
rivederla.
Un anno e 73 giorni dopo, si trovava accanto a lei. Anzi, fra le sue braccia.
In un
risucchio umido di baci. Lei non l’aveva dimenticato. Gli aveva aperto la
porta e
– Sai che giorno è, oggi? Il 9 settembre 2009. In cifre: 9-9-9 – riprende lui,
mentre
Litia solletica i bottoni del a camicia di Otto e quelli schizzano via a uno a
uno.
do algebrico. I seni gli fanno il solletico, sono coni da leccare. Taglia terza:
3, come
nudo sotto di lei. Pelle su pelle, una danza di superfici che si fanno
geodetiche nello
Cara Litia,
sono al a deriva, da quando sei penetrata in me. Tu, ovunque densa, hai
interpo-
ta a mirarlo e poi l’hai integrato a te, in te, per parti. E una scossa ha
provocato uno
greco mezzi?
258
la cOlONNa sONORa
10 settembre
di Samuele Nava
ragazza e di finirci a letto la sera stessa del primo incontro. Meglio tardi che
mai.
gno al limite del ’infarto. Confesso che per vincere l’ansia da prestazione
avevo
quel CD nello stereo. Musica magica, onirica, erotica. Non trovo le parole,
pos-
so solo dire che quel a ragazza sapeva come creare la giusta atmosfera.
Io avevo dato fondo a tutto il repertorio: che cosa pretendeva di più, quel a
A quel punto mi sono alzato dal letto per andare a pisciare. Mi sentivo
corrisposto.
stodia del CD, chiedendomi chi fosse l’autore di quel a musica che tanto mi
aveva affascinato.
Nessun nome era indicato in copertina, solo una scritta fatta con un penna-
l’altro “musica per leggere”. Mi parve chiaro che la vita di quel a ragazza
era
Ero cotto. Decisi che avrei fatto di tutto per non perderla: al risveglio l’avrei
sderenata!
Feci pipì e poi mi avvicinai al suo volto dormiente. Era bellissima. Ancora
Poi, non so quale ispirazione mi colse: aprii il cassetto del suo comodi-
no. Cosa cercavo? Forse una fotografia, un libro, un diario segreto. Trovai
una
259
bUcO NERO
11 settembre
di Enrico da Violemay
Erano passati due anni dal a prima volta che ci eravamo incrociati, a casa di
Agnese. Stel a era arrivata con un grosso zaino e dei pantaloni marroni, sco-
loriti, che insieme alle scarpe da ginnastica e ai capelli color cenere non la
sul divano con le gambe accaval ate, Stel a si è seduta al mio fianco, serena
e
decisa, per chiedermi qualcosa di me.
vino in corpo; lei mi guardava con quegli occhi bril anti, la mano poggiata
tra loro. La prima e unica per entrambe, non erano attratte da altre donne.
Ma qualcosa di lei, una ragazzina priva di senso del peccato con uno
sguardo
nascosto tra le sue gambe. E Stel a - come avrei capito presto - non sapeva
dire
di no. Ora avevo anch’io quel a voglia. L’avevo sentita crescere, in quei
mesi,
vedendo Stel a camminare verso la mia auto, dopo avere atteso che uscisse
da
sentii il sapore dello sherry che avevamo bevuto, mischiato a quello del
’ado-
lescenza. Salimmo in auto. Nel tragitto ci baciammo ancora, e le strisciai la
mano tra le gambe, nel buio, fino a infilarle le dita tra i peli folti. Era
bagnata.
e lo fece anche lei. Entrammo in camera sua. C’erano foto di lei al mare e di
poi i pantaloni. Me li tolsi mentre mi annusava il petto. Poi chiusi gli occhi
ed
Sentii come se il suo corpo fosse centrato sul suo sesso, come se le dimen-
sioni dei suoi fianchi fossero quelle di un grande cerchio con una fessura al
centro. Il busto e gli arti erano solo un contorno inutile a quel ’apertura
calda.
260
acQUa
12 settembre
Serena si spoglia senza cura. Il maglione di lana rossa scivola per terra e
mostra
sali da bagno: che venga una bel a schiuma. Rosa selvatica, oggi.
Serena guarda la vasca riempirsi e sente calore sul corpo. Il calore del ’ac-
Da quanto è andato via? Serena si annusa le mani per sentire il suo profu-
mo, per sentirlo ancora vicino. Dopo, sarà solo rosa selvatica, dopo sarà
ancora
La mano destra scende accarezzando il ventre, e poi ancora più giù, a toc-
care il pube.
tocca l’acqua, e poi dentro, giù, tutta. Solo la testa fuori. I capelli lunghi,
sciol-
ti, stanno appoggiati sul a schiuma, una ragnatela nera su tela bianca. Lascia
dole.
di lui grosso, duro, entrare lentamente dentro di lei. Sente solo calore e
piacere
giunge l’orgasmo.
cora il sapore di lui, e adesso potrà riaverlo ogni volta che ne sentirà il biso-
gno.
365 racconti erotici per un anno
261
la mUNgITURa
13 settembre
di Marco Zava
Ora vuole solo dormire. Abbandonarsi e crol are nel buio e nel niente. Basta
piacere,
eccitazione, orgasmi. Ormai non li conta più, né i suoi né quelli di lei, e non
riesce nep-
pure lui a capacitarsi del a sua resistenza. Ma così è troppo anche per lui.
Lei è troppo.
Una procace infermiera da fumetto, tale quale l’ha sognata dai dodici anni
in poi, le
del a fica e così stretto che le tette gonfie come palloncini minacciano di far
saltare i
bottoni. Gli è bastato vederla per dimenticarsi delle cinghie che lo tengono a
braccia
e gambe aperte disteso nudo sul lettino, e degli aghi nelle vene. Lei si è
chinata su di
lui, le grosse mammelle appoggiate al suo petto nudo, e per lui non c’è stata
più scelta.
lingua fra i solchi del suo addome muscoloso, lui implorerebbe pietà, se
solo riuscisse
a parlare, ma non gli esce che un gemito. Il suo sesso, ancora semiduro e
bagnato di
prepuzio registra il farsi ritto e duro del suo cazzo, e la mungitrice entra in
azione. Se
di sperma. Altrimenti, come ora, chiude gli occhi per non vedere i tentacoli
meccanici
con cui la macchina lo violenta, ma non può fare a meno di godere a sentirli
scorrere
Con una guaina avvolgente come una fica che gli risucchia il cazzo e un
tentacolo
fallico che gli fotte il culo, la mungitrice gli strappa gli schizzi di un ultimo
orgasmo,
262
chamPagNE
14 settembre
di Edda Biasia
e fresco. Sfoglia una rivista, con foto di vestiti e pubblicità varia. Sceglie
dieci
cassetti, come corpi senza vita. Sospira ancora. Il cielo è grigio. Al ’ultima
pa-
foto dei maschietti . Alcuni sono biondi con capelli corti, altri mori con
chiome
come chicchi d’uva, passa la mano sul sesso, è liscio e morbido come un
pe-
eccitazione.
spalle, la pelle liscia come il marmo. Senza parlare lui si spoglia, il pene in
ere-
zione. Rosa vorrebbe fargli alcune domande, lui le apre le gambe, è bagnata
di
263
maI
15 settembre
di G. B. Shock
Qui nel privé la musica non è così assordante. Monica mi precede, forse per
offrirmi la vista mozzafiato di lei che si siede accaval ando le gambe, coper-
guiti da lei acquistano quel fascino erotico che giorno dopo giorno ha con-
no che fra un’ora al massimo i miei desideri più perversi saranno esauditi.
l’iniziativa, ordinando per tutti e due. Vista da fuori sembra una cosa
insignifi-
cante. Per me è un’altra stretta al cuore, un altro brivido fra le gambe, e lei
lo sa.
I suoi occhi trapassano i miei. Sono io a decidere per te, dice il suo sguardo.
Non so come se ne accorse. Fatto sta che una mattina, davanti al a macchi-
Quando ti passo vicino, quando tossisco per schiarirmi la gola.. Vorresti fot-
L’erezione improvvisa che mi colse fu il segno di resa che sancì la sua com-
Posato il bicchiere vuoto sul tavolo, si passa la lingua sulle labbra. Un’altra
frecciata. Ormai sono allo stremo. Il mio cuore quasi si ferma quando sento
il
dice il suo sguardo. Sei così insignificante che meriti di essere toccato solo
con i
– Sì.
264
amORE E cOllEZIONIsmO
16 settembre
di Giulio Leoni
Molte cose eccitano la sensualità del a carne nel ’uomo. Prendiamo per
esempio le sorpresine degli ovetti Kinder. Avete mai visto qualcosa di più
più intrigante del a mascolina virilità dei Piramolli? Quei piccoli mucchietti
di plastica addolcita dal tepore delle mani che li accarezzano con morbosi
andirivieni e diteggi degni di una sonata di Bach, non scatenano una subita
scuro dei suoi occhiali da sole? Oppure esiste davvero un duro cuore
talmente
trabocca dal a sua tinozza come acqua incontaminata da una pol a sorgiva
nel
stessa del a femme fatale dei nostri tempi? E fatale nel senso di destinata,
scelta per noi non dal provvidente disegno di un Dio, ma dal più benevolo
articolarsi del cieco caso, ben più giusto nel a sua imparziale distribuzione
di
bene e male.
che ricorda arcane figure delle Mille e una notte, profumate di esotici
dolce calpestio di pantofole fruscia su folti tappeti dai ricami al usivi. Tutto
265
al caNTO DI UN vINIlE
17 settembre
di Davide Gasbarro
Il disco di vinile inizia a saltel are. Ripete quelle stesse, belle note. E non
c’in-
teressa.
Mario mi ha chiesto di fare compagnia al a moglie, mentre lui è fuori, per
maledizione.
E non vorrei urlare, come faccio sempre dopo aver finito, per la rabbia. Il
buio di questa stanza è il buio del a mia mente, che gode e si pente, e non
riesce
Sei magra, bianca, debole, sei la morte. Ma il tuo fascino mi esplode in fac-
Ancora, ancora. Non vai in alto, ma sempre più rapida, senza respiro. Quel
movimento strano è una corsa al ’amplesso. Paura che sia sempre l’ultimo.
Urlo a squarciagola ma non serve! Non c’è niente che mi salvi dal ritmo di
quel a trappola mortale, di natiche e seni che bal ano al pulsare del mio san-
gue.Finita, l’ennesima volta è finita. Le coperte ne sono piene, del mio e del
– Mio marito è lì, dietro la porta. Ci ha spiati. L’ha sempre fatto. Siamo noi
i suoi cavalli.
266
REgalO DI NOZZE
18 settembre
di Laura Schirru
Mi hai perdonata, vero? Misi una mano sul a porta, spinsi ed entrai dietro di
lui.
Percorsi con un dito il duro rilievo, pietra sotto raso. – Insieme e da soli –
risposi. Mi al ontanò le mani, ma con così poca energia che seppi di averlo
in
meno indicata per cacciarmi via. Se la sua preoccupazione era che qualcuno
ci
– Siamo in una toilette. E non ci metterò molto, prometto: devo solo conse-
gnarti il mio regalo di nozze. Dici sempre che ti serbo rancore, ma indovina
un
po’… – Gli tirai giù la lampo dei calzoni, che scivolarono intorno al e sue
caviglie
guardarlo per sapere che teneva gli occhi fissi sul a scol atura a balconcino
del
vestito, sul a parte del mio corpo che gli era sempre piaciuta di più: rossa
natu-
sul a testa. Poco male. Mi ero fatta fare una piega facile da sistemare,
proprio in
domi con le mani, come un bambino maleducato che fagocita tutto quel che
ha
nel piatto. Per il resto, dovetti fare ben poco: qualche spinta, un attimo di
rigidità
detersivo per piatti, mentre lui rantolava cercando di non farsi sentire.
Mandai
tato. Mi hai perdonata, vero? Non volevo farlo, andare a letto con lui… è
successo
La sposa era radiosa, quel giorno. Se l’avevo perdonata? Sorrisi . Adesso sì.
mETODI
19 settembre
di Massimo Muntoni
impazienti. Si fermò.
La parte razionale di Michela era disorientata; come qualche ora prima, nel
rantenne con gli occhi al a Jude Law, così lo descriveva Maria. E spesso
faceva
Ma a lei niente.
Forse, aveva sempre pensato, veniva trascurata perché era sposata o for-
se per il suo aspetto: una taglia di troppo a model are i suoi ventotto anni, e
quegli occhiali dalle lenti troppo spesse che poggiavano su un naso troppo
ingombrante. Non sarebbe andata oltre la cena, si era detta. Ora, invece, lui
le
Lui la spinse sul letto, le sfilò le mutandine. Passò le dita sul a fessura
bagna-
ta, baciandole le cosce con avidità. La sua testa affondò nel mezzo.
La mente di lei, colma d’estasi, rievocò l’immagine dei volti raggianti delle
colleghe le mattine successive alle loro uscite con Samuele. Quel loro
respon-
Poi, come richiamata dalle grida soffici, una lingua sottile si presentò al a
sua bocca. I suoi seni vennero stretti e due nuove lingue crearono cerchi di
La danza saffica la inghiottì. E dal fondo umido del a sua libidine riconobbe
268
la camPaNElla
20 settembre
di Fontina Boy
Diserto l’aula, tanto ai ragazzi cosa posso spiegare di ita nel a loro ora di
mate?
Faccio la mia pipì, anche senza stare attento non tocco il bordo del water.
Ad-
dirittura alzo e abbasso la ciambel a, come se fosse il cerchio di fuoco per i
Esco. Chiamo una ragazza, non focalizzo se è una mia alunna oppure no.
Le voglio mostrare il cartello, quanto sono stato bravo: lei abbocca. Una
volta
come valve di una cozza che sta per inabissarsi. La poveretta vorrebbe
urlare,
finire la ricreazione. Sono stato bravo, ma penso che lo posso essere anche
di
Tornando in classe, mi dico che oggi darò il mio primo sette, via.
269
21 settembre
di Massimo Costa
fatto comprare a lei. Che poi non ha voluto nemmeno i soldi, per cui è
anche
un regalo.
– Be’, in effetti lei era la persona giusta. La vergogna del gadget, vista la
sua
getto avrà sicuramente una sua logica da rispettare. C’è un verso? E poi, il
bi-
– No, aspetta, a quarant’anni ancora non sai come vanno queste cose? Al-
lora, l’uomo fa una battuta evidentemente riduttiva sul a sua potenza e/o do-
riproviamo.
– Cioè?
apertamente.
270
l’alTRO
22 settembre
di Roberta Giacomini
Nessuno era a conoscenza del motivo per cui l’aveva sposato, neanche
Elisa-
betta, la sua migliore amica; lei disprezzava Marco, lo considerava uno
stupido
Lui era realmente uno smidol ato, maldestro e incapace di soddisfare una
donna. Betta aveva cercato in tutti i modi di farle cambiare idea, ma non era
riuscita a convincerla.
neri si umettò le labbra, mentre il suo corpo, coperto solo da una corta
camicia
mani sulle braccia, affondando le dita nel a carne morbida. La sua stretta
deci-
– Tanto non sarai mai sua. – Lo disse con la tranquil a sicurezza di chi sa
Sì, lo sapeva. Voleva che fosse così. Perché, anche se erano le mani di
Marco
quelle che stavano seguendo la linea sinuosa dei suoi glutei in una
maliziosa
Chiuse gli occhi mentre le dita sapienti del ’uomo si insinuavano lungo il
solco tra le natiche, scendendo sempre più giù. Strinse i corti riccioli scuri
In quel nome risiedeva il vero motivo per cui si era sposata, il segreto che
nera, quel a che si manifestava nel ’oscurità del a camera da letto, l’alterego
perverso che dominava le sue notti. Lui era il suo amante nascosto.
271
bERlINO UNDERgROUND
23 settembre
di Fiorenza Fil
re, deodorante: il mio, il tuo, il suo. Un groviglio di arti tesi, i suoi seni di
luna
sporca che dondolano, affettati dalle lame di luce che dalle serrande cadono,
no sul mio corpo con le tue, nelle tue, cercandosi. Ultimi accenni d’un
bacio, il
notte. Le sue labbra lisce e tumide come la mia vulva e il tuo sesso appeso,
che sguscia fuori, luminoso. E la tua mano mi tira i capelli come quel a d’un
contadino mentre falcia il grano, la sua bocca riprende i miei contorni,
dolce
di fiele. Ancora mi costringi fra le tue cosce tese mentre lei mi è addosso
come
le stelle nello spasmo delle tue dita eppure sento lei, ora, sento quasi solo lei
fra le mie gambe. Quel succhiare che si spande fra le labbra del mio sesso
in
d’un orologio esaurito. È bel a, nuda. Il suo corpo è fatto di sale integrale,
ha
metri di pelle da stendere e il suo culo sembra terra soda, spaccata in due
dal
ferito. Indossa di nuovo il suo striminzito abito pink e le sue scarpette tacco
16,
di cristallo, del ’ultima cenerentola di Berlino. Le sue mani laccate si al
ungano
sulle banconote da 100 che tu le hai lasciato sul comodino e mentre mi sus-
fra le mie natiche, lei si volta e trabal ando lascia la stanza. Di lei, ora,
restano
vale zero.
272
24 settembre
di Filippo Suessli
Adamo si girò verso Eva, girò il capo, abbassò le sopracciglia sul confine
degli
Forse è la volta che gli prende un infarto, forse è la volta che la smette di
as-
sil armi con il suo essere uomini, mariti, cattolici, lavoratori, sudati e
abbron-
dovrò più sentire mia madre interrompermi ogni volta che decido di dirglie-
lo; non dovrò più sentire commenti sudici su ogni gonna che incrocia l’auto
quando andiamo al supermercato il sabato mattina; non dovrò fare più finta
di ridere, non dovrò più fare finta di guardarle con i suoi stessi occhi, quegli
fingendosi Adamo.
Adamo, Eva e il serpente. Cacciato, io, Sergio e il serpente. Non sarà il giar-
dino del ’Eden, ma era pur sempre casa mia. Mi ha sbattuto fuori come un
bastardino a metà luglio, lui che si è sbattuto tutte le clienti, il bel muratore,
con il suo pettinino per i baffi, con la pomata per i capelli; nel
duemilaenove...
dodici abitanti).
Ernesto Antinori, padre, non ha mai più pronunciato il mio nome: (Er)
Nesto Antinori, figlio. Per i trentasette anni che è sopravvissuto, ogni volta
che
Ora vivo con Giulio, dieci anni meno di me, tonico, scuro, secco e musco-
loso. A mio padre sarebbe parso un vero muratore. Dietro a una porta che
273
25 settembre
di Fabio Giannelli
che i suoi erano via per un paio di giorni. Ero tutto eccitato, non mi sono
fermato
a pensare. Siamo saliti e abbiamo bevuto due birre seduti sul divano. Per
farla
breve, dopo cinque minuti eravamo nudi in camera da letto. Lei si è seduta
così,
– Perfettamente.
a vuoto per non so quanto tempo. Mi sono gettato nel a doccia, lavandomi
tre
– Le parlerò, vedrai che si sistemerà tutto. Basterà qualche seduta. Nel frat-
– Dottore, è sicuro?
274
Il PROTOcOllO
26 settembre
taria corsa al ’orgasmo. Giorgio era sopra di lei con il corpo. Nient’altro.
Ora la bacio sul col o e salgo a titil arle il lobo con la lingua, questo
dovrebbe
accelerare i tempi.
Subito Gabriel a gli afferrò i capelli sopra la nuca, segno che aveva
apprezzato.
L’unica maniera di rendere meno gravoso quel supplizio era chiudere gli
occhi
quando vedeva Gabriel a sorridere vogliosa sotto di sé, gli saliva il sangue
al a te-
tenero corpo di ragazzo, così bello e pulsante di vita. Stringersi al suo petto,
respi-
chino a correggere una risma di compiti, tutto solo. Cosa avrebbe fatto,
allora, pur
e poi una voce dimessa: – Mi scusi, professore, so che oggi non riceve, ma
vorrei
solo domandarle…
Giorgio avvertì il suo fisico recalcitrare, reclamando pietà. Non riusciva più
a rima-
nere dentro quel a gelida cavità infernale. Per resistere dovette volare da lui,
che lo
angolo del suo amato. Giorgio poteva quasi avvertirla su di sé, e fu come se
un’ener-
so umido.
275
IN TRENO
27 settembre
di Gloria Gerecht
treno poco affol ato, avrebbe provveduto lui a non farla disturbare.
Lei accettò grata. Tirò le tendine, alzò i braccioli divisori, si sfilò i sandali e
visa, erano loro che la tenevano ferma, ma non ne vedeva i volti, solo i
genitali
pervasiva sodomizzazione.
Era adesso in balia di due stupratori quando il terzo la afferrò per i capelli
sollevandole la testa: anche la sua bocca fu violata senza che lei riuscisse a
op-
porsi. Sentiva sul a pelle la stoffa ruvida delle loro uniformi. I tre uomini
ansi-
glio.Poi andò a togliersi la divisa che, rientrando dal turno di notte, non si
era
276
NaDIa
28 settembre
di Matteo Carriero
Nadia vede la mano del ’infermiera stretta nel a sua. Intorno a lei alcune
per-
sente la sua voce. Qualcosa di grosso si agita dentro di lei, aprendole pian
pia-
Nadia è nuda sotto un lenzuolo rosso. Ama aspettarlo così quando torna dal
lavoro: la pelle fragrante, la bocca calda, gli ormoni che escono dal a
fessura tra
le sue gambe come api da un alveare. Suo marito è morto da mesi ma
continua
a rincasare al a stessa ora. Luca non si fa la doccia, sale subito sul letto,
pallido
penetra nel pelo e nel a pelle, arrivando a baciare zone su cui non è stata
ancora
piantata una bandiera. Poi, d’un tratto, Nadia ritrova il respiro: vede la testa
del
marito uscirle dal grembo, mentre dal basso compare un pallido bastone.
Apre
Luca comincia a fare l’amore con lei come una volta, avanti e indietro, pri-
ma piano, poi sempre più forte. Sempre più forte finché lei non perde quasi
i
sensi nel parossismo delle contrazioni, mentre vede il pene del marito
entrare
come un coltello dal ’alto, dai peli pubici, dal ’ombelico, penetrando
ovunque.
– Si calmi!
no non sopravviverà. D’un tratto la morsa del dolore si allenta, il bimbo sta
vede fissarsi le mani vuote, inebetita. Si scosta con tutte le sue forze per
riuscire
a guardare e vede il piccolo immerso per metà nel lettino. La sua schiena sta
Il dottore passa la mano sul letto, solleva le lenzuola, guarda sotto al letto.
277
facTOTUm
29 settembre
di Maria Sole
Quei dannati cinesi me lo avevano giurato.
Hmm, e fa tutto quello che dice qui, nel a brochure? Sesso sfrenato a richie-
Tre interminabili ore legato qui, supino, le mani sul a nuca. E la maledetta è
Me l’ero portata diritto a casa, felice d’aver risparmiato ben duemila crediti
sul
Pare proprio che ci sia andato pure io, con i compatrioti. Un giorno. Non
credo
Riderei di gusto, se la mia bocca non fosse già colma del a tecnologia
cinese.
Complende l’inglese, aveva ribadito il muso giallo, falà quel che desidela.
il vialetto, per la gioia dei sudici vicini guardoni. Se ne sarebbe andata, Dio
mio,
sarebbe andata via, se non l’avessi chiamata dal a soglia. Torna qui, puttanel
a, le
Due giorni, e il ronzio dei relè pervade ancora la stanza. Sangue e fluidi
rico-
prono l’acciaio splendente. Spero non scrivano nul a sul a mia lapide. Solo
il mio
nome, magari. Thomas Otum.
278
PasswORD
30 settembre
di Alan D. Altieri
zo, poi lascia le luci accese. – Tut o questo lo dissi a voce alta. Richiusi la
porta blin-
data alle mie spalle. Parlando al vuoto del ’appartamento. Quel ’alone
purpureo, nel a
Varcai la soglia. Puntai drit o sul a scrivania rol -top di legno d’acero e al
portatile. E
– Biancaneve.
voro ai siliconi calibro 6, lucidalabbra nero petrolio, guanti opera neri sopra
il gomi-
to, maschera borchiata di cuoio nero. Unica nota cromatica fuori luogo, la
Beretta FS
da 9mm Parabel um. Nichelata, non nera. Autentica stecca, in quel black
wet dream.
– Che password?
– E allora?
– E allora... – infilai la mano nel a tasca destra. – È una replica. – Tirò il gril
etto:
– La password è... – Feci risalire le mani lungo le sue cosce, fino al a carne
calda
sesso.
– Hai barato. – Si tolse la maschera con un gesto secco. – Non avevi detto
niente
La piegai bocconi sul a spal iera del divano. Le serrai i polsi dietro la
schiena.
279
fORsE DOmaNI
1 ottobre
di Luigi Brasili
Oltre le palpebre chiuse vedi il neon del supermercato. Carrelli, volti, mani.
La sua
mano. Una due tre volte. La sua mano che sfiora la tua e ti porge il barat olo
dallo scaf-
fale troppo alto. I suoi occhi sorridono da soli, come soli nel o spazio
profondo. Stel e
Sette ot o nove.
Stefano, piacere mio. Sa che abitiamo vicini? L’ho vista dal a finestra di
fronte l’altro
Spingi il carrello di corsa, veloce come il tamburo nel tuo petto; no, non
voltarti!
suoi occhi, delle sue labbra. Scorre fino al ’altro ieri. A quel a mano che ti
circonda il
polso, mentre l’altra t’infila il foglio nel a tasca dei jeans. Senza respiro.
Senza voce.
Ti aspetto…
prima. Anch’io ero nudo. Ma questo lo sai. Ho visto che sbirciavi. Il mio
interno è il 9.
Getti il foglio nel water, scosti la tenda. E lo vedi, lo senti. È dentro di te.
280
NOTTI
2 ottobre
di Nunzia C.
Erano anni che lo desiderava; tanti, troppi. Così tanti che aveva smesso da
un pezzo
di contare le volte in cui avrebbe voluto fare al ’amore con lui, sentirne il
tocco su di
sé. Forse perché, se avesse continuato, si sarebbe soltanto fatta del male.
Adesso invece era lì, davanti a lei, la guardava con occhi languidi e le
diceva
Aveva forse bevuto? Chissà. Erano appena tornati da una festa e lui aveva
voluto
riaccompagnarla a casa.
La domanda le era nata per caso, per effetto del ’alcol, di sicuro, e
probabilmente
Non le importava.
La luce del a luna piena filtrava dalle finestre, disegnando ombre e luci sul a
pel-
Pian piano le sue mani erano scese ad abbassarle le spalline esili del ’abito -
e chi
l’avrebbe mai detto che quel vestito sarebbe stato così utile? - poi ancora
più giù, sui
capezzoli già turgidi, seguite rapide dal a bocca che, ardente, li aveva
circondati e
Più veloce, ti prego! avrebbe voluto urlargli, ma si accorse che non riusciva
a fare
altro che ansimare, forte, sempre più forte; le sue dita le accarezzavano
l’interno
erano tornate su, sul collo, per assaporarlo lentamente, come fosse un cibo
squisito
tura sarebbe finita, entrò in lei. E allora non sentì più nul a, solo quel a
sensazione
quel corpo, il suo corpo, sopra di lei, dentro di lei. Gridò il suo nome,
ancora e anco-
Quando riaprì gli occhi, era già mattina. Lasciò che la mano cercasse il suo
cor-
po accanto a sé, ma non avvertì nul a.
Per un istante, non poté fare a meno di chiedersi se ci fosse stato realmente;
i
281
vERENa
3 ottobre
di Shinu
cone, e non è il tipo di sentimento che nasce dal ’amicizia molto profonda,
quello
che ti fa pensare “la amo così tanto che se lo volesse con lei potrei arrivare
a
sarebbe bel o spezzare quel ’innocenza. Lisa arde dal desiderio di stringerla
a sé
fino a lasciarle i segni, di morderla, di trattarla rudemente, ma anche di
rassicu-
sembrerà smarrirsi.
C’è qualcosa nel suo aspetto che la commuove, un’impronta infantile che in
lei è rimasta intatta e la fa spasimare di farle del male per poi curarla.
Si chiede se abbia mai provato a farsi scivolare una mano tra le gambe, se
le sue dita abbiano mai sfiorato il taglio netto del a vulva scoprendo cosa
cela,
quali paradisi. Retaggi puberali che per lei sono ormai una prassi, ma Lisa è
stranamente certa che per Verena non sia così. Ha un’aria troppo pulita e
timida,
al a tristezza di sapere che una ragazza d’oro come lei non avrà mai un
partner
tanto trasparente.
E immagina che cosa possa voler dire leccarla, quale suono stupito
emetterà,
se sarà quel a la chiave per far emergere la parte più trasgressiva e disinibita
che
Come sarà il suo primo orgasmo. Quale sapore avrà, quale odore, se le
piace-
A questo pensiero viene, mentre le due dita che si era sepolta dentro si pla-
cano, seguite da quelle sul a clitoride. Non è possibile che ogni volta che
torna
dal lavoro debba correre a chiudersi in bagno come una ragazzina, perché la
sua
col ega preferita ha un’aria ingenua e sperduta che le infonde fuoco liquido
nel e
vene.
282
l’amORE E lE mUsE
4 ottobre
di Alice di Mattia
– Adoro il tuo modo di scrivere! – esclamò Lisa, accoccolata sul divano
accanto a
Grazia. – Io non sarò mai in grado di creare universi e persone come fai tu.
– Con
Lisa tentò di negare, ma la scrittrice dai capelli rossi inchiodò gli occhi nei
– Ti prego... non sono certo al a tua altezza! E poi... – Lisa chinò il capo. –
– Oh, sì invece. È così vero che ti ordino di raccontarmi ciò che scrivi.
perché le Muse non erano più dee e non erano più vergini. Si erano fatte
mortali,
Le labbra di Grazia planarono sul a sua futura Musa nel punto in cui il collo
si
congiunge con le spalle, suggendo la pelle come se fosse stata nettare
divino. Lisa
E Lisa ubbidì. Le sil abe fluirono lentamente fra gemiti interrotti, mentre
meraviglioso.
donna o la scrittrice?
– E tu ami in me la donna o la lettrice? – Sfiorò con un dito le ginocchia di
283
lO scambIO
5 ottobre
di Silvia Lisi
di vimini su cui era seduta. Dopo un mese di sesso folle, l’uomo con cui era
primi bottoni del a camicetta attil ata, lasciando intravedere l’enorme seno.
Il direttore ammutolì. Gli occhi gli bril arono. Lui adorava quelle poppe
camerino. Ora quel a vista ravvicinata gli procurava intense fitte di piacere.
tette enormi.
La roulotte traballò.
Mentre lui faceva su e giù, su una brandina che sembrava dover col assare
timelo!
Finì la parola e un ululato di piacere rimbombò come un tuono fra le pareti
l’uomo giù dal a branda e con rabbia, urlando, gli si buttò addosso.
Centoventi
chili di ciccia feroce che con le mani schiaffeggiavano l’uomo e con le tette
284
6 ottobre
di Roberto Lisi
I corvi odiano essere scoperti mentre si baciano. Oggi li trovo nel ’orto
mentre
Gli uomini del a città sono sessualmente impotenti e gli unicorni vengono
sterminati senza pietà. I contadini mi hanno teso una trappola perché, man-
Sento odore di foglie marce, degli ultimi pollini di Silene, odore di muffa, il
La ragazza che deve fare da esca è un cesso, e viene accompagnata dai cac-
ciatori al centro di una corte. Si siede sopra una fresa. In molti dal a città si
oggetto trovato negli orti (un piumone per il 50% acrilico e per il 50% di
lana
– Se continua così non usciranno mai allo scoperto. Non tira più vento!
La ragazza inizia a frignare, teme che gli farò provare molto dolore. È in-
timorita dai cacciatori che, per tradizione, indossano pantaloni dalle
cerniere
sbrindel ate, mutandine di pizzo rosso che sbordano sul ventre gonfio di
birra,
– Come mai non escono ancora? Vedrai che qui ci sono solo unicorni froci
Sarà l’ultimo amplesso del a mia vita. Il sesso con una vergine significa
morte e rinascita.
Alcune donne fissano la scena dal ’alto di una collina, succhiando del gelato
285
DUbaI, Ya habIbI
7 ottobre
di Alessandro Falco
late. Gli occhi bistrati affiorano dal khimar ripiegato sul a testa in una
voluta
sontuosa, le maniche arabescate con i colori del pavone s’irradiano dai polsi
al
seno morbido, al a nuca velata. Fende la fol a, s’inoltra nel a vasta galleria
sfa-
vil ante di luci, sale sul a pedana mobile diretta al ’uscita tra cascatelle
d’acqua
scrosciante.
Lui finge di osservare le perle esposte oltre il vetro blindato, scruta al ’in-
Si tuffano sui taxi che si materializzano al ’uscita, uno dopo l’altro. L’at-
mosfera rovente del ’esterno e l’ansia montante mozzano il respiro a
entrambi.
sottile confine tra salinità tiepida e vapore torrido, verso l’ardito profilo del
’al-
bergo teso come una vela in planata sulle acque del a baia.
Lei spalanca la porta blindata del a suite, lui sguscia dentro prima che le
è prossimo a partire.
286
vODka lIscIa
8 ottobre
di Christian Bencivenni
Non suonerebbe male, se non fosse per le mani legate dietro la schiena da
Zorro (il ciccione) ride perché mi ha detto che appena vengo mi fa saltare
Due mesi e una vita fa. Una serata a Rimini con gli amici, un lavoro da
impiegato precario e una vita banale. Poi dopo tre Cuba Libre quel
’espressione
che ha cancel ato tutto e nient’altro a parte la sua pelle mentre scopiamo in
macchina. Certo, ancora non lo sapevo che faceva la puttana ed era sposata
con un albanese di nome Yuri che oltre a farla prostituire trafficava in droga
e
aveva un conto in sospeso con dei russi. L’ho saputo dopo. A dire il vero
una
Comunque è andata così: Yuri ha fregato dei mafiosi russi che ora lo voglio-
Mi viene da piangere.
Nel buio, con l’aria che sa di cordite e le orecchie che fanno male, Mel fa di
ri. Ho impiegato sette ore a convincerlo che non ero Yuri e che potevo
farglielo
trovare, ma per usare la parola d’ordine Yuri doveva esserci, sennò erano
cazzi.
287
IO mI chIamO vITTORIa
9 ottobre
di Piera Cherubini
Ale è buono e mi aiuta. Io da sola non so fare nul a. Ale è mio amico. Si
chia-
ma servizio civile, quello che fa lui. Ale mi accompagna a scuola, la
mattina.
Mi dice: – Sali, Vittoria. – Vittoria sono io. Ale viene con la macchina. Poi
mi
guri! – Anche io ridevo. Anche Ale rideva. Forse perché sono un po’
vecchia?
Ale è anche bello. Però lui non mi guarda. Perché sono brutta. Però sono
sim-
patica. Faccio ridere, io. Sì, ridono tutti quando parlo. Anche Ale ride. È
bello
quando ride, lui. Sono tutti belli quelli del servizio civile. Ma Ale è il più
bello
di tutti. È anche gentile. Io mi vorrei sposare con Ale. Ma forse sono troppo
stupida. E lui non vuole una moglie stupida. Ieri mi ha detto che sono
carina.
le tette forse mi vuole bene. E lui me le ha toccate e ha detto che sono dure.
A
me non mi pare tanto. Io ho dura la testa, mica le tette. Quelle sono dure
solo
hai sedici anni, belle tette e ormai sei una donna. – Così mi ha detto Ale.
Poi ha
smettere per un po’? – Ma Ale s’è arrabbiato. Si vede che sono proprio
cattiva.
Così ho succhiato forte. Per farmi perdonare. Poi ho sentito un po’ di schifo
caldo. Io volevo spostare la testa. Ma Ale mi ha detto: – Stai ferma così, che
ti
vado a dormire.
288
NON cI RIEscO
10 ottobre
di Debora Magini
Il silenzio si diffuse nel a stanza, rot o solo dallo scrosciare del temporale,
permet-
tendo così a Luca di cogliere il respiro affannato di Selvaggia, la camicetta
abbot onata
– Allora vuol dire che io sono negata! Sono mesi che proviamo! E io… A
volte
nemmeno mi bagno!
Luca le lanciò una tuta per poi voltarsi verso la finestra. Cercò di
concentrarsi sul a
fece vagare un dito intorno al collo, fino al a scapola, e lì sostituì il dito con
le labbra,
dimostravano i suoi occhi, e lo vide chiudere gli occhi dolente mentre quel
dito im-
289
Il PREZZO DEI TUOI sOgNI
11 ottobre
di Laila L. Bassi
Non sai niente di lui, nemmeno il suo nome, ma se non ti puoi beare del a
sua
attenzione, ti culli nel nebuloso mondo del ’immaginazione, dove tu non sei
No, tu sei lì, tra le sue braccia, sulle sue ginocchia, e lui non ha occhi che
per
Magari per il mondo tu rimani anonima, ma per lui sei tutto. È questo che
pesante, in preda a una febbre incontrol abile. Non resisti e con una scusa
bo-
Ti senti attirata come una falena al a luce, e non ti basta, vuoi di più, lo vuoi
completamente.
Così, mentre cavalchi la fantasia e vinci il tuo lieto fine, mentre doni a lui
l’ac-
cesso al tuo corpo dove più gli piace, nel a realtà premi la schiena contro la
porta
tuo sogno di cristal o. Non deve accadere, non prima che tu riesca a
raggiungere
È stata la tua mano a portarti al piacere, non è stato lui. Non accade che i
so-
Perché il prezzo dei tuoi sogni è solo quello: lui non sa che esisti e tu ti
rifugi
in un mondo fittizio.
290
12 ottobre
di Leonia Rossi
Il Giardino dei sette sensi è la casa di piacere più esclusiva del pianeta.
glia di toccare quei corpi sale, e il calore si diffonde rapido dentro di me.
scelto.
Lei solleva le braccia per afferrarsi alle mie spalle e con una leggera spinta
uno dei seni, e mi abbasso a leccarle l’ombelico, mentre con la mano libera
la
291
asPETTa
13 ottobre
Oh porc...
Come quando Petra diceva sono solo tua con il morbido accento slavo. Solo
di
Toni, che la copriva di regali. Che diventava una bestia se lei parlava con un
altro.
– Quanto sei bel a... – Sfrega la faccia sui suoi seni. Seni pesanti e un culo
da
perderci la testa. Toni ce l’ha persa davvero. Una sera che Petra tardava, si
era
Petra tace e acconsente. Lui quasi viene nel sentirla tanto docile. È così
eccitato
faccia premuta sul marmo gelido. La infilza tra le natiche. A questo punto,
di so-
lito, Petra tentava una protesta, ma poi si bagnava di più. E a quel punto, di
solito,
Toni si svuotava con un grugnito. Ora non si placa. Non si placa da ore.
– Dai, tirati su. – L’agguanta ai fianchi per metterla carponi, ma lei ricade su
Toni si guarda attorno in cerca di un modo per riprenderla, che senza di lei
non vive.
sciando, tremante di malata speranza. Con la canna tra i denti: Petra, non ti
lascio.
292
14 ottobre
di Paolo Azzarello
gia sulle mie dita un secondo di troppo. Mi sfiora la fede e sorride. Gran
maiala.
Lenta. Felina. Con uno sguardo da troia che già solletica le mie parti basse.
mescolano al a mia pelle e la sua lingua è una piuma umida sul collo.
Sento la pressione del suo seno sul torace. Potrei soffocarci, lì dentro,
penso, e
il diluvio.
– Non sono sempre così – si schermisce. Ogni sua parola è un gemito; ogni
subito.
vero?
una risata.
– Lo sono – dico. Almeno fino a stasera.
293
15 ottobre
di Nicoletta Stecconi
Sofia. Mi ha baciato gli angoli di un sorriso: – Non sono del tuo stesso
sesso.
Intanto mi scavava dentro con gli occhi, per stanare la mia anima oscura.
Il mio uomo. È geloso del ’idea del ’amore che mi ruba l’anima. Eppure non
sa.
Una bottiglia di vino e poi abbiamo parlato e giocato. In vino veritas, si sa.
– Perderci il sonno?
– Esatto.
stessa, l’altra, e l’altra ancora, uscendo dal vestito e rientrando dal fondo di
una bot-
di pienezza che mi lascia, ogni volta, nel a bocca, nel sesso, nel ’anima.
Uno sguardo
e lui mi segue, mi abbraccia da dietro, una mano sul a bocca, non vuole che
Se mai dovessi cercare un amante per vendetta, è Matteo che sedurrei. Una
rei l’anima, per l’eternità. Lancio ancora i dadi e attendo la prossima mossa
di
294
vIvERE IN UN PORNO
16 ottobre
di Luca Merendi
ma cosa che pensi è che non ti ricordi affatto cos’è successo la sera prima.
Ti
guardi attorno e scopri che non sei solo. Una donna seminuda giace accanto
a te. Socchiude gli occhi e in quel momento capisci che anche lei non
ricorda
cosa sia accaduto. La seconda cosa che pensi è che vorresti che oltre agli
occhi
giornata con uno sforzo davvero minimo. E invece no, si gira dal ’altra
parte
di scoprire il corpo altrui. Immagini tutte le tue colleghe nude che sfilano
per
letto non tuo che tenti invano di inculare un amico di vecchia data, mentre il
tuo migliore amico ti incita, ben consapevole, avendo lui già provato, che la
Dal a notte si materializza una Polaroid che ti riprende sopra la tipa che
hai di fianco, meticolosamente impegnato in una penetrazione bianca e
volta.
E chi se lo sarebbe mai aspettato? Lei così pudica che dopo cinque minuti
di
na che muta giorno dopo giorno in un turbinio costante. Donna che desideri
incessantemente. Donna che usi, donna che getti, donna che seduci e prendi.
295
cREaTURa ONIRIca
17 ottobre
di Giusy De Marco
ormai, eppure non credevi che la follia potesse assumere contorni così nitidi
e reali.
Percepisci quel profumo familiare e il suo respiro sempre più vicino, fino a
volmente.
Quel suono echeggia nel a tua memoria come un urlo improvviso e una
mano ti si posa sul collo; discende pigramente in una carezza erotica verso
il
ti coprono appena. Le labbra che hai bramato per anni si sfamano finalmen-
stringerlo fra i denti e poi... poi risalgono chiudendosi sul a tua bocca. Il suo
andar via, cancel are questo momento insieme a quei fugaci istanti in cui
senti
la sua voce sussurrarti al ’orecchio, perché sono sintomo del baratro che ti
sta
avvolgendo.
creatura onirica; sai che non è reale, che non sei tu l’artefice di questa
pazzia,
Così, mentre incredulo tocchi quel corpo tangibile, ti abbandoni a lui, nel
silenzio del a notte rotto solo da mormorii sommessi e ansiti lievi. Non sai
se
latente che hai tenuto nascosto per troppo tempo. Tuttavia non ha alcun
valo-
rio e ingannevole, vuoi goderti fino in fondo il tocco osceno delle sue mani
e le
sue gambe forti avvinte al tuo bacino. La bocca famelica ti divora, le dita
sottili
mentre un grido di pura lussuria si libra nel ’aria, quando il tuo essere si
fonde
per l’eternità, e se questo ti porterà via la ragione non importa, senza di lui
non
296
ORchIDEa
18 ottobre
di Alecsh River
Ascoltiamo, forse senza volerlo, il gorgoglìo ansante del fiume scorrerci ac-
Con il dito scivolo su ogni vertebra, dolce, denso, lento come il miele.
Tengo
l’altra mano vagamente flessa ad addomesticarle, stuzzicarle il ventre,
giocandoci
come se fosse mio; come se, nascosto, avessi colto un minuscolo miracolo
dal e
L’eco dei nostri desiderii ci strattona di spasimi. Lei mi bacia il collo. Io,
tacen-
Mi eccita sentire la pressione dei palmi sul petto; scoppi di neuroni che
sbat-
tono fra loro a ogni spinta. Vederla bril are. Sempre più in fondo, fra le spire
– Sì! Dai! – La sua bocca sparge la tortura sul mio col o, con la lingua che
che al a morte.
– Mordimi ancora! – E si piega, mordendomi.
sto venendo.
297
cOmE UN mURO
19 ottobre
di Guido Pacitto
Era un piacere osservarla. Giulia si muoveva in tutta la sua calda
naturalezza, in-
curante degli occhi fissi su di lei, del desiderio montante che provocava
ogni suo
capelli color oro che le scendevano come un fine velo. Ancora in piedi, si
sfilò gli
slip e li lasciò cadere sul pavimento freddo. Camminava scalza con passo
felino.
Tutto era perfetto in lei: sembrava una di quelle ragazze che si possono
soltanto
seno alto, sodo, il pube accuratamente depilato a parte una sottile striscia
centrale.
Dio, come avrebbe voluto immergere la testa fra quelle cosce, stringere quei
ca-
le parole e i modi, sotto la spinta dal ’eccitazione che saliva da dentro. Del
resto
anche lei, con quel comportamento, non sembrava del tutto distaccata...
Giulia si sedette sul letto, frugando tra un arcobaleno di capi intimi. Al ’im-
provviso, sentì una voce ferma e forte provenire da dietro di lei: – Devo
parlarti...
Si girò, con l’aria da bambina e nel a semplicità che solo una donna
cosciente
– Io...
vanti a lei. In un certo senso il muro crollò, ma soltanto per lasciare posto a
uno
ta quel sorriso era come un oscuro sipario che calava sopra di lei.
Come un muro.
298
20 ottobre
di Emilio Daniele
Aveva occhi scuri, profondi come pozzi. Il corpo era sodo e generoso. Una
mentre marciavo nel deserto con gli altri opliti. Adesso non potevo
sfuggirle.
Era affamata.
Nel a grotta entrava uno spiraglio di luce, il uminando forme sparse di re-
come la sua lingua, che lambiva denti troppo lunghi e aguzzi. Non sapevo
chi
o cosa fosse. Una gorgone? Una sirena del deserto? Ma ero certo che la
volevo.
mano affusolata non reclamò il mio membro eretto. Avvertii il calore delle
sue carezze ed esplosi al ’improvviso. Sprizzai il mio seme sul suo torso
nudo
suoi capelli si mossero, immobilizzandomi. Ero nel a rete del ragno. Lasciò
scivolare il Kitone ai suoi piedi e vidi il suo sesso: un piccolo fallo eretto tra
peluria color del rame. Era una sorta di demone ermafrodita. Il mio
desiderio
di essere riempita.
Avvolgendomi in un bozzolo di capelli mi violentò, graffiando e mordendo
con la foga di un’ape regina che al a fine divora il suo maschio. Il dolore fu
mente. Fui fuori dal ’antro in un attimo e guardai giù, a valle. Tra il
promon-
avevo incontrato?
299
la sINDROmE DI sTENDhal
21 ottobre
di Marcel a Pasquali
Non c’è niente da ridere, sapete? È una condizione invalidante: non posso
Avete presente il finto orgasmo di Sal y nel a tavola calda? Be’, è la stessa
cosa, solo che il mio è vero! Immaginatevi la scena: io, fasciata da un bel
com-
pleto gessato, entro con passo sicuro in libreria. Non appena le porte si
chiudo-
momento stringo le cosce, per attenuare la voglia che sale lungo la schiena,
ma
a terra con un libro in mano, uno qualsiasi. Affondo il viso al ’interno delle
orgasmi con i loro libri in mano. Inoltre, avendo bisogno del ’adeguato
physi-
que du rôle, vado ogni giorno in palestra per potenziare i miei lati migliori:
ora
ho un seno alto e sodo, un bel punto vita e un lato B da far invidia a J.Lo.
300
22 ottobre
di Francesca Garello
attitudinali.
tutto convinto.
– C’è del ’altro. Tre giorni fa il volontario Pier Luca l’ha portata a un
reading di
poesia erotica indiana, poi a cena da Maharaja dove le ha fatto servire
spiedini di
“Assaporo la vetta del a tua abbondanza e m’inebrio del nettare del tuo
fiore”,
– Risultato?
– È tutto?
– No. Ieri il volontario Sigfried l’ha invitata in un club privato dove l’ha
legata
supina al letto con manette di visone, l’ha frustata con una rosa Baccarat a
gambo
lungo, l’ha sodomizzata con un foulard di seta rossa e infine l’ha posseduta
al
– E?..
– 5.7 – comunica il ricercatore. – E segnale sonoro instabile.
– Quindi ancora non avete capito cosa piace davvero alle donne… – com-
frutta secca.
301
aTTEsa
23 ottobre
di Rekishi
lo troppo piccolo per permetterci di stare comode nel suo lato più lungo.
Come adesso, in cui studio la tua espressione assorta nel a lettura, e fremo
È un contatto reso più distante dal a stoffa. Troppo. Eppure, per ora basta.
Vorrei baciarti, ma so che ricambieresti distratta, tanto sei presa dal rac-
un’occhiata ansiosa allo scrol bar, che per mia fortuna è sempre più vicino
al
fondo pagina.
Nel frattempo, mi godo il tuo odore. Non te l’ho mai detto, ma neanche
l’aroma del tabacco riesce a cancel are il tuo profumo di donna. Quello
stesso
odore che sento più vivo e pungente quando affondo il mio viso nelle tue
pro-
Mi nutro del tuo essere donna, del a tua femminilità, delle tue forme, del a
tua energia. Avverto i tuoi spasmi di vita ogni volta che facciamo l’amore.
Ti
sento danzare sulle mie dita, sul a mia lingua. Vivo di te ogni giorno. Faccio
l’amore con il tuo profumo. Sei mia. La mia donna, la mia dea. E come tale
ti
fai venerare e attendere; mi leghi a te con il più subdolo dei trucchi: l’attesa.
E
Naufrago in te; nei tuoi umori di donna; nel tuo ventre. E mi lacero nel a co-
munione dei nostri corpi; nello sfiorarsi dei nostri seni; nel baciare le tue
labbra.
302
IRREsIsTIbIlE
24 ottobre
di Giancarlo Marzano
Non sono mai stato bravo con le parole, quindi per farvi un’idea del a mia
don-
ma vista. “Colpo di fulmine” direte voi. Chissà, può darsi. Sta di fatto che a
me
è bastato scorgere la punta dei suoi bellissimi piedi per avere un’erezione
im-
mediata. Quello che è successo al mio uccello quando ho visto il resto del
suo
L’ho presa sul posto. Tre volte ( be’, diciamo due e mezzo, perché la prima
è
andata quasi a vuoto, data la forza del mio “prorompente desiderio” come,
ap-
ne frega niente. Ciò che conta è che io e lei adesso stiamo insieme.
Sono qui nel a mia stanza, seduto sul bordo delletto che mi accendo una
sigaretta dopo avere finito di fare l’amore ( no, non è vero, in realtà io non
fumo,
zo” ). Lei è sdraiata al mio fianco, girata di spalle. Senza volerlo, mi mostra
il
suo splendido culo di marmo, appena coperto dalle lenzuola intrise dei
nostri
ancora.
sono consapevole che, più che una speranza, la mia è un’il usione. Pertanto
Una cosa è certa, però: portarla via dal ’obitorio è stato rischioso, ma ne è
valsa la pena.
303
lO scONOscIUTO
25 ottobre
di Francesca Panzacchi
Devo percorrere soltanto poche decine di chilometri ancora e poi sarò arri-
vata. Ripenso a tutte quelle missive virtuali, al a potenza che scaturiva dalle
nostre parole. Ho la certezza che, a un certo punto, non so dire con esattezza
dere. Forse non avrei dovuto accettare questo appuntamento folle. Ho molti
fin quando la luce del corridoio si spegne. Entro piano e chiudo la porta alle
mie spalle. Assaporo il buio con le gambe tremanti, attendo la sua voce che
viso.
– Se non fossi venuta, l’avrei rimpianto per tutta la vita… – riesco a dire
tutto d’un fiato. E lui intanto, con la mano sinistra, chiude a chiave la porta.
Mi
sfiora il viso con le labbra, con lentezza disarmante. Cerca le mie mani per
in-
trecciarle alle sue sopra al a mia testa e poi mi spinge contro la parete. È
dolce
ma risoluto, percorre il profilo del mio corpo con le mani, indugiando lungo
la curva dei miei fianchi, senza lasciarmi scampo. Mi accarezza, mi studia,
assapora ogni centimetro del mio collo mentre sussurra il suo desiderio al
mio
Mi sciolgo in quel ’abbraccio e bacio labbra che non ho mai visto. I gesti
ora
304
a OcchI chIUsI
26 ottobre
di Mariaelena Camposampiero
Era lì, nuda e tremante, con gli occhi chiusi. Una fanciul a spaventata in
balia di
– Fidati di me.
Fidarsi di lui. Di un estraneo. Un mercenario che le aveva salvato la vita.
O
forse un brigante travestito da eroe. Un uomo a cui era stata tanto ingenua
da
concedersi.
vente, le mani al ungate al a ricerca del suo seno, la bocca che aveva
cominciato
Con gli occhi bendati l’intensità del e percezioni la stordiva, ogni fibra del
suo corpo sembrava reagire a quel tocco sconosciuto che risvegliava in lei
una
– Hai finito? – La voce profonda del compagno, una presenza solida e re-
ale dietro di lei, la fece sussultare. Lentamente riaprì gli occhi, in preda al
più
dolce dei tormenti, divisa tra il rovente pulsare fra le cosce e un’urgenza di
tipo
– Quasi.
fezione il tocco si posava quasi per caso al a base del seno, per poi risalire
len-
305
27 ottobre
di Dario Mazzeo
meglio dal libretto, si addossò allo sposo e gli appoggiò sul a gamba la
mano che
– Carissimi Giorgio e Daniela, siete venuti nel a casa del Signore, davanti al
mi-
fino al a patta dello smoking, strusciando il raso con la punta del e dita.
Giorgio la
– Sì – disse Daniela
seguendo la via del matrimonio, ad amarvi e a onorarvi l’un l’altro per tutta
la vita?
– Sì.
– Oooh, sì!
Adesso esagerava, però. Era tutto rosso e sudava. Che sia drogato? pensò
don
Mario.
– Siete disposti ad accogliere con amore i figli che Dio vorrà donarvi e a
educarli
– Sì.
– Sìiiii, aaah!
o preoccuparsi.
rire delle deliziose fossette sulle guance. Il flash le il uminò gli occhi.
306
black OUT
28 ottobre
di Florinda
samente le chiavi nel a toppa per lasciarmi quel ’incubo alle spalle. Mi
colse
La città era come risucchiata nel vortice nero del ’assenza di luce. Il black
out aveva cancel ato ogni traccia di quello che solitamente chiamiamo
esisten-
Era proprio lui. Comparire al ’improvviso era nel suo stile. Scivolare nei
calore del suo corpo contro il mio. Vattene, stavo per dirgli. Non feci in
tempo
Lo respinsi con tutte le mie forze. No, non era il momento dei ricordi. I fari
307
29 ottobre
La rotta è smarrita, ormai. Sovente mia madre aveva a lamentarsi delle mie
amare invocazioni alle entità celesti. Siedo ancora al desco del ’ipocrisia,
imploro
Perché, dopo quindici anni di astinenza forzata, qualche piccolo segno di di-
appena celati dal e vesti cremisi. Sorridono, mostrando rosse labbra carnose
e
denti d’avorio. Evidentemente, Colui che Tutto Osserva non aveva l’agenda
trop-
po affol ata.
Immortali. Questi uomini, lontana discendenza dei primi coloni, sono di-
Non importa. Quel che desidero è giacere con lei e liberare tutta la mia
libido,
i miei fluidi. Distesa sul mio letto, gli occhi turchesi spalancati. Le siedo
accanto,
mentre scruta il mio membro eretto. Faccio scivolare il tessuto sulle spalle,
tra
gli organi genitali di questi esseri, non più umani, si sono smarriti in
qualche
recondito passaggio evolutivo. Destinati a vivere in eterno, senza riprodursi.
stavolta con epiteti poco cortesi, rammentando che qui i buon vecchi
olomovies
308
l’amORE DI NETTUNO
30 ottobre
di Alice Scuderi
Lo guardavo, instancabile.
Non pensavo a niente se non ai giochi di luce su di lui: ogni raggio lo ab-
bracciava, pareva fatto di acqua cristallina che anelavo bere a piene mani.
Ma
per alleviare la mia sete, per frenare il calore che mi soffocava. Forse
potevano
bastarmi quei suoi fari turchesi, puntati su di me, tentatori del mio desiderio
già debole. Sì, lo volevo. Volevo che danzasse con me, che mi cul asse in
quel
Avrei mai potuto possederlo? Lui si ritirava per poi tornare sfuggevole
come
un’il usione, la stessa che nutre gli amori impossibili. Come il nostro.
vano nel a brezza. E rimasi nuda e pura, libera dalle costrizioni; non c’era
né
Allora mi buttai.
Prima mi prese i piedi, avventato e tenero. Già ridevo del a sua sfrontatezza,
come una marea, divorando ogni lembo di pelle con le sue labbra fresche e
salmastre… e non finiva mai quel suo rollio che stordiva e ammaliava.
Avevo chiuso gli occhi al a luce palpitante del giorno, una lacrima raccolta
sulle ciglia mentre lui risaliva il mio seno e la mia sete cresceva insieme al
sol-
lievo. Quando arrivò al collo la sua presa si fece più stretta, trascinando con
sé
Finalmente il mare.
Era mio…
309
la sTORIa E la caRNE
31 ottobre
di Matteo Poropat
colorato.
Per un attimo tutto rimase sospeso, nel a stanza immobile, poi l’uomo ini-
ziò a raccontare.
sul a pelle del a donna. A ogni tratto la ragazza socchiudeva gli occhi, rapita
paragrafi più lunghi erano una dolce tortura. Dal ’alto verso il basso, mentre
lui
labbro per non proferire alcun suono. Sentiva le mani, appoggiate sulle
ginoc-
sentiva avvolgere dal fiato tiepido del ’uomo. Il suo respiro la accarezzava e
si
Dal buio emerse un uomo alto, ricoperto da vesti rosse intessute d’oro, al
L’uomo rispose con un cenno del a testa, quindi prese delicatamente la ra-
gazza per mano, portandola con sé nel buio del corridoio, accingendosi,
affa-
310
l’INsERZIONE
1 novembre
di Francesco Rago
Ormai erano più di tre anni che non aveva un rapporto sessuale completo.
Da
quando il suo fidanzato l’aveva lasciata la sera prima delle nozze e lei era
ca-
e ossessioni varie. Era ingrassata oltre venti chili e non riusciva nemmeno a
guardarsi più allo specchio. Un paio di volte aveva pure tentato il suicidio,
con
quel a mattina, in un giorno uguale a tutti gli altri, aveva trovato nel a
cassetta
gliato, più che altro per far passare il tempo. Poi l’occhio le era caduto sugli
an-
Ma andava bene così. Cenarono a base di pesce e vino bianco. Non era abi-
tuata a bere e dopo un paio di bicchieri sentiva che i suoi freni inibitori la
sta-
breve. Distesa sul fianco, sentiva la lingua umida e invadente di lui che
cercava
per alcuni secondi. Lui la toccava avidamente con quelle sue mani tozze e
desi-
derose, che si muovevano dappertutto, sui seni cadenti, sui fianchi larghi e
sul
“Ci siamo” pensò lei, che da tanto tempo aspettava un momento del genere.
viva.
311
sNUff IT!
2 novembre
di Michelangiolo Piccinali
tette di grasso.
una gamba avanti e il torace di traverso, la frusta ancora stretta forte nel a
come volesse piangere. Lei stava lì, inerme, senza fiato, senza vita. Caviglie
di sputi e sangue poggiato sul ’insano cemento, gli occhi ancora aperti,
sbar-
rati, colmi di terrore. Infine si voltò, come se fosse morto lui, aprì la pesante
porta di ferro e si incamminò verso il suo radioso presente, nel suo oscuro
futuro.
Non si mosse subito, aspettò qualche minuto, poi chiuse piano gli occhi
come se quel gesto fosse regolato dal a mol a ormai quasi senza carica di un
fastidio, non la stretta appena sotto il ginocchio delle pieghe degli alti stivali
di pelle. Si mise prima su un fianco e poi seduta, liberandosi senza fretta dei
quando avrebbe dovuto esser carne morta, ma era così che doveva essere.
Una
buona scena, già, un’ennesima buona scena che la lasciava come lei voleva.
Il
volto ceruleo, le labbra rosso fuoco erano il giusto contorno di chi non
aspetta
cora troppo stretto, la coda di cavallo così tesa che i capelli quasi si
strappavano
Chi soffriva per cosa? Chi esorcizzava? Chi era abietto e chi bisognoso?
312
sUPER maRIO
3 novembre
Sto qui a guardarmi allo specchio in attesa che mi si rizzi. Faccio saltare il
pettorale
destro e quel o sinistro, insceno un mini bal etto muovendo anche un po’ i
fianchi,
distribuito. Non vedo neanche più i peli sul torace né quel i intorno al
pennel o.
– Chi? Cosa?
Strano come certe parole possano addrizzare un arnese messo male come il
Già, legata.
– Non ne hai voluto spere del e parole, neanche del mio soave
corteggiamento.
Non è così che è andata? Mario non piace? Meno male che c’è Super Mario
a mettere
a posto le cose.
– Tu, troia dal a pelle nera. Tutte uguali quelle del a tua razza. Cameriere,
infer-
miere, tutte nere. Mi hai visto per una vita, tutte le sere nel locale, a
mangiare. Cosa
credevi, che venissi per quel cazzo di pastone che servite al a eco solidale?
del Serengeti. Salto sul letto per sprofondare nel a foresta del Congo.
Infoiato come
lo stallone di Mugambo.
Il letto non regge. Il fracasso buca la coltre del a notte. I lamenti, le proteste.
Le
la stessa storia? Per fare sesso dovete inventare ‘ste cose malate? Sono
vostra figlia
e non vi reggo più! Siete sposati da 40 anni, maledizione. Non ne voglio più
sapere
313
Il magaZZINO
4 novembre
di Simona Gervasone
Era innamorata e questo era un dato di fatto. La timidezza era uno dei suoi
acne. Aveva anche dei pregi, magari non troppo evidenti, ma li aveva.
cui lui sarebbe arrivato con il suo vassoio in bilico su una mano per portare
Era l’unica a sapere del a sua cotta per quel barista così gentile e carino.
– Non posso più vederti così. Ora ti aiuto io! – disse risoluta.
Parlava bene, lei, con quel fisico mozzafiato e quello sguardo che promet-
mentre i due parlavano. Lei si toccava le punte dei capelli e ogni tanto le
lan-
– Vai in magazzino e appena arrivi giù togli gli occhiali. Non aprire bocca!
– le disse Ina poco dopo, sorridente e compiaciuta. Eva si sentì venir meno.
Scese con il cuore in gola. Aprì la porta cigolante e rimase nel buio del ma-
Una mano scese su di lei; le sfiorò la spal a, il collo e scese veloce sul seno
senza che lei potesse opporsi. Non voleva opporsi. Allora anche lui provava
“Mio Dio!” pensò Eva, mentre sentiva la sua mano armeggiare tra le
gambe.
Era talmente bagnata che lui non fece alcuna fatica a scivolarle dentro,
nono-
Lui forse se ne accorse, forse no: era troppa l’eccitazione. Le ansimava con
il viso affondato nel ’incavo del collo mentre lei percepiva il suo pene
massag-
Il respiro si fece più rapido, le dita si strinsero sui capezzoli scoperti provo-
– Ina – sussurrò lui mentre lasciava che il suo seme sprofondasse dentro di
314
af(RODIsIac)a
5 novembre
di Mattocheride
mento globale.
Ora vorresti essere vapore acqueo per posarti sul a tua vicina d’ombrellone,
sul a sua dirompente eleganza felina, gatta che non “prende” il sole ma lo
invita
sti così accoccolarti a pochi, infinitesimi spazi dal suo labbro superiore in
un
lungo bacio, inebriarti del suo respiro al ’amarena. Oppure condensarti sulle
impudici, posando come scia un lungo bacio sul a pelle tinta dal sole: preci-
pitare in estasi orgasmica nel a cavità ombrosa tra le due curve anatomiche
di
assoluta perfezione.
giovinezza, e corteggiare i suoi fianchi model ati apposta per accogliere una
presa virile – i pollici attorno al ’ombelico, i palmi a percorrere la curva del
’an-
narlo. L’occasione ti sarà data non appena lei – carnale amante dei raggi
solari,
dita, impegnate in una carezza segreta, e diverrai tutt’uno con una deliziosa
315
UN cOPROTagONIsTa QUalUNQUE
6 novembre
di Massimo Jumior D’Auria
Sono qui, fermo e immobile, anche perché non potrei fare altrimenti.
Sono qui da dieci anni, faccio anche venti spettacoli al giorno, e mai nessu-
mie poche necessità ci pensa Piero, il padrone del locale: grazie a lui sono
sem-
pagne, rifatti.
Non mi sono fatto mancare nul a, anche se i nostri rapporti si sono limitati
sempre al a sfera professionale: non c’è mai stato niente di fisico al di fuori
del
nostro lavoro e la cosa non è che mi dispiaccia, a volte sono fin troppo
aggres-
I suoi seni e i suoi glutei sono sodi. E quel tatuaggio che spunta dal a zona
Dopo pochi secondi è già in topless; concedendo uno sguardo a ogni singo-
Inizia a bal armi accanto, sfiorandomi con le sue dita sottili, mi accarezza,
Poi stringe le braccia e le lunghe gambe intorno al a sommità del mio corpo
Dopotutto sono solo un palo di ferro in uno squallido locale di lap dance.
316
l’UOvO DI EROs
7 novembre
nare un gran bel gomitolo di maledizioni. Mia nonna diceva “se tocchi lì,
non
fai più i bambini” e io, che non ne volevo neanche mezzo, ci srotolavo
sopra le
Allora giù, che i rusticani sanno tenere i segreti e l’erba, nel buio, carezza:
scese in picchiata sulle due grinze rosse che tengo incastrate fra le gambe e
mi
Le scavò con dita di ghisa, le bagnò di finti, famelici baci, sonori di grugniti
Per me, solo grinze stirate: come tovaglie tirate per i lembi, quel tanto che
basta ad arrostire la pelle e pensare che la pancia finisca nel collo. Io ero un
Quel a, però, non era la vigna di Gianni, ma il campo del parroco e lui arri-
Respiro piano e cerco il mio mirtillo, tra foglie umide, nodose, non più ven-
tenni e tanto scure da far paura a tutti i Simone del mondo. Le mie sono
fauci,
317
8 novembre
La sala era imbandita, i tavoli apparecchiati con cura. Sul leggio in fondo al
a
sala gli ospiti del convegno si alternavano sul palco. Il dottor Passeri era
emo-
zionato e nervoso: avrebbe dovuto tenere un importante discorso, che forse
gli
sceva nessuno. Davanti a lui c’era una donna magnifica: capelli biondo
platino,
occhi da cerbiatta, labbra carnose, scol atura che metteva in risalto il seno
for-
moso, vestito rosso fuoco e, per finire, sandali con tacchi vertiginosi. Nono-
se fosse un… Arrossendo, Passeri si guardò attorno per accertarsi che quel a
abbassò la cerniera con una mossa furtiva e lasciò che il piede gli entrasse
nelle
volta solo al piede del a donna, che si muoveva con decisione sul suo pene
eret-
to, in un massaggio dal a forza ipnotica, che quasi gli impediva di respirare.
Fu
Ormai stava quasi per venire sotto le carezze di quel piede morbido, quando
preso, lo guardò, e solo allora ricordò quello che molti gli avevano detto
prima
del convegno: “Cercheranno in ogni modo di non farti salire sul palco… ”.
318
(Im)PERfEcT sTRaNgER
9 novembre
di Cristiana Astori
cede? – chiedo.
– Chi sei?
Avvicina le labbra alle mie, senza rispondere. Sanno di caramel a al a frutta.
… caramel e scartate al lago di notte, dove le erbe acquatiche sono più alte
e
più forti e tutto il mondo intorno sembra crol are e l’acqua sospira tra le
assi che
bordello. Forse è lei. E se è lei, glielo dico. Ora. Adesso. Non so bene che
cosa, in
realtà. O forse sì. Le chiedo perché è venuta qui a fare la puttana. – Senti,
bel a...
piacere...
Sono così eccitato che vorrei urlare. Perché anche lei mi ha preso per mano
lago, le piante altissime, le assi di legno e sento i nostri cuori che battono
men-
Lei sospira. Le accarezzo il viso, respiro il suo profumo. Ecco che cosa ti
Mi chiudo lo zip dei pantaloni ed esco dal a stanza, senza accendere la luce.
E senza voltarmi.
319
NUDITé
10 novembre
di Luigi Musolino
Ho raggiunto la sua camera dopo aver fatto saltare la serratura del a porta
esterna con un piede di porco. Nel tragitto mi sono mosso con passi ridicoli,
pon-
Entro nel a sua camera. È lì. Dorme. Il sottile lenzuolo la avvolge come un
bozzolo di seta, esaltando le curve immobili del suo corpo. Il viso, un ovale
contro il cielo, una beffarda sfida agli dèi. Vengo. Gocce di sperma mi
scivo-
Estraggo dal a tasca del cappotto le forbici da cucito di mia madre, poi mi
fare rumore. Dal a finestra osservo il cielo gial astro di luna, un sudario
umido
La forbice lavora silenziosa; via l’inutile vestiario, via le cuciture, via tutto.
è
Contemplo la nudità del suo corpo, benedico le sue carni, i suoi muscoli,
l’adi-
come supernove, si susseguono nei miei lombi fino a farmi ondeggiare sul
baratro
del ’incoscienza.
si inala una nota di sigaretta dicendo: da domani smetto. Sapendo che non
si
smetterà mai.
Lei dormirà ancora, poi un freddo alito di vento le carezzerà il sesso nudo,
svegliandola. Troverà il pigiama a pezzi, sporco del mio seme. Urlerà,
atterrita,
senza capire; fino al calare del buio, quando tornerò a possederla. Sarò
con un’al-
tra, ma tornerò.
320
sINfONIa
11 novembre
di Lucia Manuela M.
con forza non appena lui l’aveva guardata. Stranamente, però, quel a paura
s’era
cendo, cosa lei provasse: le sue mani erano nate per creare piacere, nel bene
e
nel male.
niente da quel a bocca, la cui lingua si muoveva sul suo corpo strisciando
come
un serpente, lasciando una scia umida che la fece rabbrividire e le mozzò il
fiato
a mano a mano che scendeva là dove voleva essere toccata, sfiorata, amata.
mente in lei, bruciando famelico, e il mondo non ebbe più senso: tormen-
farle male. Si sentiva al a mercé del suo aguzzino, che le mostrava il luogo
quel a voce che le ripeteva come un mantra come lei fosse la sua musa,
come
avessero creato un’opera d’arte, una sinfonia perfetta d’amanti che si erano
ab-
321
sUsaNNa
12 novembre
ti giochi con le carte che mi aveva mostrato molte volte. Una prestigiatrice,
una
– Anche gli uomini – mi disse. – Con voi sono ancora più brava.
Difficile capire cosa volesse dire: lei è sempre stata così... diversa.
– Mi è successa una cosa un po’ strana, qualche giorno fa. Non ci crederai,
– Susanna – sussurrai.
Lei mi si avvicinò e puntò i suoi occhi azzurri, ipnotici, nei miei. Ero confu-
so. Subito dopo mi baciò a lungo, la lingua che toccò la mia e la accarezzò.
Mi
dirò come è successo. Non c’è ancora abbastanza intimità, tra noi due.
da mostrare il mondo fuori dal a finestra che, alle sue spalle, inondava la
stanza
di sole. Prima vidi le nuvole in un cielo limpido, poi i tetti del a città, tutto
at-
Poi scomparve.
gliava mi prese le mani e se le portò sul petto, sulle cosce, sui glutei. Mi
accesi
di desiderio, mentre la immaginavo e la toccavo.
– Susanna – ansimai, mentre si sedeva sul mio sesso teso allo spasimo e la
322
vEDOva Da UN aNNO
13 novembre
l’orlo delle autoreggenti che aveva intravisto quando lei aveva accaval ato
le
gambe per stare più comoda. Valeria se ne accorse. Aveva compiuto 40 anni
da
poco, giusto in tempo per iniziare a capire che è quel a l’età d’oro per la
donna
e che lei era un tipo che piaceva molto agli uomini. Peccato che i mesi
adesso
passassero in fretta e che presto sarebbe stata meno attraente, meno sexy.
Pec-
cato anche che era vedova già da un anno e che il suo corpo, in stand-by da
allora, sembrasse esplodere dal a voglia di fare l’amore. Se solo avesse
trovato il
Ferma davanti alle porte del ’ascensore avvertì l’odore del maschio alle sue
contro, le sue mani cercare sotto la gonna, la sua bocca leccare la pelle.
dei colleghi in corridoio ed entrò nel suo studio. Tolse il vestito e infilò il
cami-
ce appeso al ’attaccapanni poi andò a lavarsi le mani e citofonò al
’infermiera
Il ragazzo era giovane e molto bello, aveva i capelli lunghi e un lampo sel-
vaggio negli occhi scuri. Le bastò sentire il suo odore mentre gli poggiava
lo
stetoscopio sul petto per riconoscere l’uomo del ’ascensore e provare una
verti-
fatto che avesse poco più di vent’anni. Abbassò lo sguardo velato dal
desiderio
sul ’elastico colorato dello slip che sbucava dai jeans sbiaditi, sfilò il camice
e
323
14 novembre
Di tutto quello che era stato raccattato in fretta e furia dopo il litigio, era ri-
Quel o stronzo.
che aveva messo sottosopra la casa. Marco se n’era andato, e a lei rimaneva
solo
quel a stupida maglietta. Fece per gettarla via con un’imprecazione, invece
un
che premeva sui seni gonfi e scalpitanti nel respiro affannoso. Controvoglia,
ciava a ferirla già con una nostalgia fuori luogo. Gemette di rabbia e di
frustra-
zione, sedendosi sul letto. Non voleva piangere ancora. Premette con rabbia
quel a maglietta bianca fra le cosce, e gemette di nuovo rabbiosa, per non
pian-
Per non piangere, trattenendo quel ’orrido groppo in gola, cominciò a don-
mento una scossa forte, che non si sarebbe mai aspettata in una situazione
del
le regalò delle punture brucianti di piacere, una per ogni volta che preme-
accorse di tremare.
ogni scatto di bacino più sciolto e assieme più feroce. Veloce. Più veloce.
Strap-
324
macchIE DI lUcE
15 novembre
di Mauro Marcialis
Ha già fatto effetto. Lia tiene le mani tra le cosce e lo sguardo basso, ma il
suo
tà. Le nostre labbra sono vicine ma lei si volta e si distende, mentre la luna
le
lasse l’il usione di poterci far scivolare tutto addosso, proprio come una
volta.
e a volte lo supera. Mi muovo al ritmo dei suoi sospiri urlando: mai più!
Non avrebbe potuto spiegarci, con le poche sil abe che biascicava, che il
dolore
Dentro di lei nascondo il mio vigore, la sua lingua striscia tra le dita e le sue
diventa il foglio che accoglierà lo sporco inchiostro del mio delirio per
l’ultima
crollo. La sua pelle non la sento più! Penso: è davvero il cielo, questo? E
sono
forse le stelle, adesso, a pungermi gli occhi? Credo che il fuoco del a colpa
stia
325
PassIONE Dall’INDIa
16 novembre
di Federica Iencenelli
Odore di Sandalo, varie candele accese e tendaggi dai colori caldi. Il letto
basso
con le dita. I suoi occhi con quel a linea di Kajal erano misteriosi e
tenebrosi.
Mi ha sedotta con quegli occhi e con il labbro inferiore che ogni tanto
morde-
va. Non ho potuto resistergli. Mi baciò, quelle labbra erano così morbide e
il
farmi di tutto, ero presa da lui, dal suo fascino, dal suo modo di toccarmi.
Mi spogliava con foga ma con dolcezza. Io non potevo fare a meno di fare
lo
stesso con lui. Nello specchio le nostre figure, lui color cioccolata e io color
del
piano piano, lentamente, su e giù, finché non arrivò nel mezzo e lì pensavo
davvero di morire.
La sua lingua era sempre così pacata, delicata, ma sapeva bene dove andarsi
di salvezza. Ritornò alle mie labbra, mi baciò col sapore di me in bocca e fi-
insieme, i nostri gemiti e i respiri sempre più caldi e affannati erano solo
una
piccola rivelazione del piacere provato. Mi guardò negli occhi lucidi di
piacere
lui ancora dormiva. Decisi di andare e di non rivedere più quel ’indiano che
mi
326
baNQUETINg
17 novembre
di Alessio Taffarello
Dopo duecento pasti non si ha voglia di far altro che riposare. Stasera tocca
a
Cinzia è bel a, fin troppo per una cuoca. Il suo viso, una calamita. Il suo
scino. Anche stasera… ti guarda con occhi non suoi, da predatrice, e non ti
mol a più.
sento in grado di gestirla come chiunque altro. C’è che il problema sono io,
e
Passa un minuto.
– Sai, quando la guardo tuffare le braccia nel ’impasto rimango spesso ipno-
cade seguita dal resto del a divisa. Cinzia fa lo stesso con me. Le tolgo la
cuffia
e rimango rapito dal tuffo delle sue chiome bionde. Sono ipnotici ed
eccitanti
i suoi movimenti. Mi spinge al muro, apre il frigo e prende la catalana
rimasta.
suo corpo nudo, supino sul marmo gelido. La massaggio quasi a impastare
l’uno del ’altra. La mia pelle sa di cannel a e limone, lei è una mandorla.
Siamo
Ho voglia di sapori forti. Non me ne frega nul a del sapore reale del a sua
327
vORREI
18 novembre
di Angelo Marenzana
Cara Leyla,
gironzolo per qualche istante nel silenzio che incombe tra corridoio cucina e
da letto. Quando spalanco la porta quasi con sorpresa mi rendo conto che
non
cora ad accettare di non vederti raggomitolata nel letto con i capelli scolpiti
sul
Quasi sono imbarazzato dal fruscio dei miei stessi movimenti. Tutto è
immo-
bile, a parte le ombre sul soffitto che tremano al ritmo del a fiammel a del a
giallo che profuma di vaniglia, e stempera una luce calda colore del ’oro.
Me
l’hai lasciata tu. Dici che ha il potere di purificare l’aria dalle energie
negative.
Mi stendo sul letto con gli occhi spalancati e il braccio teso verso l’alto.
Con il
dito accarezzo i contorni delle ombre. Poi chiudo gli occhi e penso che vor-
rei baciarti, vorrei sentire il tuo calore, il tuo respiro, vorrei stringerti il
seno,
giocare con la lingua attorno ai capezzoli. Morderli piano. Perché è così che
ti
piace. Vorrei saziare le mani possedendo gli angoli più nascosti del tuo
corpo
chiudendolo nel a morsa del mio desiderio. Vorrei model arlo per
trasformar-
lo nel ’unico oggetto del mio piacere. Vorrei vedere i tuoi occhi
socchiudersi
in ogni istante sentire che nul a di quello che faccio serve per rendermi
soddi-
mentre aumenta il ritmo dei miei movimenti, delle parole che ti dico,
mormo-
rii che entrano nelle orecchie per arrivare al cervello e scendere liquide
verso il
cuore, fin dentro la pancia, e uscire sul a pelle per scorrere rapide sugli
umori
del nostro corpo, sul nostro sudore. Vorrei sentirti gridare mentre ti afferro
i capelli dietro la nuca. Vorrei… l’unica cosa che posso, in questo momento,
è toccare il tasto play del ’impianto sul comodino. Annie Lennox. Why… la
come se fosse seduta accanto a te su quel treno che corre lontano, nel
biancore
328
saNgUE…
19 novembre
di Bartolomeo Badagliacca
avvinghia a lui in una congiunzione bramosa, e lei precipita nei suoi occhi
neri
do del a ceramica sotto i piedi nudi del a donna guizza disperdendosi nel
suo
La gira.
Lei è totalmente inabissata nel piacere. Non sa più chi è, non ha coscienza
del mondo o del ’esistenza se non del buco nero che sembra inghiottirla dal
di
L’uomo si inarca cercando l’interruttore del a luce, pressa dentro di lei come
Rivoli scarlatti colano tra i seni gonfi fin sul ventre, in una pozza rubiconda
nel suo ombelico tremulo, e poi più giù, fino a lui, e da lui dentro di lei.
Per la donna non esiste più nul a, ogni parte del suo corpo è concentrata
sulle onde che iniziano a scaturire dal Tempio tra le sue gambe. Lui si
colma
godendo di quel corpo che si tende e irrigidisce senza controllo in preda alle
Cadono a terra, avvinghiati, uniti un po’ di più come ogni volta, il succo di
329
PEllE E ODORE
20 novembre
di Umberto Maggesi
– I soldi, sul comodino. Spegni la luce. Non parlare. – Le uniche parole che
pro-
Al ’uomo piace guardare. Uno dei tanti dogmi che il sistema ci fa ingoiare.
darci uno nel ’altra. L’umido che si fa strada poco al a volta, timido al
’inizio,
come a saggiare la consistenza del piacere. I lasciti odorosi delle regioni più
na-
scoste, prima lievi. Solo tracce dissolte dal a prepotenza dei movimenti, poi
forti
L’abilità di due corpi nel cercare di accordarsi per suonare la musica del
sesso
precisi. L’accordo è diverso per ognuno. Perché la pelle è figlia del a vita
che ha
Da collo a ventre. Scendendo sulle cosce fino al ’umido fra le gambe, per
poi
e ricerco l’accordo con braccia e spalle, oppure gambe. Come un suono che
si fa
sempre più vicino. Ci riesco tutte le volte, anche con questi corpi troppo
usati da
mani maldestre.
sue forme a spigoli, le superfici lucide, colori fin troppo vivaci, specchi che
riflet-
tono infinite forme infinite volte. Anche il mio volto e il mio corpo.
Orrendo.
330
21 novembre
di Valeria Bucchignani
– Tu non ti rendi conto del a potenza che emani, adesso. Sei la mia Dea
Pagana.
di te, sai?
Mi chiedo quale deità vede in me adesso: in ginocchio sul tappeto, seduta
sui talloni, una corda che mi stringe la vita, passa tra le mie cosce e mi
assicura
– Sei come una terra senza nome, aspra e selvaggia, insidiosa e lussureg-
al sole. Hai il passero tra i rami e la volpe nel a chioma. Hai la lepre nel
’erba
– Attento alle specie protet... – non finisco la frase. Afferra la corda, la tira
fino a farmi provare l’effetto del a sega circolare che mi entra nel a carne
tene-
ra, fino a farmi spalancare gli occhi dietro la benda. Il dolore è un lampo,
mi
fedele che mi adorava? Quanti uomini è? Chi trabocca dal a sua testa, così
in-
– Brava, così. Perfetta. Sta’ ferma – un sussurro e una mano che percorre la
mia schiena dal a nuca al coccige. Una mano calda, materna, che dice: sono
io
pando lo spazio in mezzo alle mie gambe piegate sul tappeto, che mi
solletica
331
POsT-IT
22 novembre
di Raffaele Serafini
del post-it, nero su giallo. Glielo ha scritto dopo sei mesi di messaggi e lei
ha im-
piegato più di un’ora per scovarlo, appiccicato sotto una sedia del salotto.
Gliene
accanto al a porta d’ingresso. Non l’ha visto subito, perché prima c’era la
rosa,
Non è il primo biglietto che trova in casa, ma il primo in cui lui la toccherà.
Non ha mai capito come faccia a entrare, ma in quel momento non le inte-
ressa. Vuole solo vederlo, toccarlo, sentire com’è fatto. Rimane sveglia per
ore,
mano nel suo dormiveglia per accarezzarla, proprio come aveva detto. E
sarà in
Ti bacerò.
quando alzando il coperchio per sedersi a fare pipì, scopre l’invito per il suo
Sono parole che la spaccano in due. Da una parte il suo sesso, che implora
carne e calore; dal ’altra lei, che ha bisogno di un corpo, sguardi, voce,
parole,
La trovano con l’estasi che dimora sul suo viso, deceduta per cause naturali.
332
kUROI (l’INvERNO)
23 novembre
a est e a ovest per poi perdersi chissà dove, inghiottita dal a nebbia. Oltre la
finestra c’era un mondo chiuso, tre alberi scuri come inchiostro seccatosi su
un
i capelli.
Sempre uguale, la via la guardava a sua volta. E così i tre alberi scuri, quel
quadrato che fu d’erba, l’altalena, gli occhi lontani del cielo che negli occhi
di
Ed era di notte che si rianimava pure il ricordo, giacché lui una notte era
stivali ai piedi, i propri capelli. La sua lancia era uno sciame di falene.
Nel vederla inarrivabile aveva dischiuso le labbra e le farfalle erano nate dal
loro cari mirarono quegli occhi allora pieni di stelle, e quando si posarono
sulle
sue braccia lei al argò il respiro e sciolse la treccia. Scosse il capo. Slacciò
ogni
Camminavano, le falene, sul a sua bianca pelle. Come neve caduta in no-
vembre su prati già bianchi di neve, si nascondevano le une sotto alle altre.
Negli sguardi la promessa scivolava sui suoi seni, a ogni colpo di frusta
scia-
Allora lei guardava la via lunga sfilarsi a est e a ovest, dove lui era giunto
e dove era andato via, sparendo nel a bruma. Poi voltandosi socchiudeva gli
Accarezzava il suo corpo e giù, la perla dura che mirava in alto, e le falene
le
le dita sui tasti bianchi di un pianoforte, tril ando quel a nota grave, tril ando
Il suo ventre era un nido d’insetti, quando godeva lacrimava latte, eppu-
333
INDEcIsIONE E DEbOlEZZa
24 novembre
di Claudio Costa
devo. Stringo il manico del a valigia. Giro la chiave nel a toppa. Movimenti
lenti:
– Davvero?
Biondi capelli spettinati, riccioli morbidi. Maglietta stretta con curve in evi-
Scruto le pupille verde mare. Mi perdo nel cercare il fondale. Sicuro: non
toc-
cherò mai la sabbia del ’abisso.
Ci fissiamo. Mi bacia. Non sono piccoli baci per un semplice ciao, come se
le
Nel a tasca mi vibra il cel ulare: un SMS. Estraggo e lo porto dietro la sua
schie-
na. Con una contorsione del braccio, mi afferra il polso. – Dai, dopo!
fare lei. Leggo il messaggio. Quando arrivi, papà? Ricordati il regalo per
la mam-
Ma non torno. Questa volta, quando esco dal a porta, non torno.
334
l’aTTImO
25 novembre
di Raul Montanari
negli anni, azioni e titoli di stato, qui a mollo nel ’acqua tiepida del a
piscina,
musica idiota e felice che viene da chissà dove, la facciata del ’hotel e le
donne
ora si tuffa senza togliersi i Ray-ban per far ridere le sceme che lo
guardano, il
ragazzo bruno tutto ricci e tatuaggi che non sa cos’è sentirsi vecchi, è
convinto
che la vecchiaia sia come avere la pelle nera o nascere senza orecchie, io lo
so,
gli leggo dentro come in un libro, è convinto che lui non sarà mai vecchio,
mai
come me, che poi non sono neanche tanto vecchio (ho cinquantatrè anni),
oh
sì!, è convinto che la giovinezza sia qualcosa che fa parte di lui per sempre,
una razza, un gene, una gabbia del tempo da cui non si esce mai, un’isola
che
vede da lontano il continente dove vivono gli altri, ragiona così lui, è come
se
sei giovane, sei giovane come le ragazze che ti guardano, niente topless qui
in
i piedi abbronzati, bastano i seni sempre diversi, sempre uguali, stretti negli
ce piatte così diverse dal a mia, e gli occhi limpidi e senza borse, i colli
senza
rughe, i culi pieni e sodi che mi tengono qui a mollo, a cul armi e
coccolarmi
una camera al primo piano del ’hotel, coperta e vestita come fosse già
settem-
bre. Scruta fuori un istante, fissa il cielo con gli occhi chiari e trasparenti,
quasi
335
UN PEccaTO ORIgINalE
26 novembre
di Massimo Mazzoni
Lei gli prende dolcemente una mano e se la posa sul seno. Lui osserva
smar-
rito, quasi non osasse carezzare quel a pelle fremente. Lei gli sorride con
aria
Lui esita ancora, ma appare in balia dello splendido corpo che gli si offre
com-
pletamente. Lei lo attira a sé, lui scivola docile fra le sue gambe. Lei si
inarca
beatitudine...
Tutti tacquero.
– Preso atto del ’eccezionale gravità del crimine – esordì il Giudice dal ’alto
del suo scranno – questa Corte CONDANNA in via definitiva la qui presen-
Corte DECRETA che nessun cittadino di questo universo mai più venga a
con-
JAHV-1.1, Supremo Giudice del Tribunale del a 1a Costel azione, sta per
la-
sciare l’aula.
336
aRDaTh lIlI
27 novembre
di Danilo Arona
Senza? Nul a d’inedito: senza tanga. Finte trasgressioni da anni set anta, ma
che
Questo era un tubetto da 50 ml. Con la scrit a Pleasure Gel of Ardath Lili, e
a seguire: Intimate gel Moisturing Warming.
No, Fosforo a letto è un vortice. Uno sconvolgimento tel urico che, quando
ci ca-
piti in mezzo, non capisci più dove ti trovi. L’ unica certezza è il fuoco che
brucia il
perineo con fiumi umorali che tracimano dal a sponda del letto sul
pavimento. No,
non si fa chiamare Fosforo perché è intel igente. Dicendola tut a, è piut osto
scemo. Il
nickname di bat aglia gli deriva dal ’uso militare del fosforo bianco perché,
a suo dire,
“le mie vit ime, dopo il mio passaggio, così sono ridot e.” Gusto macabro e
pessimo.
… gel a uso topico che si applica sopra e dentro l’area genitale femminile;
agisce stimo-
Cazzo, questa roba... sta mutando, diventa lunga, affusolata, dura. Succede,
succe-
– Codogno, vieni in via Gluck, per favore, non ci capisco niente. C’è una
morta
337
RIflEssI
28 novembre
di Giovanni Sicuranza
Sa come fare, lo desidera. Eppure esita ancora. È la prima volta che si trova
le gambe. Alba si muove dietro di lei, esplora delicata con le dita, fino a
quando
E Valentina ha un brivido lungo, che scioglie il respiro. Nel ’alta marea del
Lo specchio sul muro davanti a loro è uno schermo che trasmette l’immagi-
ne di un unico corpo che si fonde nel a penombra del a stanza. Sei braccia,
sei
gambe. Due donne e un uomo. In realtà nel gioco l’uomo ha il ruolo del
’ogget-
Alba, la sua collega di lavoro, la sua nuova amica, che ha eroso giorno dopo
giorno le ragnatele delle convenzioni sociali. Nelle luci fredde dei neon, la
sala
autoptica mostra i corpi degli uomini e delle donne senza più maschere.
Corpi
Ora eccole, con la complicità silenziosa del ’uomo. L’uomo che tace e
diven-
L’uomo non reagisce. I muscoli contratti del viso sono solo scultura di un
lento soffocamento. La pelle rossa non svela pudore, è il livor del a morte
che
un rossetto scuro sul sorriso soddisfatto. Alba smette di giocare con lei e
affon-
338
Il vUOTO
29 novembre
di Claudia Alpa
Non so da quanto tempo sono qui, immobile sul ciglio del a scogliera. La
Solo un passo.
Perché l’istinto di conservazione ha il sopravvento sul mio cuore annien-
Due penetranti occhi scuri mi stanno fissando. La mano del ’uomo mi tra-
la mia testa: – Voglio essere libero, non ti amo, voglio solo il tuo corpo.
Come al rallentatore vedo il suo viso avvicinarsi, la sua bocca sfiora la mia,
mentre con gesti ruvidi comincia a spogliarmi, il sorriso ironico sul volto.
Mi fa sdraiare a terra, è sopra di me. Il peso del suo corpo mi schiaccia con-
tro la roccia dura e bagnata. Il mio corpo brucia. Mi stringe il seno, sfiora
con
lingua il torace muscoloso, giù, fin dove la mia bocca calda lo avvolge
facen-
339
30 novembre
di Alberto Cola
A una settimana esatta dalle esequie del suo ultimo rapporto sentimentale,
Prese a spogliarsi con l’irruenza di chi vuole una rivincita e poco importa
se ciò avrebbe causato delle vittime. Il suo corpo da ventenne non lasciava
Sfilandosi le mutandine con raffigurato un Winnie the Pooh beato nel suo
Nel a penombra del a stanza al crepuscolo, con la luce esterna dei lampioni
giusta per contenere certezze. Una, in particolare: questa volta tra le sue
gambe
errante di Monica, era quanto di più prosaico riuscissi a pensare. Col pene
che
venuta a fare?
Con un’involontaria perla di saggezza zen, rispose: – Solo del mio meglio.
col piatto del a lama, lasciando caste scie rosse su quel sedere da favola che
mi
1 dicembre
di Francesca Ferrara
Quel lago era davvero un incanto. Sul ’acqua la luce lunare si sdraiava
creando
I lunghi capelli furono sollevati con gesti lenti, liberando una schiena setosa
e
divinità personale.
Axa non si accorse del a presenza di Iura finché non sentì le sue braccia
stringerlo forte per i fianchi. Subito si abbandonò contro il suo corpo. Iura
non
leggero, con la punta delle dita scese lungo quel corpo, adorandolo. Poi più
giù,
lontanarsi. Iura non reagiva mai troppo bene a quei suoi scatti improvvisi.
pelle del petto. A Iura venne da sorridere: non avrebbe mai vinto contro
quel
Guardò Axa che continuava a fissarlo, quasi totalmente immerso nel ’ac-
qua. I suoi occhi divertiti gli lanciavano una muta sfida, ma lui non aveva
in-
tenzione di cedere, non subito almeno. Appoggiò una mano sul a pietra
fredda
per sostenersi, le gambe non erano più una garanzia. Axa lo stava
torturando,
contro la roccia penetrandolo con forza. Axa inarcò la schiena contro il suo
petto, scosso da un grido di dolore e di piacere.
Iura continuò a spingere con sempre maggior irruenza. Quel corpo lo in-
Non appena il suo respiro tornò normale, si voltò preoccupato verso l’altro.
Questa volta aveva esagerato, era stato troppo violento; ma Axa lo guardò
sod-
341
Il sEcONDO
2 dicembre
di Nicolò Petruzzelli
ricorda più. I pori dilatati dei corpi rilasciano tossine nauseabonde, l’odore
del sudore si mischia a quello dello sperma. I membri eiaculano, gli sfinteri
si
una sedia, mentre due uomini le stanno eiaculando addosso. Uno di loro è
pe-
Fuori dal a porta, un tappeto di carne ansimante si srotola sulle scale. Qual-
cuno scivola sullo strato di umori vaginali, sudore e sperma che ricopre gli
sca-
sbavanti, infilati gli uni dentro agli altri, arrotolati tra di loro.
Molti accusano i segni degli infiniti coiti: la pelle sfrega contro altra pelle
le labbra delle vagine sono sfinite dai membri che lottano instancabili tra di
loro per garantirsi l’effimero privilegio di affondare in quelle caverne
polpose
e pestilenziali.
Sono solo in due a essere impegnati in un’attività che non sia orizzontale.
Camminano tra i corpi, sopra i corpi, scivolano sul denso strato di umori
che
ricopre ogni cosa. Il primo osserva sgomento la scena. L’espressione del se-
L’uno dice qualcosa al ’altro, che però gli fa cenno di alzare la voce, dal
342
l’UlTImO DEsIDERIO
3 dicembre
di Gianmarco Amici
2500 secondi al ’impatto. Norma Jeane gal eggia fluida davanti a me, la tuta
elastica le
1860 secondi. Anche ora che le nostre tute vanno al a deriva, nudi come
l’uomo ci
ha fat o, non sono le nostre vere carni quelle che si sfiorano. Sono abiti
confezionati su
decise su dove posarsi. Sono nuovo anch’io, d’altronde, pochi giorni di vita
e sono già
in grado di capire le stelle, anche se le vedo solo ora per la prima volta.
935 secondi al ’impatto. Uno scossone ci separa, flut uiamo come naufraghi
in
direzione opposte. Nuota nel ’aria come una rana, fa capriole, mi sfugge;
giochiamo
afferro un piede. Ride mentre i suoi capel i chiari le ondeggiano davanti agli
occhi, un
e decisi.
100.
Sento fluire un’energia - 40 - qualcosa si fa strada dentro di me, verso la
superficie.
3,2,1.
343
Il PassaggIO
4 dicembre
di Franco Zadra
Sto guidando da un paio d’ore, fra poco sarò a casa. Guardo la strada, ma è
che non l’aveva ancora caricata nessuno? Dev’essersi appena messa a fare
l’au-
tostop.
– Dove vai?
Sono già nel panico. Quando schiude le labbra riesco a vedere con la coda
del ’occhio quel filo di saliva che le incol a leggermente. Sono così morbide
e
carnose che mi pare di sentirle sfiorarmi il collo. Quasi le dico: “Ferma, dài!
lo più a timidezza, ma non sono mai andato oltre il consentito. Sono sempre
riuscito a control armi. Con lei però qualcosa lo farei. Metto in terza e con
le
cio e sale fino al centro del petto. Anche lei ha sentito. Un non so che si
accende
gatta. Procedo ancora per un po’, poi devo accostare. Vengo proprio mentre
subito che non è questo, la protuberanza è troppo grossa e... continua a cre-
scere!
344
sOlUZIONE EsTREma
5 dicembre
di Arlaune
Non ho mai smaltato le unghie per andare al mare, ma questa è una vacanza
bene. Dopo essermi sfiorata le labbra, getto indietro la testa, in un gesto de-
noto con piacere che ti sei seduto a poca distanza e sembri intenzionato a
fare
condi necessari perché tu possa inquadrare il mio sedere. La pelle d’oca che
adesso avverto è il sentore dei tuoi occhi. Sì, ci vedi bene: indosso un tanga
quando lo fa qualcun altro. Come ieri: sono arrivata in spiaggia a seno sco-
perto, la mia terza abbondante sotto lo sguardo di tutti. Non hai gradito,
vero?
Avanzo di alcuni passi verso il mare, finché sento un’onda fredda carezzar-
indiscreti. Non faccio neppure in tempo a voltarmi che avverto subito una
morsa ai polsi e sei tu. Sento il laccio del costume allentarsi e ora ho i seni
scoperti, dove stai già affondando il viso. Avventuri la mano fra le mie
cosce,
in modo che avvinghi le gambe al a tua schiena per favorirti l’accesso. Non
passano che pochi secondi e mi hai già penetrata, così decido di arrendermi
e
andare in vacanza facendo finta di non conoscersi. Gran bel a soluzione alla
abbia funzionato.
Chissà…
345
caNZONIssIma ‘69
6 dicembre
di Nicolò Tambone
gna al tavolo. Niente bugie: sono sposato e gliel’ho detto. Mia moglie è a
casa,
nello. Mia moglie adora le Kessler, gli sketch di Vianello. Ride. Raffiche
stridu-
Ridi pure, cara, divertiti. Certo, se tu sapessi dove sono e con chi... Una
donna
Lascio parlare, prendo tempo. Le guardo le mani, gli occhi, i riflessi lucenti
sui capelli. Mi parla di sé. Operaia, tre turni sulle ventiquattro ore.
Lavorando
un po’ troppo curate, l’aspetto fresco. Non sembra avere sulle spalle una
set-
Ridiamo insieme.
– Sì, dimmi.
– Settimana prossima, venerdì, dovresti incontrare un mio amico. Ti passe-
– Sì, ma dove?
346
EvOlUZIONE
7 dicembre
di Miller
tre parole.
Lei che ruota il polso e aumenta la pressione, facendosi strada nel a mia
bocca.
Esploro con la lingua la cavità del a canna, al a ricerca del a profondità del
viso; e pensare che un attimo prima il mio pene sembrava il suo unico
collega-
Inginocchiato, osservo il suo corpo ritto di fronte a me. Ben salda sui lunghi
tacchi sembra inchiodata al pavimento. Indossa solo gli slip. Alzo gli occhi
per
– Guarda pure – sibila, – perché una come me non la scoperai mai più.
Ha ragione. Quando scopi con quelle come lei puoi considerarti fottuto. Le
fetto, così come il corpo. Carne e nanotubi fanno miracoli. L’innesto nel
’utero
Con gli occhi ritorno sul suo basso ventre, nel ’increspatura degli slip, ap-
pena sotto il promontorio. Cazzo, sono stato munto come una vacca!
Scoppio
in una risata isterica. Non riesco a fermarmi. Sento la canna uscire dal a
bocca.
Lei mi tiene sotto tiro, ma non riesce a proferire parola. Mi guarda mentre
mi
trascino verso la finestra. La apro ed espello gli ultimi sussulti nel vuoto.
347
cOmPlIcI
8 dicembre
di Antonio Lusci
uomini. C’era sì malizia nel suo sguardo, ma si trattava di una bramosia in-
nocente; non lo avrebbe mai tramutato in una creatura aggressiva. Lei, così
za tempo in cui Mattia l’aveva scorta nel bagno. Marina, sedici anni
racchiusi
alone di sanguigna vitalità come gli occhi del dodicenne Mattia non
l’avevano
insinuò le mani nel a peluria bruna e Mattia ebbe un tuffo al cuore. Vide
quei
Marina era a servizio da loro da quasi un anno. Era una ragazza espansiva,
sempre sorridente e, cosa che a lui piaceva tanto, cantava anche durante i
lavori
più faticosi. Ma ora cambiava tutto. Non l’aveva mai vista né immaginata
così,
e non si sentiva in colpa perché lei stava condividendo la sua intimità con
lui.
Mattia sentiva che era un po’ come se fossero fidanzati, adesso. Un modo
in-
in giorno.
zioni del a mamma, sparse le briciole sul pavimento. Marina si chinò ai suoi
piedi per pulire e lui guardò il seno muoversi al ’interno del vestito a fiori.
348
INsIEmE
9 dicembre
di Valentina Abate
Sento le tue labbra percorrermi la pelle. Dio quanto ho aspettato questo mo-
mento. Tremo per l’emozione, come una bimba che ha appena scoperto
qual è
Scivoliamo stesi sui cuscini posati sul tappeto e mi sussurri di amarmi men-
tre con mani esperte mi massaggi il seno, per poi lasciare che la tua bocca
mi
dedichi le dovute attenzioni. Ti amo, e lo urlo con gioia quando mi fai tua,
con
Il fuoco nel camino riscalda la stanza, mentre i nostri corpi si muovono as-
E lo faccio; anzi, lo facciamo insieme. Accarezzo il tuo capo posato sul mio
seno, te ne stai così, fermo e ansimante, ancora dentro di me, mio, per
sempre.
amo tanto. Dopo pochi minuti di riposo sento che stai ricominciando a muo-
verti dentro di me.
– T-ti amo.
Ti sento gemere nel a mia bocca, mentre la tua lingua cerca la mia, per av-
volgerla in un gioco sensuale. Il tuo corpo si muove con il mio, sei dentro di
me
ed è la sensazione più bel a del mondo. Amami e sarò tua per sempre.
L’aria è colma dei nostri sospiri, il tuo petto scolpito freme al passaggio del
a
Sì! Voglio sposarti! – Le ultime sil abe vengono calcate di più dal a forte
scossa
– Stringimi...
349
mORbIDE galassIE
10 dicembre
di Jacopo Fo
capitolo 20
Il tempo era passato. Era una giornata di agosto, faceva caldo e Mikaijll era
sce-
la vide. Esitò, poi si avvicinò e la salutò. Era molto bel a e gentile, pareva
che il
rono e le loro parti più tenere si avvicinarono ed entrarono l’una nel ’altra.
E
forse solo in quel momento, veramente, la sua anima si unì a quel a di lei. E
lui
che lei veramente l’avesse lasciato entrare dentro di sé e che lui veramente
aves-
Per poco tutto gli parve scivolare come dovrebbe scivolare la vita, senza
sforzo, e lei era così bel a che a lui parve impossibile. E la sua asta entrava e
La bramosia di possedere lei in ogni più piccolo riflesso del a pelle lo scara-
maggiormente dentro di lei, per entrare del tutto e rompere anche l’ultimo
velo
350
PENsIERI ImPURI
11 dicembre
di Yu
Monica era sotto il getto d’acqua calda, con la porta del box doccia spa-
lancata a mostrare il corpo nudo che riluceva sotto la luce artificiale del
neon.
Aveva un bel corpo, Monica, tonico e invitante, di quelli che fanno venire
l’ac-
Lara abbassò gli occhi, deviando lo sguardo su una delle pareti, arrossendo
finì sul a mano di Monica, stretta attorno a un seno candido. Vide le dita
affer-
Si toccò sforzandosi di non fare rumore, ma tenendo gli occhi sempre fissi
ritmo del dito quando lo faceva lei, divaricando le gambe quando lo faceva
Lara rimase con la fronte appoggiata alle piastrelle a riprendere fiato, con
gli occhi chiusi e i denti piantati nel labbro. Si strinse nel ’accappatoio e
aspettò
che Monica chiudesse l’acqua, prima di spostarsi e fare qualche passo verso
la
porta.
non poté che ricambiare con un pizzico di imbarazzo, prima di chiudersi nel
box doccia e lasciare che l’acqua lavasse via i suoi pensieri impuri.
351
lIsa
12 dicembre
di Lucia D’Aiutolo
– Why not?
Con aria maliziosa Lisa aveva risposto così a un ennesimo invito di lui nel
re-
due baci, il tempo era poco. Sospiri. Lui che apriva la lampo e lo tirava
fuori.
– Dai, spogliati.
– Non avere fretta, bijou. Sta’ tranquillo che ti faccio un servizio che non te
lo scordi più…
si fece più insistente, quasi a volerlo aprire per far strada al suo sperma. Era
già così duro, appiccicoso di saliva e liquido spermatico. Lui chiuse gli
occhi
cosa provo io, quando te ne vai dopo una sveltina. Ciao, bijou.
spazio di tempo così breve da permettergli solo di aprire gli occhi e seguirla
Questa volta Lisa l’aveva fatta grossa. Si era presa una soddisfazione,
questo
sì, ma lo aveva perso per sempre. Ormai lei non poteva più accontentarsi
dei
suoi ritagli di tempo, di quei brevissimi dieci minuti che lui le concedeva di
tanto in tanto in quello spazio angusto. Voleva di più.
Camminava a testa alta lungo il corso affol ato, ma non distingueva più le
persone, i contorni non erano nitidi. Gli occhi velati di lacrime. Si mordeva
Decise di leggere.
Diceva proprio così. Le si stampò un largo sorriso sul volto e fece una
giravolta
su se stessa con gli occhi al cielo, prima di realizzare che si trovava nel
pieno
Aveva vinto, non sapeva come, non era quello il risultato che si aspettava,
ma aveva vinto. Incapace ancora una volta di capire gli uomini, si avviò
verso
352
13 dicembre
di Sacha Rosel
In strada, l’ansimare del ’aria notturna brucia i pensieri con le sue dita
torride.
Sollevo la testa e una scia casuale rapisce il mio sguardo: tra i contorni
sfuocati
del buio c’è un uomo, un segno sul ’asfalto che rovescia il cuore. Decido di
seguirlo.
nero del ’oscurità, come due silenzi che recedono e si aprono, senza mai
toc-
carsi. Pochi passi separano ormai il mio corpo dal suo, quando la bocca
rossa
dei suoi occhi s’incurva su di me, per poi scivolare evasiva oltre le scale, la
rio mutasse già i contorni delle cose in orlo tremolante di febbre. Sento la
pelle
La voce preme per uscire, gridare; sussultare delle mani che annegano e
strin-
tare il continuo battito che emerge dal sesso vivo e al contempo scioglierlo,
ancora più fluido. Socchiudo gli occhi al a furia del mio mordere te che
mordi
me nel ’aria appannata dal fiato del a penombra, la stoffa quasi si lacera per
la
troppa intensità, finché il corpo ormai unito non emette più alcun suono e si
arresta.
Gli occhi si aprono di scatto, tagliati dai freddi lampi di luce che lo schermo
proietta nel ’aria. Fermi uno di fronte al ’altra, sostiamo nel ’oscurità come
due
calle immobili. Forse domani ti getterò via proprio come un fiore appassito,
o
353
NEssUNO è PERfETTO
14 dicembre
di Alessandro Defilippi
Il film, la cena leggera, un po’ di sesso. Era una buona giornata. Mi accorsi
d’essermi distratto solo quando la voce cambiò tono: calda, quasi intima.
– Era tanto che non la sognavo, dottore, e mai così – disse, con un riso te-
Qualcosa di tiepido si mosse nel mio petto. Sorrisi ancora, pensando alle
centinaia di articoli sul transfert e sul sesso tra paziente e analista. No. Quel
a
era una porta stretta che non avrei varcato Ma, mentre la voce continuava,
gen-
tile, appena rotta dal ’emozione, io mi sentii, d’un tratto, solo e senza
amore.
Tacque. Il silenzio era caldo e pieno. La voce riprese, più sicura. – Ma ades-
Sentii un fruscio e chiusi gli occhi, per non vedere chi ora mi stava di
fronte,
sfiorando i miei ginocchi con i suoi.
le spalle esili, i fianchi stretti. Il volto incorniciato dal pizzo biondo e dai
baffi
appena accennati.
– Mi parli, la prego.
Lo guardai in viso. – Luca – dissi, poi mi alzai, sollevando una mano verso
il suo volto.
354
cENERE
15 dicembre
di M.G. Nemesi
Tutto – tutto in lei è pallido e minuto e fresco. Persino la sua bocca, quando
vi
con l’eco ferroso di quel pizzico di cenere che si è spinta tra le labbra prima
di spo-
gliarsi.
Non sai chi è. L’hai vista nelle profondità scure del locale, tra le volute di
fumo.
Un guizzo argenteo al ’angolo del ’occhio, come una perla nel ’acqua scura,
e hai
sottile corda di un violino, modulando dal fondo del a gola un suono rauco,
lieve,
come un gatto che fa le fusa. Ti ha fatto stendere sotto la finestra, in una pol
a di
mobile luce lunare, e ora si muove su di te, i fianchi che ondeggiano lenti,
come un
fiume, e che come un fiume aumentano di velocità, il bel corpo latteo che si
torce
za, serpeggiando, e ti beve il sudore dal labbro e dal a fronte, mentre le sue
dita ti
stuzzicano il petto, il ventre, giù fino al punto madido e caldo dove i vostri
corpi si
intimi di prendere tutto di te, il tuo sesso, il tuo corpo, il tuo calore, e spingi,
forte.
Pensi di vedere i suoi occhi scintil are fiochi, e ti ergi per baciarle le
palpebre, le ca-
rezzi il viso con la bocca, affondi i denti nel tumido labbro roseo, facendola
ridere,
e cenere ti esplode sul a lingua, mentre lei ti prende più in profondità dentro
di sé, ti
cavalca ruotando il bacino con colpi secchi e precisi, e grida al a luna, nel a
notte.
È calda, ora. La sua pelle, la sua bocca, perfino gli occhi; tutto di lei arde,
arde
il guizzo incolore dei suoi occhi si fa grigio e poi blu, mentre il suo respiro
si fa
terrore, un piacere che brucia così forte da essere bianco, come il cuore di
una stel-
la, un bianco abbacinante, e schiudi la bocca in un grido, ma è troppo tardi,
ormai,
Nel buio, lei affonda le dita nel cumulo di cenere che è stato il suo amante,
ne
d’altri. Non c’è più traccia di gelo, nel suo corpo. Il suo respiro brucia più
del sangue
corpo, traccia glifi e tatuaggi sul a pelle calda e fragrante di sudore e sesso,
saziata.
355
Il DEbITO
16 dicembre
di Paola Contarelli
Per un attimo gli occhi del ragazzo s’il uminano. Mi sono accorta da un bel
I ventimila che mi deve sono stati l’amo. Se vince la partita glieli abbuono.
che se resto nuda potrà fare di me ciò che vorrà: quel a è stata l’esca.
Chi dice che alle donne le scene omosex non piacciono? Io adoro quelle
maschili e Bart è perfetto. Fa parte del a posta, lui, con i suoi ventitrè centi-
colore del ’unico indumento che indossa. Bart è dannatamente virile ma non
– Ecco i miei slip – sempre gelida. Mentre li sfilo lui abbassa gli occhi, non
mi guarda.
Adesso Bart lo sta sbattendo con forza e lui è paonazzo. Geme, ma non
grida. Conserva la sua dignità, mi pare. Bravo ragazzo, così sei più
eccitante…
Mi distendo sul a sedia, scosto le gambe e comincio a girel are con la punta
del
d’odio e io gli passo il dito medio bagnato tra il labbro superiore e il naso,
for-
17 dicembre
di Marco Cartello
Ancora, John!
sua schiena nuda che scende bruna fino ai globi lattei dei glutei.
Ancora, spingi!
Le sue gambe velate dal pareo che lentamente cade e le svela, diritte, snelle,
mor-
Le caviglie, le cosce, il suo sesso aperto, umido. I miei occhi tra il suo folto
ciuffo
biondo.
contro il muro, le tue mani affondate nei suoi fianchi, le tue pelvi che
sbattono contro
il suo culo.
piccole punte rosa protese al ’infuori che aspettano la mia lingua. Le bacio,
appoggio
Tiralo fuori, mostralo bene al a luce dei riflettori, si deve vedere quanto è
grosso.
Immagino le mie mani che accarezzano i seni bianchi di lei, la mia prima
ragaz-
za del liceo, la mia lingua sul a sua, la sua saliva dolce che si unisce al a
mia. I nostri
so a mia madre che quel a sera mi dice basta scuola, trovati un lavoro. Mio
padre è
scomparso, impegnato a ubriacarsi in qualche bettola e i miei sei fratel i
chiedono a
Penso a mamma che piange, consegnando pizze, perché i soldi sono pochi.
Cambio lavoro, la paga è la stessa miseria di prima. Rifletto per mesi e poi
risol-
vo. Mamma è contenta, i miei fratelli mangiano, ma non sanno che lavoro
faccio e
come ci riesco.
Spingi, John, spingi che abbiamo quasi finito, per un attimo ti eri distratto,
un ul-
timo sforzo!
Penso al a mia prima ragazza del liceo, a quel a sera al chiaro di luna sul a
spiag-
gia, ai suoi seni bianchi, ai suoi occhi dolci, alle sue labbra rosse.
Vengo!
357
TENTaZIONE IN amaRaNTO
18 dicembre
di Rossel a Penserini
L’avevo appoggiato lì, sul a cassettiera in camera, e tutte le volte che ci
passavo
accanto lo guardavo.
– Ci vai tu! – avevano stabilito le mie amiche e io, dopo aver provato inutil-
sol etica la pel e. Quel ’oggetto è lì, a pochi metri da me. Ne sento la
presenza.
– E se…? – mi chiedo ad alta voce, e finisco la frase solo nei miei pensieri.
Scivolo fuori dal e lenzuola. Il contatto con il pavimento mi dà una
piacevole
a terra.
bocca, sento il contatto con la lingua. Poi, giù, lungo il collo, il dito scende
fino ai
capezzoli. Prima ne tocco uno, poi l’altro. Stringo fino al a soglia del
dolore, fino
L’estasi si propaga nel corpo come un’onda d’urto, la lascio scorrere nelle
vene.
Ogni lembo del corpo viene saziato. Mi lascio cul are da quel torpore.
ho ancora parecchio…
358
19 dicembre
di Giorgio Bona
lungo la schiena fino a passare con una semplice rotazione al seno sodo e
mor-
bido. Le stringo i capezzoli e lei riprende a farmi passare la lingua sul collo,
pelo morbido come seta. Solo lì la materia diventa più accogliente, e lei lo
Mi ritrovo sotto, lei sopra. Il movimento del suo bacino ha un ritmo che non
avevo mai provato prima. Forse è la passione del ’amore a farmi cogliere
certe
sfumature.
impeto. Sento le pareti del a sua vagina serrarsi come una morsa e poi
tornare
elastiche come una membrana al ritmo del suo movimento. La sento gemere
– Non sei ancora venuto? – mi chiede con un filo di voce, mentre cerco
inonda il viso.
Non pensavo che quel a domanda potesse eccitarmi. La mia mente si libera
da ogni delicatezza che l’amore trasmette, in cui ti preoccupi del piacere del
dopo averla girata sotto di me, comincio a cavalcarla con foga. Quando
esplo-
do, emetto un vagito, un lamento roco come non avevo mai fatto. Vorrei
trat-
359
DIETRO
20 dicembre
di Cinzia Pierangelini
rabile. Così, oggi, è uscita a comprare nuovi vestiti, ma ha girato per ore
senza
riesce a intrufolarsi tra la gente. Una sardina in scatola, ecco come si sente.
Del
Spintonata a ogni fermata del mezzo, non le resta che affidarsi ai bei ricordi
per distrarsi. E quale ricordo migliore del corpo di Claudio? Quel corpo non
il capogiro. Anche ora, a pensarci. Sì, le pare di sentirlo dietro di sé, come
al-
lora: quando per dormire assumevano la posizione del cucchiaio, una scusa
di
trufola tra le cosce. Lei non si muove. Aspetta. Eccolo! Non c’è dubbio.
Non è
giando sotto il vestito il suo affare voglioso. Chiude gli occhi, godendo
quelle
quasi male, con l’ultima spinta. E che roba deve avere! Altro che Claudio
coi
Si vede che non resiste più, pensa leccandosi le labbra. E allora dài, faccia-
darlo, in fondo possono finire anche altrove, ormai ne ha una voglia pazza.
Si
gira e…
– Chi avi, signori’? Malu stati? – L’armigero baffuto che la squadra con
ansia
360
fUORI E DENTRO DI mE
21 dicembre
di Monica Lucciola
a casa di amici, ma a causa dei nostri impegni, gli incontri tra me e lui
furono
finì per aleggiare sui nostri volti, l’unico contatto soltanto il telefono. Le
sere e
spesso le notti erano nostre, noi due soli, insieme, tra racconti di lavoro,
mu-
sica, sesso e gli amori appena nati, sfuggiti e cercati. Era sempre Alex a
inco-
minciare: lui amava finire sul pesante, io quel a più tranquil a, in tanti mesi
sì e
no che gli avevo accennato di due tipi dai quali ero regolarmente scappata,
lui
L’nico che gli mancava era il mio, tanto desiderato sin dal a prima volta.
Al suono di quelle parole capii che quel a telefonata sarebbe stata diversa:
un
brivido mi pervase la schiena, sapevo che se decideva avrebbe preso ciò che
voleva. Ero diventata stranamente nervosa, questo per Alex era terreno
fertile,
conosceva come calmarmi e poi dove portarmi; dopo un po’, ecco la sua
voce
dolce e profonda che m’intimava di toccarmi, lì, sotto la sua guida. Il mio
no,
con gusto, fino a farmi crol are. Ancora prima che le mie dita scivolassero
nel a
coulotte già bagnata, ero eccitata, vogliosa; fui spaventata, perché non era
da
me, il mio battito aumentò, il mio respiro non era più regolare, non poté non
intuire.
– Ti piacerà – mi sussurrò.
Ebbe inizio così il suo viaggio, palmo a palmo fuori e dentro di me. Con la
mia mano specchio del a sua, dolce prima, frenetica poi, che portava piacere
al a piccola bocca golosa di caramelle e di zucchero a velo. Stavo cadendo,
una
sorta di estasi, confondevo sogno e realtà e in men che non si dica mi portò
su di lui, sul suo membro che quasi sentivo, che quasi cercavo, caldo,
deciso
presenza, ero sua in quegli attimi, come mi voleva. Fiero del a sua preda mi
conduceva in pascoli erbosi con fiori profumati, come ape intorno al suo
mie-
le, come cerbiatta al a fresca fonte. Ero tutti. Non ero nessuno. Lo ascoltavo
e
361
22 dicembre
di Massimo Mongai
In una donna mi piace vedere l’arco del piede leggermente arcuato. È una di
quelle curve dolci e leggere che sono così tipiche del corpo femminile. Al a
curva del a pianta, in basso, sotto, corrisponde in alto, sopra, la curva del
dorso
gli elementi più sottili. Il piede, in quel momento, diventa così sottile che
quasi
gioniero e che quel segno sia una catena e che sia io a tenere il
prolungamento
di quel vincolo, di quel limite, di quel a catena. Che quel a caviglia sia in
mio
potere, anche solo perché la sto guardando, e questo perché quel a caviglia
chiede di essere mia prigioniera. Vero o falso che sia conta poco, ma grosso
modo so che è vero che vuol essere prigioniera, non necessariamente mia;
di
chi non lo sa nemmeno lei. Mi piacciono le dita dei piedi, mi piace che
sporga-
ultra, gli infradito non sono da meno. Danno un’idea di gioventù, di delicata
dieci euro portato con l’eleganza chi è indifferente ai soldi, di chi non solo
non
sto, onestamente, ma che ne sanno i gay delle donne o dei loro piedi?
Quello
che vedono loro non è quel che vediamo noi maschi etero. Anche se i gay si
nario maschile è qualcosa che nessuno sa cosa e dove sia, nemmeno noi.
Ma non è per questo che taglio i piedi alle donne! Noooooo! È che è un
pec-
cato che i piedi invecchino! Calli, duroni, ispessimento del a pelle; oh,
quante
brutte cose accadono ai piedi, ai bellissimi piedi delle donne. Mentre tagliati
intatti per sempre! Nelle loro bellissime scarpe, lì, tutti in fila, nelle scatole
di
Oh...
362
INcONTRI
23 dicembre
di Ippolita D’Orso
La casa è avvolta dal silenzio, l’unico rumore che sento è il ticchettio del
’orolo-
sarei tentata di non farlo, potrei fingere di non esserci; una vocina mi
sussurra
“una brava moglie e mamma non fa queste cose, non ti vergogni? Lascialo
perde-
re, chiudi questa relazione prima che sia troppo tardi”… ma è già troppo
tardi,
guardo allo specchio: quante volte abbiamo fatto sesso qui davanti? Ci
eccita
co. Sento le sue mani appoggiarsi al sedere fasciato da una gonna stretta e
corta,
ad accarezzarlo tra le gambe, l’oggetto del mio desiderio spinge sotto gli
slip, li
Chissà se con sua moglie scopa allo stesso modo, con la stessa voglia, la
stessa
passione: no, credo di no, lo faranno una volta la settimana, magari il sabato
rio, proprio come faccio io con mio marito, come tutte le coppie dopo
qualche
363
24 dicembre
E Il caPITalE DI maRX
di Lorenzo Arcozzi
di una creatura tanto perfetta ai miei occhi. Preferiva essere lei a condurre il
sua gola sul mio glande mentre le sue mani erano su di me e le labbra mi
acco-
glievano calde e frementi. Sdraiato sul letto, chiusi gli occhi per godermi
fino
in fondo quel momento di piacere. Quando li riaprii lei era ancora inginoc-
chiata ai piedi del letto, ma reggeva in mano un lungo coltello da cucina che
di pericolo ed eccitazione.
collezione.
– Cosa?
– Col cazzo!
inaspettato piacere. Ricominciò a usare lingua e denti sul mio pene mentre
la
tagliamo!
Non ne dubitai per un istante, l’avrebbe fatto. Sul comodino vidi un bel
dirle di affondare il colpo. Era stupenda con il suo bel corpo sudato, il volto
teso dal a furia e gli occhi verdi che lanciavano vampe al di là del vetro.
Saltai
giù atterrando sul prato mentre la sentivo gridare: – Ti ho fatto venire come
364
la NOvIZIa
25 dicembre
di Enzo Artale
odore credo che impazzirei. Non so per quanto sarò ancora capace di con-
trol armi senza dare scandalo. Mi terrorizza l’idea che i fedeli si accorgano
di
una rosa che sboccia. Una fessura le cresce sul a bocca, grande appena
perché
ci passi l’ostia. Intravedo la piccola lingua appuntita farsi strada tra due file
di
perle. Riceve la Comunione, e insieme a quel pezzo di cialda sacra, mi
sciolgo
anch’io nel a sua saliva. Il viso incorniciato dal velo è un triangolo sensuale
di
carne innocente. I suoi grandi occhi verdi mi trafiggono per una frazione di
gambe. Ha capito.
Abbassa la testa e torna al suo posto, nel a prima panca del a fila di sinistra.
Intuisco la forma delle giovani gambe, sento lo sfrigolio del cotone grezzo
delle
qualsiasi altro. Peccato lo abbia già promesso, con tutti gli annessi e i
connessi,
proprio a quel Cristo con cui gli ingenui che mi sfilano davanti si il udono
di
fondersi ingoiando un pezzo di pane azzimo. La messa finisce. Si alza, il
viso
sempre rivolto in basso. Esce dal a fila incastonata fra le sue custodi. La
guardo
Spero di sì. Spero che la portino lontano. Non sopporterei più questa messa
don Oreste.
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NOccIOlI E cOlTEllI
26 dicembre
di Anna Cardelli
Mangiami. Voglio sentire le tue mani entrarmi dentro come se con quelle
dita
stessi cercando di ripulirmi di tutta la polvere che con gli anni ho
accumulato.
ro che dovrai fare forza per spezzarmi. E quando lo avrai fatto, quando sarai
quel ’ultimo spallino sino ai golfi tondi del seno. Osservami, sentimi,
toccami.
Non avere paura, perché non sia mai che un coltello tema la propria pesca.
Assaggiami, e non ti stupire del a mia nudità. Non te lo aspettavi, lo so. Non
c’è
solo. È un denso nido di vel uto che ho costruito raccogliendo filo dopo filo,
Ti sento, sai. Un paio di file più indietro di me, a lezione, lasci che i tuoi
occhi mi entrino dentro, al di là del cotone sottile del mio gilet... Appoggi la
guancia sul a mia pancia, lasci scivolare le dita più in basso e ti accorgi che
oh,
non c’è nessun ricciolo con cui giocare lungo il percorso. Io sorrido, poche
file
più avanti di te, chiudo gli occhi e sobbalzo teatralmente e tu, in quel
’eterea
dimensione di sogno che abbiamo faticato tanto a creare, ti ritrai. Temi che
ti
quelle parole (versi) che – dolci – non posso control are. Parole d’amore,
per
te. Solo per te! E nel cuore rideresti, così forte. E mi afferreresti i fianchi,
così
piano. E io inarcherei il busto così tanto che i miei seni svetterebbero verso
il
a remi verso quel ’oasi, sii il mio coltello e il mio schiavo d’amore, la
caviglia
incatenata alle assi di legno di quel a tua nave sgangherata così colma
d’amore.
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camERa OscURa
27 dicembre
di Elena Barsottelli
Il buio che mi avvolge è un amico fedele, l’odore acre d’aceto che pizzica il
naso
Con lo sguardo carezzo senza pudore la tua pelle, scivolo dai piedini nudi,
nale di morderle.
astratta che sottolinea la curva dolce delle spalle, coprendole morbida fino
ai
gomiti. L’osservo incantato, cercando il tuo volto nascosto, rifugiato in quel
morbido nascondiglio.
Riprendo il mio cammino sul tuo corpo e scendo, esplorando la linea intri-
tro, immaginando il tuo tepore tra le mie mani e sotto le mie labbra.
Vedo la tua pel e incresparsi sotto le mie dita che la sfiorano, intrappolate
Sbuffo e il mio respiro scivola veloce sul a curva del tuo seno. – Ora devo
ri-
giù. Una ciocca, poi un’altra, come materia da plasmare insieme al a luce
sul e tue
membra. Pel e sotto le mie dita che la sfiorano appena, piccoli tocchi che
diventano
insieme. Scivolo con i polpastrel i sugli stinchi sottili, mentre gli occhi
divorano i
capezzoli turgidi, il ventre piatto che muore in quel a fessura calda tra le
tue cosce.
– è bel o lavorare con te. – sussurri roca. – è come fare l’amore ogni volta.
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cOmE l’acQUa
28 dicembre
di Giuseppe Chiaia
lieve degli avambracci pelle contro pelle, il danzare delle mani al a ricerca
dei
corpi, il morbido cedere al a pressione seguito dal ’incalzare del a figura
contro
to. L e vostre mani, i vostri piedi, questi sono i vostri veri occhi, aveva detto
loro
Stretti l’un l’altra in una soffice morsa, mentre lei cercava agilmente di di-
sua mente: prese a immaginare il corpo di lei sinuoso e nudo stretto contro
il
ciò che era mera pratica didattica divenne qualcosa di differente, qualcosa
di
le nari, sentì qualcosa sciogliersi tra le gambe, il suo turgore prendere forma
più completo. Lui infranse allora le regole: solo per un breve istante aprì gli
occhi e così li tenne giusto il tempo necessario per osservare il volto del a
sua
imprigionando quelle di lei, e ancora una volta lei prese a sfregarsi contro di
lui, indugiando questa volta sulle sue forme... poi fu un attimo. La bocca di
lui
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365 racconti erotici per un anno
l’affREscO
29 dicembre
di Ben Pastor
Era l’incavo del piede, la curva del a caviglia. Non si vedeva altro di lei
sullo
monto del sole, quando a oriente una nuvola rosa acceso, come una chiazza
che dilaga sul ’orizzonte, viene interrotta da una piccola nube grigio pallido.
Non si vedeva altro di lei se non quel a piccola gamba tornita e lasciva sul
letto, quel bordo di materasso, farcitura bianca fra strati di tinta muffosa. La
gamba del ’antica cortigiana, d’un biancore d’avorio come quello delle
bambole
romane dalle piccole teste azzimate, snodate alle giunture, che si
deponevano
con una ghirlanda di fiori nelle tombe delle fanciulle morte anzitempo. E la
cliente era stato ritratto, semidisteso con lei al fianco, o sopra. Un ginocchio
glabro e bruno, di quel bruno con cui i romani, imparando dagli egizi,
rende-
spuma del latte, simile al caglio, o a una pecora mansueta nello stazzo, o al
a
faccia del a luna quando tramonta poco prima del ’alba, e pur nel chiarore
che
avanza da est, proprio per quello anzi, nel momento in cui sprofonda dietro
il
rinai che per quel a stanza e per quel letto erano passati, non è dato sapere.
Di
di luna.
Così, così era quel ’agile gamba di donna, in quel letto perduto, in quel ’atto
perduto, per sempre contro il ginocchio bruno di lui, che forse gli piacque
for-
tornò ancora e ancora, e fu l’amore stesso – al a fine – a cancel are dal muro
l’attimo mercenario.
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NON cOsì
30 dicembre
di Matteo Gambaro
Non era così che aveva desiderato la sua prima volta con lui.
Lui la guardò con gli occhi arrossati ormai privi di lacrime, ma non sapeva
insieme avevano deciso che era l’unica scelta possibile. Andarsene insieme,
al
andarsene nel pieno del a coscienza, carne nel a carne, vivendo il momento
senza scorciatoie.
L’enorme prato fiorito era costel ato di coppie seminude contorte in ogni
– Non qui… – disse ancora lei, più a se stessa che al bellissimo ragazzo che
l’aveva invitata a cena appena una settimana prima, ben sapendo che trovar-
fanatici religiosi o pazzi d’ogni sorta. Quel prato era l’unica zona sicura,
quel
Sentì slacciare il primo bottone del a camicetta. Lasciò fare, senza voltar-
si, in conflitto fra paura e desiderio: era viva, poteva amare ancora
un’ultima
grande mano di lui e leccò via dal dorso le sue lacrime, poi gli morse piano
il
pollice e lo succhiò dolcemente.
mani scivolarono sulle zip dei pantaloni, che vennero lanciati lontano.
Scivolarono via veloci anche le mutande, restava solo l’erba umida sul a
sentire lui e amarlo fino in fondo prima che tutto finisse di schianto.
La passione li dominò per quei pochi eterni minuti e l’orgasmo arrivò im-
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31 dicembre
di Sergio Cicconi
Con Gioia mi piace sperimentare. Mi aveva detto – Scoprimi! – un certo
nu-
ciò che prima era ignoto. Ogni volta ho provato ad accogliere la sua sfida
con
L’ho scoperta con gli occhi guardandola nuda. Prima da lontano, poi da
vicino per rivelare certi dettagli. Con l’orecchio appoggiato al suo corpo ho
ascoltato i battiti del suo cuore, i misteri rumorosi del suo stomaco, il
fruscio
te, così l’ho leccata, ricordandomi che era saporita, che certe parti di lei
erano
dolci, altre salate o aspre. Ho provato anche a toccarla con gli occhi chiusi,
così
che fossero solo le dita a dirmi di lei: la sua ruvidità, il calore. In quanto
agli
decifrarlo.
sione e paura. Così sondavo anche i limiti del a sua voglia di essere
scoperta.
Nei suoi occhi c’è l’idea che forse la deluderò. Sa bene che è facile coprir-
la con luoghi comuni: coprirla col mio corpo, coprirla d’amore. Di baci e di
gesto, come gli altri, sarebbe solo la dichiarazione del a mia sconfitta. Da
me
Oggi è il 31 dicembre. Fuori nevica, è freddo. Dentro c’è Gioia nuda sul
letto
richiesta. Sul comodino c’è l’antologia dei “365 racconti erotici per un
anno”.
365 storie per narrare l’infinita varietà di modi in cui ci si può amare,
toccare,
il foglio sul suo stomaco. Seni turgidi e glutei sodi e gambe spalancate fatte
di
parole incontrano la sua pelle.
– Tre gennaio! – le dico. Nuovo foglio su di lei. Altre parole sul a pelle.
degli altri. E Gioia sorride, e non c’è delusione nei suoi occhi.
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