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CUSTODES

Si vis pacem, para


bellum.

ELENA MONTIN
Copyright © 2023 Elena Montin

Tutti i diritti riservati.

ISBN: 979-88-58-23974-1

ii
A Luigi, mio Nonno.
So che dall’alto mi tieni la penna
e mi aiuti a scrivere le parti più difficili.
Ti voglio bene.
PREMESSA

Questa non è una storia come le altre.


Non sono qui per dirvi di restare a leggere il libro o
andare a impiegare il vostro tempo in altre cose sicuramente
più interessanti. Fate la vostra scelta. Non pensate mai a ciò che
vi succede come qualcosa che non va bene, potrebbe essere il
vostro rimpianto. Pensate piuttosto a quei ragazzi, ragazze, che
non hanno scelta, dovendo eseguire ordini a loro insaputa.
Bello come questo piccolo concetto possa cambiare
l’andamento della giornata. Se ti rispecchi nell’ultima
descrizione, che dire, ci puoi capire. Puoi capire i nostri
sentimenti in ogni minuto, puoi essere uno di noi.
Noi chi siamo? Semplice. Siamo ragazzi che non hanno
avuto scelta, il motivo lo capirete se continuate a seguirci. Se
durante la lettura noti qualcosa di molto simile a quello che ti
accade, prepara la valigia e mormora i primi versi in latino che
ti vengono in mente. Se sei veramente uno di noi, ti sarà
naturale e avremo la tua posizione in poco tempo, ti verremo a
prendere appena possibile. In caso contrario tranquillo, non ti
succederà nulla, nessun gatto esploderà.

1
DIVENTO UN PORTENTO IN
LATINO.

Mi chiamo Andrea Lanza e non sono mai stato un ragazzo


tranquillo. La gente mi prende come viziato ma sa di cosa parla,
per la mia famiglia viziato è poco. Di me non voglio parlare
tanto adesso, non sono mai stato bravo con le presentazioni, le
trovo una completa perdita di tempo. Se mi vuoi mi cerchi, se
non ti piaccio tanti saluti, questa è sempre stata la mia filosofia.
Fino a quel dannato giorno, il quale rimpiango con tutto me
stesso di non aver tenuto la bocca chiusa. Non è mai stata una
mia idea ficcarmi nei guai, ma era l’unico modo che avevo per
avere un po’ di attenzioni. Alcuni dicono che ho atteggiamenti
da divo, da ragazzino figlio di papino, ma non sanno che cosa
si prova ad esserlo davvero.
Ogni raro sì era contrapposto a un no secco per
questioni più grandi di me. Capirmi è come cercare di aprire
una grande cassaforte, solo io do la chiave e il codice. Le mie
passioni? Videogiochi e Musica. Ho iniziato a cantare all’età di
6 anni, per quello che era il coro della chiesa. Mia madre mi
aveva iscritto a quelli che erano i migliori corsi di canto privati,
sperando che diventassi un cantante lirico.
Ma i miei piani erano altri. A 8 anni scoprii quella che
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per me sarebbe diventata una cosa serissima: il Metal. Rimasi
estasiato a sentire il tono di voce dei cantanti, come potevano
cambiare le canzoni con la propria passione. Incominciai ad
affinare la mia voce e a renderla più simile alla loro; era qualcosa
che mi faceva stare bene con me stesso, mi toglieva i pensieri
negativi dalla mente. Diventando sempre più grande poi capii
la vera importanza di ciò che facevo tanto da voler andare a
studiare in una scuola musicale. Ero pronto anche a farmi 50
chilometri ogni giorno in treno pur di fare quello che realmente
volevo, ma il destino non volle quello. I miei genitori mi
iscrissero ad una scuola di cui non sapevo l’esistenza, la trovai
come una enorme dimostrazione d’affetto. Si, sono sarcastico.
bello. L’unica cosa che ero tenuto a sapere era che non ero il
solo a frequentarla, anche alcuni ragazzi che non sapevo se
reputare amici la facevano.
Per cui mi documentai un attimo e scoprii che era una
scuola diversa dalle altre, ti immatricolavi al quarto anno di un
normale liceo e stavi lì dai due anni ai sette anni, la scelta era
tua. I fondi erano finanziati dallo stato e non ci si poteva
accedere a caso. Gli studenti erano scelti dal corpo insegnanti
e convocati per un colloquio prima dell’inizio delle lezioni. Se
piacevi eri dentro, in caso contrario ti chiudevano le porte. Mi
piaceva particolarmente il concetto, ma la scuola non proprio.
La mia testa era piena di quei pensieri, tornando dal colloquio,
durato 15 minuti.
Non avevano testato le mie conoscenze, le mie abilità,
tranne per una cosa, e mi avevano fatto semplici e mirate
domande, forse per capire quello che c’era dentro la mia testa.
Non lo avrei mai saputo. Ad una cosa però non riuscivo a non
pensare, ed è stato quello che mi ha accompagnato fino al
ritorno a casa. Non ero mai stato una cima in latino, me la
cavavo con il 6 perché non studiavo e non mi applicavo al
meglio delle mie possibilità, facevo il minimo indispensabile.
2
Ero seduto davanti al corpo insegnanti, e quello che sembrava
il più importante mi porse un biglietto con una versione. Era
qualcosa che non avevo mai letto o analizzato, parlava di guerra
vista dalla prima persona, un po’ come le cose di Cesare, ma
con un piccolo particolare: venivano enfatizzate le emozioni
dei soldati.
A prima lettura non ci diedi molte attenzioni, cercavo
di capire più il senso generale della versione, poi mi accorsi di
qualcosa che non andava. Come se fosse una nota sbagliata in
una canzone, andava fuori tempo con il contesto. Volevo farlo
notare alla commissione, però mi sembrò tanto assurdo che
avessero sbagliato. Continuai la mia lettura della versione e
trovai un altro errore, questa volta di lessico. Non si potrebbe
nemmeno dire errore dato che grammaticalmente era corretto,
ma nel contesto non ci stava proprio per nulla. Come dire
ausilio al posto di aiuto, arcaico per noi, giusto per chi viveva
in quell’epoca.
Continuava ad essere troppo strano. Cominciai a
tradurre facilmente, ma quel dubbio nella testa era sempre più
forte.
“Signori permettetemi, di chi sarebbe la versione?” chiesi.
“Non si preoccupi Lanza, lei lavori.”
Guardai il Capo della commissione in segno di sfida, pronto ad
andare all’attacco.
“Ci sono errori di sintassi, termini arcaici rispetto all’epoca in
cui è ambientata la versione. Non sono coordinati rispetto al
resto.”
“Io credo che lei sia un po’ troppo sicuro di sé” mi disse un
professore sulla cinquantina, evidentemente insegnava Latino:
“Sono passati centinaia di ragazzi prima di lei in questa prova,
nessuno ha fatto le sue stesse osservazioni. Ci faccia capire.”
Mi stavano abbastanza stancando, ero lì per fare un
colloquio, non per fare una lezione a chi ne sapeva più di me,
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dopotutto non volevo stare in quella scuola. Il pensiero di mio
padre che veniva a sapere dell’accaduto però mi fece capire una
cosa, se avessi fatto una brutta figura mi avrebbe segregato in
casa.
“Sono termini che risalgono ad un’epoca precedente, nessuno
adesso scrive rimembro al posto di ricordo, il senso della
versione è giusto, ma alcune parole non stanno bene, non c’è
armonia. Per questo credo che non sia di nessun autore
conosciuto, ma che sia una versione inventata su due piedi.”
“Ci sta sfidando, Lanza?”
Mi ero giocato la mia carta migliore, non sapevo come
andare avanti, la mia sfrontatezza aveva avuto la meglio su di
me, risposi con un sì secco.
“Ci traduca la sua versione.” mi invitarono.
Imprecai silenziosamente. Se fossi stato zitto non ci sarebbe
stato questo guaio.
Iniziai a tradurre senza troppe difficoltà, ma quando
arrivai a quella parola mi fermai, guardando in giro, non c’era
via di fuga.
“Vedete, c’è un problema. C’è scritto Causa, termine
completamente popolare e per nulla usato dagli scrittori. Ci
dovrebbe essere scritto Res.”
“Mi permetto di correggerla. Il suo ragionamento è perfetto,
ma con una piccola imprecisione. Non si tratta di latino arcaico
ma di latino volgare, che come sai sono completamente diversi
tra di loro. Ottimo che lei l’abbia colto, per noi basta così.”
disse il capo della commissione. Si alzò e mi aprì la porta
dell’uscita.
“L’inizio delle lezioni è il 15 settembre, ore 8, puntuale.”
Solo alla fine della camminata mi resi conto di quello
che avevo detto in sede d’esame. Non avevo mai studiato latino
così puntigliosamente, le mie conoscenze erano molto più
elevate di quanto avessi mai studiato. Risi, forse per il
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nervosismo.
Davanti alla porta di casa mi accolse Tommy, mio
fratello adottivo. Sua mamma era in coma, causato dalle
molestie del padre, del quale non si avevano tracce. Da quel
momento tutto era buio per lui, aveva atteggiamenti difensivi e
non si fidava di nessuno, tranne me. Lui aveva già svolto il
provino per la scuola, superandolo a pieni voti; tuttavia non mi
aveva voluto dire di cosa trattasse, lasciandomi completamente
ignaro.
“Come è andata?” mi chiese. Era un ragazzo molto magro,
capelli nerissimi e occhi verdi. Se io per la mia corporatura
sembravo più un pugile, lui sembrava perfetto per il suo, nostro
sport, il basket.
“Mi hanno fatto tradurre una versione con delle parole
arcaiche. Non sanno nemmeno loro quello che fanno, non mi
sembra una scuola seria.”
“È il volere di tuo padre, Andrea, non puoi farci nulla.”
Facile dirlo per lui, i miei genitori erano i suoi tutori ma
gli lasciavano fare quello che voleva. Quello che decideva era
legge, al contrario io dovevo sottostare a tutte le decisioni, una
palla assurda. Non faceva per me, ero uno spirito libero.
“Lo so.”
Entrai in casa, anche se non si potrebbe dire
propriamente quel termine. Villa Lanza era un maniero
medievale, poi trasformato in un'enorme casa che faceva
invidia a tutti i palazzi storici di Padova, ma non solo. Da quello
che sapevo dalle rare volte che parlavo con mio padre, i Lanza
erano sempre stati una famiglia potentissima e molto ricca,
tanto da essere le persone più influenti della città. Per fortuna
di mio padre, lui non aveva mai ambito alla carriera politica,
pur sapendo che avrebbe potuto vincere tutte le elezioni. Per
dare l’impressione di onnipotenza data dal cognome; i miei avi
fecero tutto in grande, letteralmente.
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La nostra stanza, si, io e Tommy dormivamo assieme,
era grande circa come un campo da tennis, non più non di
meno, e comprendevano tutti gli optional che un ragazzo della
nostra età potesse desiderare: Playstation, TV da 60 pollici,
bagno ammesso con idromassaggio, canestro in camera,
biliardino e divano massaggiatore. Insomma, non ce la
passavamo tanto male.
Attraversai l’enorme corridoio incontrando Sissi, la mia
domestica preferita.
“Buongiorno Sissi” la salutai.
“Buongiorno a lei, signorino Andrea. Passata una bella
giornata?”
Sorrisi, la mia concezione di bella giornata non comprendeva il
farsi notare subito dai professori per la propria testa calda, ma
passai avanti.
“Si Sissi, lei?”
“Si Andrea, grazie.”
Era colei che mi aveva cresciuto e mi aveva passato la
passione per il metal, regalandomi il mio primo disco, “Black
Album” dei Metallica, ed è stata la prima che mi ha sentito
cantare e ha creduto in me, convincendo mia madre a portarmi
a lezione.
Seguito da Tommy, lasciai la borsa in camera e andai nella mia
parte preferita della casa, il mio studio, una stanza
insonorizzata, dotata di casse enormi super costose, e di due pc
da gaming con 2 schermi ciascuno. Nei momenti di riposo in
cui non avevo voglia o ispirazione giocavo a qualsiasi gioco
online divertente e a cui ci giocava anche Tommy.
“Che cosa vuoi fare?” mi chiese il mio amico.
“Avevo voglia di suonare un pochettino, chiamiamo Jace e
Giacomo?” risposi, buttandomi sul divano.
“Ok, ma dobbiamo chiamare anche lui? Sei sicuro?”
Anche lui. Giacomo era il nostro chitarrista ritmico, ma
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non lo voleva nessuno, era cattivo, si credeva il primo della
classe e aveva certi atteggiamenti che lo rendevano odioso agli
occhi di ciascun ragazzo con un po’ di sale in zucca.
“Chiamiamolo e facciamo in modo che qualcosa vada storto,
così ce lo togliamo di mezzo.”
Avevo il piano perfetto in mente, sapevo che la sua pazienza
era uguale a quella di un neonato, e sarebbe solo bastato
insultarlo un pochino per tirare fuori la sua bestia.
“Mando un messaggio nel gruppo.” disse.
Guardai l’Apple Watch e vidi che erano le 5, orario
perfetto per provare e per ammazzare il tempo, dato che la
scuola iniziava tra una settimana. Presi lo zaino e lo preparai
con un paio di snack dalla mia riserva, e poi uscii dalla porta
secondaria, passando per il giardino. Era inizio settembre e le
giornate erano ancora bellissime, non faceva nemmeno troppo
caldo, perfette per i picnic e per stare fuori di casa fino a notte
fonda. Sentii il telefono squillare e lo tirai fuori dalla tasca, era
Jace, il nostro batterista. Lo avevo conosciuto in un mini
concerto organizzato dalla mia scuola di musica, con il tempo
si era rivelato simpatico e una persona apposto, non avevamo
rapporti di amicizia oltre ai momenti in cui eravamo insieme a
suonare.
“Pronto.” risposi.
“Andrea, c’è un problema.”
Alzai gli occhi al cielo. Una cosa che non sopportavo
di lui era la sua troppa preoccupazione, appena gli capitava
qualcosa di insolito o che non gli andasse bene, sembrava che
cadesse il mondo. O meglio che lui lo facesse cadere.
“Cosa c’è adesso.” sospirai, guardando Tommy.
“Giacomo ci ha dato buca, ha detto che doveva uscire con una
tipa e non poteva venire a suonare.”
“Ma sta scherzando? È la quinta volta che ci pacca così.” disse
Tommy.
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“Benissimo, digli che è fuori dal gruppo” replicai, seccato ma
felice allo stesso tempo. Con lui fuori dai piedi finalmente si
poteva stare tranquilli e impegnarsi.
Sentii la voce di Jace che mi diceva cose senza senso, imprecava
in lingue a me sconosciute come il dialetto veneto.
Dove ci stavamo dirigendo? A quello che chiamavo
affettuosamente Covo, una specie di appartamento
completamente isolato nel nulla vicino ad un parco. Anche
quello regalo dei miei genitori, per permettermi di provare
senza distruggere casa e rompere le palle a mio padre, che
odiava il nostro tipo di musica.
Insomma, a parte la situazione familiare, non me la cavavo
tanto male con i miei.
Da casa al Covo erano circa 10 minuti a piedi e a metà strada si
trovava la scuola prestigiosa del provino, quella che avrei
frequentato per i successivi anni della mia vita, ci passammo
davanti.
“Certo che è proprio strano.” disse Tommy.
“Che cosa?” chiesi
“Il fatto che volevamo buttare fuori Giacomo e lui proprio oggi
decide di andarsene.”
“Lo sai anche tu che non è una cosa solo di oggi.”
“Hai ragione.” chiosò lui, restando comunque sovrappensiero.
Tommy era così, silenzioso e tranquillo, ogni tanto se
ne usciva con una domanda e poi piombava nel suo mondo a
cui nessuno tranne me aveva accesso.
Guardai l’ingresso della scuola, c’era molta fila fuori dalla porta,
erano tutti ragazzi intenti a fare il provino per entrare. La gente
si era scansata per far uscire una ragazza con uno zaino in
spalla, che si fermò.
Era vestita formale, tailleur blu con jeans, a giudicare il
fisico sembrava una sportiva. Mi fermai un attimo per vederla
meglio. Si tolse la giacca e tirò fuori una cosa nera,
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segretamente nascosta nella borsa, assieme alle cuffie. Iniziò a
cercare una canzone dall’IPhone e camminò verso di me.
La sentii canticchiare un motivetto che mi sembrava
vagamente familiare. Aveva una felpa molto bella, con delle
date di un concerto, forse da qualche cantante da ragazze. A
guardarla meglio però, aveva uno strano logo che mi ricordava
gli Avenged Sevenfold.
Facemmo la strada assieme per cinque minuti, fino al Covo.
Tommy mi provò a parlare ma non lo ascoltai, ero preso dalla
felpa di quella ragazza.
In quel preciso momento arrivò Jace.
“Ciao ragazzi!” ci salutò. Era il tipico alto, biondino, occhi
azzurri, con tutte le ragazze ai suoi piedi, non aveva problemi
di compagnie.
“Ciao.” salutai distratto. La mia attenzione era sempre rivolta a
quella lì. Si girò verso di me, non so per quale motivo, e
finalmente la potei vedere meglio. Mi colpirono i suoi occhi a
mandorla, ma estremamente occidentali.
“Perché mi fissi?” disse lei. Aveva notato la mia presenza.
“Te la sei sognata.”
Mi guardò male, in segno di sfida. Notò la mia chitarra a tracolla
e si sorprese, avvicinandosi a Jace e ignorandomi totalmente.
“Avete una scuola di musica?” chiese, togliendosi lo zaino dalla
spalla.
“No, abbiamo una band.” disse Jace.
“Che cosa suonate?”
La sua curiosità mi stava lentamente seccando, odiavo
le persone che si intromettevano in faccende non loro.
“Non penso ti sia tenuto sapere.” dissi, incitando gli altri ad
andare via da quel posto.
“Tolgo il disturbo. Buona serata.” sussurrò lei, girandosi di
scatto e camminando via.
“Andrea, vedo che non sei molto cambiato” rise Jace,
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diventando subito dopo serio: “Aveva i calli da chitarrista,
secondo me è una musicista.”
“Non voglio ragazze nella band. Creano solo casini. Quindi
entriamo e dimentichiamoci dell’accaduto” dissi.
Raggiungemmo il Covo e provammo per un paio di
orette, poi ci salutammo e ci demmo appuntamento a scuola,
per il primo giorno.

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ORGANIZZIAMO UN CONCERTO A
SCUOLA.

Non sapevo se dire che mi trovavo in agitazione per il nuovo


momento, ma non faceva per me cadere negli impulsi
dell’ansia. Dopo la mia figura da chiodi con il latino, pensavo
di essermi creato una reputazione tra i professori che mi
avrebbe rovinato l’esistenza.
Poi, pensare di dover stare internati a scuola per 6 ore
ogni giorno era un enorme spreco, avrei potuto impiegarle in
qualcos’altro, come imparare nuovi sport o viaggiare per
conoscere nuove lingue, i soldi di papino tanto ce li avevo. Ma
qualcosa mi fermava dallo scappare di casa, non di certo
l’amore per la conoscenza, forse le conseguenze legate al mio
ritorno, e al fatto che non volevo abbandonare mia madre.
Avevo voglia di riscatto, per provare a mio padre che
non ero un semplice fallito, sapevo già delle mie potenzialità,
erano gli altri che non se ne rendevano conto.
“Sbrigati o faremo tardi.” mi disse Tommy. Alzai gli occhi al
cielo, lui era troppo euforico.
“Arrivo.” presi la borsa e andai fuori dalla porta, dove
Ambrogio ci aspettava per portarci a scuola. Ordini di mio
padre, dovevamo far vedere che eravamo e continuavamo ad
essere la famiglia più potente di Padova. Speravo che fosse
solo per il primo giorno, poteva essere molto snervante farci
vedere con lui tra i piedi. Non ero un ragazzo normale, lo
sapevo piuttosto bene.
Ambrogio guidava una Rolls Royce nera, la sua
preferita per i viaggi cittadini, diceva sempre che non dava
troppo nell’occhio. Volevo avere la sua stessa ironia e la
nonchalance con cui sparava una tale cazzata.
Ci portò al Dumas e ci lasciò lì, tornando a Villa
Lanza. Non era di troppe parole, gli ero grato per questo, non
aprì bocca in macchina.
Al portone della scuola ci aspettava Jace.
“Ehi!” ci salutò.
“Hey.” gli porsi la mano e lui la strinse, come era solito tra di
noi.
“Ho letto la circolare, dice di stare qui fino a che un tipo non
ci viene a prendere.” disse il biondo.
“Va bene, aspettiamo.” disse Tommy.
Entrai nell’istituto, sotto gli occhi stupiti dei miei due amici.
Era una struttura veramente enorme, rispetto ai pochi
studenti che ospitava, non era l’ala che avevo visitato, era
come se fosse cambiata.
“Signor Lanza, è un piacere vederla qui.” una voce da dietro
mi fece girare. Era quel professore di Latino a cui avevo quasi
dato dell’incompetente.
“Buongiorno a lei, professore.”
Non si poteva permettere di avere tutta quella confidenza, e
non ero nemmeno un suo alunno, o almeno fino a quel
giorno.
“La pregherei di uscire dalla scuola e di raggiungere i suoi
compagni fuori.” disse, freddo. Se mi davano del bipolare,
quel tipo era anche peggio di me. Lo guardai e feci marcia
indietro, andando a raggiungere Jace e Tommy.
“La scuola è cambiata, c’è qualcosa che non mi convince.”
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dissi. In effetti era così, non sapevo che cosa pensare.
“Oppure sei tu che ti fai troppi film mentali.” disse Tommy,
zittendomi.
In quel momento venne fuori una donna sulla
cinquantina, ero sicuro che non l’avessi vista al provino.
“Benvenuti a tutti! È bello vedere tutte queste faccine nuove e
sorridenti.”
“È la Umbridge.” sentii sussurrare ad una ragazza davanti a
me.
Poteva avere ragione, era bassa, riccia e indossava un cardigan
marrone che sembrava fatto di pelliccia.
“Il nuovo anno scolastico è iniziato, per voi che siete stati
scelti, ovviamente. Gli altri non sono stati così fortunati. Vi
prego di seguire il professor Frollari, responsabile
dell’Orientamento e accoglienza. Fortuna favet fatuis.”
“La fortuna arride agli sciocchi.” dissi, scoppiando a ridere.
L’avevo già sentita molte volte quella citazione.
La tipa poi lasciò spazio ad un uomo con un fischietto e ben
piazzato, forse ex rugbista.
“Buongiorno ragazzi, io sono Marco Frollari e sarò il vostro
professore di discipline sportive. Vi pregherei di seguirmi in
atrio.”
Guardai l’orologio, era passata mezz’ora. Tutti i
ragazzi, noi compresi, seguirono il professore, che ci scortò in
giardino. Un enorme palco era allestito, vidi gli occhi di Jace
illuminarsi, e lo notò anche Frollari, che si avvicinò a lui.
“Tu biondo, come ti chiami?”
“Costa, Jacopo Costa.”
“Signor Costa, lei suona qualche strumento?”
“Si, batteria.”
“Salga sul palco e ci faccia vedere.”
Non se lo fece ripetere due volte, trascinandoci con lui sul
palco.
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“Abbiamo una band.” spiegò poi Tommy, mettendosi il suo
basso a tracolla.
Frollari fece sedere tutti nei posti vicino, poi fregò una
poltroncina dalla sala insegnanti.
“Ma ci manca una seconda chitarra” disse Jace, provando le
bacchette sui tamburi: “Sono fantastici questi strumenti, non
ho idea di quanto possano costare.”
Una ragazza si alzò e venne sul palco, la guardammo
tutti, poi la riconobbi. Era quella della felpa degli Avenged.
“Eccomi.” disse.
“Non siamo stati abbastanza indiscreti. Stellina, scendi da
questo palco.” dissi, alzando gli occhi al cielo.
“Sempre più idiota eh? Speravo ti fossi calmato.” rispose lei.
“Smettetela voi due” chiosò Jace: “Cosa sai suonare?”
“Metallica, Queen, Avenged, Nirvana.”
“The Show Must Go On. Se la sai fare possiamo andare in
scena.” decretai. Lei annuì e iniziai l’intro al piano, seguito da
lei. Sentii Tommy grugnire felice, dovevo ammetterlo, era
molto brava. Però non volevo darle soddisfazioni, non ero
ancora convinto del tutto, i nostri cavalli da battaglia erano
molto più difficili di quella canzone.
Ci fu un applauso molto lungo e Frollari si alzò dalla
poltroncina, chiedendoci un altro pezzo.
“Sei bravissima.” Veramente, non me lo sarei aspettato, però
se mio padre avesse saputo che nella band c’era una ragazza,
mi avrebbe tolto istantaneamente il Covo.
“Grazie, sapete fare Master of Puppets?” disse lei.
“Si, che parte fai? Solista o ritmica?” chiesi.
“Posso fare entrambe.”
“Fai ritmica.” dissi.
Iniziò a fare l’intro dopo il cenno di Jace, poi venne seguita da
noi altri, da quando avevano messo quella canzone su
Stranger Things, moltissime persone la conoscevano. Rischiai
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di perdere qualche accordo, ero troppo concentrato a
guardare le abilità della tipa, che continuava ad eseguire un
lavoro impeccabile.
Altro applauso enorme, noi 3 e la tipa eravamo davvero molto
affiatati, sembrava che suonassimo assieme da una vita, per
cui mi balenò il pensiero di volerla nella band a tutti i costi, a
diavolo ciò che diceva mio padre.
“Ti aspettiamo in Sala Prove oggi alle 15” disse il biondo, la
mano tesa verso di lei: “Io sono Jace.”
“Zhalia, piacere di conoscerti.”
“Io sono Tommy, il ragazzo che canta è Andrea.”
“Piacere di conoscervi.” disse lei, sorridendo.
Il professore ci fece cenno di scendere dal palco, era
molto felice, forse il tempo a nostra disposizione era finito.
“I miei personali complimenti, spero che abbiate questa voglia
anche nelle mie materie. Dobbiamo andare a fare un tour
della scuola, ringraziate i vostri compagni, ci sarà modo per
conoscervi bene.”
Zarina, Zaia, non ricordavo il nome, raggiunse una ragazza di
colore, alta quanto lei.
“La voglio nella band. Subito e non accetto un no come
risposta.” disse Jace, soffermando il suo sguardo su di me.
“Si, si, abbiamo bisogno di un chitarrista. Hai ragione, dopo il
provino decidiamo.”
Non volevo casini nella band, ma c’era qualcosa in lei che mi
attraeva.
Non diedi troppa importanza alla scuola, ero troppo
impegnato a pensare alla mia musica, il mio sogno nel cassetto
era diventare un musicista di successo, e nei momenti morti
come quello adoravo pensare a me in qualche stadio a fare un
riff solista.
Immerso nei miei pensieri, urtai una ragazza bionda,
che con mio grandissimo orrore riconobbi come Aurora
15
Marchesi, la rampolla della seconda famiglia più potente di
Padova. La conoscevo e odiavo dall’età di otto anni, per via
dei suoi modi troppo da aristocratica. Vedeva tutti dall’alto al
basso, sfidavo chiunque a passare cinque minuti in stanza con
lei e a tornare indenne. Poi, come se non bastasse, i suoi
genitori erano i migliori amici di mio padre, quindi eravamo
costretti a frequentarci. Aveva un fratello, Riccardo, di
qualche anno più grande. Anche lui frequentava il Dumas, era
all’ultimo anno, molto più simpatico a confronto. Avevamo
una cosa in comune, entrambi non sopportavamo sua sorella.
“Andy, che sorpresa!” mi disse, sorridendo dietro il pesante
rossetto color scarlatto.
“Anche tu qui Aurora!” dissi, cercando di mascherare il
sarcasmo molto evidente, lei non lo colse.
Jace ci guardò male, poi dopo tornò a fissare la nuova
chitarrista, dovevo chiamarla per cognome, anche se non lo
sapevo ancora, il suo nome faceva schifo. Tommy fece un
paio di domande al professore, poi ripiombò nel suo silenzio
assoluto, non mi aspettavo nulla di diverso da lui, dopo quello
che aveva passato.
Potei apprendere che la scuola era disposta di tre
biblioteche, una scientifica, una umanistica e una con libri di
tutti i generi, aveva una palestra enorme e splendidi laboratori.
Subito mi si illuminarono gli occhi, una delle cose che avrei
voluto fare era far esplodere qualcosa prima di Natale, me lo
misi come obiettivo personale.
La cosa che mi colpì di più, tuttavia, fu l’Aula Magna,
troppo adatta ad un concerto, era stata ricavata da un teatro,
era quasi uno spreco usarla per i meeting. Le facce dei miei
compagni erano molto differenti fra loro, i miei amici erano
entusiasti di aver completato la band, ma gli altri sembravano
annoiati, forse preferivano far lezione. Avevo l’impressione
che non saremmo andati molto d’accordo già da questo primo
16
fatto.
“Andrea, sei sveglio?” mi disse Tommy, scuotendomi per la
spalla. Annuii e guardai il soffitto, era completamente dipinto
e tutto era in armonia, quella stanza mi ricordava la casa dei
miei nonni. Poi soffermai la mia attenzione sulla nuova
ragazza, era una modella, capii perché Jace volesse vederla
meglio. Tommy sembrava l’unico immune al suo fascino, ma
perché era anaffettivo, anche se in realtà lo beccai fissare la
sua amica, che aveva un fisico ancora più snello del suo.
Arrivammo nella nostra aula, non avevamo visto
studenti più grandi, era come se non ci fossero. I banchi
erano alti e sembrava un posto molto avanzato, in poche
parole una figata.
La nuova chitarrista si avvicinò a me, forse ricordavo il suo
nome, Zara.
“A che ora Jace ha detto che mi devo far trovare?” Si
ricordava benissimo il suo nome.
“15 in punto, davanti al Parco Iris. Ah, Zara, non portare la
tua chitarra, abbiamo noi gli strumenti.”
“Come mi hai chiamato?” disse lei, cambiando espressione.
“Zara?”
“Sono Zhalia, Andrea.” disse offesa, poi tornò dalla sua
amica.
Fortunatamente il tour era finito e Frollari, Mister Rugbista, ci
congedò; come giornata era iniziata parecchio bene.

17
DO FUOCO AD UN BRACCIO
GHIACCIATO.

Era stata una mattinata parecchio movimentata, però mi era


piaciuta. Insomma, suonare così bene non era da tutti, e anche
il prof di ginnastica ci aveva fatto i complimenti, quindi bravi
lo eravamo. Poi c’era Zara, o Zhalia, la chitarrista in prova,
che non se la cavava per nulla male, anche se sembrava la
tipica ragazza oni-chan tutta uwu. Al mio ritorno a casa non
c’era mio padre ad aspettarmi, nemmeno mia madre, Sissi mi
disse che erano dovuti andare ad un evento politico in
Francia, per farsi vedere. Meglio per me, non ce li avevo tra i
piedi, e potevo fare tutto ciò che volevo.
Presi la bici e andai al parco Iris, il posto dove avevo
fissato l’incontro. Appena arrivò, ebbi modo di vederla meglio
rispetto alla mattina. La prima cosa che notai fu la sua felpa, la
stessa indossata al nostro primo incontro. Si, i miei dubbi
erano corretti, era degli Avenged. Io non li ascoltavo molto,
preferivo il metal classico, ma ebbi la conferma che almeno li
ascoltasse.
“Seguimi.” le dissi, senza salutarla.
“Le buone maniere le hai lasciate a casa?” disse, smontando
dalla bici.

18
“Ti conviene rimetterti in sella, saremo più veloci.”
La ignorai e iniziai a pedalare, cercando di metterci
meno tempo possibile. Non mi girai mai per vedere se fosse
ancora dietro di me, solo quando arrivammo, Tommy e Jace
erano già arrivati.
“Ciao” salutò Jace: “Puoi lasciare la bici dentro all’ingresso
accanto alle nostre.”
Entrai per primo e iniziai ad accendere le casse, la ragazza di
cui continuavo a non ricordare il nome era estasiata dalla
grandezza del Covo, si continuava a girare per cogliere ogni
singolo dettaglio.
“Benvenuta. Se ti dimostrerai degna sarà la tua seconda casa.”
feci il buon ospite, dato che il locale era intestato a me.
“Come fate ad avere questo locale?” mi chiese.
“Era dei miei genitori, ce lo hanno prestato per le prove. È
studiato per trattenere bene i rumori al suo interno, non ne
lascia passare fuori.”
Se c’era una cosa che mi piaceva fare, era flexare i miei averi,
ma solo quelli di cui andavo orgoglioso, una piccola eredità di
mio padre.
Jace si mise dietro tutti, in fondo alla stanza, l’unico
posto disponibile era alla mia destra dal Pallone Gonfiato.
Zara prese la sua chitarra dalla custodia e se la mise a tracolla,
prendendo posto.
“Noi suoniamo Metallica, Queen, Scorpions, più altri pezzi
metal e hard rock. Tu che suoni di solito?” disse Jace,
sorridendo a caso.
La ragazza si guardò intorno, per l’ennesima volta, ero sicuro
che volesse trovare una via di fuga: “Mi adatto a voi, non c’è
nessun problema.”
La sua felpa diceva il contrario ma lasciai passare. Le chiesi
quali brani sapesse eseguire, sperai che dicesse qualcuno che
non sapessimo fare, di imparare di nuovi, ma era lei che si
doveva adattare a noi, come aveva detto.

19
“In questo momento so album interi come Master of
Puppets, Black Album e Ride the Lightning.”
“Abbiamo una scaletta ben precisa, iniziamo con Fade to
Black.”
Andai a prendere una cartella dallo scaffale e gliela porsi:
“Dovrai saper suonare meglio di Giacomo.”
“Cercherò di non deludervi allora.”
Il suo sguardo era perso nel nulla. Osservava un muro
ben specifico, dove c’era una porta di cui non avevo la chiave.
“One, Two, Three, Four!” urlò Jace, battendo a tempo le
bacchette della batteria.
Zhalia incominciò l’intro, seguita dopo da noi. Non era fuori
tempo, aveva un buon orecchio, e non fece errori.
Appena incominciai a cantare, sentii delle strane
vibrazioni venire dal mio microfono e cercai di modularlo in
itinere, ma purtroppo le mie doti da meccanico non erano
eccellenti. Feci saltare la luce. Accesi la torcia del cellulare e
controllai subito le casse, per vedere se si erano fulminate o
no, Tommy andò alla centralina.
“Un’altra volta? Ancora!” imprecò lui.
“Ammetto che non è una delle migliori presentazioni della
band, mi dispiace Zhalia.” disse Jace.
“Non vi preoccupate. Vado ad aiutare Tommy con la
centralina.”
Ci lasciò e raggiunse Tommy, andato all’ingresso. Jace venne
da me, facendomi l’occhiolino.
“Mica male, eh?”
“Ha provato solo un brano, non tutti. Non abbiamo altri
sostituti.”
“Tanto sai qual è l’alternativa, o Giacomo o impari a suonare
due chitarre contemporaneamente.”
“Ci metterei secoli.”
Quando Tommy e Zhalia ci raggiunsero, tornò
l’elettricità nelle casse e ci rimettemmo ai nostri posti.

20
Stavamo per ricominciare la canzone, ma lei ci interruppe
scendendo dalla sedia e andando verso una parete.
“Cosa c’è?” le chiesi, stizzito.
“Dove porta quella porta?” la indicò.
“La vedi?” chiese Jace, stupito. Giacomo non la vedeva, o
forse faceva finta.
Lei annuì e si avvicinò, toccandola. Apparve una
maniglia, che prima non c’era, dal nulla. Cercò di tirarla in
basso per aprire, sopra di essa c’era un occhio viola, molto
stilizzato. Zhalia si girò verso di me, l’espressione terrorizzata:
“Se è uno scherzo, vi è riuscito benissimo.”
Mi avvicinai e toccai anche io la maniglia, questa volta venne
un fuoco blu.
“Qualcuno mi spiega che cavolo sta succedendo?” disse
Zhalia in preda al panico. Per una volta ero d’accordo con lei,
volevo saperlo anche io, non poteva essere qualcosa dei miei,
non avevano il minimo senso dell’umorismo.
“Non riuscite ad aprire?” chiese Jace.
“Prova tu.” risposi e toccò la maniglia. Ritrasse subito la
mano, per vedere il simbolo che gli era apparso, un fiocco di
neve.
“Sembra essere incollata, avete ragione.”
Tommy prese il piede di porco e provò a forzare la
porta, con il risultato opposto a quello desiderato, si fece solo
del male, ma anche a lui apparve un simbolo, un sole nero. A
quel punto i 4 disegnini si unirono, formando un unico
grande robo, che iniziò a brillare di luce propria. Ci
scambiammo un’occhiata nervosa e ritornai a fissare
quell’enorme marchio. Il sole faceva sciogliere il ghiaccio,
assieme al fuoco, poi c’era l’occhio.
La porta si aprì, lasciando spazio ad un lungo
corridoio, che iniziammo ad esplorare. Mi feci torcia con
l’Phone e feci cenno agli altri di seguirmi. C’era un silenzio
tale che potevo sentire i respiri dei miei amici senza nemmeno

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sforzarmi. Arrivammo ad una stanza enorme, molto più
grande del nostro locale. Qualunque cosa fosse, era
completamente sicuro che non era una loro invenzione.
La prima cosa che vidi fu un maxischermo, con un
computer su una scrivania. Jace si avvicinò e lo accese,
digitando comandi da gamer sulla tastiera.
Lo schermo sopra di noi era nero, con una scritta in bianco:
“SALVETE CUSTODES.”
Urlai, preso dal panico; al diavolo la gestione dell’ansia. Ci
stavano capitando decisamente troppe cose in un giorno, non
capivo più niente.
“Sembra qualcosa troppo architettato da mio padre, vuole
farmi cambiare idea.”
Zhalia mi guardò confusa, la ignorai. La schermata
cambiò.
DOVETE ACCETTARE IL VOSTRO DESTINO.
“È una Siri troppo cresciuta, è tutto uno scherzo.” dissi, per
convincermi.
SONO FELICE DI POTERVI INCONTRARE.
“I computer possono provare emozioni?” disse Jace,
sarcastico.
“Bene, sto diventando pazza.” commentò Zhalia, cercando di
mascherare l’agitazione. Avrei giurato di aver sentito le risate
del maxischermo, ma forse era una mia impressione.
NO ZHALIA.
“Ok, come sa il mio nome questo coso?” disse la ragazza, ma
lo schermo non cambiò per spiegazioni, era molto da film
come Escape Room, mi aspettai un improvviso cambio di
scena, ma non arrivò.
QUANTO SIETE DISPOSTI AL SACRIFICIO PUR DI
RAGGIUNGERE I VOSTRI OBIETTIVI?
“Eh?” esclamò Tommy, fino a quel momento rimasto in
silenzio.

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LA FYCE CAUSA INCENDI E PROBLEMI CHE
PERSONE NORMALI NON POSSONO RISOLVERE.
TUTTO STARA’ NELLE VOSTRE VIRTUTES.
FABER EST SUAE QUISQUE FORTUNAE.
Il Maxischermo si spense, con la stessa velocità con
cui si era acceso. Jace provò a fare la combinazione di tasti
che aveva fatto prima, ma sembrava essere spento per
sempre.
“Avete mai avuto esperienze del genere?” chiese Zhalia, la
guardammo stupiti. Scossi la testa e mi avvicinai a Tommy,
sussurrando: “Tutto deve stare tra di noi.”
“Ognuno è artefice della propria fortuna” disse Jace,
avvicinandosi a Zhalia: “Non sappiamo cosa potrebbe
significare.”
Non vidi bene il contatto tra i due, mi accorsi che lei stava
urlando senza una ragione precisa. Mi voltai verso di lei e
notai con profondo orrore che il suo braccio destro era
completamente ghiacciato.
“Che hai fatto?” urlò, si vedeva lontano un chilometro che
stava soffrendo, in effetti non mi potevo aspettare altro.
“Non lo so!” Jace le riprese il braccio cercando di sciogliere la
patina ghiacciata che le aveva fatto, ma sembrava che volesse
stare lì attaccata.
“Fate qualcosa!”
Il grido di Zhalia mi fece scappare in cucina, dove presi il
primo accendino che trovai. Mi misi a scaldare il braccio
ghiacciato con il mio calore corporeo, l’unico che poteva
farlo, Jace aveva paura di toccare qualsiasi cosa e Tommy
semplicemente si limitava a guidare come si potesse evolvere
la situazione. La fiamma dell’accendino era però troppo poca
per riuscire a sciogliere il ghiaccio.
Quando si è disperati, la mente cerca modi disperati di
superare il momento no, la mia associò lo strano simbolo che
era apparso sulla porta.Un fuoco, una dannatissima fiamma.

23
Jace aveva un fiocco di neve, era riuscito a ghiacciare il
braccio. Il mio fuoco sarebbe dovuto riuscire a bruciarlo,
elementare. Senza esporre i miei ragionamenti, le presi il
braccio, facendola sussultare, ormai non tratteneva più le
lacrime. Pensai al fuoco scoppiettante del camino, dopo 10
secondi non successe nulla.
“Andiamo all’ospedale!” gridò Jace, prendendo il telefono per
chiamare l’Ambulanza, ma finì per ghiacciarlo, Tommy glielo
tolse dalle mani, la sua calma era glaciale, letteralmente.
“Concentrati.” mi disse, lo sguardo fermissimo.
Riprovai, questa volta concentrandomi sul calore
generato dal fuoco, non al colore rosso. Incominciarono a
cadere delle goccioline ai miei piedi, le reputai un ottimo
segno, ma poi realizzai che era il mio sudore. Non stava
andando affatto bene. Zhalia stava ad un passo dallo
svenimento, se non mi fossi dato una mossa probabilmente
avrebbe perso la sensibilità, con effetti irrimediabili. Ma
pensare alle conseguenze non portava a nulla, dovevo
concentrarmi sul da farsi.
Il mio sudore era ormai raccolto in una pozza sotto di me,
Tommy si avvicinò per sentirmi la fronte.
“Andrea, togliti la maglietta.”
Strabuzzai gli occhi, ma feci quello che il mio amico aveva
detto.
Tommy prese il braccio di Zhalia e lo avvicinò ai miei
pettorali, si sentii un suono simile alla carne messa sulla
griglia. Però stava funzionando, il come non me lo chiedevo.
In una decina di secondi il ghiaccio non c’era più, al suo posto
c’era solo del rosso.
Prese un fazzoletto dalla tasca e si soffiò il naso, con il destro
a penzoloni, non aveva molta sensibilità, e forse anche un po’
di paura.
“Come ti senti?” chiese Jace, lontano da tutti e tutto.

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“Come se mi avessi versato dell’azoto liquido addosso. Però
sto bene, penso.”
“Scusami, non ho idea di cosa abbia fatto.” Era molto strano
si. Sul suo avambraccio destro apparve lo stesso simbolo della
porta, il fiocco di neve.
“Jace, guarda!” glielo indicai.
“Che cazzo ci sta succedendo?” sussurrò Jace, guardandosi le
mani. Le agitò e una scarica di ghiaccio si riversò in aria,
lasciandoci senza parole.
“Sono Elsa di Frozen.”
Zhalia si alzò e dalla giacca gli prese due guanti,
scoppiando a ridere. La sua risata alleggerì un po’ la
situazione, che comunque rimaneva abbastanza tesa.
Incominciò a muovere il braccio senza problemi e sospirai di
sollievo, poteva essere strano spiegare all’ospedale il come si
era congelato, dato che non lo sapevamo nemmeno noi.
Guardai il mio avambraccio, avevo anche io quello strano
fuoco come tatuaggio, figo. Guardai Tommy e vidi che il suo
solito sguardo impassibile era cambiato, lasciando spazio ad
una espressione che non riuscivo a decifrare. C’era un
profondo silenzio tra di noi, avevo sbagliato a pensare che la
tensione sarebbe stata alleggerita, era alle stelle.
Ma Zhalia si portò le mani alle orecchie, contraendo la
faccia in un’altra espressione dolorante, come se avesse
appena sentito un rumore da 300 dB. La guardai negli occhi,
marroni con una sfumatura nera che prima non avevo notato.
Un attimo dopo erano cambiati, color viola.
“State zitti!” urlò, rannicchiandosi a palla in un angolo.
Nessuno di noi aveva parlato o aperto bocca. Incominciò a
respirare a fatica e a piazzarsi attaccata ad una parete, sotto i
nostri sguardi sbigottiti, aveva sempre le orecchie coperte.
Quando trovò le forze di alzare la testa, si allontanò le mani,
stabilizzando il respiro. Se ci sentiva quando non parlavamo,
significava solo una cosa, lei sentiva i pensieri. In qualche

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modo ci Vedeva, ecco spiegato il suo occhio.
“Andate via, vi chiamo io dopo.” dissi agli altri, che
eseguirono subito. Rimasti io e lei da soli, mi avvicinai molto
lentamente, parlandole mentalmente.
“Ascoltami molto bene. Devi stare tranquilla. Troveremo una
soluzione.”
“Stammi lontano.”
Quella volta sentii molto chiaramente la sua voce nella
mia testa, cercai di non dare a vedere l’agitazione, anche se ero
più agitato io di lei, aveva accesso a tutti i miei pensieri.
“Stai tranquilla, ci sono io.”
“Non sai nemmeno tu perché lo stai facendo.”
“Hai ragione. Non lo so. Ma hai bisogno di aiuto.”
“Perché non fai lo stronzo come tuo solito, Lanza?”
“Non chiamarmi per cognome.”
Le brillarono gli occhi di potere, il viola si fece molto più
intenso. Provai una sincera paura, una delle poche volte in
tutta la mia vita.
“Non voglio diventare un mostro.”
“Sei l’ottava meraviglia del mondo.”
Mi sforzai a pensare che non lo fosse, con il risultato
che purtroppo i pensieri non li riuscivo a mascherare bene
come i miei sentimenti. La presi e l’abbracciai, non sapevo
nemmeno io perché. Poi presi le cuffie Bluetooth e gliele misi,
mettendo Critical Acclaim degli Avenged, l’unica che in quel
momento mi venne in mente. La vidi calmarsi, mentre le
accarezzavo i capelli, pregai con tutto me stesso che quello
servisse.
Sentii odore di fumo, la mia maglietta stava
prendendo fuoco, immaginai che il fuoco cambiasse posizione
e venisse nella mia mano, così fece. Inoltre la mia temperatura
corporea ritornò normale, con mio enorme piacere.
“Ti senti meglio?” pensai. Zhalia annuì e mi guardò: “C’è del
buono in te, perché lo nascondi?”

26
“Non c’è una reale ragione. Preferisco fare solo lo stronzo, mi
viene meglio.”
“La tua identità non è determinata dalla tua famiglia.”
Okey, aveva letteralmente accesso a tutto di me, e avevo
scoperto ciò che volevo nascondere con tutto me stesso.
Intrigante ma allo stesso tempo spaventoso.
Misi la mia testa sul muro, vicino alla sua.
“Non avrei mai immaginato che qualcuno riuscisse a vedere
come sono realmente.”
“Perché ti nascondi dietro una maschera.” La conversazione
mi stava sfuggendo di mano, stava diventando troppo
profonda.
“Posso andare a chiamare gli altri?”
“Non ancora. Posso sentire i loro pensieri fin qui.”
“Allora resto solo io per il momento.”
“Grazie.” Zhalia incominciò a respirare più lentamente e
profondamente, si stava stabilizzando.
“Perché a me?” riprese: “Che cosa ci sta succedendo?”
“Non lo so, ma non abbiamo altre scelte se non scoprire di
più.”
“Le vedo come una maledizione, non ci porterà a nulla di
buono.”
Mi porse una delle due cuffie, la canzone era finita, era
calmata, avevo sventrato una bomba nucleare.
“Grazie Andrea.” disse lei, a voce e non mentalmente.
Realizzai che avevo avuto una conversazione nella mia testa,
come se fosse stato un film mentale, ma era reale. Poi
continuavo ad avere il fuoco sulla mano destra, e non avevo
incendiato ancora nulla.
Ripresi a parlare normalmente.
“Nulla, basta che non esplodi.” annuii e la guardai. Le misi
dietro l’orecchio una ciocca di capelli.
“Voglio fare luce su questo, prima i tuoi pensieri mi stavano
uccidendo.”

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“Uccidono anche me, non ti preoccupare, ci sono abituato da
molto tempo ormai.”
“Non è buono per te.”
Stava parlando troppo, e non potevo più sopportarlo.
“Basta così ora. Non pensare a me dolcezza, pensa a non
massacrarti da sola di fatti altrui, che con quelli si rischiano di
farti impazzire.”
Volevo il Nobel per i discorsi motivazionali, mi meravigliai di
me stesso.
“Sono a posto. Jace, Tommy, venite.” disse, urlando.
Quando Jace arrivò, aveva una piccola scultura di
ghiaccio tra le mani e raffreddò il mio fuoco, fino a farlo
scomparire.
“Dove è Tommy?” chiesi.
“Sono dietro di te.” apparve, facendomi sussultare.
“Puoi diventare invisibile!” disse Zhalia, meravigliata.
“No, tecnicamente si confonde con le ombre.” puntualizzò il
biondo.
Non sapevo che cosa pensare, eravamo cambiati da
un momento all’altro, potevamo fare delle cose che gli altri
sognavano e vedevano nei film. Tutto era molto eccitante,
una nuova ragione di vita, ma mi sorse spontanea una
domanda, che cosa dovevamo fare?
Approfittai della situazione per vedere meglio il nuovo Covo.
Le pareti erano grigie, entrava molta luce naturale, il che era
strano, non vedevo finestre. Quel posto era magico, lo potevo
percepire anche senza poteri.
Notai 3 porte, che conducevano ad altre stanze, ma
erano bloccate, forse non era giunto ancora il momento di
esplorarle.
“Niente capita per caso” disse Tommy: “Ogni cosa ha il suo
tempo.”
“Andiamo a casa, abbiamo messo troppa carne al fuoco oggi”
disse Jace, mettendo via gli strumenti: “È meglio che ci

28
vediamo direttamente domani a scuola. Statemi bene ragazzi.”
Salutai e chiusi il Covo.
Ero conscio che tutto fosse reale, e non un sogno come
qualcuno poteva pensare. Poteva essere, come diceva Zhalia, il
momento che stavo aspettando per essere veramente me stesso
e per riscattarmi agli occhi di mio padre, mi giurai che non me
lo sarei fatto scappare.

29
JACE DIVENTA ELSA NEI PANNI DI
FLASH.

A pensarci bene, la mia vita era stata parecchio monotona,


basket, scuola, litigate, dormire, in un attimo era cambiata
totalmente, e avevo l’impressione che sarebbe stata migliore.
Quando arrivai a casa era ora di cena, quindi mangiai e andai
in camera, seduto sul letto. Mi sentivo diverso dal solito, più
sicuro ma allo stesso tempo spaventato da quello che ero
riuscito a fare. Se mi fosse capitato di dare fuoco alla penna
durante il tema, non avrei saputo come e cosa fare. Tommy
era vicino a me, la testa sul cuscino, che scompariva e
riappariva come se si fosse esercitato dalla nascita.
Invece l’unica cosa che riuscivo a fare in quel
momento era sentire un po’ di caldo sulla mano destra. Tutto
qui.
“Ma come fai?” gli chiesi, non avere il controllo della
situazione mi rendeva nervoso.
“Libero la mente e mi concentro su quello che conta davvero,
ritornare normale.”
“Pensi che non ci abbia già provato?” ribattei, infastidito.
“Così funziona per me, non sono te.” Era invisibile, lo trovai
dall’altra parte della stanza, con in mano il mazzo di chiavi del
Covo. Me lo lanciò e lo presi al volo, come solito.

30
“Forse quello che devi fare è rilassarti.” si buttò sul letto
facendomi sobbalzare. Il relax non era mai stato il mio forte,
avevo da sempre problemi a stare fermo.
Respirai profondamente e mi concentrai
sull’immagine di un fuoco sulla mia mano, non successe nulla.
Tirai un urlo e scagliai il cuscino contro il muro, con il
risultato che le mie mani presero fuoco.
“Aaah!” le agitai avanti e indietro per togliere le fiamme, poi
corsi in bagno e le misi sotto l’acqua gelata, creando vapore
per tutta la stanza. Tommy apparve dietro di me, facendomi
prendere un forte spavento: “Sotto l’effetto della rabbia lavori
meglio, buono a sapersi.”
“Smettila di fare il so-tutto-io.”
“Adesso pensiamo a farti controllare.” Tommy andò in
camera e lo seguii, mi rilanciò il cuscino addosso: “Riprova.”
Eseguii gli stessi movimenti e le mani mi si accesero.
“Spegnile, senza l’aiuto dall’acqua.” Il tono non ammetteva
repliche, faceva paura, anche per me che lo conoscevo da
sempre.
Pessima idea, ma, non avevo molta scelta, quindi provai,
concentrandomi con tutto me stesso. Agitai le braccia e il
fuoco andò via da me, attaccandosi a una pila di libri.
“No, no, no, no!”
Svuotai un cassetto e lo andai a riempire d’acqua, buttandola
poi addosso ai libri.
“Non puoi andare a scuola domani e dare fuoco a qualcosa.”
disse: “Dobbiamo andare via.”
“Cosa posso fare?” dissi, molto più nervoso rispetto a prima.
“Allenarti. Andiamo vicino al canestro allora” esclamò lui,
diventando invisibile: “Sfruttiamo la luce finché ce ne è
ancora.”
Sembrava avere un talento naturale, sembrava che facesse il
minimo sforzo, avrei voluto avere la sua nonchalance.
Non avevo idea di come stessero gli altri, Zhalia era

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quella forse messa peggio, ma mi chiesi se anche Jace avesse i
miei problemi. Mi presi la nota di mandare loro un messaggio,
poi mi sentii una botta in pieno petto, era mia madre.
“Mamma, stai bene?” l’aiutai ad alzarsi.
“Absolument mon chér. Ci vuole ben altro per buttarmi giù”
mi diede un bacio affettuoso sulla fronte e sorrise: “I nonni
stanno bene, ti mandano un abbraccio.”
“Grazie mamma, ti voglio bene.”
Normalmente non ero così affettuoso con lei, per via
della sua vicinanza con papà, ma appena aveva l’occasione per
stare un po’ con me, la coglieva. Era una donna bellissima, gli
zigomi alti e l’espressione dolce in cui mi rifugiavo da piccolo,
lontano da qualsiasi cosa che mi ricordasse mio padre.
Tra me e lui non scorreva buon sangue, credeva che il
nome della famiglia fosse l’unica cosa che contava. In diciotto
anni di vita avevo avuto una vera conversazione padre-figlio 3
volte, mi credeva un fannullone senza speranze. Cercavo di
fargli cambiare idea dall’età di otto anni, andavo bene a
scuola, capitano della squadra di Basket, ragazzo modello, ma
non c’era verso. Qualsiasi cosa facessi, aveva da ridire su
tutto.
Con mia mamma invece era molto più bello parlare e
aprirmi, poi era l’unica che teneva ancora ai genitori di mio
padre, mi era vietato parlare con loro, causa litigate molto
violente. Ogni volta che poteva li chiamava, e avere loro
notizie mi faceva rallegrare, fiero della forza d’animo di mia
madre, che si opponeva alle rigide regole.
Arrivai in giardino e trovai Tommy intento ad aspettarmi.
“Sei in ritardo.”
“Possiamo incominciare.”
“Non hai mai avuto così tanti problemi di concentrazione.”
“Non so cosa mi stia succedendo.”
“Prova ad evocarlo.”
La destra si accese, questa volta molto più controllata.

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Misi la sinistra sopra all’altra e non sentii nessun bruciore,
sembravo essere immune alle fiamme, buono a sapersi. Presi
la mira e scagliai il fuoco lontano da me, verso la fontana.
Sorrisi, soddisfatto, riuscivo a controllare le fiamme, il
problema era solo spegnerlo.
“E quando non ci sarà l’acqua come farai?” mi chiese. Poteva
avere un tono molto divertito, ma si voleva solo prendere
gioco di me.
“Nessuno è bravo come te a controllarsi.” risposi io, molto
infastidito.
Prese dalla tasca un accendino e lo fece scattare, la bellissima
fiammella in su verso il cielo. Potei percepire il lieve caldo
come se fosse stato vicino alla mia pelle, sensazione che avevo
sempre adorato. Aprii una mano e pensai che il caldo venisse
vicino a me, per giocarci assieme. Con mia grande sorpresa,
successe proprio quello, mi misi a giocare con il fuoco come
se fossi stato un Dominatore. Quando però fu ora di
spegnerlo, ebbi ancora problemi e l’acqua mi venne ancora in
aiuto, con enorme disappunto di Tommy.
“Continui ad essere nella stessa situazione, cerca di cambiare il
tuo approccio.” mi criticò.
“Si ma dammi il tempo, nessuno è uguale a te.”
“Riproviamo.”
“Basta.”
In poco tempo mi ero ritrovato senza energie, era
come se avessi evocato il fuoco dal mio fuoco vitale, che
doveva essere alimentato per poter funzionare ancora.
“Speriamo che domani tu non dia fuoco a qualcosa.” mi disse:
“Cerca di non dare troppo nell’occhio.”
Facile per chi non rischiava di dare fuoco al mondo, non era
qualcosa che decidevo io, ma Tommy aveva ragione, non
potevo andare a scuola in quelle condizioni, per non parlare di
come potevo incendiare il letto. Forse la soluzione era
dormire nella vasca da bagno, così non avrei preso rischi

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inutili.
“Che stai facendo?” mi chiese Tommy, vedendomi attuare il
mio piano.
“Non voglio correre rischi inutili.” ripetei dal mio pensiero.
“Tu hai seri problemi.” mi disse, per poi chiudersi nel suo
mondo, cuffie e telefono, mentre io idromassaggio e TV in
bagno, non mi mancava nulla.
Poi un’altra idea geniale mi balenò in mente. Per non
stare al freddo tutta la notte, mi misi ad esercitarmi senza dire
nulla al mio coinquilino, magari sarei riuscito da solo a fare
qualcosa in più, anche se le mie speranze erano poche. E ebbi
ragione, quella notte passata in vasca idromassaggio mi aveva
portato giovamento, trovando il modo di spegnere il fuoco,
immaginando dell’acqua nella mia testa.
Non mi svegliai al suono della sveglia, ma a reazione
di una secchiata di acqua gelida lanciata da Tommy, invisibile.
Quel ragazzo era astuto, invisibile in modo tale che non gli
potessi dare fuoco.
Arrivammo in orario, prima dell’inizio delle lezioni,
trovammo Zhalia e Jace intenti a parlare, sicuramente di
quello che ci era successo.
Erano entrambi vestiti molto casual, T-Shirt e jeans.
“Ciao ragazzi, come va?” salutai.
“Ciao Andrea, spero tu abbia passato una notte migliore della
sua.” disse Jace, indicando Zhalia.
“Cosa è successo?” chiesi, serissimo. Con quale coraggio si
presentava a scuola.
“Credo di aver dormito 3 minuti, sentivo i pensieri dei miei
genitori anche se stavano dormendo, penso di aver visto i loro
sogni. Devo tornare normale come prima, ne va della mia
sanità mentale.” disse lei, la bocca incrinata in un sorrisetto
stanco.
Le credevo, anche a giudicare dalle profonde occhiaie
che aveva. La mia situazione era difficile, ma la sua lo era

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molto di più. Nonostante tutto si mostrava forte, capace di
gestirsi.
“Jace?” chiesi.
“Mi sono costruito il castello di Frozen in camera. Anche in
realtà ho avuto qualche piccolo problemino con la cena.”
“Te invece?” mi chiese lei.
“Difficoltà a far sparire il fuoco, per il resto lo riesco a
controllare bene. Dobbiamo andare al Covo per capirci
qualcosa in più, sarebbe da andarci adesso ma va bene dopo
scuola?”
“Va bene qualsiasi cosa basta che mi facciate ritornare
normale, non ne posso già più.” concluse Zhalia, andando poi
da una ragazza molto alta, la stessa del giorno prima. Non
ebbi tempo di aggiungere altro perché suonò la prima
campanella e ci dirigemmo in classe, l’aula con su scritto
“QUINTA”.
Ci aspettava un uomo sulla cinquantina, vestito
sportivo, con un fischietto pendente dal collo. Era quel prof
che ci aveva fatto il giro della scuola, aveva la stessa faccia da
carlino e il naso schiacciato. Tutto potevo accettare dalla
nuova scuola, ma che mi si facesse fare Educazione Fisica il
secondo giorno, proprio no. Aveva un tono di voce
completamente diverso dal mio, stridulo e autoritario, per
questo si sollevarono delle risatine dal gruppo delle ragazze, in
particolare da Aurora, che si doveva già distinguere dalle altre,
la reginetta della scuola. Si girò verso di me e mi mandò un
bacio da dietro, come il giorno precedente era troppo
truccata, però aveva una straordinaria bellezza.
Frollari continuò: “Negli spogliatoi troverete la divisa
in dotazione dalla scuola, dovrete indossarla per tutte le
lezioni di Educazione Fisica, andate a cambiarvi e fatevi
trovare pronti davanti al campo da basket.”
Io e Tommy entrammo per primi nel nostro spogliatoio,
pulitissimo, tranne per alcune scritte sulle pareti fatte da ex

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studenti, lasciavano il segno del loro passaggio. All’entrata
erano presenti dei pacchi con il vestiario completo di scarpe,
divisi per taglie. Presi quelli giusti per me e mi cambiai, la
maglia grigia e i pantaloncini blu avevano il logo del Liceo,
una A intrecciata con una D, lo trovavo molto fine e addice
alla scuola che frequentavo, i disegnatori avevano fatto
davvero un bel lavoro.
Eravamo vestiti tutti uguali, come degli scolari
giapponesi, poi Jace ci venne incontro. “Dobbiamo stare
attenti, ci potrebbero capitare delle cose strane” sussurrò:
“Non sappiamo nulla di quello che ci sta accadendo, non
sappiamo che cosa potrebbe succedere.”
“Ho il diversivo.” tagliò corto Tommy.
Frollari era intento ad illustrare la lezione.
“Come prima volta farete un test di ingresso, voglio vedere il
vostro livello. 3 giri del parco, equivalenti sono 1200 metri. Al
termine del terzo vi dirò il tempo. Nel frattempo vi dovete
appuntare la frequenza cardiaca a riposo e dopo sotto
sforzo.”
L’unico posto dove appuntare quei numeri era sul mio
braccio destro, dato che ero mancino, vicino a quello strano
marchio che ci era spuntato.
Quello poteva essere un bel problema, non ci avevo
pensato. Gli altri potevano vederlo e farci domande sul
perché avevamo tutti e 4 un tatuaggio simile. Vidi che Tommy
si era portato il suo scaldabraccio che utilizzava per fare
allenamento, era sempre avanti a me. Presi una penna dalla
scrivania e mi misi davanti all’orologio, cercando di non farmi
notare. Vidi Jace farsi scudo con Zhalia, che era vicino
all’altro orologio, dall’altra parte della palestra.
Contai i battiti in 30 secondi, poi li moltiplicai per 2. Avevo 48
battiti a riposo, erano minori del mio solito, e me li appuntai.
“Quanto hai?” sentii urlare a una ragazza, mi girai subito.
Marie prese il braccio di Zhalia per controllarlo, lei si scansò,

36
chiedendomi aiuto con lo sguardo. Prima ancora che potessi
fare qualcosa, lo lasciò andare e disse: “60 è buono.”
Non aveva detto nulla riguardo lo strano tatuaggio, restai con
l’amaro in bocca, ma fui sollevato.
“Ma la vedi?” chiese Zhalia, scioccata.
“Che cosa?”
“Una cosa nera sul mio braccio”
Marie la prese di nuovo, controllando meglio: “Ci sarà stata
una zanzara, oppure hai fissato troppo il sole, io non vedo
niente.”
“Se lo dici tu…” sorrise lei, tirando un sospiro di sollievo.
Non lo vedeva, o forse faceva finta, non ci diedi molto caso.
Sentii il fischio d’inizio e l’immancabile “Datevi una mossa”
del prof.
Incominciai a correre, venendo subito sorpassato da
Jace, da quello che mi aveva detto era sempre stato bravo a
correre. Per quanto riguardava me, la mia andatura non era né
troppo lenta, né troppo veloce, la consideravo giusta per me,
e a quanto pareva anche per Zhalia, che mi stava
dietro. Aumentai il passo per seminarla.
“Ti sento Lanza.” mi disse: “Non è carino seminare la gente.”
Non stava aprendo bocca, quella conversazione stava
accadendo nella mia testa.
“Non leggere i miei pensieri.” urlai.
Lei sorrise: “Ho accesso a tutto quello che sei, mi limiterò a
starti nella testa.”
Guardai da un’altra parte, cercando di distogliere
l’attenzione da lei e i suoi poteri, ma era piuttosto difficile.
Non mi accorsi che avevamo appena finito il primo giro,
senza il minimo sforzo o fiatone, sentivo che potevo dare di
più.
A circa metà del secondo giro Jace ci superò, correndo
ad una velocità impressionante. Tommy ci raggiunse, anche
lui senza il minimo segno di stanchezza.

37
“Jace sta correndo troppo veloce!”
“Cosa?” ansimò Zhalia.
“Dobbiamo fermarlo!”
Mi girai per vedere come era messa la restante parte della
classe, fortunatamente erano parecchio indietro rispetto a noi,
anche se dovevamo deviare il percorso. meglio, non potevano
vederci. Andai dietro la scuola e gli altri due mi seguirono,
iniziai a guardare in giro per vedere cosa fare. “Proviamo a
placcarlo! Ci serve un diversivo!” urlò Zhalia, guardandoci.
“Ci penso io, stabilisci un contatto mentale e fallo smettere.”
rispose lui, cambiando direzione e diventando invisibile.
Jace ci stava raggiungendo, stava correndo molto più
velocemente di un semplice essere umano, non avevamo
molto tempo per prenderlo. Incominciai un conto alla
rovescia e all' “ORA” ci buttammo, afferrando i polpacci di
Jace. Cadde, ma le sue gambe continuavano a dimenarsi,
come se stesse continuando a muoversi.
Zhalia lo fissò per un paio di secondi, poi chiuse gli
occhi e portò una mano in avanti. Qualunque cosa stesse
facendo, non stava funzionando, Jace mi tirò un calcio sulla
spalla e lasciai andare la presa. Il nostro amico deviò il
percorso per andare sulla siepe, l’unico posto dove poteva
fermarsi senza venire ucciso dall’impatto. Ma prima del
momento cambiò direzione, aumentando ancora la velocità.
Facevo fatica a vederlo.
“Non ce la sto facendo.” disse Zhalia, immersa in un bagno di
sudore.
“Qualunque cosa tu stia facendo per favore falla, e sbrigati.”
Un ragazzo della classe ci raggiunse, era Vittorio
Stern, venuto a curiosare. Il diversivo di Tommy non era
funzionato del tutto. Sentii una goccia d’acqua sopra la mia
testa e guardai d’istinto Zhalia. Stava incominciando a
piovere, la fortuna per una volta era stata dalla nostra parte.
Gli altri sarebbero tornati in classe.

38
“Che cavolo sta succedendo con voi?” disse Vittorio.
“Puoi tornare dagli altri per favore?” gli dissi, in quel
momento ci passò Jace vicino, travolgendolo e facendolo
cadere per terra. Dalla tasca gli cadde un accendino, che
scattò, incendiandogli i pantaloni. Agitai una mano ed evocai
a me le fiamme, giocandoci.
“Fermati!” urlò Zhalia. Jace si fece vedere, sembrava una
statua, immobile. Vittorio si alzò e fece per correre via, ma
Zhalia lo fermò prima.
“Dimenticati dell’accaduto.”
Il tipo aveva gli occhi viola e incominciò a camminare nella
direzione opposta alla nostra.
Impressionante. Ce l’aveva fatta, ma era un tantino troppo.
“Che cosa gli hai fatto?” chiesi.
“Volevo che restasse fermo. Questa cosa è inquietante.”
“Beh, digli di tornare normale. Sbrigati che dobbiamo andare
dentro.”
Un paio di minuti dopo eravamo tutti e 3 a camminare veloce
fino in palestra. Tommy ci raggiunse: “Siete riusciti?”
“Zhalia è stata fantastica, è riuscita a tenere sotto controllo la
situazione.” disse Jace, mettendole una mano sulla spalla, lei si
fece abbracciare.
“Che diversivo hai fatto?” gli chiesi.
“È così facile impressionare la gente appena vede il buio…”
Decisi di non chiedere altro, a volte faceva venire i brividi
anche a me, amante dell’horror. il prof ci stava aspettando.
“Perchè non siete venuti dentro come gli altri?”
“Sono scivolata e mi sono fermata, mi hanno aiutato ad
alzarmi e a camminare. Ci dispiace per il ritardo.” disse Zhalia,
mortificata. Mi stupii della sua abilità a mentire, sembrava così
ingenua a vederla da fuori.
“Andate a darvi una ripulita, si gioca a Pallavolo.”
Frollari se ne andò, lasciandoci agli spogliatoi. Marie corse da
Zhalia, la sentii dire:

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“Dove sei stata? Ti devo asciugare con il phon?”
Lei rise e andò nello spogliatoio delle ragazze.
Se devo dire la verità, come prima lezione di
ginnastica mi aspettavo di peggio, draghi che distruggevano la
scuola o Padova, oppure streghe malefiche che ci
trasformavano in ratti enormi e pelosi. Niente di ciò era
successo, anche se poteva essere parecchio divertente. Ma a
parte gli scherzi ero contento che avevamo scoperto nuovi
modi di usare i nostri poteri, soprattutto Zhalia e Jace. Una
aveva capito che poteva controllare e influenzare la mente
delle altre persone, l’altro aveva scoperto la fonte del suo
potere, il ghiaccio era generato dalla corsa.

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FINGO DI ESSERE UN
PERSONAGGIO DI UN GIOCO.

Come concordato, nel pomeriggio ci trovammo per discutere


della mattinata, di come potevamo essere smascherati così
facilmente. Tutta quella storia doveva finire al più presto, non
che non mi piacessero i miei poteri, ma perché potevamo
diventare un pericolo per tutti quelli che ci stavano vicino.
Jace poteva correre a qualsiasi gara e finire il tracciato entro
dieci secondi, se non di meno.
Se qualcuno lo avesse scoperto e denunciato alle
autorità, avrebbero potuto condurre esperimenti su di lui, per
capire come abbia fatto a diventare così veloce.
O Zhalia, diventata cattiva, controllava tutte le menti
dei capi di Stato per far scoppiare una guerra. A mio parere un
tantino difficile da gestire.
“Smettila di essere così catastrofico” mi riprese Tommy, dopo
che ebbi espresso loro il mio parere: “Se ci hanno dato queste
abilità, ci sarà stato un motivo.”
“Per tutta la vita ho sognato di essere qualcosa in più, la mia
occasione è arrivata.” disse Jace, guardandomi. Aveva le mie
stesse ragioni, lo consideravo un ragazzo mediocre da sempre,
assieme a me tutti gli altri.
"Calma, non prendetevela con lui.” mi difese la ragazza.

41
“Non voglio rinunciare a quello che sono diventato per causa
di una tua paura.” finì Jace.
“Non volevo dire questo, solo che dobbiamo imparare a
controllarci perché non ci possiamo permettere come oggi.
Jace, se fossimo stati in classe e tu ti fossi messo a correre non
per tua volontà, sarebbe scoppiato un putiferio. Purtroppo
non esistono scuole che insegnino come usare le abilità.”
sospirai.
“E dove pensi che potremo andare per allenarci?” disse Jace.
Sembrava che portassimo solo noi due avanti il
discorso.
“Ragazzi, vi prego”” esclamò Zhalia: “Non fate le
femminucce muovete il culo e andiamo a capirci qualcosa in
più alla nuova parte del Covo.”
Girò i tacchi e andò davanti alla porta, seguita da Jace.
Fino ad allora non poteva essere aperta dai singoli, ci
dovevamo essere tutti. Non ne capivo il motivo.
“Beh, adesso che siamo dentro cosa facciamo?” chiesi.
“Chiediamo consiglio a quello strano aggeggio di ieri” rispose
Zhalia: “Qualcuno di voi è esperto di computer?”
“Neo al suo servizio signorina.” si inchinò Jace con un
sorriso. Anche se ero migliore di lui, lo lasciai fare, che avesse
il suo momento di gloria. Accese l’interruttore generale e
aspettò la reazione.
“COME POSSO ESSERVI D’AIUTO?”
Jace scrisse sulla tastiera: “Che cosa ci sta succedendo?”
“NON SONO AUTORIZZATO A DARVI QUESTE
INFORMAZIONI PER IL MOMENTO”
“Perfetto direi.” sbuffai, infastidito. Una cosa che non
sopportavo era restare all’oscuro e non avere il perfetto
controllo della situazione, stava capitando decisamente troppe
volte per i miei gusti.
“Cosa sei autorizzato a dare.” scrisse Jace. La risposta del
computer non si fece aspettare.

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“AVETE DELLE VIRTUTES CHE DOVETE
IMPARARE AD USARE.”
“Le Virtutes sono i poteri?”
“SE VAI NEL CAMPO MARZIO TROVERAI LA
RISPOSTA CHE CERCHI”
“Dove è questo posto? Devo andare a Roma?” disse Jace,
guardandomi.
"Credo che sia quella porta sulla nostra destra.” esclamò
Zhalia, indicandola. Tempismo perfetto.
Jace corse verso di essa, per poi scomparire al suo
interno. Lo raggiunsi e rimasi estasiato dalla grandezza della
stanza. Era almeno 10 volte più grande della sala concerto,
che a detta di Tommy era circa camera nostra. Tutta la
famiglia del ramo di mio padre soffriva di claustrofobia,
quindi tutti i nostri locali erano parecchio ampi, ma non
pensavo così tanto sinceramente.
“Andrea, la hai arredata tu la stanza?” mi chiese lui.
“No, perché?”
Non erano presenti finestre ma la luce entrava lo
stesso, era strano perché si vedeva il cielo, doveva essere fatta
della stessa sostanza dei nostri poteri, o Virtutes, come le
aveva chiamate quel coso. Jace mi lanciò una palla da basket,
mia grande passione e mi indicò un canestro vicino a lui.
“Mi sorprendo sempre di più, non ho parole.”
“Beh già che ci siamo possiamo fare due tiri.” dissi, facendo
rimbalzare il pallone per terra.
Mentre giocavo con gli altri, e vincevo, perché solo
Tommy era in grado di avvicinarsi ai miei 38 punti a partita,
notai che Zhalia stava da sola. Per dare una possibilità a Jace
di vincere, lasciai il gioco e andai a farle compagnia, sapendo
che sentiva i miei pensieri. Era seduta, i capelli marroni sciolti
le cadevano sul viso, non facendomi vedere gli occhi. Quando
mi vide mi sorrise.
“Perché non sei a giocare con gli altri?” mi chiese.

43
Alzai le spalle: “Sono troppo forte per loro.”
“Ecco di nuovo il solito sbruffone.”
“Quando imparerai a tenere la bocca chiusa?”
Lei mi guardò, il sorriso svanito: “Mi dispiace che
continui a pensarla in questo modo.”
Avevo toccato un punto dolente, mi sentii male anche
io. La sua non era una situazione facile, non potevo capirla
fino in fondo perché le mie virtutes non significavano stare
male avendo solo una persona vicino.
Guardò l’orologio e si alzò dal puff, evitando il mio
sguardo: “Non voglio stare qui, al diavolo le Virtutes non
controllabili. Ci vediamo domani a scuola.”
Andò verso la porta e sentii una folata di vento addosso, la
guardai e vidi dei capelli biondi vicino a lei. Non avevo voglia
di provare per cui decisi di seguirli, solo perchè non avevo
nulla di meglio da fare.
Non sono mai stato uno stalker, lo giuro, ma vedere
Zhalia così triste alla mia risposta mi mosse qualcosa dentro.
Di natura ero un ragazzo estremamente impulsivo, mi
capitava di non pensare alle conseguenze, mi trovai a
piangermi addosso senza un apparente motivo.
Entrambi avevano preso le bici e le portavano a mano, lei
spenta, lui cercava di essere allegro.
Mi sembrava di essere in un film di spionaggio, il
protagonista trovava dei nascondigli adatti e ci andava per
seguirli e sentirli bene. Molto comica come scena, se non
fosse stata disperata.
“Mi spieghi cosa è successo per favore?” chiese lui.
“Nulla, te l’ho detto.”
“Niente scuse.”
Lei sospirò e riprese a parlare: “È Andrea. Fa sempre lo
stronzo senza una ragione specifica.”
“Tipico suo, devi solo accettarlo.”

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“È un figlio di papà e abituato che tutti sottostanno a ciò che
dice, deve smetterla.”
“Odia avere la situazione fuori controllo.”
“Tutto questo mi fa andare fuori di testa, letteralmente. Non
sai cosa significhi sentire le voci degli altri senza che parlino.”
“Prova ad ascoltare della musica, magari stai meglio.” alzò le
spalle.
Zhalia si fermò, prese le sue cuffie Bluetooth e le mise
alle orecchie, dopo un paio di minuti riprese a parlare: “Me lo
aveva fatto provare Andrea, mi aiuta molto.”
“Beh, continua a farlo. Se non ti fa impazzire è qualcosa, no?”
“Hai ragione.”
Mi sentii completamente perso, una sensazione che
prima non avevo mai provato, avevo appena rovinato un mio
tentativo per farla diventare una mia amica. Vabbè sticazzi,
non avevo bisogno di lei.
Si misero entrambi a ridere e fui sollevato dal suo sorriso,
stava sicuramente meglio.
“Ha intenzione di accompagnarmi a casa, gentil Lancillotto?”
lo guardò, splendente, era parecchio brava a cambiare
emozioni nel giro di 10 secondi.
“Se le serve per stare meglio si.”
Lei si mise a ridere e lo abbracciò, facendo cadere la
bici per terra. Tutta quella scena era degna delle peggiori
telenovelas argentine, il superfigo che feriva la ragazza e la
ragazza che si rifugiava dal figo che coglieva l’occasione per
stare con lei. Altro che Beautiful. Però per mia difesa ammisi
che ero molto bravo a seguire le tracce altrui, forse anzichè
fare il cestista potevo fare l’investigatore privato.
“Andrea Gelido Lanza si è appena innamorato.” sentii dire
alle mie spalle. Mi girai e vidi che Tommy mi aveva
raggiunto.
“Da dove sbuchi?” dissi, infastidito.

45
“Non è questo il problema. Non eri tu che dicevi che le
relazioni nella band non vanno bene?”
Alzai gli occhi al cielo e andai avanti, per seguirli.
Sentii delle risate e le ignorai, arrivarono al parco Iris e
appoggiarono le bici sul prato, per poi stendersi sull’erba. Lui
era più alto di lei di almeno 10 centimetri, e lei aveva
un’altezza non da poco, dato che era circa un metro e ottanta,
era il più alto del gruppo. Incominciarono a parlare a bassa
voce e, cosa stranissima, riuscivo a sentire tutto quello che
dicevano senza troppi problemi.
"Perché ci hanno dato queste Virtutes?” chiese lei.
“Non lo so, ma una cosa è certa, non si torna più indietro.
Forse dobbiamo sventrare alcuni attacchi
dell’Organizzazione.” rispose lui, guardandola. Aveva un
sorriso che non gli avevo mai visto addosso.
Bellissima citazione ai cartoni della nostra infanzia,
Jace. Nel frattempo la mia immaginazione aveva fatto venire
l’Andrea angelo e l’Andrea diavolo sulle mie spalle. La cosa
buffa era che entrambi erano d’accordo per andare a
scusarmi, rovinando il momento. Jace andò verso Tommy ed
io feci la mia entrata in scena.
“Non è bello spiare la gente.” disse lei, fredda. Mi morsi il
labbro, dimenticavo.
“Volevo solo scusarmi per le parole di prima, non lo penso
davvero.”
“Il problema è che so cosa pensi davvero, è impossibile
mentirmi. Voglio una vita normale.”
Giusto. Adesso come rimediare? Lei prese le cuffie e
se le mise, prendendo la bicicletta.
"Ci vediamo domani a scuola.”
Sentii Bat Country degli Avenged. Avevo molti pensieri per la
testa, forse lei poteva capire.
“Fa quello che vuoi.”
“Lo farò, tranquillo.”

46
Lei mi guardò e se ne andò via, facendo appena in
tempo ad uscire dalla mia visuale. Poi non la vidi più,
scaraventata da una forza invisibile, andando a sbattere la
testa contro un albero.
“Zhalia!” gridai, andando da lei. Era priva di sensi e provai a
sentirle il cuore, fortunatamente batteva ancora. Jace e
Tommy mi raggiunsero, visibilmente scossi.
“C’è un piccolo problema.” disse Jace.
“Siamo pieni di problemi!” sbottai, urlando.
Jace indicò la sua destra e potei vedere dei tizi incappucciati
che sembravano usciti dalla Setta degli Assassini.
“Porta Zhalia al sicuro.” disse Tommy per poi sparire,
confondendosi tra le ombre.
Nonostante non volessi, seguii le sue parole e la presi
come una bambola, appoggiandola su uno scivolo deserto
sotto gli occhi di alcuni bambini increduli.
“Dove sono le vostre mamme?” dissi, irritato.
“Sei Gumball?” mi chiese un cosetto con i capelli rossi.
“Ma no scemo, non vedi che è Finn di Adventure Time?”
disse un altro coso con il cono gelato in mano.
Mi sarebbe molto servita una mano con quella
sottospecie di individui, data la mia completa inesperienza a
riguardo, ma potevo contare solo sulle mie forze. Altro che
combattere i cattivi, era quella la vera prova per passare a
essere un vero supereroe.
“Piccoli, per favore, andate via, c’è del pericolo.”
Una mocciosa mi prese la cintura e cominciò a
giocarci, evidentemente lo prendevano come uno scherzo. La
mia pazienza era giunta a un limite e dovevano andare via, ne
andava della loro incolumità. Immaginai che da alcuni alberi
venisse una palla di fuoco proprio vicino a loro e così
accadde. Come previsto si spaventarono e scapparono dietro
di me. Sperai con tutto me stesso che questa volta riuscissi a

47
spegnere ciò che avevo causato, e, riuscii nel mio intento, solo
per fare un po’ di show.
“Adesso ho capito chi sei… sei Phoenix di Valorant!” disse
un altro bambino.
“Quanti anni hai, piccoletto?” chiesi, esterrefatto.
“7.” rispose lui, tutto fiero.
“Adesso volete scappare o devo mandarvi via?”
I bambini corsero via e ci trovammo io e Zhalia da
soli. Lei senza sensi, io ragazzo che aveva mandato via i
bambini. Queste Virtutes mi piacevano sempre di più. Non
ebbi molto tempo per festeggiare, vidi che due tizi
incappucciati venivano verso la mia direzione.
Mi preparai due sfere di fuoco sulle mani: “Non vi
avvicinate.”
“Non ci puoi fare niente.”
Si tolsero il cappuccio e potei finalmente vedere i loro
volti. Erano ragazzi come me, solo che avevano gli occhi rossi
e uno strano marchio sul collo: “Non vuoi sapere che cosa vi
sta succedendo?”
“Non avvicinatevi!”
Mi misi davanti Zhalia, deciso a proteggerla a tutti i costi. Uno
dei due strambi mi mandò una scarica di elettricità che deviai
con un muro di fiamme, fregai l’idea a Phoenix. Nel
frattempo l’altro strambo mi attaccò da dietro, facendomi
crollare per terra.
“Chi non si doveva avvicinare?” mi canzonarono.
Mi rialzai e sentii una forza nuova dentro di me, che mi aveva
rianimato come se mi avessero iniettato adrenalina. Sorrisi
con aria di sfida: “Io”.
Alzai una mano al cielo e urlai: “Pro ea!”. Dal laghetto
si alzò una montagna d’acqua che inondò i due cattivi,
facendo perdere loro i sensi. Mi venne fuori un urletto
eccitato, non solo potevo controllare il fuoco, ma anche

48
l’acqua, in un momento in cui volevo usare solo il fuoco. Era
una figata.
Guardai Zhalia e la vidi così fragile, sembrava più piccola e
indifesa.
“Devi andare ad aiutare.” pensai, ma non potevo permettermi
di lasciare da sola la mia amica. Però avevano bisogno di una
mano e non potevo circondarla di fuoco, avrebbe consumato
tutto l’ossigeno di cui aveva bisogno.
Quindi la scelta più ovvia era prenderla di nuovo in
braccio e portarla in mezzo al pericolo, anche se sembrava
una enorme cazzata. Così feci, mi affidai al mio istinto e andai
dai miei amici, che a vederli avevano bisogno di aiuto.
“Ma sei pazzo? Ce la caviamo benissimo da soli.” disse Jace,
sempre correndo. Un cattivo stava per mettere KO Tommy e
lo salvai prima che lo facesse.
“Non pensare a me, pensa a lei!” sbottò lui, diventando poi
invisibile.
“Non sono un babysitter!” urlai ed evocai un muro di fiamme
che separò Jace dal resto dei cattivi. Prima avevo scoperto che
potevo controllare l’acqua, forse potevo rifarlo.
Mi concentrai e alzai una mano, spuntò dell’acqua dal nulla
che andò a travolgere due cattivi, facendoli scomparire.
“Wow.” esclamò Tommy, per poi sparire di nuovo.
Facendo un breve conteggio, avevamo messo sei
cattivi al tappeto, purtroppo non erano ancora finiti, ne
mancavano altrettanti.
Uno era proprio davanti a me, i pugni circondati da un’aura
blu scura: “Perché non vai con i tuoi amici?”
Fece un gesto e vidi Tommy e Jace legati e senza
sensi. Ancora? Come avevano fatto ad essere così vulnerabili.
“Cosa volete da noi?” urlai, cercando di attirare l’attenzione di
tutti. Potevano almeno avere la decenza di rispondere?
“Oh noi niente.” disse una ragazza incappucciata: “Ma la
FYCE vi vuole tutti, vivi o morti”

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Era la seconda volta che sentivo parlare di quel nome.
Non si poteva sapere qualcosa di più? Mica volevo portarli
fuori a cena.
Sentii un male atroce alla schiena e caddi, di faccia. Mi
legarono le mani e andai vicino ai 2, con la differenza che ero
l’unico ad essere cosciente.
“Pronto, c’è qualcuno?” sussurrai, ma nessuno mi rispose.
“Bene bene, chi abbiamo qui?” Venne verso di me uno strano
tipo, vecchio. Aveva dei lineamenti già visti, decisi di
chiamarlo SCCS, Supercapocattivosupremo. Portava per
tracolla un arco azzurro e grigio, bellissimo. Le possibilità di
rubarglielo sembravano meno di zero, sarebbe stato
bellissimo se non fosse usato come arma: “Custor
Elementorum.”
“Come mi hai chiamato?” sbottai, quel tizio la sapeva lunga.
“Venite con noi, e nessuno si farà male.”
Perché mai avrebbero voluto le nostre Virtutes se ce
le avevano anche loro.
“Le cosa?” Cercai di prendere tempo per analizzare la
situazione. A sentire la corda, pareva una da arrampicata,
impossibile da tagliare e da slegare se tirata bene.
“Pensa.” mi sembrò di sentire la voce di Zhalia nella mia
testa. Speranza o pazzia?
“Le vostre abilità, poteri, non so come le chiamate, fatto sta
che dovete venire con noi, e anche subito.”
La corda a cui erano legate le mie mani era molto
stretta, mi sarei soltanto fatto del male prendendola. Però
magari potevo fare qualcosa, sciogliendola. Così facendo mi
sarei procurato delle ustioni, per non parlare delle lesioni ad
essa. Però era l’unico modo per uscire da quella morsa. Strinsi
i denti e evocai il fuoco inscritto ai miei polsi, cercando di
sciogliere e di non soffrire troppo. Al contrario di quanto
pensavo, non sentii né bruciore né male, per cui feci un po’ di
scena.

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Urlai disperato e tutti si girarono verso di me, poi mi
dimenai fino a che SCCS non mi afferrò per i capelli e mi
diede uno schiaffo sulla guancia, sentii la mia mandibola fare
un bruttissimo croc. L’uomo si girò verso Zhalia e un
poliziotto, che nel frattempo era sbucato dal nulla, e fece un
ghigno.
“Non li toccare!” gridai e lui sorrise di più. Con una forza
invisibile prese una macchina dal parcheggio e la scagliò
addosso ai ragazzi.
“No!” urlai, ma le corde non si erano ancora minimamente
sciolte, come la mia possibilità di scappare. Mi dimenai e mi
fecero cadere di nuovo, questa volta mi sanguinava il naso.
La macchina non andò a segno, si fermò a mezz’aria,
bloccata da una forza invisibile, simile a quella di SCCS.
Guardandola meglio, potei scorgere un’aura viola che la
riportava a terra dolcemente. Vicino ad essa c’era Zhalia,
svegliata dalla specie di coma, in piedi come se non fosse mai
svenuta. Anche se aveva dei tagli dappertutto e delle occhiaie
da paura, il mio cuore fece un salto e mi diede la spinta per
strattonare i lacci, sotto gli occhi increduli di SCCS. La
raggiunsi e disse: “Dammi una mano qui.”
“Non aspettavo altro.” le diedi il cinque.
“Prendeteli!” gridò SCCS e tutti gli incappucciati ci
mandarono una specie di elettricità blu addosso. Zhalia con il
suo nuovo potere mandò la macchina addosso a tre cattivi,
facendoli scomparire. Io con un perfetto connubio di fuoco e
acqua ne feci fuori un altro. Ne mancavano ancora due.
La ragazza corse da Tommy e provò a farlo rinvenire,
mentre io tenevo a bada l’uomo cattivo. Era un ottimo
combattente, sapeva usare le sue Virtutes molto meglio di me,
ma io avevo dalla mia parte la conoscenza del parco. Lo attirai
vicino al laghetto e incominciai a stordirlo con l’acqua, ogni
volta che cadeva per terra gli mandavo del fuoco addosso e si

51
rialzava per combattere. In poco tempo era senza energie e lo
misi KO con un pugno.
Lo portai dagli altri, che nel frattempo si erano
svegliati e avevano fatto il loro dovere, facendo scomparire gli
ultimi nemici rimasti.
“Bene, di te cosa facciamo?” disse Jace.
“Nihil.” rispose SCCS e scomparve anche lui, il sorriso
deformato in un ghigno.
Solo allora realizzai che, per essere la prima volta in
assoluto che usavo le Virtutes più seriamente e non per
divertimento, me la ero cavata in maniera egregia, come se lo
avessi fatto più volte. Ero sicuro e non feci alcun errore, era
parecchio strano, non mi ero fatto prendere da ansia o altro.
Per non parlare della mia mandibola, era ritornata come
prima, forse avevo un fattore di guarigione più evoluto
rispetto agli altri esseri umani.
“E adesso cosa facciamo?” chiese Tommy.
“Aspettiamo, il nostro dovere l’abbiamo fatto.” dissi.
La seconda volta che si sentiva parlare Latino in giro
di 10 minuti, non poteva essere un caso o una coincidenza,
perché, come sappiamo, le coincidenze non esistono. Mi
guardai intorno e vidi una telecamerina nascosta in un
cespuglio.
“Ragazzi, qui non è sicuro.” Mi diressi verso delle panchine
all’ombra, dove mi sdraiai sull’erba. Mi sentivo sfatto come
non mai.
“Direi che come prima volta non è male.” disse Jace, stanco
quanto me.
“Non abbiamo scoperto molto però, anzi, un bel niente a dir
la verità” puntualizzò Tommy: “Nessuno ci vuole dire
qualcosa.”
“Ehi, non so voi, ma io sono felicissima di aver scoperto un
nuovo potere.” Zhalia si sdraiò vicino a me e aggiunsi:
“Niente male la telecinesi, però il mio è meglio.”

52
“Da quando riesci a controllare l’acqua?” chiese Tommy.
“È una cosa nuova, se devo dirla tutta anche meglio del
fuoco.”
“Inchinatevi davanti al Figlio di Poseidone.” scherzò Jace e
scoppiai a ridere.
Tutta l’adrenalina che avevo in corpo era finita, non
avevo la forza di alzarmi e camminare, energie prosciugate
molto velocemente. Stavo per mettermi a dormire dalla
stanchezza quando sentii il mio orologio vibrare e Sonne dei
Rammstein. Con uno sforzo immane alzai la testa e vidi che
mia mamma mi stava chiamando. Jace scoppiò a ridere e
risposi alla chiamata.
“Andrea, tu e Tommaso dovete venire subito a casa, nessuna
scusa!” urlò mia madre dall’altra parte del telefono. Non vi
dico quante volte le avevo detto che si sentiva benissimo
anche senza urlare, ma era parecchio dura di comprendonio.
“Cosa è successo?” chiesi io, stanco.
“Ci sono gli alieni! Se non venite subito mando Ambrogio a
prendervi!”
Tipica trovata di mia madre, non era la prima volta
che credeva a delle fake news, però dovevo andare. A
malincuore mi alzai e mi ricordai che avevo lasciato la bici nel
Covo.
“Io e Tommy dobbiamo andare, ci vediamo domani a scuola”
dissi io, mezzo rincoglionito.
“Va bene, a domani.” mi salutò Jace.
Guardai Zhalia, sorridendo, e ricambiò il sorriso,
guardando poi da un’altra parte. Il primo attacco era andato,
gli altri erano distrutti quanto me, a giudicare dalle loro
espressioni. Non potevo essere cosciente che quello sarebbe
stato solo l’inizio.

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ZHALIA VIENE CONTROLLATA DA
UNA MONETA.

Che dire, era stato fantastico usare le nostre Virtutes per


combattere dei veri cattivi, non quelli che si vedono nei film o
leggendo i libri. Loro non vincono mai, i buoni sono troppo
forti e, modestamente, noi eravamo i migliori. Avevo avuto la
mia prima occasione di riscatto, sarebbe stato troppo bello
dirlo al mondo, ma era una cosa troppo delicata, continuavo ad
essere dell’idea che potevamo fare degli esperimenti su di
noi. Nel corso della storia l’umanità aveva già dato prova della
sua sagacità, non volevamo essere fenomeni da baraccone
messi nei Circhi. Non lo meritavamo per il nostro essere umani,
ma soprattutto ragazzi.
Nonostante quei pensieri, ero molto euforico. Era stato
divertente incendiare gli alberi e usare l’acqua, sentivo che
potevo fare ancora molto di più. Arrivai a casa esausto, mi feci
una doccia e andai a buttarmi a letto, sicuro di non aver mai
sentito il mio materasso così comodo.
Jace mi chiamò per dire di andare on, quindi a malincuore mi
alzai e assieme a Tommy andammo nelle nostre postazioni,
entrando in chat vocale.
“Oggi è stata un po’ azzardata.” ci disse, iniziando la coda per
la partita.
“Nah, abbiamo fatto vedere chi siamo a quei tipi lì.”
“Che sembravano conoscerci piuttosto bene se ci pensi.”

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disse Tommy.
In effetti era vero, era parecchio spaventoso.
“Dobbiamo scoprire di più, mi puzzano un paio di cose.
Andrea, ganka una volta in vita tua.”
“Fammi pulire la jungle.”
“Si beh, datti una mossa.” riprese lui.
“Uno di quegli uomini aveva lo stesso tatuaggio che aveva
mio padre” disse Tommy: “Può essere una coincidenza.”
“Ce lo aveva sul polso?” chiesi.
“Si.”
“Ok, continua ad essere molto strano” disse Jace: “Finita
questa partita devo andare a scaricare la tensione, mi sento
tutti i muscoli in movimento.”
“Dopo quello che ti è capitato stamattina e oggi pomeriggio,
direi proprio di sì.” rispose Tommy: “Vado avanti bot, fate
drake.”
Mi sentivo le mani caldissime, come se potessero
prendere fuoco da un momento all’altro. Sentii la suoneria di
Jace dal microfono.
“Pronto?”
“Jace sono Zhalia.”
“Ehi, tutto bene?”
“No! Stanno succedendo cose spaventose! Vieni, ti prego.”
Dal microfono del telefono filtrato dal microfono di Jace si
sentì la voce di una donna, forse la madre: “Chiamate un
esorcista.”
Dalla mia esperienza con quel film, le cose che le stavano
capitando erano molto serie, ma dovevamo prima finire la
partita.
“Dille che arriviamo, tempo 10 min.” disse Tommy, e Jace
ripetè a pappagallo, poi riattaccò.
“Dobbiamo fare qualcosa.” disse lui.
“Siamo in classificata. Tutti mid e finiamo.”
La strategia ebbe successo e nel giro di 2 minuti io e

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Tommy eravamo in sella alla nostra bici, diretti non so dove.
Jace però ci condivise la posizione e in poco arrivammo
davanti ad una casa molto bella, grande per essere stata una
bifamiliare.
“Se riuscite a far aprire la porta, riesco a correre per le scale e
andare da lei.” disse Jace.
“Ho un’idea migliore.” disse Tommy, evocando un costrutto
d’ombra e buttandolo addosso alla finestra, da cui si vedevano
degli oggetti fluttuare.
“Ragazzi?” disse Zhalia, afferrando un libro volante.
“Zhalia, con chi stai parlando?” urlò sua madre, la figlia aveva
chiuso la porta a chiave.
“Al telefono!”
Tommy mi cosparse d’ombra, facendomi arrivare dentro in
stanza da lei, la stessa cosa poi fece con Jace.
“Non so che cosa stia succedendo!” sussurrò, assicurando
con lo scotch una penna.
“Hai fatto qualcosa di strano prima?” chiese Jace.
“Ho mangiato e fatto la doccia. Quindi no, zero.”
“Dobbiamo occuparci di tua mamma, dovresti riuscire a fare
un blocco così come hai fatto con Jace.” dissi, cercando di
analizzare il problema. Perché le sue Virtutes erano impazzite?
E soprattutto perché gli oggetti fluttuavano?
“Non so, dovrei avere un contatto visivo?”
Aprii la porta, mettendomi la chiave in tasca, sua
madre era lì ad aspettarla con il telefono in mano.
“Tu vuoi… dormire. È tutto un sogno.” disse Zhalia,
mentalmente. Vidi Jace cadere sul pavimento, così come la
donna.
“No, no, no” urlò Zhalia: “Svegliati tu.”
“Qualche problema con le Virtutes?” la punzecchiai. Nel
frattempo tutti gli oggetti erano ancora in aria, ma vidi che
erano circondati da un alone viola, che prima non avevano.
“Zhalia… stavo sognando…” disse Jace, guardandola.

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“Ritorna in te, ho bisogno del tuo aiuto.” gli disse, capitò
quello che disse. Wow, ero parecchio impressionato.
“Hai toccato qualche oggetto strano? Tipo Kryptonite?”
“No, zero.”
Tutto molto strano, troppo.
“Abbiamo dei sacchi a pelo nel Covo, andiamo tutti a dormire
lì per una notte.” disse Tommy, comparso dal nulla.
“E io come faccio? Ho addormentato mia madre e domani c’è
scuola.”
“Preferisci che qualcuno chiami un esorcista? Se siamo tra di
noi possiamo controllarci meglio, soprattutto in un ambiente
privo di pericoli e fatto apposta per noi.”
“Va bene. Cerco di finire la situazione qui.”
Zhalia tirò un sospiro e andò a svegliare sua mamma,
convincendola di star andando a dormire da un’amica per un
compito dato a scuola. Le sue Virtutes facevano paura, poteva
benissimo governare il mondo. Tirò fuori da un cassetto uno
zainetto già fatto, non chiesi spiegazioni, e andammo fuori
dalla porta, le portai la borsa di scuola. Venimmo salutati da
Kyra, il suo Pastore Tedesco, una bellissima citazione a Death
Note. Appena ci allontanammo dalla casa, gli oggetti
ritornarono al loro posto, come se non fosse successo nulla.
“Vuoi un passaggio? Sono in bici.” le offrii.
“Va bene.”
Le giornate erano ancora molto lunghe, il mio
orologio segnava le 7 e c’era ancora luce, avrei pagato con
tutto il mio oro per avere sempre quel clima. Al Covo
ordinammo qualcosa da mangiare e ci mettemmo a vedere un
film, con ogni tanto le mie mani che si accendevano
involontariamente. Tommy, che fino a quel momento era
riuscito a controllarsi molto bene, scompariva e riappariva
senza volerlo. C’era sicuramente qualcosa che continuava a
non andare.
Fermai Terminator e mi alzai in piedi allontanandomi da

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Zhalia. Gli strani effetti sparirono, quindi doveva essere
partito da lei.
“Zhalia, non so perché, ma sei tu la causa di questo.” le dissi.
Forse risultai un tantino aggressivo, ma era quello che volevo
far capire.
“E come?”
“Che cosa porti addosso?” chiese Jace.
“Gioielli? Maglietta? Reggiseno? Mutande?”
“Le ha sempre portate, penso.” disse Tommy.
“Ho raccolto una moneta nel parco dopo l’attacco, sembrava
romana, pesante e lucente. D’oro.” la tirò fuori, non avevo
mai visto una cosa così.
“Dobbiamo andare nella parte nuova del Covo, forse il
Computer ha qualcosa da dirci su quella.” disse Jace. Era un
Denaroo, ecco dove l’avevo già vista, conservata benissimo,
sperai fosse quella la fonte dei nostri problemi, poteva essere
più facile da spiegare.
Vicino al Maxischermo c’era una teca spuntata dal
nulla, forse di cristallo. Passammo vicino e la moneta venne
attirata da quella, come se fosse stata una calamita. Sullo
schermo apparve una scritta, che Zhalia tradusse con:
“Questa notte dormite tranquilli.”
Scoppiai a ridere, ma effettivamente avevo ragione, era quella
moneta che ci aveva causato un cortocircuito.
“Che strano, pensavo di averla lasciata a casa.” disse la nostra
amica.
Alzai le spalle, forse era vero e dovevamo portarla al
Covo, era qualcosa di magico, strano, non normale, ma ormai
noi eravamo il contrario di normale. Dopo aver depositato il
Denaroo, le nostre Virtutes si calmarono, non fecero più
brutti scherzi per tutta la durata della notte. Zhalia andò a
scuola e tornò a casa senza problemi, così anche noi, eravamo
decisamente più tranquilli. Sapevamo che non era il caso di
dire di noi in giro, ma eravamo consapevoli che non era la

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prima e unica volta che potevano esserci attacchi del genere,
dovevamo essere pronti a tutto e in qualsiasi momento.
L’idea di quella moneta fece riflettere molto Tommy,
che l’annotò nel suo quadernetto, doveva essere aggiunta alla
lista di robe che ancora non sapevamo, ma il solo pensiero
che potevamo perdere il controllo di un oggettino così
piccolo era un po’ comico. Dentro di noi avevamo del
potenziale che forse veniva sprecato, ma forse ci potevamo
divertire come dei matti.

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RAGAZZI, IL FRISBEE È UNO
SPORT!

Nel giro di 20 giorni eravamo diventati dei maestri nell’usare le


Virtutes senza essere scoperti, e le avevamo imparate a
controllare con molta più facilità rispetto a prima. Io, per
esempio, avevo notato che riuscivo a creare dal nulla acqua e
fuoco, semplicemente combinando l’aria già fatta, potevo essere
la soluzione per la mancanza di acqua in un futuro non molto
lontano. Tutto ciò era e continuava ad essere una figata.
Quel giorno era un martedì freddo, non sembrava che
fosse ottobre, ma febbraio. Le prime due ore avevamo motoria e
il prof ci fece correre fuori, solo dopo ci trasferimmo in palestra,
all’attesissimo caldo. Mentre noi comuni mortali correvamo in
divisa, Frollari aveva il piumino d’oca e l’inseparabile fischietto
addosso al collo. Ci ordinò di andare in spogliatoio prima della
seconda parte della lezione, che a parer suo poteva dirsi più
divertente. Una volta giunti lì, io, Tommy e Jace ci
confrontammo su quello che ci stava accadendo.
Purtroppo per noi, eravamo gli unici della classe a non
essere sudati o malridotti dalla corsa, notando che riuscivamo a
correre più veloce di quanto facevamo prima. Jace si era
trattenuto, restando tutto il tempo nel nostro gruppo, ma non ci
voleva un genio per capire quanto volesse correre da solo.

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Durante il primo attacco della FYCE aveva sfiorato i 150 km
orari, facendo una stima molto approssimativa, forse anche
superato, non ne avevamo la prova. Non avevamo degli
strumenti sofisticati per allenarci, il Covo ci offriva alcune
chicche che però erano lontane anni luce da quello che Jace
aveva bisogno.
Lo osservai a lungo mentre si lavava la faccia. Era alto,
slanciato, sembrava essere un mezzofondista. I capelli marroni
erano portati all’indietro, con il ciuffo in bella vista. Sapeva di
essere bello e questo dovrebbe dire tutto, non passava un giorno
che una gamer o su Instagram o su Discord non gli scrivesse. E
lui le dava tutte le sue attenzioni, fino a che non si stufava e,
spinto da qualcosa più grande di lui, le lasciava, cercando di non
farla stare troppo male. Forse, anzi sicuramente, stava aspettando
la ragazza giusta, o forse era gay. Così funzionava con Jace,
nessuno riusciva a capire come fosse realmente perché nessuno
era riuscito ad essere importante per lui, ad eccezione nostra, che
comunque non lo capivamo lo stesso.
“Ehi Andrea, mi sei stato dietro prima” gli sentii dire, venendo
verso la mia direzione: “Niente male.”
“A te non pare strano? Perché a me si, e anche tanto.” dissi. Le
Virtutes avevano cambiato il mio fisico, non ero mai stato bravo
a correre, mi mancava resistenza continua, la mia preparazione
richiedeva resistenza alla velocità, e in quella nessuno mi poteva
battere. È il riuscire a fare tantissimi cambi di direzione senza
fermarsi, un bel po’ differente dal correre e basta.
“Ragazzi, siamo a scuola…” sussurrò Tommy, bravissimo come
sempre a chiudere le conversazioni fuori luogo.
Finalmente fu il mio turno per sciacquarmi la faccia, Jace
si era messo allo specchio per sistemarsi i capelli, e fissai l’acqua
che scendeva dal lavandino. Sentii un freddo glaciale sulla
schiena, mi era arrivata una secchiata d’acqua, e d’istinto mi
irrigidii, chiudendo le mani a pugno sui fianchi. Chiusi il
rubinetto e mi girai lentamente, cercando di non assecondare la

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mia voglia di dare fuoco a tutto lo spogliatoio. I colpevoli si
fecero subito vedere Giacomo e la sua banda, scoppiati a ridere
come dei deficienti.
Tommy, vedendomi più strano del solito, mi prese di peso e mi
portò in una delle stanze in fondo al bagno, chiudendo la porta
solo quando ci raggiunse Jace.
“È un idiota, non vale la pena usare le Virtutes contro di lui.
Lascialo perdere.” disse l’ultimo arrivato, schioccando le dita.
Non riusciva a stare fermo nemmeno in un momento come
questo.
“Giuro che gli farò abbassare la cresta prima o poi.”
“Non merita le nostre attenzioni. Tu piuttosto, vedi di trovarti
una nuova maglietta che il prof ci sta chiamando.” chiosò
Tommy, abbandonando la stanza assieme ai due.
Sapevo che, da quando lo avevamo rimpiazzato, lui ce
l’aveva a morte con noi, ma farci scherzi di questo calibro era da
squilibrati, appresso la sua banda di casi umani. Mi tolsi la
maglietta e mi misi vicino a una finestra. Poi evocai il fuoco e la
asciugai velocemente, mettendola addosso. Uscii dalla stanzetta e
vidi che il bagno era allagato, come ci si poteva aspettare. Mi
concentrai e misi una mano davanti a me, immaginando che
l’acqua che stava sul pavimento si alzasse e ritornasse su per i
rubinetti, tranne una piccolissima parte che misi nella sacca di
Giacomo. Feci in modo che rimanesse bolla fino a che non
aprisse lo zaino e gli cadesse addosso, piccola vendetta. D’altro
canto se non si utilizzavano le Virtutes per punire i cattivi, cosa
bisognava fare, tenerle sepolte dentro di sé? Sentii Frollari urlare
il mio cognome, quindi mi sbrigai, compiaciuto, e mi catapultai
in palestra, dove trovai gli altri seduti in cerchio.
Al centro c’era un ragazzo alto, non dimostrava più di 21
anni, con un frisbee in mano.
“Bene Lanza, finalmente ci ha degnati della sua presenza. Stavo
cercando di dire che avremo il privilegio e onore di avere un
tecnico federale che insegnerà Ultimate Frisbee per l’ora e mezza

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che vi rimane. Detto questo, finalmente posso passare la parola a
Federico, qualche cosa da dire, Lanza?”
Si levarono delle risatine dal gruppo di Giacomo e Aurora, tanto
per cambiare.
“Nossignore. Mi scuso per il ritardo, non succederà più.”
“Ciao a tutti, io sono Federico, gioco in serie A per la squadra
del Padova. Fate un giro di nomi?” mi soffermai un secondo a
vederlo mentre mi sedevo vicino a Jace. Portava un bellissimo
cappello da spiaggia, marrone, e la divisa della società. Volevo
avere anche io la sua convinzione che l’estate non fosse finita.
Tutta la classe si presentò e Frollari ci lanciò dei frisbee
addosso, in modo che li prendessimo. Balzai in piedi e lo presi al
volo senza alcun problema, come stranamente fecero Zhalia,
Jace e Tommy. Per un attimo ci guardammo intorno sbigottiti,
sperando che anche altri facessero come noi, ma la risposta fu
negativa. Una buona parte della classe li prese in testa e la
restante non fece nemmeno lo sforzo di alzarsi.
“Voi 4, come vi chiamate?” ci chiese Federico, togliendosi il
cappello: “Avete dei buoni riflessi.”
“Siamo Zhalia, Andrea, Jacopo e Tommaso.” disse la ragazza
senza respirare, indicando ciascuno di noi.
“Alzatevi pelandroni! Qui si lavora!” urlò il tipo, poi si soffermò
di nuovo su di noi. Il profilo basso che cercavamo di tenere era
appena salito alle stelle. Non era da persone normali alzarsi e
prendere un disco in meno di due secondi, nemmeno per
qualcuno allenato. Ci scambiammo un’occhiata nervosa e pregai
che qualcuno dicesse qualcosa per distogliere il suo sguardo su di
noi.
“Bene ragazzi…”
Ci mostrò come impugnare il frisbee per tutti i diversi
lanci, almeno i più importanti, che in totale dovevano essere 4. Il
suo tono era divertito, si vedeva che insegnare gli piaceva,
soprattutto a un branco di incapaci come noi, ci voleva
illuminare la mente.

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“Tu biondo, al centro” Federico aveva indicato Jace, il quale,
quasi ammutolito, si diresse dove gli era stato detto.
Incominciarono a tirare e subito si vide che il nostro amico era
particolarmente bravo, faceva dei lanci perfetti senza che si fosse
mai allenato. Federico si fermò, ignorando completamente il
disco che gli sfrecciava vicino.
“Hai mai giocato ad Ultimate?”
Alla domanda Jace girò lo sguardo nella nostra direzione,
era spaventato, capivo che non sapeva cosa rispondere. Feci il
gesto di suonare la chitarra e mimai con le labbra “giochi con
noi”.
“Gioco con i miei amici al parco.” Mi tirai uno schiaffo sulla
faccia, esasperato. Era una frana a mentire, contavo che la
Trasformazione portasse con sé anche una maggiore scioltezza
nel dire bugie a fin di bene, ma evidentemente mi ero sbagliato.
“E questi amici sarebbero quelli che si sono alzati prima? Aldo,
Giovanni, Giacomo e Kiss me?”
“Si, mi alleno con loro.” disse, cercando di mascherare la specie
di imbarazzo tremolante che aveva nella voce.
“E sei arrivato a questo livello da autodidatta?”
Non capivo quale fosse il suo obiettivo, farci ammettere che
avevamo già giocato forse?
Tommy gli venne in soccorso, raccogliendo il disco e
facendolo girare veloce sul suo indice: “Possiamo lanciare per
favore? Dopo, se ha bisogno di spiegazioni, gliele daremo senza
problemi.”
Incominciò a scambiare con me, sotto gli occhi increduli di
Federico. Jace si mise a lanciare con Lorenzo, un nostro
compagno di classe, e Marie prese il braccio di Zhalia. Lei sorrise
e si girò verso di me, sentii la sua voce nella mia testa: “State
attenti.”
“Ehi romanticone, vieni a lanciare.” disse Tommy, tirando il
frisbee direttamente nelle mie mani. Diedi uno sguardino veloce
all’intera palestra, tranne noi 4, nessuno riusciva a fare un

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passaggio corretto. Una ragazza, Michela Bionde, finì in
infermeria dopo aver ricevuto una botta sui denti, causata da un
tiro un po’ troppo forte da parte della sua compagna, Julia
Violin.
Il prof fece finta di niente e continuò a restare vicino alla
cattedra. Federico faceva zig-zag tra noi, parando i dischi che gli
arrivavano addosso con nonchalance, come se fosse una cosa
che faceva tutti i giorni. In effetti, lo era.
Ci disse di fare 20 passaggi di fila, io e Tommy li
facemmo in 1 minuto, senza fare un errore di postura e farlo
cadere. Non riuscivamo a sbagliare, nemmeno se ci
impegnavamo al massimo, volevo con tutto me stesso mantenere
un profilo basso, ma quello che sentivo non era normale. Tutti i
miei muscoli erano tirati, i sensi al massimo per captare ogni
singolo movimento esterno. Era come se il mio corpo si fosse
messo a comandare la mia mente.
“Potrei parlare con voi 4 in privato? Tu, maglietta bianca” indicò
Marie: “Lancia con una coppia a tua scelta.” disse Federico,
prendendo le distanze da tutti e portandoci sulle gradinate,
assieme al prof.
“Adesso mi spiegate cosa avete fatto per diventare così bravi,
avete giocato per qualche squadra?”
“Noi no... ci alleniamo quando finiamo di suonare e abbiamo
bisogno di un minuto di pausa.” puntualizzai, con tono sicuro; a
differenza di Jace, mentire mi veniva spontaneo, allenato da
quando avevo 8 anni.
“Io mi sono allenata con i Bulls di Brescia per tre anni, non so se
ti ricordi di me, giocavo nell’under 17.” disse Zhalia, sorridendo.
Ci girammo verso di lei sbalorditi e soffocò una smorfia divertita:
“Non ve lo avevo mai detto?”
“Avevi come allenatore Gigi?”
“Assieme alla Princi e al Griso.”
Ok, ero veramente confuso. Non parlava volentieri della
sua vita prima di trasferirsi, e in effetti non l’ho mai sentita

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accennare al frisbee, ma solo al tennis. E dopo dicono a noi
maschi che siamo complicati.
“Come hai detto che ti chiami, ragazza?”
“Zhalia Montin”
“Bene Kiss me, sei il nuovo capitano della squadra del Dumas.
Aspetto tutti quanti al gruppo sportivo. Non sono accetti no o
scuse del genere.”
Andò a correggere i miei compagni e ci lasciò soli, magari per
farci riflettere sulla sua offerta. Per quanto potei vedere, non ero
l’unico che non sapeva come atteggiarsi alla situazione.
“Siamo nella melma fino al collo.” disse Tommy
“Non ancora. Pensa a quando dovremo fare i 100 metri piani,
prima ho dovuto quasi camminare per riuscire a starvi dietro.”
rispose Jace, facendo schioccare le dita delle mani, ancora, non si
era stancato.
“Adesso andiamo a lanciare, si stanno chiedendo che cosa
facciamo qui.” tagliò corto Zhalia per poi raggiungere Marie.
Notai che stava giocherellando con il suo braccialetto, era
parecchio nervosa.
“La continuiamo a vedere brutta.” disse Tommy.
“Dobbiamo scoprire a tutti i costi quello che ci sta succedendo.
Andrea sei d’accordo? Andrea? È innamorato.” Jace alzò gli
occhi al cielo e mi schioccò di nuovo le dita davanti alla faccia,
facendomi trasalire: “Cosa?”
“Scendi dal tuo balcone Lanza.”
“Eh?”
A volte mi capitava di essere talmente immerso nei miei pensieri
da non accorgermi di ciò che mi accadeva, non realizzavo che
cosa stesse succedendo.
Scendemmo le scale, andando a lanciare di nuovo, questa
volta stando un pochino più attenti a quello che facevamo. Mi
sentii delle mani sulla schiena che mi abbracciavano da dietro, un
tocco diverso, mancavano i calli del pollice. Mi scansai subito e
purtroppo vidi che non era stata Zhalia, ma Aurora.

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“Dai Andy. Insegnami a lanciare:”
“Non credo di essere la persona giusta” mi irrigidii all’istante.
Zhalia si girò verso di me e mi vide con Aurora di nuovo
appiccicata addosso, mi squadrò da testa a piedi e girò lo sguardo
da un’altra parte. Eravamo solo all’inizio della giornata e già non
ne potevo più.

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SIAMO I PROTAGONISTI DI UNA
TRAGEDIA LATINA.

Dopo le straordinarie abilità fisiche che avevamo scoperto di


avere, Frollari ci portò in classe, dove ci aspettava la ricreazione
e poi Latino, tenuto dal vicepreside Riccardi. Parlammo un
attimo di quello che ci era capitato, come tutto, anche quello
era molto strano, compivamo movimenti perfetti senza aver
mai giocato, Zhalia era un caso a parte. Più tentavamo di tenere
un profilo basso, più ci distinguevamo dagli altri, era qualcosa
che non ci potevamo minimamente permettere. Nonostante
fossero passate delle ore, la temperatura gelida rimaneva, il
prato era ancora ghiacciato, per cui andammo al bar a prendere
un caffè, per tentare di sembrare delle persone normali. Ma
anche lì, tutti i ragazzi che c'erano erano differenti,
sembravamo degli atleti olimpici, ognuno con un fisico
perfetto, da modelli. Avevamo avuto un cambiamento fisico
non da poco, nell’ultimo mese.
Jace era seduto di fianco alla finestra e controllava fuori
un autobus che passava, era assorto nei suoi pensieri,
similmente a Tommy. A mie spiegazioni, alzò gli occhi al cielo

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e disse: “C'è qualcosa di strano nell'aria, come se mancasse
ossigeno.”
“Siamo dentro un caffè affollato, credo sia normale.” fu la
risposta della ragazza.
“Hai ragione.” disse lui, alzandosi. Aveva visto l'ora e si diresse
verso la nostra classe.
Quando il professore arrivò in classe, calò il silenzio più
totale, solo evocare quel tiranno ci faceva diventare muti come
pesci. Ci disse di unire i banchi per un lavoro di gruppo, più
precisamente traduzione, troppo difficile per una sola persona.
Quindi io e i miei amici unimmo le nostre postazioni, non
esisteva che qualcuno di noi venisse separato dagli altri.
“Come ben sapete, Cesare viene considerato uno dei più grandi
condottieri della storia, nella sua campagna contro i Galli, per
esempio, non si fermò davanti a nulla pur di vincerli.
Quest'oggi ogni gruppo avrà una traduzione diversa e poi vi
dovrete organizzare per recitarla. Sarà oggetto di voto del
primo quadrimestre.”
Non ci potevo credere, dovevamo tradurre e fare poi teatro.
Un Lanza si sarebbe vergognato di farlo.
“Dai Ale sarà divertente.” mi disse Zhalia, mi aveva letto la
mente forse o bastava capirlo dalla mia faccia.
“Come mi hai chiamato?” dissi.
“Ale.”
Vedendo la mia faccia desiderosa di spiegazioni, decise di
darmele: “Andrea Lanza, Ale, dimmi che hai capito.”
Annuii distratto, stranamente mi piaceva.
“Chidera, vai nel gruppo di Lanza e Dan; manca la seconda
femmina.”
La voce del prof mi svegliò dalla trance dei miei pensieri,
facendomi sbuffare. Ci mancava qualcuno che non fossimo
noi, dovevamo stare attenti a quello che dicevamo, non
aspettavo altro, e con me anche gli altri maschi.
70
In quanto femmine e amiche, Marie e Zhalia si
scambiarono uno sguardo complice e Riccardi ci passo il
nostro compito. Era una tragedia in latino.
Leggendo a mente l'introduzione, capii che si trattava di un
atto importante, Cleopatra e Marco Antonio erano stati beccati
come amanti e gli altri generali, come Giulio Cesare, erano
infuriati della cosa.
“Fattibile.” disse Tommy: “Io mi prendo Marco Antonio,
Marie Cleopatra, Zhalia l'ancella che si fa Giulio, Andrea
Cesare e Jace fa il narratore, ci state?”
“Fermo! Lo voglio fare io il narratore.” dissi, non mi andava
per nulla di recitare.
“No, non si accettano cambiamenti. Adesso leggete e traducete
la vostra parte.” chiosò lui, mettendo gli occhi sul suo foglio.
Non mi lasciò altra scelta che iniziare a tradurre. Con la coda
dell'occhio vidi Marie che faceva molta fatica. Noi non
avevamo nessun problema ma tutti gli altri si. Sentii anche
Giacomo e Aurora lamentarsi di quanto fosse difficile, quindi il
prof parlò.
“Va bene, va bene. Il teatro lo fate solo con la traduzione che
vi darò alla fine della prima ora, se non siete riusciti a tradurla.”
“Ma allora che senso ha…” disse Marie, venendo rassicurata da
Tommy: “Fai del tuo meglio, sono certo che tu c'è la possa
fare.”
Lei sorrise, raggiante, era la prima volta che lo vedevo proferire
parola con una ragazza che non fosse Zhalia o Aurora.
Jace mi tiro una gomitata, aveva notato anche lui quella
cosa, e cercò di mascherare la sorpresa mettendo gli occhi sul
foglio. Dopo quella che sembrò un'eternità, fini di tradurre
tutta la mia parte, la trovai anche abbastanza semplice, solo la
parte di Jace era complessa, essendo il narratore. Zhalia aiutò
Marie ma venne interrotta da una comunicazione della preside
venuta fuori dall'altoparlante della nostra classe.
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“Gli alunni Montin, Dan, Lanza e Costa sono pregati di recarsi
in Presidenza.”
Esattamente il profilo basso che volevamo tenere. Si
sollevarono alcuni risolini dagli altri gruppi, che cercai di
ignorare al mio meglio, cosa non difficilissima da fare.
La Preside era assieme a Federico, il tipo del frisbee, e Frollari
ad aspettarci.
“Ragazzi!” ci accolse con un sorriso a 32 denti: “Entrate
dentro! Volete un caffè?”
“Grazie mille.” disse Jace, sedendosi per primo. Guardò Zhalia,
forse aveva capito le intenzioni di tutti loro.
“Abbiamo bisogno di voi nella squadra della scuola ad un
torneo con le altre scuole rivali.” disse la Preside: “Avete bonus
come presenza fuori aula, entrata posticipata senza ritardo e
voti alzati.”
“Un no non è accettabile come risposta, come già detto.”
aggiunse Frollari per poi passare la parola a Federico.
“Ragazzi, siete molto bravi. Si tratta solo di fare un
allenamento alla settimana al posto delle due ultime ore del
venerdì.”
“Siamo pronti a cambiare il vostro orario per farvi partecipare,
vi chiediamo di prendere il vostro impegno e di portarlo a
termine per favore.”
“Credo di poter parlare a nome di tutti” iniziò Zhalia: “Saremo
onorati di poter partecipare per la scuola ma ad una
condizione, che sia l'unica attività extrascolastica a cui
dobbiamo partecipare.”
“Avete la nostra parola.” disse la Preside.
“Va bene allora.” chiosai io, aspettando un cenno per tornare
in classe.
Nel corridoio passammo per l'enorme palestra, vuota,
non c'era anima viva, era bellissima. Ci fermammo sui gradoni
per non tornare subito a far latino.
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“Non l'avete trovata un po' troppo semplice quella versione?
Come se l'avessi già letta e tradotta in precedenza.” disse, gli
occhi viola. In che modo stava usando le sue Virtutes?
“Ho avuto questo sospetto anche io.” concordò Jace, anche lui
con gli occhi color ghiaccio. Di istinto mi girai a vedere
Tommy, gli occhi verdi sostituiti dal nero. Tirai fuori il cellulare
e vidi l’ora, era mezzogiorno, assieme al mio riflesso, avevo le
iridi rosso fuoco. Che cazzo stava succedendo? Zhalia perse i
sensi, seguita a manetta dagli altri, un secondo dopo anche da
me.
Tutto era buio, l'unica fonte di luce era una candela che
cercai di dominare ma non ci riuscì, ero come uno spirito
passavo dentro i muri. Tra le ombre venne fuori Tommy,
vestito con un'armatura d'oro che poi tolse, rivelando un corpo
da bodybuilder, perfetto. Era in compagnia di una donna di
colore, tremendamente simile a Marie.
“Tommy!” urlai, ma dalla mia bocca non uscì alcun suono.
“Vi stavo aspettando generale. Avete novità sulle strategie degli
altri eserciti.”
“Per ora no, vostra eccellenza.”
“Ottimo, non andartene via da me per così tanto tempo. Non
lo riesco a sopportare.”
“Glielo giuro, mia Regina.”
Tommy e Marie si buttarono sul letto giocando con le abilità di
lui poi tutto diventò sfocato senti le urla di una bambina e il
ruggito di una belva, sembrava in un'arena, con migliaia di voci
che facevano da sfondo, raccapricciante.
Alle 12.01 ero in piedi davanti ai gradoni con gli altri
parecchio spaesati, la mia stessa reazione in realtà.
“Questo pomeriggio ne dobbiamo parlare. Assolutamente.”
disse Tommy, il viso buio. Chissà se aveva visto quello che
avevo visto io, speravo per la sua salute mentale di no.
“Torniamo in classe” disse Zhalia: “La mia era molto simile a
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quella di Marco Antonio e Cleopatra.”
“Anche io.” annuii, per poi partire. Al nostro arrivo Riccardi
aveva già dato la traduzione agli altri e lessi velocemente di
nuovo la mia parte, erano le parole che avevo sentito dire. Le
capii tutte però, anche se erano state dette in latino, il mio
cervello le aveva automaticamente tradotte in Italiano.
Impressionante.
“Ora che avete la traduzione dovreste riuscire a fare il teatro
senza problemi. Ricordo che sarà tutto valutato.”
“Ci mancava solo questo.” sussurrai.
“Forza! Fate subito le prove!” la voce di Riccardi mi
incominciò a dare sui nervi.
“Dai che sennò ci ammazza.” disse Marie.
“Gli posso dare fuoco semplicemente schioccando le dita.”
dissi, ricevendo un'occhiataccia da parte dei miei amici.
“Come no fiammifero, abbassa la cresta e torna a fare il tuo.
Voglio un bellissimo voto.” disse Zhalia pregandomi con lo
sguardo. Forse mi ero spinto un po' troppo oltre.
“Chiedo scusa.” dissi.
Mi toccava fare un Giulio Cesare geloso e che si faceva
l'ancella della regina, quelle cose erano troppo strane per essere
state vere. Ripetei alcune frasi a bassa voce, con molto pathos,
per quanto fosse brutto quel lavoro, letto con enfasi era
toccante. Potevo sentire benissimo la vendetta di Cesare, era
molto simile a me, bello, alto, muscoloso, leader nato. Sarebbe
stato un figlio onorevole per mio padre.
“Ehi, ti sento molto pensieroso, c'è qualcosa che non va?” mi
chiese mentalmente.
“Beh, quello che ho visto è quasi identico alla versione, non so
se dire che sono spaventato o no.”
“Ti capisco, ci stavo pensando anche io, ma è qualcosa che
dobbiamo solo accettare. Non credo ci siano gli uomini
incappucciati al controllo della nostra scuola. Sarà stato il
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nostro subconscio che avrà collegato le due cose.”
“Ti vorrei dare ragione, ma non posso. Mi sembra tutto troppo
strano.”
“Bene ragazzi. Rossetto, parte il tuo gruppo.” urlò il
professore. Aurora e Giacomo fecero un'esibizione piena di
risolini e per nulla seria. Riccardi li mando a posto, incazzato
nero.
“Se qualcun altro fa così, vi posso giurare che non verrà
ammesso agli esami di fine anno.”
Il nostro gruppo fu l'ultimo, quando ci alzammo
sentimmo commenti poco appropriati su di noi, che però il
prof non fermò, troppo impegnato ad appuntarsi qualcosa sul
suo registro. Jace partì con l'introduzione diventando poi uno
dei generali aspettavo la mia entrata in scena.
“Ci hanno tradito, l'impero è stato messo da parte sbattere un
pugno sul tavolo da oggi non ci sarà più alleanza fra Roma e
Egitto.”
“Se posso permettermi, signore, non credo che sia una cosa
appropriata, lei lo ha scoperto, Marco Antonio non sa ancora
nulla.” disse Zhalia.
“Schiava, perché parli? Non porti rispetto alla tua regina?”
“Il mio servizio va all'Egitto. Lei non sta facendo la scelta
giusta.”
Tommy venne fuori ed entrò in scena: “Mio signore, Cesare,
l'Egitto ci vuole dichiarare guerra.”
“Vai a chiamare la tua padrona, schiava.” la mandai con un
gesto della mano, arrivò Marie.
“Mi avete chiamato, Cesare?”
“Che ne stata dell'alleanza che avevamo deciso?”
“Cesare, ci sarà finché morirò.”
“Marco Antonio, accompagni la regina nelle sue stanze. Mi fa
piacere che il nostro accordo sia ancora valido.”
Eravamo ancora pronti a continuare, ma il professore ci fermò
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applaudendo: “Perfetto, dieci a tutti.”
Sorrisi, soddisfatto, era bastato così poco, ma feci l'errore di
guardare Tommy negli occhi. Era completamente immerso nei
suoi pensieri, qualcosa non andava.
Con matematica non ci fu molta occasione di parlare, il
prof spiegò le derivate composte, nulla di che preoccuparsi, ma
erano cruciali per il prossimo parziale.
“Dobbiamo andare ancora al Covo, questa cosa non deve
passare liscia.” disse Tommy, mettendo via le sue cose.
“Va bene, chiamo che non ritorno a casa, per fare le prove.”
esclamò Zhalia, era anche tempo di prove, ormai andavamo al
Covo solo per l'altra parte, non quella degli strumenti.
Preparai una pasta veloce e solo dopo, a stomaco pieno,
iniziamo a parlare di quello che avevamo visto.
“Quali visioni avete avuto?” domandò Tommy serissimo; il suo
tono mi sorprese.
“Ero in mezzo ad un combattimento tra noi e alieni, poi un
giuramento. Era tutto molto sfocato.” sussurrò Jace, come se
quello appena detto lo potesse far tornare indietro.
“Quale giuramento?” dissi, guardando dopo Tommy.
“Non me l'hanno detto” disse Jace, mortificato. Il biondo
aveva lo sguardo fisso su di Tommy.
“Niente, ho solo fatto il giro di una foresta.” disse Tommy,
impassibile.
Con la coda dell'occhio vidi Zhalia strabuzzare gli occhi
e guardare in giro per mascherare la sorpresa. Ebbi la conferma
che stesse mentendo, ma non ne capivo il motivo.
“Lali, tutto bene?” chiese Jace scrollandole la spalla.
“Si. Ho avuto un piccolo blackout.” guardò Tommy, che tenne
gli occhi bassi. Aveva intuito che lei sapeva.
“I nostri noi hanno fatto un giuramento, di aiutarsi sempre con
qualsiasi mezzo. Adesso dici che cosa ti turba.” dissi io,
sperando che quello che avessi appena detto fosse la verità.
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“Il me si è innamorato della Marie, che dovrebbe essere la figlia
del Dominator, però non so che cosa sia. Penso avessero
giurato di disprezzare lei e il padre, invece lui se n'è
innamorato.”
“Comunque sia, dobbiamo scoprire assolutamente tutto voglio
avere il controllo della mia vita.” aggiunse Jace, aprendo un
pacco di patatine. Aveva la scorta segreta in una stanza del
Covo?
“E come facciamo? Sappiamo meno di zero in questo
momento.” esclamò Zhalia.
“Hai ragione, però ogni passo che facciamo sappiamo meno di
prima.”
Ognuno si sedette sul proprio puff e incominciò a
giocare con le proprie Virtutes, un riflesso incondizionato che
avevamo quando eravamo parecchio nervosi, poi Tommy ci
interruppe, prendendo il suo quadernetto nero dalla cartella. Lo
avevo visto tirare fuori molte volte, era quello in cui scriveva le
cose che scopriva sui suoi genitori.
“Cerchiamo di dare un filo logico a quello che ci è successo.
Jace incomincia tu.”
“Ehi, sono io lo psicologo del server. Non rubarmi il lavoro.”
scherzò lui.
“Vuoi fare il serio una volta nella tua vita?” Il sorriso di Jace
scomparse, odiavo quella parte di Tommy.
“Erano due visioni. In una c'era un me in volo intento a
combattere qualcuno di strano, alieno direi. Nella seconda
visione eravamo noi 4 dentro un'arena e stavamo combattendo
dei leoni. Ora, per noi tutti va benissimo ma lei cosa c’entra?
Non ci sono i combattimenti tra donne.” disse lui.
“Mi stai dicendo che sono un errore?” disse Zhalia.
“Se siamo tutti maschi, ci sarà un motivo.” rispose Tommy,
incrociando le braccia: “Non ti sto incolpando ma a me pare
strano fin dal primo giorno.”
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“Smettila!” disse Jace, prendendo le sue difese prima ancora
che io potessi controbattere: “No Lali, se fossi un errore non
saresti qui.”
“Lali, bellissimo soprannome” disse lei, sorridendo: “Ce la sto
mettendo tutta per essere all'altezza della situazione,
evidentemente non è abbastanza.”
“Sei una ragazza, basta che ti metti i tacchi.” Jace era
bravissimo a far tornare il sorriso a Zhalia, si mise a ridere,
alleggerendo la tensione nell'aria.
“A proposito, qualcuno si è accorto che le visioni erano
completamente in latino?” dissi.
“Volevo proprio arrivare a questo.” Jace prese il libro di latino
dallo zaino e aprì l'ultima pagina: “Non sono mai stato una
cima a tradurre, e anche Riccardi se ne è accorto, ma adesso
riesco a capire tutto senza il minimo sforzo.”
“Traduciamo con il freno a mano tirato. Può darsi che sia una
cosa temporanea, solo per permetterci di capire quello che ci
sta succedendo.” ipotizzò Tommy.
“Se è vero quello che stai dicendo, ci verranno tolte anche le
Virtutes nel momento in cui non servano più. Però non penso
che possa succedere.” ragionai.
“Il tempo ci insegna che dobbiamo solo aspettare” suggerì
Zhalia: “Ho voglia di suonare i Nirvana.”
Sorrisi, adoravo i nostri pezzi, ed era un bellissimo
modo per svuotare la nostra mente. Provammo per un bel po'
di tempo, fino a che non venne buio fuori, mi senti realizzato.
Avevo degli amici fantastici che non erano solo partner come
pensavo ma persone a cui tenevo davvero, mi sentii realizzato.

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MIA MADRE MI SALVA L’ESISTENZA.

A 18 anni è quasi inconcepibile che qualcuno voglia che tu


viva una vita che non vuoi, ed era proprio quello che mi stava
capitando. La Commemorazione era una festa
importantissima per la mia famiglia, e si stavano assicurando
che non combinassi casini e mandassi tutto all’aria. Da
decenni ogni primo novembre casa mia si riempiva di tutta
l’alta società di Padova ed era oggetto di sfarzo e vanto per i
partecipanti.
Purtroppo per me questo significava solo una cosa:
stare appiccicato a Aurora per tutta la durata della festa, e
avere mal di testa per tutto il mese rimanente. Come
tradizione ci era consentito portare degli esterni, e per
mantenere intatta la mia sanità mentale avevo deciso di
invitare i miei amici. Aspettavo solo il momento giusto per
dirglielo, e arrivò presto, dopo una mezza giornata passata a
suonare.
La musica era per noi tutti uno sfogo e riusciva a farci
stare in pace, avevamo capito che più stavamo assieme, più
riuscivamo a controllare i nostri poteri. Una cosa non da
poco, assolutamente.
“Ragazzi vi devo chiedere una cosa.” dissi. Tutti stavano
bevendo, quindi era il momento perfetto.

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“Dicci.” disse Jace.
“Il primo novembre siete tutti invitati a casa mia.”
“Ma è tra due giorni.” sussurrò lui.
“Eh lo so, ma se non venite sono in guai seri.”
Zhalia mi guardò, l’espressione neutra: “Va bene, Come ci
dobbiamo vestire?”
“Eleganti, più costa il vostro outfit più piace.” Frase azzeccata
al contesto.
“In che senso, devo vestire di marca?” mi chiese, annuii.
Scosse la testa: “Non fa assolutamente per me, grazie
dell’invito ma no.”
Guardai Tommy, cercando supporto. “È un'occasione
molto speciale per la sua famiglia, gli farebbe molto piacere se
partecipassimo tutti.”
“Tommy, forse non hai capito. Vengo da una famiglia che fa
fatica ad arrivare a fine mese, lì saranno presenti tutti i ricconi
di Padova, non mi voglio sentire fuori posto.”
“E non ci venire, chi ti vuole” sbottai arrabbiato: “Se ti devi
fare tutti questi problemi per una festa, non ci venire.”
“Andrea, stai esagerando.” disse Jace, alzandosi in piedi.
“Se mi devo creare problemi per una che non vuole venire, no
grazie. Ho altre cose a cui pensare.”
Zhalia prese le sue cose e andò fuori dalla porta, nel
bel mezzo delle prove. Mi diede molto fastidio, doveva fare
storie solo perché si sentiva diversa, la reputai profondamente
immatura.
“Potevi andarci un po’ più piano con lei.” disse Jace.
“Me non me ne frega nulla, se vuole bene, se no cazzi suoi.”
Lo sapevo benissimo che in realtà io avevo bisogno di lei per
non stare sempre con Aurora, soprattutto al ballo, ma
l’orgoglio aveva giustamente prevalso.
“Ti sembra modo di parlarle.” riprese lui.
“Non ti ci mettere anche tu. Quello che è fatto è fatto.”
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“Stiamo litigando per una cavolata del genere, basta” chiosò
Tommy: “Non ha il minimo senso. Andiamo alla festa senza
di lei.”
Jace scosse la testa e poi non disse più nulla. I due
giorni seguenti furono molto tranquilli, i miei amici erano
schivi tanto da tenere le distanze l’uno dall’altro, Zhalia non si
fece più sentire, non la vedevo nemmeno a scuola, i
professori ci chiedevano dove fosse, e nessuno di noi sapeva
dare una risposta. Tutto fino al giorno della
Commemorazione.
L’enorme salotto di casa mia era completamente
addobbato di bianco, sui tavolini c’erano bottiglie di ogni tipo,
champagne, prosecco etc, non meno di 50 euro ciascuna. Ero
nella mia stanza quando sentii bussare alla porta, era mia
madre.
“Andrea, ti ho portato il vestito.”
“Grazie mamma.” Le diedi un bacio veloce e andai a
cambiarmi.
Mi guardai allo specchio, mi donava da morire.
“Sbrigati che se no fai tardi.” Tommy apparve vicino al mio
letto.
Lo guardai, sprezzante. Lo sapeva che odiavo quando
appariva dal nulla.
“Non sai quanto darei per andarmene via in questo
momento.”
“Peccato che non puoi. Adesso non ti preoccupare di quello
che succede.”
Spensi le casse, stavano trasmettendo Lightbringer dei
Pentakill. Mi sarei volentieri messo a giocare a League of
Legends piuttosto di scendere giù alla Commemorazione,
dovevo cercare un modo per andarmene via il prima
possibile.
Uscii dalla stanza e mi diressi verso il salone, seguito
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da Tommy. Venni accolto da tantissime persone che non
conoscevo, tutte a farmi complimenti e ad elogiarmi, poi
venni travolto da una strana presenza. Purtroppo sapevo chi
fosse.
“Andy finalmente sei arrivato! Ti stavo aspettando.” disse
Aurora, la voce mielosissima.
Quello era il mio mondo, il mio momento, eppure mi
sentivo così estraneo. Mi prese il braccio e mi portò al suo
tavolo, facendomi sedere.
“Perché quel muso lungo… non sei felice di stare con me?”
“Certo, come non esserlo…” sperai con tutto me stesso che
captasse il sarcasmo nella mia voce, ma così evidentemente
non successe. Si aggrappò ancora a me e mi baciò la guancia.
Cercai il sostegno di Tommy ma non lo vidi in giro, forse con
la sua invisibilità era scappato via, avrei dato i miei milioni per
avere le sue Virtutes. Vidi mio padre parlare con i genitori di
Rebecca, e mia madre prendere lo spritz con una persona che
avevo già visto.
Mi alzai dalla sedia con la scusa di dover prendere del
prosecco e andai in mezzo alla folla, dove nessuno mi poteva
riconoscere. La mia meta era l'uscita, volevo andarmene di lì
al più presto. Sentii vibrare il mio orologio e presi il telefono,
Jace mi stava chiamando.
“Pronto?” risposi.
“Sono alla porta, non mi fanno entrare in casa.”
Corsi all'entrata e aprii la porta, sotto le proteste dei
buttafuori.
Non era possibile. Non solo c’era lui, ma anche Zhalia.
La fissai, imbambolato. Non doveva venire dopo
quello che le avevo detto.
“Non ti abituare Lanza, sono venuta per fare un favore a Jace.
Non ho intenzione di stare con te.” sentii la sua voce nella
mia testa, e mi meravigliai.
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Ah già, vero. Lei.
Li invitai in casa e li accompagnai in salone. Il ragazzo
era vestito in giacca e cravatta, lei in un vestito aderente e
lungo, adatto alla serata.
“Certo che ti potevi vestire un po' meglio.” la punzecchiai.
“Mi scusi signor Versace, la prossima volta vado a spendere
tutti i miei risparmi per un vestito.”
Insieme a Jace andò al buffet, lasciandomi da solo.
Cercai con lo sguardo Jace, ma non lo vidi da nessuna
parte, quindi andai al buffet a cercarlo. O meglio provai, dato
che una presenza appiccicosa fece la sua comparsa.
“Andy, ho preso da bere per entrambi, andiamo a sederci al
tavolo.”
Cercai di dire di no, ma in quel momento mi passò mio padre
vicino. La sua espressione non ammetteva repliche, dovevo
andare con la sanguisuga.
Lei più felice di un bambino con le caramelle, io afflitto come
una gabbianella con le ali ricoperte di petrolio. Non era
possibile che dovevo stare con lei tutta la serata, la mia sanità
mentale stava lentamente andando a farsi fottere. Non
aspettavo altro, veramente.
“Smettila con quel muso lungo e vieni in pista a ballare.”
Mi prese il braccio e mi trascinò al centro della sala; a dire la
verità, non si era mai staccata da me.
Come musica stavano facendo un lento, giusto per far
ammassare le coppiette felici, avrei pagato oro per non sentire
tutta l’atmosfera. Quindi un’idea mi balzò per la mente,
dopotutto, le Virtutes mi erano state donate per combattere il
male. Aurora era la regina dei mali. Immaginai che, mentre
sbattevo verso di lei, le si bagnasse il vestito, come se avessi
avuto in mano un bicchiere di acqua. Così accadde, lei urlò e
scappò via dalla pista, lasciandomi da solo. Finalmente potevo
un pochino respirare.
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Attraversando la porta sul retro andai in giardino,
dove mi stesi sull’erbetta. Guardai l’orologio, il tempo era
volato. Il mio sguardo si rivolse verso il cielo, c’era il
tramonto che dava al paesaggio una nota romantica. Chissà se
Leopardi, mentre scriveva il suo infinito, contemplava il
tramonto, oltre alla sua collinetta.
“Sono sicura che lo avesse fatto.”
Mi girai di scatto e vidi Zhalia davanti a me, solo allora la vidi
meglio, illuminata dalla Luna. Il vestito che aveva addosso le
stava benissimo.
“Smettila, lo sai che mi dà fastidio.” Odiavo quando usava le
sue Virtutes e mi entrava nella mente.
“Mi scuso tanto Signor Versace, non ho resistito” sorrise lei,
sarcastica: “Non vorrei dire a Aurora dove sei, sono sicura
che ti starà cercando.”
“Provaci e ti rendo la vita un inferno.”
“Siamo molto suscettibili oggi.” Era bravissima a farmi salire
il nervoso ad ogni parola.
“Non sto scherzando.” dissi.
Si avvicinò a me e mi guardò in tono di sfida:
“Sempre il primo a fare il bulletto con gli altri, eh Lanza? Però
quando ti senti minacciato sei il primo a scappare.”
Scappare...? Per chi mi aveva preso sta cretina?
“L’unica a scappare qui sei tu. Sei un pericolo vagante, non ti
rendi conto di quello che potresti farci e continui a starci
vicino, complimenti.”
La sua espressione mutò completamente e mi sentii
estremamente soddisfatto di me stesso, mi voleva ferire e io
avevo girato il coltello dalla parte del manico, molto astuto da
parte mia.
Però forse avevo esagerato un po’.
“Quando smetterai di essere così tagliente scrivimi, per me
noi finiamo qui.”
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Fantastico, i miei buoni propositi per smetterla di fare
lo stronzo si erano appena infranti.
“Zhalia aspetta, non intendevo dire quello. Scusami.”
“So benissimo che cosa intendevi dire. Fammi andare via.”
Mossi la gamba per andare verso di lei, ma mi fermai
immediatamente, vedendo un’ombra viola nei suoi occhi.
“Se fai un altro passo verso di me, ti blocco.” il suo tono era
piuttosto arrabbiato.
“Ho sbagliato, ti devo ringraziare soltanto per essere venuta
alla festa.” Le donne erano proprio strane.
“Quando ti senti minacciato fai passi indietro, purtroppo con
me non funziona.”
Forse avevo un tantino esagerato e mi meritavo di essere
trattato così, ma non a casa mia. Le regole lì le facevo io, fino
a prova contraria.
Il mio orologio segnò un cambiamento repentino di
battito, e me lo disse vibrando. In quel momento doveva stare
solo vicino a me, non ci doveva essere distanza. Sentii una
brezza familiare che passava tra i miei riccioli, guardai la mia
mano destra. Potei riconoscere anche il colore, azzurro, che
giocava tra le mie dita. Fuoco e acqua… e se non fossero state
le mie uniche Virtutes? Forse c’era molto di più da scoprire su
di me.
Strappai un movimento verso di lei e me la trovai addosso,
spinta da quel vento azzurro che potei visualizzare nella mia
mente.
Lei stupita, io soddisfatto.
“Lasciami andare!” mi urlò.
“Fuoco, Acqua e Aria sono gli elementi, avrei dovuto capirlo
prima.”
Mi guardò, poi cercò di allontanarsi da me, non mi ero
accorto che la stessi abbracciando.
“Scollati.” disse, fredda.
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Sospirai.
“Guarda che ti sento.”
“Ho l’impressione che diventeremo grandi amici.” dissi,
ridendo. Ero troppo contento dal nuovo potere che mi
scordai completamente dei miei comportamenti passati.
“Non esserne così sicuro, Andrea.”
“Mi hai chiamato con il mio nome!” Incredibile, Miss
Ghiaccio si era appena sciolta.
“Non ti ci abituare, Lanza. Non vorrei che dopo ci restassi
più male del solito.”
“Quindi rimani qui?”
“Non ho nulla di meglio da fare.” rispose lei. Voleva sembrare
fredda ma in realtà sotto il rossetto c’era un piccolo sorriso, o
almeno era quello che avevo visto e colto.
“Per fortuna.” pensai, avrei avuto qualcuno con cui stare e
non Aurora, sperando che mio padre non la vedesse.
“Ti stanno cercando dentro, la mia presenza non è ammessa
vicino a te.”
“Grazie, scusa per prima.”
Mi fece cenno di andare e la lasciai in giardino da sola.
Forse mi ero sbagliato sul suo conto, era molto più dolce di
quanto faceva vedere. O forse ero io che non la mettevo in
condizioni di stare bene, non sapevo cosa pensare.
Quando entrai in sala si girarono tutti verso di me, mio padre
mi venne incontro.
“Riprendete a ballare.” disse, poi mi fece cenno di seguirlo.
Mi portò in un angolino sperduto, stranamente deserto.
“Aurora non è per nulla contenta, e nemmeno io. Ti stai
adeguando alla gentaglia che hai a scuola e nel tuo gruppo
musicale.” diede particolare enfasi alle ultime due parole.
“Padre, so benissimo l’incarico che dovrò ricoprire un giorno,
non mi sto adeguando a nulla”
Con lui bisognava soltanto fargli sentire le cose che voleva
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sentire, nient’altro.
“Sei sparito prima, Aurora si è lamentata da me. È forse
questa l’educazione che ti ho impartito?”
“No, ho invitato i miei amici e sono stato un po’ con loro.”
“Non sono gli invitati qui, se ti vedo ancora in giro con loro e
non con Aurora, taglio i fondi con il locale che avete per
suonare la vostra robaccia.”
Mio padre se ne andò da me, lasciandomi con molta
rabbia in corpo, era così ottuso ma così potente, aveva
centrato il punto perfetto per farmi allontanare dai miei amici.
Non potevamo permetterci di perdere il Covo. Andai dagli
interessati, intenti a bere qualcosa assieme a rinfresco.
“Non potete stare qui, appena finisce la festa vi dico”
sussurrai, il morale a terra: “Mi spiace molto.”
“Cose da ricchi che non possiamo capire.” disse Zhalia.
“Smettila, vi spiegherò tutto appena mi fanno uscire.”
“Non c’è nulla da spiegare, togliamo il disturbo.” disse lei,
andando verso la porta.
“Spero tu abbia una scusa buona.” disse Jace, seguendola.
Tommy mi guardò, il drink in mano, la sua espressione era
più indecifrabile del solito.
“Che cosa ha detto tuo padre?” mi chiese.
“Ha detto che devo stare con Aurora, se no ci avrebbe tolto il
Covo.” dissi. A tempo debito gliela avrei fatta pagare.
“Ritorno da Aurora. Tu cosa fai?” chiesi.
“Farò un paio di domande a persone che conoscevano i miei
genitori. Ho un’altra guerra da finire.”
Era da molto che non li nominava, era molto riservato anche
con me, tutte le sue scoperte finivano in un quadernetto che
teneva sempre con sé. Effettivamente la Commemorazione
era un modo anche per conoscere fatti indiscreti, erano
presenti pezzi grossi del Corpo di Polizia e Difesa dello Stato.
Andai da Aurora, scusandomi per averla fatta
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aspettare. La presi per la vita e la portai in un tavolo a bere
con me. Mentre lei parlava da sola, pensavo a quanto bene
volessi al Covo e ai ragazzi per sopportare quel tiranno di mio
padre e quella zoccola di Aurora.
“Andrea, tutto bene? Sei strano.” disse lei.
Faceva troppo caldo lì dentro, iniziai a sudare molto, sentivo i
respiri di ogni persona.
Aurora mi tastò la fronte e ritrasse la mano, spaventata, la mia
temperatura corporea non era mai stata così alta.
“Andiamo in camera.” disse, prendendomi la mano e
facendomi alzare dalla sedia.
“Mai stato meglio.” risposi io, ma alla fine lei mi portò via dal
palco, quindi una cosa buona la fece. Con la coda dell’occhio
vidi Tommy confondersi con le ombre e seguirci.
Aurora si piazzò in camera mia e preparò l’idromassaggio, ma
non serviva, incominciai a non impazzire più.
“Sarà stato solo un attacco di panico, però non ne hai mai
sofferto, vado a chiamare Emilia.” disse lei, lasciandomi solo.
Appena fu certo che Aurora se ne fosse andata, Tommy
apparve, facendomi sussultare.
“Che cosa è successo?” mi chiese.
“Non lo so, ho bisogno di usare le Virtutes. Ho scoperto che
posso controllare l’aria, solo che non so come fare.”
“Di sicuro adesso non puoi fare nulla. Solo aspettare per
andare al Campo Marzio domani.”
“Ne ho bisogno adesso.”
“Andrea sta male.” disse una voce femminile fuori dalla porta,
Tommy si confuse con le ombre ed un attimo dopo
entrarono mia mamma e Aurora, entrambe preoccupate per
me.
“Mamma, adesso non ho niente, prima mi mancava il respiro
perché c’era troppa gente.” dissi, cercando di apparire
convincente.
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“Lasciaci un attimo soli, Aurora, ti chiamo io appena ho finito
di parlare con Andrea.”
Mia mamma l’accompagnò alla porta e la chiuse, poi si
sedette sul mio letto, abbassando il tono di voce.
“Marco ha rovinato tutto, vero? Ti ha detto di stare con
Aurora e di mandare via i tuoi amici?”
“Non ne hai sbagliata una.” annuii.
Mi diede un bacio sulla fronte: “Conosco tuo padre da troppo
tempo. Si vede lontano un chilometro che non vedi l’ora di
scappare da lei, fosse per me sarebbe già bandita dalla casa.”
“Grazie, papà non lo permette.”
“Si, e di questo mi dispiace molto. Tiene troppo alla famiglia e
al suo nome, non è facile essere un Lanza, Andrea. Adesso
reggi il gioco.”
Mamma si alzò e andò ad aprire ad Aurora, che,
conoscendola, si era messa seduta sopra un mobile, come se
fosse stata a casa sua.
“Andrea ha un po’ di febbre, l’ho messo a letto. Conviene che
gli stia lontana, vai ad avvertire Tommaso che si deve
trasferire nella stanza accanto.”
“Vado subito. Stammi bene Andy.” Aurora mi mandò un
bacio da lontano e andò via.
“Vai dai tuoi amici, Tommaso capirà che dovrà uscire, non ti
ammali da quando eri piccolo” mi disse la mamma: “Parlo io
con Marco, chiudi la stanza a chiave e scappa dalla tua porta
sul giardino. Domani la tua febbre passerà.”
“Grazie mamma.” l’abbracciai e lasciò la stanza.
“Tua madre ti ha appena salvato l’esistenza, le devi la vita.”
disse Tommy.
“Le andrò a prendere dei fiori, il minimo che posso fare.”
Feci esattamente quello che mi aveva detto e chiamai Zhalia,
che non mi rispose.
“Sono al Covo a vedersi un film, raggiungiamoli.” disse
89
Tommy.
“Okay.” Avrei detto loro tutta la verità e anche di come mia
mamma mi aveva salvato.
Appena ebbi finito di raccontare la mia storia, Zhalia
si alzò in piedi e si stiracchiò.
“Se non fosse che sei ricco sfondato, direi che sembra molto
romanzato.”
“È così.” le dissi.
“Bene dai.” esclamò Jace: “E’ stata una giornata diversa.
Ordiniamo una pizza e la mangiamo assieme.”
“Bella idea. Oggi offre Andrea.” disse Tommy, io annuii
distratto.
“Ordino io allora. Le solite?” chiese Zhalia, ricevendo un
cenno di consenso da parte nostra.
Io, Jace e Tommy intanto andammo al Campo Marzio, volevo
provare troppo la nuova Virtus.
Evocai una folata d’aria che piegò in due un
manichino, ma non riuscii a controllarla, spaccò in due un'asse
di legno vicino ad esso. Non avevo la più pallida idea di come
aveva fatto ad apparire una cosa così.
“Wow Andrea! Non sapevo potessi controllare anche l’aria.”
esclamò Jace, meravigliato: “Molto probabilmente puoi anche
volare.”
Aveva ragione, forse potevo controllare l’aria per fluttuare,
sarebbe stato troppo figo. Mi alzai in punta dei piedi e poi
saltai, rimanendo in aria per tre secondi, cadendo di faccia sul
pavimento.
“Fai progressi.” disse Tommy: “Secondo me dovresti liberare
la mente.”
“Le pizze sono arrivate!” interruppe Zhalia che, vedendomi
per terra, esclamò divertita: “Tutto questo per non pagare le
pizze? Stai perdendo colpi.”
Mi alzai di scatto e tirai fuori il portafogli, ma notai
90
che Zhalia aveva già fatto.
“Aveva fretta il tipo.” spiegò.
“Prova un’altra volta.” disse Tommy. Ignorò le mie proteste e
bloccò la porta con ombra solida. Non usava mai la luce,
forse perché per il suo carattere il buio era perfetto.
“Non volerà mai così.” disse Zhalia, dopo l’ennesimo mio
tentativo andato a male.
“Spiegami come fare, Intelligentona.” la sfidai,
massaggiandomi il ginocchio.
“Prova a sentirti parte dell’aria, percepisci il suo colore e
controllala.”
“E tu come le sai queste cose?” chiesi.
“In tutti i fumetti le dicono, e poi riescono a volare. Tentar
non nuoce, sbrighiamoci che se no le pizze si raffreddano.”
ribatté lei.
Mi concentrai e percepii il colore dell’aria, la sua
densità e mi alzai, questa volta fui ad un metro da terra e
molto più stabile rispetto a prima. Poi, quando fu il momento
di scendere, feci un tonfo che fece scoppiare a ridere gli altri
tre. Non era per nulla divertente. Tommy tolse il muro
d’ombra ed evocai un fuoco per scaldare le pizze, diventate
fredde. Non sentivamo il tempo che passava quando eravamo
nel Campo Marzio, era come se fosse un mondo a parte dove
l’orologio era o fermato o accelerato, ancora non sapevamo il
perché o come controllarlo, ma sarebbe stato affascinante
scoprirlo, dominarlo a nostro vantaggio. Poteva rivelarsi una
cosa molto utile.
“Devo scegliere il prossimo cosplay da fare.” disse Zhalia, una
volta finita la pizza.
“Parlando di cose serie” disse Tommy, ignorandola
completamente: “Dobbiamo trovare un modo per proteggere
le nostre identità durante gli attacchi. Spesso ci capiterà di
dover affrontare la polizia.”
91
“Hai ragione. Io direi proprio dei costumi o delle maschere,
tipo i supereroi.” rispose Jace.
“Mi piace, ma come facciamo a farli?” dissi.
“Diciamo che ci riconoscerebbero subito, anche con dei
costumi addosso.” disse Zhalia, aveva maledettamente
ragione.
I nostri orologi vibrarono all’unisono e cliccai una notifica, mi
sentii avvolto da un peso strano. Avevo addosso un’armatura
pesante, ma da in piedi non la sentii più.
“Ce l’avete anche voi?” chiesi, prendendo il cellulare per
vedere che cosa avevo in testa, c’era un elmo con un
bellissimo pennacchio rosso.
“Sembra un’armatura romana” disse Tommy, ammirando la
sua: “Ci prenderanno in giro fino alla morte con quella
addosso.”
“Sono Pantheon di LOL.” disse Jace.
Ero certo che avessimo fatto uno dei primi passi
verso la verità, sapevamo che i nostri costumi da supereroi
erano armature romane. Non ci facemmo altre domande, per
quel momento, accettammo la cosa così come era.

92
MI PERDO IN UNA CASETTA
NEL BOSCO.

Certe volte potresti semplificarti la vita con uno schiocco di


dita, sparire dal mondo e rifugiarti solo nei tuoi pensieri.
Ogni giorno
che passava mi sentivo meglio, più sicuro di me, i miei
muscoli e
la mia personalità risentivano delle mie Virtutes. In quel
momento avevo paura, una cosa che un supereroe non si
dovrebbe mai permettere di avere. Ero steso sul mio letto a
scrutare il soffitto, pensieroso. Ci stavano succedendo
troppe cose assieme, stavo rischiando di impazzire, avevo
paura di quello. I miei pensieri mi portarono nel mio
mondo, dove potevo decidere chi essere, senza dare conto
all’opinione altrui. Ero in mezzo a un bosco, molto simile a
quello dove mio nonno mi portava a cacciare la domenica.
Provai ad orientarmi senza l’uso delle mie Virtutes,
cercando di seguire il muschio degli alberi, ma c’era
qualcosa di strano, non normale. Il muschio cresceva lungo

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tutto l’albero, non nella parte rivolta verso il nord. Iniziai a
correre senza una meta precisa, sentendo il vento sui miei
capelli. La voce dentro la mia testa mi fece trasalire,
facendomi salire i brividi, sembrava che pensassi forte e
chiaro, ma non ero io. Disagio, ecco che cosa era.
Il bosco sembrava essere senza fine, la concezione
del tempo era difficile da spiegare, sapevo solo che
sembravano essere passati minuti. Arrivai davanti ad una
piccola casetta, senza il minimo senso di fiatone. Forse Jace
ogni volta che correva si sentiva così. Mi avvicinai,
incuriosito e spinto dalla misteriosa voce, sfiorando la
maniglia argentea della porta. Quella si aprì, trainata
da una forza invisibile, facendomi vedere l’interno. Era
vuota, si vedeva solo un piccolo specchio che rifletteva la
mia immagine.
Ero io, gli occhi azzurri e i capelli ricci, ma era solo il mio
aspetto. Dentro di me sentivo vuoto, nessuna voglia di
esistere o fare qualsiasi cosa, poteva essere depressione, ma
ero abbastanza sicuro che non lo fosse. Misi una mano
sullo specchio e lasciai l’impronta, l’unica cosa che mi
poteva far pensare di essere ancora vivo.
Ormai la voce misteriosa era diventata parte
integrante dei miei pensieri, mi disse di girarmi, ubbidii e
vidi che davanti a me c’ero io, come se fosse un altro
riflesso.
“Vedo con molto piacere che finalmente ti sei trovato.”
aveva la stessa voce misteriosa che sentivo.
Da me venne fuori un flebile sussurro: “Dove mi trovo?”
“Sei dentro di te.”
“Non è possibile.”
“Tu non sei possibile, Andrea.”
Non staccavo gli occhi di dosso al me, era fatto proprio
bene. Si girò e uscì dallo specchio, facendo alcuni passi
94
verso l’esterno, lo seguii.
“Chi sei?”
“Sono la tua guida.”
Mi ricordai del Maxischermo: “Mi hai detto tu come
salvare Zhalia?”
La guida annuì: “Sono il tuo io, tutto quello che
sei.” La
sua mano ora ospitava una fiammella, una goccia, un
piccolo tornado e della terra, apparse dal nulla similmente a
come facevo
io, con la sola differenza che non capivo il perché
dell'ultimo elemento.
“Non hai nemmeno idea di quanto siano grandi le tue
Virtutes. Sei il padrone degli elementi, il re.”
“L’unico abbastanza deficiente da non capire cosa mi stia
succedendo.” pensai. Pendevo dalle sue labbra, sperando
che mi dicesse qualcosa in più.
“Ti ho portato in questo bosco per allenarti, lontano da
qualsiasi Rectius e dai tuoi amici.”
“Perché?”
“Ti stanno contenendo, non ti fanno usare il tuo vero
potenziale. Sei il leader, non sei come gli altri.”
Strinsi i pugni, mio padre voleva che fossi sempre il
migliore, sembrava che stesse parlando lui.
“Loro non mi stanno controllando, siamo una squadra, e
come tale rimaniamo.”
“Ne rimarrai fregato fino alla fine, apri gli occhi Andrea.
Com'è andata quando vi hanno attaccato? Eri l'unico
cosciente, ma il merito è stato di tutti voi, non solo tuo.
Immagina come sarebbe se ti venisse riconosciuto il giusto
merito, tuo padre sarebbe fiero di te.”
“Taci!” Evocai il fuoco e glielo scagliai addosso, lui
scomparve e ricomparve dietro di me, facendomi trasalire.
95
Subito usai l’aria, lo scaraventò via contro un albero.
“Non esserne così sicuro.”
Esplose in una moltitudine di palle di fuoco e mi ritrovai al
Covo, più confuso di prima.
Trovai gli altri intenti a cercarmi, a giudicare dalla
loro faccia.
“Lanza, la prossima volta che scompari e riappari, ti faccio
scomparire io permanentemente.” disse Zhalia.
“Cos’è successo?” domandai, confuso.
“Sei scomparso per 2 ore e mezza!” disse Jace.
“Zhalia ha convinto la Bettin che eri andato in infermeria,
ma neanche noi avevamo idea di dove fossi.” aggiunse
Tommy.
“Ok ragazzi facciamolo respirare” disse Jace, facendo
allontanare Tommy e Zhalia: “Mi dici dove cavolo sei
andato?”
“Mi ero nascosto in palestra, avevo incominciato a
prendere fuoco come la Torcia Umana.”
Decisi di mentire perché quell’altro me aveva instillato
qualche dubbio. E se avesse avuto ragione? Non volevo
sapere la risposta.
“Ce lo avresti potuto dire, ti avremmo coperto sicuramente
meglio.”
Lei mi sorrise, ma ciò non mi piacque, anzi, in quel
momento
glielo avrei strappato.
“Non sono affari vostri.” mi irrigidii, impassibile.
Come previsto cancellò il sorriso dal suo volto.
“Ci cerchiamo di dare una mano quando possiamo.” disse,
sorpresa.
“Lasciate perdere, peggiorate solo le cose.” Non capivano
che non avevo bisogno di aiuto, non mi ero mai sentito
meglio da quando avevo le Virtutes, invincibile. Li guardai
96
con tono di sfida, poi mi sentii un dolore lancinante sulla
guancia sinistra. Tommy era
messo davanti a me, la sinistra rossa per l’impatto.
“Ma che ti prende? Sembra di sentire parlare Giacomo!”
disse. Lo vidi, era parecchio arrabbiato.
Poteva essere mio fratello, ma nessuno aveva il
diritto di tirarmi uno schiaffo. Evocai l’aria e gliela scagliai,
in modo simile
a quanto fatto al me di prima, non ci fu molto gusto, dato
che appena batté contro il muro svenne.
“Andrea calmati!” si intromise Jace, allargando le braccia.
“Avanti voi due, potete fare molto meglio!”
Il biondo mi guardò e disse: “Tranquillo, calmati.”
Gli tirai delle sfere di fuoco e si mise a correre lungo tutta
la
stanza. Lo fermai e lo sbattei addosso a Tommy, a mani
nude.
“Fuori due, adesso ne manca una.” Lei venne fuori dal suo
nascondiglio dietro la porta: “Che cavolo hai?”
“Smettila di fare domande.” le risposi: “Da quando sei
entrata tu nel Covo ci hai rovinato la vita.”
“Quello che dici non è vero.” il suo tono era molto
prudente. Potevo percepire la sua paura, sempre più
pesante, ero il suo respiro.
“Stai zitta!” urlai e le scagliai addosso aria, facendola
letteralmente volare per tutta la stanza.
“Hai un ultimo desiderio?” notai che, nonostante si fosse
alzata da terra e si fosse aggrappata per non cadere di
nuovo, il suo sguardo reggeva la sfida e non voleva mollare.
Alzò il viso ed ebbi modo di guardarla meglio. Stava
sanguinando dalla testa e le stavano scendendo delle
lacrime. Sussultai e caddi per terra in ginocchio, quella
sofferenza gliela avevo provocata io, senza rendermene
97
conto.
Rimasi a fissarla, capendo le mie gesta. Lei ne
approfittò per bloccarmi alla parete, per poi farmi cadere e
restare per terra. Non opposi alcuna resistenza. Lì vicino
c’erano un paio di occhiali e mi specchiai nella lente, i miei
occhi erano rossi, ancora. Nel frattempo Zhalia provò a
svegliare gli altri, invano, dovevo avergli fatto veramente
male. Si avvicinò a me e mi scaraventò al muro con la
telecinesi, di nuovo, e rimasi lì, incapace di muovermi.
“Lali…”
“Non chiamarmi così!” si girò lentamente verso di me e
vidi che era molto arrabbiata.
“Cosa diavolo ti è preso, prima sparisci, poi ci combatti.
Decidi da che parte stare, o con noi o con la FYCE, eh
Lanza?”
“Non so cosa mi sia preso.”
“Di un’altra parola e ti faccio volare fino a Marte. Spera,
prega, che tu non abbia fatto loro del male.” Particolare
enfasi su quel tu. Ero perfettamente conscio della
situazione, non serviva che me la facesse pesare di più, ma
sentivo che in qualche modo me la meritavo.
Zhalia mi lasciò per andare da Jace, che nel
frattempo si era rialzato. Lei lo aveva abbracciato e
piangeva. Lui le accarezzava i capelli, era molto scosso dalla
situazione. Quando si rialzò anche Tommy, si riunirono
davanti a me, erano visibilmente arrabbiati.
“Ragazzi, mi dispiace. Non ho parole per scusarmi.”
“Che ti è successo?” chiese Tommy.
“Ho visto un ragazzo identico a me che mi ha detto delle
cose non vere su di voi, mi stavate fermando dall’essere un
ragazzo migliore.” Era tutto, non volevo mentire loro di
nuovo, non sapevo come l’avrebbero presa.
Jace guardò Zhalia, che annuì: “Può continuare.”
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Veramente c’era bisogno di usare le Virtutes?
“Ha detto di essere il me interiore e io gli ho creduto.”
“Sul fatto che tu sia cretino non c’è il minimo dubbio. Eri
in un bosco vicino a una casa abbandonata. Chi ti ci ha
portato?” disse Zhalia, guardandomi, i suoi occhi erano
viola.
“Mi sono ritrovato lì senza sapere nemmeno io dove e
perché fossi lì.”
“Noi non avremmo mai fatto una cosa del genere, io sarei
morto piuttosto che farvi del male.” disse Jace.
“Ha avuto un Dolomun” lo interruppe Tommy, guardando
il pavimento: “Quando le sue Virtutes prendono il
controllo sul corpo e lui non si riesce più a controllare.”
Lo guardammo tutti esterrefatti, me compreso.
“C’era scritto sul mio orologio un paio di giorni fa, pensavo
che si fosse rotto.”
“Quindi tecnicamente sono state le sue Virtutes, non lui.”
disse Zhalia.
“Esatto.” rispose Tommy.
Lei agitò la mano e mi lasciò andare dal muro, mi
guardò attentamente, l’espressione neutra. Molto
probabilmente stava cercando un modo veloce e indolore
per farmi fuori. Era ancora in lacrime, non sopportavo
vederla così sofferente. Diedi a Tommy le chiavi del covo e
scappai fuori, sperando che nessuno mi seguisse.
Dopo quello che avevo fatto a tutti mi ero reso
conto che
le Virtutes che ci erano state date presentavano lati
negativi, non solo positivi come pensavo, l’idea di aver
perso il controllo mi metteva molto a disagio. Forse quello
di cui avevano bisogno è che mi allontanassi da loro per un
po’ di tempo, in modo che non potessi fare del male di
nuovo. Ma dove andare, il mio restare lontano non
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funzionava nemmeno a casa, perché c’era Tommy
da me. Me li trovavo anche a scuola, e lì dovevo per forza
andare. Non riuscivo a trovare una soluzione, il tutto
mentre stavo
correndo senza una meta precisa, sotto la pioggia. Come al
solito il mio tempismo era perfetto, sembrava di essere in
un film, si litiga con i propri amici e incominciava a
piovere, anche oggi il tempo
era in nostro aiuto. Mi rifugiai sotto un portico e fissai le
gocce davanti a me, avrei potuto controllarle e
ammucchiarle, farle
andare da un’altra parte per non bagnarmi, ma non faceva
per me, tutto quello che avrei voluto in quel momento era
cancellare la mia esistenza dalla Terra.
Ritornai a casa, passando dalla finestra di camera
mia, fortunatamente non c’era Tommy, era ancora al Covo.
Mi buttai sul letto, completamente bagnato e fissai il
soffitto, facendo evaporare l’acqua. Mi cambiai e andai
direttamente a dormire, senza mangiare. In bagno feci
cadere tutte le cose e i soprammobili, senza volerlo. Mi
guardai allo specchio, avevo attaccate alla schiena delle ali
da angelo, ero sicuro di non averle avute prima.
“Ma che cazz…?” dissi, alzandomi in volo. Non
controllavo più l'aria, volavo perché le mie ali sbattevano,
come se fossi stato un enorme pennuto.
“Ritiratevi.” dissi, in Latino. Un secondo dopo erano
scomparse.
Sentii i tuoni in lontananza e l’ingresso di Tommy
in stanza, non dissi nulla, mi girai dalla parte opposta e
accesi la musica, mi ero messo prima gli auricolari. Cercai
qualcosa che mi facesse cambiare umore e mi ritrovai ad
ascoltare una playlist che mi aveva mandato
Zhalia, quando non ero troppo stronzo con lei. Non
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dovevo coinvolgerla nella mia vita e renderla partecipe di
cose che non la riguardassero, per nessun motivo al
mondo. Mi fece stare meglio, continuai a riprodurla fino a
che la mia mente non decise di rilassarsi del tutto
incominciando a dormire.

101
NON VOGLIO AVERE LE VIRTUTES.

I giorni successivi al Dolomun non furono così terribili come


pensavo, era bastato poco per allontanarmi dai ragazzi e non
sentire la loro mancanza, almeno apparentemente. Nemmeno
Tommy mi rivolgeva più la parola, forse avevano deciso di
lasciar stare. Meglio per me. Facendo una piccola stima, stavo
a 20 metri di distanza e nessuno, tranne me stesso, mi faceva
stare male, ovviamente non includevo una ragazza, le cui
maledette Virtutes avevano il pieno controllo della mia mente,
riuscendo a chiudermi in una gabbia che non riuscivo a
distruggere. Guardando il lato positivo, avevo molto più
tempo per me e platinai Far Cry 4 e Resident Evil 5, che fino
a poco tempo prima avevo disprezzato.
A scuola passavo le ricreazioni assieme all'unica
persona capace di parlare da sola per trenta, Aurora. A volte
l'ascoltavo, a volte no, mi serviva per restare integro di testa e
non uccidere chi era vicino a me. D'altro canto non potevo
fare altrimenti, o con lei, o con loro, e, dopo quello che avevo

102
fatto, la scelta più sensata non era i miei amici.
Tutto stava procedendo al meglio, Metallica alle orecchie,
dizionario di latino al braccio, sorriso al volto e Aurora
appiccicata, non potevo chiedere di più.
Era un martedì, avevo appena finito le lezioni e avevo
un'ora buca, ero scappato in giardino perché avevo bisogno di
prendere una boccata d'aria fresca. Sentii uno strano sussurro
nella mia testa che mi diceva di seguire la scia gialla per terra,
mi chinai e la vidi.
“Esci dalla mia testa.” dissi, sapevo benissimo chi fosse
l'artefice.
“Bloccami.”
Cercai di andarmene via, ma mi sentii a mia volta bloccato da
qualcosa di misterioso.
“Smettila di cercarmi, voglio stare da solo.” dissi ad alta voce.
A sorpresa viene fuori Jace, aveva le braccia incrociate.
“Se non lo facessi, non ritorneresti mai da noi.”
“Basta con queste sciocchezze. Le Virtutes sono un modo per
metterci l'uno contro l'altro.”
“C'è molta frustrazione nascosta nelle tue parole.” disse,
impassibile.
Mi scansai, evocando dell'aria che misi tra noi due. Volevo
passare un messaggio ben chiaro, non dovevano rompermi le
palle. Provò a raggiungermi ma lo avevo bloccato, quindi
andai via, agitando una mano solo quando fossi stato
abbastanza lontano.
“Questa ce la paghi Lanza.” disse Zhalia, mentalmente. La
sentii forte come se fosse stata vicino a me.
“Tutte scuse, splendore. Avvicinati ancora a me e non sarò
così clemente.”
Mi misi il cappuccio e corsi al bar, con tutti gli
studenti che circolavano sarebbe stato facile confondersi e
non farmi riconoscere. Che cosa stavo facendo? Non lo
103
sapevo nemmeno io. Mi presi una brioche e mi sedetti sul
muretto più alto, sentivo tutta l'aria che girava, l'acqua dentro
le tubature. Dovevo trovare un modo per togliermi quelle
dannate Virtutes.
“Andy!” Sentii la voce di Aurora chiamarmi. Lei mi riusciva a
trovare, senza avere delle speciali abilità.
“Dimmi tesoro.” le dissi. Alla seconda parola, si impettì e mi
strinse il braccio.
“Sono fiera di te, hai finalmente rinnegato quei ragazzi della
bassa società.”
Mi irrigidii, era quello che voleva mio padre, stavo diventando
come lui.
“Siamo morti…” sussurrai.
“Hai detto qualcosa?” mi chiese Aurora.
“No, no, sei solo bellissima, oggi più degli altri giorni.” Le
misi una ciocca di capelli dietro all'orecchio, molto
forzatamente. Non era lontanamente vicino al gesto che
facevo con Zhalia.
“Andy, lo sai che mi fai arrossire?”
Amava gli adulatori e i complimenti più di ogni altra cosa al
mondo.
“Devo andare in bagno, aspettami in classe.” dissi, il primo
pensiero in testa; mi alzai e mi diressi verso l'uscita.
Quando fui certo di essere abbastanza lontano da
tutti, mi alzai in volo e andai verso il tetto, prendendo dalla
borsa il libro di Discipline Sportive e incominciando a
ripassare per l'imminente interrogazione. C'era una certa
tranquillità che adoravo, nessuno mi vedeva o poteva sapere
dove fossi. Il Team non esisteva più, e, a dire la verità, mi
andava bene, non mi lasciavano altra scelta, chiudermi in me
era veramente l'unico modo per proteggerli.
Guardai l'orologio, mancava poco e Frollari mi
avrebbe inculato, e non mi andava di essere fermato da un
104
normalissimo professore. Il mondo dall'alto era bellissimo,
potevo vedere la parte vecchia della città e rimanere estasiato,
a stare da soli si capivano molte più cose di quante ne avrebbe
potute capire in compagnia.
Il telefono mi suonò, era Aurora, l'unica non silenziata.
“Andy vieni, c'è Frollari che ti sta cercando.”
Cosa diavolo voleva quell'altro? Mi assicurai che nessuno mi
vedesse e scesi dal tetto, raggiungendo la mia biondissima
amica in caffetteria.
“Che cosa vuole?” le chiesi.
“Frollari?” chiese lei. All'improvviso capii tutto, me ne andai
in mezzo al campo da calcio sperduto nel nulla.
“Ti ho detto di lasciarmi in pace! Perché devi farti male da
sola?” urlai.
Dalle ombre comparse Zhalia, aiutata evidentemente
da Tommy.
“Smettila di essere così coglione. Non ne possiamo più.”
“Cosa non capite di sparire dalla mia vista!”
“Fai quel cazzo che vuoi, sei un codardo.”
La guardai e tenne il mio sguardo, non me la dava vinta in
nessun modo.
“Ti sento Lanza, forte e chiaro nella mia testa. Ho accesso a
tutto quello che sei, i tuoi ricordi, ci sono certe cose che se
venissero allo scoperto ti farebbero molto più male di quanto
te ne farei io.”
“Non sai con chi hai a che fare.” dissi, minaccioso.
“Lasciami in pace e non ti farò del male.” Non volevo arrivare
a tanto, ma se mi avesse costretto, ci sarei arrivato.
Zhalia rise, quasi isterica: “No caro, tu non mi farai del male.
Ho tutti i mezzi per distruggerti da dentro. Sono certa che tu
non voglia in fondo.”
“Lasciami in pace!” urlai, evocando una sfera di fuoco e
tirandola addosso a lei, fece un salto di qualche metro.
105
“Vaffanculo Lanza.”
“Sparisci idiota.” le dissi, spiccando il volo.
La vidi rimettersi in piedi, prendendosi il braccio rosso per la
caduta. Mi fissò, l'espressione incazzata, poi scomparve. Ce
l'avevo fatta.
Non venni interrogato, al mio posto Frollari preferì
Lorenzo, un mio compagno arrivato da poco pappa e ciccia
con un ragazzo di nome Vittorio. Niente a che vedere con
l'amicizia che avevamo io e Jace, ma se la cavavano, erano
anche simpatici se non fosse stato per il fatto che Vittorio mi
odiava senza un motivo preciso. Aurora era sempre vicino a
me, iniziava a piacermi la sua compagnia, soltanto quando
non parlava. Finita la lezione mi prese la mano, uscendo dalla
scuola.
“Non sai quanto felice mi stai rendendo.” mi disse.
Era incredibile come solo dandole un'ora di attenzioni finiva
in quel modo, era una sanguisuga, non me la toglievo di
dosso.
“Mi fa piacere.” sorrisi.
Nell'uscio trovai Zhalia intenta a parlare con Lorenzo,
facendosi mettere una mano sulla spalla e camminando
insieme. Non potevamo andare con un Rectius, avevamo
deciso di non dire il nostro segreto a nessuno.
“Andy, perché fissi quella sfigata?” mi chiese Aurora.
“Si, è proprio una sfigata” conclusi, girando lo sguardo
dall'altra parte: “Che dici, andiamo a fare aperitivo in centro,
offro io.”
Aurora mi saltò addosso, molto felice, tutto per uscire da quel
posto. Prendemmo il tram, la via più corta per il centro, e
andammo in Piazza dei Signori, dove uno spritz normalissimo
costava 7 euro.
Andammo a sederci su in un tavolo in piazza. Padova
era bellissima, piena di storia e arte, perfetta per un Lanza.
106
Sorseggiai il mio Aperol con certo gusto, mi piaceva molto,
mentre la ragazza continuava a parlare senza fermarsi, senti
solo un palo di parole, matrimonio e addio, ebbi paura di
chiedere di ripetere. In un momento la mia attenzione fu
catturata da qualcos'altro, non ero il solo in Piazza.
Ovviamente mi sorvegliavano a vista, Zhalia era con Lorenzo
a vedere un trio di ragazzi suonare con degli strumenti lì
vicino. Lei chiese qualcosa e un tipo le porse due chitarre,
iniziando a suonare assieme. Erano molto bravi.
Finita la nostra bevanda, Aurora si alzò e andò dai due,
mettendo un fazzoletto sporco dentro il cappello delle offerte,
immaginai fosse per vedere la loro reazione. Finita la loro
canzone, la folla applaudì e chiese un'altra canzone, Lorenzo
era, anche lui, fan degli Avenged.
Vedendo la sanguisuga vicino, Zhalia si girò istintivamente
verso di me, mutando espressione facciale. Prima che potesse
fare qualcosa, pagai e portai Aurora via, Zhalia fece lo stesso
con Lorenzo e andarono nella direzione opposta alla nostra.
Passata una ventina di minuti, mentre camminavamo
tranquilli, incontrammo Jace e Tommy di corsa, visibilmente
preoccupati.
“Abbiamo ospiti.” urlò Jace. Alzai un sopracciglio, presi la
mano di Aurora e me ne fregai, proseguendo la mia
camminata.
“Andiamo Andrea! Non fare il bambino.” urlò Tommy. Senti
un boato assurdo e vidi un albero cadere.
“Vigliacco.” disse Jace, correndo via ad aiutare.
Tommy mi guardò male, poi corse via. Andai da Aurora, le
presi la mano e andammo verso Prato della Valle.
“Tommaso mi sembrava molto spaventato.” disse lei.
“Non me ne può fregare nulla, devono stare al loro posto.”
“Meglio così, sei tutto per me.”
Arrivati a destinazione ci buttammo sull'erba, il
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venticello che ci raffreddava le guance, l'orologio in silenzioso
per stare senza preoccupazioni, una vita da Normale. Sapevo
che c'era un attacco, ma le mie decisioni erano molto ferme,
nessuna Virtus.
“Sei qui con me, non essere così silenzioso.”
“A volte credo di essere sbagliato, di avere dei talenti che su di
me sono sprecati.”
“Non sono sprecati se fai del bene o le usi per farti stare
bene.”
Guardai Aurora, aveva appena detto una frase sensata e
giusta, rimasi sorpreso.
“Il punto è… non lo so. Ho una grande confusione per la
testa, non so cosa voglio.” dissi, guardando il cielo. Per
quanto una parte di me volesse andare ad aiutare i miei amici,
l'altra parte aveva paura di metterlo in pericolo di nuovo. A
chi avrei dovuto dare retta?
Aurora si girò dall'altra parte, per poi ritornare da me, aveva
gli occhi viola e la voce strozzata di Zhalia: “Andrea…”
Non era da lei pregarmi, dopo soprattutto l’ultima sua uscita,
doveva essere una cosa molto seria.
“Ho detto qualcosa?” disse Aurora confusa.
“Devo andare, è piuttosto urgente” dissi, alzandomi di scatto:
“Vai a casa, ti raggiungo lì.”
Sapevo che Aurora non mi avrebbe lasciato, per cui diedi
fuoco a un albero, tutte le persone scapparono, compresa lei,
che non si pregò di vedere se fossi con lei. Iniziai a correre
fortissimo, spegnendo poi il fuoco.
Quando arrivai a Piazza delle Erbe, la vidi
completamente alla mercé di alcuni ragazzi in bella con in
bella vista il marchio della FYCE, uno di quelli era Lorenzo,
evidentemente trasformato in 2 minuti. Tommy aveva preso
le giuste precauzioni, allontanando tutte le persone e
bloccando con ombra tutte le possibili entrate, eravamo
108
dentro una cupola di Virtutes.
“Grazie per essere arrivato” comparse Tommy alle mie spalle:
“Jace è a cercare di proteggere Zhalia, Lorenzo l'ha attaccata
quando stavano passeggiando, è ferita.”
“Ok, ammazziamo i cattivi.” dissi io.
“Ehi brutti ceffi! Da questa parte!” urlò lui, facendo girare due
dei quattro cattivi.
“Andrea, finalmente ti sei degnato di arrivare.” mi accolsero
loro, gli zittii con una sfera di fuoco dritta in bocca.
“Non ci avete invitato alla festa?” disse Jace, comparendo con
Zhalia, messa piuttosto male.
“Facciamo il culo a questi ospiti indesiderati.” conclusi
sorridendo.
Zhalia bloccò un ragazzo mentre Jace lo prendeva a mille
pugni extra veloci, ma una ragazza evocò uno strano plasma
che avvolse il mio amico, che si liberò senza nessun problema.
Io volavo e arrostivo due ragazzi, facendoli saltare in aria e
Tommy dava loro il colpo di grazia, mi sentivo di nuovo a
casa.
Quando vidi che tutti i cattivi erano per terra, tirai un
sospiro di sollievo, ma sbagliai, mancava ancora Lorenzo, che
sembrava essere il Capo.
“Notevoli le vostre Virtutes, morivo dalla voglia di vederle di
nuovo all'azione.” disse, la sua voce era quella di sempre, ma il
tono era spaventoso e non da lui. La mia amica alzò una
mano, e vidi Lorenzo contrarsi, poi un fulmine dal cielo si
abbatté su di lei, facendole perdere i sensi. Lorenzo sorrise, il
cielo si rabbuiò all'istante, aveva delle Virtutes potentissime
per essere solo posseduto.
Iniziò a grandinare, ma non era normale, erano chicchi grossi
quanto una pallina da tennis. Tommy evocò uno scudo per le
nostre teste, poi Jace corse a bloccare Lorenzo, controllando
il ghiaccio della grandine. Il cattivo però lo allontano con una
109
bufera, quei venti erano troppo forti per essere controllati da
me, eravamo due KO su quattro.
Presi il volo e controllai l'aria vicino a me per farlo
stare più tranquillo, ma era troppo anche per me, non riuscii a
tirargli il fuoco addosso. Mentre lo tenevo impegnato,
Tommy, diventato ombra, si avvicinò e lo circondò,
togliendogli l'ossigeno. Lorenzo provò a tirare dei fulmini
hanno ma non poteva toccarlo, era intangibile. Appena i venti
scomparirono, mi avvicinai, creando una gabbia di acqua che
poi Jace trasformò in ghiaccio.
“Smettetela di possedere i ragazzi a noi vicini. Se volete
combatterci abbiate le palle di farlo direttamente voi.” disse
Zhalia, incredibile come avesse recuperato le forze in così
poco tempo. C’era qualcosa che non quadrava.
“Verremo, non ti preoccupare” rispose Lorenzo: “Unitevi a
noi e solo i forti sopravviveranno, non ci sarà un mondo con
problemi.”
Jace si avvicinò e gli rifilò un bel pugno, facendogli perdere i
sensi. Vidi che il marchio che aveva stava lentamente
scomparendo, quindi disse ai ragazzi di sciogliere la gabbia di
buttarsi per terra, facendo finta di essere stati degli ostaggi.
“Dove sono?” chiese lui, strabuzzando gli occhi, poi vide
Zhalia e si avvicinò a lei: “Zazi, che è successo?”
“Ci ha presi in ostaggio, poi sono arrivati dei buoni che ci
hanno salvato.”
Lorenzo notò che aveva la manica della maglia
bruciata, capì che glielo aveva fatto lui e si inginocchiò per
terra.
“Che cosa ho fatto?”
“Ci hai fatto svenire, tirandoci un bellissimo fulmine in testa.
È un miracolo se siamo ancora vivi.” dissi, alzandomi in piedi.
“Vai a casa Lore, ne parliamo meglio al telefono.” disse
Zhalia, gli occhi viola. Subito si portò una mano sulla testa e
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incominciò a piangere dal dolore.
“Che cosa c'è?” chiesi allarmato. Lorenzo scappò via.
“Mi fa tanto male la testa.”
“Troveremo una soluzione. Andrea, sono felice che tu sia
tornato. Il Dolomun può capitare ad ognuno di noi senza
preavviso.” disse Jace.
“Davvero?” chiesi, sorpreso.
“Sì, lo abbiamo chiesto al Maxischermo.” Tommy liberò la
piazza della cupola di luce, poi tramite delle vie interne
tornammo al Covo, dove ci salutammo.
“Mi dispiace essermi comportato così, volevo solo
proteggervi.” dissi mortificato.
“Sto zitta, sei uno stronzo. Mi hai trattato da oggetto, dovrò
farmela passare, e ti dovrai far perdonare.” disse Zhalia.
Annuii, aveva ragione.
“Ha il ciclo.” disse Jace, sorridendo. Zhalia si portò una mano
alla testa ed emise un gemito strozzato, non riusciva ad usare
le Virtutes.
“La moneta!” disse Zhalia, il biondo la prese da terra.
“La porto domani al Covo, statemi bene ragazzi.” disse lui,
alzando la mano per salutarci.
“Ci vediamo domani a scuola.” disse Tommy.
Eravamo sopravvissuti anche al terzo attacco, qui sa
chissà quanti ce ne sarebbero stati ancora. Quella volta però
non avevamo scoperto molto, solo Lorenzo, se non il fatto
che la FYCE potesse possedere letteralmente chiunque, in
qualsiasi momento.

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C’È UN NUOVO E ULTERIORE
PROBLEMA.

Ci eravamo spinti un po’ oltre con l’ultimo attacco, farci


vedere da Lorenzo era stata una mossa troppo azzardata. Lo
dicevo perché aveva abbandonato Vittorio, il suo migliore
amico, per passare le ricreazioni e qualsiasi pausa con noi, e
ogni volta ci chiedeva se ci ricordassimo qualcosa. Jace gli
aveva ripetuto che eravamo stati presi in ostaggio e lui ci
aveva creduto, almeno così sembrava. La sua presenza non ci
metteva a disagio, ma creava strane voci di corridoio,
sapevano che era stato posseduto e gli stavano alla larga,
come se fosse stata colpa sua, poveretto.
“Per l’ennesima volta, Lorenzo, non ci ricordiamo nulla, solo
tu che ci colpisci con strani fulmini dal cielo.” disse Jace,
precedendo la sua domanda. Lorenzo fece una strana faccia,
come se non si fosse aspettato quella affermazione.
“In realtà volevo chiedervi se venite alla mia festa stasera, a
casa mia. Ci saranno un po’ di ragazzi e tanto alcol. Non vedo
perché vi dovrei chiedere sempre quelle cose.” disse, gelido.
“Grazie mille per l’invito, cercheremo di esserci.” disse Zhalia.
La guardammo sbalorditi, non era da lei fare festa,
bere e stare fuori di casa, preferiva passare le serate al Covo
con noi o a giocare ai videogiochi. Lei fece una delle sue solite
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occhiate da ve-lo-spiego-dopo e accompagnò Lorenzo alla sua
fermata dell’autobus. Quei due si erano avvicinati troppo
dopo il mio Dolomun e avevo una paura cane che si facesse
scappare qualche cosa che il biondo non doveva sapere.
“La vedo male stasera” disse Tommy: “È entrato da poco
nelle nostre vite e ci invita ad una festa.”
“Anche tu hai ragione. Non vi sembra che sia un po’ strano
anche il comportamento di Zhalia? Non si sta prendendo
troppe libertà con lui?” confutai, con il risultato che Jace
scoppiò a ridere.
“Secondo me tu sei troppo geloso. È più sveglia di noi tre
messi assieme, ci sarà un motivo se sta facendo questo.” la
difese.
Annuii distratto, stava tornando verso di noi.
“Sa molto di più di quello che dice, è intelligente. Dobbiamo
capire che cosa ha.” disse lei, bevendo un sorso d’acqua.
Fermai l’acqua nella sua borraccia, senza fargliela toccare.
“Non puoi semplicemente capirlo tu con le tue Virtutes?”
disse Tommy.
Mi rifilò uno sguardo assassino: “Non riesco, la mia telepatia
non funziona per nulla bene.”
“Che strano” rispose Jace: “Pensavo che ti fosse passato. È
più grave del previsto allora.”
Zhalia alzò le spalle, ponendo la borraccia dentro il
suo zaino: “Vestitevi eleganti, si ballerà e berrà come se non ci
fosse un domani. È un mio vecchio amico, so di che cosa è
capace.”
“Come mai stai così tanto con lui?” dissi.
“Non l’ho visto e sentito per 6 anni, abitava in un piccolo
paesino della Slovenia.”
“Ah è pure straniero.” pensai, non aveva nulla di migliore di
me.
“Andiamo al Covo dopo pranzo oppure ci troviamo
113
direttamente alla festa?” chiese Jace.
“Devo fare un paio di cose oggi pomeriggio e devo aiutare
Lore ad allestire la casa.” disse lei.
“Anche Lore lo chiami adesso. Qui qualcuno ha una cotta.” la
punzecchiai, malefico, aiutandomi da un dito che batteva sulla
sua spalla. Miss Ghiaccio mi guardò male e ci salutò, andando
a prendere l’autobus.
Jace rise, non era isterico, solo gli piaceva prendermi in giro:
“Andrea, non sei geloso, sei molto geloso.”
“Dillo un’altra volta e ti incenerisco.” dissi, tagliente, e mi
diressi verso la mia bici, aspettando Tommy.
Tornammo a casa, dove Sissi ci aveva fatto trovare il
pranzo pronto. Passammo il pomeriggio a studiare per
l’imminente test di Letteratura Latina, era troppa roba da
studiare in un solo giorno.
Poi quando ci stufammo passammo a League of Legends, un
paio di classificate giusto per tiltare e poi ci preparammo per
la serata, camicia bianca e pantaloni neri.
“Non capisco perché ci dobbiamo vestire così.” brontolò
Tommy, non riusciva a vestire qualche cosa che non fosse
nero o scuro. Lo aiutai ad abbottonare la camicia: “Dai ci
divertiremo, è la nostra occasione per ubriacarci dopo tanto
tempo.”
“Lo sai che non bevo.”
Alzai gli occhi al cielo, non sarei riuscito a farlo bere, l’ultima
volta era quasi arrivato al vomito.
“Si ma non avevi le Virtutes, quindi questa volta andrà
sicuramente meglio.” dissi, sorridendo. Forse ero stato più
persuasivo del solito.
“Proverò.” disse. Mi diede il cinque e mi sentii estremamente
soddisfatto.
“Dai sbrigati.” andò verso la porta, spegnendo il pc
dimenticato acceso.
114
Nelle tasche avevo telefono, coltellino svizzero, chiavi
e portafoglio, tenevo tutto il necessario dentro il cassetto
vicino al mio letto. Vidi anche una mia foto quando suonavo
al coro della chiesa, avevo fatto molta strada da quei tempi.
Uscii di casa, andando verso la nostra depandance vicino alla
piscina e mi alzai in volo.
“Vuoi un passaggio?” chiesi a Tommy, che negò con la testa:
“Preferisco andare a piedi. Ci vediamo lì.”
“Ma sono 5 chilometri.” contestai.
“Allora userò i miei metodi, a chi arriva prima!”
“Ehi, così non è valido!” scomparse e iniziai a volare in alto,
dove la gente mi avrebbe scambiato per un uccello o un
drone, non mi si vedeva in faccia o fisico, quindi non mi si
poteva riconoscere. Adoravo volare, mi faceva sentire troppo
vivo e libero dalla mia rigida vita familiare, non aspettavo che
una scusa per farlo.
Arrivai in contemporanea a Jace, che aveva portato un
pacchetto avvolto in carta argentata.
“Ciao, dove è Tommy?” mi salutò, alzai le spalle.
“Qui.” apparve dietro la mia schiena, facendomi sussultare.
“Non farlo mai più, ti possono vedere.” dissi, infastidito.
Avevo ragione.
“Parla il piccione.” ribatté Tommy, bussando alla porta.
Ci aprì una bellissima ragazza bionda e vestita di rosa, ero
sicuro di non averla mai vista prima.
“Ciao! Entrate pure.” Aveva una voce squillante, da cantante.
La casa era minuscola in confronto alla mia, ma era grande ed
accogliente, trovai Zhalia intenta a portare delle bottiglie di
Montenegro sulla tavola. Era vestita con un abito corto
azzurro che le stava da dio.
“Ciao…” balbettò imbarazzata.
“Tutto bene?” le chiesi. Non era da lei mostrare tanta
debolezza.
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“Certo” cambiò espressione e sorrise, sicura: “Gli altri sono
già arrivati?”
Annuii e Lorenzo ci raggiunse, portando dei bicchieri in
plastica.
“Ciao Andrea!” mi salutò, ricambiai con un cenno della mano.
“È Behind blue eyes questa?” gli occhi di Zhalia si
illuminarono.
“Ti ricordi quando la suonavamo assieme da piccoli?”
Lei sorrise, guardando in basso: “Ne è passato di tempo
eh…”
Storsi il naso, mi mancava solo che qualcun altro ci provasse
con lei e andai da Jace, intento ad aiutare Vittorio con le casse.
“Appena in tempo per il soundcheck. Lollo, metti Natalino.”
urlò Vittorio, accendendo la cassa.
“Aspetta, dobbiamo finire questa canzone!”
Mi avvicinai a Jace, la voce bassa: “Un altro che ci prova con
Zhalia.”
“Oh andiamo Andrea, sono amici di infanzia.”
Dalla cucina vennero fuori degli stuzzichini molto
invitanti, aveva un bel salotto con molte console, tra cui una
Wii e una Play 4.
Zhalia mi raggiunse, sistemandosi i capelli: “Spero di aver
fatto un buon lavoro, era tutta da sistemare.”
“Certo, ho visto che hai portato un sacco di superalcolici, ti
sono rimaste un po’ di attenzioni o le devi dare tutte a
Lorenzo?”
Guardò in basso, forse le dava fastidio che le dicessi una cosa
del genere.
“Ma no, è che sono tanto felice che ci siamo ritrovati dopo un
sacco di tempo, era il mio migliore amico.”
“Non hai risposto alla mia domanda.” la punzecchiai.
“Non ti ho ancora perdonato del tutto. Alla prima volta che
fai lo stronzo me ne vado.”
116
“Mi stai concedendo un appuntamento? Non me lo aspettavo
da lei, Miss Ghiaccio.”
Mi guardò male: “Vai troppo veloce. Prendilo come
un’opportunità per conoscermi meglio senza Virtutes.” mi
sorrise e andò da Tommy, che stava parlando con Marie.
L’avevo conquistata, ne ero sicuro. Appena rimasi un attimo
da solo mi raggiunse Lorenzo, con due bicchieri di spritz in
mano.
“Ehi, ti va di farmi compagnia?”
“Con piacere.” mi porse un bicchiere e facemmo cin cin. Uno
spritz non si rifiutava mai nella vita.
“Hai detto che suoni?” dissi, per rompere il silenzio.
“Si, ormai da 14 anni, chitarra. So che voi avete una band, ma
immagino che abbiate già tutte le persone che vi servono.”
Voleva entrare nella band, no.
“Siamo in quattro, la tastiera e la chitarra solista le faccio io,
non cerchiamo collaboratori per adesso.”
Qualche mese fa ci avrebbe fatto molto comodo, ma
Zhalia aveva fatto il suo ingresso con molto stile.
“Ho capito” piccola pausa: “Sono così felice di averla
ritrovata, è cambiata un sacco dall’ultima volta che la vidi. Sei
fortunato ad avercela sempre intorno.” indicò Zhalia, la mia
espressione mutò, ma cercai di mascherarlo bene, non dovevo
far vedere nulla.
“Credimi, dopo un po’ è stancante. È una forza della natura.”
dissi, era quello che pensavo davvero, forse. Avevamo due
caratteri molto forti e testardi, molto spesso eravamo in
competizione.
“Da piccoli eravamo inseparabili, poi quando mi sono
trasferito abbiamo perso i rapporti totalmente. Mi fa piacere
che i miei hanno deciso di venire qui dopo che mi avevano
chiamato per la scuola. Ultimamente il latino mi viene
piuttosto facile.”
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Avevo sentito bene, la mia attenzione si alzò all’improvviso.
“Eh? Da quando?” chiesi, sospetto.
“Da quando sono stato posseduto da quella cosa strana, la
JACE.”
“FYCE.” lo corressi, annoiato.
“Come fai a sapere che si chiama così.”
Cazzo, era piuttosto sveglio e io incredibilmente scemo.
“Mi ricordo che avevi detto quel nome quando ci avevi
arrostito con i tuoi fulmini.” inventai una scusa al momento.
“Ti ricordi che ti ho arrostito allora, avevo dei fulmini!” disse,
convinto. Poi mi guardò, il viso senza espressione.
Aprii la bocca per ribattere ma non uscì nessun suono,
fortunatamente Zhalia ci raggiunse, ignara del nostro
discorso.
“Lore, stai bene?” gli chiese.
“Ho bisogno di prendere un po’ d’aria.” continuava a sbattere
le palpebre velocemente, il respiro più veloce e affannoso.
“Ti accompagno allora.” Zhalia gli mise le mani sulle spalle e
uscì. Abbassai lo sguardo al pavimento, mortificato, avevo
appena fatto un errore che, se avesse capito, avrebbe mandato
a quel paese tutti i nostri segreti.
Zhalia andò in giardino, mi avvicinai per sentire che
cosa diceva.
“Andrea si ricorda che cosa avevo fatto quel giorno.” le disse:
“Mi aveva detto che non sapeva nulla e che eravate stati presi
in ostaggio.”
“Andrea dice tante di quelle cazzate che non hai idea, ma si,
quando ci avete preso poi ci avete fatto del male.” confermò.
“Mi dispiace, lo sai che non vorrei mai. È solo che penso che
tu e i tuoi amici mi stiate nascondendo qualcosa che non
volete che sappia. Sono diventato un portento in latino anche
io.”
Il viso di Zhalia si rabbuiò, chiedendo spiegazioni.
118
“Non so il perché, ma dopo l’attacco dove vi ho fatto male.”
“Ah, quello è un effetto collaterale. Non ti preoccupare.”
inventò al momento.
“Dici? Poi vorrei sapere dei miei salvatori, te che eri cosciente
ti ricordi qualcosa?”
Lei scosse la testa, era molto più attenta a ciò che diceva
rispetto a me.
“No purtroppo, ricordo che ci hai fatto male e che ci siamo
trovati assieme.”
“Grazie Lali. Sai che su di me puoi sempre contare.” Zhalia
abbracciò Lorenzo, ma la sua espressione era molto
spaventata. Si girò verso di me. Anche se non aveva a
disposizione le Virtutes, sentii molto chiara la sua voce nella
mia testa: “Siamo in guai seri.”
Entrai in casa, cercando Jace e Tommy, li trovai
intenti a bere qualcosa con Marie e Giulia. Dal mio sguardo
capirono e congedarono le due ragazze, spiegai loro la
situazione una volta arrivati in un angolino tranquillo.
“Sante Virtutes” disse Jace, mettendosi le mani nei capelli:
“Dobbiamo trovare una soluzione al più presto.”
“E cosa, Zhalia ha i poteri kaputt.” sussurrai.
Tommy mi mise una mano sulla spalla, mi capiva e mi offriva
il suo sostegno, proprio come un fratello.
“Ci pensiamo domani. Adesso godiamoci la festa.” decretò,
tornando da Marie.
Jace era decisamente più spaventato, più di tutti lui poteva
soffrire le conseguenze, avrebbe perso il posto da Capitano
della scuola.
“È inutile mentirci Jace, dobbiamo contare su delle Virtutes
che non vanno.” dissi.
Zhalia ci raggiunse, con un sorriso stanco.
“Le tue Virtutes sono tornate?” tentai, speranzoso.
“No, ma in compenso Lorenzo a mezzanotte ci mette a
119
disposizione il suo telescopio per vedere le stelle.”
“Io ti posso portare nello spazio.” brontolai. Quel ragazzo era
un Rectius, e stava per scoprire il nostro segreto, come poteva
farla così felice?
“Lore è un bravo ragazzo, manterrà il segreto. Poi appena mi
tornano le Virtutes, tutto diventerà come prima.”
“Come fai ad esserne così sicura?” chiese Jace.
“Lo conosco, e poi non è così pazzo da raccontarlo a tutti.
Ora scusate, devo andare a servire il Montenegro.”
“Non esiste che servi il Montenegro senza di me.” esclamai.
Dovevamo bere per dimenticare, quello era più che certo.
Nel salone erano riuniti tutti gli invitati, non ne
conoscevo metà, forse ragazzi di altre scuole, o amici di
qualche altro paese. Zhalia aveva preparato shottini per
ognuno, Lorenzo fece fare un brindisi generale. Presi il mio e
lo bevvi tutto d’un sorso, era il mio amaro preferito, vidi Jace
e Tommy fare lo stesso.
Fino a mezzanotte meno dieci tutto procedette liscio, ognuno
faceva quello che voleva, senza pensare all’ora o alla scuola,
non partecipavo ad una festa così da troppo. Non sentivo
l’alcol, più del solito, forse era un vero effetto collaterale delle
Virtutes, quella cosa non mi piaceva affatto.
Vittorio ci venne a chiamare per fare il brindisi di mezzanotte,
tutti con il bicchiere colmo di prosecco.
“All’amicizia, alle persone che ci salvano e a tutti voi, che siete
qui per noi.” disse Lorenzo alzando il bicchiere.
Lo imitammo e bevemmo il vino, era amarissimo. I
ragazzi intorno a me incominciarono a cadere per terra e a
russare profondamente. D’istinto mi girai verso il biondo
ospite, che aveva in mano un telecomando, fece clic e tutte le
finestre si chiusero, settò anche l’allarme della casa. In piedi
eravamo solo noi 4 e lui, non poteva essere una coincidenza.
“Sapevo che mi stavate mentendo.” disse lui.
120
“Come l’hai saputo che non ti facevano effetto i rilassanti
come lo Xanax?” sussurrò Zhalia, la voce incrinata. Ecco
perché era così schifoso quel prosecco.
“Lo sai Zazi, lo prendo da sempre. Ho iniziato ad essere più
forte e a non soffrire più di asma.”
Lorenzo ci squadrò, la bocca in un sorriso trionfante.
“Che cosa siete?” ci chiese.
“Ragazzi con una particolare predilezione a ficcarsi nei guai”
disse Tommy guardandolo negli occhi: “Ci dispiace ma adesso
dobbiamo togliere il disturbo.”
“Non potete, ho settato l’allarme di casa, se aprite una sola
porta sveglierete il vicinato e chiamerò la polizia, che a quanto
pare vi vuole già contattare.”
“Non me lo aspettavo da te, Lorenzo.” disse Zhalia, il tono
ferito.
“Mi dispiace, ma voglio solo sapere la verità.”
Lorenzo ci disse di sederci, mentre lui sorseggiava il mio
Montenegro: “Sapete, mi sembra di bere acqua con aromi,
non sento l’alcol. Sto cambiando.”
Dio, la cosa era molto più seria di quanto potevo
pensare, non andava affatto bene. Che poi Zazi, che
soprannome del picchio.
“Il fatto che voi siete come me non complica le cose, anzi,
tutti i miei sospetti su di voi erano fondati.” continuò.
Avrebbe potuto benissimo fare l’attore cattivo per qualche
film o serie TV.
“Lorenzo, eravamo stati vittime anche noi, è per questo che
non ci fanno effetto…” tentò Jace, venendo subito interrotto
dal biondo.
“Non dire cazzate, ti prego.”
Tommy era abbastanza stizzito.
“È come ti dice Jace, te lo posso assicurare.” provai.
“Non è vero!” Lorenzo si alzò all’improvviso e portò una
121
mano al soffitto, aveva gli occhi marroni diventati dorati. Era
veramente uno di noi. Dopo un attimo di ritardo potei sentire
il rumore di un tuono vicinissimo a noi, e delle gocce d’acqua
cadere.
“Hai dei residui di poteri dall’attacco.” esclamò Jace,
spaventato. Forse era fatto apposta.
“No, sono miei e basta. E sono certo che anche voi li avete.”
Mosse una mano verso Tommy e gli scaraventò un tornado
(in casa!) addosso, feci un gesto annoiato e feci sciogliere i
venti, sotto l’aria stupita del biondo.
“Okey, è inutile nasconderglielo ancora.”
“Andrea!” mi interruppe Zhalia, rimasta silenziosa fino a quel
punto.
“È come noi, non c’è nulla da dire. Solo che non so come sia
possibile.” dissi.
“Quanto dura lo stordimento?” chiese lei.
“Circa 4 ore.”
Zhalia guardò Jace e Tommy che annuirono.
“Ci devi giurare che manterrai il nostro segreto, da adesso sarà
anche il tuo. Nessuno deve saperlo o saremo in serio
pericolo.” disse Tommy infastidito.
“Dobbiamo andare al Covo” disse Zhalia, sussurrando poi:
“Speriamo di star facendo la cosa giusta…”
Lorenzo tolse l’allarme e ci fece cenno di uscire di
casa, dove Tommy ci fece arrivare al Covo, nella Sala Prove.
“Magnifico, sai fare solo questo?” gli chiese il biondo.
“Dai tempo al tempo.” disse Zhalia. Io e il nuovo arrivato
esclamammo in coro “Ivern”, un champion di LoL. Ci
guardammo in cagnesco e accedemmo alla parte Nord,
andando al Campo Marzio.
“Come noi siamo stati sinceri con te, ti chiediamo di fare lo
stesso” disse Tommy, sedendosi sul puff: “Hai mai provato a
usare il pieno potenziale delle tue Virtutes?”
122
“Solo di notte e da solo. Mi capitava di dare la scossa molto
spesso.”
Zhalia annuii, buttandosi sul puff e evocando dei popcorn
dalla stanza: “Perfetto, facci vedere di cosa sei capace.”
Lorenzo si allontanò da noi, concentrandosi. Un
attimo dopo era in volo e circondato da pioggia, neve e
fulmini. Le sue Virtutes erano il controllo atmosferico, niente
male per un novellino. Jace evocò dei manichini e disse di
prenderli con dei fulmini, lui eseguì ma poi cadde per terra,
per il troppo sforzo.
Zhalia mi lasciò i popcorn per soccorrerlo, poteva essere
abbastanza preoccupata.
“Hai delle bellissime Virtutes, ma credimi, non devi usarle
tutte adesso.”
“Dilettante.” sussurrò Tommy.
“Fammi vedere di cosa sei capace tu allora.” lo sfidò Lorenzo,
guardai da un’altra parte per non ridere. Un po’ arrogante il
ragazzino.
Tommy evocò una frusta e diventò ombra, cambiò forma
fino a prendere le sembianze di un mostro e riapparse
sorridendo, con in mano una sfera di luce. Se voleva mettergli
soggezione, c’era riuscito benissimo.
Jace ghiacciò la sfera e corse addosso al manichino,
spezzandolo in due.
“Cavolo! Siete quasi migliori di me.”
“E non hai ancora visto Andrea.” ribatté Jace, incrociando le
braccia. Non per vantarmi, ma avevo le Virtutes più fighe di
tutti. Evocai il fuoco, lo feci danzare intorno a Zhalia e poi
buttai dell’acqua per spegnerlo. Con l’aria alzai il manichino e
lo spaccai in due con delle liane di terra.
Lorenzo strabuzzò gli occhi, gli avevamo fatto
abbassare la cresta sicuramente, aveva riconosciuto che i
migliori eravamo noi.
123
“E tu Lali?”
“Leggo nella mente delle persone, telecinesi e teletrasporto”
disse: “Adesso che sai di noi non dovrai dirlo né a Gaia, né a
Vittorio o altri.”
“A chi?” chiese Jace.
“La mia ragazza.” disse lui.
“Quindi non ci stavi provando con Zhalia.” esclamai euforico.
La mia amica arrossì, lui guardò da un’altra parte.
“Cosa? Di che droghe ti sei fatto?”
Sospirai sereno, uno in meno da ammazzare.
“Okey ragazzi, chiusa questa piccola parentesi amorosa”
decretò Jace, le mani in avanti: “Lorenzo, siamo seri. Ogni
persona che è come noi è in pericolo mortale. Siamo alla
ricerca della verità, non sappiamo quasi nulla, solo che siamo
dei sosia di alcuni generali romani.”
“Le nostre visioni parlano di 4 ragazzi, non 5, il tuo arrivo
sconvolge tutto quello che potevamo sapere.” precisò Zhalia.
“Vedrai che le Virtutes non sono solo belle come pensi,
dovrai rinunciare a tante cose.” disse Tommy.
“Per esempio?” chiese lui, scettico.
“Non avrai più la coscienza pulita. Ti inventerai scuse strane
per scappare via all’improvviso, gli amici non capiranno e
litigherete.” elencò la ragazza.
Lorenzo mi guardò e io annuii, era così, non poteva
dirlo a nessuno. Ed ero troppo felice che lui avesse già la
ragazza e non ci provasse con la mia futura. Guardai
l’orologio, erano già le 2, dovevamo ritornare a casa di Lore,
non potevamo tardare troppo.
“Trovata geniale quella di fare una festa comunque.” disse
Jace, camminando per strada.
“Grazie, mi dispiace aver fatto la figura del pazzo maniaco.”
“Questa non te la perdono così facilmente.” rise Zhalia: “Ma
sei sempre stato un testone, non c’è mai stato modo per farti
124
cambiare idea.”
Per quanto riguardava me, ero troppo felice che avessimo
trovato quella soluzione al mio errore, dovevo imparare a
stare più attento.
“Adesso possiamo fare le flex in 5, finalmente.” disse lei,
ridendo.
Da 4 eravamo passati a 5, anche se non sapevo per quanto
tempo, il piano era bloccargli le Virtutes per non metterlo in
pericolo. Sperai che Zhalia si riprendesse il più presto
possibile.
Arrivammo a casa sua, giocammo un po’ alla Wii e
verso le 4 ci furono i primi segni di vita di persone molto
addormentate. Lorenzo li salutò uno per uno e aspettammo
che tutti fossero andati via per uscire anche noi.
“Ci vediamo a scuola.” disse Tommy.
“Adesso che sapete e sappiamo, posso suonare con voi?”
tentò Lorenzo, sorridendo.
“Vedremo Lore, ci vediamo.” disse Zhalia.
Avevamo combinato proprio un gran bel casino, non era un
Rectius come pensavamo, ma uno come noi, se non più
potente.

125
QUEL PROBLEMA DIVENTA UNO DI
NOI.

Dopo la festa io e Tommy eravamo distrutti, ma non tanto


per l’alcol o le ore di sonno perse, ma tanto per l’agitazione.
Non solo ci eravamo svelati, ma lo avevamo accettato come
parte del Team, e il bello era che avevo iniziato io. Ero una
grandissima testa di cazzo.
La mattina ci svegliammo verso le 11, avevamo saltato
la solita colazione con i miei, ed era stata una gran fortuna,
dato che mio padre era stato avvisato da qualche biondissima
spia che non era stata invitata alla festa. Come potevo averla
sopportata dopo il Dolomun? Ero impazzito, non sapevo
darmi una risposta sensata.
Tommy andò a farsi una doccia, io mi piazzai nella
vasca idromassaggio, dove i miei pensieri facevano da
padroni. Aprii il telefono e vidi che Jace e Zhalia si stavano
scrivendo nel gruppo, ovviamente l’argomento era Lorenzo.
Non era possibile che ci fosse un quinto, dovevamo scoprire
perché era apparso così dal nulla, con le Virtutes. La mia
attenzione fu catturata da un messaggio di Jace “Vuol dire che
ce ne sono altri? Oltre a lui, intendo.”
Forse dovevamo ricreare tutta la Legione, non mi trovavo
altre spiegazioni, e di sicuro non potevamo farli entrare tutti
126
nella band, non avevamo spazio per altri musicisti. Poi il
Covo era solo nostro, non dovevamo dividerlo con altri.
“Andrea.” mi chiamò Tommy.
“Si?” risposi.
“Ho uno strano presentimento. Dobbiamo andare al Covo.”
disse. Prima delle Virtutes sembrava già un sensitivo, però da
quando aveva le Virtutes, le sue sensazioni erano sempre
giuste.
Mandai un messaggio agli altri, per dire che era molto urgente.
Qualsiasi cosa avesse da dirci Tommy, ero certo che fosse
molto importante.
“Dicci.” disse Zhalia, una volta giunti nel Covo.
“A noi sono venute le Virtutes una volta entrati nel Covo tutti
assieme, è come se fossimo il primo gruppo di Custodes.”
“No, ci siamo solo noi” disse Jace: “Anche il Maxischermo ha
detto che eravamo solo noi contro la FYCE.”
“E se invece ce ne fossero anche altri, con altre Virtutes,
anche temporanee?” continuò Tommy.
“Il punto è, perché ci dovrebbero essere? Bastiamo noi 4, è
inutile dare ad altri responsabilità.” sbottai, mi dava fastidio
che Lorenzo non solo fosse con noi, ma c’era la possibilità
che ci fossero altri come noi.
“Chiediamo.” disse Zhalia, eseguendo.
“Tommaso ha ragione, ma in parte. Il vostro amico ha delle
Virtutes come le vostre, ma che, prima o poi, gli spariranno.”
“Molto interessante” disse Tommy, finalmente un sorriso in
faccia: “Ce lo dovremo portare appresso fino a che non sarà
più come noi.”
“Questo alleggerisce moltissimo le cose, non dobbiamo
nemmeno pensare a ciò che dobbiamo fargli.” sussurrò Jace,
felice.
“Come faccio ad avere indietro il pieno controllo delle mie
Virtutes?” chiese Zhalia.
127
“Mia cara, la risposta è nel Campo Marzio. Hai costruito una
fortezza per proteggervi da un tuo Dolomun, sbloccati.”
Il Maxischermo si spense, questa volta ci era andata
anche piuttosto bene, aveva risolto i nostri dubbi, anche se in
maniera molto criptica.
“Mi sa che è il caso che io vada.” disse la ragazza.
“Se rivuoi indietro le tue Virtutes, mi sa proprio di sì” annuì
Jace: “Noi pensiamo a Lorenzo, gli diremo la verità.”
“Cercate di capire perché sono apparse certe cose e il motivo.
Non so quanto starò dentro.”
“In bocca al lupo.” dissi, ne aveva sicuramente bisogno.
“Bene allora, chiamiamo Lorenzo e facciamo un paio di
canzoni assieme, poi gli diciamo che cosa succede.” propose
Tommy.
Annuii e lo chiamai, ricevendo subito una risposta.
“Ehi, tutto bene?”
“Ciao, si, abbiamo bisogno di te al Covo. Ti ricordi dov’è?”
“Nop.”
“Ok, ci troviamo davanti al Parco Iris. Fammi uno squillo
appena stai lì vicino.”
“A dopo.” riattaccò.
Sospirai, dovevo fargli anche da Babysitter, mannaggia
a quel cazzo di PC.
“Dai Andrea non fare quelle smorfie. Poteva benissimo
capitarti un Giacomo, almeno è simpatico.” mi consolò Jace.
Quello non era comunque un motivo per cui dovevo fare
quello che facevo. Lo guardai male e uscii, andando al parco.
Non c’era gente, forse per la vicinanza alle ore di pranzo e mi
sedetti su una panchina. Tra le mie Virtutes non c’era il
controllo delle piante, poteva essere divertente far crescere
fiori per passare bene quegli attimi di stacco, alla Poison Ivy.
Potevo fare di tutto, evocai una piccola fiammella e
incominciai a farle cambiare forma, mentre pensavo alle cose
128
da dire a Lorenzo per non farlo impazzire del tutto.
Rischiavamo quello, con il fatto che non erano permanenti si
poteva cacciare nei guai. Poi era un mistero sapere perché
avevamo bisogno di lui e come facevamo a fargliele
scomparire. Una cosa era certa però, eravamo solo noi 4 i
Custodes originali, e nessuno ci poteva dividere.
Quando Lorenzo si degnò ad arrivare, sentii un
cambio repentino di temperatura, l’aria si era fatta più umida
ed elettrizzante.
“Ehi.” mi salutò. Mi alzai dalla mia panchina.
“Grazie per essere venuto. Abbiamo novità su di te.”
“Ottimo!” disse lui. In giro non c’era veramente nessuno, il
parco era deserto e non c’era anima viva che potesse vederci.
“Ho visto che le tue Virtutes ti consentono di volare. Prova.”
gli dissi, alzandomi da terra di 30 centimetri.
“In realtà non è che volo, sembra che controlli il vento.”
Lorenzo spiccò un salto, ma la gravità lo tenne ancorato alla
terra.
“Prova a sentirti parte dell’aria, percepisci il suo colore e
controllala.” consigliai. Quelle parole le aveva usate Zhalia la
prima volta per me, forse valevano anche per lui. Il biondo si
concentrò, ma non accadde nulla, fece cadere solo un po’ di
pioggia nella nuvoletta di Fantozzi esattamente sopra di noi.
Agitando una mano la fece scomparire e iniziammo a
camminare verso il Covo. Un po’ mi dispiaceva per lui, aveva
qualcosa che decidevamo noi, buffo perché eravamo noi a
pilotare lui, e avevamo la sensazione di essere pilotati.
Una volta al Covo, Lorenzo si accorse subito della
mancanza di Zhalia, Jace gli disse che era andata a fare un
addestramento speciale nel Campo Marzio per migliorare le
sue Virtutes.
“Capito.” disse lui: “Perché mi avete convocato qui con tanta
urgenza?”
129
“Siediti, questo sarà un duro colpo per te.” disse Tommy,
indicando i nostri bellissimi puff.
L’espressione del biondo mutò profondamente, senza
giungere ad una frettolosa conclusione.
“Non avrai sempre le Virtutes. Funzionano a chiamata,
quando noi ne abbiamo bisogno ti appariranno, poi dopo
spariranno.” disse Tommy.
“Quindi in questo momento avete bisogno di me.”
puntualizzò lui.
“Non lo sappiamo, quello che ti abbiamo detto è tutto, non
so perché ce le hai adesso e non prima con gli attacchi
precedenti” dissi, mettendogli una mano sulla spalla: “Ti
dobbiamo addestrare però, devi sapere cosa fare per
difenderti.”
“Fermo un attimo fiammifero. Mi avete detto che non le avrò
sempre, ma solo quando decidete voi, giusto?”
“A quanto pare è così, ma non abbiamo idea di come
evocartele o togliertele.” dissi.
Lorenzo si limitò a scrutare la porta del Campo Marzio, senza
dire una parola.
“Ti è andata anche bene, non hai da nascondere nulla” disse
Jace: “Non sappiamo come sia possibile una cosa del genere.
Fino a che hai le Virtutes, ti facciamo combattere con noi, poi
dopo vedremo che cosa fare.”
“Sono solo un burattino quindi? Non vedete l’ora di liberarvi
di me.”
Ecco le conclusioni affrettate a cui non doveva
arrivare, però in parte aveva ragione, io volevo liberarmi di lui.
“Non è come sembra. Non siamo stati noi a farti arrivare le
Virtutes, almeno non volontariamente. Stiamo cercando cosa
e come fare anche noi.” mi difese Jace. Ci mancava solo una
scena dove Lorenzo impazziva.
“Però a voi vi rimangono, a me no, e devo mantenere il
130
vostro segreto.”
“Non sappiamo che dirti, vogliamo fare luce ma ti abbiamo
detto tutto.” dissi io, alzandomi dal puff. Lorenzo era alto
quasi quanto me, e da seduto non faceva tanta soggezione.
“Credimi, se sapessi un modo per farti tenere le Virtutes lo
userei, ma non c’è. È la nostra missione, non la tua,
evidentemente” continuai: “Queste abilità sono la chiave per
una lenta agonia che non sai di avere. Possono sembrare fighe
e tutto, ma quando devi mollare tutto per andare a combattere
magari tuoi amici o hai un Dolomun, devi inventarti scuse e
mentire a tutti quelli che ti stanno vicino. Prova ad avere la
salute mentale che avevi prima.”
Andai in sala prove a bere un bicchiere d’acqua e
guardai l’ora, Zhalia era dentro al Campo Marzio da 2 ore
ormai, non avrei dovuto, ma temevo il peggio. Tornai dagli
altri, Lorenzo era molto arrabbiato, ma forse stava iniziando a
capire.
“Io ora entro lì dentro.” dissi.
“No! È una cosa solo sua, non dobbiamo interferire o
rischieremo di rovinare tutto.” disse Tommy, mettendosi tra
me e la porta.
“Ma è sempre così con voi, oppure si fa anche qualcosa di più
divertente?” chiese il nostro ospite.
“No, passiamo le giornate studiando e provando” esclamai,
stizzito: “Intanto che aspettiamo ti va di suonare qualcosa?”
“Se so quello che fate, volentieri.” bofonchiò lui. C’era
qualcosa che non andava con Zhalia, lo sentivo, ed il pensiero
di non poter fare nulla mi uccideva.
La mia espressione era vacua, molto strana, Jace mi portò alla
realtà.
“Fiammifero, che cosa suoniamo?” chiese lui. Eh bella
domanda, dopo il mio Dolomun avevo visto i due eseguire
assieme Afterlife e Nightmare, cose che noi non facevamo.
131
“Se permettete, so fare un paio di pezzi dei Nirvana, poi dopo
oltre alle famosissime dei Metallica e dei Queen, Zombie, Bon
Jovi, ACDC.” Era giusto che Lorenzo dicesse la sua.
“Bel repertorio. Andiamo con Smells like teen spirits”
commentai: “Vai in solista.”
Lorenzo annuì e incominciò l'introduzione. Caspita,
non ne sbagliava una, era quasi più bravo di me, ma un filo di
orgoglio ce lo avevo ancora.
“Wow!” esclamò Jace a fine canzone. Il bello era che aveva
completamente ragione, se mai avremmo fatto dei pezzi
nostri, volevo che lui ci desse una mano, era un talento.
“Highway to Hell adesso.” disse Tommy.
“No, ho fame. Ordiniamo qualcosa al MC?” cercai una scusa
per smettere di fare le prove.
“Buona idea, anche io sto morendo di fame.” disse Lorenzo,
prendendo il telefono.
Iniziai a fare una lista delle cose da ordinare, a cui gli altri
aggiunsero le robe per sé. Ordinai anche un pack da 20
nuggets per Zhalia, Jace lo notò ma fortunatamente non mi
disse nulla, poteva essere un po' imbarazzante per me dare
delle spiegazioni. Mentre gli altri andavano su Deliveroo, mi
diressi verso l’altra parte del Covo, dove la porta del Campo
Marzio era ancora sigillata. Non c'erano rumori o ombre
strane, era tutto normale, e la cosa mi spaventò parecchio.
Accesi il Maxischermo e digitai sulla tastiera il suo nome.
Mi mostrò quello che stava affrontando, erano due
ragazzi di spalle che la deridevano, uno mi sembrava molto
familiare. Mi assicurai che la porta per andare in Sala prove
fosse chiusa e alzai il volume. La voce del ragazzo era la mia,
la ragazza non la riconoscevo. Ma allora voleva dire che ero
io.
“Da quando sei arrivata ci hai creato solo problemi, quello
che suoniamo non sono affari tuoi. Sei un pericolo
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ambulante.” disse il me. Zhalia era inginocchiata con la testa
bassa, erano tutte frasi che le avevo detto in varie occasioni,
con diversi scopi che purtroppo ricordavo molto bene a volte
con lo scopo di farle male. Non ero stato proprio un bravo
ragazzo. La lei era Aurora, ma una versione mora, al solito mi
stava appiccicata come una sardina.
“Pensi ancora di essere speciale per lui? Guarda che cosa ti
dice, con me non lo ha mai fatto.”
Il blocco delle Virtutes glielo avevo provocato io, anche se
non era stato volontario, dopo il Dolomun avevo fatto troppo
lo stronzo e aveva paura di diventare come me.
“Non sei degna nemmeno di portare le tue Virtutes, sei
impazzita al solo pensiero di fare una verifica assieme.” disse
il me.
“Non è vero!” urlai, ma realizzai che non mi potesse sentire.
La mia amica era immobile in quella posizione, stava
trattenendo le lacrime, era distrutta. Il me evocò dell’aria e del
fuoco che le buttò addosso, Zhalia non si mosse,
completamente succube.
“Sono sempre stata io il problema.” disse, con voce strozzata.
L’Andrea baciò Aurora, guardando l’unica persona
reale, Zhalia. Ero davvero così stronzo? Non me ne rendevo
conto, da dentro non capivo, o forse non volevo ammetterlo,
ero il ragazzo Lanza viziato, esattamente quello che voleva
mio padre. Zhalia mi guardò, l’espressione completamente
persa nelle lacrime, si portò le mani al viso e singhiozzò.
Cercava di essere e sembrare una ragazza molto sicura di sé,
senza difficoltà, forse mi sbagliavo.
Il maxischermo si spense, e in contemporanea Zhalia
uscì dal Campo Marzio, svenendo. Corsi da lei e la presi per la
testa, dandole dei piccoli colpetti sulla guancia per farla
rinvenire, le buttai perfino dell’acqua. A quella mossa lei si
svegliò, tossendo. Subito l’abbracciai e lei rimase sconcertata,
133
aveva abbastanza forze per parlare.
“Quanto sono stata via?” mi chiese.
“Tre ore quasi, ti volevo venire a cercare.”
“Avresti solo fatto peggio…”
“Ho visto che cosa hai passato, mi dispiace molto.”
Le mie scuse erano sincere, come non lo erano mai state
prima.
“Gli altri non devono sapere nulla. Per favore.” mi supplicò.
“Se ne vorrai parlare da soli, io sono qui.” le offrii il mio
supporto per alzarsi, le tremavano mani e gambe.
“Non riesco a camminare, mi fa troppo male.”
La presi come una bambola e la portai dagli altri, che
stavano spacchettando le robe da mangiare.
“Lali!” mi corse Jace addosso, facendo sussultare la ragazza.
“Vi spiegherò” disse lei, scendendo e posandosi su una sedia:
“Mi ha distrutto.”
“Mi dispiace.” disse Jace: “Mangia qualcosa, vedrai che ti
riprendi.”
La nostra amica sorrise e iniziò a mangiare di gusto una
nugget, bevendosi quasi tutta la sua coca-cola.
“Mi spiegate per favore che cosa è successo, di nuovo?” disse
Lorenzo. Capibile da parte sua, non sapeva tutto il nostro
background.
“Zhalia aveva le Virtutes che non funzionavano a dovere, si
era imposta un blocco, non so per quale motivo.” spiegò Jace,
addentando il suo panino, un double cheeseburger.
“E adesso le funzionano?”
Zhalia sorrise complice, finalmente aveva gli occhi
viola, non solo le erano tornate, ma avevo l’impressione che
fosse diventata più potente, si poteva rivelare molto utile.
Agitò una mano, all’improvviso mi trovai al mare, vestito da
spiaggia, notai l’espressione persa dei miei amici, poi ci
ritrovammo al Covo.
134
“Piaciuto il viaggetto virtuale?” esclamò.
“Siamo sempre stati qui?” chiese Lorenzo, stupito.
“Yep, non avete nemmeno mosso un dito.”
“Devo dire che sono particolarmente sorpreso, sembrava così
reale.”
Zhalia annuì, era tornata quella di prima.
Finito di mangiare misi un film alla TV e iniziammo a
guardarlo, era il primo SAW, vedevo l’unica ragazza del
gruppo che aveva la faccia coperta dal cuscino.
Non feci a meno di pensare che il tipo del film avesse
ragione, c’erano persone che sprecavano la loro vira in donne
o droga, e se fosse stato quello il nostro compito? Salvare il
mondo da quegli individui? Era terribile da pensare, ma
estremamente veritiero, niente era dato senza una ragione, noi
non avevamo ancora scoperto la nostra.
Quel che era certo era che noi non eravamo degli
assassini, ci battevamo per scoprire la verità, e poi per
sconfiggere i cattivi, cosa che non era così scontata. Potevamo
conquistare il mondo, vero, ma volevamo essere noi stessi
anche con le Virtutes.

135
SIAMO GLI UNICI VIVI IN UNA
SCHIERA DI MORTI.

In ben poco Lorenzo era diventato parte del nostro team,


aveva un carattere per il quale si faceva subito voler bene, così
successe anche con noi. Aveva incominciato a padroneggiare
benissimo le sue Virtutes, aveva avuto la fortuna di avere chi
c’era già passato come maestro.
Adoravo simulare i combattimenti aerei con lui al Campo
Marzio, era finalmente qualcuno che mi potesse tenere testa,
poi per come controllava i venti, beh, mi faceva sudare non
poco. Tra me e me, ma anche gli altri, pensavo al fatto che le
sue Virtutes quando non avremmo avuto bisogno di lui si
sarebbero spente. Volevo sapere il perché.
A scuola facemmo un po’ di casino, scherzi ai
professori come bagnare le borse o folate di vento
136
improvvise, ovviamente con il disappunto di Tommy e
Zhalia, che avevano paura che succedesse qualcosa. Jace ci era
complice, con la mitica “puntina sulla sedia” e ci offriva
spettacoli di ghiaccio bellissimi, come la sua parodia di
Frozen, ghiacciando i vestiti della povera Zhalia, e facendola
diventare Elsa. Ma lei non teneva molto il freddo, si strinse a
me cercando un po’ di caldo. A me ovviamente andava
benissimo, e sorridevo soddisfatto. Donne.
Un giorno decidemmo di sfidare tutte le leggi della
fisica e di far apparire un arcobaleno senza acqua, nel cielo
azzurro, scatenando reazioni fantastiche da parte della gente
che guardava. Lali ammirava le Virtutes combinabili, con
forse la volontà di fare anche lei qualcosa di simile, ma si
limitava ad annuire e a creare un diversivo nel caso dovessimo
scappare. Stavamo imparando a divertirci, cosa che non
avevamo mai fatto prima, la ragazza era riuscita a far cambiare
idea al severissimo prof di matematica, che non solo ci spostò
il compito, ma ci diede anche il testo. Solo a noi 5,
ovviamente. Poi ci prendevamo gioco dei bulli che c’erano a
scuola, mi riferivo a Giacomo, Aurora, Aurelio e gli altri del
loro gruppo, che incominciarono a credere nei fantasmi.
Sembravamo usciti da una serie su supereroi diventati cattivi,
il nome forse era “The Boys”, ricordo che c’erano un paio di
ragazze bellissime. Insomma, non ce la passavamo così male,
anche Tommy si era sbloccato, e aveva imparato a far perdere
la concezione dello spazio alle persone, diventando - L’uomo
nero - o, come voleva farsi chiamare, - Nightmare -.
Eravamo diventati in poco i ragazzi più popolari della
scuola, rimanendo gli stessi di sempre, noi non ne soffrivamo,
ma Lorenzo si, Vittorio e Gaia si sentivano traditi da tutto il
tempo che passava assieme a noi, perché non sapevano le
vere ragioni. Io lo avevo avvisato, ma solo allora il nostro
amico capì le mie parole, non erano state dette a caso.
137
“In che momento è che vi servivo?” ci chiese, al Covo.
“Non lo so, nessuno di noi aveva bisogno di aiuto, le tue
Virtutes sono apparse dopo un attacco.”
“Non voglio perdere il mio migliore amico e la mia ragazza.”
Aveva ragione, non era tagliato per fare il supereroe, non era
pronto a sacrificare la sua vita e la sua libertà.
“Forse così come ti sono venute le Virtutes durante un
attacco, spariranno dopo un altro.” suggerì Tommy.
“Lo spero” sussurrò Lore: “Vado a casa.”
“Ti accompagniamo io e Andrea.” disse Zhalia, il tono che
non ammetteva repliche. Di cosa voleva parlare?
“Preferirei andare da solo, se non vi dispiace.”
“Allora vai con Andrea.” Che cavolo voleva da me?
Salutammo e uscimmo, non avevo per nulla voglia di
camminare, per cui per muovermi utilizzai l’aria, sotto gli
occhi stupiti di Lorenzo.
“Qualcuno ti può vedere!”
“In questa zona non passa mai nessuno, in caso si trovano le
retine bruciate.”
“È troppo Andrea, stai più attento.”
Si stava permettendo di proferire parola in una cosa che non
lo riguardava, ero dentro da ben più tempo di lui. Non doveva
farlo.
“Ho rovinato delle amicizie che andavano avanti da
moltissimi anni per le Virtutes, perché proprio a me?” mi
disse, guardando il cielo: “Gaia è una ragazza splendida, mi
sento come se l’avessi messa da parte.”
“Se ti ama capirà che non sei in un momento molto felice e ti
aspetterà.”
Avevo appena parlato e detto una cosa giusta sull’amore. Non
era da me, assolutamente.
“Hai ragione” scosse la testa: “Mi sono lasciato tentare un po’
troppo dalle Virtutes, voglio farla felice e stare di nuovo con
138
lei.”
“Portala a volare, poi Zhalia le cancella la memoria e la
convince che è tutto apposto.”
“Non credo che sia una buona idea, devo parlarle ma non
dirle la verità, se sa che le ho mentito non va a finire bene.”
“Io credo il contrario invece, secondo me dirti che ti ha
sognato mentre volavi potrebbe essere una cosa che non solo
aumenta la voglia di stare con te, ma tutto sarà come prima.”
“Basta parlare di me, si vede lontano 5 chilometri che ti piace
Zhalia.”
Girai la testa dall’altra parte, per frenare l’impulso di
annegarlo o dargli fuoco. Odiavo parlare con altri, soprattutto
estranei, riguardo ai miei sentimenti.
“Non so di che cosa tu stia parlando.”
“Andrea.”
Ero io a fissare il cielo in quel momento, non pensavo si
vedesse così tanto.
“È la mia migliore amica, so vedere quando un ragazzo le
piace.”
“Non mi interessa, non possiamo amare, dobbiamo essere
pronti a perdere tutto all’improvviso.”
Lorenzo era arrivato a casa, abitava non molto lontano da me.
Per mia fortuna.
“Ricordati quello che ti ho detto per Gaia.” lo salutai.
“Ci penserò.” ricambiò ed entrò in casa. In quel preciso
istante squillò il telefono.
“Pronto?” risposi.
“Girati.” era Zhalia. Mi ritrovai al Covo, un po’ frastornato.
“Che succede?” chiesi?
“Dobbiamo farti vedere una cosa.” disse Jace, accendendo il
suo PC. Era una sequenza di codici molto strani, senza un
significato.
“È uno scherzo?” chiesi ancora.
139
“No, sono apparsi prima sul Maxischermo mentre ci stavamo
allenando” disse Tommy: “Sono sicuro che se riusciamo a
decriptarli avremo qualche info in più.”
“Dobbiamo solo trovare la chiave.” disse Zhalia, sembrava
essere appena uscita da Matrix.
Feci di si con la testa e mi allontanai dagli altri,
andando da solo nel Campo Marzio. Non ero all’altezza di
Jace a programmare, io facevo musica e giocavo. Era deserto,
i soliti manichini ammucchiati all’angolo, la porta che spariva,
mi sentii a casa. Immaginai che ci fosse della musica in
sottofondo, che iniziò a riprodurre Lithium dei Nirvana, mi
trovai a cantare il ritornello senza volerlo, eravamo solo io e la
musica, come i vecchi tempi. La stanza era stata sostituita da
una collina verde, piena di tulipani, era un posto bellissimo.
“Hai ragione.” disse una voce femminile. Zhalia era e
continuava ad essere bellissima.
“Lorenzo mi è sembrato molto strano, ha capito forse che gli
conveniva stare senza Virtutes?”
“Penso di sì, sta per perdere Gaia.”
Zhalia evocò l’immagine di due bambini che giocavano, molto
simili a lei e a Lorenzo.
“Eravamo così uniti da piccoli, poi le nostre strade si sono
separate.”
“La so tutta la storia, non serve che tu me la ripeta.” le dissi,
guardandola negli occhi.
Dopo un attimo di silenzio mi avvicinai a lei e le sistemai una
ciocca di capelli che le era caduta davanti al viso, facendola
sorridere. Avevo ragione, il gesto fatto ad Aurora non era
paragonabile al gesto fatto a lei.
“Non so a cosa ci porteranno i codici” disse: “Ma il gruppo
originario siamo noi quattro, e nessuno ci dividerà.”
“Tocca a me darti ragione adesso.” le dissi, sempre fissandola
intensamente, la musica cambiò e diventò la parte centrale di
140
Master of Puppets.
“Dobbiamo andare a vedere che cosa stanno facendo gli altri,
magari è qualcosa di importante.”
Stavo seguendo il consiglio non voluto che avevo ricevuto da
Lorenzo, ma forse non ne era il momento, ancora.
“Ti seguo.” sussurrai.
Uscimmo e vidi Jace con aria afflitta, non riusciva a
decriptare il tutto, il che lo rendeva molto suscettibile,
conoscendolo.
“Nulla, nulla e nulla. È impossibile.” urlò, tirando un pugno
sul tavolo, che si crepò.
“Vedrai che troveremo la soluzione, non ci dobbiamo morire
dietro adesso.” Zhalia appoggiò una mano sulla spalla di Jace
e gli sorrise. Con me non cercava mai il contatto fisico.
“Non lo so, ho l’impressione che sia tanto importante.”
“Lo capiremo con il tempo.” lo interruppi io: “Dobbiamo
studiare per domani se no ci ammazzano.”
Annuirono tutti e andammo ognuno a casa propria. Per
quanto riguarda me e Tommy, dopo cena, andammo a letto,
non prima di aver descritto nel nostro Giornale di Bordo le
cose accadute oggi, per poi cadere nel dolce abbraccio del
sonno, o almeno per il mio amico, dato che quella notte feci
uno degli incubi peggiori della mia vita.
Ero assieme agli altri a mangiare una pizza, ma era
composta di carne umana, tutti mangiavano tranquilli, poi mi
chiesero perché non mi volevo unire a loro. Avevamo ucciso
delle persone e ci eravamo fatti dei pasti con i loro resti,
vedevo gli altri, avevano dei lineamenti da bestia, con denti
che avevo visto solo in Demon Slayer. Solo allora vidi la
location, non eravamo al Covo, ma in un ristorante di lusso.
Nel tavolo vicino al nostro c’erano i miei genitori, con mio
papà che sorrideva felice, guardandomi.
“Sei diventato finalmente come ti volevo io.” Una persona a
141
caso si girò a fissarmi: “Patetico Lanza, patetico.” I miei amici
avevano finito la pizza e si stavano divertendo a seminare il
panico tra la gente, bloccando le uscite, ghiacciando e
rendendo ciechi chi avevano davanti, con un contorno di
fulmini. Il mio corpo si incendiò, dando fuoco a tutto quello
che aveva vicino, da lontano sentii la voce di mio nonno dire:
“Mostro.”
Quando mi svegliai, non solo ero in un bagno di
sudore, ma incendiai per sbaglio la federa del cuscino. Tommy
si alzò immediatamente per contenere le fiamme, che spensi
subito con l’acqua.
“Hai fatto un incubo, non è vero?” mi disse, annuii distratto.
“Meno male che hai anticipato la sveglia, sono quasi le 7.”
Guardai il cellulare, trovando una notifica nel gruppo con
Zhalia e Jace, lei aveva scritto “Tutto bene?”. Forse aveva
sentito la mia preoccupazione, ma non poteva essere,
eravamo troppo lontani.
“Vi spiego meglio a scuola.” scrissi velocemente ed andai a
lavarmi la faccia. Quell’incubo mi aveva fatto un bell’effetto,
avevo visto mio padre e sentito la voce di mio nonno, ero
molto a disagio.
“No, non è normale una roba del genere” disse Jace, appena
ebbi finito di raccontare la mia nottata: “Dobbiamo dirlo
anche a Lorenzo.”
“No!” esclamò Tommy: “Rischiamo solo di peggiorare la
situazione con lui. Dopo ieri non è delle migliori.”
Aveva ragione, non lo avevamo più sentito da quando
eravamo tornati a casa, anche se lo vidi felice in classe,
circondato da Vittorio. Si erano chiariti nel migliore dei casi,
poi venne da me.
“Stamattina ho risolto con Gaia e Vittorio. Devo riprendere a
stare con loro.”
“Nulla in contrario.” dissi, felice. Il problema non c’era più.
142
Annuì e tornò dal suo amico, sperai con tutto me
stesso che non facesse casini nel suo piccolo, perché l’era del
divertimento era finita, ci eravamo resi conto che non
stavamo mettendo la cosa giusta al primo posto. In poche
parole ci eravamo presi libertà che non era il caso di prendere.
Nulla di più.
“Speriamo che tutto vada per il verso giusto oggi. Mi sono
stufato di essere in bilico e non sapere nulla del codice.” disse
Jace. Potevo capirlo, ma non ci potevamo fare nulla.
Le lezioni a scuola erano ogni giorno più noiose,
fantasticavo come potessi trasformare l’acqua in fuoco e
viceversa, tutte cose che nessuno di normale poteva
nemmeno immaginare, io le facevo diventare realtà. Mi misi a
giocare a Head Soccer per molto tempo, mentre il prof di
diritto spiegava con una voce soporifera. Quei pochi che
stavano attenti sembravano molto interessati alla lezione,
stava parlando di del contratto , poi non sentii altro, penso mi
addormentai anche, tanto ero in ultimo banco, attaccato al
muro, il posto ideale per dormire. Tommy ogni tanto mi dava
una scrollatina per far cenno di star sveglio, poi complice
anche la nottata travagliata, riprendevo a dormire.
Fino a che un urlo degno di Scream non mi svegliò
del tutto. Alzai la testa sbadigliando e vidi che Lorenzo era in
aria, volando, la sua faccia più esterrefatta della nostra. Zhalia
addormentò tutti i presenti e Tommy infuse loro il Buio,
come lo chiamava lui, uno stato di stasi.
“Che sta succedendo?” urlò Lorenzo, iniziando a far piovere
in classe.
Controllai tutta l'acqua e la buttai fuori.
“Dobbiamo andare nel Covo!” urlò Zhalia, pronta al
teletrasporto.
“Guardate fuori!” disse Jace. Fuori dalla scuola c'erano dei tipi
incappucciati che iniziarono a fare quello che sembrava un
143
campo di forza. Alcuni studenti provarono a scappare, ma il
contatto con esso lì tramutò in zombie verdi, pieno di muffa
sul viso, perfino i vestiti diventarono bucati e bruciati.
“Oh no” urlò Zhalia, precipitandosi a chiudere la porta:
“Torna giù.” disse, rivolta a Lorenzo, che si trovò a terra.
“Dobbiamo evacuare l'area, non ci possiamo fidare.” disse
Tommy, riprendendo la situazione in mano.
Essendo un giocatore molto assiduo di Resident Evil,
l'esperienza mi insegnava che non c'era più molto da fare; se il
Virus prendeva il cervello della vittima, era finita.
“Jace, occupati dei Superstiti” disse la mia amica: “Chiudi le
serrature della palestra, devono essere imprendibili.”
Il biondo corse subito via, lasciandoci con una classe
da gestire.
“Lorenzo, con Tommy a controllare il secondo piano”
continuai, vestendo la mia felpa oversize: “Se trovate degli
zombie, usate le vostre Virtutes.” Annuirono e andarono via,
il novellino aveva qualche difficoltà di passaggio.
“Questo non è Resident Evil Andrea, sono ancora
persone.” disse Zhalia.
Andammo fuori, sfere di Virtutes alla mano, il corridoio era
deserto, ma appena girammo l'angolo vidi che ragazzi normali
scappavano dagli zombie, venendo toccati da essi.
“Non farti prendere!” urlai, evocando dell'aria per far
allontanare gli infetti dalle persone sane.
“Che sta succedendo?” mi chiese una ragazza, la mandai in
palestra senza rispondere. La faccenda era molto più seria di
quanto pensassi, ma ero abbastanza sicuro che quella
trasformazione fosse reversibile, la FYCE non poteva
mascherare una cosa così tanto grossa, come l'omicidio di una
intera scuola.
In un paio di minuti ci raggiunsero anche Tommy e Lorenzo,
stavano incominciando a sudare.
144
“Non ci sono sopravvissuti, solo noi 5.”
Era perfetto, sembravamo essere veramente in un
videogioco, il cuore mi batteva a mille e avevo un tuffo al
cuore ogni volta che entravo in una classe. Però era una figata.
“Che cosa facciamo?” chiese Lorenzo, ogni tanto dimenticavo
che fosse la sua prima volta.
“Siamo gli unici che possono fare qualcosa. Direi di scappare
alle Bahamas. Secondo te...?” si infuriò Tommy. Non lo avevo
mai visto così preso da un attacco.
“Dobbiamo trovare i cattivi e distruggerli, non fatevi toccare
o sarete infetti anche voi” dissi io, alzandomi da terra:
“Lorenzo ed io cerchiamo di indebolire il campo di forza
dall'alto.”
Ci separammo ancora e il mio complice evocò una enorme
tempesta, ma che non ebbe molto effetto.
“Che cosa facciamo?” mi urlò, non sapevo cosa dirgli.
“Ho un'idea! Avvicinati.” disse.
“No! Non toccarlo!” lo fermai prima che potesse essere
troppo tardi per lui, sentii un boato e mi girai subito nella
direzione. In una classe le finestre erano appena state rotte,
l'istinto mi disse che era un segnale di Zhalia.
“Lore!” lo chiamai e andammo in classe, dove effettivamente
avevo ragione. I tizi incappucciati erano di spalle alla lavagna,
circondati da Jace, Zhalia e Tommy.
“Fate tornare i ragazzi normali.” ringhiò la ragazza, gli occhi
viola. I cattivi si contorcevano dal dolore, ma nulla succedeva,
anzi, degli zombie incominciarono ad entrare dalle finestre
rotte, ci volevano solo loro. Li mandai via con una folata di
vento, ma venirono sostituiti subito da altri. I tizi
approfittarono di questo momento di esitazione per togliersi
dalla nostra presa e tirarci dei pugni, facendoci cadere a terra.
“Questa volta è finita, smorfiosetti.” disse una voce
femminile: “Se non volete fare la fine degli altri, unitevi a
145
noi.”
“Mai!” urlò Zhalia, evocando un ulteriore campo di forza
intorno a noi. Non mi riuscivo a muovere, ero
completamente bloccato, così anche i miei amici. L'unico che
era riuscito ad alzare la testa era Lorenzo, ma che stette più
lontano possibile dai nemici, forse era l'effetto sorpresa.
“Poveri piccoli, così bravi a nascondersi dietro dei Recti.”
Uno agitò la mano e Lorenzo si alzò in volo,
evidentemente controllato.
“Leo!” urlò ancora Zhalia. Non aveva detto il suo vero nome.
“Aiuto!” disse lui, agitando e braccia, poi venne avvicinato da
uno zombie. Forse le Virtutes non gli funzionavano o non
voleva usarle ancora.
“Lasciatelo stare, vi darò quello che volete.” disse Tommy.
Era impazzito o cosa?
Tommy si sentì liberato dalla morsa e preso anche lui, sempre
vicino ad uno zombie. Ebbi la conferma che fossero entrambi
impazziti, non mi riuscivo a muovere, odiavo come riuscivano
sempre a metterci in quella condizione.
“Tommy?” urlò Lorenzo, allontanandolo da lui usando l'aria.
Mossa astuta, poteva far intendere che avrei potuto essere
stato io.
Il mio amico evocò una sfera nera, che attirò subito
l'attenzione di tutti gli zombie, presa da un tipo incappucciato.
Tommy si accasciò a terra senza vita, il tutto mentre Lorenzo
stava a guardare, senza fare. Jace urlò, cercando di tirarsi fuori
dalla morsa, ma era troppo difficile, perché nessuno faceva
qualcosa? Però notai un piccolo particolare, la sfera di
Virtutes di Tommy aveva un accendino, avrei solo dovuto
scaldarla un attimo. Pregai che Lorenzo guardasse la sfera e
capisse cosa fare. Sentii la voce di Zhalia nella mia testa e la
sua mano prendere la mia. Mi collegò a Lorenzo, che capì
subito che cosa gli volessi comunicare.
146
“Ehi Teste di cazzo!” urlò lui, evocando un enorme fulmine
proprio sulla sfera. I cattivi spiazzati la lasciarono andare, e
Tommy la evocò a sé, quel ragazzo faceva paura per quanto
ingegno aveva, sorrise, e con un gesto della mano fece
rilasciare noi e Jace.
Per terra vicino ai tizi caddero alcuni bracciali di
metallo, che Tommy fece sparire nelle ombre. Gli zombie
incominciarono a venire di nuovo e si raggrupparono intorno
a Tommy, che continuava a tenere il sorriso sulle labbra. Gli
infetti rispondevano direttamente a lui, adesso, perché erano
attaccati a bersagli diversi, non noi.
“È tempo di finire questa cosa una volta per tutte.” sussurrò
Lorenzo, iniziando a far uscire fulmini dal suo corpo, come
era successo per me nel sogno. Portai Zhalia e Tommy in
salvo, Jace contenne il problema e poi ci raggiunse, il cielo
completamente nero. Incominciò a piovere, ma ritornammo a
dare una mano a Lore, che era riuscito a contenere il disastro
da solo. Al posto dei tizi c'era una moneta, la misi in tasca e
Zhalia abbracciò Lorenzo, che si sorresse a lei per non cadere.
“Sei stato fantastico.” gli disse, mettendolo seduto.
“Ho perso le Virtutes. Non riesco più a volare.” disse,
tossendo.
“Sapevamo che questo momento sarebbe arrivato. Hai
combattuto fino alla fine, come un eroe” gli disse Tommy,
sorridente: “Vado a far tornare normali gli studenti, Lali, con
me.”
Restammo io, Jace e Lorenzo, un po' mi sentivo in pena per
lui.
“Credo che tu adesso ci debba stare molto lontano. Ne va
della tua incolumità.” gli disse il mio amico, aiutandolo a
rialzarsi.
“Si, come se nulla fosse successo, ne sono consapevole.”
“Guarda il lato positivo, non dovrai più mentire a chi ti sta
147
attorno, ti sei liberato di un gran bel peso.” dissi.
Anche se non avrei mai fatto a cambio con la sua vita,
ne ero un po' invidioso, non sapeva cosa dovevamo patire
noi, il Dolomun, i poteri improvvisi erano la migliore
soluzione per lui.
“Mi mancherà suonare assieme a voi, se devo essere sincero.
Siete un gruppo di amici fantastico.”
“Grazie” disse Jace: “Quando vorrai sarai il benvenuto, ma
per adesso non salutarci a scuola. Fai come se ti avessimo
tradito.”
“Va bene.”
“Dobbiamo far capire a questi stronzi della FYCE che ci
siamo solo noi. Non possiamo far vedere che stiamo con dei
Recti. Gaia e Vittorio potrebbero essere i primi target di un
altro attacco.” esclamai, un po' afflitto. Guardai l'orologio, era
tempo di fare l'ultima ora, in giro per la scuola non c'era
nessuno, però si respirava aria normale, o almeno così
pensavo.
Davanti alla classe ci aspettava Morgana, il nostro
severissimo professore di fisica.
“La lezione è incominciata da 10 minuti, dove eravate voi
tre?”
“Professore, c'è stato un attacco bioterroristico di Zombie, ci
eravamo nascosti in bagno.” dissi, angelico.
Gli altri confermarono e andammo a sederci nei nostri posti,
dove ci aspettava Zhalia molto soddisfatta.
“È finita.” dissi. Il professore richiamò l'attenzione per
incominciare a spiegare, ma la mia attenzione era rivolta ad
altro, Zhalia mi aveva preso la mano in un momento difficile,
aveva cercato il contatto fisico.
“Non ti ci abituare troppo, Lanza.” sorrise.
Ero al settimo cielo, e il gruppo era quello di prima, unito.

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QUELLA DANNATISSIMA GITA IN
MONTAGNA.

Quel giorno che non doveva arrivare era arrivato, ne avrei


fatto volentieri a meno, come tutte le attività extra-scolastiche
a cui eravamo obbligati a partecipare. Di che cosa, vi starete
chiedendo tutti a casa, non avevo mai iniziato un capitolo in
questo modo. ma oggi vi deve andare bene, non c’è altra
soluzione.
La tanto agognata gita in montagna, il viaggio
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obbligatorio per tutti i ragazzi diciottenni dell’Istituto,
nessuno voleva mai partecipare per ragioni ignote, voci di
corridoio dicevano che la mancata partecipazione portava
all’addio alla promozione del primo quadrimestre. Che
divertimento, stare un giorno intero con i professori e i miei
compagni di classe, una gioia. Scusate per questo piccolo
sfogo, ora faccio il serio.
Il ritrovo era alle 6 (06.00, li mortacci) al Liceo, gli
studenti erano tutti assonnati, io e Tommy avevamo giocato a
LoL con Lorenzo, Zhalia e Jace fino alle 2, avevamo dormito
poco nulla.
La nostra faccia era messa male, ma mai quanto quella di
Aurora, la principessina odiava svegliarsi prima delle 7:30,
diceva che le venivano le occhiaie da panda.
Frollari, il solito professore di ginnastica, era accompagnato
dalla Preside, con loro due sarebbe stata una noia assurda.
“Ehi!” ci salutarono Jace e Zhalia: “Come ci organizziamo per
i posti in autobus?”
“Lali, vieni con me?” dissi. La ragazza annuì e pensai che
doveva essere proprio distrutta per accettare una tale
proposta.
“Tommaso, ti va se ci sediamo vicini?” disse Marie,
prendendogli il braccio.
Jace sorrise e lasciò i due piccioncini nei posti davanti,
probabilmente si sarebbe messo dietro a giocare a Wild Rift,
poteva benissimo.
“Perfetto, che così io e Jace andiamo un po’ avanti con il
progetto.” disse Tommy, prendendo posto nei sedili davanti,
entrambi soffrivano di mal d’auto.
Appena Aurora mi vide con Zhalia, si svegliò e mi
guardò male, prendendo a braccetto Giacomo. In risposta
presi la mano della mia amica e l’aiutai a salire. Ero stato al
suo gioco per una volta, dovevo smetterla. Tirò fuori le cuffie
150
e se le mise, appena il conducente partì, gliele tolsi subito.
“Ho una soluzione che fa comodo ad entrambi.”
Tirai fuori dalla borsa delle cuffie Bluetooth costosissime e
gliele porsi un paio, le collegai al mio telefono e aprii Spotify.
“Facciamo una playlist insieme, ci alterniamo per le canzoni.”
dissi. Annuì e in 20 minuti avevamo la musica da ascoltare per
tutto il viaggio di andata e ritorno.
Nel suo repertorio c’erano Beast in Black, Avenged
Sevenfold, KDA e Pentakill, nel mio Metallica, Queen,
Pantera e Scorpions, oltre a tantissimi classici da cantare a
squarciagola. Prima canzone venne una delle sue, aveva un
ritmo molto calmo che era perfetto per dormire. Zhalia
appoggiò la sua testa sulla mia spalla e chiuse gli occhi.
Incominciai a giocare con i suoi capelli, poi mi porse la mano
e la presi. Era davvero troppo stanca.
Appena fui certo che dormisse, chiusi gli occhi anche
io, e feci un sogno, un ricordo.
Ero piccolo, dai miei nonni in Francia, e stavo giocando ai
pirati con i miei amichetti del tempo. Io ero il capitano della
mia casa sull’albero, un bambino chiamato Adrien faceva il
mozzo che doveva essere buttato in mare dagli squali. Mentre
stavamo giocando, Adrien cadde dalla casetta e si fece male,
nulla di rotto per fortuna, poi salì un’altra volta e cadde, ma
questa volta ero con lui, e dell’aria ci trattenne dal farci male.
Iniziammo a pensare che ci fosse un amico immaginario che
ci aveva salvato da quella situazione, ma avevamo troppa
paura a provarci ancora.
Mi svegliai di colpo, facendo sussultare anche Zhalia.
“Che succede?” disse lei, massaggiandosi la testa.
“Ho avuto le Virtutes da piccolo.”
Le spiegai il mio sogno/ricordo, che la lasciò molto perplessa.
La potevo capire, era stranissimo ricordare il passato,
soprattutto in un sogno.
151
“Ne parliamo con gli altri” disse lei: “Andiamo a dormire
ancora, ne abbiamo bisogno.”
“Si, ma questa cosa ci sconvolge tutto.”
“Andrea, dormi!” mi zittì lei, prendendomi il telefono e
mettendo play per la musica.
Decisi di darle retta e dormire fino a quando non
arrivammo a destinazione, l’aria conteneva decisamente più
ossigeno rispetto a Padova.
“Aspetta un attimo, che giorno è oggi?” mi chiese Zhalia.
“9 novembre.”
“Buon compleanno Andrea!”
Me ne ero completamente scordato, mi domandai come lo
sapesse. Ah, le Virtutes.
“Grazie.” Odiavo il mio compleanno, era un giorno
completamente inutile: “Non auguratemi buon compleanno o
altro, non voglio saperne nulla, chiaro?” Erano 19, anche per
me.
“Ricevuto.” disse Zhalia, scendendo dal pullman.
“Riempitevi i polmoni ragazzi, respirate.” disse la Preside,
forzando il movimento; quanto avrei voluto soffocarla. Ci
raggiunsero Jace e Tommy, sbadigliando.
“Ragazzi!” Frollari ci raggiunse: “Avete un momento? Vi devo
parlare.”
Ci portò in baita, facendo gestire gli altri ragazzi alla
donna, raggiunta da una guida.
“Ci dica.” disse Tommy. Quando eravamo convocati noi 4
assieme, soprattutto da quel professore, non era mai una cosa
buona.
“Dopo ci sarà una gara mista di Orienteering, il tipo che è con
la Preside è un pezzo grosso. Vi chiedo solo di fare una buona
impressione e di vincere la gara.”
“Va bene, faremo del nostro meglio.” dissi.
“So che avete le capacità per vincere. Non mi deludete.”
152
Frollari ci lasciò, raggiungendo gli altri.
“Non so cosa pensare” disse Jace: “Ho l’impressione che
abbia cercato personalmente quel tipo, come se ci volesse
incastrare. Sa di cosa siamo capaci ed è consapevole che non
diamo mai il massimo.”
“Ci ha incastrato” disse Zhalia: “Che facciamo?”
“Vinciamo quella gara e poi capiamo le vere intenzioni di quel
tipo.” constatai, ricevendo il consenso degli altri, poi
andammo dal gruppo di ragazzi.
“Lanza, mancava proprio la sua compagnia all’appello” disse
la Preside. Ogni parola che diceva faceva aumentare solo il
mio desiderio di soffocarla o incenerirla.
“Ora che ci sono tutti posso cominciare. Mi chiamo Adi e
sono una guida alpina. La giornata sarà strutturata in 3 parti,
orienteering, pranzo in rifugio, ore di libertà. Tutto chiaro?”
Molto spiccio il tipo. Mi piaceva.
“Ovviamente ci sono delle regole da rispettare…” continuò,
iniziando a camminare a modo generale dei film: “Prima, non
allontanarsi dal proprio gruppo. Seconda, non avvicinarsi a
bestie del bosco e non dare loro da mangiare. Terzo, non
andare in strade che non siano del sentiero.”
La guida non aveva capito che eravamo tutti
diciannovenni e non dei bambini. Il bosco era bellissimo, gli
alberi erano alti e appuntiti, la vista sulle montagne era
mozzafiato. Per quanto fossi stato un tipo da mare, ammisi
che quella vista e quell’aria forse erano meglio dei lettini e
degli schiamazzi della gente. Amavo quel contatto strettissimo
con la natura, poi con le mie Virtutes tutte quelle sensazioni
erano amplificate a livelli estremi. Chissà se avrei avuto il
potere di spaccare una montagna in due, sarebbe stato troppo
idiota provarci.
Adi ci fece fare un sopralluogo dei posti in cui
dovevamo andare a fare la gara, poi dopo un’oretta ci portò al
153
Rifugio, dove facemmo merenda con i prodotti tipici, salame,
pane, formaggi. Per tutta la passeggiata avevo un solo
pensiero fisso, quel sogno, che però ben presto venne
sostituito da un altro pensiero fisso. Zhalia era stata tutto il
tempo vicino a me.
Ad ogni gruppetto la guida porse una busta, ci spiegò
che dentro c’era tutto l’occorrente per non perderci, mappa,
bussola, fischietto e foglio gara. Disse anche di scegliere un
nome da dare alla propria squadra, composta da 4 persone. A
vedere le facce degli altri, fregava zero la gara, erano quanto
più interessati a non stare sotto le grinfie della guida, del
professore e della Preside.
“Bene allora, vi vedo tutti belli pronti” disse la Preside: “Adi
vi darà l’ordine di inizio, partirete scaglionati per evitare code
alle lanterne.”
Avevo un brutto sentimento, avrei voluto pensare che fosse
solo una normalissima gita, il pensiero della FYCE che
riusciva a rovinare tutto. Poi, non volevo che qualcuno ci
scoprisse, poteva essere un problema troppo grosso da
gestire.
Prima di noi partirono 3 squadre, distanziate tra loro
da 5 minuti, quando arrivò il nostro turno eravamo pronti.
Adi era giovane, avrà avuto 26 anni, e sembrava un attore
famoso, con atteggiamenti da divo che non mi piacevano per
nulla, perché mi rubava la scena.
“Fatemi vedere quello che sapete fare.” disse lui, dandoci il
via. Aprii la busta con la mappa e Tommy la scrutò un attimo,
indicando una direzione, e corremmo via. Mi sentivo vivo,
avrei dato tutto per volare in quel momento.
“Ragazzi, vi devo dire una cosa.” dissi. Riuscivo a correre e a
parlare senza problemi, vantaggi delle Virtutes, ed ero
comunque più veloce di un qualsiasi umano. Raccontai loro
del sogno, come aspettavo la reazione fu identica a quella di
154
Zhalia.
“Hai sognato il tuo passato, dove avevi le Virtutes?” chiese
Jace, per conferma: “Questo è un problema anche più grande
di Lorenzo.”
Annuii, era vero, e capire di più doveva essere la nostra
priorità al momento, non quella stupida gara.
“Non era mai capitato che avessi delle visioni da solo, di
solito erano combinate con le nostre.” dissi, venendo poi
interrotto da Zhalia: “Dobbiamo aspettarci il peggio.”
Tommy era un asso con le mappe, ma quella volta
forse non fu così, dato che ci trovammo davanti ad una parete
di arrampicata.
“La strada è questa, la lanterna è in cima.” ci indicò. in realtà
non eravamo soli, un’altra squadra ci aveva raggiunto, era
quella di Lorenzo e Vittorio, partita prima di noi.
“Cazzo!” disse Jace: “Adesso come facciamo?”
“Ci sono delle corde e dei rinvii, bisogna scalarla” notò
Zhalia: “Qualcuno di voi è esperto di arrampicata?”
Scuotemmo la testa, nessuno di noi aveva arrampicato prima
d’ora, e a giudicare le facce dell’altro gruppo, nemmeno loro.
“Bon allora, salgo io. Andrea fammi da sicura.”
“Ma io…” contestai, ma Zhalia mi zittì con un bacio sulla
guancia, per nulla da lei. Rimasi sorpreso e senza parole.
“Adesso lo sai fare.” disse lei, imbarazzata. Aveva ragione, lo
sapevo fare, l’avevo imparato per mezzo di un bacio. Che
belle Virtutes che aveva.
Presi il gri gri e settai la corda, lei si tolse la maglietta,
rimanendo in top e prese i rinvii, strano ma assolutamente
figo. L’altra squadra fece lo stesso e Jace porse all’amica il
foglio da punzecchiare con lo stampino delle lanterne.
“Stai attenta.” le dissi, lei sorrise. Incominciò a scalare
velocemente tutta la parete, era un ragno, in 5 minuti era quasi
in cima, le mancava poco.
155
“Andrea, tira la corda!” mi disse, dall’alto. Aveva il culo più
bello che avessi mai visto, con l’imbragatura poi era molto
risaltato, mi faceva impazzire.
“Attenta alle pietre!” urlò Tommy, fece appena in tempo a
scansarsi che gliene passò una vicina alla faccia.
Zhalia urlò e una pietra dove si era posata con le mani si
ruppe, facendole fare un volo di 5 metri. Stava per sbattere
sulla montagna quando evocai l’aria e la misi tra lei e la roccia,
salvandola.
“Come hai fatto?” chiese Vittorio, distogliendo lo sguardo da
Lorenzo, che stava arrampicando.
“Aiuto!” disse Zhalia, urlando. Le rocce che si erano staccate
erano andate ad appiccicarsi a lei, incollandola alla parete.
Rebecca, la ragazza di Vittorio, strillò dalla paura, aveva visto
che le rocce avevano vita propria e poi si accasciò a terra,
seguita da tutti i suoi amici.
“Dammi l’imbrago, valla a salvare.” disse Lorenzo. Mi tolsi
tutto e mi alzai in volo, portando Tommy e Jace con me.
Tommy evocò l’ombra e provò a spezzare la roccia, ma
sembrava indistruttibile. Jace si attaccò alla parete e
incominciò a farla vibrare, riuscì a fare dei progressi, ma era
ancora troppo poco.
“Ale!” la sua faccia era quasi inghiottita dalla parete, portai giù
i miei amici.
“Andrea, usa la terra!” disse Lorenzo, era incredibile come
fosse l’unico lucido tra tutti.
Mi chinai, una mano sulla roccia, e mormorai: “Cedi.”,
immaginando che ci fosse un enorme buco dentro la
montagna. Caddi a terra, era troppo sforzo per me, ma ero
riuscito nel mio intento.
Zhalia andò con i piedi per terra e si tolse subito dalla
montagna, raggiungendomi per terra.
“Grazie.” mi disse, abbracciandomi. Vidi che con la telecinesi
156
era riuscita a punzecchiare il giusto posto, ce l’avevamo fatta.
“Tutta questa corsa è una trappola, non ci credo.” disse Jace,
aiutando Zhalia a rialzarsi.
Forse ce lo dovevamo aspettare, o forse no, fatto sta che
quelle rocce erano incantate.
“Grazie Lore, ho timbrato anche il tuo foglio.” disse lei, aveva
ancora paura.
“Dobbiamo bloccare quella dannata parete” concordò
Tommy: “Qualcun altro si potrebbe far male.”
Zhalia svegliò gli altri 3 ragazzi e raccontò loro che la
prova era stata annullata perché era troppo pericolosa.
Impressionanti le nostre Virtutes, potevamo letteralmente
plasmare la realtà.
“Dobbiamo continuare la gara!” disse Jace, correndo verso la
prossima lanterna. È vero, dovevamo finire e vincerla.
Fummo i primi a finire il percorso, in 58.08 minuti, avevamo
fatto 12 km in un’andatura stabile, contando anche il pitstop.
“Ragazzi, non avete smentito le mie aspettative, vi devo fare i
miei personali complimenti” disse Adi, con dietro Frollari
molto fiero: “Dobbiamo fare una bella chiacchierata, magari
in separata sede.”
“Grazie, speravamo di essere all’altezza.” disse Tommy, con
tono sospettoso.
Sapevo come era fatto, non gli andava per nulla giù l’attacco
delle rocce e voleva sapere molto di più.
“Lo siete stati, per tutte le prove. Dovevamo solo capire se
eravate quelli che il vostro professore diceva. Non lo avete
smentito.”
Non era una cosa normale quella, eravamo stati incastrati,
molto probabilmente proprio dalla guida.
“Siete liberi fino alle 13, dove si terrà il pranzo in rifugio.
Girate pure, non allontanatevi troppo.” disse la Preside. Del
tempo solo per noi era quello di cui avevamo bisogno, ma allo
157
stesso tempo sapevamo che sarebbe successo qualcosa che
non volevamo.
Andammo via, ci sedemmo in un’Area Picnic lì vicina
e iniziammo a discutere davanti a dei bicchieri di ghiaccio e
dell’acqua appositamente evocata per la situazione, stavo
morendo di sete.
“Dobbiamo tornare alla parete per analizzarla.” disse Jace, ma
nessuno di noi aveva in mente di tornarci, poteva capitare
veramente di tutto. Il nostro biondo amico provò a farci
ragionare ma il no era molto secco, Zhalia l’avevamo salvata
quasi per miracolo.
“Allora ci vado solo io” disse lui: “Se entro 10 minuti non
torno, venitemi a cercare.”
Zhalia annuì e fece partire il cronometro del suo orologio,
Jace scomparve, ogni giorno che passava era sempre più
veloce, forse avrebbe potuto superare la barriera del suono.
“Lali, quella roccia che ti ha preso e quasi inghiottito,
sembrava essere controllata o avere vita propria?” le chiese
Tommy.
“Aveva vita propria, se qualcuno l’avesse controllata avrei
percepito le sue Virtutes.” disse Zhalia, aveva ragione.
La vera domanda che mi sarei dovuto fare era: “Il
sogno era collegato con quella cosa? Il bosco, la parete in
mezzo al nulla?” Non avere il controllo della situazione mi
faceva salire ansia che se avessi fatto vedere, sarebbe stato un
grosso problema per gli altri che cercavano sostegno in me.
“Credo che il tuo sogno di stamattina non sia stato casuale,
dobbiamo aspettarci di tutto” disse la mia amica, controllando
l’orologio: “Manca un minuto e Jace non è ancora tornato, mi
sto preoccupando.”
A 10.01 minuti il biondo arrivò con il fiatone, cosa che da lui
non ci aspettavamo.
“Cosa hai visto?” chiese Tommy.
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“Nulla di diverso, a parte che ho ritardato perché sono andato
a documentarmi su questa” tirò fuori una roccia che
proveniva dalla parete: “Questa non è una semplice Dolomia,
ma è una roccia presente solo in una particolare zona della
Francia, la Loira. E come tutti sappiamo, Andrea ha origini
francesi.”
“E tu dove sei andato per sapere questo?” chiese Zhalia,
sorpresa.
“Direttamente alla Ca’ Foscari di Venezia, chérie, a 170 km da
qui.”
“Quanto è che ci hai messo per arrivare?” chiese Tommy.
“Circa 1 minuto e 30, oggi mi sentivo in forma.” rispose lui,
gasato: “Avanti, non arrivate alla conclusione?” Scossi la testa.
“Vuol dire che è stata portata qui, attaccata con la forza alla
montagna e diventata parete di arrampicata. Le analisi dicono
che è stata trasportata circa 2 giorni fa, si capisce dalla diversa
composizione e dai residui di fiori e muschi che possono
vivere solo in quella zona.”
“Jace, tesoro mio, tu da grande dovrai fare il geologo.” disse
Zhalia, abbracciandolo.
“Nah, preferisco lo psicologo.”
“Sappiamo che chiunque abbia messo lì quella roccia, l’ha
fatto per il nostro arrivo.” disse Tommy, cercando lo sguardo
di Jace, che annuì.
“Vedo che ci siete arrivati, finalmente.” disse una voce alle
nostre spalle.
Dall’ombra sbucò Adi, la guida. Assumemmo una
posa difensiva ma lui ci fece strani gesti con le mani, come per
dirci di calmarci.
“Non sono qui per combattere, ma solo per parlarvi,
civilmente” disse: “Vi do la mia parola che non attaccherò
nessuno e non farò mosse false. Prego, sedetevi.”
Restammo in piedi, attenti ad ogni singolo movimento di Adi,
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non aveva il marchio della FYCE, quindi non doveva essere
stato controllato, era un portavoce.
“Ragazzi, vi prego. State tranquilli. Da dove posso
cominciare?”
Evocò una poltrona di velluto e si sedette, evocando anche un
bicchiere di whiskey. Avevo ragione, aveva i comportamenti e
le fattezze di un attore famosissimo. Di Caprio, ecco chi era.
“Nessuno sentirà la sua mancanza?” chiese Zhalia, sarcastica.
Adi rise sonoramente, bevendo poi un sorso: “Mia
cara, sei adorabile. Ho lasciato a Frollari l’onore di guardare
che i vostri amici arrivassero. Devo dire che te la sei cavata
egregiamente prima, quello rimasto sveglio sa di voi?”
Non aveva detto che aveva anche lui le Virtutes, prima che
gliele fossero tolte, avevamo qualcosa che non sapeva.
“Si, sa di noi.” confermò Jace. Il suo sguardo diceva molto,
stava cercando una via di fuga che ci portasse via, lui con le
sue Virtutes l’avrebbe potuto fare benissimo.
“Un Rectius che sa di voi, cosa mi tocca sentire. Dovete farlo
fuori il prima possibile. Comunque parliamo di altro, a che
conclusioni siete giunti?”
“Qualsiasi cosa sia, voi della FYCE non saprete nulla.” dissi,
con il risultato che Adi scoppiò a ridere, ancora.
“Ragazzo, sei esattamente come ogni membro della tua
famiglia. Fatichi a credere alle cose che ti dicono. Ma adesso
ascoltami, vi sto offrendo una soluzione.”
“Che sarebbe?” chiese Jace, scettico.
“Intanto, Jacopo, o Jace come ti fai chiamare, non ti sembra
di essere un po’ sprecato a dover nascondere le tue Virtutes?
Così come tutti. Vogliono creare un mondo migliore, dove
non ci sono problemi, e voi non dovrete più nascondervi,
anzi, diventereste delle leggende.”
“Grazie dell’offerta, ma il mondo va bene così com’è. Niente
cose assurde alla 1984.” disse Tommy. Sorrisi, era il suo libro
160
preferito, era da lì che aveva preso tutta la sua cattiveria in
alcuni momenti.
“È inutile che negate, questo mondo è destinato a morire, ci
sono troppe persone e poche risorse per tutti.”
Adi continuò il suo discorso agitando una mano e
rendendoci partecipi tramite delle immagini sopra la nostra
testa.
“La Terra non è adatta a contenere tutti questi Recti, con le
vostre Virtutes potreste salvare la parte bella del pianeta,
lasciando morire i deboli che non servono a nulla per la
società, sprecano solo risorse.”
“Come ci stai chiedendo di ascoltarti, chiediamo a te la stessa
cosa. Un no è un no, non vogliamo prendere parte a questo
sterminio” disse Zhalia: “Non vogliamo avere nulla a che fare
con questo progetto, e cercheremo di fermarvi con tutte le
nostre forze.”
“Dobbiamo continuare a parlare, si è fatta l’una. Vi terrò
d’occhio a pranzo.” Adi schioccò le dita e la poltrona
scomparve, bevve il whiskey rimanente e buttò per terra il
bicchiere, facendolo rompere.
“Bonnes Chances, mes amis.” disse, inchinandosi e andando
verso la Preside, che si impettì appena la raggiunse.
“Non ci credo comunque” disse Jace: “Ci ha nascosto molte
cose secondo me.”
“No, semplicemente le ha dimenticate” disse Zhalia:
“Chiunque l’abbia mandato qui sapeva delle mie Virtutes e ha
fatto apposta.”
“Hai ragione Lali, torniamo dagli altri, mangiamo e decidiamo
che cosa fare poi.” conclusi, alzandomi dalla panchina e
dando fuoco al ghiaccio, così da cancellare le nostre tracce di
passaggio.

161
… NON È ANCORA FINITA,
PURTROPPO.

Le nostre disavventure non erano ancora finite, ci avrei


scommesso le mie Virtutes. Adi, per tutto il pranzo, ci guardò
come se fossimo stati dei prigionieri pericolosi. Per non
162
parlare dell’inquietudine che le sue parole ci avevano instillato,
Zhalia ci raccontò perchè era rimasta così scioccata, quando
era bambina aveva rischiato la vita cadendo, e si era fatta una
cicatrice sul braccio. Adesso capii perchè non si era subito
teletrasportata via. Jace dopo quell’evento le stette molto più
vicino, quasi a guardia del corpo, apprezzai che volesse
proteggerla, ma mi salì un po’ di gelosia, che provai a non far
vedere. Tommy era più cupo del solito, si era reso conto che
aveva già visto quell’uomo, era un amico di suo padre, poteva
sapere. Se noi avevamo una battaglia, lui ne aveva un’altra più
importante, le portava avanti entrambe, lo ammiravo per
quello.
Finito di mangiare andammo da Adi, ma fu
irremovibile, davanti a Frollari e alla Preside ci disse che aveva
già detto tutto, e che non potevamo fargli altre domande. Al
che ci incazzammo non poco e andammo fuori, dove i
gruppetti di amici si trovavano per giocare a carte, fare tik tok
o dormire sull’erba, avevamo 2 ore di pausa prima dell’ultimo
giro guidato. Buttai giù l’idea di comportarci come ragazzi
normali per una volta, distendendoci e non usando le
Virtutes, era molto che non lo facevamo. Zhalia approvò,
prendendo un taccuino e incominciando a scrivere e a fare dei
disegnini sotto. Non era la prima volta che la vedevo fare una
cosa del genere, ma mai le avevo chiesto spiegazioni. Finì
presto, e si appoggiò a me. Che avevo fatto per farmi trattare
così bene? Però non necessitavo di saperlo, mi andava troppo
bene.
“Mi sto annoiando” disse Jace: “Andiamo a fare un giro?”
“Io sono abbastanza stanca, vai con Tommy.”
Tommy annuì e scomparvero, uno diventato ombra, l’altro
semplicemente troppo veloce per essere visto.
“Sono felice di stare con te, Andrea.” mi disse, le accarezzai il
viso e il mio stomaco fece un salto di tre metri. Che bel regalo
163
di compleanno mi stava facendo, ma avevo paura di sparare
una delle mie solite cazzate e rovinare il momento.
“Amo tantissimo i boschi, ti va di fare un giro per di là?
Prometto che non andiamo troppo lontano.” mi chiese.
“Ti seguirei fino in capo al mondo.” confermai. La presi per
mano e andammo all’entrata del sentiero, dove però fui
interrotto dall’arrivo improvviso di Aurora, con il telefono in
mano.
“Che cosa vuoi?” disse Zhalia, fredda.
Aurora sorrise e girò il telefono, quella capra era in
videochiamata con mio padre. Lasciai subito la mano della
mia amica e mi misi composto, maledicendo quel momento.
“Andrea, vedo che ti stai facendo desiderare. Non sono
d’accordo. Ritorna da Aurora o le conseguenze saranno
irreparabili.”
“Sì padre.”
La scema mise giù trionfante e guardò Zhalia schifata:
“Hai capito che devi smammare via?”
Aveva gli occhi viola, le mani strette in pugni, Aurora l’aveva
fatta arrabbiare parecchio.
“Ehi bellezza, calma. Non vorrai fare del male a qualcuno.”
apparve Adi dal nulla e fece andare via Aurora con un gesto
della mano.
“Che cosa vuoi?” disse per la seconda volta lei. Era molto
gelosa, mi piaceva.
“Hai il potenziale per rendere il mondo tuo schiavo, non
voglio farti combinare casini.” fu la risposta di lui.
“Bene, volevo solo trascorrere del tempo con il ragazzo che
mi piace, posso?”
Miss Ghiaccio si era appena dichiarata, quella notte doveva
aver preso una grossa botta in testa.
“Tra voi due non funzionerà mai, questione di Virtutes.”
sbadigliò lui: “Non sono venuto qui per sistemare faccende di
164
cuore ragazzi. Ho il marchio dei traditori, se no non sarei
qui.”
“Seh, e io sono il Generale dell’Impero Romano.” dissi,
divertito. Non so perchè ancora sprecavamo il nostro tempo
con lui.
“È esattamente così in realtà, ma è un’altra storia. Non ho
molto tempo, mi hanno scoperto. Vi dovrete fidare
ciecamente solo di voi Custodes, non di altri.”
“Ci hai trascinato in trappola. Avanti Andrea, andiamo.”
Zhalia mi prese la mano e andammo di corda dentro il bosco,
incuranti di Adi e delle sue minchiate. Nel nulla trovammo
Tommy e Jace, intenti a parlare tra loro.
“Cosa ci fate qui?” disse Tommy, sorpreso.
“Siamo scappati via da Adi, aveva detto che non ci possiamo
fidare di nessuno se non di noi Custodes.”
“Tommaso, sei tutto tuo padre.” disse la guida, alle nostre
spalle.
L’interessato si girò e incatenò Adi in ombra, provò a
liberarsi ma invano. Vidi il male negli occhi di Tommy, per la
prima volta dopo anni.
“Non ho ricordato male. Dove è quel bastardo?” disse,
lentamente.
Lessi il terrore negli occhi di Zhalia e Jace, spaventati dal
repentino cambio di carattere dell’amico.
“Quante volte ve lo devo dire? Smettetela di pensare che io
sia vostro nemico. È una cosa che non mi merito.”
“Dove si trova mio padre?” ripeté Tommy con lo stesso tono.
Strinse un pugno e le catene diventarono più grosse e strette,
facendo ansimare la guida.
“Tommy basta!” urlò Zhalia, ma non fece nessun effetto, Adi
incominciava ad avere il viso blu.
“Se non vuoi morire, ti consiglio di rispondermi.” continuò
lui.
165
“È scappato, nessuno sa dove sia.” ansimò Adi, Tommy
impassibile continuò la sua presa.
“Non mentire proprio a me, Traditore.” sussurrò. Stava
esagerando.
“Dan, che stai facendo?” l’urlo della Preside ci fece trasalire,
Tommy si girò verso la voce, erano i due accompagnatori. Fee
un gesto con l’altra mano e vidi le loro iridi diventare
completamente nere, assumendo la posa rigida a T,
sembravano essere burattini.
“Tommy, basta!” ripeté Zhalia, i suoi occhi diventati viola.
“Non usare le tue Virtutes contro di me.” disse lui, facendo
diventare anche le iridi di Zhalia nere.
“Non ci vedo più!” la ragazza si sfregò gli occhi, terrorizzata.
“Dove si trova mio padre?” disse Tommy.
Zhalia cadde per terra e il moro creò un buco nero:
“Benvenuta nel tuo incubo.”
Evocai il fuoco e lo scagliai addosso a Tommy, mentre
Jace cercava di liberare Adi, i nostri sforzi sembravano vani.
“Andrea, scappa!” disse Jace, venendo inghiottito dall’ombra
che aveva preso Zhalia. Ero sicurissimo che Tommy stesse
avendo il suo Dolomun, non avevo altre alternative di
pensiero. Anche se eravamo nei boschi, ebbi paura che
potesse coinvolgere altri ragazzi. Mi trovai davanti al rifugio.
“Andrea, che cazzo stai facendo?” mi chiamò Lorenzo, sotto
gli sguardi increduli di tutti i miei compagni che stavano
prendendo il sole.
“Sei uno scherzo della natura Lanza, stai procurando tu tutti
questi problemi.” disse Giacomo: “Posseduto dal demonio,
ecco cosa sei.” Anche in momenti come quelli, il suo primo
pensiero era insultarmi, fantastico.
Degli studenti iniziarono a chiamare la polizia, feci
volare via i cellulari dalle loro mani, dentro una scatola nel
rifugio. Già eravamo pieni di casini, non ce ne potevamo
166
permettere altri. Da Tommy incominciarono a venire fuori
ombre che spaventarono i più vicini.
“Dentro sarete al sicuro!” urlai, evocando un muro di terra
alto 5 metri per fermare l’avanzata del nero, ma passò oltre
senza problemi. Gli altri si decisero a scappare, Lorenzo si
mise vicino a me in posa difensiva, forse gli erano tornate le
Virtutes. Urlò e alzò una mano al cielo, non successe nulla.
“Entra anche tu!” gli urlai. Ero solo, ancora, con alle spalle la
responsabilità di ragazzi innocenti, come sempre.
“Fatti vedere!” urlai, facendomi luce col fuoco.
“Sono sempre stato dietro di te, per supportarti. Mi sono
rotto di essere il tuo secondo.” Tommy mi bloccò il respiro e
mi scaraventò dalle ombre, che mi circondarono.
“Voglio solo scoprire la verità su mio padre, perché me lo stai
impedendo? Siamo fratelli.”
“Tuo padre ha mandato tua madre in coma! Vuoi diventare
un assassino anche tu?”
“No, mia madre può essere salvata, l’ho vista.” assunse un
tono supplicante.
“Hai un Dolomun, era solo un’allucinazione” mi rialzai e
fissai dritto negli occhi Tommy: “Dove è Adi?”
“Nel suo incubo, nel mio Regno delle Ombre. Dove finirai
anche tu.”
Tommy era estremamente potente, ero sicuro che
avesse scoperto da poco, se non durante il Dolomun, quella
parte del suo potere.
“Non voglio combattere contro di te.”
Ero stato il primo ad avere il Dolomun, nessuno era riuscito a
farmi tornare normale, solo vedere Zhalia stare male. Che
stavo facendo quindi? Tergiversando per aiuti che non
sarebbero mai arrivati, dato che nessuno sarebbe venuto a
salvarmi. Ero io il Custor, non altri. Lo attaccai di sorpresa e
lo ferii al viso, poi lo placcai e ordinai alla terra di togliersi al
167
nostro passaggio. Tommy ci circondò d’ombra e ci trovammo
in un posto pieno di luce, sembrava la nostra scuola, dove
tutto era iniziato.
“Andrea?”
Zhalia mi corse intorno assieme a Jace, erano mano nella
mano, lei ancora cieca.
“Lali, Jace! I tuoi occhi!” le dissi, abbracciandola.
“Sono connessa a Jace, vedo attraverso di lui. Tommy deve
essere fermato.”
“Dove siamo?” chiesi.
“Letteralmente dentro le sue Virtutes. È come se fosse un
mondo a parte.” disse Jace. Dovevamo uscire da lì.
“È una bellissima riunione, ci siamo tutti.” disse Tommy,
apparendo davanti a noi.
“Ridammi la vista.” ringhiò Zhalia.
“Le regole nel mio mondo le farei io, se non vi dispiace. Ora
che puoi vedere tramite Jace non vedo motivo per cui dovrei
ridartela.” rise lui. Era un incubo.
“Lali, hai veramente paura dei clown? Sono così carini.”
Agitò una mano ed il nero dai suoi occhi scomparve, poi
apparvero dei pagliacci direttamente usciti da IT. Zhalia urlò e
si nascose dietro di me, incapace di fare qualsiasi cosa. In quel
mondo le Virtutes non funzionavano, tutto era dettato dal
volere di Tommy.
“Andrea, ci sono dei manichini tutti per te.” mi voltai e dei
manichini killer presero Jace e incominciarono a puntargli
degli aghi al viso.
“Per non parlare della tua, Jacopo. Chi alla tua età ha paura
delle punture.”
Jace urlò e Tommy rise, era spaventoso il modo in cui le sue
Virtutes si potevano evolvere e si manifestavano se perdeva il
controllo, dovevamo uscire da lì. Eravamo nella sua Room
101.
168
“Siete così patetici. Avete le paure più da bambini che abbia
mai visto.” ci disse. Sapeva benissimo che non potevo vedere
i manichini per traumi passati da bambino, aveva il Dolomun,
il Tommy che conoscevo non li avrebbe mai nemmeno
nominati.
Il clown più brutto si avvicinò a Zhalia, prendendole
un braccio e incominciando a toccarglielo con le dita,
sostituite da delle siringhe. Lei provò a dimenarsi e a scappare,
con la conseguenza di trovare il braccio pieno di sangue; le
ferite erano piuttosto gravi, dovevano essere disinfettate al più
presto.
“Qualcuno faccia qualcosa!” urlò Jace, il viso completamente
bianco. I manichini stavano attaccando il mio amico, non me.
Nonostante fossi terrorizzato, ero quello che stava
mantenendo meglio la calma.
“Tommy, devi reagire! Non trasformare i tuoi amici in delle
pozze di sangue.” provai, avvicinandomi a lui. Forse c’era
qualcosa che non funzionava, perché quello di cui avevo
paura veramente era che diventassi come mio padre, se non
peggio. restai calmo e mi sforzai a respirare normalmente,
ignorando i manichini che lentamente venivano verso di me,
abbandonando Jace e Zhalia.
“Nice try.” dissi, placcando Tommy. Se avesse preso una bella
botta in testa, probabilmente sarebbe stato abbastanza
stunnato per farci uscire da quella situazione di merda. Lo
presi ma le mie mani passarono attraverso di lui, facendomi
cadere per terra. Mi rise malefico e diventò normale, non
ombra.
“Anche il tuo…” non fece in tempo a finire la frase che Jace
prese un’asse di legno – dal nulla – e ci schiantò da dietro la
faccia di Tommy. Un attimo dopo eravamo vicino al Rifugio
dove eravamo in gita, mai nella vita fui così felice di stare in
montagna. I nostri compagni erano dentro al sicuro, Lorenzo
169
fuori per cercare di far tornare le Virtutes. Mi faceva un po’ di
pena quel ragazzo.
Nonostante avessimo passato la parte critica, Tommy
aveva ancora gli occhi rossi e il male negli occhi. Ma questa
volta, a nostra difesa, avevamo finalmente le Virtutes.
Tommy ci circondò ancora di ombre, ma Zhalia le bloccò con
la telecinesi, era parecchio arrabbiata.
“Non opponete resistenza.” urlò lei, per poi scomparire. Jace
si fermò immediatamente e io con lui, dandole fiducia.
“Avete capito che si tratta di una perdita di tempo?” sorrise
Tommy, incatenandoci: “Non meritate una fine veloce.”
Le catene incominciarono ad essere sempre più strette,
facendomi strozzare.
“Tommy! Che stai facendo?” urlò una voce alle mie spalle,
subito il mio amico assunse una posa rigida e ci lasciò andare.
“Marie? Portala in salvo!” strillò Jace. La ragazza aveva fatto
comparire Marie, con quale scopo.
Notai nelle pupille marroni di Marie un’ombra viola, Zhalia
era un genio, subdola come solo una donna poteva essere.
“Che cosa sei diventato?” disse lei, avvicinandosi: “Non ti
riconosco più. Perché ci stai facendo questo?”
Tommy cadde per terra, le ginocchia attaccate al terreno.
“Aiutami…” disse lui, singhiozzando. Per un secondo le note
di rosso dai suoi occhi scomparvero, ma iniziò a contrarsi dal
dolore.
“Non… mi… avrete… mai…” urlò lui, in una scena
straziante da vedere.
“Ti ordino di riprendere il tuo posto vicino a me, come mia
guardia.”
Tommy urlò e delle ombre uscirono dal suo corpo,
facendolo fluttuare in aria, poi un lampo di luce si abbattè su
di lui, mi coprii gli occhi per non farli bruciare. Era diventato
un angelo, ma le sue ali erano un miscuglio di nero e bianco,
170
bellissimo. Come accadde a me dopo il mio Dolomun.
“Mi dispiace ragazzi, non volevo.” ci disse. Era il Tommy di
tutti i giorni, era finito.
“Hai delle ali!” esclamò Zhalia, ammirata. Iniziarono ad uscire
degli studenti dal rifugio, eravamo troppo imbambolati per
mandarli dentro di nuovo.
“Ha scatenato la sua vera forma, o almeno così credo.” disse
Jace.
“Perché Dan è un angelo?”
La voce di Vittorio sovrastò quella di tutti e vidi che
letteralmente tutti i miei compagni di classe erano fuori.
“Ci devi delle spiegazioni, Lanza!” urlò Giacomo, ma
avevamo altre priorità.
Tommy volò via, apparendo un minuto dopo assieme
ai due professori, erano molto calmi. Dietro di loro c’era Adi,
con una veste romana addosso, qualcuno poteva avere la
decenza di spiegarci che cosa stesse succedendo?
“Professore?” disse Aurora, facendo cenno a Giacomo di
spostarsi per farsi vedere.
“È successo un incidente. Per favore, tornate dentro.”
Tutti i ragazzi e i professori, mossi da una forza misteriosa, ci
lasciarono assieme ad Adi.
“Mi dispiace Tommaso, la tua reazione non era voluta,
almeno da me, te lo posso assicurare. Ti dirò ciò che so.” Era
completamente diverso rispetto a prima.
“Odio dover interrompere queste bellissime discussioni, ma
come fai ad entrare in pullman con quelle ali?” disse Zhalia.
“Non è un problema, quando avrà bisogno di raggiungere la
sua Forma Ultima, gli arriveranno.”
Adi fece un gesto con la mano e Tommy, arrivato a terra, era
quello di sempre, cupo, ma sorridente.
“Mi devo scusare con voi. Le cose che ho detto sono vere,
sono venuto in pace e per mia sponte, non c’è la FYCE che
171
mi controlla, non più ormai.”
“Che fine ha fatto mio padre?” chiese Tommy.
“Scappato, era dentro fatti più grandi di lui.” Adi si toccò il
suo marchio, diventato rosso sangue e pulsante.
“Adi?” disse Jace.
“Hanno scoperto che sono qui. Jacopo, tieni, sai già dove
metterla” La falsa guida porse una chiavetta USB al biondo,
che la mise subito in tasca: “Non sono stato io a fare l’attacco
alla montagna.”
Il marchio uscii dal corpo dell’uomo e lo avvolse
come un panno, facendolo urlare dal dolore. Provammo a
separarlo, ma era come se una teca lo dividesse da noi, nel
tempo di un minuto Adi non c’era più. Al suo posto solo un
biglietto che Tommy tradusse: “Alla prossima battaglia.”
“Mi dispiace per quello che vi ho fatto, mi dispiace essermi
esposto così tanto alla faccenda di mio padre.” disse Tommy,
gli tirai una pacca sulla spalla.
“È okay, non ti preoccupare, ci sono passato anche io.” gli
risposi.
“Tieniti pronta a cancellare la memoria di tutti, se non lo ha
già fatto Adi.” disse Jace, incamminandosi verso l’entrata del
rifugio.
“L’ha già fatto lui. Chissà quali erano le sue vere intenzioni.”
rispose Zhalia.
“Beh se non lo sai tu, chi altro vuoi che lo sappia?” le dissi,
scherzoso.
“Hai ragione.”
Non so che cavolo avesse fatto Adi, ma nessuno
(tranne Lorenzo) sembrava ricordare dell’accaduto, anzi,
volevano tornare a scuola. Erano circa le 4 di pomeriggio, e
iniziava a far freddo, quindi i professori decisero che era
arrivato il momento di andarsene.
“Vieni con me Lali? Ci prendiamo i posti in fondo.”
172
“Certo!” mi disse.
Non parlammo molto, io giocavo con i suoi capelli e lei
dormiva su di me, era la ragazza che volevo nella mia vita, e
forse ero il ragazzo giusto per lei.
Arrivati a scuola, aiutai Zhalia a portare la sua borsa,
lasciando la mia ad Ambrogio, che nel frattempo era arrivato
per venire a prendere me e Tommy. Mi misi in cammino con
lei verso casa, a piedi, anche se con qualche aiutino delle
Virtutes, ero davvero troppo stanco.
“Grazie Ale.” mi disse. Avevo un obiettivo molto definito
con lei, c'era un ballo di Natale a scuola e volevo che andasse
con me. Le presi la mano e la guardai dritta negli occhi; mi
trovai davanti a casa sua, immersa nel verde, quindi le porsi la
borsa e mi alzai in volo. Era buio e nessuno ci poteva vedere
o sentire.
“Scendi qui, scemo.”
“E tu cosa mi dai in cambio?” la sfidai.
“Entro in casa piuttosto.” disse, facendo una faccia offesa. In
casa venne subito accolta da Jean, la sua cucciola di Pastore
Tedesco. Aprii la finestra da fuori e volai in camera sua,
stendendomi sul suo letto. Appena entrò, non mi notò, e si
cambiò, togliendosi la maglietta. Poi quando finalmente
accese la luce, urlò e si coprì con le mani il corpo.
“Che ci fai qui?” mi alzai e chiusi la porta.
“Non mi hai detto che cosa mi davi in cambio.”
Si provò a mettere la maglietta ma la fermai prima.
“Riesci a fare qualche giochetto mentale ai tuoi genitori? È il
primo vero momento che abbiamo da soli.”
“Non ti sembra di star correndo un po’ troppo, Lanza?” mi
chiese, gli occhi viola. Sentii la chiave delle porte girarsi e
serrarsi.
“Sono un Custor, se ho determinati ritmi non è colpa mia.” le
dissi, malizioso.
173
Lei si buttò sul letto, facendomi spazio, spensi la luce e evocai
un piccolo fuoco che fermi a mezz’aria.
“Non posso star tranquilla oggi, vero?”
“Non finché voglio stare con te.”
“Ti odio Lanza, ma allo stesso tempo sono troppo attratta da
te.”
Dio quanto amavo il tono con cui diceva il mio
cognome.
“Lo so, Lali. Anche io credevo così.”
“Smettila di starmi così nella testa. Sono io quella delle
Virtutes.”
“Non ho bisogno delle tue Virtutes per stare in testa ad una
ragazza.” la presi e la misi sopra di me, il nostro sguardo
dritto nelle pupille.
“Che cosa stai aspettando a baciarmi? Lo so che mi vuoi.” mi
sussurrò.
“Vuoi me?” le chiesi.
Non mi diede una risposta, mi baciò, il primo bacio
che davo ad una ragazza che veramente amavo, e lei era
perfetta. Non avevo potere per descrivere quella sensazione,
mi sentivo troppo pieno di energie e libero.
“Adesso che mi hai baciato che cosa vuoi fare? Non posso
dormire?”
“Non hai già dormito abbastanza in autobus oggi? Sei
giovane, non una vecchia di ottant’anni.”
“Immagino di no.” disse, poi si alzò e chiuse la finestra, anche
facendo quei semplici gesti mi faceva volare .
“Ritorna da me” le ordinai, buttandole una folata di vento per
farla avvicinare.
“Non ti credevo così esplicito.”
“Volevo solo passare del tempo con te, non altro. Me lo
concedi, Miss Ghiaccio?”
“Sei qui dentro, puoi stare.”
174
“Grazie.” le dissi, aprendo le braccia.
Zhalia guardò il soffitto, agitando una mano evocò
delle Virtutes viola, le mise a cambiare forma, come facevo io
con l’acqua. Vidi una ragazza, lei forse, che veniva rifiutata da
un altro ragazzo, era ciò che aveva visto al Campo Marzio,
quello che ci era accaduto a scuola, era tutto.
“È tutto molto strano. Però mi fa piacere stare con te.” mi
disse, le accarezzai la testa. Era vero, eravamo lì dopo una
giornata intensissima, solo io e lei. Solo in quel momento
realizzai che non era per nulla pesante.
“Dobbiamo tornare lì domani, dopo scuola. Ci sono troppe
cose che non mi sono chiare.” dissi, baciandole il collo.
“Mi ha quasi ucciso quella cosa, te ne rendi conto?”
“Lali, abbiamo bisogno di risposte che nessuno ci può dare.
L’hai avvertita anche tu quell’aura potentissima.”
“Andate senza di me.”
In effetti, era comprensibile la sua paura.
“Ne parliamo domani con gli altri. Adesso ti voglio Lali.”
“Non ci tornerò lì.”
Notai che stava piangendo, controllai le lacrime e le
feci diventare a forma di cuore, posandole lontano dal suo
viso.
“Non ci pensare, scusa per averlo tirato fuori. Adesso sei solo
mia.”
Sapevo che mi aveva sempre pensato come un riccone figlio
di papà, ma mi piaceva da morire, e volevo provarle che ero
molto di più.
“Quando vedo Aurora vicino a te, divento ingestibile.”
“Ehi… tranquilla. La sai tutta la storia, e sai anche che ho
occhi solo per te.” sorrisi, era la verità. Da quanto stavo
aspettando quel momento.
Mi baciò, poi si coprì con un asciugamano, aveva
freddo. L’atmosfera era elettrizzante, ero stanco ma non mi
175
ero mai sentito così vivo, una sensazione fantastica.
“Hai freddo?” le chiesi.
“Io sono quasi nuda, tu sei coperto.” Aveva ragione, mi tolsi
la maglietta e aumentai la mia temperatura corporea con il
risultato che me la trovai tutta sopra, le piaceva il caldo.
“Adesso?” la punzecchiai, prendendole la vita: “Ti togli i
vestiti che ti rimangono?”
“Ci potrei anche pensare.”
“Dai Miss Ghiaccio.”
“E va bene.” restò in intimo.
Era una creatura perfetta, tutto nel suo corpo aveva armonia,
mi sentivo inferiore. Mi invitò da lei e le accarezzai.
In quel momento giurai che avrei fatto tutto per lei,
impegnandomi ad essere una persona migliore per non farla
stare male come l’avevo fatta stare. Mi arrivò un messaggio da
Tommy, sapeva che ero da lei, e che mi fermavo. Non voglio
più darvi dettagli che preferirei fossero riservati solo a noi,
lascio spazio alla vostra fantasia, che la mia, quella sera, aveva
già lavorato abbastanza.

176
VENGO RISUCCHIATO IN UNA
ILLUSIONE.

Non mi ero mai sentito così vivo, era come se avessi potuto
spaccare la Terra a metà dall’euforia, sensazione fantastica. Ma
come tutte le cose belle, era destinata a finire, dato che non mi
ero reso conto che avevo scuola, l’avrei tanto voluta saltare,
un giorno come gli altri, nemmeno così importante. Arrivato a
casa mi cambiai e presi lo zaino, notai che Tommy era già
partito, forse accompagnato da Ambrogio; la mia ipotesi fu
subito smentita, la sua Rolls Royce era parcheggiata vicino
all’uscita. Era andato a piedi per permettermi di non avere
rogne con i miei genitori, quel ragazzo meritava un
monumento.
Guardai l’orologio, avevo 20 minuti al suono della
campanella, e ce la potevo ancora fare senza le Virtutes, con
l’impiego dei miei muscoli e della bici, mi sarei pure divertito.
Il mio mezzo avrà avuto un paio di anni, una bellissima bici
elettrica rossa, mio padre la disdegnava, ma era fantastica, la
chiamavo “il Bolide”. Con quella arrivai subito a scuola,
assicurandola nel portabici ed avendo anche il tempo per
prendermi un caffè, per iniziare bene la giornata.
In bar mi aspettavano Zhalia, Tommy e Jace, molto
assonnati anche loro.
“Ehi!” li salutai, sorseggiando il mio ginseng.
“Tutto bene?” mi chiese Jace, finendo la sua brioche.
“Si, si. A ricreazione vi devo parlare, si tratta di ieri.” dissi.
“Smettila con questa cosa, Andrea.” sussurrò Zhalia,
incrociando le braccia.
“Ci torni, ci servi. E poi non ti perderai mica il divertimento.”
ridacchiò Jace, alzandosi. Era ora di andare, bellissimo come
eravamo costretti a stare fra i banchi quando il nostro futuro
dipendeva da delle nostre scelte.
177
Come prima lezione, Marchetti, il professore di
Filosofia, ci parlò di Kirkegaard, quella grandissima testa di
cazzo. Ancora non capivo cosa servisse studiare Filosofia al
liceo, non dico che passai l’ora a giocare ad Head Soccer,
quanto piuttosto a fare una mappa concettuale di quello che
sapevamo fino a quel momento. Appena finita la lezione, il
professore venne da me e si congratulò perché era la prima
volta che mi vedeva scrivere; Tommy soffocò una risata, ma
Zhalia venne da me, sorridendo. Mi chiese se le potessi
passare gli appunti, dato che lei li aveva presi male, risi anche
io. Se ne andò via confusa, non mi conosceva ancora così
bene. Molto divertente.
Per Italiano Riccardi ci fece scrivere un tema sulla gita
del giorno prima, e potevamo scegliere lo stile, se realistico o
fantastico, con chiari riferimenti a ciò che la nostra fantasia
alludeva. Perché non romanzare le nostre gesta con l’aiuto di
qualche drago? Mi sarei molto divertito.
Trascorsi così le ulteriori ore di scuola, quello che potevamo
diventare era bello da immaginare, magari poi saremmo
riusciti a farlo diventare realtà. Ci demmo appuntamento
dopo pranzo al Covo, per partire alla volta della montagna,
preferibilmente con il teletrasporto di Zhalia, che sarebbe
stato veloce e indolore.
Come una cosa normalissima, la montagna e il rifugio
non erano cambiati da un giorno all’altro, non c’era traccia del
nostro passaggio.
“Bene, ora che siamo qui, che si fa?” disse Zhalia, che si era
vestita più pesante del giorno prima.
“Dobbiamo andare ad esplorare, però non so da dove
incominciare.” disse Jace.
“Seguiamo ciò che ci dicono le Virtutes, già sappiamo che
succederà qualcosa.” Tommy indicò una via e ci si catapultò
fuori sentiero, lo seguimmo, con molto disappunto da parte
178
dell’unica femmina del gruppo.
La foresta era bellissima, mi sentivo pienamente nel mio
mondo, mi alzai in volo e urlai. Percepivo la forza vitale della
terra, era tutto in armonia, non c’era nessuno a parte noi e la
natura, sublime.
“Tommy, vai un po’ più piano, non ce la faccio a starti
dietro.” ansimò Zhalia.
“Trova un modo per andare più veloce o perderò la scia!”
urlò lui.
“Io vedo una scia che è in senso opposto alla tua.” disse Jace,
fermandosi.
A dire la verità, anche io ne vedevo un’altra, una cosa
fosforescente che puntava verso l’alto, i cieli.
“Non riesco a vedere nulla” esclamò Zhalia: “Che sta
succedendo?”
“Non lo so, ho il presentimento che ognuno debba seguire la
propria.” disse Tommy, scomparendo.
“Andrea, lasciala qui. Ci sarà un motivo se non la vede.” disse
Jace, per poi scomparire anche lui.
Guardai la mia amica, che si era appena seduta su un sasso.
“Io ritorno in baita, vado a prendermi una cioccolata calda.”
si teletrasportò via, lasciandomi da solo nel bosco. Ero a
qualche metro da terra, per cui incominciai a seguire quella
scia, riconoscendo gli alberi come abeti.
Attraversai quella foresta, arrivando davanti a delle
rovine, il clima era cambiato, era molto più caldo. Perché ero
da solo in un momento come quello?
Mi avvicinai a ciò che rimaneva della facciata principale, era
stato edificato nel tardo Medioevo, come suggerivano gli archi
e il portale ben definito, ma era stato abbandonato da qualche
secolo. Nel fiore dei suoi anni pensai che fosse stato un
gioiello, dove magari dei gran signori passavano le estati a fare
la giostra e altri giochi cavallereschi. Cosa stracavolo ci
179
facevano lì delle rovine di un castello? Nessun altro le vedeva,
sembravano reali, ma erano solo delle illusioni. Il posto
irradiava un’aura potentissima, percepivo la sua strana volontà
di risorgere, come se il castello potesse avere sentimenti. Quel
potere era identico al mio, non inteso come abilità, ma come
sostanza, avevo la sensazione che dovesse succedere qualcosa
che mi avrebbe cambiato. Era come se dovessi trovare una
parte di me, per ricongiungerla al resto. Altro che
Kierkegaard, i filosofi dovevano studiare il mio pensiero.
Feci un breve giro, rimanendo meravigliato dagli
affreschi, i soggetti erano dame e cavalieri, la vita di corte; per
essere un’illusione, era fatta da dio. Perché quella scia mi
aveva portato lì, cosa mi voleva comunicare? Che
discendevamo dai Cavalieri della Tavola Rotonda? La mia
mente si oppose a quell’idea stranissima, non tanto perché
non potesse essere vera, ma per il fatto che se Zhalia fosse
stata la mia Ginevra, allora Jace me l’avrebbe portata via con
la sua cavalleria da Lancillotto.
Mentre pensavo, la mia attenzione fu richiamata da
quella scia, voleva che la seguissi ancora. Dopo un paio di
minuti di ricognizione trovai una porta, simile a quella che
portava al vero Covo, aperta. Al centro della stanza c’era un
fascio di luce stranissimo, che faceva intravedere un libro,
molto antico a giudicare dall’aspetto. Era rilegato con fili
d’argento e sulla copertina c’era un simbolo, familiare. Lo
aprii e vidi una scritta in Latino: “SI VIS PACEM, PARA
BELLUM.”
“Se vuoi la pace, prepara la guerra.” tradussi, senza
minimamente pensare a ciò che dicevo. A detta di Riccardi,
quella frase rispecchiava il pensiero dell’Impero Romano.
Così come era successo prima con l’affresco, non compresi a
fondo che cosa ci volevano dire con quella citazione, eravamo
forse degli individui che discendevano dagli antichi Romani.
180
Ma come si spiegavano le Virtutes e i Dolomun, era qualcosa
a cui mancava logica. Da quello che il Computer ci aveva
detto, potevamo essere benissimo degli Assassini provenienti
da Assassin’s Creed, uno dei miei giochi preferiti in assoluto.
“Dimmi cosa devo fare.” sussurrai, accarezzando il dorso del
libro. Sentii delle urla e mi girai, non ero più nella stanza con il
libro, ma in mezzo tra due eserciti. A destra c’erano degli
stendardi rossi, a sinistra blu, con a capo noi Custodes.
Realizzai che fosse una visione dentro l’altra, quindi
non mi potevano né sentire e né vedere. Uno dei quattro si
tolse l’elmo e vidi che ero io, più grande e maturo, forse anche
più muscoloso. Assieme al me, potei vedere anche le facce dei
suoi compagni, o i miei. Erano una nostra versione adulta, il
Jace portava una barbetta poco più lunga, Tommy era rimasto
uguale, nessuna differenza. Mi concentrai su Zhalia, bellissima
con l’armatura d’oro addosso, sembravano essere dei Cavalieri
dello Zodiaco. Lei fissò un attimo il me e, aspettato il
consenso, urlò: “Quia Cassie.”
Subito il Jace si mise l’elmo e corse verso la schiera nemica,
seguito in volo dal me. Il Tommy si confuse con le ombre e lo
vidi andare nel mezzo della battaglia, la Zhalia fece la stessa
cosa. Rimasi affascinato dalla sintonia che loro 4 avevano;
anche se lontani tra di loro, riuscivano comunque a
combattere insieme senza il minimo sforzo. In meno di dieci
minuti tutto l’esercito nemico o era a terra, o era fuggito.
Mi avvicinai a un caduto, e lo osservai meglio. Non era
umano, gli mancavano gli occhi, sostituiti da iridi nere,
sembravano essere anche più alti.
La scena cambiò.
Ero davanti a un falò assieme ai nostri sosia. La Zhalia
arrivò e si sedette al suo posto, tra il me e il Jace.
“Hai fatto rapporto?” chiese quest’ultimo.
“Le ho detto delle ipotesi e si è messa ad insultarmi.” sospirò
181
lei, fissandosi il Marchio. Il me stesso la spinse a sé,
mettendole il braccio al collo: “Ricordati che è sempre la figlia
del Dominator, dobbiamo essere pazienti, e sopportare tutto.”
“È la figlia dello stesso Dominator che ha ordinato di
uccidere Cassie. Non posso vivere con l’idea che potrebbe far
fare una fine così anche a noi.”
“Rea, stai esagerando.” disse il Tommy. Come pensavo quella
non era Zhalia, solo una ragazza identica a lei e con le stesse
Virtutes. Chissà io come mi chiamavo.
“Qui non vogliamo distruggere nessuno, tanto meno lei”
continuò lui, posi si mise a fissare il pavimento. Ricevette una
pacca sulla spalla dal Jace: “Cosa c’è che ti turba, Pluto?”
Mi scappò una smorfia al suo nome, si chiamava come il cane
di Topolino. Fortunatamente nessuno mi poté vedere.
“Tante, troppe cose. Detesto il fatto che sparliate alle spalle di
Gaia.”
Mi resi conto che l’intera conversazione era stata fatta
in Latino solo quando sentii il verbo “delere”, distruggere. Le
mie abilità di traduzione erano alle stelle, al solito.
Il me si spostò, per andare davanti a Pluto, i muscoli tesissimi:
“Hai infranto il nostro giuramento, non è vero?” L’atmosfera
si fece subito più elettrizzante, Pluto abbassò gli occhi e non
disse nulla, chinando il capo. Notai che il me scuoteva la testa,
mettendosela tra le mani, la Zhalia rassicurò il Tommy,
abbracciandolo, ma la sua espressione tradiva un’emozione,
forse paura. Il Jace disse: “Pluto, dicci che è tutto uno
scherzo.”
“Se è quello che volete sentirvi dire, lo posso dire.” Il suo
ragionamento non faceva una piega.
L’espressione di Jace si fece più dura e scappò via.
La mia visione terminò lì, con in testa una confusione
ancora più grande di quella che avevo prima. Mi ritrovai di
nuovo davanti al libro, questa volta aveva un’altra scritta,
182
“REPERITIS NOS”, trovateci.
Devo dire che mi salì ansia, non perché dovevo trovare la
fonte del mio potere, ma perché avevo finalmente dove ci
trovavamo e che collegamenti la Scia voleva che facessi. Il
paesaggio mi sembrava familiare perché in effetti lo era. Era
un castello che avevo visto da piccolo a Bréze, dai miei nonni,
in Francia.

183
UNA CHIAVETTA POSSIEDE UNO DI
NOI.

La mattina seguente Jace non venne a scuola, non lo


trovammo nemmeno online su Discord, non rispose alle
chiamate. Sembrava scomparso nel nulla. Una qualche idea su
dove fosse ce l’avevo, ma purtroppo non potevamo
raggiungerlo, dovevamo per forza stare in classe e sentire le
pallosissime lezioni di storia dell’arte del professor Di Chiaro,
se non fosse stata per la sua voce da vecchia senza denti,
sarebbe stata vagamente interessante. Zhalia sperava che,
prima o poi, sarebbe arrivato il nostro amico, magari stava
dormendo e non si sentiva troppo bene, ma sarebbe stata la
prima volta dopo mesi, da quando avevamo le Virtutes,
quindi non poteva essere.
A ricreazione io e Tommy ci confrontammo sul da
farsi, avevo deciso che dovevo assolutamente raggiungerlo. A
noi si unì anche l’unica ragazza del gruppo.
“Jace è al Covo, lo sento.” disse Tommy. Le mie ipotesi erano
fondate e giuste.
“Abbiamo scuola, non possiamo andare lì” disse Zhalia: “È
da pazzi pensare di scomparire nel bel mezzo delle lezioni.”
184
“Non se succede una piccola catastrofe” sorrisi malizioso:
“Incendio in giardino, tutti vengono mandati a casa e noi
siamo liberi.”
“E tu come pensi…” incominciò Zhalia, ma la fermai prima
che potesse dire mezza parole di più.
“Ci sei tu, splendore del mio cuore, possiamo fare una combo
impareggiabile.”
“È una pessima idea.” dichiarò Tommy.
“È l’unico modo che abbiamo per andare al Covo da Jace. E
dai, potrebbe essere molto divertente.”
“Non ne sono convinta.” brontolò Zhalia.
“Troppo tardi Lali.” sorrisi, vidi nel riflesso dei suoi occhiali
da sole i miei occhi, diventati blu acceso.
Sentii gridare “A fuoco!” a un paio di pivelli di prima, la
posizione nella quale avevo applicato l’incendio era
abbastanza sicura, ma allo stesso tempo abbastanza vicino ai
cavi della corrente per far preoccupare i professori, che
attuarono subito le manovre di emergenza.
“Tuo turno Lali. Io e Tommy andiamo.”
La ragazza mi tirò un’occhiataccia e se ne andò,
cercando la Preside. Ci avvicinammo all’uscita e Tommy
evocò le ombre, in un minuto ci trovammo dentro il Covo,
pronti ad andare nella parte Nord.
Jace era intento a smanettare con la chiavetta, appena ci notò
cambiò subito schermata.
“Che ci fate qui? La scuola?”
“Potremmo dire lo stesso con te” rispose Tommy: “Che
diavolo stai facendo qui da solo?”
“Stanotte mi è venuta in mente la chiave per decifrare il
contenuto della chiavetta, e l’ho fatto. Sono qui da ieri sera.”
“Non hai mai abbandonato il Covo?” chiesi.
“No, ho installato delle telecamere in casa per sapere quando i
miei si sarebbero avvicinati a camera mia, quando sentivo
185
pericolo, mi facevo vedere.”
Era geniale, ma non digerivo il fatto che lo avesse fatto tutto
da solo.
“Ok, cosa dice la chiavetta?” chiesi.
“Nulla in realtà.”
Jace non sapeva mentire, lo vedevo perché iniziava a
sudare.
“Jace?” lo chiamò Tommy.
“Ve l’ho detto, non dice nulla.”
“Allora, fammi vedere.” dissi, avvicinandomi al Computer,
venni scaraventato via da una scarica di ghiaccio.
“Un no è un no!” urlò Jace, arrabbiato: “Anche per te,
Lanza.”
“Stai esagerando.” disse Tommy, facendo un passo in avanti.
“Zitto!”
Il biondo andò verso l’amico e gli diede un pugno, facendolo
scomparire.
Assunse una posa rigida, come se fosse una statua di ghiaccio.
Qualcosa non andava.
“Jace.” dissi lentamente, mettendo le mani avanti. La
temperatura si fece più fredda, avevo addosso la mia solita
felpa della Hilfiger e desideravo un giubbotto. Lui si girò
lentamente verso di me, la faccia incazzata. La prima cosa che
notai fu il colore rosso acceso dei suoi occhi, dovevo trovare
una via d’uscita al più presto. Jace mi fissò, furioso, poi non lo
vidi più, probabilmente uscito dal Covo, lo seguii correndo.
Non potevo volare o mi avrebbero visto. Era arrivato davanti
ad una fontana, mi lanciò una scarica di ghiaccio che deviai
con un muro di fiamme. Mentre ero occupato mi rifilò un
pugno nello stomaco, che mi fece sbattere contro un albero.
Sentii le mie ossa scricchiolare per la botta e un dolore atroce
al braccio destro. Me lo aveva ghiacciato.
Alzai la mia temperatura corporea e sciolsi il ghiaccio,
186
poi creai un vortice di vento attorno a me. Non c’era nessuno
al parco, fortunatamente, potevo permettermi di combattere.
Provò a sfondarlo ma fu respinto dalla corrente, troppo forte
per essere penetrato anche da lui. Nel frattempo continuava a
correre, aumentando così la sua rabbia. Stava avendo il suo
Dolomun, farglielo passare era la vera impresa. La prima volta
Zhalia mi aveva fermato assieme a Tommy, ma poteva essere
un tantino difficile con lui, dato che non riuscivo a vederlo da
quanto era veloce.
Mi scesero delle gocce di sudore per terra, al contrario
di quanto si possa pensare, usare le Virtutes era molto
stancante, come se ti prosciugassero le energie interne.
Jace riuscì a penetrare il mio vortice e mi colpì di nuovo, a
sorpresa. Mi sembrò molto strano, dato che ero almeno a 6
metri da terra. Fui scaraventato addosso a un albero,
riempiendomi di schegge. C’è poco da dire, il ruolo dell’eroe è
rialzarsi sempre, anche quando non si hanno più speranze.
“Pensi che mi sia dimenticato degli altri?”
Senza darmi tempo per ribattere scomparì dalla mia vista,
però potei intuire dove fosse andato. Feci la stessa mossa di
Superman in “L’uomo d’acciaio” e in due secondi mi ritrovai
in camera mia, in casa, dove trovai Tommy legato. Non
chiedetemi come sapessi che fosse lì, lo sapevo e basta. Lo
slegai e si alzò subito in piedi.
“Jace ha un Dolomun, ha preso Zhalia.” urlò Tommy.
“Intanto dobbiamo trovarli, facciamo una ricognizione, sono
sicuro che Jace l’ha portata al Covo, al Campo Marzio.”
Tommy ci fece muovere tra le ombre, velocissimo, in
un attimo eravamo a destinazione, ma non trovai l’interessato.
Però il C.M. era diventato un bosco, molto simile a quello
delle nostre visioni. Vidi il cielo oscurarsi e un fulmine cadere
su un albero, stranamente familiare. Capii che si trattava di un
segno.
187
“Trovato qualcosa?” domandai, atterrando per terra. Come se
il fulmine potesse parlarmi. Stavo delirando.
C’era una casetta, un brivido mi salì per la schiena, la mia
espressione mutò fondamentalmente. Era la stessa casetta
della mia visione, il giorno stesso in cui ero diventato cattivo.
Non poteva essere un’altra coincidenza, sarebbe stata la
decima.
“Appena entri, troverai uno specchio” dissi: “Era la stessa
casa del mio Dolomun.”
“Troviamo i nostri sosia cattivi?” chiese Tommy.
“Non abbiamo tempo da perdere.” dissi, aprendo la porta.
Come previsto venimmo irradiati dalla luce dello specchio. Mi
vidi, era il mio solito io, tutto era liscio, sembrava tutto
tranquillo. Dall’angolo più sperduto uscì fuori Zhalia, lo
sguardo vitreo sperduto nel nulla. Leo andò da lei: “Tutto
bene?”
Si girò a guardarmi: “Si.”
I suoi occhi erano senza espressione, non da lei.
“State giù!” urlò Tommy, mentre Zhalia veniva circondata da
ombra. In circa due secondi esplose in frammenti di ghiaccio
taglienti.
Soffocai un gemito di dolore mentre mi guardai le
gambe. Il ghiaccio aveva creato un profondo solco nei miei
jeans, tanto da renderli zuppi di sangue. Per salvaguardare le
mie gambe strappai un pezzo di maglietta e tamponai
delicatamente. Tommy era messo malino, non essendosi
buttato in tempo aveva la faccia ricoperta dagli stessi nostri
tagli, di cui uno a un millimetro dall’occhio destro.
Gli sarebbe rimasta la cicatrice nel peggiore dei casi. Ci
alzammo in piedi molto a fatica, la mia testa mi fece vedere
dei puntini danzanti davanti ai miei occhi. Jace e Zhalia non si
vedevano.
“Stai bene?” chiesi.
188
“Ho passato di peggio.” disse Tommy. Continuava a
sanguinare dall’occhio.
“Dove sono adesso?” domandai.
“Quali altri particolari del Dolomun ti ricordi?” Tommy mi
snobbò la domanda.
“Non molto, ho visto un me nello specchio, dopo è uscito e
abbiamo iniziato a combattere.”
“Altri 7 anni di sfortuna non faranno più male del solito.”
sussurrò Tommy e spaccò lo specchio con una sfera d’ombra.
Da questo vennero fuori i nostri due amici, lei terrorizzata e
lui incazzato, come è giusto che fosse.
Jace scappò subito alla nostra vista, ma non portò con
sé la ragazza. Sembrava molto Super Mario Bros, Bowser che
fregava Peach… ah il gioco della mia infanzia. Questa volta
era la vera Zhalia, lo vedevo dagli occhi terrorizzati.
“Come mai non usi le tue Virtutes?” chiese Tommy, gelido.
“Lasciala stare, è sotto shock.” la difesi io, gettandogli una
occhiata massacrante.
“Se la fa passare, abbiamo bisogno di lei” chiosò Tommy,
aiutandola a rialzarsi.
Potevo comprendere la sua paura, dopotutto Jace era
comunque uno dei due ragazzi che amava, quindi per lei era
difficile combatterlo.
“Dai non ti preoccupare, andiamo” dissi io: “Riesci a
percepirlo?”
“No.” fu la sua risposta.
“Oh ma andiamo Zhalia!” urlò Tommy: “Non è momento.”
“Non ci riesco.”
Guardai Tommy e dissi: “Dobbiamo contare sulle nostre
forze”
Incominciò a correre senza una meta precisa. Io restai da solo
con Zhalia.
“Ce la fai a camminare?”
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“Si.”
“Stiamo vicini.”
Incominciammo a camminare per la foresta, cercando di fare
più rumore possibile, anche parlando con tono altissimo.
“Che ne pensi di questa situazione?”
“Voglio il Jace di prima. Jace” urlò: “Ti prego vieni fuori.”
Zhalia era messa male, continuava ad urlare il nome
dell’amico e piangeva.
Ci fu per una trentina di secondi il silenzio assoluto,
poi lo spezzai con il suono della mia voce. Vidi Tommy
svenuto con l’inizio di una ipotermia. Evocai il fuoco e lo
scaldai, per fortuna che le mie Virtutes counteravano quelle di
Jace.
Era messo veramente male, gli si erano aperte delle vecchie
ferite facendogli perdere tanto sangue. Lo bendai togliendomi
anche l’ultimo pezzo di maglietta sotto la giacca, poi lo presi
di peso e lo portai al riparo sotto un albero.
“Jace” urlai: “Risolviamo questa cosa io e te!”
Continuai la mia strana conversazione all’aria: “Cosa ti
prende? Comportati da vero uomo!”
“Saprò pur leggere nella mente ma non vi riesco a capire.”
sospirò Zhalia, nel frattempo arrivata.
Jace non abboccò alla trappola, non si fece vedere, non
sapevo veramente come fare per tirarlo fuori.
“Qualche idea?” domandò Tommy, soffocandosi.
“È qui, solo che non vuole uscire.” disse Zhalia.
“Come fai a dirlo?” chiesi
“Sta correndo, quindi lascia dietro di sé delle scie di terreno. E
poi non ci lascerebbe mai da soli, anche se è controllato dalla
FYCE”. Non faceva una piega come discorso.
Jace ci colse di sorpresa, ci mandò dei frammenti di ghiaccio
che ci buttarono a terra, si liberò dalla mia morsa e lo vidi
sopra di me con la mano ghiacciata.
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“Sai che si può morire se il cervello si ghiaccia.”
Cercai di scappare ma qualunque cosa facessi mi
ritrovavo a essere steso per terra.
“Non meriti una cosa veloce Andrea.” disse lui poi si avvicinò
con la mano alla mia testa, iniziai a sentire un freddo polare.
Provai ad aumentare la mia temperatura corporea ma invano.
In quel momento mi vidi passare la mia vita davanti agli
occhi, la volontà di avere un’esistenza normale.
“No!” urlò Zhalia e si alzò per placcare Jace, lo colse di
sorpresa. Finirono per terra, lei sopra di lui e lei lo baciò,
facendomi sprofondare nella tristezza. Dopo circa un minuto
lei si staccò e si mise seduta, le scendevano delle lacrime dal
viso.
“Scusa.” sussurrò, guardando Jace. Mi avvicinai a loro, Jace
era senza sensi. Leo andò a recuperare Tommy mentre io
restavo con i due.
“Mi dispiace tanto, era l’unico modo per farglielo passare.”
“Cos’hai?”
“Tanto freddo.”
Andai da lei e le presi le mani, erano gelide. Poi diedi fuoco a
dei ramoscelli e la feci scaldare, nel frattempo si unì a noi
Tommy. Ci riunimmo attorno a Jace ancora senza sensi, si
svegliò poco dopo.
“Cosa è successo?” chiese Jace, normale, tanto confuso.
“Hai avuto un dolomun, siamo riusciti a fartelo passare” disse
Tommy, ripresosi dalle botte.
Jace si girò a vedere Zhalia, ancora in lacrime.
“Lali, non volevo farti male.”
“Non è tanto il male fisico, ma quello morale.” fu la sua
risposta.
Tommy sparì nelle ombre, forse aveva capito che non
era un buon momento e andarono via.
“Non mi ricordo nulla” esclamò Jace: “Solo quando ci siamo
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messi a parlare io e te, Andrea, null’altro, sono davvero un
cretino.”
“Non ti biasimo, pensavo anche io le stesse cose dopo il mio
Dolomun.”
Jace era veramente mortificato, non sapeva cosa fare e dire.
Gli diedi un cinque: “Dai fra non ti preoccupare, si è risolto
tutto.”
Accennò un breve sorriso, ripiombò nel silenzio più totale per
poi rianimarsi anche solo per un attimo.
“Scusa Andrea, ho bisogno di stare da solo.”
Scomparì anche lui più veloce della luce. Rimasi io, non per
molto, dato che raggiunsi Tommy accampato all’ingresso
secondario.
“Quindi Jace si è preso il Dolomun perché ha visto il
contenuto della chiavetta e non ce lo voleva dire?”
“Esatto.”
“È un cretino.” ripeté Tommy.
“Direi un’ottima sintesi” dissi.
Tornai a casa, mi feci una doccia calda e mi ficcai
sotto le coperte, anche se erano solo le 15. Fissai
intensamente il cellulare e sorrisi. Zhalia mi aveva scritto.
“Avete capito che cosa c’era scritto nella chiavetta?”
“No, non siamo riusciti a vederla, Jace ha cancellato tutti i file
e l’ha spezzata in due.”
“Ok, tanto sappiamo dove dobbiamo andare. Per nessuna
ragione al mondo dobbiamo tirare fuori l’argomento con
Jace.”
Aveva ragione, su tutto.
“Scusa Ale, ho sonno. Ci sentiamo dopo, ok?”
“Certo, ti voglio bene Lali.”
“Anche io Pampelement.”
Chiusi il cellulare e risi, era stata una giornata molto
strana, ma alla fine mi era piaciuta.
192
193
DOBBIAMO CHIEDERE IL
PERMESSO AI GENITORI.

Era bellissimo e non lo avrei mai pensato, ma ero felice di


tornare a Bréze con i miei amici, lì avevo passato i primi anni
della mia vita assieme ai miei nonni, prima di stare a Padova
con i miei genitori. Di quel paese ricordavo tutto, Lanza
Manoir, i prati infiniti di un verde scintillante al sole, i boschi
dove andavamo a caccia la domenica. Anche dopo il
Dolomun di Jace tutto sembrava andare per il meglio.
L’attesa era straziante, avevamo deciso di introdurre ai
nostri genitori la volontà di andare dai miei nonni, non potevo
far mandare in aria i nostri piani, o i ragazzi non me
l’avrebbero fatta passare liscia. Dissi ai miei di passare a
vederci suonare prima del Concerto di Natale e loro
sorprendentemente dissero di sì, senza farsi pregare.
“Absolument mon chére.” disse mia madre, stampando il
rossetto sulla mia faccia e ignorando le smorfie di disgusto di
mio padre.
“Ottimo, vedremo se sfruttate bene il locale. Veniamo per le
cinque, andate a prepararvi.”
Tommy mi fece un segno e andammo al Covo, dove
194
ci aspettavano già gli altri.
“I miei arrivano per le cinque, credo che abbiano già parlato
tra di loro.” ci disse Jace, aprendo la porta.
Invece di andare nella parte Nord, come facevamo di solito,
andammo in Sala Prove, prendendo i nostri strumenti. Provai
il microfono e lo collegai alle casse, accendendo il volume al
minimo, diedi un’occhiata ai due che stavano accordando le
chitarre; Jace aveva preso dalla sua sacca gli overgrip e li stava
avvolgendo alle bacchette, Tommy strimpellava qualche
motivetto con il basso. Tutto procedeva al meglio.
“Che brani portiamo oggi?” disse il biondo del gruppo,
sedendosi sullo sgabello, le bacchette sulle spalle.
“Nothing Else Matters, Afterlife e Smells Like Teen Spirits di
sicuro, poi boh, non so” disse Tommy: “Qualche idea?”
“Numb e Master of Puppets.” proposi.
Zhalia annuii e prese il suo posto.
“Va bene, si parte!” urlò Jace, si divertiva un sacco a dare
inizio alle prove.
Guardai l’orologio e sospirai, mancavano circa 90
minuti allo show e alla sorpresa per i nostri genitori. Avevamo
deciso che prima avremmo provato con le buone, poi se non
funzionavano, Zhalia sarebbe passata all’attacco e lì avrebbero
dovuto per forza dire di sì. Provammo i primi tre brani tutti di
fila e gli ultimi due dopo esserci presi una pausa di qualche
minuto.
A fine esecuzioni, ci riunimmo in centro alla sala per
discutere di quello che sarebbe accaduto dopo la buona
mezz’ora di canzoni. Eravamo tranquilli, tranne l’unica
ragazza, che continuava a giocherellare nervosa con il suo
bracciale.
“Andrà tutto bene, non ti preoccupare.” le dissi. Jace le porse
un bicchiere d’acqua fresca che bevve tutto d’un fiato.
“Non sono preoccupata, sono terrorizzata dall’idea di dover
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Vedere i miei e i vostri genitori. Se non funzionasse?”
“Eh insomma! Ti ho visto contro la FYCE e non battevi
ciglio, stamattina con Frollari non poteva andare meglio. Di
cosa hai paura!” si indispettì Tommy, gli lanciai uno sguardo
assassino che ignorò.
“Non importa, farò quello che è giusto per noi.”
Aveva il fiatone, come se lo stesso dicendo solo per
compiacerlo. La presi e la portai in cucina, chiudendo la porta.
Nei suoi occhi leggevo una paura folle, sentimento che non le
avevo mai visto addosso. Non doveva assolutamente fare
nulla che interferisse con i nostri piani.
“Non ce la faccio, è troppo per me.”
“Ansia da prestazione.” dissi annoiato, capivo che non era
una situazione facile per lei.
“Senti, devi solo stare tranquilla, forse accettano con le
buone.”
“E cosa gli diciamo?”
Le feci l’occhiolino: “Jace ha già pensato a tutto, aiutato da
Tommy. Spero non facciano casini.”
Fece per andare alla porta ma le misi un braccio davanti:
“Qualcosa mi dice che se non ti calmi, sarai tu a fare casini.”
“Smettila.” disse, nervosa. Evocai dell’aria e la strinsi a me,
cercando di farla calmare, le presi la vita tra le mani.
“Lasciami andare.” disse lei.
“Ti sei calmata?”
“Così non aiuti molto.”
Sentivo che aveva il cuore che batteva a mille.
“Ti ricordo che vieni con me al ballo stasera.”
“Tutto, basta che mi lasci andare.”
In quel preciso momento Tommy aprì la porta e ci
vide attaccati, Jace si materializzò davanti a noi, guardandomi
malissimo. Sciolsi l’abbraccio, imbarazzato, e chiesi: “È ora?”
“Lo sappiamo che è ora, spero vi siate calmati.” brontolò
196
Tommy, indicando l’uscita. Lei non si voltò per sorridere,
andò dritto verso la sala, forse un po’ imbarazzata, dato che
era rossa come un peperone.
Jace mi guardò divertito e andò a sedersi nella sua postazione,
con una espressione da “Lanza-smetti-di-fare-lo-stupido” che
aveva saggiamente copiato da Tommy. Il biondo non
sembrava avere postumi o qualsiasi cosa rimanente dal
Dolomun, ammirai come non avesse avuto la mia stessa
reazione.
Facemmo appena in tempo a tirare fuori dei bicchieri
e dell’acqua, che alle 17 in punto i nostri genitori suonarono
alla porta, andai ad aprire. Tra complimenti e critiche varie da
parte di mio padre, li facemmo sedere davanti a noi. Una
donna, la mamma di Zhalia, ci chiese: “Che brani portate?”
Glieli elencai, ci tenevo particolarmente a sembrare un bravo
ragazzo, volevo che diventasse la mia futura suocera.
“Oh no, anche voi fissati con quel tipo di musica? Non
bastava solo mio figlio?” parlò mio padre, guardandomi dritto
negli occhi. Non perdeva tempo di rinfacciarmi qualcosa,
probabilmente non aveva sentito che nella playlist che
avevamo preparato c’era anche Nothing Else Matters, la
serenata che aveva fatto alla mamma per conquistarla.
Tommy mi venne in soccorso: “Siamo una band, decidiamo
assieme che cosa suonare.”
Mio padre alzò gli occhi al cielo e sospirò, dandoci modo di
iniziare, feci un paio di respiri e feci segno a Jace di
incominciare. Da quel momento non pensai più e cantai come
non avevo mai fatto prima, dovevo convincere mio padre che
non ero un completo fallito e dovevo ammaliare gli altri. Alla
fine di ogni canzone i nostri genitori applaudirono entusiasti,
beh, quasi tutti s’intende, ma a me non importava, avrei
conquistato con l’ultima in playlist, quella che avrebbe fatto
sciogliere ogni cuore.
197
“One, two, three, four.”
Jace batté 4 volte le bacchette e Zhalia iniziò l’intro,
accompagnato poi da me e da Tommy. Diedi una veloce
occhiata al mio pubblico, ora mio padre era attentissimo. Al
ritornello finale Zhalia si alzò dallo sgabello, stando ben
attenta ai fili e venne vicino a me, dandomi ancora più carica.
Si alzarono in piedi e non aspettarono la fine della canzone
per applaudire.
“Wow, devo dire che non ho mai sentito qualcuno cantare
così.” disse la mamma di Jace, e il papà di Zhalia annuì.
“Hai mai pensato di intraprendere una carriera da solista?”
Le sue parole mi spiazzarono, non avevo mai pensato di
cantare da solo, e non avevo intenzione di farlo perché non
volevo abbandonare il gruppo.
“Il merito non è solo mio, tutti abbiamo suonato come non
mai.”
“Ha ragione” disse mia madre entusiasta: “Siete prontissimi
per stasera.” Jace ringraziò e si indicò il Marchio, il via libera
per partire con la fase due del piano.
“Vi dobbiamo dire una cosa molto importante.” disse,
annuendo verso di me. Inspirai e iniziai il mio discorso,
cercando di essere il più chiaro possibile.
“Come ho già accennato ai miei, vorrei trascorrere le vacanze
di Natale a Bréze, in Francia, e vorrei che venissero anche i
vostri figli.”
“Perché?” domandò la mamma di Jace.
“Dobbiamo fare un lavoro di scienze sui boschi e la fauna
della Francia, e per arte dobbiamo fare delle ricerche sui
castelli della Loira, anni, architettura e costruzione.” ribatté il
figlio, tranquillo.
“Volete che vi diamo il permesso per andare in Francia, non è
vero?” disse il padre di Jace.
“Beh, la risposta è no.” disse la mamma di Zhalia, guardando
198
la figlia.
“Mamma dai per favore, è un’esperienza da fare.”
“Parlane con tuo padre.”
“Per me va bene.” esclamò lui, poi notò la faccia incazzata
della moglie e disse: “Dove pensi di andare?”
“Assolutamente no anche per noi, Jacopo. È una tradizione di
famiglia passare il Natale tutti assieme.” brontolò furiosa la
madre del biondo.
“Se posso permettermi, signori, i ragazzi staranno a casa dei
miei genitori per tutto il tempo necessario, avranno a
disposizione jet privato e maggiordomi” rispose mio padre,
alzandosi in piedi: “Sono maggiorenni.”
Mi sentii a disagio, era da mio padre sfoggiare tutta la
nostra ricchezza, ma non era da lui accontentarmi, ci doveva
essere qualcosa sotto. D’istinto guardai Zhalia, come pensavo
aveva gli occhi viola, quindi guardai mio padre e vidi
un’ombra viola nelle sue pupille, cazzo quanto era brava.
Le stava scendendo una goccia di sudore sulla maglietta, la
mascherai mettendomi davanti a lei. Era un genio, invece di
attaccarli tutti assieme aveva scelto di controllare mio padre
per far venire fuori il consenso. Jace e Tommy capirono la
situazione e vennero vicino a noi, guardai i genitori e vidi che
stavano confabulando tra di loro.
“Va bene, però niente bravate, e quando chiamiamo,
rispondete.” disse il papà di Zhalia.
“Certo, grazie.” Zhalia andò a baciare i suoi, mentre sentii
Jace dire: “Non farò nulla di sbagliato.”
Io e Tommy andammo dai miei genitori: “Grazie.” dissi.
Mio padre si voltò, dicendo poi: “Non so perché lo sto
facendo, spero di essermi sbagliato su di te, sai che cosa ti
aspetta poi.”
Preso dalla gioia abbracciai mia madre e diedi una
stretta di mano a papà. Per la prima volta in vita mia, o forse
199
la seconda, mio padre mi aveva dato un’opportunità enorme,
e gli ero grato per quello.
Zhalia ci ricordò del ballo e del concerto, chiusi il Covo e,
dopo ulteriori complimenti, mi preparai per uscire.
Sul mio letto trovai uno smoking ancora plastificato con un
bigliettino: “Usalo bene.”
Tommy tolse dalla plastica il suo completo, nero come la
notte; il mio era blu oceano, scuro, molto elegante.
Piombò mia madre nella stanza, gridando eccitata: “Il mio
piccolino va al ballo della scuola.”
“Mamma!” Tommy da dietro trattenne una smorfia e cercai di
fulminarlo con lo sguardo.
“Avrai una dama vero?”
“Mamma!” ripetei.
“Che c’è?”
“Non è una serie TV americana.”
“E allora? Non sono completa spazzatura alla fine. Ballerai
con Aurora?” Il tono di mamma era dolcissimo, era fiera di
me.
“Posso astenermi dal rispondere?” ero parecchio irritato da
quella situazione.
“Immagino di no. Ho visto come guardavi la ragazza della tua
band, Zhalia, giusto? È la tua serata tesoro, hai un Dolce
Gabbana addosso.”
Sospirai e guardai Tommy disperato, stava preparando la
camicia: “Isabella, veniamo fuori noi quando abbiamo finito.”
“Certo, fate pure.” uscì dalla stanza, chiudendo la porta.
Tirai un sospiro di sollievo, quando si parlava di balli
o di ragazze, mia madre faceva venire fuori il suo lato
francese, insopportabile.
“Ho ripreso la tua faccia quando diceva Aurora, è stato
troppo forte.” rise.
“Come la faccia che farai quando sarai sbattuto al muro
200
perché nessuno vorrà ballare con te.” replicai acido.
“Io la dama ce l’ho.” mi fece l’occhiolino.
“Ah sì? E con chi vai?”
“Sorpresa, aiutami ad abbottonarmi la camicia.”
Non vedevo l’ora di sfoggiare il mio nuovo smoking,
meritavo che fosse una serata perfetta.

201
SIAMO AD UN BALLO IN STILE
AMERICANO.

L’enorme palestra della scuola era completamente ricoperta di


festoni e nella parte dove c'era la parete di arrampicata era
stato allestito il palco. Lessi velocemente il programma,
prevedeva la prima parte fino alle 11 dove si ballava e
mangiava, dopo c'era il talent musicale a cui la nostra band
partecipava con il vecchio nome, Cannybal Hawkes; mi presi
l'appunto mentale di cambiarlo al più presto. Mi diressi fuori
al cancello, con Tommy, mentre aspettavamo le nostre dame.
Zhalia arrivò per prima. Aveva un vestito aderente
viola così bello che sembrava l'avesse vestita mia madre.
“Ciao Lanza.” mi sorrise e non capii più niente, le balbettai un
“ciao” piuttosto imbarazzato.
“Sei bellissima oggi, cioè voglio dire sempre, ma oggi in
particolare.” le offrii il braccio e lei lo prese. Ero rosso
paonazzo, sapevo che fosse una ragazza bellissima, ma oggi
non sapevo come descriverla, ero semplicemente incantato.
“Non ti ci abituare troppo. Sei ancora troppo stronzo per i
miei gusti.” mi accarezzò la mano, facendomi agitare ancora
202
di più, poi vidi che la dama di Tommy era arrivata. Marie, la
figlia del Dominator.
“Ciao Marie, da quanto tempo.” ridacchiò Zhalia.
Dopo un breve cenno, e lo sguardo di Tommy
sognante, entrammo nella palestra.
“Da quanto va avanti tra voi due?” dissi, malefico.
“Da un po’…” rispose Marie. Il mio amico alzò gli occhi al
cielo, si era pettinato i capelli, facendo vedere entrambi i fari
verdi.
“Mi piacevi di più con il ciuffo.” disse lei.
“Davvero?” domandò lui confuso, non l'avevo mai visto così
estroverso con una ragazza diversa dalla Lali.
“Ti da un'aria da misterioso che mi fa impazzire.” Tommy si
sistemò immediatamente i capelli, tornando a sembrare quello
di sempre.
“Va bene piccioncini, vi lasciamo da soli?” Zhalia mi trascinò
in pista da ballo, dove eravamo abbastanza lontani dai nostri
amici.
“Vuoi ballare?” le chiesi.
“Non so farlo.”
“La grande Intelligentona che non sa ballare. Questa non me
la devo perdere.” risi e mi rifilò un pugno sullo stomaco.
“Occhio a come parli Lanza, potresti non arrivare vivo al
concerto.”
“Messaggio ricevuto.”
Piano piano incominciammo a muoverci a tempo con
la musica, fino a che non ci stufammo e andammo nella parte
adibita al buffet.
“Ciao Jace!” lo salutai.
“Ehi Andrea, sei arrivato alla fine. Vi presento Giulia, mia
cugina.”
“Piacere di conoscerti, io sono Zhalia.” si presentò lei.
“Piacere mio, è vero che dopo vi esibite?” ci chiese, sognante.
203
“Si.” risposi. Lei mi notò meglio, avvicinandosi a me e
mettendomi una mano sulle spalle: “Tu devi essere il
famosissimo Andrea Lanza, Jacopo parla spesso di te. Sei più
bello di quanto ti credevo. Vuoi ballare?”
“Ehm…” guardai Jace e Zhalia per supporto, mi dovevano
aiutare ad uscire da quella situazione, ma sembravano troppo
occupati a mangiare due pizzette.
“Adesso volevo mangiare qualcosa, poi mi devo preparare per
il concerto.”
“E dopo?” mi guardò con aria complice: “Me le dai un po' di
attenzioni, tesoro?”
Volevo urlarle con tutta la forza che avevo in corpo “NO”,
ma mi avrebbero sentito tutti, con la conseguenza che la mia
reputazione sarebbe andata a meretrici.
“Lui sta con me stasera, sono sicura che tanti altri ragazzi non
rifiuterebbero la tua generosa offerta. Prova ad andare in pista
da ballo, vedrai che ne troverai qualcuno.” disse la mia amica.
Zhalia ci prese di peso entrambi e ci portò in giardino, dove
era già buio pesto.
“Chiedo scusa per Giulia, appena vede un ragazzo ricco e
carino fa di tutto per portarselo a letto.”
“Bel tentativo comunque.” apprezzai, ricevendo
un'occhiataccia da Zhalia.
“Ci credete che partiamo… a me non sembra vero.” disse
Jace.
“Nemmeno a me” confermò Zhalia: “Spero soltanto di
scoprire qualcosa in più, ce lo meritiamo, che dite?”
Annuimmo entrambi e guardammo la luna piena nel
cielo. Eravamo come degli dei scesi in terra per i comuni
mortali, invece di governare il mondo eravamo i suoi
salvatori, questo pensiero dava una giusta onnipotenza.
“Io torno dentro, sto morendo di freddo.” disse Jace,
scomparendo in un secondo. Aveva lasciato Zhalia da sola
204
con me, gliene ero grato.
“A che cosa stai pensando, Ale?”
“Detto da te è quasi inutile rispondere.”
“In effetti potrei farti spogliare davanti a tutti senza che tu te
ne renda conto.” disse, malefica. Risi ancora più di gusto.
“Certo Miss Ghiaccio, tu puoi fare quello che vuoi con me.
Però stai attenta, posso farti bagnare con la sola forza del
pensiero, sei veramente sicura di avere solo tu il coltello dalla
parte del manico?”
“Mi ispira questa cosa, Lanza. Continua, stai diventando più
interessante.”
“Non sono sempre stronzo come pensi.”
Lei mi piaceva da morire, tirava fuori il vero me
stesso, ma anche la mia parte più cattiva, la amavo. Dopo una
trentina di secondi in cui entrambi eravamo zitti, ruppi il
ghiaccio evocando un fuocherello sulla mia mano.
“Qualcuno ti può vedere!” disse Zhalia.
“Penseranno che sia un accendino, nulla di che.”
“Qualche mese fa ho fatto il cosplay di Sailor Mars… mi
saresti servito per il fuoco.” disse a bassa voce. Avevo sempre
avuto una cotta strepitosa per quel personaggio, vedevo Sailor
Moon solo per lei, la mia cotta reale aveva fatto il suo cosplay,
beh, dovevo sposarla.
Cominciai a giocare con il fuocherello, gli feci
cambiare forma, diventò un cuore e lo feci esplodere come un
fuoco d'artificio.
“Impressionante Lanza, prenderanno te come prossimo Mago
Forest.”
Quanto volevo baciarla, ma non era ancora il momento
giusto. Stavamo sentendo la musica, le nostre braccia si
stavano avvicinando, tutto stava andando per il meglio.
Il mio orologio vibrò una volta, forse per avvisarmi di
un messaggio, poi le scosse diventarono sempre più lunghe e
205
forti. La schermata era nera, con il mio Marchio blu in bella
vista, c'era una scritta: “Vi troveremo.” Anche questa era in
latino.
“Che strano” commentò Zhalia: “Non lo sapevamo.”
“Dobbiamo tornare dentro, il concerto sta per iniziare.”
tagliai corto e andammo dentro, cercando di trovare gli altri
due.
Eravamo i terzi in scaletta, mancavano 10 minuti all'inizio del
contest. I miei amici erano al tavolo del rinfresco, stavano
bevendo una birra ghiacciata.
“È il nostro momento.” disse Tommy.
“Suoniamo nell’ordine di oggi pomeriggio?” chiese Jace.
“Certo” risposi: “Gli strumenti sono già stati accordati,
dobbiamo solo andare e spaccare.”
“Sinceramente non conosco nessuno dei nostri brani. Sperate
che qualcuno li conosca?” disse Marie, sadica. In effetti non
avevamo pensato all'opinione del pubblico in questi mesi,
eravamo concentrati su altre cose.
“Poi prima di voi c'è Giacomo con la sua nuova band. Se
fossi in voi controllerei le chitarre, sicuramente ve le scorderà.
Farò il tifo per voi, in bocca al lupo.” continuò, facendo
l'occhiolino a Tommy.
“Ha ragione” annuì Jace: “Conoscendolo ci farà qualche
colpo basso.”
“Lo osserverò io, mentre voi cercate di salire sul palco.
Mantieni il collegamento mentale, vi aggiornerò da lì.”
sussurrò Tommy, quasi impercettibile.
“Non farti scoprire.” disse Zhalia.
Tommy la guardò divertito, poi si confuse con le
ombre, andando dietro le quinte. Conoscendolo, sarebbe stato
più invisibile del solito, anche se pregavo che non ci facesse
scoprire.
Giacomo ci passò davanti, fermandosi a parlare un attimo:
206
“In bocca al lupo per dopo. Farete faville.”
“Ricambiamo, tu non ti esibisci?” chiesi Jace, sospettoso.
“No, no, proviamo da talmente poco che non ci siamo
nemmeno coordinati. Spero che non sia lo stesso per voi.”
Vidi che Zhalia stava incrociando le braccia, forse
stava dicendo la verità.
“Grazie Giacomo, adesso dobbiamo andare.” Zhalia ci portò
da Tommy, che teneva in mano il basso: “Lo sto accordando,
era completamente fatto male.”
“Le chitarre sono tarate male, le casse non funzionano” disse
la nostra amica: “Mancano 5 minuti alla nostra esibizione,
cosa facciamo?”
Diedi un'occhiata in giro, eravamo solo noi.
“Mettetevi davanti alla porta.” disse Jace.
“Mancano 5 minuti!” urlò Tommy, in preda al panico, prima
volta che lo vedevo così.
“Non fare il cretino e copri le luci del palco. Nessuno mi deve
vedere.”
“Che vuoi fare?” chiese Zhalia.
“Sono il ragazzo più veloce della Terra, riesco a sistemarle in
meno tempo rispetto a voi.”
“Fai.” dissi. Poteva essere una situazione comica, Jace era
impercettibile alla vista, aveva le mani che vibravano dalla
velocità, cambiando posizione ogni due o tre secondi.
Dopo 1 minuto aveva in mano le due chitarre
perfettamente accordate, con il risultato che aveva un fiatone
tremendo, non potevo immaginare quante energie avesse
impiegato a fare una cosa simile. Stava per cadere ma lo
sorressi prima che potesse fare qualsiasi cosa.
“Grazie.”
“Non sei delle condizioni di esibirti, amico.” gli dissi.
“Lo sai che devo.”
“Lasciami fare una cosa.” disse Zhalia, avvicinandosi a Jace.
207
Gli toccò il viso, facendogli cambiare espressione, era vacua,
passati 10 secondi era più arzillo di prima.
“Che mi hai fatto?”
“L'ho visto fare in un film, ho ordinato al tuo cervello di
produrre adrenalina e dopamina, l'equivalente di 4 Red Bull.”
“Impressionante.” commentai.
“Non vorrei rovinare la festa, ma dobbiamo esibirci.” Tommy
ci fece ritornare alla normalità.
Incrociai lo sguardo di tutti e annuirono, procedemmo
verso il palco, sull'entrata in scena c'è poco da dire, non era
delle migliori ma fece comunque il suo effetto. Jace ci aveva
salvato con i suoi trucchetti. Non ci eravamo mai esibiti
davanti a così tante persone prima, però lo trovavo
ininfluente, suonammo come il pomeriggio per incantare i
nostri ascoltatori. Nella folla generale vidi Giacomo che
teneva il broncio mentre ballava con Rebecca, quei due erano
fatti l'uno per l'altra.
Ci fu una standing ovation per Master of Puppets,
come il primo giorno tutti assieme, forse avevano apprezzato
e capito il vero valore della nostra musica. So solo che non fui
attento alle altre esibizioni, ero troppo occupato a passeggiare
per il buio giardino con Zhalia.
“Credo che sia andata bene, oltre a qualche piccolo
imprevisto.” dissi.
“Hai ragione. Sai, a volte credo che ci accada qualcosa per
farci usare le Virtutes. Prima non ci pensavamo, ma ormai
fanno parte di noi, non possiamo farne a meno.”
Annuii, sorridendo, aveva riassunto la nostra vita in 2 frasi,
non avrei mai pensato che si potesse fare.
“A Bréze potremo essere noi stessi tutte le volte che
vogliamo.”
Scosse la testa: “Non so più chi sono, ho una grande
confusione per la testa. Quest'estate il massimo che riuscivo a
208
fare era pregare i miei genitori a lasciarmi fare un giro per il
quartiere, ora li convinco a farmi andare in Francia con la mia
band. Non so cosa dire.”
“Forse non devi farlo, devi solo ringraziare di essere come sei
e non un mostro che usa i suoi poteri per il male.” Solo
quando finii di parlare mi resi conto delle parole che avevo
scelto, senza volerlo avevo fatto un confronto tra lei e la
FYCE, mi scusai subito.
“No no, stai tranquillo. Hai ragione per la seconda volta
stasera.”
“Mi vuoi dare ragione per la terza volta?”
“Sentiamo.” disse, con tono di sfida.
“Se ti dicessi che queste vacanze resteranno per sempre nel
nostro cuore?”
Si mise a ridere, cristallina, pregai che continuasse a farlo fino
a che non mi sarei stancato di vederla.
“Devo ammettere che sai il fatto tuo, Lanza, sono sorpresa.”
Mi avvicinai a lei, prendendola per il bacino, lei mise la
testa su di me, prese e mi portò per mano in mezzo al
giardino, lontano da qualsiasi luce o persona. Si alzò in punta
dei piedi per baciarmi, dei, non me lo feci ripetere due volte.
Aspettavo da troppo quel momento.
“Non ti ci abituare troppo.” si staccò e cercò di andare
lontano, la bloccai compiaciuto.
“Me lo dai un altro bacio, Miss Ghiaccio?”
“Quello che vuoi.”
Mi baciò ancora e il mio cuore esplose.
“Lascio la finestra aperta stanotte alle 2, ti aspetto. Facciamo
la valigia assieme.”
“E i tuoi?”
“Avranno un sonno piuttosto pesante.”
“Alle due sarò da te.”
“Ti aspetto allora.” mi baciò e, con sguardo complice, mi
209
lasciò per andare a casa. Vedendomi immerso nei miei
pensieri, mia madre mi sorrise: “Bravo il mio piccolino.”
Non l'ascoltai, la mia concentrazione era rivolta a Zhalia,
riusciva a frullarmi nella testa come nessuna prima di allora.

210
NON È CAMBIATO NULLA, SE NON
IL FUOCO.

Avevo aspettato da giorni quel singolo momento, è buffo


come noi umani riusciamo ad aspettare anni anche solo per
un secondo di gloria, che però si troverà sempre nel cuore,
indelebile. Mio padre non mi aveva nemmeno salutato, la sua
grande considerazione nei miei confronti si faceva sempre più
sentire, invece mia madre era venuta fino in giardino. A volte
mi chiedevo come abbiano fatto a volersi bene i miei, lui
cattivo, lei semplicemente perfetta.
Quando i miei amici arrivarono da me, lo stupore nei
loro occhi a vedere il jet fu incredibile, mi misi a ridere per le
loro facce sbigottite.
“Ah, e questo sarebbe il tuo piccolino? È cresciuto proprio
bene” scherzò Jace, alzai le spalle e mi rivolsi a tutti: “Volete
una mano a portare su i bagagli?”
Li osservai, Tommy e Jace avevano uno zaino da viaggio,
mentre Zhalia aveva un valigione, uno zainetto e una borsa,
211
come se le sue Virtutes non le avessero permesso di andare a
fare shopping in Alaska.
“Guarda che ti ho sentito.” mi disse lei, tirandomi
un’occhiataccia. Le sorrisi e le presi la vita: “Tutto pronto per
partire.”
“O quasi” si intromise il papà di Zhalia: “Non vi sembra che
stiate dimenticando qualcosa?”
Lei andò ad abbracciare sua madre, così come Jace, ma suo
padre venne da me: “Ho visto come guardi mia figlia, prova a
toccarla e sei un uomo morto.” mi sussurrò. Feci in tempo ad
annuire distratto che subito lei si avvicinò per salutarlo: “Mi
mancherai Papi.”
“Seeeh.” disse divertito, ma intuii che era compiaciuto,
secondo lui era riuscito nell’intento di spaventarmi, secondo
me no, gliela avevo fatta proprio sotto il naso in più di una
occasione. Mi rifilò un’occhiataccia, ricordandomi tantissimo
la figlia, e il mio sorriso scomparve. Faceva sul serio il
boomer.
Mettemmo i bagagli nella stiva, salimmo sull’aereo e ci
affacciammo ai finestrini, vidi con profondo orrore che mio
padre era arrivato. Mi guardò dritto negli occhi, senza aprire
bocca, non meritavo di avere un padre come lui, ma
purtroppo quello era e me lo dovevo tenere.
L’aereo partì e tutti i familiari divennero piccoli
puntini in lontananza, eravamo più vicini alle nuvole di
quanto non fossi mai stato. Mi trovavo nel mio mondo, il mio
elemento preferito, ma Tommy no, mi ero dimenticato
quanto avesse paura dell’altezza. Infatti si era aggrappato ai
braccioli e non aveva intenzione di lasciarli.
“Se vuoi provo a farti qualcosa per cui ti faccio dimenticare
temporaneamente della tua paura.” disse Zhalia, rivolgendosi
a Tommy.
“In questo momento l’unica cosa che voglio è starmene con i
212
piedi per terra.” Tommy non solo era impaurito, era
terrorizzato.
“Se permetti, posso fartelo credere.”
“Prova, non ti assicuro che funzioni, soprattutto con me.”
Dopo un paio di minuti vidi che la presa di Tommy sui
braccioli si stava allentando, qualsiasi cosa stesse facendo
Zhalia, sembrava star funzionando.
“Mi potresti dare un paesaggio marino?” le chiese,
ottenendolo subito.
“Impressionante” disse Jace: “Mi stupisci ogni giorno che
passa.”
La ragazza arrossì e guardò il pavimento, le sorrisi: “Dai, vieni
a giocare un po’ a carte. Scopa va bene?”
“Andrea!” mi esclamò, divertita.
Aveva capito il doppio senso, non il gioco che volevo fare.
“Faccio compagnia a Tommy.” disse Jace, alzandosi dal sedile
e andando dall’amico, che si era completamente
tranquillizzato.
Accesi la piccola TV e misi un film, il francese era
l’unica lingua presente. Dopo mezz’ora Zhalia si addormentò
sulla mia spalla, lasciandomi da solo. Mi resi conto che non
riuscivo a capire praticamente nulla di ciò che veniva detto,
per cui non aveva senso continuare a vederlo. Caddi anche io
in un sonno profondo, mettendo la testa sopra la sua, fino a
che non mi ritrovai del ghiaccio addosso.
“Ehi!” imprecò Zhalia, alzandosi in piedi e cercando Jace, lo
fece arrivare con la telepatia: “Fallo un’altra volta e ti spedisco
in Madagascar camminando, capito Costa?”
Si asciugò con la maglietta.
“Stai ferma, ti aiuto io.” Stoppò la mia mano e indicò un
cartello alla mia destra, c’era scritto “Non accendere fuochi”;
prese un fazzoletto dalla sua borsa e me lo passò sul viso, il
movimento delicato come una rosa.
213
“Ecco fatto, come nuovo.”
“Grazie.”
“La finite per favore?” disse Tommy. Vidi Jace cambiare
espressione nel giro di 2 secondi, mi fece cambiare umore.
Finalmente la voce del comandante si fece sentire, rompendo
il silenzio gelido che si era creato tra di noi.
“Allacciate le cinture. Bienvenue en France.”
Vidi che Tommy era tornato nell’oblio della paura e
che si era attaccato saldamente alla sua poltroncina, mi scappò
una smorfia divertita e mi concentrai sull’aereo, creando una
sorta di cuscinetto per l’atterraggio. Lui fu il primo a scendere
e a baciare terra, mentre io aiutai gli altri due a prendere i
bagagli.
Dal finestrino vidi una macchina avvicinarsi e parcheggiare
vicino alla pista, ne venne fuori un uomo sulla settantina che
sorrise a Tommy, venendo ricambiato. Scesi le scale più
veloce di Jace, aiutato dall’aria per non cadere, e andai ad
abbracciare quella persona. Non era cambiata per niente nel
corso degli anni, teneva sempre lo sguardo furbo e pacato,
quegli occhi erano identici ai miei e a quelli di mio padre,
tranne forse per quell’aria spensierata e gentile che lui non
possedeva. Il tempo non gli aveva nemmeno portato via il
colore dei capelli, cosa che portava la gente a pensare che,
quando ero piccolo, fossimo parenti senza nemmeno
conoscerci, ritrovava in me la sua giovinezza.
Un abbraccio poteva significare tante cose, e poteva
dirne tante altre, un solo gesto che non aveva prezzo e rivali.
Dopo troppi anni che non lo vedevo non sapevo cosa dire, ci
avevo pensato in aereo, ma tutto quello che mi veniva in
mente lo scartavo perché non era appropriato. Per cui decisi
di non aprire bocca e lasciare che il mio affetto venisse
trasmesso dal mio corpo.
Mio nonno mi guardò, sorridente: “Ciao Andrea.”
214
“Ciao nonno.” In quelle parole erano rinchiusi anni di
nostalgia e dolore; da quando mio padre aveva litigato con lui,
mi era stato vietato qualsiasi contatto con la Francia.
“Quanto sei cresciuto. Adesso sì che sei come me.”
Cercai di trattenere le lacrime, mascherando la commozione,
ma mi lascio fare, anche lui non tratteneva le lacrime.
Dopo questo momento profondo, si scansò dolcemente e
diede la mano a Jace e Tommy. A Zhalia diede il baciamano,
che arrossì. Senza dire niente ci aiutò a caricare i bagagli in
macchina e ci fece sedere in cerchio sull’erba.
“Ragazzi, mi fa molto piacere avervi qui in vacanza.”
Jace era molto emozionato, si continuava a guardare intorno
per assaporare al massimo il clima francese, che tra l’altro non
era molto diverso da quello italiano. Tommy non apriva
bocca, ascoltava molto attentamente il nonno mentre parlava
della storia del paese. Da giovane era stato guida, perché suo
padre, a differenza del mio, aveva a cuore gli interessi del
figlio, ci incantò con i suoi racconti medievali.
Poi si rivolse a noi, con fare energico: “Credo di aver
parlato abbastanza, che ne dite se andiamo a casa?”
Annuimmo ed entrammo in macchina, venendo accolti dal
disco degli Scorpions. Zhalia si mise a cantare un motivetto
sottovoce che riuscii a udire solo io, gli altri stavano in
silenzio, forse imbarazzati dalla situazione. Mi misi nel sedile
davanti proprio per parlare con lui, quante cose dovevo dirgli!
Non sapevo da dove incominciare, per cui mi chiese: “Come
va a scuola?” Gli raccontai delle stranezze del Dumas, di
come si entrava tramite un test, della band e di come si era
formata nel giardino della scuola. Lui ascoltava, sorridente, e
ogni tanto mi interrompeva per farmi spiegare un po’ più nel
dettaglio, soprattutto nella parte dei ragazzi. Ero talmente
preso dalla situazione che gli stavo per dire anche la verità si
di noi, ma fortunatamente Tommy mi interruppe per chiedere
215
la posizione. Girandomi, vidi che Jace e Zhalia erano caduti in
sonno, mi indispettì un po’, non era rispettoso nei confronti
del nonno. Scossi Jace che svegliò Zhalia, tirando loro
un’occhiataccia.
“Tranquillo Andrea, fanno bene. Il viaggio è durato
abbastanza per loro, non sono abituati.”
“Come fai a saperlo?”
“Li vedo dallo specchietto.” rise, contagiandomi. Riusciva
sempre a sdrammatizzare con eleganza, abilità che ben pochi
possedevano.
Dopo circa 5 minuti arrivammo alla casa, come tutto
quello che avevo incontrato, anche lei non era cambiata, forse
aveva in più qualche rampicante e qualche rosa, ma solo
quello. Sorrisi contento, non avevo parole per descrivere le
mie emozioni, che in qualche modo rispecchiavano il giardino
fiorito, allegro.
Quando scesi dalla macchina trovai la nonna ad aspettarmi
all’entrata, corsi ad abbracciarla. Incominciò a piangere,
commossa, e a farmi complimenti, apprezzai particolarmente i
paragoni al nonno, mi fecero per la prima volta sentire fiero di
essere un Lanza. Prese le valigie le depositammo all’ingresso,
come ci era stato richiesto dalla governante, la signora Flavoir.
“Mon chére, quanto tempo!”
Mi stampò sulle guance il rossetto color salmone, con
una piccola nota di disappunto da parte mia. Sapeva sempre
di mangime per gatti anche se non ce ne potevano essere
perché il nonno era allergico. Da piccolo ero arrivato a
pensare che stesse organizzando un rifugio per quei pelosi a 4
zampe nel seminterrato, ma ogni volta che mi provavo ad
avvicinare venivo mandato via.
Finalmente mi voltai a guardare i 3, mi ero quasi
dimenticato che fossero venuti anche loro da quanto ero
preso dai ricordi. Feci loro un cenno e li condussi alle loro
216
stanze; Zhalia dormiva da sola, Jace in un’altra stanza, e
Tommy con me nella mia vecchia cameretta.
Era sistemata esattamente come l’avevo lasciata, con i poster
dei Gormiti e dei Pokèmon, cosa che fece ridere parecchio il
mio coinquilino.
“I Gormiti, veramente?”
“Ero piccolo, ti ricordo.”
Tommy si limitò a sorridere e ad andare via dalla stanza.
In quel momento arrivò mio nonno, con un piccolo
pacchetto tra le mani.
“Disturbo?”
“No! Entra!”
“Questo è per te.”
Scartai subito il pacchettino e vidi che si trattava di un
braccialetto in oro, che misi subito al polso.
“C’è lo stemma dei Lanza, era mio. Tuo padre non lo ha mai
voluto, credo che sia giusto che lo abbia tu.”
Avevo appena ricevuto uno dei cimeli di famiglia più belli, mi
commossi. Mio padre era stato uno stronzo a non volerlo,
come al solito, ma non mi importava, era mio.
“Non ho parole… Grazie nonno.”
Lo abbracciai, commosso. Era così bello stare di nuovo con
lui.
“È quasi ora di cena, andiamo a preparare la tavola come
facevamo un po’ di tempo fa?”
“Con piacere.”
Ero tornato in un posto dove ormai mi ero rassegnato che
non ci avrei mai messo più piede, non sapevo come
descrivere ciò che sentivo. Felice, penso, gioioso.
A cena parlai moltissimo e ascoltai i nonni, mi
aggiornarono sugli ultimi avvenimenti del villaggio.
“Alcuni piromani hanno distrutto parte della foresta vicino ai
castelli, c’è un movimento di protesta contro di noi.”
217
“Cosa abbiamo fatto? Ci siamo sempre comportati bene e
non abbiamo mai fatto del male a qualcuno.” mi indignai.
“Dicono che roviniamo il territorio, ma in realtà non sanno
nemmeno loro perché protestano.” disse mia nonna.
“Se continuano ad applicare incendi, bruceranno solo
ossigeno. Sappiamo che siamo sempre stati nel giusto.
Comunque cambiamo argomento. Dopo cena vi andrebbe di
suonare un paio di pezzi? È da anni che non assistiamo ad un
concerto.”
Mentre il nonno parlava del fuoco, aveva un tono grave,
ferito, sapevo che non avrebbe voluto che qualcuno
danneggiasse i boschi, potevano dire di tutto sulla famiglia e a
lui non avrebbe fatto nessun effetto.
“Certo” rispose Jace, guardando Tommy: “Avete gli
strumenti?”
“In Sala Musica.” annuì la nonna, pulendosi gli occhiali.
Aveva pianto in silenzio, aveva a cuore più del nonno la
natura.
Quello che c’è da dire dopo è poco, suonammo
un’oretta poi andammo a letto, o meglio, ci riunimmo in
camera mia, per cazzeggiare un po’. Chiusi la porta e mi buttai
sul letto, volando, facendo sobbalzare Tommy e facendolo
cadere per sbaglio.
“Ehi!” protestò, lo aiutai a rialzarsi e a rimettersi steso, il tutto
mentre cercavo di mascherare le risate, una situazione che si
poteva definire quasi comica. Jace accese il portatile e mise un
film di supereroi, preferisco non riportare i commenti fatti
durante la visione, per rispetto dei lettori più piccoli, ma in
sintesi criticammo i costumi, la grafica e gli effetti speciali.
Solo perché noi eravamo dei veri supereroi, anche se non
sapevo se considerarci tali.
Per tutto il tempo Zhalia era vicino a me, abbracciata
al cuscino, l’avevo cercata io e lei fu ben felice, mi aspettai che
218
durante le parti più cruenti del film mi stringesse più forte, ma
mi sbagliavo, forse aveva capito che era tutto una finzione,
oppure si era addormentata, in quel momento non ci feci
molto caso.
Ad un certo punto Tommy fermò il film, ignorando la
faccia furiosa di Jace, ero parecchio alterato anche io.
“Non avete collegato il collegamento tra gli incendi?” disse
serio.
“Di cosa stai parlando?” gli chiesi.
“Vi ricordate la prima volta al Covo? Il Computer ci ha detto
che degli incendi erano stati procurati da piromani con poteri.
Ora tuo nonno ci parla di problemi legati al fuoco, a più di
mille km di distanza.”
“Può essere una coincidenza.” lo interruppe Jace, cercando di
riavviare il film, ma la mano di Tommy fu più veloce,
stranamente.
“Oh ma andiamo! Possibile che non capite? Tutto è collegato,
anche Adi lo ha detto.”
“Per me l’unico a non capire che vogliamo finire di vedere il
film sei tu. Di questa cosa ne parliamo domani con più
calma.” disse Jace.
Ebbi la certezza che Zhalia stesse dormendo perché appena
mossi la spalla, balbettò un flebile: “Il film è già finito?”
Ovviamente mi misi a ridere, rovinando l’ultima battuta del
supereroe overpowered.
Avevo voglia di stendermi e di dormire, non fare
nient’altro, Tommy avevo voglia di rovinare tutto, ma non
glielo permettemmo, ognuno andò nelle rispettive stanze,
dandoci finalmente modo di chiudere gli occhi.

219
DOVREI PRENDERMI UNA
CAMOMILLA OGNI TANTO.

Ci volle un bel po’ prima che il sonno mi venisse a trovare,


Tommy mi aveva instillato un punto di domanda che, a
pensarci meglio, era la pura verità. Certo, poteva essere
benissimo un’ulteriore coincidenza, ma avere le Virtutes mi
aveva insegnato che tutto era calcolato, e quindi nulla era
messo per caso. Non era messo a caso il fatto che il Covo si
trovasse in una proprietà della mia famiglia e nemmeno il
fatto che Tommy fosse venuto da noi, e puf, ecco i Custodes.
Su Jace c’era poco da dire, ci eravamo conosciuti al corso di
musica organizzato dalla chiesa. Eppure non capivo dove
volesse arrivare a parare, comprendevo il suo ragionamento
220
ma non la conclusione. Questo non facilitò il sonno, anzi lo
peggiorò, restai sveglio tutto il tempo, cercando di arrivarci da
solo, più mi concentravo, più riuscivo a confondermi.
Preso da una voglia incontrollabile, o forse dal gaso
causato dalla mancanza di sonno, mi assicurai che tutti
fossero a dormire e andai a volare per schiarirmi le idee. Aprii
la finestra, stando ben attento a non fare alcun tipo di rumore.
Anche di notte la vista era spettacolare, la luna quasi piena
illuminava il bosco vicino, sembrava che le chiome degli alberi
fossero piene di perle. Se lo erano, le volevo cogliere, perciò
partii, veloce come un razzo. Era la seconda volta in volo in
meno di 6 ore, stava diventando una cosa normale non sentire
la forza di gravità, quella sensazione mi piaceva sempre di più.
Mi accorsi di un fuoco nel cuore della foresta e mi
avvicinai per curiosare più da vicino, sentii parlare alcuni
uomini che camminavano verso la luce. D’istinto mi nascosi
tra gli alberi, cercando di non dare nell’occhio. Pensai che se
ci fosse stato Tommy al mio posto, avrebbe sicuro preso più
precauzioni, diventando invisibile, ma, pensandoci meglio,
non aveva bisogno dei poteri per mantenere un basso profilo.
Sentii altri passi e altre voci, questa volta provenire
dall’interno della foresta e mi misi all’erta. Era troppo tardi
per avvertire gli altri, sarebbero sicuramente arrivati tardi e
avrebbero rischiato di farci scoprire, per cui dovetti contare
solo sulle mie forze, e sperare di avere abbastanza fortuna.
Contai mentalmente gli uomini, 11, erano in attesa di qualcun
altro, a giudicare dal silenzio più totale che li avvolgeva.
L’unico rumore che sentivo era quello del mio cuore
che batteva all’impazzata. Cercai di calmarmi ma lo trovai
estremamente difficile, ero in preda all’ansia, e ciò non faceva
ragionare il mio cervello, che sembrava bloccato. Mi
concentrai per far scendere i battiti sotto ai 100, regolando il
respiro. Appena riuscii nel mio intento, tirai un sospiro di
221
sollievo, ero ancora lontano dalla calma ma almeno non
urlavo per il terrore. Vidi che mi stavano cadendo delle
goccioline di sudore appiccicaticce sulla faccia, mi ricordai
solo in quel momento che stavo facendo uno sforzo immane
a fluttuare nell’aria.
Quando ebbi recuperato una parziale fluidità mentale,
osservai meglio chi avevo sotto di me. Gli uomini erano
incappucciati, avevano tutti un talismano d’argento al collo,
rimpiansi di non avere i miei occhiali da lontano, perché non
riuscii a vedere che cosa raffigurava.
Appena il dodicesimo si degnò di arrivare, calò un
silenzio glaciale. Era più alto degli altri e portava una
maschera simile a quella del medico della peste, brillante di
luce propria. Gli undici si inchinarono davanti all’ultimo
arrivato e si sedettero attorno al fuoco, su delle sedie apparse
dal nulla. Era apparso un trono, per il dodicesimo pensai, la
mia ipotesi si rivelò giusta, dato che si sedette subito dopo
uno strano gesto con le mani. Probabilmente un saluto, non
lo vidi bene.
Incominciò a sussurrare dei versi di Virgilio tratti dall’Eneide
e, come al solito, capii tutto. Il contesto era il tradimento di
Enea nei confronti di Didone. Non sapevo che cosa
centrasse, ma continuai la mia traduzione, anche se tutta
quella situazione mi faceva venire la pelle d’oca.
Era una sorta di rito pre-riunione, alla voce del Capo
lentamente si unirono quelle degli altri, fino a che il fuoco non
esplose, letteralmente, io non avevo fatto niente, nel caso
qualcuno se lo chiedesse.
Le fiamme circondarono gli uomini e coprirono il suono delle
voci, impedendomi di sentire. Dovevo trovare una soluzione
al più presto, ormai avevo capito che non si trattava di
piromani Recti, dovevano essere per forza qualcos’altro di più
pericoloso di 12 giocatori di Poker. Mi portai a terra, dove mi
222
nascosi dietro un albero.
“Andrea!”
Sobbalzai e rischiai di farmi scoprire. O qualcuno mi
aveva chiamato, o l’agitazione giocava brutti scherzi. Io ero
per la seconda.
Sentii ancora chiamare il mio nome e mi voltai, non trovando
nessuno. Respirai un paio di secondi in preda al panico,
pensai che fossero stati quei tipi a dirlo, ma l’istinto mi suggerì
di no. Adoravo passare da un battito normale ai 160 in due
secondi, era proprio uno spasso.
Cercai di fare finta di niente e di avvicinarmi alla
cerchia, ma con scarsi risultati, potevo controllare il fuoco ma
quello era diverso, simile a quello che un cattivo aveva
applicato a scuola. Ragionai un attimo, tentando di mantenere
la mente lucida almeno per un minuto. Una delle mie abilità
era la cosiddetta geocinesi, il controllare a mio piacimento la
terra. Mi venne in quel momento il pensiero del poster dei
Gormiti, beh, controllavano gli elementi, ma parlare con le
piante per chiedere: “Ehi, senti, devo salvare il mondo.
Potresti per favore dirmi tutto quello che senti della
conversazione davanti a noi? Grazie.” era una cosa da Lucas,
quello della foresta. Non nascondo che mi venne fuori un
ridolino isterico, fortunatamente a bassa voce, stavo pensando
ai Gormiti e non ad agire, cosa avrebbero detto gli altri a
vedermi così?
Proprio mentre mi concentravo per trovare la soluzione, mi
venne in mente l’immagine di un me stesso con una mano per
terra a sentire tramite la terra. Il suono era un’onda che veniva
assorbita dal terreno, non era una brutta idea.
Ringraziai la buona stella che quel giorno mi aveva
fatto restare attento durante la spiegazione soporifera di
Morgana, il professore di fisica, mi ripromisi che avrei cercato
di seguire di più le sue lezioni. Assunsi la posa vista
223
nell’immagine e mi concentrai, facendo alzare alcune pietre
per aria. Gli altri sarebbero stati fieri di me. Mi accorsi che
riuscivo a sentire tutto quello che dicevano senza il minimo
sforzo, la prima cosa che sentii fu: “Hic sunt.”
Poi silenzio, seguito da un altro canto, le “Idi di
marzo” di Valerio Manfredi. Non capivo quale collegamento
ci fosse tra le due, essendo completamente diverse, anche di
genere.
Quando il canto cessò, alcuni uomini incominciarono a
battere i piedi per terra, con un ritmo ben cadenzato, che
casualmente mi ricordò la Quinta Sonata di Beethoven.
“Non possiamo restare nascosti per sempre.”
“Dobbiamo uscire alla scoperta.”
“Aspettate solo il momento giusto, miei cari. Verrà e non ci
saranno problemi riguardo a loro.” disse il Capo.
Forse sapevo chi fossero i loro, e soprattutto c’era un
nesso con il nostro arrivo, ci doveva essere, era l’unica
soluzione plausibile. Di colpo spensero il fuoco e si
guardarono intorno, ebbi la prontezza di riflessi di
nascondermi nella chioma di un albero, sentivo anche senza
l’aiuto della Terra.
“Qualcuno è qui.” disse il Capo, tutti si dileguarono nelle
ombre, lasciandolo da solo. Si tolse la maschera con un gesto
teatrale e ruotò la testa lentamente verso la mia direzione, con
un sorriso inquietante stampato sul volto. Lo avevo già visto,
ne ero sicuro. Gli occhi verdi erano spaventosi, aveva la
cattiveria dentro di sé, il sorriso scherno, indietreggiai. Forse
lo avevo già visto in qualche attacco, non avevo la più pallida
idea dove, però.
Il cuore mi balzò in gola e rimasi lì, incapace di
muovere un muscolo e i neuroni del cervello. Il tipo aveva
uno sguardo assatanato, non ne avevo mai visto uno simile, il
che mi fece ancor più paura.
224
“Andrea, il vostro momento non è ancora arrivato. Sappiamo
che siete qui, e ci basta solo quello.”
Mi fece una specie di occhiolino inquietante e scomparse nelle
ombre, nello stesso modo in cui faceva Tommy, che mi causò
una potente mancanza di respiro.
Caddi per terra e la mia giacca si tolse, lasciandomi
con il pigiama e quello che ero veramente, tutte le mie
debolezze e le mie insicurezze. Così, come un re appena
sconfitto, mi accasciai e restai lì fino a che l’alba non mi venne
a trovare. Solo in quella occasione ebbi la forza di alzarmi e di
andare a casa, dove c’erano i 3 ad aspettarmi in piedi,
visibilmente corrucciati. Li degnai di un piccolo sguardo
stando e mi ficcai a letto, per recuperare le ore di sonno perse
per quell’inutile viaggio che mi aveva solo spaventato.

225
DIVENTIAMO DEI RAGAZZI COME
GLI ALTRI… CIRCA.

Non ero mai stato un tipo particolarmente pauroso, io e


Tommy nelle serate libere facevamo a gara a chi resisteva di
più vedendo i film horror, vinceva sempre lui, io in qualche
modo finivo con l’essere spaventato.
Quella notte però mi aveva scosso e mi aveva dato la
consapevolezza che non tutto quello che succedeva era reale
per noi, che tutto quello che avevamo fatto non era stata una
nostra idea. O meglio lo era, ma a procurarcela erano stati
226
quegli uomini della setta della foresta, che poteva essere
benissimo la FYCE, eravamo una sorta di marionette nelle
loro mani. Terribile.
Mi svegliai con i 3 riuniti attorno al mio letto, il cellulare alla
mano.
“Buongiorno sonnambulo. Passata una buona notte?” disse
Tommy, non staccando gli occhi dallo schermo.
“Da quanto siete qui?” chiesi, mezzo rimbambito.
“Da quando sei tornato. Tommy ci ha avvertito” disse Jace
seccato, poi posò il telefono e sorrise: “Buona Vigilia.”
“Non cambiare argomento.”
Lo sguardo cattivo di Tommy fece passare la voglia di
ribattere all’amico e a me la voglia di alzarmi dal letto.
Controvoglia mi misi seduto.
“Vieni a pranzo e poi ci spieghi tutto. Adesso cambiati.” disse
Zhalia, gelida, andando via con Jace. Tommy rimase al suo
posto, impassibile, ma nei suoi occhi potei scorgere l’ombra di
una potente incazzatura. Iniziai a contare mentalmente per
vedere dopo quanti secondi il mio amico avrebbe reagito, non
fu necessario arrivare alla seconda mano.
“Cosa cavolo ti è venuto in mente Andrea. Lo hai lasciato a
Padova il cervello?”
“Non provare a capirmi.” dissi e mi chiusi in bagno a chiave.
Potei vedere delle ombre entrare dal piccolo spazio tra il
pavimento e la porta ed evocai un tappo d’aria, avevo chiuso a
chiave apposta per non farlo entrare.
Quando ebbi la certezza che se ne fosse andato via,
scivolai lentamente con la schiena alla porta, fino ad arrivare
seduto e appoggiai la testa sospirando. Agitai una mano e
dell’acqua venne fuori dal lavandino, senza che avessi aperto il
rubinetto. Mi divertii a farle cambiare forma, prima era una
foca, poi un leone ed infine uno scorpione, e confrontai la
mia collana a quella “scultura”. Erano pressoché identiche.
227
Mi cambiai velocemente e guardai l’ora dall’orologio, ero
riuscito a dormire fino all’una di pomeriggio, mio record
personale. Mi arrivò una notifica con il mio Marchio, la tastai,
ancora mezzo rimbambito, e mi venne fuori una registrazione
datata 24/12/2023, ore 04.36. Non mi si aprì subito, lo
schermino mi disse di usare il telefono. Perciò lo presi e lo
guardai, mettendomi gli auricolari. L’orologio durante la mia
scorribanda aveva attivato la telecamera, che non sapevo
avesse, e aveva ripreso tutto, avevo le prove per farmi credere
al primo colpo.
Solo allora scesi in sala da pranzo, dove trovai mio
nonno ad aspettarmi.
“Buongiorno mattiniero, come stai?”
“Diciamo che non sono riuscito a dormire molto.”
Mi mise una mano sulla spalla e mi accompagnò in sala, dove
mi sedetti al posto di quando ero piccolo. Zhalia era ad aiutare
la nonna a cucinare, hobby delle due da tantissimo tempo.
Finalmente la nonna, tanto segreta, aveva trovato qualcuno
con cui condividere le sue conoscenze. Nel frattempo il
nonno ci intratteneva con la storia della cittadina e dei castelli
del luogo. Era bellissimo sentirlo parlare, aveva una retorica
pazzesca, da professore di storia. Jace continuava ad essere il
più interessato e continuava a fare domande su ogni
particolare che veniva accennato.
Quando scattò l’una e mezza, alcuni camerieri
provvidero a servirci il pranzo e le due cuoche si vennero a
sedere con noi.
“Buon appetito ragazzi.” disse la nonna e incominciammo a
mangiare. La tavola era imbastita di verdure, olive, cosce di
pollo alla griglia e, non ultimo, pezzi di pizza di ogni gusto.
Avevano preso molto seriamente l’idea di sfamare 4
adolescenti con doppia vita, erano delle portate così grandi da
rendere sazia un’intera squadra di football americano. La cosa
228
bella era che la nonna e il nonno facevano sedere con loro i
loro dipendenti, quindi il cibo non veniva sprecato.
A fine pasto ci venne concesso di alzarci e di andare a
fare un giro per la villa, con la promessa di ritorno entro le 16,
il nonno ci aveva invitato a fare l’albero di Natale tutti
insieme, ad eccezione di Zhalia che aiutava la nonna a fare i
biscotti natalizi. Mi commossi vedendo come i miei nonni
avevano accettato subito i miei amici e li volessero con noi
per continuare le nostre tradizioni natalizie. Certe cose non
erano cambiate nel tempo, immortalate nella vita come una
fotografia. Quindi andammo in camera mia e chiudemmo la
porta, era forse il secondo luogo più sicuro per parlare, dopo
il bosco, ma non avevo voglia di ritornare in quel posto astio.
Ognuno di noi aveva un modo diverso di dimostrare le
proprie emozioni, c’era quello impassibile, quella che moriva
dalla voglia di prendermi a schiaffi e quello che stava
pensando al modo migliore per farmi fuori. Non c’era
bisogno di fare nomi per capire chi fosse chi.
Come prova delle sue meravigliose Virtutes, Jace ruppe il
ghiaccio: “Stiamo aspettando una tua spiegazione, Andrea.”
Presi il cellulare e feci vedere il video, stoppandolo
ogni tanto per rispondere alle domande. I 3 si diedero
rapidamente un’occhiata e Zhalia disse: “Hai un canestro?”
“Un canestro?” ripetei, confuso.
“Ho bisogno di schiarire le idee.” tagliò corto. Uscimmo e li
portai diretti nel cuore del giardino, dove sperai che ci fosse
ancora il campo di quando ero piccolino. Non mi sorpresi del
fatto che lì vicino ci fosse la casetta degli attrezzi, con la palla
in bella vista all’entrata, solo… mi ricordavo che fosse più
alto.
“La stai contagiando.” Jace mi fece l’occhiolino, alzai le spalle
e passai la palla a Zhalia, che la buttò in canestro.
“Siamo frutto di una manipolazione, in questo momento tutto
229
potrebbe essere calcolato, mi sta esplodendo la testa.” disse
lei.
“È quello che vi volevo dire prima del finale del film, solo che
detto da me non va mai bene.” puntualizzò Tommy,
evocando il pallone tra le ombre.
“Adi ci aveva avvertiti, Dobbiamo fare qualcosa.” chiosò Jace,
rubando il possesso e facendo un terzo tempo perfetto.
“Questa sera facciamo ricognizione per il bosco, va bene?”
chiesi.
“Non credo che servirà a qualcosa, è la notte di Natale, la
passano assieme ai loro cari. E poi hanno già fatto l’incontro,
riproveranno tra un paio di giorni.” disse Zhalia, pensierosa.
Non ci avevo pensato.
Rubai la palla e scartai Jace facilmente, tirando e
colpendo il ferro. Ero piuttosto preoccupato, lo ammetto,
perché fare ricognizione in quel momento significava mettere
a repentaglio sia la nostra vita che la nostra salute mentale.
Sapevo benissimo che una sola mossa falsa ci avrebbe portato
a fare una scelta che nessuno di noi voleva compiere, l’allearsi
con la FYCE, quegli uomini mascherati che guarda caso si
sono ritrovati a Bréze a parlare di noi.
Jace raccolse il pallone e tirò, venendo intercettato da
Tommy, dopo il gioco si fermò per un po’.
“Puoi ripetere quello che ti ha detto il Dungeon Master?”
chiese il moro, sedendosi per terra.
“È stato l’ultimo ad arrivare e ad andarsene via. Alla fine mi
ha visto e ha detto il mio nome, con “Il vostro momento non
è ancora arrivato, sappiamo che siete qui e per ora ci basta
solo quello”. Poi è scomparso come fa Tommy, ma più
inquietante.” spiegai.
“Tutto questo è molto strano.” disse Zhalia, l’unica a restare
in piedi: “Non è che c’entrano qualcosa i tuoi nonni? Voglio
dire, non li sto incolpando, ma erano gli unici a sapere che
230
venivamo, a meno che, come ha detto Tommy, ogni mossa
che facciamo è nelle mani di qualcuno.”
“Non so, non capisco il fatto che i suoi nonni c’entrino
qualcosa. Chi venderebbe il proprio nipote e la sua compagnia
ad un’organizzazione criminale?” mi difese Jace, guardandomi
e aspettando che dicessi la mia opinione.
Purtroppo quel dubbio era sorto anche a me, nel
momento stesso in cui quella visione ci aveva portato nel
villaggio, ma non potevo minimamente pensare che ci
potessero vendere, sarebbe andato contro gli ideali che mi
avevano sempre insegnato.
“Non so che dirti, magari adesso riusciamo a scoprire
qualcosa di più. Dobbiamo andare a preparare il Natale.”
Accompagnai i ragazzi nel salone principale, poi portai
Zhalia in cucina dalla nonna. All’uscio lei si fermò per
parlarmi.
“Non fate domande troppo specifiche.”
“Perché non Vedi i loro pensieri?”
“Per tua nonna non c’è nessun problema, per tuo nonno le
cose si complicano un pochettino. Immagino che più forza di
volontà hai e più riesci a resistermi. Non ho ancora delle
Virtutes così potenti. Comunque non ti preoccupare,
troveremo una soluzione.”
Detto questo, sorrise e raggiunse la sua postazione di lavoro.
La fissai mentre si metteva il grembiule e prendeva dagli
scaffali la farina, era bellissima.
Nel frattempo ripensai alle sue parole, non riusciva a
Vedere il nonno a causa della sua forza di volontà. La
situazione era abbastanza massacrante e continuava a vertere
su una cosa, mio nonno c’entrava qualcosa? Insomma,
c’erano pochissime probabilità che non facesse Vedere
apposta, ma erano trascurabili.
Arrivai in poco tempo e vidi che Tommy si era arrampicato
231
su una scala per cercare di mettere le luci in alto.
“Zhalia non riesce a Vedere il nonno.” sussurrai, con un fil di
voce, e cercando di non farmi sentire da nessuno se non dal
diretto interessato.
“Credi che sia uno degli incappucciati?”
“No, non voglio.”
Jace venne da noi con addosso delle corna da renna e
in mano altre due paia.
“Dai, mettetevele. Si accendono con le lucine.” Jace me le
porse e io le indossai, non altrettanto fece Tommy, che le
guardò schifato: “Non ci provate.”
“Te le metterai senza fare storie, come ho fatto io.” dissi,
tranquillo.
“Perché?” chiese lui.
“Perché è bello vedervi con uno spirito natalizio. Fate questo
piacere a un povero vecchio.”
Il nonno uscì dal nulla e mi posò la mano sulla spalla,
sempre sorridendo. Il calore della sua mano e il suo sguardo
così calmo e simile al mio mi fecero pentire di aver solo
pensato quelle cose su di lui.
Il mio amico si mise le corna e le accese, scrollandosi la testa
per sentire le campanelle, eravamo le 3 renne di Babbo
Natale, pronte per addobbare l’enorme albero in centro alla
sala.
“Avete qualche preferenza per la musica?” ci chiese, mentre
due camerieri portavano le casse e il cavo per collegare il
telefono.
“Abbiamo la nostra playlist, l’abbiamo fatta io e Zhalia” dissi,
collegando il cellulare: “È completa, vi piacerà molto.”
Così passammo la prima parte del pomeriggio, a
mettere palline e a cantare a squarciagola, come poteva fare
una famiglia normalissima, dopo anni che mi sentivo escluso
dalla mia vita. Poi chiesi il permesso ai ragazzi e andai a fare
232
una piccola passeggiata con mio nonno, da soli.
“Nonno, volevo passare del tempo assieme a te.”
“Nipote mio, in questi anni poco è cambiato, ma in quello è
compreso tutto.”
“Hai ragione. Ci sono così tante cose che vorrei dirti, non
trovo le parole e dà che iniziare.”
“Figlio mio. A scuola sta andando tutto bene? Fai un liceo?”
“Gioco a basket e faccio un liceo, si, dove ho conosciuto
Zhalia. Jace e Tommy erano nella band già da prima che
iniziasse l’anno scolastico.”
“Ah, il primo amore, me lo ricordo piuttosto bene. È una
ragazza splendida, ha tutta la mia approvazione.”
Sorrisi, più di prima. Al diavolo se mio padre non la
approvava. Fui però un po’ imbarazzato, mi aveva letto come
un libro aperto.
“Ricordati che sono stato giovane anche io, e che uomo che
ero. Avevo tutte le donne ai miei piedi, ma avevo occhi solo
per tua nonna, come tu li hai solo per Zhalia.”
“Si vede così tanto che mi piace?”
“Si tesoro, non sei mai stato bravo a nascondere i tuoi
sentimenti.”
Sospirai, ma felice. Mio nonno mi sapeva capire più di
chiunque altro. Mi prese per mano e mi abbracciò, non riuscii
a nascondere le lacrime. Quanto avevo sognato di stare di
nuovo con lui, e non potevo ancora crederci.
Era il primo giorno dopo l’Inizio che ci eravamo
comportati perlopiù da ragazzi normali, e mi piaceva molto,
perché finalmente non sentivo il peso del mondo sulle mie
spalle.

233
FESTEGGIAMO UN NATALE
DIVERSO DAGLI ALTRI.

Era un giorno come gli altri il 25 dicembre, tempo


spettacolare, nebbia mattutina e aria frizzante che apriva i
polmoni. Poteva essere benissimo senza significato, ma in
realtà il suo significato ce lo aveva.
Avevamo dormito tutti nella mia stanza, Zhalia sul
mio letto con me, Tommy e Jace sull’altro letto.
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Jace si svegliò per primo e poi svegliò me attraverso uno
scuotimento ben assestato.
“Buon Natale!” sussurrò lui.
Già, era Natale.
“Buon Natale!” urlai io.
Zhalia si svegliò immediatamente, alzandosi di colpo e
guardandomi.
“Gli alieni hanno conquistato il mondo?”
“No, no… è solo Natale!”
“Ah.” mi fissò confusa.
Risata generale da parte nostra, era così bello stare
assieme. Jace e Zhalia si allontanarono un attimo per
videochiamare i propri genitori, e restammo io e Tommy per
5 minuti. Incominciò a giocherellare con le sue Virtutes, io
mandai un messaggio a mia madre, allegandole un selfie col
nonno e la nonna, che avrebbe sicuramente apprezzato.
“Bene, adesso ci possiamo scambiare i regali?” dissi io,
aprendo la mia cassapanca quando tutti eravamo in camera di
nuovo. Da quella tirai fuori i miei 3 pacchetti e quelli di
Tommy. Li avevamo nascosti lì in modo che nessuno ci
potesse scoprire. Nemmeno io sapevo cosa avesse preso, la
cosa era segreta per fare una sorpresa. Zhalia e Jace andarono
a prendere i loro regali e in meno di un minuto eravamo
seduti in cerchio, rigorosamente in pigiama. La ragazza era
vestita da Akali Guardiana in Pigiama, se l’era fatto fare
apposta.
“Inizia il padrone di casa.” disse Tommy. Controllai ognuno
dei pacchetti con l’aria e li diedi agli interessati. Aspettai che
tutti lo aprissero e rimanessero a bocca aperta, successo
assicurato.
Avevo comprato un album per ognuno, firmato dalla
band corrispondente. Era incredibile quanto i soldi riuscissero
a farti fare delle cose che le persone normali si sognavano, era
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bastato scrivere una email o un messaggio su Instagram con il
profilo verificato e mandare piccole donazioni.
Jace si alzò e ci diede il suo. Lo scartai per primo e
vidi che dal pacchetto blu usciva una carta steam da 20 euro.
Mi guardai in giro, aveva speso un patrimonio per quello che
era abituato a regalare. Poi si soffermò su Zhalia, tirò fuori il
suo pacchetto e le disse: “Buon Natale Lali”. Con orrore notai
che era Pandora.
Lei lo prese raggiante e lo scartò subito, sotto i miei
occhi tristi. Prima ancora di aprire l’ultima scatolina si alzò e
andò ad abbracciare Jace, lui trionfo le accarezzò la schiena.
Non dissero nulla ma fui sicuro che si stessero ascoltando
tramite altro mezzo che non fosse la voce. Quando
finalmente si degnò di farci vedere cosa le era stato regalato,
fece un piccolo urlo eccitato e si mise il suo regalo al dito. Era
formato da soli cuori incatenati tra di loro, purtroppo ci aveva
centrato in pieno. E glielo aveva dato prima di me. Io le avevo
preso un anello ben più bello, grande e costoso, aveva pure il
significato, ma Jace aveva giocato d’astuzia. Mi stava rubando
la tipa.
“Grazie… è bellissimo.”
“Solo le cose migliori per lei, milady.” Mi aveva pure copiato
la battuta.
“Ok piccioncini, passiamo agli altri regali.” disse Tommy,
porgendoci i suoi regali. Mi stavo molto alterando.
Ci aveva regalato un cinturino dell’orologio ciascuno,
tutti neri di pelle. Lo sostituii subito assieme a Jace.
“Non vorrei essere giudicata per quello che vi ho fatto.” disse
Zhalia.
“Chi ti giudica?” disse Jace, gli occhi fissi sul pacchetto.
Moriva dalla voglia di vedere il regalo della mia bella.
“Ok, Buon Natale ragazzi.” Controllò con la telecinesi i 3
pacchetti e incominciò a giocherellare con il suo nuovo anello.
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Presi il mio e lo scartai, bramoso di sapere cosa aveva scelto.
Era un piccolo album fotografico con cui stampate foto che
non pensavo di aver mai scattato.
“Sono Visioni, non so con quale logica io riesca a stampare
dal nulla i momenti passati assieme, ma ci riesco, e mi
sembrava un regalo carino fare qualcosa che simboleggiasse
tutti noi.”
C’era tutto, il mio Dolomun, la nostra prima canzone assieme,
il ballo di fine anno… Era pazzesco.
“Regalo azzeccato, complimenti.” disse Tommy. Alla mano
aveva un anello con un teschio enorme, che non gli avevo mai
visto addosso.
“Abbraccio di gruppo?” tentò Jace, con tono molto
scherzoso.
“Perché no.” risposi e ci abbracciammo, io forse un tantino
imbarazzato.
Non era un Natale senza i miei nonni, ora che li avevo
vicini a me. Per cui mi scusai con i ragazzi e andai dai miei
vecchi, trovai mia nonna seduta sulla poltrona, intenta a
scrutare la neve che scendeva.
Aveva addosso la stessa vestaglia che aveva il giorno
che l’avevo lasciata, non era invecchiata di un giorno. I capelli
biondi scintillavano al bagliore delle luci natalizie, aveva lo
stesso sorriso scaltro ma gentile che mi faceva sentire un re
quando mi sedevo su di lei.
“Ti direi di sederti come ai vecchi tempi, ma sei diventato
grande, certe cose le devo abbandonare alla mia età.” disse lei,
come se mi avesse letto nel pensiero: “Vorrei dirti tante cose
Andrea, ma credo che il tempo ci manchi. Vorrai sicuramente
passare un natale con i tuoi amici.”
“Credo che loro possano aspettare, e se andassimo a fare una
passeggiata nel bosco?”
“Certo, avviso Edoardo.”
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Nonna si alzò e non potei fare a meno di notare la sua
eleganza naturale, il nonno era stato fortunato ad avere una
compagna di vita come lei, sempre adatta alla situazione,
elegante, carismatica, una sua copia al femminile. Mi diede un
bacio sulla fronte e andò via da me, solo allora compresi che
ero in pigiama, quindi andai in camera mia. Dissi ai ragazzi
che andavo via e che se volevano potevano fare un giro in
paese.
“Magari andiamo in pattuglia, vediamo se riusciamo a scoprire
qualcosa in più.” disse Jace.
Annuii, presi dei vestiti puliti, mi cambiai in bagno e uscii da
Manoir Lanza. Trovai i nonni ad aspettarmi.
“Buon Natale Andrea.” disse il nonno.
“Buon Natale nonno e nonna, spero che sia diverso da quello
che avete passato negli ultimi anni.”
L’uomo mi si avvicinò, mi abbracciò: “Non sai quanto siamo
felice di averti qui.”
Era da tanto che non mi sentivo amato in questo
modo, cosa molto difficile da pensare e da capire. Mia
mamma non poteva mai esprimermi il suo affetto se non per
rari momenti, tutto per colpa di mio padre. Lui, litigando con
il nonno, mi aveva vietato ogni forma di contatto con loro,
sentirli così vicino a me era qualcosa per cui avrei dato tutto il
patrimonio dei Lanza. Nel mentre pensavo questa cosa mi
scese una lacrima dal viso, Nonno me l’asciugò. A differenza
di suo figlio, lui non provava un profondo disprezzo verso gli
atti di viltà come il pianto.
“Siamo qui per te, Andrea, non dimenticarlo mai.”
Incominciò a camminare seguendo il percorso che
facevamo ogni mattina, passavamo per i boschi dove
andavamo a caccia la domenica e la fontana, dove mio nonno
si era dichiarato e aveva chiesto la mano della nonna. Era da

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sempre un posto speciale, ne potevo quasi percepire l’aura
anche senza le Virtutes.
Nonna mi raccontò di come tutto fosse cambiato dopo la mia
partenza, c’era stata una profonda crisi nella quale tutti gli
abitanti del villaggio si erano rivolti a loro per un aiuto.
C’erano stati periodi in cui sfamavano due volte al giorno i
compaesani, davano loro un tetto sotto cui dormire se la
propria casa era stata devastata dagli incendi. Nonno mi disse
anche che avevano utilizzato il giardino come scuola in cui si
seguivano delle lezioni all’aria aperta.
“La nonna non ha mai cucinato così tanti biscotti.” Mi fece
l’occhiolino e ripartì con le sue memorie. Combatterono in
prima linea con gli incendi, salvarono vite e aiutarono le
donne incinte a far nascere i loro bambini, sfido chiunque a
non desiderare nonni come loro. Avevano deciso di mettere la
loro vita e la loro ricchezza a disposizione del prossimo in
tempi duri, che mi ricordavano tantissimo quelli ritratti in Call
of Duty, sofferenza e tristezza. Mi sentii il ragazzo più
fortunato del mondo, perché proprio loro mi avevano
insegnato i sani valori e principi, non avrei potuto avere
insegnanti migliori.
Da parte mia invece raccontai come avevo conosciuto
i ragazzi, della band, del fatto che Jace avesse come me una
cotta per Zhalia. Non dissi nulla delle Virtutes e tutte le cose
legate ad esse, non volevo dare l’idea che ero ritornato da loro
solo per scoprire che cosa ci stava succedendo.
Arrivai senza accorgermene alla fontana, vidi che il nonno si
sedeva sulla panchina e osservava la sua composizione. Era
inverno, quindi era senz’acqua, ma sembrava che ce l’avesse
da quanto era pulita. Lo raggiunsi e feci cenno alla nonna di
sedersi, lei rifiutò sorridendo: “Tu e Edoardo avete tantissime
cose da dirvi, io ritorno a casa.”
“Ma no Nonna, resta.”
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“No caro, ci vediamo dopo.” Mi salutò e andò via, lasciandoci
da soli.
“Ti ricordi del nostro posto segreto?” mi chiese.
“Certo!” risposi: “C’è ancora?”
“Si, ci andiamo dopo, però ti avverto, forse sarà un po’ più
piccola di come te la ricordavi.”
Annuii e guardai la fontana, mi riaffioravano alla
mente i ricordi più belli della mia infanzia. Quando ero
piccolo ogni tanto andavo con i bambini del villaggio a
giocare a nascondino per i boschi, la cosa bella è che se ci
perdevamo sapevamo sempre come comunicare la nostra
presenza agli altri. Avevamo perfino ideato un suono
KOKOOO simile a quello emesso da una gallina, lo urlavamo
e gli altri sapevano dove ci trovavamo. Un giorno poi
avevamo trovato una vecchia casa sull’albero e ce ne eravamo
impossessati, era la nostra nave. Mio nonno la ristrutturò e la
rese più sicura per noi aspiranti pirati, chissà se i miei
amichetti si trovassero ancora a Bréze oppure avevano preso
strade differenti.
“Promettimi una cosa, Andrea. Quando non ci sarò più vieni
in questo posto e ricordami.”
“Perché dici così nonno, hai ancora tutta la vita davanti.”
Mi sorrise, stanco: “Solo le fissazioni di un vecchio, nulla di
più. Avrò il rimorso di non aver passato abbastanza tempo
con te, non sono stato presente per troppo tempo.”
“Mi dici perché avete litigato tu e mio padre?” chiesi.
Diventò di pietra e incominciò a respirare più lento.
Non solo sentivo i suoi sospiri, ma anche l’aria che respirava.
Potevo controllarla e mandare via l’anidride carbonica in
modo che potesse respirare più liberamente.
“Abbiamo visioni opposte su determinati argomenti, come
politica e la FYCE, che tu conosci piuttosto bene.”
No, non poteva essere vero.
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MAI FIDARSI DEI RECTI, ADI AVEVA
RAGIONE.

Feci suonare il mio telefono, in modo da alzarmi e


allontanarmi per rispondere alla falsa chiamata. Cercai Zhalia
e la chiamai.
“Avanti rispondi” pensai, mentre il battito si faceva sempre
più veloce. Dopo il quarto squillo mi rispose.
“Ciao Andrea…”
“Non c'è tempo. Venite subito alla fontana, è un ordine.”
ribattei e chiusi il telefono. Quando ritornai dal nonno cercai
di mantenere un tono neutro ma non ci riuscii del tutto,
percepì la mia agitazione.
“Hanno già provato a reclutarti, con te i tuoi amici. Non avete
risposto alla chiamata, avete proseguito per la vostra strada.”
Mio nonno era uno degli incappucciati che ci
volevano morti, era un controsenso enorme. Una delle
pochissime persone di cui mi fidavo ciecamente si era rivelata
uno dei miei peggiori nemici.
“Andrea…” cominciò lui, ma io fui più veloce. Mi alzai in
volo e evocai una sfera di fuoco.
“Impressionante” disse: “Morivo dalla voglia di vedere le tue
Virtutes dal vivo.”
“Cosa volete da noi?” urlai.
In quel momento arrivarono i miei amici apparsi dal
nulla che mi videro in volo.
“Andrea ma sei pazzo?” esclamò Jace.
“È uno degli incappucciati.” gridai.
“Avanti, non giungere a conclusioni affrettate.” disse Zhalia.
Mio nonno sorrise, lo stesso di sempre: “Mio nipote ha
ragione, ma se mi concedete del tempo vi potrò spiegare
tutto.”

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“Ale scendi disse Zhalia: “Io ti ascolto, con me anche gli
altri.”
“Ma Lali…” protestai io.
“È tuo nonno, non fatemi usare le Virtutes per farvi
ascoltare.”
“Che ti prende?” chiese Tommy.
“Io la ascolto, ci può dire la verità. È tuo nonno, Andrea.”
Tommy le lanciò una sfera di ombra che la fece girare,
ma non per molto. Gli mandò indietro una sfera di telecinesi
che lo fece quasi volare.
“Oh calmati.” dissi, andando ad aiutare Tommy a rialzarsi.
“Abbiamo bisogno di sapere che cosa sta succedendo, sono
risposte che non possiamo dare da soli.”
“Andrea, dammi una possibilità di spiegare.” mi pregò mio
nonno, tranquillo.
Una parte di me mi diceva di scappare via, ci avrebbe
consegnati alla FYCE, l'altra suggeriva di restare, stavo
parlando pur sempre con lui.
“Andiamo.” disse Tommy. A quel punto mancavamo solo io
e Jace, che dopo una serie di brevi sguardi ci decidemmo.
“Seguitemi.” disse lui, per poi addentrarsi nella foresta.
Non fu facile capire che cosa provavo, ero
profondamente deluso dalla persona che più stimavo in
assoluto, da mio nonno. Tutte le opere buone che aveva fatto
erano solo per ottenere il consenso del villaggio, chissà se poi
si sarebbero rivelati dei voltagabbana come era successo con
noi. Camminammo per una via non nuova per me, mi
sembrava stranamente familiare.
Arrivammo alla nostra meta, la mia vecchia casa sull'albero
delle visioni non era cambiata, anzi, era stata di nuovo
ristrutturata e ampliata.
“Bellissimo, avete fatto proprio un bel lavoro.” commentai
estasiato.
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Mio nonno sorrise e suonò la campanella della scala.
Si materializzarono davanti a noi 6 ragazzi, 2 femmine e 4
maschi, tutti erano accomunati da un marchio rosso laddove
c'era il nostro Marchio.
“Edoardo, qu'est ce-que sont ils?” disse una ragazza. Aveva
dei lunghissimi capelli biondi e occhi azzurri, con una piccola
voglia sotto l'occhio destro.
“Chantal!” urlai e mi avvicinai a lei che indietreggiò.
“Andréa?” chiese, annuii e mi strinse in un abbraccio. Mi
ricordai il francese e incominciai a parlare. Chantal era la mia
migliore amica dell'infanzia, se non la mia fidanzatina. Con il
passare del tempo era diventata quasi una modella, il fisico
perfetto sottile, era più bassa di quanto ricordassi.
“Tu es devenu en beux garçon…” La guardai negli occhi e mi
sembrò di essere bambino di nuovo, noi che correvamo felici
nei boschi.
Riconobbi anche Adrien, eravamo inseparabili.
“Siccome vorrei essere capito da tutti, mi sforzerò di parlare la
vostra lingua” disse Adrien: “Non so chi siano i tuoi amici
Andrea, ma devono andare via tutti.”
“Come prego?” disse Jace.
“Andatevene via, ultimo avvertimento, poi si passerà alla
forza.”
“Non sapete con chi vi state mettendo contro” disse mio
nonno tranquillo: “Sono loro.”
“Ne est pas possible…” disse la seconda ragazza. Forse era
Renée.
“Pardonnez-moi.” disse Chantal e ii 6 ragazzi ci
accerchiarono, iniziando a intonare un canto quasi
demoniaco. Io e Tommy ci guardammo e annuimmo, lui ci
circondò di ombra e Zhalia ci teletrasportò sopra una
collinetta.

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“Dillo un'altra volta e ti faccio volare fino in Australia.” disse
Zhalia, incazzata.
Quando disse l'ultima parola mi accorsi che stava
parlando francese, ed era fluente come l'italiano. Jace si girò
verso di lei assumendo un'aria confusa, e a giudicare dalla sua
faccia lo era veramente. Come faceva? Nemmeno io lo
parlavo così.
“A dopo le spiegazioni.” tagliò corto lei, lasciando la parola a
Tommy.
“Va bene come prova?”
Adrien si rivolse a mio nonno: “Ils sont vraiment.”
“Oui.”
Scendemmo dalla collinetta e io venni travolto da
Chantal, che mi fece cadere per terra. Sentii Jace ridacchiare:
“Si è trovato la ragazza.” e Zhalia diventare rossissima, una
cosa molto buona a parer mio. Da quel che ricordavo Chantal
era la mia fidanzatina dell'asilo.
Mi tolsi da lei ma mi bloccò per baciarmi, ero
imbarazzatissimo e mi scansai subito, vedendo per sbaglio
Zhalia, rossissima di faccia e trattenuta a forza da Jace.
Mio nonno fece due colpetti di tosse molto educati e
mi alzai in piedi, volando, scappando subito da lei. Mi girai
afflitto per vedere la reazione dei miei amici, Jace era
raggiante, Tommy impassibile con l'ombra di un sorriso sul
volto. Gli avevo parlato tanto di Chantal e Adrien, dei giochi
che facevamo, ora che c'è l'aveva lì non faceva nulla. Che
strano ragazzo che era.
“Dobbiamo andare lì dentro.” disse Adrien, battendo tre volte
le scale.
“Non ci stiamo tutti.” precisai io, mio nonno mi fece
l'occhiolino. Adrien e altri due ragazzi ci precedettero,
aiutandoci anche a salire.

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Appena mi provai ad avvicinare a Zhalia lei si scansò,
andando ad attaccarsi a Jace.
“Mi dispiace Lali.” La sua espressione era furiosa, forse non
avrei dovuto scusarmi.
“Ti credevo un ragazzo più serio.”
Colpo bassissimo… mi aveva leggermente sfondato. Cercai di
non darci troppa importanza e mi avvicinai alla porta, Chantal
mi sbarrò il passaggio.
“Fermi, prima vanno messe queste.” Aprì un piccolo baule e
tirò fuori 4 braccialetti color argento, alla vista Tommy
arretrò.
“Non è nulla, solo una piccola precauzione nel caso voleste
scappare.” ci rassicurò la bionda.
“Mi spiace, non sono una mucca.” sbottò Jace, allontanandosi
da lei.
Chantal scoppiò a ridere e la mia mente ritornò ai
vecchi momenti in cui ero spensierato e pensavo solo al
gioco. Tutto mi sarei aspettato dalla vita ma non il sentirsi
invulnerabili e non capaci di pensare, semplicemente era come
se fosse un sogno misto ad un incubo, e proprio come in un
sogno si poteva assistere e basta.
Zhalia si fece avanti e si fece mettere il braccialetto, con
grandissimo stupore da parte nostra.
“Lali…” incominciai, ma mi fermò subito, con espressione
ferma.
“Voglio sapere che cosa mi sta succedendo Andrea, non ce la
faccio più a vivere nell'ignoto, avanti.”
Chantal le sorrise e si avvicinò a me.
“Sai che non ti farei mai del male.”
Spinto da una forza misteriosa mi feci mettere il braccialetto e
seguii Zhalia. Piano piano anche gli altri si fecero mettere il
bracciale e Chantal ritornò davanti alla porta, dove era
apparso un piccolo schermo. Apparso dal nulla, come se lo
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avesse evocato lei. Si avvicinò e venne fuori una voce
metallica: “Reconnaissance.”
“Chantal Leblanc.”
La voce ripeté il nome e si aprì la porta della casetta,
mi fece l'occhiolino e mi mandò un bacino da sotto il
rossetto. Dopo di lei si identificarono due ragazzi e venne il
mio turno. Mi avvicinai seppur titubante e misi l'indice sullo
schermo similmente a come aveva fatto la mia amica.
“Martius.”
Non feci nemmeno in tempo ad aprire la bocca che la
porta si era già spalancata, non prestando nemmeno
attenzione a come mi aveva chiamato. Entrai e rimasi
incantato dalla magia di quel luogo. Non era l'interno della
mia casetta sull'albero, era un castello, lo stesso della mia
visione, e finalmente lo avevamo trovato.
Appena arrivarono anche i miei amici, volli usare le
mie abilità di volo per vedere tutto il castello, ma appena mi
staccai da terra caddi subito.
I miei non amici scoppiarono a ridere e io mi sentii morire
dentro, era una cosa automatica per me assecondare il mio
bisogno di non sentirmi legato alla forza di gravità.
“Questa è l'utilità dei bracciali.” pensai.
Zhalia fece un inizio di scatto per aiutarmi ma non ce ne fu
bisogno, Chantal la precedette, donandomi uno dei suoi
meravigliosi sorrisi. Con la coda dell'occhio vidi la mia amica
diventare ancora più rossa e guardare da un'altra parte, come
per resistere a qualche impulso omicida. Quella bionda
doveva assolutamente smettere di provarci con me.
I francesi ci scortarono all'entrata e ci fecero attendere
dei minuti da soli, in quelli ci confrontammo.
“La strana macchina ha chiamato anche voi con un nome
diverso?” iniziò Tommy, giocherellando con la
manetta/bracciale.
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“Si, Venerea” disse Zhalia: “Non so che razza di nomi siano
ma il mio sembra quello di una malattia.”
“Io sono Sailor Pluto.” sbuffò Tommy e gli tirai una gomitata:
“Dai che è quella che ti è sempre piaciuta…”
“Io sono Merrian” disse Jace: “Ci chiamiamo come delle
ragazze.”
“Ci sarà un motivo per cui ci chiamiamo così.” esclamò
Zhalia.
“Comunque vada lì dentro, vorrei che sappiate che siete i
migliori amici che possa desiderare.” dissi, facendo il
sentimentale.
“Sei fortunato che non ho le mie Virtutes.” bofonchiò Zhalia,
la destra stretta in un pugno, se l'era presa veramente.
“Perché se no cosa mi avresti fatto, intelligentona?” la
stuzzicai, con aria angelica.
Mi guardò e quello sguardo fu più doloroso di ogni
parola che poteva dire, era delusa da me e dai miei
comportamenti che, per quanto ci provassi, reputava
decisamente infantili.
“Penso che tu voglia stare con la tua scopamica.” disse lei,
gelida, scansandosi.
“In questo momento non c'è, quindi non vedo motivo di
arrabbiarsi.”
“Smettila di essere così coglione, ti prego.”
“Ok Andrea basta, stai esagerando.” disse Jace, mettendosi in
mezzo tra me e lei. Sentii il bisogno incredibile di tirargli un
pugno in faccia, ma qualcosa mi trattenne, tornai ad essere
tranquillo.
“Scusate, non so cosa mi è preso” mi scusai ed evitai gli
sguardi dei miei amici.
Arrivarono i francesi che ci aprirono la porta e
andammo dentro al castello. Come mi aspettavo era barocco,
con l'enorme sala di accoglienza addobbata finemente, forse
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per simboleggiare la potenza della FYCE. Mi girai intorno e
vidi un ritratto su tela, grandissimo, su cui era raffigurato un
uomo vecchio, mi ricordava vagamente qualcuno. Come
solito, sapevo che aveva dei lineamenti familiari ma vuoto
totale a riconoscere il volto.
Al centro della sala c'era un tavolo con una tovaglia
bianchissima, ornata di bordi oro, con sopra 4 calici. Ci
avvicinammo e dal nulla sbucò mio nonno.
“Ben ritrovati carissimi ragazzi, spero che non abbiate patito
la mia assenza.”
“No Signor Lanza.” dissi io, sottolineando le ultime due
parole. Dopo quello che ci aveva fatto non meritava di essere
chiamato nonno.
“Mi fa piacere Andrea, state imparando ad essere
autosufficienti.” rispose mio nonno rimanendo impassibile. O
almeno era quello che voleva far vedere, guardò per terra e
rimase a fissare il pavimento per qualche secondo. Mi si
strinse il cuore a quella vista, volevo andare a consolarlo ma
l'orgoglio di essere stati traditi me lo impedì.
Vedendo che qualcosa non andava Chantal prese le
redini della situazione, sciogliendosi la lunga treccia bionda e
facendosi una coda. Poi, con la nonchalance solita, si avvicinò
ancora di più al tavolino con i 4 calici.
“Dovete bere questi.” disse.
“Eh no” protestò Tommy: “Prima ci mettete delle manette e
poi volete controllare i nostri corpi, non siamo degli alieni.”
“Tommaso, non c'è nessun problema, i calici servono per
riportarvi indietro nel tempo, null'altro. Quindi se volete
sapere chi siano i vostri sosia e cosa ci fate qui, vi consiglio
caldamente di bere il contenuto dei calici”
“Voglio ritornare a casa.” sussurrò Zhalia, da dietro Jace.
Anche io desideravo andare via da quello che ci stava
succedendo, forse avrei fatto la figura del codardo ma non mi
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importava. Passare una giornata con mio padre sarebbe stato
meglio di sentirsi vulnerabili in quel modo, senza riuscire a
sapere che cosa ci stesse succedendo.
Jace mi guardò un attimo, le pupille perse nel nulla e
prese uno dei 4 calici, Tommy lo fissò esterrefatto: “Non puoi
essere serio.”
“È l'unica via possibile.”
“Grazie per la fiducia, figliolo.”
Mio nonno gli mise una mano sulla spalla e mi porse il
mio calice, che presi con espressione schifata. Il contenuto
sapeva vagamente di cocco e ciliegie.
La visuale piano piano cambiò, si fece più chiara, e si passò a
un mondo completamente spoglio, senza macchine o
tecnologia. Cercai con lo sguardo gli altri e li vidi vicino a me,
sentirli o percepirli mi aiutò a restare calmo e a non gridare
come una ragazzina. Provai a parlare, ma non mi uscii nessun
suono dalla bocca, era come se fosse se le labbra fossero
attaccate.
Guardai gli altri e vidi che erano diventati delle
sagome trasparenti, si vedevano solo i loro contorni. C'erano
ma erano come fantasmi, e in quel momento non riuscivo a
provare nulla, potevo solo restare a guardare, senza riuscire a
pensare lucidamente.

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PER ASPERA AD ASTRA, AD ASPERA.

Era una giornata soleggiata, dei carri trainati da cavalli


andavano lungo le strade di pietra, le persone si
comportavano normalmente, portavano lunghe tuniche
bianche, alcuni con anche una fascia colorata. Il Foro era
come sempre pieno, centro della vita culturale della città, ma
quel giorno di più degli altri. Martius era in giro a fare
compere, e la sua attenzione si destò particolarmente su un
coltello, finemente decorato. Era stupito dalla bellezza che
irradiava, si avvicinò per vederlo più da vicino, mai in vita sua
aveva visto una cosa così magnifica. L’artigiano lo intravide e
incominciò a trattare il prezzo, sicuramente era di valore.
“Mio signore, il suo valore è 3000 denarii, ma le posso fare
1000 denarii.”
“Troppo, si vede che è un falso, una replica.”
Martius sapeva bene di mentire, era l’originale, ma il
commerciante gli sembrava un uomo non acuto e piuttosto
stolto. E per un ragazzo come lui 1000 denarii per un coltello
non ne valevano nemmeno la pena.
“Ma mio signore…”
“Niente ma, mio padre lo verrà a sapere.”
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Il padre di Martius era un pezzo grosso della città,
solo a nominarlo le persone sbiancavano e facevano quello
che voleva lui, ma non sapevano la verità. Non sapevano che
viveva da solo e non vedeva suo padre da quando era partito
per la Gallia, e da lì non ne era più tornato. Sua madre era
morta di parto e lui cresciuto solo con la nonna paterna, fino
alla sua morte 4 anni prima. Martius si era ritrovato ad essere
l’erede di una famiglia con un cognome molto rispettato, e
con una ricchezza da fare invidia ai più grandi sovrani dell’est.
Da allora viveva solo, senza persone accanto a lui, perché non
ne voleva avere nulla a che fare.
“Per 800 denarii avrà il suo coltello e uno dei miei schiavi.” fu
la proposta del commerciante.
“Intendo sceglierlo personalmente.”
“Ma certo mio signore.” gracchiò lui, suonando una
campanella. Dalla parte più remota del tendone vennero fuori
alcuni ragazzi, circa età di Martius. Non erano stati fortunati
come lui e per chissà per quali motivi erano diventati schiavi.
Il ragazzo li scrutò per bene, erano ragazze in età di
matrimonio e ragazzi sani e forti, tutti tranne uno. L’unico che
sembrava malaticcio aveva delle grandi occhiaie nere, e dei
capelli dello stesso colore, non aveva nulla di speciale.
Martius li valutò uno ad uno, una ragazza era
bellissima e poteva essere la sua sposa, ma lui, spirito libero,
non ne voleva sapere. Gli uomini gli sembravano da lavoro,
averne uno intorno gli avrebbe fatto molto comodo, ma
potevano portargli problemi, soprattutto se scoprivano la
verità su suo padre. Il suo sguardo cadde sul ragazzo più in
disparte e gli vennero in mente i ricordi della sua infanzia, gli
mancava qualcuno con cui confidarsi. Non sarebbe riuscito a
sopravvivere a lungo, sembrava malnutrito, alla fine fece una
decisione che mai nella vita avrebbe pensato di fare.
“Prendo quello lì.” disse indicandolo.
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“Ottima scelta signore, è uno dei migliori, scoprirà perché.”
Il ragazzo storse il naso e pagò al commerciante la somma
dovuta, ricevendo anche il coltello. L’uomo poi gli mise le
catene dello schiavo in mano e lo salutò facendo un inchino,
felice di aver venduto uno schiavo di così poco valore. Certo,
ci aveva rimesso il coltello, ma finalmente si era liberato di
quell’inutile ragazzo, che non gli portava né manodopera né
soldi.
“Un affare.” disse, ridendo.
Martius incominciò a camminare, di un passo
sostenuto e fiero, il ragazzo quasi doveva correre per stargli
dietro, e, anche se le sue condizioni non lo permettevano,
sapeva di valere molto di più di quello che faceva credere. Il
suo nuovo padrone si diresse verso una zona desolata, senza
persone che potevano vederli e incominciò a parlargli, senza
però ricevere risposta. Non è che non parlasse la sua lingua,
non voleva parlare con una persona ricca.
Arrivarono davanti a una casa abbastanza grande da
contenere 10 persone, e il ragazzo non aveva mai visto nulla
di così bello. Entrarono dentro e Martius gli tolse le catene,
sospirando.
“Questa sarà la nostra nuova casa, non ho intenzione di farti
vivere come uno schiavo, ma come pari a me. Mi dici il tuo
nome?”
“Quindi erano queste le sue intenzioni.” pensò l’altro.
“Pluto.”
“Io sono Martius, avrai sicuramente fame. Stamattina ho
preparato del pane in più.” Pluto seguì lo strano padrone fino
ad arrivare nella stanza adibita alla cucina, dove non solo
trovò del pane, ma anche acqua, formaggio e miele.
Incominciò a mangiare avidamente tutto quello che gli si
trovava davanti, senza preoccuparsi dell’altro.
“Da quanto non mangi?” chiese il ragazzo.
253
“3 giorni.” fu la risposta, la verità.
“Mi vuoi raccontare la tua storia? Quando hai finito.”
Pluto annuì e riprese a mangiare, si fermò soltanto quando
tutta la tavola era vuota, aspirò perfino le ultime briciole con
voracità senza fine.
Martius cercava di ispirare fiducia al suo nuovo
coinquilino, non voleva essere il suo padrone, solo un suo
amico, quel nuovo ragazzo aveva bisogno di affetto e di cure,
era piuttosto magro.
“Non c’è molto da dire su di me… sono uno schiavo da
quando avevo 3 anni, ho vagato di famiglia in famiglia perché
nessuno mi voleva, mi hanno maltrattato e hanno ucciso mia
madre davanti ai miei occhi, scappavo ma mi riportavano ogni
volta dai miei padroni.”
“Hai intenzione di scappare anche da me?”
“Si, voglio essere libero, non lavorare per nessuno.”
Martius fece un gran respiro e porse all’altro le catene con cui
l’aveva preso.
“Sei libero, ti dono quello che vuoi.”
Pluto fece gesto di alzarsi ma le sue gambe non ressero e si
mise di nuovo seduto, alzò gli occhi al cielo.
“Riposa, ti preparo una bevanda calda.”
“Perché ti interessi così tanto a me?” chiese il malato.
“Hai bisogno di cure e di amici, non credo che altre persone ti
aiuterebbero come potrei fare, se solo ti fidassi di me.”
Martius si alzò dal divanetto e si avvicinò al fuoco,
prese un pentolino e ci versò dell’acqua. Prese anche delle
foglie e le aggiunse nell’acqua, aspettando che si scaldasse.
Nessuno aveva mai fatto del bene a Pluto, di questo il ragazzo
se ne era reso conto, e vivere da soli poteva essere stancante,
se le uniche cose da fare erano scrivere e allenarsi. I suoi
giorni da lupo solitario erano finiti, e di questo lui ne era
pienamente consapevole.
254
Come si dice il tempo non aspetta nessuno, nel giro di
4 mesi i due ragazzi diventarono come fratelli, uniti per e in
tutto, come se si conoscessero da una vita. Un giorno come
gli altri andarono a fare un giro insieme al foro e passarono
davanti a un mercante di schiavi, lo stesso che aveva preso
Pluto.
“Ragazzo!” chiamò il commerciante tutto trafelato, i due si
girarono stupiti.
“Come prego?” chiese Pluto.
“Io mi ricordo di te! Guarda come sei diventato” iniziò lui,
con tono stucchevole: “Lo rivorrei indietro, grazie. O lui o il
coltello.”
“Come prego?” ripeté Martius, decisamente arrabbiato.
“Vorrei indietro il mio schiavo.”
“Non è più uno schiavo, è liberto.” disse Martius, mettendosi
tra lui e il commerciante.
“E ha liberato un ammasso di pulci come lui? Suo padre non
ha fatto un buon lavoro con lei.”
“Questa è profonda mancanza di rispetto nei miei confronti,
mercante. Fammi vedere i tuoi schiavi e accetta ogni mia
singola proposta, se non vuoi finire in tribunale.”
“Si certo, mio signore.” bofonchiò il tipo, facendo
accomodare i due ragazzi dentro alla sua tenda.
Aveva ancora la ragazza che aveva rubato il cuore a
Martius, stranamente non era stata comprata da nessuno, più
un ragazzo sano e forte.
“Pluto?” disse la ragazza, cercando di divincolarsi dalle catene.
Pluto si buttò su di lei, abbracciandola.
“Non sei più lo stesso.” sussurrò lei tra le lacrime. Lui le
accarezzava il viso, fu riconosciuto anche dall’altro, incatenato
a debita distanza dalla ragazza. Pluto andò ad abbracciarli
tutti, erano stati gli unici che gli erano stati veramente vicino
255
nella sua lunga permanenza, gli davano il loro cibo ma lui non
accettava mai.
“Prendo quei due.” disse Martius, con lo stupore di tutti,
compreso il commerciante.
“La ragazza non è in vendita.”
“Ho detto che li prendo, hai mancato di rispetto a me e alla
mia famiglia. 1200 denarii è anche troppo per come ci hai
trattati.”
“Tu piccolo…”
Non gli diede tempo di finire. Erano così contenti di essere di
nuovo assieme.

Vennero imprigionati in un luogo buio, due volte al


giorno uno schiavo veniva affinché potessero mangiare, ma
era una situazione troppo sottile. Martius non poteva credere
che suo padre, la persona più forte che avesse mai messo
piede nella città fosse morto, era un paradosso. D’altro canto
adesso che non c’era più, lui non veniva considerato di
striscio e dopo 20 anni era diventato uno schiavo dalle più
nobili origini. Dentro alla prigione c’era un’altra coinquilina,
che inizialmente non voleva avere nulla a che fare con loro.
“Andate via, siete dei mostri!” Aveva parlato una bambina,
rossa, che non avrà avuto più di 6 anni.
“Tranquilla, siamo come te…” si avvicinò cautamente
Venerea.
“No voi non siete come me! Non mi farete cambiare idea!” la
bambina iniziò a calciare e a mandare via i ragazzi. L’istinto di
Venerea si alzò al massimo, la prese e la strinse a sé tramite un
abbraccio. Lei rimase spiazzata da quel gesto e la lasciò fare.
“Mi dici come ti chiami, splendore?”
“Io sono Cassie. Tu?”
“Venerea, ma chiamami Rea se preferisci. Loro sono la mia
famiglia, e da oggi, se vorrai, anche la tua.”
256
Cassie scoppiò in un pianto felice, d’un tratto si fece
serissima: “Voi non mi riporterete indietro, vero?”
Martius rispose, mettendole una mano sulla piccola spalla:
“Non si torna mai indietro.”
“Evviva! Voi chi siete?” chiese Cassie, felice.
“Io sono Merrian” disse il più alto: “Lui è Pluto. Il ragazzo di
prima è Martius.”
“Ti voglio bene mamma Rea.”
“Oh tesoro, anche io te ne voglio tantissimo.” disse Venerea,
mentre riaffiorava il suo istinto materno.
“Ho anche un papà e degli zii, che bello.” disse contenta
Cassie, per poi fare un enorme sbadiglio e appoggiare la testa
sulle gambe di Merrian, incominciando a dormire
pesantemente.
I 4 incominciarono a parlare, stavano organizzando
una fuga, e alla fine riuscirono, trovando rifugio nel bosco
vicino. Tutta la città sapeva della loro fuga e i soldati
incominciarono a cercarli, senza trovarli per circa 6 mesi.

Non era quella la vita che volevano vivere, ma non


potevano fare altrimenti, nessun posto era per loro sicuro, e
volevano proteggere la bambina ad ogni costo. Per questo
ogni tanto rubavano delle scorte di cibo nei villaggi e
scappavano nei dintorni, dormendo sotto tende di loro
invenzione, trasmettendo a Cassie i loro saperi e le storielle
della buonanotte più belle che conoscevano, il tutto per farla
sentire a suo agio e non farle pesare la loro vita da vagabondi.
Tutto procedeva liscio fino a un brutto giorno, dove le
guardie che li stavano seguendo riuscirono a riportarli nella
prigione. Cassie aveva ormai conosciuto gli orrori della fame e
della guerra, non era più una bambina, la sua infanzia le era
stata portata via nel momento stesso in cui era stata picchiata
dalle guardie per farla stare zitta. Si era resa conto che al
257
mondo non esistevano solo persone belle e care come la sua
famiglia, ma anche persone crudeli a cui non importava nulla
di quello che succedeva loro.
Quando videro la luce per la prima volta dopo cicli,
vennero portati dentro ad un’arena circondata da spettatori
acclamanti. Vennero fatti vestire come dei gladiatori,
compresa Cassie, e vennero fatti mettere al centro della
costruzione. La folla acclamava sangue, e per questo vennero
fatte uscire dai loro nascondigli alcune fiere, che non
assomigliavano a nessun animale esistente o conosciuto. Belve
senza pietà, con denti aguzzissimi che non aspettavano altro
che venire sfamati. Iniziò un countdown, in cui i ragazzi si
sparpagliarono per l’arena, Merrian aveva sulle spalle Cassie,
oltre all’armatura. Si era affezionato fin da subito alla
bambina, e non aveva intenzione di lasciarla morire.
L’unica loro speranza era riuscire a superare le fiere in
combattimento e restare vivi per almeno 20 minuti, cosa più
che vitale. Le belve incominciarono ad attaccare 2 secondi
prima dell’inizio del combattimento e puntarono subito su
Merrian e Cassie. Pluto incominciò a fare rumore, distraendo
le fiere, che iniziarono a correre dietro al ragazzo.
Lui urlò e ferì la più piccola ad una zampa. Martius
approfittò di quel momento per sgozzare la fiera ferita,
attirando l’attenzione delle 5 rimanenti. Pluto fece da
diversivo, e ne fecero fuori un’altra. La folla cominciò a
fischiare e a pretendere sangue, alcuni uomini fecero uscire
altre 6 belve feroci, i ragazzi si trovarono in netta inferiorità
numerica, 5 contro 9. Subito ne fecero fuori una, ma nello
scontro Merrian, che cercava di proteggere il più possibile
Cassie, cadde per terra, facendo cadere di conseguenza anche
la ragazzina.
“Meri!” urlò lei, lui si alzò di scatto e corse dalla piccola, ma
attirò l’attenzione delle bestie. La loro vittima preferita era
258
appena stata mollata, perché non approfittarne subito? La più
grossa delle belve si avventò contro Cassie, che non fu
abbastanza veloce da scansarsi. La sua ultima parola prima di
essere sbranata fu: - - Rea! - . Si pose così fine all’esistenza di
una parte della famiglia, i ragazzi assistettero impotenti.
L’urlo di Martius spezzò l’atmosfera tesissima e la
folla acclamante. Un enorme incendiò partì vicino ad una
belva, che fu carbonizzata all’istante. Pluto si unì al dolore
dell’amico, e con lui anche tutti gli altri ragazzi, che iniziarono
a fare cose mai viste da nessuno. Venerea sollevò delle pietre
con una forza invisibile e spaccò in due le bestie, Pluto
incominciò a lottare con una frusta nera fatta d’ombra. Non si
poteva descrivere il loro stato d’animo, la città aveva portato
loro via un pezzo di cuore che mai avrebbero ritrovato, come
se avessero perso un braccio.
Nel giro di due minuti fecero fuori tutte le belve e
uscirono vittoriosi dal conflitto, anche se avevano perso più di
tutti. Delle guardie uscirono dai cancelli, ma Merrian fu più
veloce, prese le corde appese al soffitto e in un secondo legò i
cattivi. Poi fece un salto nell’arena e prese il corpo senza vita
di Cassie, guardando attentamente il pubblico. Il suo sguardo
si soffermò sull’Imperatore, l’imponente figura che era al
centro della platea, con un trono dorato. Veloce come era
arrivato se ne andò, incurante del peso in più che aveva sulle
spalle. Voleva far finire tutta la sofferenza, gli sembrava che
ce l’avessero con lui, prima atleta, poi schiavo, liberto e
gladiatore, adesso fuggiasco. Poteva dire di averle provate un
po’ tutte nella sua vita, troppo intensa per un normale
ragazzo.
Raggiunse i compagni, che nel frattempo stavano
correndo per salvarsi, aveva adeguato loro il suo passo,
comunque era molto più veloce di una qualsiasi persona.
Arrivarono in un bosco abbastanza lontano dalla città, ci
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avrebbero impiegato circa un giorno di tempo non a cavallo,
dava loro tempo di respirare un attimo. Si riunirono attorno
alla bambina, non trattennero le loro lacrime. Sentire Cassie
così vicina eppure così lontana da loro era una cosa
inconcepibile, avevano giurato di proteggerla a ogni costo e
non erano riusciti nel loro intento, forse era questo che non
andava in loro. Non riuscirono a scambiarsi alcuna parola,
iniziarono gli abbracci, che contavano più di mille suoni.
Martius si alzò, rompendo il silenzio che prima era sovrano:
“Voglio vendetta, ci hanno portato via tutto e noi lo
porteremo via a loro, chi ci fermerà. Siamo degli dei adesso,
facciamo cose che nessuno sarebbe in grado di fare”
“Avrai la tua vendetta Martius” disse una voce alle spalle dei
ragazzi: “E io ti aiuterò ad averla.”
Venerea si alzò di scatto e con la sua forza invisibile
controllò le pietre e i rami spinosi presenti lì vicino, pronta a
scagliarli contro l’intruso. La voce uscì dalle ombre e i ragazzi
notarono che si trattava di un uomo incappucciato,
abbastanza vecchio. La ragazza aveva i muscoli tesi come una
corda di violino, pronta a captare qualsiasi movimento
sospetto. Era come se Venerea avesse perso sua figlia, la figlia
che non avrebbe mai avuto proprio per la sua natura.
Non le importava se l’uomo era buono o cattivo, lei voleva
solo vendicare la morte della piccola.
“Vi voglio aiutare, se volete sarò la vostra guida.”
“Chi sei?” sbottò Martius, evocando una sfera rossa.
“Il mio nome è Karnak, io vi ho dato le vostre Virtutes.”
“Perché dovremmo crederti?” disse Pluto, anche lui sulla
difensiva.
“Sono la vostra unica possibilità di sopravvivenza, vi
addestrerò a usare le vostre Abilitas e finalmente avremo la
vendetta che vogliamo, vi chiedo solo un po’ di fiducia.”
I ragazzi guardarono lo sconosciuto, e, presi da un
260
sentimento che non era loro, si schierarono dalla sua parte.
Guardarono Cassie per un’ultima volta prima di accendere il
rogo, Merrian la prese, con la stessa delicatezza della prima
volta che l’aveva vista e la adagiò sui ramoscelli. A turno le
diedero un bacio e poi Martius infiammò le sue mani,
toccando il letto di rami. La bambina era piccola, e già aveva
sofferto come un adulto, non meritava di essere tolta dalla sua
famiglia. Dopo questo rito Merrian prese il vaso e se lo mise a
braccetto, mentre i ragazzi seguivano Karnak nelle ombre.
La visione finì e io ritornai nella mia realtà,
trovandomi davanti al misterioso uomo, non era altra persona
che mio nonno.

261
FINIAMO IN UNA PRIGIONE
FRANCESE.

Tutto era collegato, i noi del passato, i noi che siamo, quelli
che eravamo. Sembrava di essere in Dark o qualche altra serie
televisiva in cui i protagonisti impazzivano per i troppi viaggi
nel tempo.
Quando mi accorsi che ero ritornato nella vita reale
caddi in ginocchio, le mani sulla faccia tradivano la mia
espressione da completo fatto, non capivo nulla e non
riuscivo a connettere il cervello. La realtà che conoscevamo
non era quella in cui vivevamo, era come se fossimo delle
simulazioni inviate dal passato al futuro. Lorenzo era con noi
nella visione, era uno degli schiavi, avrei giurato di averlo
visto.
Mi guardai in giro e vidi che non ero l'unico messo male, Jace
era in ginocchio, Tommy aiutava Zhalia a rialzarsi. Le loro
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espressioni erano vacue e vuote come la mia, non era facile
come situazione, lo potevo capire. Dopo circa un minuto mi
rialzai, guardando in faccia mio nonno, primus inter pares.
Era impassibile, non aveva una ruga di
preoccupazione in volto, tutto stava procedendo secondo i
suoi piani, o forse no. Sinceramente non mi importava nulla,
era un mio parente, ma in quel momento era un perfetto
nemico. A salvarlo era solo il ricordo dei momenti passati
insieme, e la mia incapacità di pensare lucidamente in quel
momento.
Mi rialzai a molta fatica e mi sorressi al muro, mentre
la mia gola emetteva solo gemiti. Avrei voluto dire molte cose,
ma nulla era appropriato, proprio come noi, tolti da una vita
apparentemente perfetta e messi dentro a un progetto di
conquista del mondo. Insomma, non ce ne potevamo stare
tranquilli senza essere curiosi? Andai da Jace, Zhalia e Tommy
si erano già rialzati. La loro espressione era cambiata,
lasciando spazio alla rabbia. Quello che più mi sorprese fu la
capacità di cambiamento di Tommy, da spaesato era arrivato a
sapere benissimo cosa doveva fare. La vendetta era un piatto
che doveva essere servito freddo.
La voce di mio fratello tagliò l'atmosfera cupissima: “Siamo
loro?”
“Si Pluto, siete loro.”
Il ragazzo mi guardò, tradiva un'espressione cupa,
terrificante. Si portò una mano dietro la schiena, provando ad
evocare una sfera d'ombra. Nulla da fare però, si era
dimenticato che i braccialetti che portava erano degli Inibitori.
Sbuffò di rabbia e assunse una posa più rilassata.
“Cassie…” sussurrò Zhalia.
“La tua bambina è morta sbranata, e tu non hai fatto nulla per
salvarla.” la canzonò Chantal.

263
Zhalia cercò con lo sguardo Jace, che si mise tra le due
ragazze per evitare la guerra, mossa molto astuta da parte sua.
La bionda si era anche cambiata nel frattempo, aveva optato
per un Wollrich da minimo 800 euro, mi domandai da dove
avesse preso tutti quei soldi.
“Perché abbiamo le Virtutes?” chiese Tommy, spezzando di
nuovo il silenzio.
“Ogni cosa ha il suo tempo, non vorrete sapere mica tutto e
subito.” disse Adrien con tono seccato. Anche lui non era più
lo stesso da quando me ne ero andato, o forse ero io che ero
cambiato. Quando ero piccolo non c'erano problemi, forse
perché non li cercavamo.
“Abbiamo il diritto di saperlo.” continuò Tommy.
“Non ancora” rispose il vecchio: “Siamo contenti di sapere
che siete qui e non da altre parti.”
“Non me ne frega un cazzo ok? io voglio sapere che cosa ci
sta succedendo.” sbottò lui, facendo un passo in avanti.
Subito fu fermato da mio nonno, che dalla tasca prese un
telecomando, e premette l’unico pulsante. Tommy cadde per
terra, i capelli fulminati, lo aveva attaccato con una scarica
elettrica interna.
“Tommy!” urlò Zhalia, precipitandosi ad aiutare l’amico. Il
nonno schiacciò il pulsante di nuovo e questa volta fu lei a
cadere.
“Vi conviene stare lontano, se no fate anche voi quella fine.”
Era uno stronzo, la vecchiaia gli aveva dato alla testa
in pochissimo tempo.
“Portatela via” rispose mio nonno: “Meglio che capiscano
con chi hanno a che fare.”
Io assistei impotente e furioso. Non era possibile che quella
persona spietata fosse mio nonno.

264
“Tu non sei mio nonno!” urlai, dimenandomi. Mi preparai a
sentire dolore, guardando anche i miei amici, ma non successe
nulla.
“Per te io sono il signor Lanza, Andrea.” rispose lui gelido. Mi
sentii ribollire il sangue, salire in me un sentimento non avevo
mai provato prima. Non era vendetta, era superbia. Zhalia era
stata portata via, rinchiusa chissà dove. Jace era come me, la
faccia che voleva solo vendetta, ma quel pulsante ci buttò per
terra, sentendo un male atroce. Il signor Lanza stava ridendo
come un vero cattivo, ci aveva ingannati. Mi venne da pensare
se la nonna sapesse di questo suo cambio repentino di
personalità.
“Sapete dove appartenete? Alla feccia della società.” disse,
con un ghigno.
In un secondo ci ritrovammo in un posto buio e
umido.
“Ragazzi mi sentite?” sussurrò Tommy, sollevandomi un peso
dal cuore.
“Si ci siamo.” disse Jace, venendomi incontro. Ad un certo
punto cadde per terra, provai ad aiutarlo ma al mio piede era
attaccata una catena particolarmente grossa.
“Ce l'avete anche voi?” chiesi, ad alta voce.
“Si, siamo in trappola.” sussurrò lui.
Mi uscirono fuori dalla bocca un paio di paroline che non
vorrei ripetere, qualcuno ci aveva messo un blocco, non ci era
consentito nemmeno muoverci.
“Dobbiamo trovare una via d'uscita.” disse Tommy.
“Io partirei con il cercare di togliere il bracciale, poi il resto è
nulla.”
Il ragionamento di Jace era sensato, aveva ragione.
“Chantal ci ha messo i bracciali con una chiave, da qualche
parte ci sarà una serratura.” dissi.

265
“Non vorrei fare il guastafeste, ma come facciamo se già a
fatica vediamo le mani.” puntualizzò Tommy.
In realtà non avevamo vie di fuga, l'unica fonte di luce era una
finestra sbarrata a circa 20 metri di altezza da noi, ed era
veramente troppo in alto per arrampicarsi. Provai a tirare uno
scossone al bracciale, a togliermelo con la forza, ma mi feci
solo male, urlando di dolore.
“Andrea!” urlò Tommy, facendo il gesto di venire verso di
me, ma bloccandosi per via della catena.
“Andrea?” ripeté una strana voce familiare. Non era nessuno
dei miei amici aveva aperto bocca.
“Chi è là! Fatti vedere.” dissi, con la voce che doveva essere
ferma, ma che al contrario era piuttosto impaurita.
“Andrea, sono il nonno.”
“Qu'est ce que tu es?” chiesi io.
“Quello che c’è la fuori non è tuo nonno! Sono qui.”
“Che cosa stai dicendo, fatti vedere!”
Dalle ombre venne fuori una figura alta, anziana e
stanca, delle stesse dimensioni di mio nonno.
“Abbiamo fatto l’albero di Natale ieri. Zhalia ha cucinato i
biscotti con la nonna. Abbiamo gli stessi occhi Andrea.”
“Nonno?” chiesi incredulo. Fantastico, un'altra illusione e
copia, chissà quante ne avrei affrontate prima di raggiungere
la verità.
“Si tesoro, so che non mi credi.”
“Lo provi.” Tommy si mise sulla difensiva.
L'uomo si alzò, eretto in tutta la sua potenza e scoprì la nuca,
tenuta nascosta dai capelli lunghi. Restai scioccato dal
tatuaggio angelico che aveva impresso sulla sua pelle. Era lui.
Il giorno in cui ero nato se lo era fatto, due ali con una A al
centro. In effetti quell'uomo che si spacciava per mio nonno
non aveva quel segno particolare, non lo avevo notato e visto.
Ma non capivo una cosa, da quanto non era lui?
266
“Nonno!” cercai di abbracciarlo ma non ci riuscii, sempre per
via delle catene al mio piede. Quando si è bloccati cercare di
muoversi è qualcosa che viene istintivo, opporsi alle regole è
nella regola.
“Quindi è da quando siamo arrivati che è stato sostituito da
quella copia?” chiese Jace.
“No, dal momento della vostra visione, dovrebbe essere 5/6
ore.”
“Odio interrompere, ma per ora abbiamo un problema ben
più grosso. Come facciamo ad uscire da qui?” puntualizzò
Tommy.
Lo guardai, feroce.
“Se riuscite a togliervi i bracciali dopo potete pensare alle
catene e passare per il condotto in alto.”
“Mister Ovvio.” sussurrò Tommy.
“Taci!” ringhiai. Nessuno poteva mancare di rispetto a me o
alla mia famiglia, nemmeno un altro membro della mia
famiglia.
“Aspettavo qualcuno per evadere. Sono riuscito a mettere via
dei pezzi di metallo, adesso potete usarli.”
Vidi Jace mettere le mani nelle tasche e frugare.
“Jace?” chiamai.
“Aspettate, ho avuto un'idea. Mi sembrava di averlo portato.”
“Il coltellino svizzero?” chiesi.
L'amico annuì e tirò fuori dalla tasca delle caramelle: “Intanto
mangiate, vi farà recuperare un po' di energie”.
Presi la mia caramella e la diedi a mio nonno, che la divorò
subito.
“Trovato!” urlò Jace, prendendolo in mano. Iniziò a
maneggiare con la lama il bracciale di Tommy per un paio di
minuti, tastando il bracciale molto cautamente. Si sentì un clic
forzato e il bracciale si tolse dal polso dell'amico. Tommy
evocò un po' di ombra e si portò il pugno al petto,
267
sospirando. Poi era il suo turno, ne approfittai per avvicinarmi
mi avvicinai a mio nonno.
Dopo un paio di minuti il biondo emise un sospiro di
sollievo e si mosse verso di me, venendo trattenuto dalle
catene, mi fece cenno di avvicinarmi.
“Una cosa vi voglio dire, ragazzi. Siete pilotati. Siete stati
radunati insieme perchè dovevate essere facilmente reperibili,
ma noi non c'entriamo nulla con i vostri sentimenti. Jace e
Andrea, so che cosa provate per Zhalia entrambi.” Il diretto
interessato sussultò: “Come avete visto dalle visioni c'erano
dei voi del passato, siete solo stati catapultati via nel tempo.
Noi, o meglio la FYCE, vi vuole per dominare il mondo, non
permettete ciò.”
“Questo lo sappiamo signore.” disse Tommy, serio, aveva
smesso di mancargli di rispetto.
“Andrea, stai fermo.” sbraitò Jace.
Come stare fermo in un momento come quello. Avrei voluto
che ci fosse Zhalia con me, sarebbe stato tutto più facile con
lei. Ma ovviamente mi era stata portata via.
“Ci sono talmente tante cose che ti vorrei dire, ma non posso,
rischio solamente di farti andare in confusione, e adesso devi
essere più lucido che mai.” disse mio nonno: “Il piano di
uscita è semplice. Appena evadete avete 5 minuti di tempo
per mettervi in salvo, entro i quali dovete salvare Zhalia.
Hanno intenzione di prosciugarle le Virtutes.”
“E come si fa?” chiese Tommy.
“Bisogna ucciderla.”
“No, qui non vogliamo uccidere nessuno, a parte i cattivi.”
disse Tommy, guardando Jace. L'amico aveva finito e appena
sentii il clic si sollevò un peso dal mio cuore. Mi sentii leggero
e senza preoccupazioni, come era successo la prima volta in
volo.
“Grazie amico.” Jace mi diede il cinque.
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“Andrea, è il tuo turno adesso.” disse lui, stanco.
Presi la sua catena e la spezzai, aiutato dalle mie mani
incandescenti. In poco tempo sciolsi anche quelle degli altri, e
fummo così liberi. Prima cosa che feci fu andare da mio
nonno e abbracciarlo, quel momento volevo che non finisse
mai. Dopo quello che avevamo passato e quello che gli era
successo, un abbraccio era il minimo che potessi fare e non
nascondo che ero commosso. Non mi importava degli altri,
volevo solo stare con lui.
“Andrea… dobbiamo uscire adesso. A dopo i
festeggiamenti.”
“Ma nonno…”
“No ma. Adesso dovete uscire dal buco in alto, e ho bisogno
di un passaggio”
Evocammo le nostre ali e andammo via, io portai mio
nonno, porgendogli la mano. Lui la prese orgoglioso, e
controllai una corrente d'aria sotto i suoi piedi, perché la forza
di gravità lo avrebbe fatto ancorare al terreno. Perfino
Tommy, che aveva paura dell'altezza, sembrava essere a suo
agio a 6 metri da terra. Con una sfera di fuoco purissimo
sciolsi le sbarre e volammo fuori, dove stranamente non c'era
nessuno a controllarci. Controllai con la coda dell'occhio mio
nonno, stava bene e sembrava sollevato dal fatto che non
fosse più in prigionia, tirai un sospiro di sollievo.
Mi fece cenno di nasconderci nella foresta, in modo
che solo un soldato attento ci potesse trovare; eravamo dei
fuggiaschi, degni di un qualsiasi film poliziesco, e avere le
Virtutes mi dava profonda sicurezza.

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ME LA MERITO, LA PRIGIONE.

Nonno cadde per terra, sfinito. Mi ero scordato che fosse un


po’ più vecchio di me.
“Vado a cacciare qualche animale.” dissi, affidando il mio caro
vecchio ai miei amici.
Mi alzai in volo e mi diressi verso la parte più oscura
della foresta, che mi sembrava vagamente familiare. Non
sapevo che cosa prendere o cucinare, il massimo che riuscii a
trovare fu un paio di scoiattoli e un’anatra. Come feci a
catturarli? Semplice. Usai i miei poteri di controllo della terra
per intrappolarli al suolo e poi spaccai loro l’osso del collo,
metodo indolore ma crudele. Mi sentii un assassino a fare
quelle mosse, ma non mi importava, meglio la vita di mio
nonno piuttosto che quella delle bestiole del bosco.
Tornai dai miei amici dopo circa 20 minuti di caccia, e
trovai un piccolo accampamento messo su di fretta. Il nonno
era steso sulle giacche, stava sudando.
“Abbiamo messo i ramoscelli secchi per il fuoco, stai attento
che è inverno” disse Jace.
Ringraziai con un breve cenno e incendiai le mani, toccando il
falò. Tolsi la pelle degli scoiattoli e li misi ad arrostire, ogni
271
tanto davo una spintarella al fuoco per farlo cucinare più
velocemente. Solo in quel momento realizzai che le serate
passate in campeggio erano servite a qualcosa, oltre al fatto a
stare fuori di casa.
I miei pensieri erano divisi a metà, entrambi di
preoccupazione. Non sapevo che fine avesse fatto Tommy
con Zhalia, e non sapevo se nonno riusciva a sopravvivere.
Un ragazzo di 18 anni non avrebbe mai dovuto avere sulle
spalle quel peso, ma sembrava una cosa legata alle Virtutes.
Come dice il famosissimo Spiderman di quartiere, “Da un
grande potere derivano grandi responsabilità”, ma io non ne
volevo assolutamente avere. Non sapevo che fare o dire,
aspettavo solo il momento in cui la carne si sarebbe cotta per
dar da mangiare a mio nonno.
“Acqua…” boccheggiò lui in preda a spasmi.
Jace si avvicinò a me e mi diede una spinta verso il
mio vecchio. Evocai dell’acqua e gliela tirai direttamente in
gola, facendo molta attenzione a non fargli male. Con quella
mossa sembrava essersi ripreso bene, era passato da morente
a vivo in 3 secondi, la mia acqua evocata era veramente così
benefica?
Stavamo tutti bene, era arrivato il momento di trovare Zhalia.
“Signor Lanza, sa per caso dove possiamo andare?” chiese
Jace.
“Non lo so, purtroppo.”
“Non riuscirà a sopravvivere da sola. Dividiamoci, io e
Andrea andiamo a cercarla. Tommy, proteggi il nonno.”
continuò il biondo.
“Preferirei stare io a protezione.” tentai, ma il nonno scosse la
testa, aveva ragione. Tommy riusciva a confondere le ombre e
a diventare invisibile, era la scelta più logica.
Da dove iniziare, senza farci vedere dalle guardie che
erano completamente in allarme da quando eravamo evasi.
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Avevano paura che fossimo nelle vicinanze, per non parlare
delle pattuglie che ci cercavano, era una missione suicida.
“Prova a correre e a non farti vedere in giro.” dissi.
“No, sentirebbero l’aria provocata dal mio arrivo.”
Forse eravamo spacciati, non vedevamo dove incominciare le
ricerche, fossi stata lei mi sarei messa in contatto con noi, in
qualche modo.
Tirai fuori il telefono e incominciai a giocare a
Pokemon Go, sotto lo sguardo imbufalito di Jace.
“Ti sembra il momento adatto?” mi chiese.
“Senti, mi sono dimenticato la routine.”
L’orologio mi vibrò, al solito, ma era come se fossimo
immersi nel nulla, non c’erano palestre o altro. Vedevo il mio
avatar in piedi sulla mappa, con un gigantesco Kyogre shiny al
mio fianco.
“Andrea, non fare il bambino.” mi disse ancora.
“E va bene, lo chiudo.”
Feci per spegnere ma un avviso comparve sul mio schermo:
“Disattivare la geolocalizzazione?”
Ero un genio. Da quello che ricordavo, Zhalia aveva attivato
la geolocalizzazione nel suo orologio, potevo trovarla. Iniziai
a smanettare con l’orologio e dopo 2 minuti la trovai, era a 10
km da noi.
“Vedi che giocare ai Pokemon serve a qualcosa nella vita?”
sussurrai, trionfante.
“Vai a cagare fiammifero. Tieniti forte.”
Mi prese per il collo e le spalle e mi portò a
destinazione, era una specie di battistero, capibile dal pozzo
fuori dalla chiesa. Non c’erano nemmeno guardie a
controllare, era troppo facile. Con l’aria aprii il portone e
trovai la mia amica incatenata per i polsi, con evidenti segni
rossi sul viso, come delle percosse.
“Ale, Jace…” disse lei, sofferente.
273
“Lali!” urlò Jace, andando a toglierla dalla sua posizione.
Stava molto male a vederla, tolte le catene non si riusciva a
reggere in piedi.
“Ti portiamo via di qui. Riesci ad usare le Virtutes?” le chiesi,
mettendole un braccio attorno alla vita, la presi come una
bambola. Dovevamo scappare.
Zhalia scosse la testa, riusciva a malapena a respirare, le
chiedevo troppo. In un secondo lei cambiò espressione,
passando da sofferente a terrorizzata, ci girammo spaventati.
“È una trappola.”
Jace in un secondo scomparve, portandosi la nostra amica via,
dovevo aspettare che mi venisse a prendere.
Nel giro di un istante la stanza si riempì di scagnozzi
della FYCE, completamente vestiti con un’armatura che
sembrava fatta di qualche lega metallica, la mia mente pensò
subito al Vibranio di Black Panther.
“Serve vivo! Il Capo lo vuole vivo.”
I tipi mi accerchiarono, sbarrandomi la porta, chissà se erano
veri umani. Provarono ad avvicinarsi a me, ma evocai un
muro di fiamme a mia difesa, non si dovevano azzardare,
minimamente.
Il capo dei soldati schiacciò una perla sotto i piedi e
tutti loro attraversarono le mie Virtutes, come se fossero state
acqua. Provai ad evocare una folata d’aria, ma sembrava che
avesse perso effetto. Mi sentii preso da delle mani piene di
calli, incredibilmente calde, ebbi l’impressione che quelle
persone fossero umane.
“Tu vieni con noi adesso.” mi dissero, ma mi divincolai,
quello che doveva succedere era la mia vittoria, non la loro.
Riconobbi un tipo che portava un fazzoletto rosso al braccio,
lo stesso che aveva portato Zhalia via.
“Ti senti male come la tua amichetta? Vuoi finire come lei?”
mi disse lui, notando che lo stavo guardando.
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“Non credo proprio.”
Dalla mia parte avevo delle migliori Virtutes, e
quell’uomo era l’aguzzino delle sofferenze di quella che
consideravo la mia ragazza, doveva pagare il suo sguardo
morente. Sentii un brivido lungo la schiena, diverso da
qualsiasi cosa che avevo provato prima. Mi guardai attorno in
un nanosecondo, e vidi una cosa diversa, era come se i cattivi
avessero un alone azzurro nel corpo, che faceva uno strano
rumore, delle onde del mare. Come già successo, sentii il
calore e la pressione del corpo, amplificato dalla rabbia che
avevo dentro di me.
“Ehi teste di cazzo! Lo sapete che il corpo è formato dal 70%
di acqua?”
Pure le lezioni di anatomia facevo, ero troppo bravo.
Alzai una mano e tutte le persone incominciarono a fare versi
strozzati, per poi cadere a terra, mancava loro l’aria per
respirare e l’acqua nel loro corpo aveva cambiato densità, mi
feci paura da solo per quello che ero capace di fare. Avevo
appena compiuto un omicidio o quello che consideravo, non
li sentivo respirare, quindi pensai che avevo tolto loro il diritto
alla vita. Erano persone come me, uno aveva al collo una
catenina con due foto, la moglie e la figlia, caddi per terra, in
ginocchio. Fino a dove mi potevo spingere? Ero lì, persone
come me erano morte a causa di una mia svista, potevo
assolutamente evitarlo.
Dovevo però tornare da mio nonno, e da Jace e
Zhalia, volai via, ad una velocità che non avevo mai toccato
prima, era forse grazie alla disperazione di aver compiuto certi
atti e la volontà di scappare. Sarebbe stato meno faticoso e
indolore.
Quando arrivai, sentii Tommy parlare.
“Io l’ho già sentita questa storia…”
“Probabile.” disse mio nonno: “Chi te la raccontava?”
275
“Mia madre, prima di andare a dormire… diceva che era una
vecchia fiaba di famiglia, tramandata in generazione in
generazione. Diceva anche che quando sarei diventato
abbastanza grande, ne avrei capito il vero significato.”
Mi feci vedere e Jace mi accolse, vedendo la mia faccia
distrutta decise di non chiedermi nulla a riguardo. Mi
concentrai su Zhalia.
“Ciao Andrea.” mi salutò mio nonno, continuando poi il suo
discorso.
“Aveva ragione. Attraverso la vostra amica Zhalia, potete
scoprire pezzi del vostro passato, cose che vi faranno capire la
vera essenza delle Virtutes.”
“Come può fare?” chiesi. La guardai, i tagli delle torture e non
era ancora guarita. Era molto strano, il nostro fattore di
guarigione non stava funzionando.
“Era una delle cose che non ero tenuto a sapere… mi
dispiace.”
Zhalia guardò Jace, che la sorresse prima che potesse cadere
di nuovo, aiutai il mio amico a tenerla.
“Io… io non ce la faccio…”
“Lali, ho ucciso delle persone come noi per te. Riprenditi.”
Non era il caso di dirlo, ne ero consapevole, ma volevo che si
riprendesse.
“Come ti senti?” le chiese Jace, lanciandomi uno sguardo
assassino.
“Mi fa tanto male la testa.”
“Dobbiamo scappare di qui.” disse Tommy.
“Lali abbiamo bisogno del tuo aiuto, reagisci.” la pregò Jace.
Tutto quello era molto strano… che cosa le avevano
fatto per renderla così vulnerabile, non sembrava lei. Girai lo
sguardo verso Jace e una macchia rosso scuro sui pantaloni di
Zhalia catturò la mia attenzione, esattamente dove c’era
l’inguine. La mia conoscenza del corpo femminile mi suggerì
276
che forse aveva delle mestruazioni troppo abbondanti, ma
non era possibile, da quello che avevo capito le aveva avute la
settimana prima di andare in Francia. Le sfiorai il punto
sanguinante e lei urlò dal dolore, svenendo e facendo
sobbalzare Jace.
“Andrea, che stai facendo?” mi chiese Tommy, allarmato.
Accesi un fuoco e lo misi abbastanza lontano da non
ferirla e la appoggiai per terra. Senza dire nulla le tolsi la
gonna che aveva addosso, sotto gli sguardi stupiti degli altri,
avevo trovato la causa del suo dolore.
“Non è possibile…” disse Jace, accarezzandole il viso.
“Non erano così i piani… ve lo posso giurare” sussurrò mio
nonno: “Erano state arrivate indicazioni solo per ottenere le
Virtutes, non comprendevano questi metodi. Mi dispiace
infinitamente.”
“Va bene” tagliò corto Tommy: “C’è un modo che abbiamo
per farle superare il tutto velocemente ed andarcene di qui?”
“Non lo so.” rispose mio nonno.
Eravamo leggermente messi male, stavo per
incendiare l’intera foresta e bruciare assieme ad essa, come si
poteva trattare così una ragazza per ottenere ciò che si voleva,
a maggior ragione Zhalia… avrei torturato ogni suo
stupratore fino alla morte.
Sentimmo degli strani rumori provenienti dalla nostra
destra, Tommy si mise davanti a noi come scudo. Jace prese
Zhalia e mi fece cenno di seguirlo, portando mio nonno,
arrivammo in una piccola caverna.
“Dobbiamo fare qualcosa per lei.” mi disse, spaventato.
“Che ne so! Possiamo provare a svegliarla con un bacio?”
tentai, guardando l’anziano.
“Signor Lanza, la prego, ci aiuti.” disse il mio amico.
“Non so cosa dirvi, non c’è soluzione.”
“Non è possibile.”
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Vidi Jace voltarsi immediatamente e correre via, per
aiutare Tommy a tenere a bada i cattivi.
“Nonno, come posso fare?” chiesi, ormai arrivato alla fase
finale della disperazione.
“Non lo so Andrea… credimi.”
Aprii la bocca per urlare, ma non mi uscii nessun suono, il
non poter fare nulla per lei era troppo per me. Le presi la
mano, ma non c’era nessun battito pulsante, le controllai il
respiro, mancava.
“Lali, non mi lasciare.”
Presi e le feci l’inizio di un massaggio cardiaco, sembrava non
fare effetto. Era lì, sembrava morta, con un alone nero sul
collo, forse un qualche virus.
“Che cos’è questo?” urlai, sorreggendole la testa: “Porta alla
morte?”
“Andrea… non lo so.”
A quel punto feci la cosa più stupida che potessi fare,
mi distesi per terra e la baciai, trasmettendo tutto il mio calore
al suo corpo. Le lacrime e il pensiero di poterla perdere per
via di quella cosa nera mi assalivano, feci di tutto, evocai i 4
elementi e glieli buttai addosso per farla rinvenire, ma non
c’era verso, la macchia si era estesa fino alla bocca. La mia
acqua che aveva salvato il nonno non poteva salvare anche lei.
Spinto da una forza sconosciuta, o forse più semplicemente
dalla disperazione, iniziai a cantare il Requiem degli Avenged
Sevenfold, frasi in latino che non avevano senso.
“Fermo!” urlò mio nonno, cercando di togliermi da Zhalia. Le
mie mani erano come se si fossero attaccate al suo corpo,
continuavo a mormorare frasi strane, distaccate dal Requiem
iniziale. Provò a scuotermi, a tirarmi schiaffi, ma non recepii
alcun dolore. Apparvero Jace e Tommy dal nulla e si unirono
al mio coro, gridando “Veni!”. Un fascio di luce sostituì
l’ombra, dalle mani di ciascuno di noi uscirono piccoli
278
frammenti di Virtutes, cominciarono a ruotare velocemente
attorno a lei.
“Fermatevi!” urlò ancora mio nonno.
Una luce più forte circondò la nostra amica, alzandola
da terra e facendola fluttuare per aria, dopo una decina di
secondi scomparve, lasciando la ragazza in piedi.
“Lali?” La chiamò Jace.
“Ragazzi…” disse lei, portandosi una mano alla testa.
“Vi rendete conto di cosa avete appena fatto?” disse mio
nonno, controllandole il battito e pieno d’ansia: “Non
pensavo fosse reale, ma l’hai salvata, Andrea.”
“Che cosa abbiamo fatto?” chiese Tommy.
“Il Kytis, l’avete salvata dalla morte e dalla perdita di Virtutes.
È un concetto che sapevo solo essere leggenda.”
“Pagheranno per ciò che volevano fare.” ringhiai, venendo
subito interrotto da Zhalia, ripresa subito.
Le mie Virtutes erano benefiche, prima acqua, poi
questo Kytis, sembrava andare tutto bene, per quel momento.
“Grazie” disse la mia amica, alzandosi in piedi: “Adesso per
favore andiamo.”
“Dobbiamo tornare dove siete entrati, la casetta.” disse il
nonno.
“Ormai quando siamo in pericolo è come se fossimo
tranquilli.” scherzò Jace, poi diventato serio.
“Conosce la strada più breve?”
“Non so dove siamo.”

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DUE NONNI COMBATTONO TRA DI
LORO.

“Come non sa dove siamo?” gli disse Jace, gli occhi sgranati:
“Si ricordi, ci deve essere almeno una cosa che le collega alla
strada.”
“Senti la natura e la terra Andrea” disse Tommy: “La terra ha
memoria.”
Frase fatta delle Winx, ma aveva ragione. Provai a concentrare
la mia essenza vitale sui piedi e posai una mano sull’erba, la
terra era un elemento che non sapevo padroneggiare bene,
perché non ce ne era mai stato bisogno.
“Concentrati sulle impronte che avete lasciato, hanno un
peso.” disse mio nonno, tirando fuori dalla tasca un
fazzoletto.
Era molto più difficile di quanto si potesse pensare.
“Lali, il tuo teletrasporto funziona a immagini” dissi: “Portaci
lì.”
“Non riesco qui, siamo come in una dimensione parallela,
non funziona.”
“Taci! Percepisco qualcosa.” dissi. Una traccia, la riuscivo a
vedere come una freccia blu, ma non era solo quello, non
281
eravamo soli.
“Abbiamo compagnia.” disse Jace, percependo il pericolo.
Tommy rese invisibile mio nonno e Zhalia evocò un campo
di forza attorno a noi.
“Scappiamo!” urlò Tommy e incominciammo a correre, con il
riccio che in braccio aveva il vecchio. Io seguivo la traccia e
incenerivo tutto quello che avevo davanti, avevo una paura
fottuta che le mie sensazioni ci portassero alla deriva.
Arrivammo davanti al castello delle visioni, dove
eravamo stati presi e imprigionati, qui Jace si fermò.
“Se proseguiamo ancora, cadremo in una trappola.”
Jace evocò il ghiaccio e lo buttò nella zona dopo di noi, delle
reti si sollevarono e dei pali chiodati uscirono dal terreno,
infilzando il diversivo.
“O troviamo una strada alternativa, o voliamo.” disse
Tommy.
“Ci vedranno tutti” confutò Zhalia: “Andiamo dentro il
castello e da lì noi scappiamo.”
Non c’era molto tempo per agire, ma quando entrammo, era
deserto.
“Presto!” disse mio nonno, facendoci uscire dalla porta sul
retro. Quell’avventura era degna di un Resident Evil per
l’ansia provocata.
Seguimmo la traccia fino ad arrivare alla famigerata
casetta, ma anche lì, avevamo ospiti. Tutte le guardie che non
avevano incontrato prima erano lì, ad aspettarci. Davanti a
tutte c’era la copia di mio nonno, con lo stesso sguardo
sprezzante.
“Scacco matto ragazzi.” rise. Evocai il fuoco e lo separai dalle
guardie, eravamo noi più lui, battaglia che potevamo vincere.
“È inutile che pensiate di potermi sfidare” disse, sadico: “Vi
devo ricordare che cosa è successo dentro al castello?”
“Questa volta siamo senza bracciali.” disse Jace.
282
“Era opera mia quella.”
Jace iniziò a contrarsi e ad assumere pose innaturali,
Zhalia prese con la telecinesi la copia di mio nonno e la fece
saltare in aria, facendogli cambiare forma. Non aveva più i
lineamenti eleganti, da signore, che caratterizzavano un Lanza,
era brutto, metà faccia bruciata, lo avevo già visto nel nostro
primo attacco, sembrava la versione vecchia di un nostro
compagno di classe.
“Mi riconosci Andrea? Sono sempre stato io.”
Approfittò di quel momento di esitazione per
bloccarmi e insieme a me anche gli altri, sembrava essere
onnipotente. Mi ricordai come l’avevo iniziato a chiamare
SCCS, era e continuava ad essere sempre più forte di noi, ci
aveva messo in trappola.
“Da chi possiamo iniziare?” disse, passandoci in rassegna.
Non avevo forze per controbattere, tutti coscienti ma
nessuno che si riusciva a muovere, per l’ennesima volta.
“La tortura non è stata abbastanza per te.”
“No!” urlai, voleva lei.
Zhalia venne presa e portata in aria, per poi cadere più
volte, ero succube e non riuscivo a salvarla. Le sue urla mi
fecero trasalire, poi chiusi gli occhi. Stavo piangendo, i
polmoni non buttavano aria fuori, come se fossi stato in
apnea. Nel mentre sentivo tutto il suo dolore, come se lo
avessero fatto a me. Effetto del Kytis, mi venne da pensare,
l’unica cosa che l’aveva salvata dalla morte. SCCS incominciò
a tirarle fuori dal corpo svenuto un’aura viola, le sue Virtutes,
fino a che la sua mano non fu completamente immersa da
esse, poi buttò Zhalia per terra, come se fosse stata una
bambola.
“Tale bellezza sprecata così.”
Si avvicinò e mi diede una ginocchiata sullo stomaco,
direttamente sopra la cintura.
283
“Tu sei il prossimo. Non ci piacciono i traditori, soprattutto
come tuo nonno. Vecchio com’è starà dormendo.”
Mi riservò lo stesso trattamento di Zhalia, con la sola
differenza che le mie Virtutes erano blu, esattamente come i
miei occhi diventavano. Però la mia sfera non era completa,
mancava un piccolo spicchio.
“Non può essere.”
SCCS mi mise con il viso alla sua altezza e mi fissò, incazzato.
“Rinuncia, o per loro è la fine.” disse, ringhiando.
“No!” sussurrai, riuscendo a ricavarmi un pezzetto di
autonomia dalla morsa dell’idiota.
Avrei pagato seriamente la mia sfrontatezza, se non fosse
stato per il fatto che alla mia destra, gli alberi esplosero. Dico
bene, esplosero, polverizzati. Tra loro apparve una figura alta,
robusta, che sembrava essere uscita da Terminator; mio
nonno sapeva come fare le sue entrate in scena.
“Lascia stare mio nipote e gli altri Custodes.” urlò, puntando
una pistola addosso a SCCS.
“Edoardo, l’età non si fa sentire?”
“Non da quando hai preso il mio posto, mi sento
ringiovanito.”
Dovevamo ringraziare il fatto che non riuscivo a muovermi,
perché se no avrei tappato la bocca ad entrambi, non era il
momento di parlare.
SCCS alzò una mano ma non successe nulla, mio nonno
sorrise.
“Eravamo compagni un tempo, François, non ricordi?”
Nonno Edoardo premette il grilletto e il proiettile
centrò la gamba di SCCS/Francçois, poi ci raggiunse,
chinandosi. Ci porse una collanina a testa, che ci mettemmo
subito.
“Questa dovrebbe proteggervi dalla paralisi, almeno fino a
che non trovano un altro modo di farvi fuori.”
284
“Signor Lanza…” cominciò Jace.
“Non c’è tempo, dovete scappare di qui. Ritornate alla casetta
e tornate alla realtà.”
“Lei viene con noi, Edoardo.” continuò il biondo,
prendendolo in braccio come se non fosse pesato nulla.
“Correte!” urlò Tommy, vedendo che SCCS stava dando
segni di vita. Alcuni soldati ci provarono a fermare, ma
Tommy e Zhalia fecero un attimo lavoro di disinfestazione.
Arrivammo al punto di partenza, Zhalia con la
telecinesi mandò mio nonno su per primo, io per ultimo,
creando un muro di fiamme tra noi e i soldati.
“Non si apre.” urlò Zhalia, eseguendo gli stessi movimenti di
Chantal.
“È bloccata, manca la chiave” disse mio nonno: “Tommaso,
giurami che farai tutto quello che dico.”
“Lo giuro.” disse il mio amico, non ci potevo credere.
Mio nonno scese dalla casetta e si mise davanti al muro di
fuoco, lo raggiunsi.
“Nonno…” dissi.
“Andrea, togli il muro.”
“No!”
Da dietro Tommy fece un gesto con la mano e il mio
fuoco sparì tra le sue ombre. Dietro c’era François, con il
sorriso raccapricciante in volto. Zhalia lo prese con la
telecinesi e lo bloccò, sfilandogli la chiave dal polso.
“Mia cara, usala pure, non funzionerà.”
Mio nonno con un’agilità sovrumana lo placcò per terra,
iniziando a tirargli pugni e calci. In quel momento si sentì un
sigillo rompersi dalla porta. Andai ad aiutare mio nonno ma
ordinò a Tommy di prendermi.
Sentii il vecchio urlare e una luce uscire dalla porta.
“Andate in salvo.” gridò, per poi sputare sangue. SCCS era
fermo, ma era come se tutti i colpi che il nonno gli infliggeva
285
li sentisse anche lui. Come il Kytis, il contrappasso per avermi
permesso di fare una cosa del genere. La crudeltà di
quell’uomo non aveva limiti.
“Andate!” ripeté, questa volta più forte. Quella porta
sembrava essere legata alla sua energia vitale.
“Non ti lascio qui.” dissi, volando e prendendo a pugni SCCS,
con il risultato che feci ancora più male a mio nonno, dovevo
separarli ad ogni costo.
Evocai una folata d’aria che portò mio nonno sopra la casetta,
mentre Zhalia e Jace provavano a far funzionare il portale, ma
si era chiuso di nuovo.
“Fammi andare giù.” disse mio nonno, rivolto a Tommy.
“No!” piansi, con le lacrime agli occhi. Il moro, impassibile, lo
trasportò nelle ombre.
“Bastardo!” urlai, tirandogli del fuoco addosso.
“È l’unico modo che ho per salvarti” disse mio nonno,
sorridendo: “Sei la mia vita, Andrea.”
Poi corse da SCCS e lo pugnalò al cuore, aprendo
definitivamente il portale.
Cercai di andare ad aiutarlo, ma Tommy me lo impedì,
aiutato da Jace. Mio nonno sorrise, mentre vedevo che in
prossimità del suo cuore c’era un enorme taglio, riempito di
liquido nero. Benzina.
“No!” urlai ancora, mentre assistetti alla scena. Mio nonno
tirò fuori il suo accendino del sigaro e incendiò tutto,
compreso sé stesso. Provai ad impedire che il fuoco lo
ammazzasse, ma venni buttato da Tommy nel portale, come
primo.
Arrivato dall’altra parte, incominciai a piangere e a
cercare di tornare dove ero prima, ma invano. Dopo una
trentina di secondi arrivò Zhalia, molto provata dalla scena,
poi fu il turno di Tommy, impassibile. Ero veramente senza
parole, incominciai a prenderlo a pugni e a fargli male, ma
286
non sembrava avere effetto.
Quando arrivò Jace, aveva tra le braccia il corpo di
mio nonno, lo mise per terra e gli ghiacciò il cuore, che si
vedeva molto bene essere quasi carbonizzato.
“Nonno…” dissi, prendendogli la mano.
“È morto da eroe, per permetterci di scappare.” disse Jace.
“Saremo potuti scappare anche con lui.” urlai, chinandomi.
Generai inconsciamente dell’acqua, che prese fuoco, sentii la
mano di Zhalia sopra la mia spalla, l’allontanai con una folata
d’aria molto violenta, che la fece andare a sbattere per terra.
Jace non si mosse, pietrificato quanto me, Tommy era lo
stesso, aveva permesso a mio nonno di ammazzarsi.
“Era l’unica via.” disse lui.
Diedi letteralmente fuoco alla casetta.
“C’è sempre un’altra scelta. E tu hai permesso tutto ciò” urlai:
“Tu non sei mio fratello.”
“Hai ragione, non lo sono mai stato.” sussurrò lui, andando
poi verso Zhalia. Non mi ero accorto che le mie ali erano
apparse, probabile sintomo di un Dolomun, poi la casetta
incominciò a vibrare.
La mia amica, presa dalla paura, ci teletrasportò tutti nel
grande giardino della nonna, che era intenta ad aspettarci. Era
felice, ma quando vide che portavo suo marito tra le braccia,
cadde per terra, strappandosi i vestiti e i capelli dalla
disperazione.
I maggiordomi notarono le mie ali dorate, cercarono
di prendere il corpo di mio nonno dalle mie mani, ma non ci
riuscirono, era ancorato a me e alle mie lacrime.
“Edoardo Lanza. Ci ha salvato la vita, morto per permetterci
di salvare la vostra. È un eroe.” disse Zhalia, visibilmente
scossa.
Non potevo immaginare il dolore che provava la
nonna, da nipote tutto ciò che volevo era vederla felice, ma la
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sua frase - Il nonno non c’è più. - mi fece crollare, non era
colpa di Tommy.
Mio nonno si era sacrificato per permetterci di
scappare, non potevo nemmeno immaginare l’amore che
provava per me. In quel momento decisi di fargliela pagare
alla FYCE, e sarei morto anche io pur di vederla bruciare e
cadere.

SIAMO OBBLIGATI A STARE BUONI.

Il giorno dei funerali pioveva, forse anche la pioggia cadeva


per portare omaggio a mio nonno, colui che ci aveva salvato
la vita. Non era giusto, noi dovevamo salvare il mondo, non
lui, non meritava di morire. Erano passati 3 giorni dalla sua
morte, né io né la nonna avevamo toccato cibo, lo stomaco
brontolava, mi faceva male, ma non avevo stimolo e forza di
mangiare.
Non avevo più avuto contatti con Tommy, lui era
semplicemente sparito, andato chissà dove, mi chiesi se si
sarebbe degnato di apparire per il funerale. Se non si fosse
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presentato, poco importava, era sua la colpa di aver lasciato
morire mio nonno. Lui non aveva una famiglia, non poteva
sapere che cosa si provava.
Zhalia era sempre stata vicino a me, lei più di tutti
percepiva la mia rabbia e il mio dolore, le fui grato per non
avermi costretto a mangiare. Prendeva le lettere di
condoglianze e me le leggeva, nonostante questo glielo avessi
chiesto io, scoppiavo a piangere ogni volta che ne apriva una
nuova. Quando non ero con lei ero con la nonna, assieme
vedevamo i suoi album fotografici e lo ricordavamo. In quei
giorni scordai completamente il motivo per cui ero lì, Jace e
Zhalia non me lo fecero pesare, pensarono loro ad
organizzare i funerali, che si tennero il 28 dicembre, alle ore
10.30.
Erano presenti tutti gli abitanti del villaggio, più
qualche personaggio politico francese, Zhalia mi dise che era
venuto a celebrare mio nonno anche il Presidente della
Francia, non riconobbi nessuno.
Tommy era riapparso e assieme a me, Jace e Zhalia portava la
bara con dentro il corpo del mio caro. Non ci scambiammo
una singola parola. Eravamo vestiti di nero, in lutto, la mia
amica era andata a prenderci gli abiti direttamente dal nostro
guardaroba.
La cerimonia durò 2 ore, fu bilingue, francese e
italiano, in modo che anche chi fosse arrivato dall'Italia
riuscisse a capire qualcosa. Il nonno non c'era più, mi
sembrava ancora impossibile da concepire come idea, da
quanto era forte.
La sua bara fu messa in un piccolo mausoleo nel cimitero
vicino alla chiesa del paese.
Dopo moltissime figure vennero a stringere la mano a me e a
mia nonna, tra le quali anche mio padre. Aveva la sua solita
espressione, non lo aveva scalfito nemmeno un attimo la
289
morte di suo padre. Era la persona più crudele che avessi mai
conosciuto.
“Preparati a tornare con me e tua madre.”
“No!” urlai: “Sono l'unica cosa che resta alla nonna.”
“Un ordine non si discute.”
Nulla poté l'intervento della mamma, ma io dovevo
restare a tutti i costi lì. Era una questione di vita o di morte.
Zhalia mi venne in soccorso, mandò via mio padre con le
Virtutes e mi fece stare di nuovo tranquillo. Quella ragazza
era la mia ragazza.
Un'altra persona mi venne a stringere la mano, notai
con estremo orrore che era François, l'assassino di mio
nonno. Non era morto quel coglione. Evocai il fuoco e gli
incendiai la mano, prima di essere costretto a stare composto.
Mandai un messaggio mentale ai miei amici, che si
teletrasportarono da me, accerchiando il tipo.
“Sono venuto in pace” disse lui: “Edoardo prima che ci
tradisse era uno di noi. Nessuno ha voglia di combattervi qui
ed ora, quando ritornerete al portale la guerra sarà portata
avanti.”
“Sta dicendo la verità.” annuì Zhalia.
“È l'assassino di mio nonno!” urlai.
“È venuto in pace. Non possiamo permetterci che vengano
uccisi civili.” disse Jace.
Non me ne fregava un cazzo. Quell'idiota doveva
morire.
“Andrea, basta. Non è il caso.” disse Tommy.
“Quanti siete?” domandai.
“Abbastanza da uccidervi con un solo comando.
Condoglianze per tuo nonno, Andrea. Unitevi a noi e tutto
questo finirà. Ve lo giuro sulla tomba di Edoardo.”
“Sparisci.” sussurrai, girandomi dall'altra parte. Lui
semplicemente evaporò, con il sorriso addosso. Perché lo
290
stavamo facendo scappare?
“Ale, abbiamo fatto la scelta giusta.” disse Zhalia,
abbracciandomi.
No, non poteva essere la scelta giusta, l'assassino di mio
nonno non doveva restare in vita.
“Dobbiamo ritornare in quel mondo. Non possiamo fare
altro” disse Jace: “Se vogliamo avere vendetta per tuo nonno
è l'unico modo.”
“Per me è una pessima idea, Andrea ha bisogno di stare con
sua nonna.” disse Tommy.
“Domani partiremo, o anche oggi, dopo il pranzo. Ale, non
mangi da 3 giorni, come pensi di riuscire a tenerti in piedi?”
sussurrò Zhalia.
Annuii, aveva ragione, avevo bisogno di mangiare
qualcosa prima di partire. Però avevo una domanda. Cosa
dovevamo fare di preciso? Stavamo vagando in cerca di
risposte su perché avevamo le Virtutes e perché succedevano
certe cose. Se ci fossimo uniti subito alla FYCE mio nonno
sarebbe stato ancora vivo? La FYCE voleva conquistare il
mondo a quanto sapevamo, non potevamo permetterlo.
La nonna era seduta sulla sua poltrona, ammirava le foto del
nonno tra le lacrime, non le faceva bene.
“Tesoro, non ti ho sentito arrivare.” mi disse, tirando fuori un
fazzoletto dalla tasca.
“Non ti preoccupare nonna, come stai?”
“Un po' meglio rispetto a prima. Dovete ripartire subito, non
c'è tempo.”
“Che sta succedendo?”
“Si stanno preparando per l'attacco finale.”
“Nonna, chi?”
“La FYCE! Vi ha dato 3 giorni di tregua per onorare
Edoardo, ma dovevano solo preparare l'attacco. Dovete
fermarli al più presto.”
291
“Va bene nonna, però prima pranziamo.”
La nonna si alzò dalla poltrona per abbracciarmi,
quanto avrei dato per non partire e stare con lei.
“Il pranzo dovrebbe essere pronto a breve, seguite le vostre
Virtutes per trovare il problema. Siete la nostra unica
speranza.”
Odiavo non avere il pieno controllo della situazione, ero
perso nel nulla, e ciò non mi piaceva per nulla. Gli altri
sapevano ancora meno di me, avrei dovuto dire loro le cose
che la nonna mi aveva detto, non potevo lasciarli all'oscuro.
Quindi, dopo un pollo e delle patate, e dopo aver
aggiornato i ragazzi sulla situazione, non avevamo altra scelta
se non partire, sapendo di dover tornare entro cena, se no la
nonna ci avrebbe lasciato fuori di casa. Non ce lo potevamo
permettere.
Alla vista della casetta, caddi per terra, il nonno era
morto proprio lì dentro, Zhalia mi fece forza e attraversammo
il portale, arrivando davanti al solito castello. Ma qualcosa
nell'aria era diverso, era una strana sensazione, che prima non
avevo mai sentito. La Voce della Terra mi disse di scappare,
l'Acqua pure, ma il Vento e il Fuoco di rimanere, che presto ci
sarebbe accaduto qualcosa che avrebbe per sempre cambiato
le nostre vite.
Ma forse non era ancora il momento giusto per scoprirlo.
“Adesso che facciamo?” chiese Jace.
“Per sapere dove andare seguiamo le Virtutes.” dissi,
ricordando ciò che mi aveva detto la nonna.
“Speriamo che avesse ragione.” disse Tommy, iniziando a
seguire una direzione. Avevo il dubbio che non sapesse dove
andare.
Arrivammo in un campo sterrato, al cui interno c'era
un fiume, ma non percepivo alcuna acqua.
“Siete arrivati, finalmente.” Chantal apparse dietro di noi,
292
battendo le mani. Ancora non capivo il come io avessi avuto
una cotta per quella ragazzina da bambino.
“Che cosa vuoi?” ringhiò Zhalia.
“Il lupo perde il pelo ma non il vizio, mia cara. Se solo la
smettessi di avercela con me perché il tuo morosetto mi ha
baciata, saremmo tutti più felici.”
“Stai zitta!” disse Jace, evocandole una gabbia di ghiaccio.
“Perché state perdendo tempo con me? Cavolo, le battaglie
non vi hanno proprio insegnato nulla? C'è un pericolo più
grande.”
“Soffoca.” sussurrò Zhalia e Chantal si accasciò a terra, priva
di sensi. Ogni giorno che passava l’amavo sempre di più.
“Dobbiamo andare via di qui!” urlò lei, incominciando a
correre.
Il terreno iniziò a crollare sotto i nostri piedi, dando vita ad
una enorme voragine. Era uno scenario molto simile ad
un’apocalisse, bellissimo ma allo stesso tempo spaventoso.
“Che sta succedendo?” chiese Jace, era la seconda volta che
faceva quella domanda.
“Ho sbagliato traccia, ne dobbiamo seguire un’altra” disse
Tommy: “Dovete aiutarmi, posso sbagliare anche io.”
“Sono sicura che non lo farai più.” disse Zhalia.
Il moro seguì un’altra direzione, ma non ci portò a nulla, solo
a quella bruttissima voragine, che sembrava essere senza fine.
“Dobbiamo attraversarla.”
Il teletrasporto di Zhalia non funzionava in quello
spiraglio di mondo, tanto per cambiare, quindi l’unica cosa
che potevamo fare era sfruttare le nostre abilità di volo, date
dalle ali strane. Presi la ragazza tra le mie braccia e volammo
fino all’altra sponda della voragine, venendo accolti da una
luce blu.
“Che cos’è?” chiese Jace.
“Non lo so, ma sembra essere molto familiare.” gli dissi.
293
“Non toccarla.” disse Tommy, prendendo le distanze da
quella roba.
Percepivo qualcosa che non avevo mai sentito prima, un
istinto naturale che non avevo mai avuto. Dovevo avvicinarmi
alla luce blu.
Zhalia aveva avuto il mio stesso pensiero, aveva gli
occhi vacui mentre si avvicinava. Jace provò a fermarla ma
senza riuscirci, dato che la nostra amica la toccò senza
problemi. Si sentì un’esplosione enorme e la luce blu la
avvolse interamente.
“Lali!” urlai, andandole vicino. Non potevo permettermi di
perdere anche lei.
Appena mi avvicinai, la luce blu avvolse anche me,
infilandosi nei miei occhi e rendendomi cieco per qualche
secondo, l’ultima cosa che vidi fu Jace che usava le sue
Virtutes, ma invano. Non vidi più nulla poi.

294
ENTRIAMO IN UN MONDO
DIVERSO.

Quando mi svegliai e mi guardai intorno, tutto era verde,


senza alberi, senza animali, ero solo. Provai ad alzarmi in piedi
ma mi sentii pesantissimo. Avevo le ali attaccate sulla mia
schiena, le aprii e c'era Zhalia con me. La sollevai
delicatamente e la misi sull’erba, respirava pochissimo. Il mio
295
corpo le aveva fatto da scudo, era forse stato un istinto a cui
non volevo sottomettermi, era bella, cazzo.
Mi staccai da lei e mi alzai in volo, in ricognizione. Era
un’immensa prateria verde, ma aveva una piccola scogliera a
cui si affacciava dell’acqua. Non sapevo se fosse mare o lago,
non sembrava essere un posto reale. Era la nostra Utopia.
“Andrea…” mi chiamò Zhalia, con voce strozzata.
Volai da lei e l’aiutai a mettersi seduta.
“Dove siamo finiti?” mi chiese.
“Non lo so, di sicuro non siamo dove eravamo prima”
Si alzò in piedi e si guardò intorno, sembrava veramente
spaventata.
“L’ho già visto questo posto. Dobbiamo uscire a tutti i costi”
“Non l’avevo capito, signorina” la canzonai.
“Smettila.”
“Ok ok, posto nuovo, vita nuova Miss Ghiaccio.”
Adoravo punzecchiarla, era la mia vittima preferita. Mi
rifilò un'occhiata e si allontanò da me, cercando forse una via
di uscita.
“Ho già cercato… non c’è nulla.”
“Non posso stare bloccata con te qui.”
“C’è gente che pagherebbe per la mia compagnia.”
“Smettila di portare una maschera che non hai.”
Il mio corpo si gelò.
“Siamo bloccati qui.” continuò lei, guardandomi le ali.
Mi guardai, ancora a torso nudo: “Sei invidiosa.”
“No, sembri un gigantesco pennuto.”
“Sei invidiosa.” ripetei sorridendo. Miss Ghiaccio era una
ragazza dopotutto.
“Non vedo l'utilità di avere delle ali se voli già senza.” disse,
con un tono che doveva essere duro, ma che lasciava passare
un filo di debolezza.
“Hai mai volato veramente?” chiesi, lei scosse la testa.
296
Mi mossi verso di lei e le offrii la mano. Dopo un
attimo di esitazione la prese e la portai da me, alzandomi da
terra, lei non si muoveva, sembrava pietrificata. La portai a
vedere e a toccare le nuvole, a vedere quella specie di scogliera
e l'acqua, e non mi sentii mai meglio in tutta la mia vita.
Quando mi sentii stanco e tornai a terra, eravamo allo stesso
punto di partenza.
“Ti è piaciuto?” le chiesi.
Mi accarezzò le ali: “Si.” La sua risposta era sicurissima.
Si avvicinò di più a me, mise la testa sul petto e le
accarezzai i capelli.
“Sai che mi sembra tantissimo un mondo di Minecraft?” mi
disse lei.
“Eh?” dissi. A dire la verità, aveva proprio ragione. La
scogliera dava sul mare, l’erba infinita, erano tutte cose che
avevo già visto nei miei anni da gamer professionista.
Un mondo di Minecraft, quel gioco dove tutto era possibile,
fatto a cubi e bisogna sopravvivere utilizzando i materiali che
si ha a disposizione.
“Lo so che cosa è Minecraft. Ci giocavo sempre con le mod.”
“Io no, non ho un pc così tanto potente.”
Le accarezzai il mento, sembrava un gattino che faceva le
fusa.
“Perché fai sempre lo sbruffone?”
“Cucciola… c’è molto di me che non faccio vedere a nessuno,
perché cambierebbe l’opinione che la gente ha di me. Meglio
che tutti mi vedano come un ragazzo figlio di papà e che ha
un ego smisurato piuttosto che un ragazzo che ama i
videogiochi, la musica e te.”
Ok lo ammetto, troppo sdolcinato, però era la verità.
“Perché far vedere una persona che non sei?” mi chiese.
“Sono abituato a vivere sotto schemi che mi sono imposti
dall’alto, se faccio vedere il vero me è finita.”
297
“Eppure questo vero te mi fa impazzire, te lo posso giurare.”
La facevo impazzire, nessuna ragazza me lo aveva mai detto.
Guardai il cielo assieme a lei, mentre la stringevo forte.
Trovare una via di uscita da quel mondo che non sapevamo
cosa fosse era impossibile, allora tanto valeva che passassimo
del tempo come due ragazzi normali, senza Virtutes o altro.
“Lali?” mi girai verso di lei.
“Si Ale?”
Dovevo fare una cosa che avrei dovuto fare molto prima.
“Non voglio essere più tuo amico.”
Dette quelle parole la baciai, con tutta la forza che
potevo avere in corpo. Il mio udito mi confermò che il suo
cuore batteva all’unisono con il mio, eravamo collegati.
Mentre la baciavo, guardai un attimo la terra e mi vennero
crampi allucinanti alla pancia, iniziai a contrarmi dal dolore.
“Andrea!” strillò Zhalia, alzandosi in piedi.
“È... colpa… mia.” dissi, per poi non vedere più nulla.
Quando ripresi conoscenza, mi ritrovai dentro una
piccola grotta, era acceso un fuoco per scaldarmi. Zhalia, bella
come sempre, era seduta accanto a me, smanettando con il
telefono.
“Ehi” la chiamai.
“Dei del cielo, sei vivo.” mi stritolò in un abbraccio.
Mi guardai intorno, ero sicuro di non aver visto nessuna
grotta durante la mia piccola perlustrazione.
“Che cosa ho detto prima di svenire?”
“Non è rilevante adesso, pensiamo alla tua salute.”
Mi misi seduto, aiutato da lei.
“Per quanto ho dormito?” chiesi.
“Non so dirti, è come se si fosse fermato il tempo. Gli orologi
e i telefoni qui non funzionano.”
Era una dimensione dove nulla c’era e nulla funzionava, una
dimensione boh, non si poteva scappare, era una prigione.
298
“Lali… è colpa mia.”
Zhalia sbiancò.
“È colpa mia se siamo qui, e i sentimenti che tu provi verso di
me sono i miei.”
“Che cosa vorresti dire?”
“Stavi per morire, ti ho dato parte delle mie Virtutes per farti
vivere ancora” mi fermai per prendere un attimo fiato: “Ti ho
rovinato la vita, non dovevo fare le scelte che ho fatto.”
“Andrea, non è vero. Anche prima mi piacevi, e lo sai.”
Mi alzai in volo, le avevo fatto già troppo male, e più
veloce del vento andai fuori dalla grotta, vedendo che stava
piovendo.
“Ritiratevi.” dissi, piangendo. Fin da piccolo avevo dei
comportamenti che potevano essere considerati bipolari,
quella volta poi particolarmente.
Mi trovai sulla scogliera, che era a 100 metri da terra,
mi sedetti sul precipizio. Bellissimo come tutto era questione
di scelte. Preso da qualche pensiero molto triste, che su due
piedi non ricordo molto bene, mi buttai, con molta
probabilità non sarei sopravvissuto al duro colpo con l’acqua.
Potevo benissimo volare e salvarmi, ma volevo sparire da quel
mondo, e l’unico modo che avevo era morire. Mi vidi passare
davanti tutta la vita, tutto quello che ero e che potevo
diventare, non mi importava. Sentii il contatto con l’acqua
farmi malissimo alla faccia e riempirmi di graffi.
Era mare, il sale mi bruciava gli occhi, tenuti aperti per
vedere come il Signore dell’Acqua veniva sopraffatto da una
semplice caduta, anche se di 100 metri.
Manifestai una nuova forma del mio potere, riuscivo a
respirare sott’acqua, notevole, se solo avessi voluto
sopravvivere.
“Walking on the knife’s edge, searching for the light.”
Blade Runner era una delle canzoni preferite di Zhalia, a furia
299
di ascoltare i Beast in Black avevo imparato a memoria molti
pezzi di canzoni.
Sentii un boato assurdo in acqua e mi trovai bagnato
sulla spiaggia, con Zhalia dolorante vicino a me.
“Non fare il cretino anche questa volta.” disse, sorridendo
stanca.
“Non penso siano affari che ti riguardino.”
Ok, era proprio lì che non dovevo andare a parare. Si avvicinò
e mi baciò, buttandomi per terra sulla sabbia.
“Vorresti un letto?” mi chiese.
“Voglio solo farti mia.” dissi, in risposta. Era passata da
odiarmi a voler fare questo. Non che mi lamentassi eh, sia
chiaro.
Non mi sentii più la sabbia sulla schiena, solo
morbido, non so come aveva fatto ma aveva evocato un letto
dal nulla.
“Come hai fatto?” le chiesi.
“Come ho fatto con la caverna. Ho pensato ad un riparo ed è
apparso.”
Un letto senza una casa non era nulla, immaginai un tetto e
delle mura che ci coprivano dal sole scottante.
Era una piccola villa, però la nostra stanza sembrava infinita,
senza addobbi, solo il nostro letto. Poteva essere un
messaggio subliminale? Ovviamente sì.
La presi con tutta la forza che avevo in corpo e la
sbattei sul letto, facendola sussultare. Incominciò a togliersi i
vestiti e finalmente la vidi per quello che era veramente. Con
le Virtutes ero sempre abituato a vederla fiera, potente,
maestosa, nuda era come una cucciola, indifesa.
Lasciai che mi slacciasse i pantaloni e si mise sopra di me,
potei sentire il suo battito forte e il suo respiro a ritmo con il
mio.
“So come ti senti Ale, lasciati andare.”
300
“Ti amo.” sussurrai e la strinsi forte a me, poi quello che
accadde lo sappiamo solo noi. Vi dico che è stata una delle
migliori esperienze più belle che abbia mai fatto, se non la
migliore.

CI CREIAMO UNA VITA


ALTERNATIVA.

Contammo ben 6 mesi dall'entrata nello strano mondo, che


avevamo iniziato a chiamare “Dimensione Boh”. Era tutto
301
molto simile a Narnia. In questo tempo, beh, smisi di fare lo
stronzo. Ero il vero me, senza bisogno di tenere alto il nome
di famiglia. Sembrava anche di essere dentro uno di quei
meme che ogni tanto giravano su Instagram, vivere in posti
idilliaci solo con la propria ragazza.
Ero tornato dalla mia solita pattuglia giornaliera e,
come solito, non avevo trovato nulla. La mia bella mi accolse
con un bacio, sapendo già la mia risposta alla sua domanda. Ci
buttammo sul divano e lei mise la testa sulla mia spalla: “Credi
mai che torneremo a casa? Mi mancano gli altri e la mia
famiglia, Jean.”
Avevamo dei cuccioli di gatto e di cane, Moon e Lily,
un computer che funzionava perfettamente, con le mie abilità
di programmatore ero riuscito a riprodurre dei Resident Evil.
E avevamo anche una piscina, sala cinema e perfino un
campo da tennis. Tutto era costruito in base ai nostri ricordi
di quella particolare cosa ed era bellissimo il momento in cui
univamo le nostre menti per creare qualcosa di nuovo. Ci
fidavamo ciecamente l’uno dell’altro e cercavamo di far
passare velocemente quei tempi di prigionia.
“Amore.” mi chiamò, ero completamente assorto nei miei
pensieri.
“Dimmi.”
“Secondo te si ricordano che esistiamo?” Si riferiva ai nostri
amici, io avevo perso le speranze, e forse anche lei.
“Sicuramente, quando ci rivedremo saranno tempi migliori.”
Nessun uomo doveva essere privato della speranza, e nessun
ragazzo doveva sorbire tutte le responsabilità che avevamo
noi sulle spalle, era piuttosto massacrante.
Moon, la gattina, mi venne sulle gambe mentre Zhalia
coccolava Lily, la sua piccola cucciola di Husky. Nulla era
vero, solo una illusione fatta da noi per mascherare la nostra
condizione di reietti. Moon faceva le fusa, strusciandosi su di
302
me e allontanandomi da pensieri negativi. Mi appuntai che,
appena sarei tornato alla mia vera casa, mi sarei comprato una
gattina, non volevo farmi prendere dalla solitudine.
Zhalia mi toccò il Marchio, intrecciando la sua mano con la
mia. Per quanto mi piacesse stare lì con lei, anche a me
mancava la nostra vita di prima.
Ma non ci potevamo fare nulla, la normalità che
avevamo chissà quando l’avremmo raggiunta di nuovo.
Presi la mia bella e la feci mettere seduta sopra di me, potevo
percepire chiaramente il suo sconforto.
“Lali… andiamo a farci un bagno? Magari riesci a pensare
meglio…”
“Bell’idea, ma non sono dell’umore giusto per divertirmi.”
“Dai amore.”
Andai nella cabina armadio a cambiarmi, aspettai che facesse
lo stesso, poi evocai le mie ali e la portai nel nostro posto
segreto, un fiordo con una sorgente naturale, tutto frutto della
nostra immaginazione. Non potevo dire che non fosse bello,
aveva i trampolini e gli scivoli d’acqua, ma dopo sei mesi
aveva stancato. Però ogni volta che guardavo Zhalia, pensavo
a quanto fossi fortunato e quanto stupido fossi stato a
comportarmi male con lei. E poi quando era in costume, beh,
gli occhi erano a cuoricino.
“Non guardarmi così. Mi fai sempre sentire a disagio.”
La presi e la baciai: “Rimango sempre estasiato dalla tua pura
bellezza.”
A volte pensavo all’Andrea di prima.
Mi spinse in acqua, ridendo, facendo un bel volo. Poi mi
raggiunse, aggrappandosi a me come salvagente.
“Muto.” mi disse, e fu il mio momento di ridere.
Ci schizzammo, andammo sott’acqua e ci facemmo
una bella immersione. Avevamo trovato un modo per
trasmetterci le Virtutes, mi bastava prenderla per mano e
303
riuscivo a farla respirare. Una sua grandissima passione era il
mare, era un sub e una volta mi aveva chiesto di farla
immergere, volevo esaurire ogni suo desiderio. Con le sue
Virtutes poi ci tenevamo in contatto e parlavamo, proprio
come avremmo fatto sulla terraferma.
“Ale… andiamo a vedere quella grotta.”
Indicò con un dito una piccola grotta immersa nel
nulla, non l’avevo mai vista prima. Annuii e mi diressi verso
l’entrata, sembrava essere uscita da Subnautica. Al suo interno
erano presenti tantissime stalagmiti e stalattiti, era troppo
complesso per essere stato fatto da noi, anche
inconsciamente. C’erano molte stanze collegate tra loro
tramite piccoli corridoi, decidemmo di andare ad esplorare la
stanza principale.
La luce naturale presente era perfetta per farci cogliere
qualsiasi dettaglio, anche minimo, e rimasi folgorato dalla
bellezza naturale incontaminata. Ebbi la sensazione che quel
luogo fosse stato creato prima del nostro arrivo. Davanti a me
c’era un cubo viola, che irradiava calore, ci avvicinammo di
più per vedere. Zhalia lo toccò e incominciò a passarselo tra le
mani.
“Percepisco la sua aura, è come se provasse a parlarci ma non
ci riesce.”
Prima avrei detto che Zhalia avesse avuto le
allucinazioni, ma aveva ragione la maggior parte delle volte, e
avevo imparato a seguire le sue sensazioni.
“Che cosa significa?” le chiesi.
“Prendi il cubo, dobbiamo analizzarlo meglio” mi disse,
allontanandosi dal centro: “Questo posto mi è stranamente
familiare.”
“Amore, forse lo hai giocato in Endless Ocean, io sono sicuro
di non averlo mai visto.”
“Te lo posso assicurare, è come se ci fossi già stata.”
304
“Ti credo.”
Presi il cubo e lo feci andare a casa, attraverso il teletrasporto
di Zhalia, poi continuammo la nostra esplorazione.
“Ale?” mi chiamò.
“Si cucciola?” risposi.
“Dobbiamo andare per di là” indicò una piccola fessura: “È
troppo piccolo, devi fare tu qualcosa.”
Alzai una mano verso la roccia e, con il mio controllo
della terra, allargai il solco, facendo cadere alcune pietre dal
soffitto. Andammo dentro al piccolo corridoio e ci trovammo
davanti ad una colonna con un cancello sottomarino. No, non
era stata decisamente una nostra invenzione, era troppo
perfetta. Certo, avevo creato un gatto praticamente identico al
vero, ma non avevo un ricordo su cui basare il tutto.
“Hai tu la chiave?” mi chiese.
“No Lali.”
“Prova ad infilare il cubo nella serratura.”
Lo evocai e feci come lei mi aveva detto, con il
risultato che non successe nulla. Allora provai a far cambiare
forma al cubo, pensando che potesse diventare una chiave.
Ma quella cosa continuava a non aprire nulla, ci stavamo
innervosendo.
“È tanto per oggi, domani torniamo e continuiamo la
ricerca.” mi disse, avviandosi.
“Dobbiamo schiarirci la mente e capire un po’ di più, come
sempre.”
Andammo a casa e, mentre Zhalia preparava la cena, io
giocavo con il cubo, ritornato alla sua condizione iniziale,
cambiava forma ogni 30 secondi. Anche la consistenza era
cambiata, sembrava essere fatto di plasma. Desideravo con
tutto me stesso avere delle risposte, che avrebbero
semplificato da morire il lavoro, sarebbe stato comodo
perfino il supercomputer che avevamo nel Covo.
305
“Amore, è pronto.” mi chiamò dalla cucina.
“Arrivo.”
Potei sentire nella mia testa la voce del Pinhead - You
opened the box, I came. -, chissà se risolvendo il cubo
avremmo sciolto le catene che ci tenevano ancorati in quella
dimensione.
“Non ho la più pallida idea di come fare.” dissi, mettendo in
bocca un raviolo cinese. Oggi era il turno del sushi.
“Abbiamo forse un filo di speranza, quel cubo è qualcosa che
non abbiamo mai visto.”
“Adesso che ci penso, l’ho già vista una cosa del genere, per
venire qui.” dissi.
“È vero” esclamò lei. “Siamo vicini a tornare alla nostra vita
di prima!”
Era quello che volevamo da tantissimo, ci faceva un po’ di
paura, non sapevamo quanto tempo fosse realmente passato.
Ma la cosa che più temevo era il ritorno a casa, da mio padre.
“Cosa c’è che ti turba?” disse Zhalia, prendendomi la mano.
“Dovremmo combattere di nuovo, non avremo una vita
normale.”
“Amore, ci hanno messo davanti questa sfida in modo che la
potessimo superare. Poi appena siamo a casa, ti prometto che
non cambierà nulla tra di noi.”
Come io ero la sua spalla, lei era la mia.
Finito di mangiare andammo a dormire e a coccolare i
nostri animaletti. Appena avrei raggiunto una giusta età, avrei
reso Zhalia la mia regina, ci saremo trasferiti via da Villa
Lanza, lasciata ai miei genitori. Ci eravamo messi d’accordo
che il giorno dopo sarebbe stato quello cruciale, per cercare di
uscire da quella amata prigionia.
La mattina Zhalia mi svegliò con un bacio e la
colazione pronta, si era svegliata molto presto.
“Grazie cucciola.”
306
Presi una brioche e la mangiai di gusto, erano quasi identiche
a quelle di pasticceria.
“Mentre dormivi ho fatto un po’ di ricerche in campo fisico.
Una cosa di cui non ci siamo accorti in questi mesi è stato il
campo magnetico, fortissimo in due punti, la collinetta dove
siamo arrivati e il cubo.
“Se le cariche sono opposte si attraggono, se sono concordi si
respingono.” recitai. Forse poteva avere un senso logico.
“Esatto, se portiamo il cubo sulla collina, ci dovrebbe essere
contrasto tra i due campi magnetici e dovrebbe per forza
accadere qualcosa.”
“Capito.”
Zhalia sprizzava gioia da tutti i pori, ma appena vide
Lily sul letto, la sua faccia mutò subito.
“Non possiamo lasciare qui le creature, moriranno
sicuramente.” disse.
Tolsi il vassoio della colazione e la misi stesa sul letto: “Vuoi
che ci godiamo questo ultimo giorno e stasera torniamo a
casa?”
“Non lo so, è come se ci fosse qualcosa di strano. A casa ti
porto alle terme.”
Era giusto che volesse andarsene via da lì, però l’ultimo
giorno se lo poteva godere, la vedevo che le dispiaceva
lasciare tutto. Era stata la nostra casa per veramente troppo
tempo.
“Non ti preoccupare” le dissi: “Questa dimensione non è
tanto lontana dalla realtà in cui vivo io.”
“Ma è completamente diversa dalla mia.”
La sua voce era molto malinconica. Le tolsi i vestiti
che aveva tra le mani e la accolsi tra le mie, abbracciandola.
Dovevo prendere io le redini della situazione e farla sentire
bene con sé stessa.
“Potremmo vivere da soli in un mio possedimento, oppure
307
fare del Covo la nostra casa.”
“Non avremo gli stessi poteri della materia, lo sai vero?”
“Certo, ma saremo pieni di soldi.”
“Giusto che sei più ricco di tutta Padova messa assieme.”
La strinsi più forte a me: “Mi letto es tu letto.”
Scoppiò a ridere facendo svegliare la povera Moon,
che soffiò infastidita e scappò via. Mettemmo tutte le nostre
cose dentro le valigie e ci sedemmo per l’ultima volta nel
nostro salotto.
Zhalia prese un foglio di carta e scrisse “QUI DUE
CUSTODES HANNO VISSUTO PER 6 MESI E 3
GIORNI, POTERE DI MANIPOLAZIONE DELLA
REALTA’.”
Dopo un attimo di esitazione scrisse delle coordinate che non
avevo idea di cosa rappresentassero, decisi di non chiederle.
Accarezzò Lily, asciugandosi una lacrima dal viso. Il cane capì
il suo stato d’animo e le stette più vicina. La gattina fece la
stessa cosa con me, era come se non volessero che andassimo
via.
“Mi mancherete.” disse lei, piangendo, ma non fece in tempo
a salutarle di più, che entrambe sparirono.
“Dove sono andate?” chiese.
“Non lo so.” dissi, guardando il pavimento. In verità ero stato
io a volerle far andare via, dovevamo tornare a casa.
Diedi un’ultima occhiata al panorama fuori dalla finestra e
all’interno della nostra casa, poi uscimmo un po’ tristi.
“Pronta?”
“Non so se lo sono.”
“Amore, andrà tutto bene. Prometto che ti tratterò da regina
anche fuori da questa dimensione.”
Evocai le mie ali e presi Zhalia tra le mie braccia, e la
portai nel luogo in cui eravamo atterrati la prima volta e lei
evocò il cubo viola. Come previsto, c’era il campo magnetico
308
tra l’albero della collinetta e il cubo, che iniziò a brillare di luce
propria. Zhalia lo fece cadere e quello si mise ad un metro
dall’albero, dividendosi in quattro parti.
Restai a guardare a bocca aperta il tutto, mentre lei
faceva due passi indietro. I cubi poi rilasciarono una strana
sostanza che rese l’aria più densa, e venne fuori una piccola
bambina simile a uno spettro.
“Bravi mamma Rea e papà Marti, siete riusciti a scappare dalla
vostra prigione. Il vostro viaggio è appena iniziato.”
scomparve nel nulla.
“Cassie.” sussurrò Zhalia.
Ecco perché mi sembrava familiare quel nome… avevo
finalmente capito.
“Non si torna più indietro adesso. Pronta?”
“Si Ale, torniamo a casa.”
La presi per mano e andammo dentro al portale fatto dai 4
cubi, provai una sensazione simile a quella del teletrasporto.
Ci trovammo seduti nello stesso posto dove eravamo prima di
essere mandati nella dimensione boh.
“Ce l’abbiamo fatta?” mi chiese.
“Siamo a casa.” decretai.
Mi guardai attorno, di Jace e Tommy non c’era traccia,
forse erano tornati alla Villa, o forse erano passati troppi anni,
mi saliva l’ansia solo a pensare.
“Zhalia?” sentii urlare alle mie spalle.
“Jace?” si girò lei.
In un secondo apparve il nostro biondissimo amico, che
abbracciò la mia ragazza.
“Da quanto tempo ci stavate cercando?” disse lei, seria.
“Siete spariti un’ora fa.”
“Un’ora?” Zhalia strabuzzò gli occhi.
“Aspetta” disse Jace: “Quanto siete stati via per voi?”
“6 mesi e 4 giorni.” dissi.
309
Jace si portò una mano sulla fronte e fece un gran respiro:
“Dobbiamo trovare Tommy.”
“Non c’è bisogno.” disse lui, apparendo davanti a noi:
“Andiamo a casa, lì ci racconterete tutto.”
Mio dio, era passata solo un’ora… noi eravamo
bloccati lì per troppo tempo, ed in realtà non era stata nulla.
Spiegatasi la teoria della relatività del signor Albert Einstein,
grazie cervellone. Se quindi era passata solo un’ora, eravamo
ancora in piena guerra.
“Spiegate.” disse Tommy, una volta arrivati in camera.
“Siamo capitati in un mondo di Minecraft, ci siamo costruiti
una vita assieme.” dissi.
“C’erano altre persone?” chiese Tommy.
“Non c’era anima viva.” disse Zhalia, la bocca incrinata in un
sorrisetto stanco: “Ve lo posso giurare, siamo stati da soli per
6 mesi.”
“Capito.” disse Jace, l’aria afflitta.
“Adesso che cosa facciamo?” chiesi. Mi ero scordato di quello
che stava succedendo e di quello che avevamo passato.
“Quando siete scomparsi, dovevamo tornare a casa,
aspettando indicazioni sul da farsi da tua nonna.” disse Jace.
“Che cosa c’entra lei?”
“La più vicina a tuo nonno, Andrea.”
“Centrava qualcosa nel nostro discorso?” disse Zhalia.
Eravamo proprio tagliati fuori dal mondo, non ci
ricordavano le cose più importanti.
“Adesso mia nonna starà sicuramente dormendo, domani
glielo chiediamo” dissi io, stiracchiandomi: “Ho un sonno
pazzesco, vorrei andare a dormire se non avete altre
domande.”
“Ti vorrei parlare un attimino se non ti dispiace.” mi disse
Jace.
Annuii e Zhalia e Tommy ci lasciarono da soli, Jace si sedette
310
sul mio letto mentre mi mettevo in pigiama.
“Ti trovo più muscoloso” disse: “Molto più muscoloso.”
“Si, non c’era molto da fare in quella dimensione, quindi mi
sono trovato qualche hobby.”
“È la tua ragazza, non è vero?” sembrò ignorare la mia
spiegazione.
“Da che cosa lo hai capito?”
“Dal fatto che abbia scelto te, fin dall’inizio. Ho provato a
farle cambiare idea, non ce l’ho fatta.”
“Mi dispiace Jace.”
“Tranquillo, me la farò passare. Ci sarò sempre per voi.
Jace scomparve nel nulla, forse tornato in camera,
decisi di non farmi troppe domande e andai a dormire, sicuro
che l’indomani avrei avuto le risposte che cercavo dalla
nonna.

311
VEDO MIO NONNO PER L’ULTIMA
VOLTA.

Tornare alla realtà fu molto più difficile di quanto pensassi,


non potevo evocare la materia per semplificarmi la vita,
soprattutto per mangiare. Prendere il bicchiere d’acqua e
tenerlo lì senza gravità non era possibile, infatti ne ruppi uno,
completamente senza senso. Anche per pulire non bastava
pensare che fosse tutto come prima, quella “Dimensione
Boh” mi aveva rovinato. La sera poi, dormire senza Zhalia
non mi fece chiudere occhio, era nell’altra stanza, Tommy
non era la compagnia che volevo.
Il mattino, prima di colazione, mi svegliai prima degli
altri per parlare con la nonna da soli. Erano successe tante
cose che ci avevano permesso di stare assieme come
meritavamo. La trovai seduta nel suo enorme salotto a
piangere su una foto del nonno. Mi si spezzò il cuore, dovevo
essere forte, anche se volevo piangere anche io.
“Tesoro, non ti ho sentito arrivare.” mi disse, cercando di
nascondere le lacrime.
“In questi anni ho imparato ad essere molto silenzioso.”
312
“Assomigli sempre di più a tuo nonno, credimi.”
Non era il caso di raccontarle della Dimensione Boh. La
nonna si alzò dalla sedia e mi fece cenno di seguirla,
portandomi tra i meandri sperduti della casa. Non mi
ricordavo ci fosse quell’ala, era molto strano, arrivammo
davanti a una porta molto spessa, sembrava quasi blindata.
“Che cos’è?” le chiesi.
“È una stanza fatta della stessa essenza delle vostre Virtutes,
simile a quella che avete nel posto dove fate le prove per la
vostra band. Dobbiamo entrare lì dentro.”
“Va bene nonna, devo andare a chiamare gli altri?”
“No, meglio che tu vada da solo.”
Pensai che il modo in cui piangeva per il nonno non
fosse recitato, era la mia vera nonna, lei, non un altro
fantoccio, non poteva essere una ulteriore trappola. Mi
avvicinai alla maniglia della porta e la sfiorai, mormorando
alcuni versi in latino. Con quella lingua stavo diventando
sempre più bravo, mi veniva naturale parlare. (Piccola NDR.
Ragazzi, studiate il latino, potrebbe sembrare che non vi possa
servire a nulla nella vita, ma dire ogni tanto qualche citazione
rende un sacco fighi).
Mia nonna entrò per prima, e io la seguii. Era come se
fossimo entrati nel Covo vero e proprio, c’era il nostro
Maxischermo, era tutto così familiare.
"Perché mi hai portato qui?” le chiesi.
“Edoardo mi ha lasciato una lettera, che avrei dovuto aprire
solo se fosse morto.”
Alla parola “morto” scoppiò a piangere, mi avvicinai per farle
forza.
“Che cosa devo fare?” La domanda mi sorse spontanea.
“Cerca la risposta nelle tue Virtutes.”
Mi disturbò il fatto che io non avessi avuto una lettera. Ero
suo nipote.
313
Nonna si sedette sul mio puff, facendosi aria con la mano.
Vicino a lei c’era un bicchiere vuoto, lo riempii di acqua.
“Grazie Andrea.” mi sorrise, stanca.
La nonna mi aveva detto di cercare la risposta nelle
mie Virtutes, provai ad evocare i quattro elementi e farli
volare per tutta la stanza, non accadde nulla. Mi chinai per
terra e mi sedetti, a meditare. Di solito mi aiutava a percepire
meglio le mie Virtutes, ma non mi riuscii a concentrare del
tutto, ero troppo teso. Mi venne voglia di due tiri a canestro,
sembrava di essere nel Covo, quindi andai verso il Campo
Marzio. Non potevo essere deluso anche dalla mia stanza
preferita, quindi sperai con tutto me stesso che succedesse
qualcosa.
“Ciao Andrea, mi hai trovato.”
Uno spettro di mio nonno, quasi un’ombra, apparse dal nulla,
facendomi sobbalzare.
“Nonno?” lo chiamai, cercando di abbracciarlo. Le mie
braccia lo attraversarono.
“Tesoro mio, sono una memoria, sono morto e non posso
tornare indietro.”
“Ho così tante domande da farti.”
“Prima ti prego, fammi dire quello che ti dovevo dire appena
foste arrivati, è parecchio importante.”
"Sì nonno, siediti.”
Evocai due puff e li misi al centro del Campo Marzio,
mio nonno mi sorrise, sedendosi.
“Quando ero giovane, ero esattamente come te,
intraprendente, affascinante e con occhi solo per la nonna.
Però nascondevo un segreto che non doveva sapere nessuno.
Mia mamma, la tua bisnonna, era gravemente malata, non si
sapeva che cosa aveva.”
Mentre parlava, potevo vedere delle specie di video alla parete
del Campo, che spiegavano quello che diceva. Il nonno da
314
giovane era veramente come mi dicevano, stessa espressione,
stessi ricci, ci avrebbero scambiati per gemelli.
“Non volevo perderla, significava tutto per me, allora
cominciai a vagare in giro per l’Italia, fino a che non mi
apparse davanti una strana creatura, che poteva cambiare
aspetto a suo piacimento. Assunse le mie sembianze e
incominciò a parlarmi, sapeva del problema di mia madre,
sapeva che mio padre andava in Francia a lavorare. Mi offrii
una soluzione per mio padre.”
In effetti, mi sembrava molto Ghost Rider, a vedere
dalle immagini, la situazione era più o meno quella, ma non
c’era nessun demonio.
“Era la mia unica scelta per salvarla, quindi gli dissi di sì e mi
ritrovai davanti mio padre, visibilmente fiero di me. Mia
madre era con noi, era in piedi e sorrideva. Non ci potevo
credere. Mio padre cominciò a parlarmi, era contento che
avessi seguito il mio destino e avessi scoperto la sua setta.”
Pausa, il nonno riprese fiato.
“Piano piano incominciai a capire la mia strada e a servire la
FYCE, resi tua nonna parte della mia vita. Passati gli anni, ho
ereditato la grande fortuna dei miei genitori e comprai la villa
in cui siamo adesso. Era un sogno, avevo sposato la donna
della mia vita, avevo salvato mia madre, tutto andava per il
meglio. Un paio di anni dopo nacque tuo padre, che fin da
piccolo educammo per entrare nella FYCE. Il nostro
obiettivo era mantenere la pace, gli uomini avevano il libero
arbitrio, e coloro che sceglievano il male dovevano essere
controllati e in caso sterminati. Il nostro compito era trovarvi,
per mille anni non siete apparsi, adesso tutti assieme. Tuo
padre crebbe con gli stessi ideali, conobbe tua madre e nel
frattempo io scalai le posizioni, fino a scoprire la verità.
Quando avevo salvato mia madre, non mi era mai stato
chiesto qualcosa in cambio, adesso chiedeva tutto a mio figlio.
315
Se tua madre avesse partorito, quei bimbi sarebbero stati la
causa di distruzione della FYCE, e dovevano essere eliminati.
Marco questo non lo sapeva, era più devoto di me alla nostra
causa, per nessuna ragione al mondo doveva saperlo. Il giorno
in cui sei nato tuo padre era la persona più felice del mondo,
ma venne convocato dal gran Capo in persona, che gli spiegò
la profezia. Quando ebbero finito il colloquio, venne da me,
incolpandomi di non avergli detto la verità. Appena tu
diventasti abbastanza grande da non volere più il latte di
Emilia, tuo padre ritornò in Italia con tua madre, non volendo
più sapere nulla di te. La ragione per cui lo fece, è che non
voleva avere il peso della tua morte sulla coscienza, e Emilia
lo aveva minacciato di andarsene. Ti ricordi le scuse che
inventavamo tu e tua nonna da piccolo…”
Si fermò di nuovo, asciugandosi una lacrima.
“Tu crescevi, era così bello averti con noi, ma successe
un’altra cosa, che troncò definitivamente i rapporti con tuo
padre. Mentre i tuoi erano in Italia, ebbero un’altra figlia, tua
sorella Sofia, di cui non hai mai saputo l’esistenza. La FYCE
decise di agire da sola e mandò tutto il Gran Consiglio in
Italia da Marco. Io li precedetti e portai te con me, per
spiegargli tutto. Lui non mi ascoltò e mi mandò via. Ma
quando il Gran Consiglio arrivò, gli strappò via Sofia. Tu
avevi 8 anni, lei 2. Tua madre impazzì e tentò il suicidio, tu
manifestasti le prime forme delle tue Virtutes per salvarla e
avverare la profezia. Eri veramente uno dei ragazzi che
sarebbero stati cruciali per la nostra causa. La FYCE non
poteva ucciderti, perché oltre ad essere minorenne, tu gli
servivi, solo quando avresti manifestato le tue Virtutes vere e
proprie saresti diventato un’arma per la pace. Quindi ti lasciò
vivere, portando via Sofia e da lì nessuno ha più sue notizie. Il
Gran Consiglio si ritirò e tuo padre mi disse che se gli avessi
ancora parlato, mi avrebbe ucciso. Tua madre ti prese in
316
braccio e si impose che dovevi stare con loro, quindi non
potei fare altro che salutarti e darti la collana che hai adesso,
un inibitore delle Virtutes fino a che non avresti trovato gli
altri.”
Guardai la mia prima collana, uno scorpione, il
simbolo dei Lanza. Quando finì il suo monologo mi ritrovai
con le lacrime agli occhi, mi spiegavo tante cose e mi sentivo
quasi in colpa per ciò che era successo.
“Perchè mi hai detto questo?” gli chiesi.
“Dovete andare al NEXUS e distruggerlo, le vostre Virtutes
sapranno guidarvi. Poi trovate Sofia ad ogni costo, lei non
sarà come voi ma dovete proteggerla. Lei è la chiave per
accedere al Twerno, l’utopia. La FYCE vi vuole anche per
trovare la bambina e portarla dalla loro parte, dovete
impedirlo.”
Avevo una sorella, e nessuno me lo aveva mai detto.
Mi sentii mancare il respiro, mia mamma era impazzita perché
gliela avevano portata via, io ero tutto ciò che rimaneva dei
due eredi Lanza. Mi spiegai molte cose, il fatto che mio padre
mi odiasse per esempio.
“Da dove possiamo iniziare?” chiesi.
“Qualsiasi cosa accada, dovete fare attenzione.”
Non aveva risposto alla mia domanda.
“La nostra battaglia là fuori non è ancora finita?” chiesi
ancora.
“No tesoro, avete fermato l’orologio per un po’ ma non del
tutto. Se entro 3 giorni non distruggete il NEXUS, ci saranno
conseguenze impensabili, i tuoi genitori e la nonna saranno i
primi a morire come traditori.”
Per quanto volessi che mio padre soffrisse, dovevo
assolutamente impedire che succedesse ciò, ne andava
dell’esistenza di mia madre e della nonna.
“Non finirò mai di ammirarti e vederti così simile a me,
317
Andrea. Sono veramente onorato di averti come nipote.
Salutami Amélie, dille che l'amo. Sei più forte di quanto
credi.”
“No nonno, non andartene, ti prego, resta qui.” piansi.
“Non mi dà altro tempo. Addio Andrea, ti vorrò sempre
bene.”
L’ombra di mio nonno scomparse, lasciandomi da solo. Non
poteva essere vero e farmi tutto quel male, volevo vendetta e
vendetta avrei avuto.
Uscii dal Campo Marzio e trovai fuori mia nonna che
piangeva, subito mi si strinse il cuore.
“Il nonno ti ama, ho visto il vostro passato. Non farò i suoi
errori.”
“Non sono errori quelli, Andrea. Il destino che ha deciso che
andasse così. Tuo nonno ha messo sempre la vita degli altri
prima della sua” disse la nonna tra le lacrime: “Tutti noi
avremmo fatto la stessa cosa.”
“È solo che… il nonno non mi ha dato le risposte che volevo
avere.”

318
CI COMBATTIAMO SENZA
DOLOMUN.

Nonna Amélie mi guardò, la faccia immersa nelle lacrime, non


so che cosa speravo, forse che mi potesse dare un abbraccio e
dirmi che era tutto uno scherzo, un’illusione.
“Dobbiamo ritornare dagli altri, assieme vi spiegherò tutto
quello che so.”
Erano a fare colazione, Zhalia aveva preparato i suoi
deliziosi pancakes, rimase sorpresa a vedere la nonna messa
male.
“Signora Amélie, tutto bene?”
Tenne la pentola con la telecinesi e andò ad aiutarla a sedersi.
“Grazie cara, sedetevi, vi devo parlare.”
Jace e Tommy si guardarono impauriti, poi fecero quello che
la nonna aveva detto loro.
“Perché noi?” le chiesi.
“Andrea, tu sei un Lanza, la nostra famiglia è una delle
fondatrici della FYCE. Per quanto riguarda gli altri, loro sono
individui con lo stesso DNA dei Custodes originali. È un
ragionamento strano, lo so, ma è così. Avete la stessa struttura
e codice genetico, non prima non dopo, credo che abbiano
manipolato il vostro arrivo in modo da avervi tutti sotto
controllo più facilmente.”
319
“Mi hanno allontanato dall’America per questo?” esclamò
Jace.
“Si, Tommaso vive da Andrea per una ragione. Avete interessi
in comune per trovarvi bene assieme adesso, la musica, la
scuola.”
In fondo lo sapevamo, ma sentirlo dire da qualcuno di
esterno aveva fatto il suo effetto, e rendersene conto faceva
molto male. La nostra vita, forse anche i nostri sentimenti, era
decisa da qualcun altro, che non eravamo noi, ne avevamo la
conferma e le prove allettanti.
La nonna non aveva ancora finito il suo discorso,
conoscendola sarebbe stato ancora lungo. Aveva cambiato
espressione, non era più sofferente, ma era decisa a dirci le
cose come stavano. La amavo per quello.
“Non è tutto, ragazzi… dovete tornare nel posto in cui siete
stati trasportati nella Dimensione Boh, come l’avete
chiamata.”
Wait a second. Io alla nonna non avevo detto nulla, e
nemmeno Zhalia, come faceva a saperlo?
“Scusa nonna se ti interrompo, io non te ne ho parlato.”
“È nella lettera che mi ha lasciato il nonno, era tutto calcolato.
Le collane che vi ha dato, Andrea e Zhalia, erano modificate
per lasciarvi andare lì dentro. Dovevate andare lì se volevate
avere una chance di vittoria.”
Mi sentii mancare il respiro, 6 mesi di prigionia solo
per un capriccio, vidi che la mia ragazza aveva avuto la mia
stessa reazione.
“E poi? Che cosa dobbiamo fare?” chiese Jace.
“Seguire le vostre Virtutes e le vostre sensazioni. Altro non vi
so dire.”
“Penso sia abbastanza” disse Tommy, alzandosi: “La
ringrazio, signora Lanza.”
“Sono io a ringraziare voi, state mettendo il bene di noi tutti
320
prima della vostra vita. Mi dispiace sapervi dire solo questo.”
Ci alzammo e diedi un bacio alla nonna, che mi abbracciò.
“State attenti, vi prego. Siete la nostra unica speranza.”
Aveva ragione, eravamo l’unica speranza rimanente, ci
eravamo appena ricordati dell’enorme responsabilità che
avevamo.
Dopo che avevo dato fuoco alla casetta, il portale si
era stanziato vicino alla fontana del nonno ed era sempre
aperto, in modo tale che potessimo entrare quando volevamo.
Non lo trovavamo più strano, o almeno più strano di altre
cose.
“Ok, e adesso?” disse Zhalia, appena fummo arrivati al posto
detto dalla nonna.
“A me sembra identico a ieri” disse Jace: “Però mi ricorda
qualcosa.”
“Forse Adi nella sua chiavetta ne parlava.” suggerì Tommy.
Jace era l’unico che era riuscito a leggerne il contenuto, perché
dopo il suo Dolomun si era rifiutato di condividerlo.
“Cosa avevamo detto?” ringhiò il biondo.
“Si tratta di una cosa seria, non dobbiamo soltanto parlare di
quello, ma applicare” disse Zhalia, prendendo la mano
dell’amico: “O troviamo un senso nelle sue parole, o non
potremo andare avanti.”
Come discorso motivazionale mi era molto piaciuto, glielo
dovevo ammettere, e anche Jace, perché fece un passo avanti.
“State indietro, mettetevi in una gabbia di Virtutes, perché
quello che sto per fare non è da tutti.”
“No, aspetta, cosa?” esclamò Zhalia. La presi per i fianchi e
feci quello che mi aveva detto il mio amico, la mia aria ci
avrebbe protetto.
Jace evocò le sue ali e assunse una posa rilassata.
“Revelio!” urlò, per poi esplodere in mille frammenti di
ghiaccio. In quel momento capii perché aveva detto una cosa
321
simile, il contraccolpo poteva essere una cosa molto seria.
Ad un centinaio di metri da noi comparve un macchinario, un
piccolo obelisco, stranamente familiare.
Jace riapparse dietro di noi, visibilmente stanco: “Dobbiamo
andare lì.”
Non appena si mosse, cadde a terra, stremato.
“Lali… non è che potresti farmi quel trick del concerto di
Natale?”
“Certo.”
La mia ragazza si avvicinò all’amico e lo baciò sulla fronte, era
di nuovo pieno di energie.
“Funziona solo con te, con Andrea non ha lo stesso effetto.”
Non mi andava di ricordarle che lo avevamo provato in un
momento poco consono e non aveva funzionato per quello,
ma rimasi zitto, non volevo rovinarle il momento di gloria.
“Andiamo.” tagliò corto Tommy, dirigendosi verso l’obelisco.
“È troppo facile.” dissi, arrivati nelle sue prossimità. Mi girai,
sentendo un boato provenire dal castello, mentre le sue rovine
incominciarono a cadere dall’alto e a fare movimenti circolari,
se non fosse stato terrificante, avrei detto che fosse uno
spettacolo da non perdersi.
Jace guardò il monumento, notando che aveva 3 buchi delle
dimensioni di monete.
“Le tre monete… sono quelle dei vari attacchi.” disse
Tommy, tirandole fuori dalle ombre: “È ora di finirla una
volta per tutte.”
“Quel coso ci porterà via le Virtutes?” chiese Jace.
“Non lo sapremo fino a che non facciamo qualcosa.” disse
Zhalia.
“Siete pronti?” chiesi, desiderando con tutto me stesso
dicessero di no.
Annuirono tutti, alzando le braccia al cielo. Io,
Tommy e Jace evocammo la nostra vera forma, e ci alzammo
322
in volo, angeli degli elementi, luce e velocità. Eravamo la
versione alata di tutti i Gormiti assieme.
Le monete si muovevano autonomamente tra le ombre di
Tommy, così belle e così spaventose. L’obelisco si spezzò in
due appena ci avvicinammo per mettere le monete, lasciando
spazio ad un ulteriore sentiero, con un altro obelisco.
Presi tra le mie braccia Zhalia e seguii il mio amico,
che aveva trasportato Jace. Lei respirava a fatica, era tesissima,
forse non pronta ad abbandonare la realtà a cui ci eravamo
adattati con grande fatica.
“Lali” la chiamai.
“Dimmi.”
“Non aver paura.”
“E come fare… Non saremo più noi, ormai siamo questi,
sarebbe come dire pizza senza mozzarella.”
“Lali, tranquilla. Se il tuo dubbio è che cambierà qualcosa, noi
saremo come prima. Andremo al Covo, ricorderemo le nostre
avventure e continueremo a suonare.”
“Non sono pronta a ciò.”
Se non fossimo stati in volo, l’avrei molto volentieri baciata e
sarei scappato con lei.
Alla fine del nostro percorso venimmo accolti da uno
spettacolo brutale. Tutto era blu. Spiriti come fantasmi
ruotavano attorno all’entrata e le rovine non cadevano per
terra, sembrava esserci assenza di gravità.
“Dobbiamo andare lì?” chiesi.
Jace provò ad avvicinarsi alla colonna, ma venne respinto da
un campo di forza, blu anche quello.
“Jace!” strillò Tommy.
“Sto bene… È estremamente elettrico, mi ha dato la scossa.”
“Come facciamo?” chiesi.
Tommy guardò Jace, non sorrideva più, lo vidi terrorizzato,
non lo avevo mai visto condividere così tante emozioni.
323
“Che cosa succede!” urlai, spaventato dalla situazione.
“È arrivato il momento di salutarci, è necessario separarsi.”
“Cosa?” chiese Zhalia, aiutando Jace a rialzarsi.
“Sapevamo che sarebbe arrivato questo momento dalle
visioni, era ciò che ci avevano fatto vedere.” continuò
Tommy.
“No ragazzi, vi vieto di fare una cosa del genere.” disse lei.
“Pensavamo anche noi che fosse uno scherzo, poi abbiamo
ricevuto la conferma da tuo nonno.”
Jace sventolò una lettera, scritta con la stessa carta che
avevo visto nella lettera della nonna. Non poteva essere, per
nessun motivo dovevano essere separati da noi. Evocai il
fuoco e lo scagliai contro la colonna, sperando non so che
cosa, con il risultato che me lo rimandò indietro, non era il
massimo.
“Ogni sforzo è inutile, credetemi. Hanno fatto così anche i
nostri sosia.”
“Non ve lo lascerò fare.”
Zhalia si mise tra noi e la colonna, pronta ad usare le sue
Virtutes per fermarli. Mi unii a lei, non esisteva che andassero
senza di noi.
“Ragazzi vi prego, ragionate. Non possiamo lasciarvi andare.
Provo a teletrasportarvi dentro.” continuò la ragazza,
offrendo una soluzione.
“No Lali, non può funzionare. Vieni buttata all’indietro come
è successo con le Virtutes di Andrea.” disse Jace, impassibile.
“Non ve lo lasceremo fare.”
Evocai della terra e bloccai i miei due amici fino alla vita, non
dovevano separarsi da noi. Mio nonno doveva aver detto una
cazzata, non potevo permetterlo, era stato uno sbaglio.
“Voi non andate da nessuna parte.” aggiunsi.
“Ero certo che non ce lo avreste fatto fare” disse Tommy:
“Mi dispiace Andrea.”
324
Scomparse, quello che potei vedere fu solo dell’ombra che
usciva fuori dalla mia trappola, andando da Jace.
“No!” urlò Zhalia, i suoi occhi viola. Tommy si materializzò
all’istante, era bloccato in una posa innaturale.
“Lascialo andare.” strillò Jace.
“No.”
Il mio amico cacciò un grido allucinante e la gabbia esplose in
mille frammenti, feci appena in tempo a coprirmi il viso. In
un millisecondo Jace si avvicinò a Zhalia e le passò una mano
tra i capelli, facendola irrigidire, gli tirai una sfera di fuoco
addosso, che però lui deviò con una scarica di ghiaccio. Non
andava dalla nostra parte la fortuna.
Tommy si rianimò e andò da Jace, vicino all’obelisco.
“Non di nuovo, idiota.” pianse Zhalia. Il nostro amico le
aveva imposto un blocco dei poteri, avevo troppo
sottovalutato le capacità del mio amico.
“Mi dispiace Lali, è l’unico modo.” disse lui.
“Lasciateci andare. La battaglia non è ancora finita.” disse
Tommy, avvicinandosi a me. Per la prima volta nella sua vita
mi abbracciò, rimasi colpito dal suo gesto, era una cosa seria
come diceva.
“Stai attento.” gli dissi.
“Li stai lasciando andare?” singhiozzò Zhalia, tirando uno
schiaffo a Jace, che si era avvicinato a lei.
“Lali, non posso fare altro. Devi accettare anche tu la cosa.”
“No!”
Prima che potesse fare qualcos’altro Jace la prese e
l’abbracciò, ignorando ogni suo divincolamento.
“Tu… idiota…”
“Ti vorrò sempre bene Lali, perdonami.”
“Tommy ti prego non andare, fallo per Marie.” tentò lei,
ancora una volta.
“Salutala da parte mia, le ho spiegato tutto a Natale.”
325
L’anello. Avevo sottovalutato anche le sue Virtutes.
Zhalia stava piangendo, eppure io non riuscivo a
consolarla, per quanto non volessi che ci separassimo, quello
era ciò che dovevamo fare.
Jace si staccò dall’abbraccio, guardandola afflitto e poi andò
vicino al campo di forza. Salutai Tommy e lo raggiunse.
“Come farete a passare? Respinge le Virtutes.” dissi.
“Abbiamo scoperto come usare i nostri poteri in un modo
diverso.”
Fece vedere la sua mano, scomparsa e circondata totalmente
da nero: “Jace corre talmente veloce che la sua struttura
interna si stacca dalla normale forma e diventa intangibile.”
In quei mesi ero talmente concentrato su di me, che il
progresso degli altri mi sembrava secondario, ero contento
che le loro Virtutes non si fermassero in superficialità.
“Ragazzi vi prego, non voglio perdervi.” disse Zhalia.
“Non ci perderai, te lo giuro.” disse Jace.
“È ora” esclamò Tommy, rivolgendosi un’ultima volta a me:
“Dovete trovare tua sorella, ad ogni costo.”
“Lo faremo.” dissi, mentre i miei due amici si scambiavano un
cenno. La mia ragazza era completamente assente, lo sguardo
nel nulla, stava passando un momento molto difficile.
Guardai mentre i miei due amici attraversavano
invisibili il campo di forza, girandosi verso di noi.
Lei piangeva, sapeva che non li avrebbe rivisti per non sapevo
quanto tempo, io ero sempre più determinato a distruggere la
FYCE, diventata una maledizione per la mia famiglia e per la
mia vita.
I miei due amici, diventati ombra e velocità, inserirono le
monete nello spazio dedito e subito si sentii un boato assurdo.
Un fascio di luce cadde dall’alto, quando fui in grado di
vedere, Tommy e Jace erano scomparsi, assieme al campo di
forza. Erano riusciti a disattivarlo, spianandoci la strada per il
326
NEXUS.
Mi sentii come se non potessi fare nulla, poteva essere
la fine, era solo una nostra scelta. Jace e Tommy avevano
fatto un sacrificio enorme solo per lasciarci finire ciò che
avevamo iniziato. Era il giorno in cui non c’erano più, che
cosa altro dovevamo passare prima che fosse tutto finito?
Dovevamo distruggere il NEXUS e guadagnare tempo,
perché la FYCE era troppo potente per essere fermata in
qualche giornata.

327
MI CHIAMO LANZA, ANDREA
LANZA.

Non eravamo abbastanza potenti per riuscire a rimanere


incolumi, dovevamo acquisire ancora tanta esperienza. Presi la
mano di Zhalia e la strinsi a me, stava ancora piangendo.
“Dobbiamo far finire questa storia, una volta per tutte.” disse,
asciugandosi le lacrime.
Contemplò la colonna, desiderosa di prenderla a pugni, poi
prese dalla tasca della felpa una foto. Eravamo noi due, Lily e
Moon al mare, nella Dimensione Boh.
“Sento che sono qui…” disse, indicando la foto.
“Non sono apparsi adesso.”
“Sarà diverso questa volta.”
“Lo spero per loro.”
Le feci cenno di alzarsi e continuare la nostra
camminata, dovevamo andare. La presi e iniziai a volare senza
ali, la nostra era una non-meta, girammo per il bosco fino a
328
che non trovammo una pietra enorme, rossa, il colore del
sangue. Davanti ad essa c’era un fossato abbastanza largo con
delle strane anguille, più elettriche del solito. C’erano anche
una decina di guardie, davano l’impressione di non essere
umane, assumevano pose troppe rigide e si muovevano sotto
rigidi schemi. Ci nascondemmo dietro un albero.
“Non sono umani, non hanno una mente.” disse Zhalia,
legandosi i capelli in una treccia. Era pieno inverno però
sembrava estate, c’era una temperatura estiva e un sole che
spaccava le pietre.
“Sembra che ci sia un inibitore delle Virtutes. Non riesco a
teletrasportarmi lì.” continuò lei.
“Ok, è una missione da Stealth.” esclamai, le ore passate su
PayDay2 finalmente erano servite a qualcosa.
“Abbiamo bisogno di armi offensive, non possiamo far
saltare in aria il NEXUS senza Virtutes, meglio se silenziate.”
“E dove le troviamo?” chiesi.
“Ci sono due opzioni. O le rubiamo a quei tizi, o facciamo un
saltino dalla polizia.”
“Ricordo che mio nonno aveva una stanza delle armi a casa,
se mi ci porti le prendiamo da lì.”
“Va bene, dimmi dove devo andare.”
“C’è una porta nascosta vicino al canestro. Per entrarci serve
una combinazione, la mia data di nascita.”
“Perfetto. Allontaniamoci un po’ da qui, così è più effettivo il
teletrasporto.”
Zhalia fece due teletrasporti, era riuscita a sbloccare
quello nella dimensione del portale e quello nel mondo di tutti
i giorni. Mi prese la mano, un attimo dopo eravamo davanti al
canestro, a casa.
“Ok, dimmi dove possiamo trovare le armi.” mi disse.
“Dietro il canestro ci dovrebbe essere un tastierino numerico,
la password.”
329
Andai dove le avevo detto, ma rimasi scioccato, non c’era
nulla. Le mie memorie non erano state dalla nostra parte.
“Come facciamo?” urlai.
“Proviamo a girare nei dintorni, ti ricordi se era una stanza
sotterranea o faceva parte della villa?”
“Era sotterranea, serviva da bunker in caso di attacchi.”
Eravamo entrambi parecchio nervosi, il fatto che
dovevamo cavarcela senza Virtutes ci metteva a disagio, dopo
tanto tempo che eravamo abituati alla vita – facilitata –,
tornare ad essere normali ci spaventava. Quasi allo stesso
livello dei Recti.
Iniziammo a cercare con il dividerci, però dopo 20 minuti di
ricerche l’unica cosa che avevamo trovato era una mia vecchia
foto da piccolo, nascosta tra i cespugli. Non potevo nemmeno
chiedere aiuto a mia nonna, ci avrebbe fermati perché il
nostro era un piano suicida.
“Torniamo indietro?” chiese Zhalia.
“Non possiamo. Non abbiamo armi contro quelle specie di
guardie.” dissi, calciando un sasso contro il terreno. Forse
l'unica scelta che avevamo era rubare alcune armi alla polizia.
Evocai dell’acqua e iniziai a giocarci, visibilmente teso, poi in
un momento diverso la tirai addosso alla mia compagna.
“Ehi!”
“Scusa amore.”
“Non farlo più.”
“Sono Poseidone, il dio dell’acqua.”
“Era dei mari, e anche dei terremoti.”
“Grazie Intelligentona.”
“Non sei un vero Poseidone se non riesci a fare terremoti.”
disse lei, fredda. Aveva cambiato espressione in due secondi.
Dovevo cogliere la sua sfida. Avvicinai la mia mano
destra al terreno e immaginai delle piccole onde che si
propagavano in profondità, e feci tremare la terra.
330
“Ale, sei un genio.” esclamò lei.
“Eh?”
“Hai detto che la stanza è sotterranea, se fai dei mini
terremoti puoi sentire se c’è qualcosa sotto.”
Ok, ero decisamente un genio. Non mi sarebbe mai venuta
l'idea di utilizzare il più brutto dei miei poteri, come al solito
lei salvava la situazione.
Mi concentrai e mormorai alcune parole senza senso
in latino, che evidentemente al momento erano molto in
hype. Potei vedere le onde da me generate nella testa, potevo
sentire il terreno che si muoveva, era un talento in realtà che
non dovevo sottovalutare.
Localizzai la stanza, era sotto di noi, ad una profondità di
circa 3 metri.
“È sotto di noi, non conviene teletrasportarci, ci serve la
corrente.”
“Allora dobbiamo cercare il pulsante.”
Andai ai piedi del canestro e lo rovesciai, aiutato dalle mie
Virtutes, e tolsi la parte esterna della base. Era sempre stato lì,
quel dannato coso.
Digitai 09112004 nel piccolo tastierino numerico e da
sotto il campo si aprì una piccola scala a chiocciola,
scendemmo e trovammo un’altra porta. Non c’era alcun
tastierino numerico, solo un piccolo schermo con un ovale.
Avvicinai il dito indice e una voce mi accolse: “Benvenuto
signorino Andrea.”
La porta si aprì e mi invase una nostalgia mai sentita prima.
Era piena di armi, fucili, pistole, degno di un qualsiasi set
cinematografico, tutte appesa alla parete illuminata. Sotto
c’erano dei cassetti con delle munizioni, silenziatori e borse,
perfette per trasportare la roba.
“Wow!” esclamò Zhalia.
L’ultima volta che ero entrato in quella stanza era
331
stato con mio nonno, che voleva insegnarmi a maneggiare le
armi in caso fosse servito in futuro, direi che ci aveva preso in
pieno. Presi la prima pistola e le montai un silenziatore, poi la
provai sparando a due manichini lì vicino. Il suono spaccava,
e avevo appena sparato a due manichini, la mia rivincita dopo
anni di paura.
“Hai mai sparato?” chiese lei.
“Mio nonno mi ha insegnato da piccolo. Skill che avevo
dimenticato.”
Mi guardò, non riuscii a decriptare le sue intenzioni, poi
venne da me e mi baciò, senza motivo.
“Un nuovo modo per usare le Virtutes.” mi disse,
mentalmente.
“È così che sai anche il francese?” pensai.
Annuì, staccandosi e prendendomi dalle mani la mia calibro-
23, sparando due colpi.
“Bene, dobbiamo prendere il resto.”
Le porsi 2 borse e la aiutai a riempirle di munizioni,
poi appesi alla cintura quattro granate a scoppio vocale,
registrai la mia voce e quella di Zhalia. Mio nonno era
parecchio avanti con le tecnologie.
“Abbiamo tutto.” disse Zhalia, mettendosi a tracolla la sua
borsa.
“Non ancora” la fermai: “Hai bisogno di un'arma da
mischia.”
Le presi un coltello con la fodera e gliela strinsi sulla coscia.
“Non sappiamo che cosa ci aspetta, Zhalia. Dobbiamo essere
pronti a tutto.”
“Come solito amore, non cambia molto.”
Uscimmo dalla stanza e andammo al canestro, dove
trovammo la nonna, intenta ad aspettarci.
“Nonna!” esclamai, correndo ad abbracciarla.
“Figlio mio.”
332
La sua faccia era veramente distrutta, come se non dormisse
da qualche giorno.
“Dove sono Jace e Tommy?” ci chiese. Mi si chiuse lo
stomaco.
“Sono scomparsi per permetterci di distruggere il NEXUS.
Glielo aveva detto il nonno, dobbiamo loro la vita.”
“Se ci fosse tempo vi direi di raccontarmi tutto, ma non c’è.
Vi do la mia benedizione, dovete tornare a casa sani e salvi.”
“Grazie signora Lanza.” disse Zhalia.
“Un’ultima cosa Andrea, il NEXUS non sarà il vero problema
se non trovate un modo per distruggerlo, è magico, fondato
con la stessa essenza delle vostre Virtutes. Non ci riuscirete
con le bombe.”
“E come possiamo fare?” chiese Zhalia. Un’altra volta in cui
ci veniva detto tutto ma nulla.
“Usare le vostre abilità è la chiave di tutto, ora andate.”
Nonna si tolse la sua collana e la mise al collo di Zhalia.
“Spero ti porterà fortuna. Si trasmette nella nostra famiglia,
mio figlio non voleva che sua moglie lo avesse.”
“Grazie.” Zhalia era estasiata dal magnifico regalo che la
nonna le aveva fatto, quella collana valeva moltissimo, era uno
dei cimeli di famiglia dei Lanza, quasi nessuno poteva avere
l’onore di averne uno.
“State attenti, vi prego.”
La ragazza fece i due teletrasporti nel posto in cui
eravamo prima, cadendo per lo sforzo. Non era la sola, mi
sentii mancare anche io le forze.
“Aiuto…” singhiozzò.
Le buttai dell’acqua gelida addosso, aria per farla respirare. Mi
svenne tra le mani, iniziai a rianimarla.
“Ale…” disse, suono strozzato: “Sanno che possiamo essere
qui… hanno alzato le difese inibitorie.”
Tossì violentemente. Volai e la portai più distante, dove il
333
nostro fattore di guarigione iniziò a farla stare meglio. Dopo
un paio di minuti ci alzammo per ritornare al posto di prima,
questa volta a piedi. Ci nascondemmo vicino al solito albero.
Presi un sasso e lo buttai, nella direzione opposta in cui ero io.
Una guardia si girò per vedere dove proveniva il rumore e
sparò un colpo con il suo fucile. Era come se fosse stata una
pistola laser, incenerì l’albero che aveva urtato il sasso in
meno di un secondo.
“Cazzo!” esclamai. Quello poteva essere un vero problema.
“Ok, dobbiamo mettere fuori gioco le guardie” disse Zhalia:
“Nel fossato c’è acqua, puoi creare il diversivo.”
“Ho paura che sprechi troppe energie, l’inibitore è potente.”
“Hai ragione.”
Era la missione più ardua che avessi mai affrontato, in
game non avrei avuto problemi, ma mi resi conto che lì avrei
avuto il tasto Reset, nella vita reale no, come era giusto che
fosse.
“Butta una bomba nel fossato in cui ci sono le anguille, fa da
diversivo e poi spariamo alle guardie.”
Annuii e dalla cintura staccai la sicura della bomba,
lanciandola nell’acqua e pregando che anni di basket fossero
serviti a qualcosa. Ci fu un sonoro pluf e acqua ovunque,
Zhalia aveva detto bene, le anguille andarono addosso alle
guardie, che caddero per terra, uccise dalle scariche elettriche.
Le altre che erano state abbastanza lontane iniziarono a
sparare ai poveri pesciolini, poi una prese il cerca-persone.
Zhalia prese la sua calibro-13 e sparò alla guardia, con una
precisione assurda.
“Andiamo!” dissi, avvicinandomi.
Presi la pistola e cominciai a sparare alle guardie che vedevo
arrivare, tirando anche un’altra bomba dentro il fossato, le
anguille erano state le MVP ed era stato anche più facile del
previsto. Ma, come al solito, non era ancora arrivato il
334
momento per parlare.
Dal nulla apparvero altre guardie, che incominciarono
a spararci, ci nascondemmo dietro a degli alberi.
“Ale, facciamo indebolire loro l’inibitore, hanno armi più
potenti delle nostre.” sentii la sua voce nella mia testa.
“Va bene.”
“Mi tengo pronta al teletrasporto. Andiamo!”
Uscimmo dal nostro nascondiglio e corremmo verso il centro,
dove ad aspettarci c’era un’altra colonna, altissima. In cima
c’era uno strano aggeggio, con una sostanza che sembrava
plasma viola in continua trasformazione, sarà stata alta 10
metri. La cosa strana fu che non l’avevamo notata prima, era
abbastanza grossa da proteggermi dai colpi, ma sembrava
indistruttibile. Avevo l’impressione che dovessimo operare sul
plasma viola.
Mentre le guardie sparavano, presi l’ultima granata che
avevo e la scagliai in acqua ancora, poi deviai le anguille con le
Virtutes che mi erano rimaste in corpo. Continuarono ad
arrivare cattivi, che ben presto riuscirono ad accerchiarmi, ero
da solo con una pistola. Una fece per premere il grilletto, ma
si fermò, circondata da un’aura viola, tempismo perfetto
amore. La guardia incominciò a camminare verso di me e la
vidi cambiare forma, diventare un mio sosia. Tutti iniziarono
a spararsi fra di loro, e io mi sentii preso da una forza
misteriosa e trasportato in alto, sopra la colonna.
Dall’alto vidi Zhalia, svenuta per il troppo sforzo,
dovevo fare qualcosa al più presto. Era difficile stare vicino a
quel coso, lentamente mi prosciugava energie, la mente
doveva essere completamente libera da qualsiasi pensiero
negativo. Il plasma viola era messo molto male, continuava a
distruggersi e a crearsi in un processo infinito che aveva un
ciclo di 30 secondi. Riflettei un attimo, come facevano nei
film a risolvere tutto e a farlo sembrare così reale? Non ne
335
avevo la più pallida idea.
Se quel plasma viola era fatto della stessa esistenza delle
Virtutes, dovevo sostituirlo con qualcosa che avrebbe
mandato in cortocircuito tutto il sistema, ma che cosa
mettere. Forse era veramente finita, Jace e Tommy avevano
fato la loro vita inutilmente, finiti chissà dove e in chissà quale
epoca storica.
Con la coda dell’occhio guardai Zhalia, ancora svenuta
nel suo angolino, piano piano incominciarono ad arrivare
nuove guardie, ebbi l’impulso di scappare come un codardo,
avrei evitato i miei problemi. Stavo sudando dall’agitazione,
mi sentivo mancare il respiro e le forza, mancava poco al mio
sfinimento, dovevo trovare la soluzione.
Guardai meglio la colonna, sembrava che l’avessi vista
da qualche altra parte, anche se non sapevo dove, il blu e il
viola mi ricordavano qualcosa. Caddi per terra, la mia tasca
dei pantaloni era diventata improvvisamente più pesante, aprii
e trovai il cubo viola della Dimensione Boh, quello che
avevamo usato per tornare, era pieno di carica magnetica.
Non mi feci domande e provai a prenderlo, era troppo
pesante per essere sollevato, per cui evocai l’aria e con un
colpo secco lo sostituii al plasma viola. Inutile dire che ci fu
una esplosione che rase al suolo tutte le guardie e ci mise
dentro un campo di forza ancora più potente, dove però
potevamo usare le Virtutes. Volai da Zhalia, che dava i primi
segni di vita.
“Amore.” la chiamai.
“Ale…” tossì.
“Mi hai salvato.” le dissi.
“Anche tu.”
Annuii e la abbracciai, mentre entrambi recuperavamo forze e
Virtutes. Bellissima la sensazione di onnipotenza che avevo
riacquistato.
336
“Dobbiamo tornare al NEXUS.” disse.
Mi tolse le parole di bocca, camminammo fino
all’enorme pietra rosso sangue, era enorme, non rendeva
l’idea.

337
SCCS TORNA ALL’ATTACCO.

Da quello che avevo capito, il NEXUS era cruciale per far


passare i cattivi tra le dimensioni, senza di quello la FYCE
non aveva modo di entrare nel mondo reale, si limitava nel
suo mondo. Era un enorme sospiro di sollievo per noi, ma
purtroppo non avevamo troppo tempo per festeggiare. Le
Virtutes ce le avevamo ancora e non era stato ancora
distrutto.
“Ma che bravo, vedo che continui a fare sempre gli stessi
errori.” disse una voce dietro di me, evocai il
fuoco e lo buttai nella direzione in cui l’avevo sentita. Con
mio grande orrore vidi che era ancora lui, il
Supercapocattivosupremo, SCCS.
“Cessa il fuoco fiammifero, per ora non ho intenzione di
combattere.”
Evocai la terra e lo bloccai fino alla vita, non ci potevo
credere, era sempre l’assassino.
“Che cosa vuoi.” ringhiò Zhalia.
“Mostrarvi ancora una volta la verità.”
SCCS si morse il labbro, sorridendo. Dalla sua statura
imponente passò ad essere sempre più irriconoscibile, fino ad
assumere le sembianze di un adolescente.
338
“Avanti Lali, riconoscimi.”
“Aurelio.” dissi, a denti stretti. Era un nostro compagno di
classe genio, era quello più “simpatico” della compagnia di
Giacomo, avevo parlato molte volte con lui.
“Bello diventare persone che non c’entrano nulla.” disse
Zhalia, sulla difensiva.
“Tra le mie tante Virtutes c’è quella di cambiare forma, ma
questo è il mio vero volto. La mia erre moscia penso si senta
dal francese.” sorrise lui, agitando una mano. La mia gabbia di
terra scomparse, era libero.
“Siete codardi” dissi: “Codardi che l’unica cosa che sanno fare
è prendere ragazzi e possederli.”
“Se ti riferisci al povero Lorenzo, mi dispiace, è un gran bravo
ragazzo ma è troppo stupido per capire la necessità della
nostra causa.”
“Stai zitto!” urlò Zhalia, buttando in aria Aurelio e lasciandolo
fluttuare.
“Ma smettila, fai pena.” si sciolse dalla sua presa e ci
immobilizzò a terra.
“Sono io che vi ho fatto venire le Virtutes, mi appartenete di
diritto.”
Aurelio alzò una mano e Zhalia si rianimò
immediatamente, assumendo una posa rigida e andando da
lui, aveva gli occhi rossi. Significava solo una cosa, guai in
vista, ma molto grossi.
“Andrea, sono stato io a mandarti il Dolomun, così anche a
Tommaso e a Jacopo. L’unica che deve raggiungere la sua
Forma Ultima è lei” indicò Zhalia: “Sai, c’è una doppia
funzione, farvi fare cose che da soli non vorreste mai fare. Mi
servi Andrea, unitevi a noi e renderemo il mondo un posto
migliore.”
“No!”
Cercai di urlare ma la mia voce era bloccata, assieme a tutto il
339
mio corpo. Dovevano smetterla di immobilizzarci ogni volta.
Non avevo parole, Aurelio non solo mi aveva ingannato
fingendosi mio nonno, era sempre tra noi, a controllare ogni
nostra mossa. Anche se era il cattivo, era da rispettare, aveva
ideato un piano impressionante.
“Sento i tuoi pensieri Lanza, la tua amica è stata così gentile
da mettere in comune le sue Virtutes.”
“Lascia andare Zhalia.” pensai, tranquillo. Non aveva alcun
potere su di me, a parte immobilizzarmi, dovevo soltanto
aspettare il momento giusto per attaccare.
“Caro mio, è questa la sua volontà. Lei ha sempre voluto
scoprire la verità. Non costringermi a fare le cose che ho fatto
nel castello.”
Avevo la prova delle sofferenze atroci di Zhalia, e mi
chiedeva di unirmi a lui.
“O mi ridai la mia ragazza, o ti ammazzo con le mie stesse
mani.”
Rise, buttandomi Zhalia addosso, sempre con occhi rossi e
sguardo vacuo: “Tieni, ma non credo che ti ascolterà.”
Mi sentii di nuovo padrone di me e la presi, stringendola in un
abbraccio.
“Lali, amore mio.” la chiamai, non disse nulla.
“Che cosa le hai fatto!” dissi, evocando un flusso d’aria e
spedendolo addosso ad un albero.
“Quello che avrei dovuto fare prima” rise: “Unisciti a noi e
tutto questo sparirà, tutto sarà come prima, ma migliore.”
Evocai il fioco e gli incenerii la faccia, con il risultato che lo
trovai seduto sopra una roccia.
“Bel tentativo Andrea, sono sorpreso. Non sei molto diverso
nella vita di tutti i giorni, so il tuo punto debole però.”
Aurelio si girò verso Zhalia e mormorò una frase in
latino che non capii del tutto. Poi si rivolse direttamente alla
mia ragazza, con mio grande orrore: “Puoi far stare meglio il
340
nostro amico?”
“Tienila fuori.” ringhiai, mi trovai uno schiaffo in faccia senza
che lei si fosse mossa di un centimetro.
“Lali!” la pregai, lei mi allontanò con la telecinesi, andando
verso il cattivo. Aveva il suo Dolomun, l’unica cosa che c’era
da fare era resistere e farle prendere una bella botta in testa.
“Finiscilo, non si vuole unire a noi.”
Zhalia annuì e alzò una mano al cielo, venendo circondata da
una strana aura viola, potevo percepire le sue Virtutes,
potentissime e letali. In quel momento feci la cosa più stupida
che potessi pensare, oltre a ballare la baciata, scappai. Evocai
l’aria e come diversivo feci venire quasi una tempesta, acqua e
aria ovunque, solo che c’era ancora la luce del sole. Sentii
ridere Aurelio, ero ancora una marionetta nelle sue mani, per
questo dovevo fare qualcosa che non si sarebbe mai aspettato.
“Ehi Lali, da questa parte.” la chiamai. Un Custor contro un
altro, la FYCE non ci avrebbe più divisi.
Mi sentii bloccato e trascinato da una forza invisibile,
provai a dimenarmi in tutti i modi. Lei mi portò dal cattivo,
mi sentii prendere la pancia e lo stomaco e portarle in alto,
dandomi l’impulso di vomitare, mi voleva far morire da
dentro. Peccato per lei che, durante il nostro pernottamento
nella Dimensione Boh, avevo affinato un paio di trucchi.
Aveva pensato di bloccare il mio corpo, non la mia mente,
forse non era completamente andata. Immaginai che lei
avesse dell’acqua nelle orecchie, molto in profondità, lasciò
immediatamente la presa, facendomi respirare.
Era qualcosa che avevo troppa paura di fare in condizioni
normali, perché, nel caso avessi sbagliato, sarebbe morta
all’istante. Quanto avrei dato per avere il blocco dei poteri di
Jace.
Passai al contrattacco, la scagliai addosso ad un albero, aveva
gli occhi più rossi di prima e una espressione indemoniata.
341
“Lanza!”
La sua voce mi fece sussultare, ne approfittò per buttarmi in
aria con un colpo di telecinesi. La presi, volando ad una
velocità assurda, e la buttai nel fossato vicino, dove le anguille
erano tutte morte. Sfruttai i miei poteri di controllo dell’acqua
per respirare e farla affogare abbastanza per stordirla. Mi
avvicinò una mano alla fronte e mi sentii gelare, evocai una
violenta folata d’aria sott’acqua che la finì del tutto. Quel
Dolomun era abbastanza facile da gestire.
Una forza misteriosa ci prese entrambi e ci fece riemergere,
portando Zhalia in cielo e riempiendola di viola attorno a sé,
la vidi poi cadere per terra. Non andai nemmeno ad aiutarla,
era il suo Dolomun, dovevo lasciarla da sola.
“Ale…” sentii la sua voce strozzata nella mia testa, poi un
urlo che mi spaccò i timpani. Aveva delle ali attaccate alla
schiena, vestita con una tunica azzurra.
“Mia cara, benvenuta nella tua Forma Ultima.” disse il mio
nemico.
“Quindi è così che ci si sente.” sussurrò lei. Si girò verso di
me, gli occhi normali, cosa che mi riempì di conforto il cuore.
“Torna in te!” le dissi, evocando la mia Forma Ultima. Lei mi
tirò delle sfere di telecinesi, ma gliele rimandai indietro con il
fuoco, facendola cadere per terra e gridare.
“Alzati!” urlò Aurelio, non obbedì; pregai di non averle fatto
troppo male.
Il cattivo gridò e lei si alzò in volo, le sue ali incominciarono a
cambiare colore, causandole molto dolore. La vedevo
contrarsi e stare in pose innaturali.
“Quanto devi soffrire per fare quello che voglio io? È
qualcosa di veramente troppo difficile per la tua stupida
mente?”
Volai dal cattivo e gli rifilai un pugno infuocato sul
viso, lo feci arretrare dalla sua posizione.
342
“Risolviamo questa cosa una volta per tutte.” disse Zhalia,
venendo verso di me. Mi prese e mi buttò nel torrente, come
se fossi stato un vecchio calzino. Non aveva gli occhi rossi,
ma mi continuava ad attaccare.
“Zhalia, basta!” urlai, uscito dall’acqua. La mia voce
rimbombò in tutta la valle, facendo cambiare espressione alla
mia ragazza.
“Chi sei tu per dirmi basta!”
Con la telecinesi mi portò in alto nel cielo. Mi sentii
mancare le Virtutes, Lali aveva paura delle altezze, era
sicuramente ancora sotto il controllo di Aurelio.
“Hai delle ultime volontà, prima di morire?” mi disse. Avevo
l’impressione che facesse sul serio.
“È l’assassino di mio nonno! Ha ucciso Cassie.” urlai, per poi
cadere nel vuoto più totale, causato dalla presa mollata della
ragazza. Volai in alto da lei, prendendole la mano.
“Andrea…” disse lei, guardandomi. Cacciò un urlo e ci
trovammo per terra, sotto gli occhi stupiti di Aurelio.
“Patetici.” disse lui, ma Zhalia lo placcò, senza usare le
Virtutes. Lo raggiunsi e iniziai a picchiarlo, fino a creare una
enorme voragine nel terreno.
“Ben fatto amore.” mi disse, andando davanti al tipo, era
molto indebolito.
“Non avete idea…”
Tirai un ulteriore schiaffo, facendogli sanguinare la
faccia. Era spaventato, non lo avevo mai visto così, ma la sua
espressione cambiò totalmente quando vide Zhalia, che aveva
una strana luce tra le mani. Sempre lo stesso cubo viola.
“Dove lo avete preso?” chiese Aurelio, arretrando.
“Ce l’avete data voi la possibilità di avercelo.” disse la mia
ragazza, passandoselo tra le mani. Il cubo brillò e vidi un’aura
gialla attorno al cattivo, le sue Virtutes, per poi venire
assorbita dal viola.
343
“Finiscilo Andrea. Sono stufa che sia vivo.”
“Sarò la vostra rovina.”
Prima che potesse aggiungere altro, urlai e lo feci
sprofondare nel terreno, ad una velocità impressionante.
Forse questa volta era morto del tutto, in un paio di minuti
avrebbe raggiunto il centro della Terra, e il punto di non
ritorno.
Zhalia venne da me e mi abbracciò, mi scendeva una
goccia di sangue dal naso, che andò tra i suoi capelli. Il suo
Dolomun non era stato completo, aveva anche lei le ali, ma di
colore diverso.
“Adesso sono un pennuto anche io, è un sogno che si
avvera.”
“Non ti porterò più a volare?” feci una faccia triste.
“Scemotto, adesso potremo andare tutte le volte che
vogliamo.”
“Ti amo, Lali.” dissi, baciandola.
Avevamo sconfitto Aurelio e salvato la Terra, anche se per
poco, con la distruzione del nexus tutto era più semplice.
Andammo lì e unimmo le nostre menti, formando un laser
abbastanza tagliente da spaccare in due la pietra e far
piombare un fascio di luce dal cielo. Mi sentii
improvvisamente più forte, più grande e muscoloso, mi
guardai ed effettivamente era vero. Eravamo grossi come i
nostri sosia, eravamo loro.
“Piccola, hai cambiato vestiti.” le dissi. Era vestita come una
dea greca, tunica azzurra e coroncina d’oro in testa.
“Era la mia felpa preferita!” pianse lei. La zittii con un
buffetto sulla guancia. Avevamo veramente distrutto il
NEXUS, eppure sentivo che mancava qualcosa. Mi voltai per
festeggiare con i miei amici, ma non li trovai, me ne ero
dimenticato.
“Dobbiamo andare da tua nonna.”
344
“Va bene. Andiamo.”
Mi prese per mano e ci teletrasportò in Forma Ultima
dalla nonna, la trovammo in salotto. Il portale era disabilitato,
però il teletrasporto di Zhalia era efficiente, soprattutto in
quel momento, la FYCE non aveva modo – se non con lei –
di fare passaggio di dimensioni.
“Andrea, sei vivo!” mi abbracciò, facendomi cadere tutta la
tensione che avevo accumulato negli ultimi giorni.
“Si nonna, ce l’abbiamo fatta.”
“Tuo nonno sarebbe così fiero di te, non hai idea quanto.”
Nonna mi abbracciò, poi abbracciò Zhalia, aveva le lacrime al
viso.
“Vi faccio una camomilla, venite in cucina. Magari senza ali da
angelo.”
Si allontanò da noi, mi buttai esausto sul divano,
decidendo di tornare normale. Poi vidi che Zhalia aveva
qualche difficoltà a reggere lo sforzo.
“Non riesco a toglierle.” mi disse. Sorrisi complice e andai da
mia nonna, per dire che avremmo tardato un attimo per
motivi tecnici.
“Divertitevi.” rise. Mi sa che aveva già capito tutto.
Ritornai dalla mia bella, la presi per mano e ci trovammo
sopra il mio letto. La malinconia salì ad entrambi, Tommy,
sempre ordinato e impeccabile, aveva rovesciato la sua intera
valigia sul suo letto.
“Spero stiano bene.” disse Zhalia.
“Lo spero anche io.”
Dopo quelle parole si addormentò vicino a me,
mentre le ali piano piano scomparirono. Avevamo rallentato
la FYCE, fermata per ora dal suo piano di distruzione totale, e
guardai il soffitto. Dopo mesi di battaglie avevamo appena
visto la luce in fondo al tunnel.

345
RITORNIAMO A CASA DIMEZZATI.

Quello era solo un assaggio della nostra vita, una lotta


continua.
Ritornammo a Padova con ordini dall’alto di farci
sentire e andare a prendere un caffè almeno una volta ogni
due settimane. Nel frattempo Zhalia aveva posto alla nonna
una strana domanda, che mi ero fatto anche io un paio di
volte. Aveva chiesto il perché non aveva avuto un Dolomun
dove era completamente fuori controllo. La risposta ci venne
data nel Kytis, donandole la mia essenza l’avevo salvata dal
controllo di Aurelio, era una cosa che non aveva fatto il mio
predecessore e che quindi non se lo aspettava.
Mia nonna mi disse anche che ero riuscito nella
346
missione del mio sosia, cioè salvare la Terra, mi sembrava
tutto molto catastrofico, ma fui estremamente compiaciuto.
In quel momento eravamo nel Covo, nella Sala Prove, stesi
sul divano. I nostri genitori sapevano che eravamo tornati, ma
non riuscivamo a parlare con i genitori di Jace, come avremo
detto che loro figlio era scomparso? Dovevamo trovare un
modo indolore e che non significasse troppo per noi. I nostri
due amici ci avevano lasciato con una missione che dovevamo
terminare, anche se non sapevamo la meta e quando l’avremo
finita.
Non risposi al cellulare, mia madre mi stava
chiamando, probabilmente per chiedere come avevamo fatto
a tornare senza usare il jet. A tempo debito le avrei detto la
verità, anche se, in cuor suo, la sapeva già. In noi regnava una
tristezza massacrante, Jace e Tommy erano stati costretti a
separarsi da noi, i bei momenti della band erano finiti. Presi la
chitarra e iniziai a suonare un piccolo motivetto, senza
rendermene conto era – Ohne Dich – dei Rammstein, Zhalia
la riconobbe e mi seguì, avevamo perso i nostri amici.
Però dovevamo avere fiducia in loro, sarebbero tornati da noi,
lo speravo con tutto il cuore. Finimmo la canzone. Vidi
Zhalia scrutare la porta del Campo Marzio, la sua espressione
era completamente persa nel nulla, così anche la mia.
“Quante ancora ne dovremo passare prima che sia tutto
finito?”
“Amore, ho paura che sia solo l’inizio.” le dissi, mettendole
una mano sulla spalla. Eravamo più soli di prima contro
un’organizzazione criminale che ci voleva controllare e
rendere dei burattini, eravamo senza via di fuga.
Mio nonno aveva detto che non eravamo gli unici con
le Virtutes, dovevamo trovare gli altri e spiegare loro la causa
dei loro problemi, e salvarli dai giochetti mentali della FYCE.
Avevo detto bene, era solo l’inizio.
347
RINGRAZIAMENTI

Non avrei mai pensato di dirlo, ma eccomi qui, a scrivere


questa ulteriore parte del libro.
I Custodes sono partiti per caso, dopo un sogno fatto
da bambina dove io e miei amichetti eravamo dei supereroi
che salvavano il mondo da scheletri cattivi. Partire da quello e
poi svilupparci un libro sopra non è stato facile, ho iniziato a
scriverlo a 15 anni e di strada posso dire che ne ho fatta, dalla
prima idea alla stesura finale. I miei personaggi sono stati i
miei amici per molto tempo e mi hanno accompagnato lungo
tutto il mio percorso delle superiori. Il mondo nella mia testa
era troppo bello per tenerlo solo per me, sono felice che
348
finalmente abbiano preso vita.
Alcune persone sono ispirate a una o più figure reali,
sembrava quasi un gioco pensare che cosa avrebbero fatto in
un momento come un attacco oppure una versione di latino.
Un gioco estremamente rilassante e divertente, scrivere con la
stilografica paesaggi e litigi adolescenziali mi ha fatto vedere il
mondo da un’altra prospettiva, quella di una scrittrice, dove la
realtà improvvisamente non faceva più paura.
Grazie alla mia famiglia per avermi fatto stare nella
mia cameretta davanti al pc, ancora non sanno se sto
giocando ai videogames oppure sto pensando ad un nuovo
libro, senza dimenticare lo studio, ovviamente.
A mia mamma Katia, la mia prima lettrice, che ha
sofferto e continua a soffrire le mie crisi adolescenziali,
offrendomi una spalla salda su cui piangere e sfogare tutte le
mie incertezze e paure. Vorrei solo essere più aperta con te,
con il tempo migliorerò, te lo prometto.
A mio papà Paolo, il mio modello preferito. Non
potrò mai dimenticare i momenti in cui mi raccontavi le storie
per farmi camminare in montagna, mi piace pensare che siano
state quelle a farmi appassionare all’ascolto. So che posso
sempre contare su di te, sia per problemi di matematica che
per opinioni personali, e di questo te ne sono molto grata.
Ad Alberto, il mio fratellino (piccolo per modo di
dire). Mi ha pregato di metterlo nel libro, con qualche Virtus
speciale, ma non è ancora il momento di farlo uscire alla
scoperta. Però l’ho citato, oltre ogni previsione iniziale, e ne
sono molto felice. Mi dice sempre che questo libro è l’unico
libro che leggerà di sua spontanea volontà.
A Kyra, la mia cucciola. Tu mi hai insegnato che
l’amore di un cane è dolce e profondo, voglio trasmettere
questa cosa anche ai miei personaggi, applicato agli umani. Sei
in questo libro come Jean, ma in fondo sei tu, che scodinzoli e
349
abbai ai piccioni per proteggerci, o cerchi le lucertole
ininterrottamente.
Ho dedicato il libro ad una persona che reputo la mia
maestra di vita, mio nonno Luigi, uomo con la U maiuscola. È
colui che ha ispirato la figura di Edoardo, il nonno di Andrea,
e sono orgogliosa di poterne parlare con il sorriso sulle labbra.
La vita ha fatto in modo che le nostre strade si separassero
troppo presto, ma ogni momento che ho passato con lui lo
porto e lo custodisco nel cuore, ricordando anche che è stato
lui a farmi appassionare alla mitologia greca e latina,
regalandomi il mio primo manuale. È stato lui che mi ha detto
i primi detti latini, AD MAIORA, nonno, ti voglio bene.
A mia nonna Maria, la nonna del libro. A casa mia c’è
una regola, se la nonna dice di no, è perché la sua esperienza
insegna che è meglio lasciar perdere. La nonna è l’essere
supremo, colei che tiene la famiglia unita, la cuoca perfetta. La
ricetta del suo tiramisù è divina, come lei.
A mio zio Alessandro, vorrei avere un briciolo della
sua gentilezza e bontà, voglio aspirare a essere come lui. Lui
che, per avere un mio bacino, mi diceva che volevo più bene
al suo gemello cattivo Vergingetorige, e mi faceva scoppiare
in lacrime perché ho sempre voluto più bene allo zio Dendi.
Mi hai fatto avvicinare al tennis e fatto avere le mie esperienze
lavorative come giudice, sono grata che ti possa considerare
come il mio migliore amico.
A mia zia Mariangela, con cui vado a fare shopping
selvaggio e scappo nei negozi dimenticandomi l’ora. Lei che
mi ha fatto ascoltare la canzone “assassino”, crescendo poi ho
scoperto che si chiamava “It’s a sin”. So che possiamo stare
assieme quando voglio.
A mia nonna Vania, che anche se ci vediamo poco, so
che posso contare sul suo appoggio e alla sua sapienza, le sue
sfogliatine sono squisite.
350
A Miky, che considero a tutti gli effetti mia zia. Mi hai
insegnato ad essere una Donna, ad affrontare tutti i problemi
a testa alta e ad uscirne vincitrice, anche se siamo lontane hai
un posto speciale nel mio cuore, tutto decorato con manga e
fumetti della Marvel.

Adesso passo all’altra parte della mia famiglia, i miei


amici. Per natura non sono una ragazza molto socievole, però
alle persone che si meritano la mia fiducia do il mondo.
A Lore, il mio Lorenzo. Ogni volta che ho una cosa
nuova per la mente, tu la sai. Molti personaggi sono reali e
sono fiera di affermare che tu sei uno di essi. Un amico
genuino come te non l’ho mai avuto, nessuno sa che momenti
abbiamo passato assieme e che cosa insieme abbiamo
affrontato. Grazie per esserci stato ed esserci sempre.
A Sofia, la mia guardia del corpo, prima era il
contrario. Hai letto i miei primi scritti, guarda dove sono
arrivata.
Ad Alessia, che regalandomi il mio quadernino ha
fatto sì che i Custodes diventassero realtà.
A Mary, la mia prima vera amica. Le nostre strade si
sono separate dopo solo un anno, ma da te ho imparato
l’essere sempre sorridente e positiva, anche se qualche volta
me ne dimentico. Voglio vederti presto.
A Dade, che mi ha fatto compagnia e fatto intasare il
feed di Instagram di modelle bellissime e con taglie molto
abbondanti.
A Carpe, Ryuma e Edo, i miei fra di lol. Le risate che
ci facciamo assieme sono le più belle di tutte, vi voglio nella
mia vita fino a che non saremo vecchi decrepiti a far giocare i
nostri bisnipoti ai videogiochi.
Ad Ale, Monald e Freko, che mi seguono nei viaggi
pazzi in giro per l’Europa.
351
A Claudio, il mio maestro di tennis, e a Mariella, la
mia prima allenatrice. Mi avete trasmesso la passione e i sani
principi dello sport, AO e Paperella rosa, tre parole che
porterà sempre nel cuore.
A Nadia e Giuseppe, mi mancate molto.
Ad Angelica e Benedetta, mie professoresse.
Ad Andrea, Professore di matematica. Grazie per
avermi dato carne quando ce ne era bisogno, e avermi fatto
capire la vera importanza del lavorare sodo. che odia essere
chiamata professoressa fuori da scuola.
Spero di non aver dimenticato nessuno, mi dispiace
nel caso lo avessi fatto, e di non avervi annoiato con questa
lista interminabile.

352
INDICE:

PREMESSA ................................................................................... 1

DIVENTO UN PORTENTO IN LATINO. ..................................... 1

ORGANIZZIAMO UN CONCERTO A SCUOLA. ........................ 11

DO FUOCO AD UN BRACCIO GHIACCIATO. ........................... 18

JACE DIVENTA ELSA NEI PANNI DI FLASH. ........................... 30

FINGO DI ESSERE UN PERSONAGGIO DI UN GIOCO............ 41

ZHALIA VIENE CONTROLLATA DA UNA MONETA. .............. 55

RAGAZZI, IL FRISBEE È UNO SPORT! ...................................... 61

SIAMO I PROTAGONISTI DI UNA TRAGEDIA LATINA. .......... 69

MIA MADRE MI SALVA L’ESISTENZA. ...................................... 79

MI PERDO IN UNA CASETTA NEL BOSCO. .............................. 93

NON VOGLIO AVERE LE VIRTUTES. ..................................... 102

C’È UN NUOVO E ULTERIORE PROBLEMA. .......................... 112

QUEL PROBLEMA DIVENTA UNO DI NOI. ........................... 126


353
SIAMO GLI UNICI VIVI IN UNA SCHIERA DI MORTI. ............ 136

QUELLA DANNATISSIMA GITA IN MONTAGNA. .................. 149

… NON È ANCORA FINITA, PURTROPPO. ............................. 162

VENGO RISUCCHIATO IN UNA ILLUSIONE. ......................... 177

UNA CHIAVETTA POSSIEDE UNO DI NOI. ............................ 184

DOBBIAMO CHIEDERE IL PERMESSO AI GENITORI. ........... 194

SIAMO AD UN BALLO IN STILE AMERICANO........................ 202

NON È CAMBIATO NULLA, SE NON IL FUOCO. .................... 211

DOVREI PRENDERMI UNA CAMOMILLA OGNI TANTO. ...... 220

DIVENTIAMO DEI RAGAZZI COME GLI ALTRI… CIRCA. .... 226

FESTEGGIAMO UN NATALE DIVERSO DAGLI ALTRI. ......... 234

MAI FIDARSI DEI RECTI, ADI AVEVA RAGIONE. .................. 242

PER ASPERA AD ASTRA, AD ASPERA. ..................................... 251

FINIAMO IN UNA PRIGIONE FRANCESE. .............................. 262

ME LA MERITO, LA PRIGIONE. ............................................... 271

DUE NONNI COMBATTONO TRA DI LORO. .......................... 281

SIAMO OBBLIGATI A STARE BUONI. ...................................... 288

ENTRIAMO IN UN MONDO DIVERSO. ................................... 295

CI CREIAMO UNA VITA ALTERNATIVA. ................................ 301

VEDO MIO NONNO PER L’ULTIMA VOLTA. .......................... 312

CI COMBATTIAMO SENZA DOLOMUN. ................................. 319

354
MI CHIAMO LANZA, ANDREA LANZA. .................................. 328

SCCS TORNA ALL’ATTACCO. .................................................. 338

RITORNIAMO A CASA DIMEZZATI. ....................................... 346

RINGRAZIAMENTI .................................................................. 348

355

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