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ELENA MONTIN
Copyright © 2023 Elena Montin
ISBN: 979-88-58-23974-1
ii
A Luigi, mio Nonno.
So che dall’alto mi tieni la penna
e mi aiuti a scrivere le parti più difficili.
Ti voglio bene.
PREMESSA
1
DIVENTO UN PORTENTO IN
LATINO.
10
ORGANIZZIAMO UN CONCERTO A
SCUOLA.
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DO FUOCO AD UN BRACCIO
GHIACCIATO.
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“Ti conviene rimetterti in sella, saremo più veloci.”
La ignorai e iniziai a pedalare, cercando di metterci
meno tempo possibile. Non mi girai mai per vedere se fosse
ancora dietro di me, solo quando arrivammo, Tommy e Jace
erano già arrivati.
“Ciao” salutò Jace: “Puoi lasciare la bici dentro all’ingresso
accanto alle nostre.”
Entrai per primo e iniziai ad accendere le casse, la ragazza di
cui continuavo a non ricordare il nome era estasiata dalla
grandezza del Covo, si continuava a girare per cogliere ogni
singolo dettaglio.
“Benvenuta. Se ti dimostrerai degna sarà la tua seconda casa.”
feci il buon ospite, dato che il locale era intestato a me.
“Come fate ad avere questo locale?” mi chiese.
“Era dei miei genitori, ce lo hanno prestato per le prove. È
studiato per trattenere bene i rumori al suo interno, non ne
lascia passare fuori.”
Se c’era una cosa che mi piaceva fare, era flexare i miei averi,
ma solo quelli di cui andavo orgoglioso, una piccola eredità di
mio padre.
Jace si mise dietro tutti, in fondo alla stanza, l’unico
posto disponibile era alla mia destra dal Pallone Gonfiato.
Zara prese la sua chitarra dalla custodia e se la mise a tracolla,
prendendo posto.
“Noi suoniamo Metallica, Queen, Scorpions, più altri pezzi
metal e hard rock. Tu che suoni di solito?” disse Jace,
sorridendo a caso.
La ragazza si guardò intorno, per l’ennesima volta, ero sicuro
che volesse trovare una via di fuga: “Mi adatto a voi, non c’è
nessun problema.”
La sua felpa diceva il contrario ma lasciai passare. Le chiesi
quali brani sapesse eseguire, sperai che dicesse qualcuno che
non sapessimo fare, di imparare di nuovi, ma era lei che si
doveva adattare a noi, come aveva detto.
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“In questo momento so album interi come Master of
Puppets, Black Album e Ride the Lightning.”
“Abbiamo una scaletta ben precisa, iniziamo con Fade to
Black.”
Andai a prendere una cartella dallo scaffale e gliela porsi:
“Dovrai saper suonare meglio di Giacomo.”
“Cercherò di non deludervi allora.”
Il suo sguardo era perso nel nulla. Osservava un muro
ben specifico, dove c’era una porta di cui non avevo la chiave.
“One, Two, Three, Four!” urlò Jace, battendo a tempo le
bacchette della batteria.
Zhalia incominciò l’intro, seguita dopo da noi. Non era fuori
tempo, aveva un buon orecchio, e non fece errori.
Appena incominciai a cantare, sentii delle strane
vibrazioni venire dal mio microfono e cercai di modularlo in
itinere, ma purtroppo le mie doti da meccanico non erano
eccellenti. Feci saltare la luce. Accesi la torcia del cellulare e
controllai subito le casse, per vedere se si erano fulminate o
no, Tommy andò alla centralina.
“Un’altra volta? Ancora!” imprecò lui.
“Ammetto che non è una delle migliori presentazioni della
band, mi dispiace Zhalia.” disse Jace.
“Non vi preoccupate. Vado ad aiutare Tommy con la
centralina.”
Ci lasciò e raggiunse Tommy, andato all’ingresso. Jace venne
da me, facendomi l’occhiolino.
“Mica male, eh?”
“Ha provato solo un brano, non tutti. Non abbiamo altri
sostituti.”
“Tanto sai qual è l’alternativa, o Giacomo o impari a suonare
due chitarre contemporaneamente.”
“Ci metterei secoli.”
Quando Tommy e Zhalia ci raggiunsero, tornò
l’elettricità nelle casse e ci rimettemmo ai nostri posti.
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Stavamo per ricominciare la canzone, ma lei ci interruppe
scendendo dalla sedia e andando verso una parete.
“Cosa c’è?” le chiesi, stizzito.
“Dove porta quella porta?” la indicò.
“La vedi?” chiese Jace, stupito. Giacomo non la vedeva, o
forse faceva finta.
Lei annuì e si avvicinò, toccandola. Apparve una
maniglia, che prima non c’era, dal nulla. Cercò di tirarla in
basso per aprire, sopra di essa c’era un occhio viola, molto
stilizzato. Zhalia si girò verso di me, l’espressione terrorizzata:
“Se è uno scherzo, vi è riuscito benissimo.”
Mi avvicinai e toccai anche io la maniglia, questa volta venne
un fuoco blu.
“Qualcuno mi spiega che cavolo sta succedendo?” disse
Zhalia in preda al panico. Per una volta ero d’accordo con lei,
volevo saperlo anche io, non poteva essere qualcosa dei miei,
non avevano il minimo senso dell’umorismo.
“Non riuscite ad aprire?” chiese Jace.
“Prova tu.” risposi e toccò la maniglia. Ritrasse subito la
mano, per vedere il simbolo che gli era apparso, un fiocco di
neve.
“Sembra essere incollata, avete ragione.”
Tommy prese il piede di porco e provò a forzare la
porta, con il risultato opposto a quello desiderato, si fece solo
del male, ma anche a lui apparve un simbolo, un sole nero. A
quel punto i 4 disegnini si unirono, formando un unico
grande robo, che iniziò a brillare di luce propria. Ci
scambiammo un’occhiata nervosa e ritornai a fissare
quell’enorme marchio. Il sole faceva sciogliere il ghiaccio,
assieme al fuoco, poi c’era l’occhio.
La porta si aprì, lasciando spazio ad un lungo
corridoio, che iniziammo ad esplorare. Mi feci torcia con
l’Phone e feci cenno agli altri di seguirmi. C’era un silenzio
tale che potevo sentire i respiri dei miei amici senza nemmeno
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sforzarmi. Arrivammo ad una stanza enorme, molto più
grande del nostro locale. Qualunque cosa fosse, era
completamente sicuro che non era una loro invenzione.
La prima cosa che vidi fu un maxischermo, con un
computer su una scrivania. Jace si avvicinò e lo accese,
digitando comandi da gamer sulla tastiera.
Lo schermo sopra di noi era nero, con una scritta in bianco:
“SALVETE CUSTODES.”
Urlai, preso dal panico; al diavolo la gestione dell’ansia. Ci
stavano capitando decisamente troppe cose in un giorno, non
capivo più niente.
“Sembra qualcosa troppo architettato da mio padre, vuole
farmi cambiare idea.”
Zhalia mi guardò confusa, la ignorai. La schermata
cambiò.
DOVETE ACCETTARE IL VOSTRO DESTINO.
“È una Siri troppo cresciuta, è tutto uno scherzo.” dissi, per
convincermi.
SONO FELICE DI POTERVI INCONTRARE.
“I computer possono provare emozioni?” disse Jace,
sarcastico.
“Bene, sto diventando pazza.” commentò Zhalia, cercando di
mascherare l’agitazione. Avrei giurato di aver sentito le risate
del maxischermo, ma forse era una mia impressione.
NO ZHALIA.
“Ok, come sa il mio nome questo coso?” disse la ragazza, ma
lo schermo non cambiò per spiegazioni, era molto da film
come Escape Room, mi aspettai un improvviso cambio di
scena, ma non arrivò.
QUANTO SIETE DISPOSTI AL SACRIFICIO PUR DI
RAGGIUNGERE I VOSTRI OBIETTIVI?
“Eh?” esclamò Tommy, fino a quel momento rimasto in
silenzio.
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LA FYCE CAUSA INCENDI E PROBLEMI CHE
PERSONE NORMALI NON POSSONO RISOLVERE.
TUTTO STARA’ NELLE VOSTRE VIRTUTES.
FABER EST SUAE QUISQUE FORTUNAE.
Il Maxischermo si spense, con la stessa velocità con
cui si era acceso. Jace provò a fare la combinazione di tasti
che aveva fatto prima, ma sembrava essere spento per
sempre.
“Avete mai avuto esperienze del genere?” chiese Zhalia, la
guardammo stupiti. Scossi la testa e mi avvicinai a Tommy,
sussurrando: “Tutto deve stare tra di noi.”
“Ognuno è artefice della propria fortuna” disse Jace,
avvicinandosi a Zhalia: “Non sappiamo cosa potrebbe
significare.”
Non vidi bene il contatto tra i due, mi accorsi che lei stava
urlando senza una ragione precisa. Mi voltai verso di lei e
notai con profondo orrore che il suo braccio destro era
completamente ghiacciato.
“Che hai fatto?” urlò, si vedeva lontano un chilometro che
stava soffrendo, in effetti non mi potevo aspettare altro.
“Non lo so!” Jace le riprese il braccio cercando di sciogliere la
patina ghiacciata che le aveva fatto, ma sembrava che volesse
stare lì attaccata.
“Fate qualcosa!”
Il grido di Zhalia mi fece scappare in cucina, dove presi il
primo accendino che trovai. Mi misi a scaldare il braccio
ghiacciato con il mio calore corporeo, l’unico che poteva
farlo, Jace aveva paura di toccare qualsiasi cosa e Tommy
semplicemente si limitava a guidare come si potesse evolvere
la situazione. La fiamma dell’accendino era però troppo poca
per riuscire a sciogliere il ghiaccio.
Quando si è disperati, la mente cerca modi disperati di
superare il momento no, la mia associò lo strano simbolo che
era apparso sulla porta.Un fuoco, una dannatissima fiamma.
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Jace aveva un fiocco di neve, era riuscito a ghiacciare il
braccio. Il mio fuoco sarebbe dovuto riuscire a bruciarlo,
elementare. Senza esporre i miei ragionamenti, le presi il
braccio, facendola sussultare, ormai non tratteneva più le
lacrime. Pensai al fuoco scoppiettante del camino, dopo 10
secondi non successe nulla.
“Andiamo all’ospedale!” gridò Jace, prendendo il telefono per
chiamare l’Ambulanza, ma finì per ghiacciarlo, Tommy glielo
tolse dalle mani, la sua calma era glaciale, letteralmente.
“Concentrati.” mi disse, lo sguardo fermissimo.
Riprovai, questa volta concentrandomi sul calore
generato dal fuoco, non al colore rosso. Incominciarono a
cadere delle goccioline ai miei piedi, le reputai un ottimo
segno, ma poi realizzai che era il mio sudore. Non stava
andando affatto bene. Zhalia stava ad un passo dallo
svenimento, se non mi fossi dato una mossa probabilmente
avrebbe perso la sensibilità, con effetti irrimediabili. Ma
pensare alle conseguenze non portava a nulla, dovevo
concentrarmi sul da farsi.
Il mio sudore era ormai raccolto in una pozza sotto di me,
Tommy si avvicinò per sentirmi la fronte.
“Andrea, togliti la maglietta.”
Strabuzzai gli occhi, ma feci quello che il mio amico aveva
detto.
Tommy prese il braccio di Zhalia e lo avvicinò ai miei
pettorali, si sentii un suono simile alla carne messa sulla
griglia. Però stava funzionando, il come non me lo chiedevo.
In una decina di secondi il ghiaccio non c’era più, al suo posto
c’era solo del rosso.
Prese un fazzoletto dalla tasca e si soffiò il naso, con il destro
a penzoloni, non aveva molta sensibilità, e forse anche un po’
di paura.
“Come ti senti?” chiese Jace, lontano da tutti e tutto.
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“Come se mi avessi versato dell’azoto liquido addosso. Però
sto bene, penso.”
“Scusami, non ho idea di cosa abbia fatto.” Era molto strano
si. Sul suo avambraccio destro apparve lo stesso simbolo della
porta, il fiocco di neve.
“Jace, guarda!” glielo indicai.
“Che cazzo ci sta succedendo?” sussurrò Jace, guardandosi le
mani. Le agitò e una scarica di ghiaccio si riversò in aria,
lasciandoci senza parole.
“Sono Elsa di Frozen.”
Zhalia si alzò e dalla giacca gli prese due guanti,
scoppiando a ridere. La sua risata alleggerì un po’ la
situazione, che comunque rimaneva abbastanza tesa.
Incominciò a muovere il braccio senza problemi e sospirai di
sollievo, poteva essere strano spiegare all’ospedale il come si
era congelato, dato che non lo sapevamo nemmeno noi.
Guardai il mio avambraccio, avevo anche io quello strano
fuoco come tatuaggio, figo. Guardai Tommy e vidi che il suo
solito sguardo impassibile era cambiato, lasciando spazio ad
una espressione che non riuscivo a decifrare. C’era un
profondo silenzio tra di noi, avevo sbagliato a pensare che la
tensione sarebbe stata alleggerita, era alle stelle.
Ma Zhalia si portò le mani alle orecchie, contraendo la
faccia in un’altra espressione dolorante, come se avesse
appena sentito un rumore da 300 dB. La guardai negli occhi,
marroni con una sfumatura nera che prima non avevo notato.
Un attimo dopo erano cambiati, color viola.
“State zitti!” urlò, rannicchiandosi a palla in un angolo.
Nessuno di noi aveva parlato o aperto bocca. Incominciò a
respirare a fatica e a piazzarsi attaccata ad una parete, sotto i
nostri sguardi sbigottiti, aveva sempre le orecchie coperte.
Quando trovò le forze di alzare la testa, si allontanò le mani,
stabilizzando il respiro. Se ci sentiva quando non parlavamo,
significava solo una cosa, lei sentiva i pensieri. In qualche
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modo ci Vedeva, ecco spiegato il suo occhio.
“Andate via, vi chiamo io dopo.” dissi agli altri, che
eseguirono subito. Rimasti io e lei da soli, mi avvicinai molto
lentamente, parlandole mentalmente.
“Ascoltami molto bene. Devi stare tranquilla. Troveremo una
soluzione.”
“Stammi lontano.”
Quella volta sentii molto chiaramente la sua voce nella
mia testa, cercai di non dare a vedere l’agitazione, anche se ero
più agitato io di lei, aveva accesso a tutti i miei pensieri.
“Stai tranquilla, ci sono io.”
“Non sai nemmeno tu perché lo stai facendo.”
“Hai ragione. Non lo so. Ma hai bisogno di aiuto.”
“Perché non fai lo stronzo come tuo solito, Lanza?”
“Non chiamarmi per cognome.”
Le brillarono gli occhi di potere, il viola si fece molto più
intenso. Provai una sincera paura, una delle poche volte in
tutta la mia vita.
“Non voglio diventare un mostro.”
“Sei l’ottava meraviglia del mondo.”
Mi sforzai a pensare che non lo fosse, con il risultato
che purtroppo i pensieri non li riuscivo a mascherare bene
come i miei sentimenti. La presi e l’abbracciai, non sapevo
nemmeno io perché. Poi presi le cuffie Bluetooth e gliele misi,
mettendo Critical Acclaim degli Avenged, l’unica che in quel
momento mi venne in mente. La vidi calmarsi, mentre le
accarezzavo i capelli, pregai con tutto me stesso che quello
servisse.
Sentii odore di fumo, la mia maglietta stava
prendendo fuoco, immaginai che il fuoco cambiasse posizione
e venisse nella mia mano, così fece. Inoltre la mia temperatura
corporea ritornò normale, con mio enorme piacere.
“Ti senti meglio?” pensai. Zhalia annuì e mi guardò: “C’è del
buono in te, perché lo nascondi?”
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“Non c’è una reale ragione. Preferisco fare solo lo stronzo, mi
viene meglio.”
“La tua identità non è determinata dalla tua famiglia.”
Okey, aveva letteralmente accesso a tutto di me, e avevo
scoperto ciò che volevo nascondere con tutto me stesso.
Intrigante ma allo stesso tempo spaventoso.
Misi la mia testa sul muro, vicino alla sua.
“Non avrei mai immaginato che qualcuno riuscisse a vedere
come sono realmente.”
“Perché ti nascondi dietro una maschera.” La conversazione
mi stava sfuggendo di mano, stava diventando troppo
profonda.
“Posso andare a chiamare gli altri?”
“Non ancora. Posso sentire i loro pensieri fin qui.”
“Allora resto solo io per il momento.”
“Grazie.” Zhalia incominciò a respirare più lentamente e
profondamente, si stava stabilizzando.
“Perché a me?” riprese: “Che cosa ci sta succedendo?”
“Non lo so, ma non abbiamo altre scelte se non scoprire di
più.”
“Le vedo come una maledizione, non ci porterà a nulla di
buono.”
Mi porse una delle due cuffie, la canzone era finita, era
calmata, avevo sventrato una bomba nucleare.
“Grazie Andrea.” disse lei, a voce e non mentalmente.
Realizzai che avevo avuto una conversazione nella mia testa,
come se fosse stato un film mentale, ma era reale. Poi
continuavo ad avere il fuoco sulla mano destra, e non avevo
incendiato ancora nulla.
Ripresi a parlare normalmente.
“Nulla, basta che non esplodi.” annuii e la guardai. Le misi
dietro l’orecchio una ciocca di capelli.
“Voglio fare luce su questo, prima i tuoi pensieri mi stavano
uccidendo.”
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“Uccidono anche me, non ti preoccupare, ci sono abituato da
molto tempo ormai.”
“Non è buono per te.”
Stava parlando troppo, e non potevo più sopportarlo.
“Basta così ora. Non pensare a me dolcezza, pensa a non
massacrarti da sola di fatti altrui, che con quelli si rischiano di
farti impazzire.”
Volevo il Nobel per i discorsi motivazionali, mi meravigliai di
me stesso.
“Sono a posto. Jace, Tommy, venite.” disse, urlando.
Quando Jace arrivò, aveva una piccola scultura di
ghiaccio tra le mani e raffreddò il mio fuoco, fino a farlo
scomparire.
“Dove è Tommy?” chiesi.
“Sono dietro di te.” apparve, facendomi sussultare.
“Puoi diventare invisibile!” disse Zhalia, meravigliata.
“No, tecnicamente si confonde con le ombre.” puntualizzò il
biondo.
Non sapevo che cosa pensare, eravamo cambiati da
un momento all’altro, potevamo fare delle cose che gli altri
sognavano e vedevano nei film. Tutto era molto eccitante,
una nuova ragione di vita, ma mi sorse spontanea una
domanda, che cosa dovevamo fare?
Approfittai della situazione per vedere meglio il nuovo Covo.
Le pareti erano grigie, entrava molta luce naturale, il che era
strano, non vedevo finestre. Quel posto era magico, lo potevo
percepire anche senza poteri.
Notai 3 porte, che conducevano ad altre stanze, ma
erano bloccate, forse non era giunto ancora il momento di
esplorarle.
“Niente capita per caso” disse Tommy: “Ogni cosa ha il suo
tempo.”
“Andiamo a casa, abbiamo messo troppa carne al fuoco oggi”
disse Jace, mettendo via gli strumenti: “È meglio che ci
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vediamo direttamente domani a scuola. Statemi bene ragazzi.”
Salutai e chiusi il Covo.
Ero conscio che tutto fosse reale, e non un sogno come
qualcuno poteva pensare. Poteva essere, come diceva Zhalia, il
momento che stavo aspettando per essere veramente me stesso
e per riscattarmi agli occhi di mio padre, mi giurai che non me
lo sarei fatto scappare.
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JACE DIVENTA ELSA NEI PANNI DI
FLASH.
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“Forse quello che devi fare è rilassarti.” si buttò sul letto
facendomi sobbalzare. Il relax non era mai stato il mio forte,
avevo da sempre problemi a stare fermo.
Respirai profondamente e mi concentrai
sull’immagine di un fuoco sulla mia mano, non successe nulla.
Tirai un urlo e scagliai il cuscino contro il muro, con il
risultato che le mie mani presero fuoco.
“Aaah!” le agitai avanti e indietro per togliere le fiamme, poi
corsi in bagno e le misi sotto l’acqua gelata, creando vapore
per tutta la stanza. Tommy apparve dietro di me, facendomi
prendere un forte spavento: “Sotto l’effetto della rabbia lavori
meglio, buono a sapersi.”
“Smettila di fare il so-tutto-io.”
“Adesso pensiamo a farti controllare.” Tommy andò in
camera e lo seguii, mi rilanciò il cuscino addosso: “Riprova.”
Eseguii gli stessi movimenti e le mani mi si accesero.
“Spegnile, senza l’aiuto dall’acqua.” Il tono non ammetteva
repliche, faceva paura, anche per me che lo conoscevo da
sempre.
Pessima idea, ma, non avevo molta scelta, quindi provai,
concentrandomi con tutto me stesso. Agitai le braccia e il
fuoco andò via da me, attaccandosi a una pila di libri.
“No, no, no, no!”
Svuotai un cassetto e lo andai a riempire d’acqua, buttandola
poi addosso ai libri.
“Non puoi andare a scuola domani e dare fuoco a qualcosa.”
disse: “Dobbiamo andare via.”
“Cosa posso fare?” dissi, molto più nervoso rispetto a prima.
“Allenarti. Andiamo vicino al canestro allora” esclamò lui,
diventando invisibile: “Sfruttiamo la luce finché ce ne è
ancora.”
Sembrava avere un talento naturale, sembrava che facesse il
minimo sforzo, avrei voluto avere la sua nonchalance.
Non avevo idea di come stessero gli altri, Zhalia era
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quella forse messa peggio, ma mi chiesi se anche Jace avesse i
miei problemi. Mi presi la nota di mandare loro un messaggio,
poi mi sentii una botta in pieno petto, era mia madre.
“Mamma, stai bene?” l’aiutai ad alzarsi.
“Absolument mon chér. Ci vuole ben altro per buttarmi giù”
mi diede un bacio affettuoso sulla fronte e sorrise: “I nonni
stanno bene, ti mandano un abbraccio.”
“Grazie mamma, ti voglio bene.”
Normalmente non ero così affettuoso con lei, per via
della sua vicinanza con papà, ma appena aveva l’occasione per
stare un po’ con me, la coglieva. Era una donna bellissima, gli
zigomi alti e l’espressione dolce in cui mi rifugiavo da piccolo,
lontano da qualsiasi cosa che mi ricordasse mio padre.
Tra me e lui non scorreva buon sangue, credeva che il
nome della famiglia fosse l’unica cosa che contava. In diciotto
anni di vita avevo avuto una vera conversazione padre-figlio 3
volte, mi credeva un fannullone senza speranze. Cercavo di
fargli cambiare idea dall’età di otto anni, andavo bene a
scuola, capitano della squadra di Basket, ragazzo modello, ma
non c’era verso. Qualsiasi cosa facessi, aveva da ridire su
tutto.
Con mia mamma invece era molto più bello parlare e
aprirmi, poi era l’unica che teneva ancora ai genitori di mio
padre, mi era vietato parlare con loro, causa litigate molto
violente. Ogni volta che poteva li chiamava, e avere loro
notizie mi faceva rallegrare, fiero della forza d’animo di mia
madre, che si opponeva alle rigide regole.
Arrivai in giardino e trovai Tommy intento ad aspettarmi.
“Sei in ritardo.”
“Possiamo incominciare.”
“Non hai mai avuto così tanti problemi di concentrazione.”
“Non so cosa mi stia succedendo.”
“Prova ad evocarlo.”
La destra si accese, questa volta molto più controllata.
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Misi la sinistra sopra all’altra e non sentii nessun bruciore,
sembravo essere immune alle fiamme, buono a sapersi. Presi
la mira e scagliai il fuoco lontano da me, verso la fontana.
Sorrisi, soddisfatto, riuscivo a controllare le fiamme, il
problema era solo spegnerlo.
“E quando non ci sarà l’acqua come farai?” mi chiese. Poteva
avere un tono molto divertito, ma si voleva solo prendere
gioco di me.
“Nessuno è bravo come te a controllarsi.” risposi io, molto
infastidito.
Prese dalla tasca un accendino e lo fece scattare, la bellissima
fiammella in su verso il cielo. Potei percepire il lieve caldo
come se fosse stato vicino alla mia pelle, sensazione che avevo
sempre adorato. Aprii una mano e pensai che il caldo venisse
vicino a me, per giocarci assieme. Con mia grande sorpresa,
successe proprio quello, mi misi a giocare con il fuoco come
se fossi stato un Dominatore. Quando però fu ora di
spegnerlo, ebbi ancora problemi e l’acqua mi venne ancora in
aiuto, con enorme disappunto di Tommy.
“Continui ad essere nella stessa situazione, cerca di cambiare il
tuo approccio.” mi criticò.
“Si ma dammi il tempo, nessuno è uguale a te.”
“Riproviamo.”
“Basta.”
In poco tempo mi ero ritrovato senza energie, era
come se avessi evocato il fuoco dal mio fuoco vitale, che
doveva essere alimentato per poter funzionare ancora.
“Speriamo che domani tu non dia fuoco a qualcosa.” mi disse:
“Cerca di non dare troppo nell’occhio.”
Facile per chi non rischiava di dare fuoco al mondo, non era
qualcosa che decidevo io, ma Tommy aveva ragione, non
potevo andare a scuola in quelle condizioni, per non parlare di
come potevo incendiare il letto. Forse la soluzione era
dormire nella vasca da bagno, così non avrei preso rischi
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inutili.
“Che stai facendo?” mi chiese Tommy, vedendomi attuare il
mio piano.
“Non voglio correre rischi inutili.” ripetei dal mio pensiero.
“Tu hai seri problemi.” mi disse, per poi chiudersi nel suo
mondo, cuffie e telefono, mentre io idromassaggio e TV in
bagno, non mi mancava nulla.
Poi un’altra idea geniale mi balenò in mente. Per non
stare al freddo tutta la notte, mi misi ad esercitarmi senza dire
nulla al mio coinquilino, magari sarei riuscito da solo a fare
qualcosa in più, anche se le mie speranze erano poche. E ebbi
ragione, quella notte passata in vasca idromassaggio mi aveva
portato giovamento, trovando il modo di spegnere il fuoco,
immaginando dell’acqua nella mia testa.
Non mi svegliai al suono della sveglia, ma a reazione
di una secchiata di acqua gelida lanciata da Tommy, invisibile.
Quel ragazzo era astuto, invisibile in modo tale che non gli
potessi dare fuoco.
Arrivammo in orario, prima dell’inizio delle lezioni,
trovammo Zhalia e Jace intenti a parlare, sicuramente di
quello che ci era successo.
Erano entrambi vestiti molto casual, T-Shirt e jeans.
“Ciao ragazzi, come va?” salutai.
“Ciao Andrea, spero tu abbia passato una notte migliore della
sua.” disse Jace, indicando Zhalia.
“Cosa è successo?” chiesi, serissimo. Con quale coraggio si
presentava a scuola.
“Credo di aver dormito 3 minuti, sentivo i pensieri dei miei
genitori anche se stavano dormendo, penso di aver visto i loro
sogni. Devo tornare normale come prima, ne va della mia
sanità mentale.” disse lei, la bocca incrinata in un sorrisetto
stanco.
Le credevo, anche a giudicare dalle profonde occhiaie
che aveva. La mia situazione era difficile, ma la sua lo era
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molto di più. Nonostante tutto si mostrava forte, capace di
gestirsi.
“Jace?” chiesi.
“Mi sono costruito il castello di Frozen in camera. Anche in
realtà ho avuto qualche piccolo problemino con la cena.”
“Te invece?” mi chiese lei.
“Difficoltà a far sparire il fuoco, per il resto lo riesco a
controllare bene. Dobbiamo andare al Covo per capirci
qualcosa in più, sarebbe da andarci adesso ma va bene dopo
scuola?”
“Va bene qualsiasi cosa basta che mi facciate ritornare
normale, non ne posso già più.” concluse Zhalia, andando poi
da una ragazza molto alta, la stessa del giorno prima. Non
ebbi tempo di aggiungere altro perché suonò la prima
campanella e ci dirigemmo in classe, l’aula con su scritto
“QUINTA”.
Ci aspettava un uomo sulla cinquantina, vestito
sportivo, con un fischietto pendente dal collo. Era quel prof
che ci aveva fatto il giro della scuola, aveva la stessa faccia da
carlino e il naso schiacciato. Tutto potevo accettare dalla
nuova scuola, ma che mi si facesse fare Educazione Fisica il
secondo giorno, proprio no. Aveva un tono di voce
completamente diverso dal mio, stridulo e autoritario, per
questo si sollevarono delle risatine dal gruppo delle ragazze, in
particolare da Aurora, che si doveva già distinguere dalle altre,
la reginetta della scuola. Si girò verso di me e mi mandò un
bacio da dietro, come il giorno precedente era troppo
truccata, però aveva una straordinaria bellezza.
Frollari continuò: “Negli spogliatoi troverete la divisa
in dotazione dalla scuola, dovrete indossarla per tutte le
lezioni di Educazione Fisica, andate a cambiarvi e fatevi
trovare pronti davanti al campo da basket.”
Io e Tommy entrammo per primi nel nostro spogliatoio,
pulitissimo, tranne per alcune scritte sulle pareti fatte da ex
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studenti, lasciavano il segno del loro passaggio. All’entrata
erano presenti dei pacchi con il vestiario completo di scarpe,
divisi per taglie. Presi quelli giusti per me e mi cambiai, la
maglia grigia e i pantaloncini blu avevano il logo del Liceo,
una A intrecciata con una D, lo trovavo molto fine e addice
alla scuola che frequentavo, i disegnatori avevano fatto
davvero un bel lavoro.
Eravamo vestiti tutti uguali, come degli scolari
giapponesi, poi Jace ci venne incontro. “Dobbiamo stare
attenti, ci potrebbero capitare delle cose strane” sussurrò:
“Non sappiamo nulla di quello che ci sta accadendo, non
sappiamo che cosa potrebbe succedere.”
“Ho il diversivo.” tagliò corto Tommy.
Frollari era intento ad illustrare la lezione.
“Come prima volta farete un test di ingresso, voglio vedere il
vostro livello. 3 giri del parco, equivalenti sono 1200 metri. Al
termine del terzo vi dirò il tempo. Nel frattempo vi dovete
appuntare la frequenza cardiaca a riposo e dopo sotto
sforzo.”
L’unico posto dove appuntare quei numeri era sul mio
braccio destro, dato che ero mancino, vicino a quello strano
marchio che ci era spuntato.
Quello poteva essere un bel problema, non ci avevo
pensato. Gli altri potevano vederlo e farci domande sul
perché avevamo tutti e 4 un tatuaggio simile. Vidi che Tommy
si era portato il suo scaldabraccio che utilizzava per fare
allenamento, era sempre avanti a me. Presi una penna dalla
scrivania e mi misi davanti all’orologio, cercando di non farmi
notare. Vidi Jace farsi scudo con Zhalia, che era vicino
all’altro orologio, dall’altra parte della palestra.
Contai i battiti in 30 secondi, poi li moltiplicai per 2. Avevo 48
battiti a riposo, erano minori del mio solito, e me li appuntai.
“Quanto hai?” sentii urlare a una ragazza, mi girai subito.
Marie prese il braccio di Zhalia per controllarlo, lei si scansò,
36
chiedendomi aiuto con lo sguardo. Prima ancora che potessi
fare qualcosa, lo lasciò andare e disse: “60 è buono.”
Non aveva detto nulla riguardo lo strano tatuaggio, restai con
l’amaro in bocca, ma fui sollevato.
“Ma la vedi?” chiese Zhalia, scioccata.
“Che cosa?”
“Una cosa nera sul mio braccio”
Marie la prese di nuovo, controllando meglio: “Ci sarà stata
una zanzara, oppure hai fissato troppo il sole, io non vedo
niente.”
“Se lo dici tu…” sorrise lei, tirando un sospiro di sollievo.
Non lo vedeva, o forse faceva finta, non ci diedi molto caso.
Sentii il fischio d’inizio e l’immancabile “Datevi una mossa”
del prof.
Incominciai a correre, venendo subito sorpassato da
Jace, da quello che mi aveva detto era sempre stato bravo a
correre. Per quanto riguardava me, la mia andatura non era né
troppo lenta, né troppo veloce, la consideravo giusta per me,
e a quanto pareva anche per Zhalia, che mi stava
dietro. Aumentai il passo per seminarla.
“Ti sento Lanza.” mi disse: “Non è carino seminare la gente.”
Non stava aprendo bocca, quella conversazione stava
accadendo nella mia testa.
“Non leggere i miei pensieri.” urlai.
Lei sorrise: “Ho accesso a tutto quello che sei, mi limiterò a
starti nella testa.”
Guardai da un’altra parte, cercando di distogliere
l’attenzione da lei e i suoi poteri, ma era piuttosto difficile.
Non mi accorsi che avevamo appena finito il primo giro,
senza il minimo sforzo o fiatone, sentivo che potevo dare di
più.
A circa metà del secondo giro Jace ci superò, correndo
ad una velocità impressionante. Tommy ci raggiunse, anche
lui senza il minimo segno di stanchezza.
37
“Jace sta correndo troppo veloce!”
“Cosa?” ansimò Zhalia.
“Dobbiamo fermarlo!”
Mi girai per vedere come era messa la restante parte della
classe, fortunatamente erano parecchio indietro rispetto a noi,
anche se dovevamo deviare il percorso. meglio, non potevano
vederci. Andai dietro la scuola e gli altri due mi seguirono,
iniziai a guardare in giro per vedere cosa fare. “Proviamo a
placcarlo! Ci serve un diversivo!” urlò Zhalia, guardandoci.
“Ci penso io, stabilisci un contatto mentale e fallo smettere.”
rispose lui, cambiando direzione e diventando invisibile.
Jace ci stava raggiungendo, stava correndo molto più
velocemente di un semplice essere umano, non avevamo
molto tempo per prenderlo. Incominciai un conto alla
rovescia e all' “ORA” ci buttammo, afferrando i polpacci di
Jace. Cadde, ma le sue gambe continuavano a dimenarsi,
come se stesse continuando a muoversi.
Zhalia lo fissò per un paio di secondi, poi chiuse gli
occhi e portò una mano in avanti. Qualunque cosa stesse
facendo, non stava funzionando, Jace mi tirò un calcio sulla
spalla e lasciai andare la presa. Il nostro amico deviò il
percorso per andare sulla siepe, l’unico posto dove poteva
fermarsi senza venire ucciso dall’impatto. Ma prima del
momento cambiò direzione, aumentando ancora la velocità.
Facevo fatica a vederlo.
“Non ce la sto facendo.” disse Zhalia, immersa in un bagno di
sudore.
“Qualunque cosa tu stia facendo per favore falla, e sbrigati.”
Un ragazzo della classe ci raggiunse, era Vittorio
Stern, venuto a curiosare. Il diversivo di Tommy non era
funzionato del tutto. Sentii una goccia d’acqua sopra la mia
testa e guardai d’istinto Zhalia. Stava incominciando a
piovere, la fortuna per una volta era stata dalla nostra parte.
Gli altri sarebbero tornati in classe.
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“Che cavolo sta succedendo con voi?” disse Vittorio.
“Puoi tornare dagli altri per favore?” gli dissi, in quel
momento ci passò Jace vicino, travolgendolo e facendolo
cadere per terra. Dalla tasca gli cadde un accendino, che
scattò, incendiandogli i pantaloni. Agitai una mano ed evocai
a me le fiamme, giocandoci.
“Fermati!” urlò Zhalia. Jace si fece vedere, sembrava una
statua, immobile. Vittorio si alzò e fece per correre via, ma
Zhalia lo fermò prima.
“Dimenticati dell’accaduto.”
Il tipo aveva gli occhi viola e incominciò a camminare nella
direzione opposta alla nostra.
Impressionante. Ce l’aveva fatta, ma era un tantino troppo.
“Che cosa gli hai fatto?” chiesi.
“Volevo che restasse fermo. Questa cosa è inquietante.”
“Beh, digli di tornare normale. Sbrigati che dobbiamo andare
dentro.”
Un paio di minuti dopo eravamo tutti e 3 a camminare veloce
fino in palestra. Tommy ci raggiunse: “Siete riusciti?”
“Zhalia è stata fantastica, è riuscita a tenere sotto controllo la
situazione.” disse Jace, mettendole una mano sulla spalla, lei si
fece abbracciare.
“Che diversivo hai fatto?” gli chiesi.
“È così facile impressionare la gente appena vede il buio…”
Decisi di non chiedere altro, a volte faceva venire i brividi
anche a me, amante dell’horror. il prof ci stava aspettando.
“Perchè non siete venuti dentro come gli altri?”
“Sono scivolata e mi sono fermata, mi hanno aiutato ad
alzarmi e a camminare. Ci dispiace per il ritardo.” disse Zhalia,
mortificata. Mi stupii della sua abilità a mentire, sembrava così
ingenua a vederla da fuori.
“Andate a darvi una ripulita, si gioca a Pallavolo.”
Frollari se ne andò, lasciandoci agli spogliatoi. Marie corse da
Zhalia, la sentii dire:
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“Dove sei stata? Ti devo asciugare con il phon?”
Lei rise e andò nello spogliatoio delle ragazze.
Se devo dire la verità, come prima lezione di
ginnastica mi aspettavo di peggio, draghi che distruggevano la
scuola o Padova, oppure streghe malefiche che ci
trasformavano in ratti enormi e pelosi. Niente di ciò era
successo, anche se poteva essere parecchio divertente. Ma a
parte gli scherzi ero contento che avevamo scoperto nuovi
modi di usare i nostri poteri, soprattutto Zhalia e Jace. Una
aveva capito che poteva controllare e influenzare la mente
delle altre persone, l’altro aveva scoperto la fonte del suo
potere, il ghiaccio era generato dalla corsa.
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FINGO DI ESSERE UN
PERSONAGGIO DI UN GIOCO.
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“Non voglio rinunciare a quello che sono diventato per causa
di una tua paura.” finì Jace.
“Non volevo dire questo, solo che dobbiamo imparare a
controllarci perché non ci possiamo permettere come oggi.
Jace, se fossimo stati in classe e tu ti fossi messo a correre non
per tua volontà, sarebbe scoppiato un putiferio. Purtroppo
non esistono scuole che insegnino come usare le abilità.”
sospirai.
“E dove pensi che potremo andare per allenarci?” disse Jace.
Sembrava che portassimo solo noi due avanti il
discorso.
“Ragazzi, vi prego”” esclamò Zhalia: “Non fate le
femminucce muovete il culo e andiamo a capirci qualcosa in
più alla nuova parte del Covo.”
Girò i tacchi e andò davanti alla porta, seguita da Jace.
Fino ad allora non poteva essere aperta dai singoli, ci
dovevamo essere tutti. Non ne capivo il motivo.
“Beh, adesso che siamo dentro cosa facciamo?” chiesi.
“Chiediamo consiglio a quello strano aggeggio di ieri” rispose
Zhalia: “Qualcuno di voi è esperto di computer?”
“Neo al suo servizio signorina.” si inchinò Jace con un
sorriso. Anche se ero migliore di lui, lo lasciai fare, che avesse
il suo momento di gloria. Accese l’interruttore generale e
aspettò la reazione.
“COME POSSO ESSERVI D’AIUTO?”
Jace scrisse sulla tastiera: “Che cosa ci sta succedendo?”
“NON SONO AUTORIZZATO A DARVI QUESTE
INFORMAZIONI PER IL MOMENTO”
“Perfetto direi.” sbuffai, infastidito. Una cosa che non
sopportavo era restare all’oscuro e non avere il perfetto
controllo della situazione, stava capitando decisamente troppe
volte per i miei gusti.
“Cosa sei autorizzato a dare.” scrisse Jace. La risposta del
computer non si fece aspettare.
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“AVETE DELLE VIRTUTES CHE DOVETE
IMPARARE AD USARE.”
“Le Virtutes sono i poteri?”
“SE VAI NEL CAMPO MARZIO TROVERAI LA
RISPOSTA CHE CERCHI”
“Dove è questo posto? Devo andare a Roma?” disse Jace,
guardandomi.
"Credo che sia quella porta sulla nostra destra.” esclamò
Zhalia, indicandola. Tempismo perfetto.
Jace corse verso di essa, per poi scomparire al suo
interno. Lo raggiunsi e rimasi estasiato dalla grandezza della
stanza. Era almeno 10 volte più grande della sala concerto,
che a detta di Tommy era circa camera nostra. Tutta la
famiglia del ramo di mio padre soffriva di claustrofobia,
quindi tutti i nostri locali erano parecchio ampi, ma non
pensavo così tanto sinceramente.
“Andrea, la hai arredata tu la stanza?” mi chiese lui.
“No, perché?”
Non erano presenti finestre ma la luce entrava lo
stesso, era strano perché si vedeva il cielo, doveva essere fatta
della stessa sostanza dei nostri poteri, o Virtutes, come le
aveva chiamate quel coso. Jace mi lanciò una palla da basket,
mia grande passione e mi indicò un canestro vicino a lui.
“Mi sorprendo sempre di più, non ho parole.”
“Beh già che ci siamo possiamo fare due tiri.” dissi, facendo
rimbalzare il pallone per terra.
Mentre giocavo con gli altri, e vincevo, perché solo
Tommy era in grado di avvicinarsi ai miei 38 punti a partita,
notai che Zhalia stava da sola. Per dare una possibilità a Jace
di vincere, lasciai il gioco e andai a farle compagnia, sapendo
che sentiva i miei pensieri. Era seduta, i capelli marroni sciolti
le cadevano sul viso, non facendomi vedere gli occhi. Quando
mi vide mi sorrise.
“Perché non sei a giocare con gli altri?” mi chiese.
43
Alzai le spalle: “Sono troppo forte per loro.”
“Ecco di nuovo il solito sbruffone.”
“Quando imparerai a tenere la bocca chiusa?”
Lei mi guardò, il sorriso svanito: “Mi dispiace che
continui a pensarla in questo modo.”
Avevo toccato un punto dolente, mi sentii male anche
io. La sua non era una situazione facile, non potevo capirla
fino in fondo perché le mie virtutes non significavano stare
male avendo solo una persona vicino.
Guardò l’orologio e si alzò dal puff, evitando il mio
sguardo: “Non voglio stare qui, al diavolo le Virtutes non
controllabili. Ci vediamo domani a scuola.”
Andò verso la porta e sentii una folata di vento addosso, la
guardai e vidi dei capelli biondi vicino a lei. Non avevo voglia
di provare per cui decisi di seguirli, solo perchè non avevo
nulla di meglio da fare.
Non sono mai stato uno stalker, lo giuro, ma vedere
Zhalia così triste alla mia risposta mi mosse qualcosa dentro.
Di natura ero un ragazzo estremamente impulsivo, mi
capitava di non pensare alle conseguenze, mi trovai a
piangermi addosso senza un apparente motivo.
Entrambi avevano preso le bici e le portavano a mano, lei
spenta, lui cercava di essere allegro.
Mi sembrava di essere in un film di spionaggio, il
protagonista trovava dei nascondigli adatti e ci andava per
seguirli e sentirli bene. Molto comica come scena, se non
fosse stata disperata.
“Mi spieghi cosa è successo per favore?” chiese lui.
“Nulla, te l’ho detto.”
“Niente scuse.”
Lei sospirò e riprese a parlare: “È Andrea. Fa sempre lo
stronzo senza una ragione specifica.”
“Tipico suo, devi solo accettarlo.”
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“È un figlio di papà e abituato che tutti sottostanno a ciò che
dice, deve smetterla.”
“Odia avere la situazione fuori controllo.”
“Tutto questo mi fa andare fuori di testa, letteralmente. Non
sai cosa significhi sentire le voci degli altri senza che parlino.”
“Prova ad ascoltare della musica, magari stai meglio.” alzò le
spalle.
Zhalia si fermò, prese le sue cuffie Bluetooth e le mise
alle orecchie, dopo un paio di minuti riprese a parlare: “Me lo
aveva fatto provare Andrea, mi aiuta molto.”
“Beh, continua a farlo. Se non ti fa impazzire è qualcosa, no?”
“Hai ragione.”
Mi sentii completamente perso, una sensazione che
prima non avevo mai provato, avevo appena rovinato un mio
tentativo per farla diventare una mia amica. Vabbè sticazzi,
non avevo bisogno di lei.
Si misero entrambi a ridere e fui sollevato dal suo sorriso,
stava sicuramente meglio.
“Ha intenzione di accompagnarmi a casa, gentil Lancillotto?”
lo guardò, splendente, era parecchio brava a cambiare
emozioni nel giro di 10 secondi.
“Se le serve per stare meglio si.”
Lei si mise a ridere e lo abbracciò, facendo cadere la
bici per terra. Tutta quella scena era degna delle peggiori
telenovelas argentine, il superfigo che feriva la ragazza e la
ragazza che si rifugiava dal figo che coglieva l’occasione per
stare con lei. Altro che Beautiful. Però per mia difesa ammisi
che ero molto bravo a seguire le tracce altrui, forse anzichè
fare il cestista potevo fare l’investigatore privato.
“Andrea Gelido Lanza si è appena innamorato.” sentii dire
alle mie spalle. Mi girai e vidi che Tommy mi aveva
raggiunto.
“Da dove sbuchi?” dissi, infastidito.
45
“Non è questo il problema. Non eri tu che dicevi che le
relazioni nella band non vanno bene?”
Alzai gli occhi al cielo e andai avanti, per seguirli.
Sentii delle risate e le ignorai, arrivarono al parco Iris e
appoggiarono le bici sul prato, per poi stendersi sull’erba. Lui
era più alto di lei di almeno 10 centimetri, e lei aveva
un’altezza non da poco, dato che era circa un metro e ottanta,
era il più alto del gruppo. Incominciarono a parlare a bassa
voce e, cosa stranissima, riuscivo a sentire tutto quello che
dicevano senza troppi problemi.
"Perché ci hanno dato queste Virtutes?” chiese lei.
“Non lo so, ma una cosa è certa, non si torna più indietro.
Forse dobbiamo sventrare alcuni attacchi
dell’Organizzazione.” rispose lui, guardandola. Aveva un
sorriso che non gli avevo mai visto addosso.
Bellissima citazione ai cartoni della nostra infanzia,
Jace. Nel frattempo la mia immaginazione aveva fatto venire
l’Andrea angelo e l’Andrea diavolo sulle mie spalle. La cosa
buffa era che entrambi erano d’accordo per andare a
scusarmi, rovinando il momento. Jace andò verso Tommy ed
io feci la mia entrata in scena.
“Non è bello spiare la gente.” disse lei, fredda. Mi morsi il
labbro, dimenticavo.
“Volevo solo scusarmi per le parole di prima, non lo penso
davvero.”
“Il problema è che so cosa pensi davvero, è impossibile
mentirmi. Voglio una vita normale.”
Giusto. Adesso come rimediare? Lei prese le cuffie e
se le mise, prendendo la bicicletta.
"Ci vediamo domani a scuola.”
Sentii Bat Country degli Avenged. Avevo molti pensieri per la
testa, forse lei poteva capire.
“Fa quello che vuoi.”
“Lo farò, tranquillo.”
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Lei mi guardò e se ne andò via, facendo appena in
tempo ad uscire dalla mia visuale. Poi non la vidi più,
scaraventata da una forza invisibile, andando a sbattere la
testa contro un albero.
“Zhalia!” gridai, andando da lei. Era priva di sensi e provai a
sentirle il cuore, fortunatamente batteva ancora. Jace e
Tommy mi raggiunsero, visibilmente scossi.
“C’è un piccolo problema.” disse Jace.
“Siamo pieni di problemi!” sbottai, urlando.
Jace indicò la sua destra e potei vedere dei tizi incappucciati
che sembravano usciti dalla Setta degli Assassini.
“Porta Zhalia al sicuro.” disse Tommy per poi sparire,
confondendosi tra le ombre.
Nonostante non volessi, seguii le sue parole e la presi
come una bambola, appoggiandola su uno scivolo deserto
sotto gli occhi di alcuni bambini increduli.
“Dove sono le vostre mamme?” dissi, irritato.
“Sei Gumball?” mi chiese un cosetto con i capelli rossi.
“Ma no scemo, non vedi che è Finn di Adventure Time?”
disse un altro coso con il cono gelato in mano.
Mi sarebbe molto servita una mano con quella
sottospecie di individui, data la mia completa inesperienza a
riguardo, ma potevo contare solo sulle mie forze. Altro che
combattere i cattivi, era quella la vera prova per passare a
essere un vero supereroe.
“Piccoli, per favore, andate via, c’è del pericolo.”
Una mocciosa mi prese la cintura e cominciò a
giocarci, evidentemente lo prendevano come uno scherzo. La
mia pazienza era giunta a un limite e dovevano andare via, ne
andava della loro incolumità. Immaginai che da alcuni alberi
venisse una palla di fuoco proprio vicino a loro e così
accadde. Come previsto si spaventarono e scapparono dietro
di me. Sperai con tutto me stesso che questa volta riuscissi a
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spegnere ciò che avevo causato, e, riuscii nel mio intento, solo
per fare un po’ di show.
“Adesso ho capito chi sei… sei Phoenix di Valorant!” disse
un altro bambino.
“Quanti anni hai, piccoletto?” chiesi, esterrefatto.
“7.” rispose lui, tutto fiero.
“Adesso volete scappare o devo mandarvi via?”
I bambini corsero via e ci trovammo io e Zhalia da
soli. Lei senza sensi, io ragazzo che aveva mandato via i
bambini. Queste Virtutes mi piacevano sempre di più. Non
ebbi molto tempo per festeggiare, vidi che due tizi
incappucciati venivano verso la mia direzione.
Mi preparai due sfere di fuoco sulle mani: “Non vi
avvicinate.”
“Non ci puoi fare niente.”
Si tolsero il cappuccio e potei finalmente vedere i loro
volti. Erano ragazzi come me, solo che avevano gli occhi rossi
e uno strano marchio sul collo: “Non vuoi sapere che cosa vi
sta succedendo?”
“Non avvicinatevi!”
Mi misi davanti Zhalia, deciso a proteggerla a tutti i costi. Uno
dei due strambi mi mandò una scarica di elettricità che deviai
con un muro di fiamme, fregai l’idea a Phoenix. Nel
frattempo l’altro strambo mi attaccò da dietro, facendomi
crollare per terra.
“Chi non si doveva avvicinare?” mi canzonarono.
Mi rialzai e sentii una forza nuova dentro di me, che mi aveva
rianimato come se mi avessero iniettato adrenalina. Sorrisi
con aria di sfida: “Io”.
Alzai una mano al cielo e urlai: “Pro ea!”. Dal laghetto
si alzò una montagna d’acqua che inondò i due cattivi,
facendo perdere loro i sensi. Mi venne fuori un urletto
eccitato, non solo potevo controllare il fuoco, ma anche
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l’acqua, in un momento in cui volevo usare solo il fuoco. Era
una figata.
Guardai Zhalia e la vidi così fragile, sembrava più piccola e
indifesa.
“Devi andare ad aiutare.” pensai, ma non potevo permettermi
di lasciare da sola la mia amica. Però avevano bisogno di una
mano e non potevo circondarla di fuoco, avrebbe consumato
tutto l’ossigeno di cui aveva bisogno.
Quindi la scelta più ovvia era prenderla di nuovo in
braccio e portarla in mezzo al pericolo, anche se sembrava
una enorme cazzata. Così feci, mi affidai al mio istinto e andai
dai miei amici, che a vederli avevano bisogno di aiuto.
“Ma sei pazzo? Ce la caviamo benissimo da soli.” disse Jace,
sempre correndo. Un cattivo stava per mettere KO Tommy e
lo salvai prima che lo facesse.
“Non pensare a me, pensa a lei!” sbottò lui, diventando poi
invisibile.
“Non sono un babysitter!” urlai ed evocai un muro di fiamme
che separò Jace dal resto dei cattivi. Prima avevo scoperto che
potevo controllare l’acqua, forse potevo rifarlo.
Mi concentrai e alzai una mano, spuntò dell’acqua dal nulla
che andò a travolgere due cattivi, facendoli scomparire.
“Wow.” esclamò Tommy, per poi sparire di nuovo.
Facendo un breve conteggio, avevamo messo sei
cattivi al tappeto, purtroppo non erano ancora finiti, ne
mancavano altrettanti.
Uno era proprio davanti a me, i pugni circondati da un’aura
blu scura: “Perché non vai con i tuoi amici?”
Fece un gesto e vidi Tommy e Jace legati e senza
sensi. Ancora? Come avevano fatto ad essere così vulnerabili.
“Cosa volete da noi?” urlai, cercando di attirare l’attenzione di
tutti. Potevano almeno avere la decenza di rispondere?
“Oh noi niente.” disse una ragazza incappucciata: “Ma la
FYCE vi vuole tutti, vivi o morti”
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Era la seconda volta che sentivo parlare di quel nome.
Non si poteva sapere qualcosa di più? Mica volevo portarli
fuori a cena.
Sentii un male atroce alla schiena e caddi, di faccia. Mi
legarono le mani e andai vicino ai 2, con la differenza che ero
l’unico ad essere cosciente.
“Pronto, c’è qualcuno?” sussurrai, ma nessuno mi rispose.
“Bene bene, chi abbiamo qui?” Venne verso di me uno strano
tipo, vecchio. Aveva dei lineamenti già visti, decisi di
chiamarlo SCCS, Supercapocattivosupremo. Portava per
tracolla un arco azzurro e grigio, bellissimo. Le possibilità di
rubarglielo sembravano meno di zero, sarebbe stato
bellissimo se non fosse usato come arma: “Custor
Elementorum.”
“Come mi hai chiamato?” sbottai, quel tizio la sapeva lunga.
“Venite con noi, e nessuno si farà male.”
Perché mai avrebbero voluto le nostre Virtutes se ce
le avevano anche loro.
“Le cosa?” Cercai di prendere tempo per analizzare la
situazione. A sentire la corda, pareva una da arrampicata,
impossibile da tagliare e da slegare se tirata bene.
“Pensa.” mi sembrò di sentire la voce di Zhalia nella mia
testa. Speranza o pazzia?
“Le vostre abilità, poteri, non so come le chiamate, fatto sta
che dovete venire con noi, e anche subito.”
La corda a cui erano legate le mie mani era molto
stretta, mi sarei soltanto fatto del male prendendola. Però
magari potevo fare qualcosa, sciogliendola. Così facendo mi
sarei procurato delle ustioni, per non parlare delle lesioni ad
essa. Però era l’unico modo per uscire da quella morsa. Strinsi
i denti e evocai il fuoco inscritto ai miei polsi, cercando di
sciogliere e di non soffrire troppo. Al contrario di quanto
pensavo, non sentii né bruciore né male, per cui feci un po’ di
scena.
50
Urlai disperato e tutti si girarono verso di me, poi mi
dimenai fino a che SCCS non mi afferrò per i capelli e mi
diede uno schiaffo sulla guancia, sentii la mia mandibola fare
un bruttissimo croc. L’uomo si girò verso Zhalia e un
poliziotto, che nel frattempo era sbucato dal nulla, e fece un
ghigno.
“Non li toccare!” gridai e lui sorrise di più. Con una forza
invisibile prese una macchina dal parcheggio e la scagliò
addosso ai ragazzi.
“No!” urlai, ma le corde non si erano ancora minimamente
sciolte, come la mia possibilità di scappare. Mi dimenai e mi
fecero cadere di nuovo, questa volta mi sanguinava il naso.
La macchina non andò a segno, si fermò a mezz’aria,
bloccata da una forza invisibile, simile a quella di SCCS.
Guardandola meglio, potei scorgere un’aura viola che la
riportava a terra dolcemente. Vicino ad essa c’era Zhalia,
svegliata dalla specie di coma, in piedi come se non fosse mai
svenuta. Anche se aveva dei tagli dappertutto e delle occhiaie
da paura, il mio cuore fece un salto e mi diede la spinta per
strattonare i lacci, sotto gli occhi increduli di SCCS. La
raggiunsi e disse: “Dammi una mano qui.”
“Non aspettavo altro.” le diedi il cinque.
“Prendeteli!” gridò SCCS e tutti gli incappucciati ci
mandarono una specie di elettricità blu addosso. Zhalia con il
suo nuovo potere mandò la macchina addosso a tre cattivi,
facendoli scomparire. Io con un perfetto connubio di fuoco e
acqua ne feci fuori un altro. Ne mancavano ancora due.
La ragazza corse da Tommy e provò a farlo rinvenire,
mentre io tenevo a bada l’uomo cattivo. Era un ottimo
combattente, sapeva usare le sue Virtutes molto meglio di me,
ma io avevo dalla mia parte la conoscenza del parco. Lo attirai
vicino al laghetto e incominciai a stordirlo con l’acqua, ogni
volta che cadeva per terra gli mandavo del fuoco addosso e si
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rialzava per combattere. In poco tempo era senza energie e lo
misi KO con un pugno.
Lo portai dagli altri, che nel frattempo si erano
svegliati e avevano fatto il loro dovere, facendo scomparire gli
ultimi nemici rimasti.
“Bene, di te cosa facciamo?” disse Jace.
“Nihil.” rispose SCCS e scomparve anche lui, il sorriso
deformato in un ghigno.
Solo allora realizzai che, per essere la prima volta in
assoluto che usavo le Virtutes più seriamente e non per
divertimento, me la ero cavata in maniera egregia, come se lo
avessi fatto più volte. Ero sicuro e non feci alcun errore, era
parecchio strano, non mi ero fatto prendere da ansia o altro.
Per non parlare della mia mandibola, era ritornata come
prima, forse avevo un fattore di guarigione più evoluto
rispetto agli altri esseri umani.
“E adesso cosa facciamo?” chiese Tommy.
“Aspettiamo, il nostro dovere l’abbiamo fatto.” dissi.
La seconda volta che si sentiva parlare Latino in giro
di 10 minuti, non poteva essere un caso o una coincidenza,
perché, come sappiamo, le coincidenze non esistono. Mi
guardai intorno e vidi una telecamerina nascosta in un
cespuglio.
“Ragazzi, qui non è sicuro.” Mi diressi verso delle panchine
all’ombra, dove mi sdraiai sull’erba. Mi sentivo sfatto come
non mai.
“Direi che come prima volta non è male.” disse Jace, stanco
quanto me.
“Non abbiamo scoperto molto però, anzi, un bel niente a dir
la verità” puntualizzò Tommy: “Nessuno ci vuole dire
qualcosa.”
“Ehi, non so voi, ma io sono felicissima di aver scoperto un
nuovo potere.” Zhalia si sdraiò vicino a me e aggiunsi:
“Niente male la telecinesi, però il mio è meglio.”
52
“Da quando riesci a controllare l’acqua?” chiese Tommy.
“È una cosa nuova, se devo dirla tutta anche meglio del
fuoco.”
“Inchinatevi davanti al Figlio di Poseidone.” scherzò Jace e
scoppiai a ridere.
Tutta l’adrenalina che avevo in corpo era finita, non
avevo la forza di alzarmi e camminare, energie prosciugate
molto velocemente. Stavo per mettermi a dormire dalla
stanchezza quando sentii il mio orologio vibrare e Sonne dei
Rammstein. Con uno sforzo immane alzai la testa e vidi che
mia mamma mi stava chiamando. Jace scoppiò a ridere e
risposi alla chiamata.
“Andrea, tu e Tommaso dovete venire subito a casa, nessuna
scusa!” urlò mia madre dall’altra parte del telefono. Non vi
dico quante volte le avevo detto che si sentiva benissimo
anche senza urlare, ma era parecchio dura di comprendonio.
“Cosa è successo?” chiesi io, stanco.
“Ci sono gli alieni! Se non venite subito mando Ambrogio a
prendervi!”
Tipica trovata di mia madre, non era la prima volta
che credeva a delle fake news, però dovevo andare. A
malincuore mi alzai e mi ricordai che avevo lasciato la bici nel
Covo.
“Io e Tommy dobbiamo andare, ci vediamo domani a scuola”
dissi io, mezzo rincoglionito.
“Va bene, a domani.” mi salutò Jace.
Guardai Zhalia, sorridendo, e ricambiò il sorriso,
guardando poi da un’altra parte. Il primo attacco era andato,
gli altri erano distrutti quanto me, a giudicare dalle loro
espressioni. Non potevo essere cosciente che quello sarebbe
stato solo l’inizio.
53
54
ZHALIA VIENE CONTROLLATA DA
UNA MONETA.
55
disse Tommy.
In effetti era vero, era parecchio spaventoso.
“Dobbiamo scoprire di più, mi puzzano un paio di cose.
Andrea, ganka una volta in vita tua.”
“Fammi pulire la jungle.”
“Si beh, datti una mossa.” riprese lui.
“Uno di quegli uomini aveva lo stesso tatuaggio che aveva
mio padre” disse Tommy: “Può essere una coincidenza.”
“Ce lo aveva sul polso?” chiesi.
“Si.”
“Ok, continua ad essere molto strano” disse Jace: “Finita
questa partita devo andare a scaricare la tensione, mi sento
tutti i muscoli in movimento.”
“Dopo quello che ti è capitato stamattina e oggi pomeriggio,
direi proprio di sì.” rispose Tommy: “Vado avanti bot, fate
drake.”
Mi sentivo le mani caldissime, come se potessero
prendere fuoco da un momento all’altro. Sentii la suoneria di
Jace dal microfono.
“Pronto?”
“Jace sono Zhalia.”
“Ehi, tutto bene?”
“No! Stanno succedendo cose spaventose! Vieni, ti prego.”
Dal microfono del telefono filtrato dal microfono di Jace si
sentì la voce di una donna, forse la madre: “Chiamate un
esorcista.”
Dalla mia esperienza con quel film, le cose che le stavano
capitando erano molto serie, ma dovevamo prima finire la
partita.
“Dille che arriviamo, tempo 10 min.” disse Tommy, e Jace
ripetè a pappagallo, poi riattaccò.
“Dobbiamo fare qualcosa.” disse lui.
“Siamo in classificata. Tutti mid e finiamo.”
La strategia ebbe successo e nel giro di 2 minuti io e
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Tommy eravamo in sella alla nostra bici, diretti non so dove.
Jace però ci condivise la posizione e in poco arrivammo
davanti ad una casa molto bella, grande per essere stata una
bifamiliare.
“Se riuscite a far aprire la porta, riesco a correre per le scale e
andare da lei.” disse Jace.
“Ho un’idea migliore.” disse Tommy, evocando un costrutto
d’ombra e buttandolo addosso alla finestra, da cui si vedevano
degli oggetti fluttuare.
“Ragazzi?” disse Zhalia, afferrando un libro volante.
“Zhalia, con chi stai parlando?” urlò sua madre, la figlia aveva
chiuso la porta a chiave.
“Al telefono!”
Tommy mi cosparse d’ombra, facendomi arrivare dentro in
stanza da lei, la stessa cosa poi fece con Jace.
“Non so che cosa stia succedendo!” sussurrò, assicurando
con lo scotch una penna.
“Hai fatto qualcosa di strano prima?” chiese Jace.
“Ho mangiato e fatto la doccia. Quindi no, zero.”
“Dobbiamo occuparci di tua mamma, dovresti riuscire a fare
un blocco così come hai fatto con Jace.” dissi, cercando di
analizzare il problema. Perché le sue Virtutes erano impazzite?
E soprattutto perché gli oggetti fluttuavano?
“Non so, dovrei avere un contatto visivo?”
Aprii la porta, mettendomi la chiave in tasca, sua
madre era lì ad aspettarla con il telefono in mano.
“Tu vuoi… dormire. È tutto un sogno.” disse Zhalia,
mentalmente. Vidi Jace cadere sul pavimento, così come la
donna.
“No, no, no” urlò Zhalia: “Svegliati tu.”
“Qualche problema con le Virtutes?” la punzecchiai. Nel
frattempo tutti gli oggetti erano ancora in aria, ma vidi che
erano circondati da un alone viola, che prima non avevano.
“Zhalia… stavo sognando…” disse Jace, guardandola.
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“Ritorna in te, ho bisogno del tuo aiuto.” gli disse, capitò
quello che disse. Wow, ero parecchio impressionato.
“Hai toccato qualche oggetto strano? Tipo Kryptonite?”
“No, zero.”
Tutto molto strano, troppo.
“Abbiamo dei sacchi a pelo nel Covo, andiamo tutti a dormire
lì per una notte.” disse Tommy, comparso dal nulla.
“E io come faccio? Ho addormentato mia madre e domani c’è
scuola.”
“Preferisci che qualcuno chiami un esorcista? Se siamo tra di
noi possiamo controllarci meglio, soprattutto in un ambiente
privo di pericoli e fatto apposta per noi.”
“Va bene. Cerco di finire la situazione qui.”
Zhalia tirò un sospiro e andò a svegliare sua mamma,
convincendola di star andando a dormire da un’amica per un
compito dato a scuola. Le sue Virtutes facevano paura, poteva
benissimo governare il mondo. Tirò fuori da un cassetto uno
zainetto già fatto, non chiesi spiegazioni, e andammo fuori
dalla porta, le portai la borsa di scuola. Venimmo salutati da
Kyra, il suo Pastore Tedesco, una bellissima citazione a Death
Note. Appena ci allontanammo dalla casa, gli oggetti
ritornarono al loro posto, come se non fosse successo nulla.
“Vuoi un passaggio? Sono in bici.” le offrii.
“Va bene.”
Le giornate erano ancora molto lunghe, il mio
orologio segnava le 7 e c’era ancora luce, avrei pagato con
tutto il mio oro per avere sempre quel clima. Al Covo
ordinammo qualcosa da mangiare e ci mettemmo a vedere un
film, con ogni tanto le mie mani che si accendevano
involontariamente. Tommy, che fino a quel momento era
riuscito a controllarsi molto bene, scompariva e riappariva
senza volerlo. C’era sicuramente qualcosa che continuava a
non andare.
Fermai Terminator e mi alzai in piedi allontanandomi da
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Zhalia. Gli strani effetti sparirono, quindi doveva essere
partito da lei.
“Zhalia, non so perché, ma sei tu la causa di questo.” le dissi.
Forse risultai un tantino aggressivo, ma era quello che volevo
far capire.
“E come?”
“Che cosa porti addosso?” chiese Jace.
“Gioielli? Maglietta? Reggiseno? Mutande?”
“Le ha sempre portate, penso.” disse Tommy.
“Ho raccolto una moneta nel parco dopo l’attacco, sembrava
romana, pesante e lucente. D’oro.” la tirò fuori, non avevo
mai visto una cosa così.
“Dobbiamo andare nella parte nuova del Covo, forse il
Computer ha qualcosa da dirci su quella.” disse Jace. Era un
Denaroo, ecco dove l’avevo già vista, conservata benissimo,
sperai fosse quella la fonte dei nostri problemi, poteva essere
più facile da spiegare.
Vicino al Maxischermo c’era una teca spuntata dal
nulla, forse di cristallo. Passammo vicino e la moneta venne
attirata da quella, come se fosse stata una calamita. Sullo
schermo apparve una scritta, che Zhalia tradusse con:
“Questa notte dormite tranquilli.”
Scoppiai a ridere, ma effettivamente avevo ragione, era quella
moneta che ci aveva causato un cortocircuito.
“Che strano, pensavo di averla lasciata a casa.” disse la nostra
amica.
Alzai le spalle, forse era vero e dovevamo portarla al
Covo, era qualcosa di magico, strano, non normale, ma ormai
noi eravamo il contrario di normale. Dopo aver depositato il
Denaroo, le nostre Virtutes si calmarono, non fecero più
brutti scherzi per tutta la durata della notte. Zhalia andò a
scuola e tornò a casa senza problemi, così anche noi, eravamo
decisamente più tranquilli. Sapevamo che non era il caso di
dire di noi in giro, ma eravamo consapevoli che non era la
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prima e unica volta che potevano esserci attacchi del genere,
dovevamo essere pronti a tutto e in qualsiasi momento.
L’idea di quella moneta fece riflettere molto Tommy,
che l’annotò nel suo quadernetto, doveva essere aggiunta alla
lista di robe che ancora non sapevamo, ma il solo pensiero
che potevamo perdere il controllo di un oggettino così
piccolo era un po’ comico. Dentro di noi avevamo del
potenziale che forse veniva sprecato, ma forse ci potevamo
divertire come dei matti.
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RAGAZZI, IL FRISBEE È UNO
SPORT!
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Durante il primo attacco della FYCE aveva sfiorato i 150 km
orari, facendo una stima molto approssimativa, forse anche
superato, non ne avevamo la prova. Non avevamo degli
strumenti sofisticati per allenarci, il Covo ci offriva alcune
chicche che però erano lontane anni luce da quello che Jace
aveva bisogno.
Lo osservai a lungo mentre si lavava la faccia. Era alto,
slanciato, sembrava essere un mezzofondista. I capelli marroni
erano portati all’indietro, con il ciuffo in bella vista. Sapeva di
essere bello e questo dovrebbe dire tutto, non passava un giorno
che una gamer o su Instagram o su Discord non gli scrivesse. E
lui le dava tutte le sue attenzioni, fino a che non si stufava e,
spinto da qualcosa più grande di lui, le lasciava, cercando di non
farla stare troppo male. Forse, anzi sicuramente, stava aspettando
la ragazza giusta, o forse era gay. Così funzionava con Jace,
nessuno riusciva a capire come fosse realmente perché nessuno
era riuscito ad essere importante per lui, ad eccezione nostra, che
comunque non lo capivamo lo stesso.
“Ehi Andrea, mi sei stato dietro prima” gli sentii dire, venendo
verso la mia direzione: “Niente male.”
“A te non pare strano? Perché a me si, e anche tanto.” dissi. Le
Virtutes avevano cambiato il mio fisico, non ero mai stato bravo
a correre, mi mancava resistenza continua, la mia preparazione
richiedeva resistenza alla velocità, e in quella nessuno mi poteva
battere. È il riuscire a fare tantissimi cambi di direzione senza
fermarsi, un bel po’ differente dal correre e basta.
“Ragazzi, siamo a scuola…” sussurrò Tommy, bravissimo come
sempre a chiudere le conversazioni fuori luogo.
Finalmente fu il mio turno per sciacquarmi la faccia, Jace
si era messo allo specchio per sistemarsi i capelli, e fissai l’acqua
che scendeva dal lavandino. Sentii un freddo glaciale sulla
schiena, mi era arrivata una secchiata d’acqua, e d’istinto mi
irrigidii, chiudendo le mani a pugno sui fianchi. Chiusi il
rubinetto e mi girai lentamente, cercando di non assecondare la
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mia voglia di dare fuoco a tutto lo spogliatoio. I colpevoli si
fecero subito vedere Giacomo e la sua banda, scoppiati a ridere
come dei deficienti.
Tommy, vedendomi più strano del solito, mi prese di peso e mi
portò in una delle stanze in fondo al bagno, chiudendo la porta
solo quando ci raggiunse Jace.
“È un idiota, non vale la pena usare le Virtutes contro di lui.
Lascialo perdere.” disse l’ultimo arrivato, schioccando le dita.
Non riusciva a stare fermo nemmeno in un momento come
questo.
“Giuro che gli farò abbassare la cresta prima o poi.”
“Non merita le nostre attenzioni. Tu piuttosto, vedi di trovarti
una nuova maglietta che il prof ci sta chiamando.” chiosò
Tommy, abbandonando la stanza assieme ai due.
Sapevo che, da quando lo avevamo rimpiazzato, lui ce
l’aveva a morte con noi, ma farci scherzi di questo calibro era da
squilibrati, appresso la sua banda di casi umani. Mi tolsi la
maglietta e mi misi vicino a una finestra. Poi evocai il fuoco e la
asciugai velocemente, mettendola addosso. Uscii dalla stanzetta e
vidi che il bagno era allagato, come ci si poteva aspettare. Mi
concentrai e misi una mano davanti a me, immaginando che
l’acqua che stava sul pavimento si alzasse e ritornasse su per i
rubinetti, tranne una piccolissima parte che misi nella sacca di
Giacomo. Feci in modo che rimanesse bolla fino a che non
aprisse lo zaino e gli cadesse addosso, piccola vendetta. D’altro
canto se non si utilizzavano le Virtutes per punire i cattivi, cosa
bisognava fare, tenerle sepolte dentro di sé? Sentii Frollari urlare
il mio cognome, quindi mi sbrigai, compiaciuto, e mi catapultai
in palestra, dove trovai gli altri seduti in cerchio.
Al centro c’era un ragazzo alto, non dimostrava più di 21
anni, con un frisbee in mano.
“Bene Lanza, finalmente ci ha degnati della sua presenza. Stavo
cercando di dire che avremo il privilegio e onore di avere un
tecnico federale che insegnerà Ultimate Frisbee per l’ora e mezza
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che vi rimane. Detto questo, finalmente posso passare la parola a
Federico, qualche cosa da dire, Lanza?”
Si levarono delle risatine dal gruppo di Giacomo e Aurora, tanto
per cambiare.
“Nossignore. Mi scuso per il ritardo, non succederà più.”
“Ciao a tutti, io sono Federico, gioco in serie A per la squadra
del Padova. Fate un giro di nomi?” mi soffermai un secondo a
vederlo mentre mi sedevo vicino a Jace. Portava un bellissimo
cappello da spiaggia, marrone, e la divisa della società. Volevo
avere anche io la sua convinzione che l’estate non fosse finita.
Tutta la classe si presentò e Frollari ci lanciò dei frisbee
addosso, in modo che li prendessimo. Balzai in piedi e lo presi al
volo senza alcun problema, come stranamente fecero Zhalia,
Jace e Tommy. Per un attimo ci guardammo intorno sbigottiti,
sperando che anche altri facessero come noi, ma la risposta fu
negativa. Una buona parte della classe li prese in testa e la
restante non fece nemmeno lo sforzo di alzarsi.
“Voi 4, come vi chiamate?” ci chiese Federico, togliendosi il
cappello: “Avete dei buoni riflessi.”
“Siamo Zhalia, Andrea, Jacopo e Tommaso.” disse la ragazza
senza respirare, indicando ciascuno di noi.
“Alzatevi pelandroni! Qui si lavora!” urlò il tipo, poi si soffermò
di nuovo su di noi. Il profilo basso che cercavamo di tenere era
appena salito alle stelle. Non era da persone normali alzarsi e
prendere un disco in meno di due secondi, nemmeno per
qualcuno allenato. Ci scambiammo un’occhiata nervosa e pregai
che qualcuno dicesse qualcosa per distogliere il suo sguardo su di
noi.
“Bene ragazzi…”
Ci mostrò come impugnare il frisbee per tutti i diversi
lanci, almeno i più importanti, che in totale dovevano essere 4. Il
suo tono era divertito, si vedeva che insegnare gli piaceva,
soprattutto a un branco di incapaci come noi, ci voleva
illuminare la mente.
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“Tu biondo, al centro” Federico aveva indicato Jace, il quale,
quasi ammutolito, si diresse dove gli era stato detto.
Incominciarono a tirare e subito si vide che il nostro amico era
particolarmente bravo, faceva dei lanci perfetti senza che si fosse
mai allenato. Federico si fermò, ignorando completamente il
disco che gli sfrecciava vicino.
“Hai mai giocato ad Ultimate?”
Alla domanda Jace girò lo sguardo nella nostra direzione,
era spaventato, capivo che non sapeva cosa rispondere. Feci il
gesto di suonare la chitarra e mimai con le labbra “giochi con
noi”.
“Gioco con i miei amici al parco.” Mi tirai uno schiaffo sulla
faccia, esasperato. Era una frana a mentire, contavo che la
Trasformazione portasse con sé anche una maggiore scioltezza
nel dire bugie a fin di bene, ma evidentemente mi ero sbagliato.
“E questi amici sarebbero quelli che si sono alzati prima? Aldo,
Giovanni, Giacomo e Kiss me?”
“Si, mi alleno con loro.” disse, cercando di mascherare la specie
di imbarazzo tremolante che aveva nella voce.
“E sei arrivato a questo livello da autodidatta?”
Non capivo quale fosse il suo obiettivo, farci ammettere che
avevamo già giocato forse?
Tommy gli venne in soccorso, raccogliendo il disco e
facendolo girare veloce sul suo indice: “Possiamo lanciare per
favore? Dopo, se ha bisogno di spiegazioni, gliele daremo senza
problemi.”
Incominciò a scambiare con me, sotto gli occhi increduli di
Federico. Jace si mise a lanciare con Lorenzo, un nostro
compagno di classe, e Marie prese il braccio di Zhalia. Lei sorrise
e si girò verso di me, sentii la sua voce nella mia testa: “State
attenti.”
“Ehi romanticone, vieni a lanciare.” disse Tommy, tirando il
frisbee direttamente nelle mie mani. Diedi uno sguardino veloce
all’intera palestra, tranne noi 4, nessuno riusciva a fare un
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passaggio corretto. Una ragazza, Michela Bionde, finì in
infermeria dopo aver ricevuto una botta sui denti, causata da un
tiro un po’ troppo forte da parte della sua compagna, Julia
Violin.
Il prof fece finta di niente e continuò a restare vicino alla
cattedra. Federico faceva zig-zag tra noi, parando i dischi che gli
arrivavano addosso con nonchalance, come se fosse una cosa
che faceva tutti i giorni. In effetti, lo era.
Ci disse di fare 20 passaggi di fila, io e Tommy li
facemmo in 1 minuto, senza fare un errore di postura e farlo
cadere. Non riuscivamo a sbagliare, nemmeno se ci
impegnavamo al massimo, volevo con tutto me stesso mantenere
un profilo basso, ma quello che sentivo non era normale. Tutti i
miei muscoli erano tirati, i sensi al massimo per captare ogni
singolo movimento esterno. Era come se il mio corpo si fosse
messo a comandare la mia mente.
“Potrei parlare con voi 4 in privato? Tu, maglietta bianca” indicò
Marie: “Lancia con una coppia a tua scelta.” disse Federico,
prendendo le distanze da tutti e portandoci sulle gradinate,
assieme al prof.
“Adesso mi spiegate cosa avete fatto per diventare così bravi,
avete giocato per qualche squadra?”
“Noi no... ci alleniamo quando finiamo di suonare e abbiamo
bisogno di un minuto di pausa.” puntualizzai, con tono sicuro; a
differenza di Jace, mentire mi veniva spontaneo, allenato da
quando avevo 8 anni.
“Io mi sono allenata con i Bulls di Brescia per tre anni, non so se
ti ricordi di me, giocavo nell’under 17.” disse Zhalia, sorridendo.
Ci girammo verso di lei sbalorditi e soffocò una smorfia divertita:
“Non ve lo avevo mai detto?”
“Avevi come allenatore Gigi?”
“Assieme alla Princi e al Griso.”
Ok, ero veramente confuso. Non parlava volentieri della
sua vita prima di trasferirsi, e in effetti non l’ho mai sentita
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accennare al frisbee, ma solo al tennis. E dopo dicono a noi
maschi che siamo complicati.
“Come hai detto che ti chiami, ragazza?”
“Zhalia Montin”
“Bene Kiss me, sei il nuovo capitano della squadra del Dumas.
Aspetto tutti quanti al gruppo sportivo. Non sono accetti no o
scuse del genere.”
Andò a correggere i miei compagni e ci lasciò soli, magari per
farci riflettere sulla sua offerta. Per quanto potei vedere, non ero
l’unico che non sapeva come atteggiarsi alla situazione.
“Siamo nella melma fino al collo.” disse Tommy
“Non ancora. Pensa a quando dovremo fare i 100 metri piani,
prima ho dovuto quasi camminare per riuscire a starvi dietro.”
rispose Jace, facendo schioccare le dita delle mani, ancora, non si
era stancato.
“Adesso andiamo a lanciare, si stanno chiedendo che cosa
facciamo qui.” tagliò corto Zhalia per poi raggiungere Marie.
Notai che stava giocherellando con il suo braccialetto, era
parecchio nervosa.
“La continuiamo a vedere brutta.” disse Tommy.
“Dobbiamo scoprire a tutti i costi quello che ci sta succedendo.
Andrea sei d’accordo? Andrea? È innamorato.” Jace alzò gli
occhi al cielo e mi schioccò di nuovo le dita davanti alla faccia,
facendomi trasalire: “Cosa?”
“Scendi dal tuo balcone Lanza.”
“Eh?”
A volte mi capitava di essere talmente immerso nei miei pensieri
da non accorgermi di ciò che mi accadeva, non realizzavo che
cosa stesse succedendo.
Scendemmo le scale, andando a lanciare di nuovo, questa
volta stando un pochino più attenti a quello che facevamo. Mi
sentii delle mani sulla schiena che mi abbracciavano da dietro, un
tocco diverso, mancavano i calli del pollice. Mi scansai subito e
purtroppo vidi che non era stata Zhalia, ma Aurora.
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“Dai Andy. Insegnami a lanciare:”
“Non credo di essere la persona giusta” mi irrigidii all’istante.
Zhalia si girò verso di me e mi vide con Aurora di nuovo
appiccicata addosso, mi squadrò da testa a piedi e girò lo sguardo
da un’altra parte. Eravamo solo all’inizio della giornata e già non
ne potevo più.
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SIAMO I PROTAGONISTI DI UNA
TRAGEDIA LATINA.
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e disse: “C'è qualcosa di strano nell'aria, come se mancasse
ossigeno.”
“Siamo dentro un caffè affollato, credo sia normale.” fu la
risposta della ragazza.
“Hai ragione.” disse lui, alzandosi. Aveva visto l'ora e si diresse
verso la nostra classe.
Quando il professore arrivò in classe, calò il silenzio più
totale, solo evocare quel tiranno ci faceva diventare muti come
pesci. Ci disse di unire i banchi per un lavoro di gruppo, più
precisamente traduzione, troppo difficile per una sola persona.
Quindi io e i miei amici unimmo le nostre postazioni, non
esisteva che qualcuno di noi venisse separato dagli altri.
“Come ben sapete, Cesare viene considerato uno dei più grandi
condottieri della storia, nella sua campagna contro i Galli, per
esempio, non si fermò davanti a nulla pur di vincerli.
Quest'oggi ogni gruppo avrà una traduzione diversa e poi vi
dovrete organizzare per recitarla. Sarà oggetto di voto del
primo quadrimestre.”
Non ci potevo credere, dovevamo tradurre e fare poi teatro.
Un Lanza si sarebbe vergognato di farlo.
“Dai Ale sarà divertente.” mi disse Zhalia, mi aveva letto la
mente forse o bastava capirlo dalla mia faccia.
“Come mi hai chiamato?” dissi.
“Ale.”
Vedendo la mia faccia desiderosa di spiegazioni, decise di
darmele: “Andrea Lanza, Ale, dimmi che hai capito.”
Annuii distratto, stranamente mi piaceva.
“Chidera, vai nel gruppo di Lanza e Dan; manca la seconda
femmina.”
La voce del prof mi svegliò dalla trance dei miei pensieri,
facendomi sbuffare. Ci mancava qualcuno che non fossimo
noi, dovevamo stare attenti a quello che dicevamo, non
aspettavo altro, e con me anche gli altri maschi.
70
In quanto femmine e amiche, Marie e Zhalia si
scambiarono uno sguardo complice e Riccardi ci passo il
nostro compito. Era una tragedia in latino.
Leggendo a mente l'introduzione, capii che si trattava di un
atto importante, Cleopatra e Marco Antonio erano stati beccati
come amanti e gli altri generali, come Giulio Cesare, erano
infuriati della cosa.
“Fattibile.” disse Tommy: “Io mi prendo Marco Antonio,
Marie Cleopatra, Zhalia l'ancella che si fa Giulio, Andrea
Cesare e Jace fa il narratore, ci state?”
“Fermo! Lo voglio fare io il narratore.” dissi, non mi andava
per nulla di recitare.
“No, non si accettano cambiamenti. Adesso leggete e traducete
la vostra parte.” chiosò lui, mettendo gli occhi sul suo foglio.
Non mi lasciò altra scelta che iniziare a tradurre. Con la coda
dell'occhio vidi Marie che faceva molta fatica. Noi non
avevamo nessun problema ma tutti gli altri si. Sentii anche
Giacomo e Aurora lamentarsi di quanto fosse difficile, quindi il
prof parlò.
“Va bene, va bene. Il teatro lo fate solo con la traduzione che
vi darò alla fine della prima ora, se non siete riusciti a tradurla.”
“Ma allora che senso ha…” disse Marie, venendo rassicurata da
Tommy: “Fai del tuo meglio, sono certo che tu c'è la possa
fare.”
Lei sorrise, raggiante, era la prima volta che lo vedevo proferire
parola con una ragazza che non fosse Zhalia o Aurora.
Jace mi tiro una gomitata, aveva notato anche lui quella
cosa, e cercò di mascherare la sorpresa mettendo gli occhi sul
foglio. Dopo quella che sembrò un'eternità, fini di tradurre
tutta la mia parte, la trovai anche abbastanza semplice, solo la
parte di Jace era complessa, essendo il narratore. Zhalia aiutò
Marie ma venne interrotta da una comunicazione della preside
venuta fuori dall'altoparlante della nostra classe.
71
“Gli alunni Montin, Dan, Lanza e Costa sono pregati di recarsi
in Presidenza.”
Esattamente il profilo basso che volevamo tenere. Si
sollevarono alcuni risolini dagli altri gruppi, che cercai di
ignorare al mio meglio, cosa non difficilissima da fare.
La Preside era assieme a Federico, il tipo del frisbee, e Frollari
ad aspettarci.
“Ragazzi!” ci accolse con un sorriso a 32 denti: “Entrate
dentro! Volete un caffè?”
“Grazie mille.” disse Jace, sedendosi per primo. Guardò Zhalia,
forse aveva capito le intenzioni di tutti loro.
“Abbiamo bisogno di voi nella squadra della scuola ad un
torneo con le altre scuole rivali.” disse la Preside: “Avete bonus
come presenza fuori aula, entrata posticipata senza ritardo e
voti alzati.”
“Un no non è accettabile come risposta, come già detto.”
aggiunse Frollari per poi passare la parola a Federico.
“Ragazzi, siete molto bravi. Si tratta solo di fare un
allenamento alla settimana al posto delle due ultime ore del
venerdì.”
“Siamo pronti a cambiare il vostro orario per farvi partecipare,
vi chiediamo di prendere il vostro impegno e di portarlo a
termine per favore.”
“Credo di poter parlare a nome di tutti” iniziò Zhalia: “Saremo
onorati di poter partecipare per la scuola ma ad una
condizione, che sia l'unica attività extrascolastica a cui
dobbiamo partecipare.”
“Avete la nostra parola.” disse la Preside.
“Va bene allora.” chiosai io, aspettando un cenno per tornare
in classe.
Nel corridoio passammo per l'enorme palestra, vuota,
non c'era anima viva, era bellissima. Ci fermammo sui gradoni
per non tornare subito a far latino.
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“Non l'avete trovata un po' troppo semplice quella versione?
Come se l'avessi già letta e tradotta in precedenza.” disse, gli
occhi viola. In che modo stava usando le sue Virtutes?
“Ho avuto questo sospetto anche io.” concordò Jace, anche lui
con gli occhi color ghiaccio. Di istinto mi girai a vedere
Tommy, gli occhi verdi sostituiti dal nero. Tirai fuori il cellulare
e vidi l’ora, era mezzogiorno, assieme al mio riflesso, avevo le
iridi rosso fuoco. Che cazzo stava succedendo? Zhalia perse i
sensi, seguita a manetta dagli altri, un secondo dopo anche da
me.
Tutto era buio, l'unica fonte di luce era una candela che
cercai di dominare ma non ci riuscì, ero come uno spirito
passavo dentro i muri. Tra le ombre venne fuori Tommy,
vestito con un'armatura d'oro che poi tolse, rivelando un corpo
da bodybuilder, perfetto. Era in compagnia di una donna di
colore, tremendamente simile a Marie.
“Tommy!” urlai, ma dalla mia bocca non uscì alcun suono.
“Vi stavo aspettando generale. Avete novità sulle strategie degli
altri eserciti.”
“Per ora no, vostra eccellenza.”
“Ottimo, non andartene via da me per così tanto tempo. Non
lo riesco a sopportare.”
“Glielo giuro, mia Regina.”
Tommy e Marie si buttarono sul letto giocando con le abilità di
lui poi tutto diventò sfocato senti le urla di una bambina e il
ruggito di una belva, sembrava in un'arena, con migliaia di voci
che facevano da sfondo, raccapricciante.
Alle 12.01 ero in piedi davanti ai gradoni con gli altri
parecchio spaesati, la mia stessa reazione in realtà.
“Questo pomeriggio ne dobbiamo parlare. Assolutamente.”
disse Tommy, il viso buio. Chissà se aveva visto quello che
avevo visto io, speravo per la sua salute mentale di no.
“Torniamo in classe” disse Zhalia: “La mia era molto simile a
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quella di Marco Antonio e Cleopatra.”
“Anche io.” annuii, per poi partire. Al nostro arrivo Riccardi
aveva già dato la traduzione agli altri e lessi velocemente di
nuovo la mia parte, erano le parole che avevo sentito dire. Le
capii tutte però, anche se erano state dette in latino, il mio
cervello le aveva automaticamente tradotte in Italiano.
Impressionante.
“Ora che avete la traduzione dovreste riuscire a fare il teatro
senza problemi. Ricordo che sarà tutto valutato.”
“Ci mancava solo questo.” sussurrai.
“Forza! Fate subito le prove!” la voce di Riccardi mi
incominciò a dare sui nervi.
“Dai che sennò ci ammazza.” disse Marie.
“Gli posso dare fuoco semplicemente schioccando le dita.”
dissi, ricevendo un'occhiataccia da parte dei miei amici.
“Come no fiammifero, abbassa la cresta e torna a fare il tuo.
Voglio un bellissimo voto.” disse Zhalia pregandomi con lo
sguardo. Forse mi ero spinto un po' troppo oltre.
“Chiedo scusa.” dissi.
Mi toccava fare un Giulio Cesare geloso e che si faceva
l'ancella della regina, quelle cose erano troppo strane per essere
state vere. Ripetei alcune frasi a bassa voce, con molto pathos,
per quanto fosse brutto quel lavoro, letto con enfasi era
toccante. Potevo sentire benissimo la vendetta di Cesare, era
molto simile a me, bello, alto, muscoloso, leader nato. Sarebbe
stato un figlio onorevole per mio padre.
“Ehi, ti sento molto pensieroso, c'è qualcosa che non va?” mi
chiese mentalmente.
“Beh, quello che ho visto è quasi identico alla versione, non so
se dire che sono spaventato o no.”
“Ti capisco, ci stavo pensando anche io, ma è qualcosa che
dobbiamo solo accettare. Non credo ci siano gli uomini
incappucciati al controllo della nostra scuola. Sarà stato il
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nostro subconscio che avrà collegato le due cose.”
“Ti vorrei dare ragione, ma non posso. Mi sembra tutto troppo
strano.”
“Bene ragazzi. Rossetto, parte il tuo gruppo.” urlò il
professore. Aurora e Giacomo fecero un'esibizione piena di
risolini e per nulla seria. Riccardi li mando a posto, incazzato
nero.
“Se qualcun altro fa così, vi posso giurare che non verrà
ammesso agli esami di fine anno.”
Il nostro gruppo fu l'ultimo, quando ci alzammo
sentimmo commenti poco appropriati su di noi, che però il
prof non fermò, troppo impegnato ad appuntarsi qualcosa sul
suo registro. Jace partì con l'introduzione diventando poi uno
dei generali aspettavo la mia entrata in scena.
“Ci hanno tradito, l'impero è stato messo da parte sbattere un
pugno sul tavolo da oggi non ci sarà più alleanza fra Roma e
Egitto.”
“Se posso permettermi, signore, non credo che sia una cosa
appropriata, lei lo ha scoperto, Marco Antonio non sa ancora
nulla.” disse Zhalia.
“Schiava, perché parli? Non porti rispetto alla tua regina?”
“Il mio servizio va all'Egitto. Lei non sta facendo la scelta
giusta.”
Tommy venne fuori ed entrò in scena: “Mio signore, Cesare,
l'Egitto ci vuole dichiarare guerra.”
“Vai a chiamare la tua padrona, schiava.” la mandai con un
gesto della mano, arrivò Marie.
“Mi avete chiamato, Cesare?”
“Che ne stata dell'alleanza che avevamo deciso?”
“Cesare, ci sarà finché morirò.”
“Marco Antonio, accompagni la regina nelle sue stanze. Mi fa
piacere che il nostro accordo sia ancora valido.”
Eravamo ancora pronti a continuare, ma il professore ci fermò
75
applaudendo: “Perfetto, dieci a tutti.”
Sorrisi, soddisfatto, era bastato così poco, ma feci l'errore di
guardare Tommy negli occhi. Era completamente immerso nei
suoi pensieri, qualcosa non andava.
Con matematica non ci fu molta occasione di parlare, il
prof spiegò le derivate composte, nulla di che preoccuparsi, ma
erano cruciali per il prossimo parziale.
“Dobbiamo andare ancora al Covo, questa cosa non deve
passare liscia.” disse Tommy, mettendo via le sue cose.
“Va bene, chiamo che non ritorno a casa, per fare le prove.”
esclamò Zhalia, era anche tempo di prove, ormai andavamo al
Covo solo per l'altra parte, non quella degli strumenti.
Preparai una pasta veloce e solo dopo, a stomaco pieno,
iniziamo a parlare di quello che avevamo visto.
“Quali visioni avete avuto?” domandò Tommy serissimo; il suo
tono mi sorprese.
“Ero in mezzo ad un combattimento tra noi e alieni, poi un
giuramento. Era tutto molto sfocato.” sussurrò Jace, come se
quello appena detto lo potesse far tornare indietro.
“Quale giuramento?” dissi, guardando dopo Tommy.
“Non me l'hanno detto” disse Jace, mortificato. Il biondo
aveva lo sguardo fisso su di Tommy.
“Niente, ho solo fatto il giro di una foresta.” disse Tommy,
impassibile.
Con la coda dell'occhio vidi Zhalia strabuzzare gli occhi
e guardare in giro per mascherare la sorpresa. Ebbi la conferma
che stesse mentendo, ma non ne capivo il motivo.
“Lali, tutto bene?” chiese Jace scrollandole la spalla.
“Si. Ho avuto un piccolo blackout.” guardò Tommy, che tenne
gli occhi bassi. Aveva intuito che lei sapeva.
“I nostri noi hanno fatto un giuramento, di aiutarsi sempre con
qualsiasi mezzo. Adesso dici che cosa ti turba.” dissi io,
sperando che quello che avessi appena detto fosse la verità.
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“Il me si è innamorato della Marie, che dovrebbe essere la figlia
del Dominator, però non so che cosa sia. Penso avessero
giurato di disprezzare lei e il padre, invece lui se n'è
innamorato.”
“Comunque sia, dobbiamo scoprire assolutamente tutto voglio
avere il controllo della mia vita.” aggiunse Jace, aprendo un
pacco di patatine. Aveva la scorta segreta in una stanza del
Covo?
“E come facciamo? Sappiamo meno di zero in questo
momento.” esclamò Zhalia.
“Hai ragione, però ogni passo che facciamo sappiamo meno di
prima.”
Ognuno si sedette sul proprio puff e incominciò a
giocare con le proprie Virtutes, un riflesso incondizionato che
avevamo quando eravamo parecchio nervosi, poi Tommy ci
interruppe, prendendo il suo quadernetto nero dalla cartella. Lo
avevo visto tirare fuori molte volte, era quello in cui scriveva le
cose che scopriva sui suoi genitori.
“Cerchiamo di dare un filo logico a quello che ci è successo.
Jace incomincia tu.”
“Ehi, sono io lo psicologo del server. Non rubarmi il lavoro.”
scherzò lui.
“Vuoi fare il serio una volta nella tua vita?” Il sorriso di Jace
scomparse, odiavo quella parte di Tommy.
“Erano due visioni. In una c'era un me in volo intento a
combattere qualcuno di strano, alieno direi. Nella seconda
visione eravamo noi 4 dentro un'arena e stavamo combattendo
dei leoni. Ora, per noi tutti va benissimo ma lei cosa c’entra?
Non ci sono i combattimenti tra donne.” disse lui.
“Mi stai dicendo che sono un errore?” disse Zhalia.
“Se siamo tutti maschi, ci sarà un motivo.” rispose Tommy,
incrociando le braccia: “Non ti sto incolpando ma a me pare
strano fin dal primo giorno.”
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“Smettila!” disse Jace, prendendo le sue difese prima ancora
che io potessi controbattere: “No Lali, se fossi un errore non
saresti qui.”
“Lali, bellissimo soprannome” disse lei, sorridendo: “Ce la sto
mettendo tutta per essere all'altezza della situazione,
evidentemente non è abbastanza.”
“Sei una ragazza, basta che ti metti i tacchi.” Jace era
bravissimo a far tornare il sorriso a Zhalia, si mise a ridere,
alleggerendo la tensione nell'aria.
“A proposito, qualcuno si è accorto che le visioni erano
completamente in latino?” dissi.
“Volevo proprio arrivare a questo.” Jace prese il libro di latino
dallo zaino e aprì l'ultima pagina: “Non sono mai stato una
cima a tradurre, e anche Riccardi se ne è accorto, ma adesso
riesco a capire tutto senza il minimo sforzo.”
“Traduciamo con il freno a mano tirato. Può darsi che sia una
cosa temporanea, solo per permetterci di capire quello che ci
sta succedendo.” ipotizzò Tommy.
“Se è vero quello che stai dicendo, ci verranno tolte anche le
Virtutes nel momento in cui non servano più. Però non penso
che possa succedere.” ragionai.
“Il tempo ci insegna che dobbiamo solo aspettare” suggerì
Zhalia: “Ho voglia di suonare i Nirvana.”
Sorrisi, adoravo i nostri pezzi, ed era un bellissimo
modo per svuotare la nostra mente. Provammo per un bel po'
di tempo, fino a che non venne buio fuori, mi senti realizzato.
Avevo degli amici fantastici che non erano solo partner come
pensavo ma persone a cui tenevo davvero, mi sentii realizzato.
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MIA MADRE MI SALVA L’ESISTENZA.
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“Dicci.” disse Jace.
“Il primo novembre siete tutti invitati a casa mia.”
“Ma è tra due giorni.” sussurrò lui.
“Eh lo so, ma se non venite sono in guai seri.”
Zhalia mi guardò, l’espressione neutra: “Va bene, Come ci
dobbiamo vestire?”
“Eleganti, più costa il vostro outfit più piace.” Frase azzeccata
al contesto.
“In che senso, devo vestire di marca?” mi chiese, annuii.
Scosse la testa: “Non fa assolutamente per me, grazie
dell’invito ma no.”
Guardai Tommy, cercando supporto. “È un'occasione
molto speciale per la sua famiglia, gli farebbe molto piacere se
partecipassimo tutti.”
“Tommy, forse non hai capito. Vengo da una famiglia che fa
fatica ad arrivare a fine mese, lì saranno presenti tutti i ricconi
di Padova, non mi voglio sentire fuori posto.”
“E non ci venire, chi ti vuole” sbottai arrabbiato: “Se ti devi
fare tutti questi problemi per una festa, non ci venire.”
“Andrea, stai esagerando.” disse Jace, alzandosi in piedi.
“Se mi devo creare problemi per una che non vuole venire, no
grazie. Ho altre cose a cui pensare.”
Zhalia prese le sue cose e andò fuori dalla porta, nel
bel mezzo delle prove. Mi diede molto fastidio, doveva fare
storie solo perché si sentiva diversa, la reputai profondamente
immatura.
“Potevi andarci un po’ più piano con lei.” disse Jace.
“Me non me ne frega nulla, se vuole bene, se no cazzi suoi.”
Lo sapevo benissimo che in realtà io avevo bisogno di lei per
non stare sempre con Aurora, soprattutto al ballo, ma
l’orgoglio aveva giustamente prevalso.
“Ti sembra modo di parlarle.” riprese lui.
“Non ti ci mettere anche tu. Quello che è fatto è fatto.”
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“Stiamo litigando per una cavolata del genere, basta” chiosò
Tommy: “Non ha il minimo senso. Andiamo alla festa senza
di lei.”
Jace scosse la testa e poi non disse più nulla. I due
giorni seguenti furono molto tranquilli, i miei amici erano
schivi tanto da tenere le distanze l’uno dall’altro, Zhalia non si
fece più sentire, non la vedevo nemmeno a scuola, i
professori ci chiedevano dove fosse, e nessuno di noi sapeva
dare una risposta. Tutto fino al giorno della
Commemorazione.
L’enorme salotto di casa mia era completamente
addobbato di bianco, sui tavolini c’erano bottiglie di ogni tipo,
champagne, prosecco etc, non meno di 50 euro ciascuna. Ero
nella mia stanza quando sentii bussare alla porta, era mia
madre.
“Andrea, ti ho portato il vestito.”
“Grazie mamma.” Le diedi un bacio veloce e andai a
cambiarmi.
Mi guardai allo specchio, mi donava da morire.
“Sbrigati che se no fai tardi.” Tommy apparve vicino al mio
letto.
Lo guardai, sprezzante. Lo sapeva che odiavo quando
appariva dal nulla.
“Non sai quanto darei per andarmene via in questo
momento.”
“Peccato che non puoi. Adesso non ti preoccupare di quello
che succede.”
Spensi le casse, stavano trasmettendo Lightbringer dei
Pentakill. Mi sarei volentieri messo a giocare a League of
Legends piuttosto di scendere giù alla Commemorazione,
dovevo cercare un modo per andarmene via il prima
possibile.
Uscii dalla stanza e mi diressi verso il salone, seguito
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da Tommy. Venni accolto da tantissime persone che non
conoscevo, tutte a farmi complimenti e ad elogiarmi, poi
venni travolto da una strana presenza. Purtroppo sapevo chi
fosse.
“Andy finalmente sei arrivato! Ti stavo aspettando.” disse
Aurora, la voce mielosissima.
Quello era il mio mondo, il mio momento, eppure mi
sentivo così estraneo. Mi prese il braccio e mi portò al suo
tavolo, facendomi sedere.
“Perché quel muso lungo… non sei felice di stare con me?”
“Certo, come non esserlo…” sperai con tutto me stesso che
captasse il sarcasmo nella mia voce, ma così evidentemente
non successe. Si aggrappò ancora a me e mi baciò la guancia.
Cercai il sostegno di Tommy ma non lo vidi in giro, forse con
la sua invisibilità era scappato via, avrei dato i miei milioni per
avere le sue Virtutes. Vidi mio padre parlare con i genitori di
Rebecca, e mia madre prendere lo spritz con una persona che
avevo già visto.
Mi alzai dalla sedia con la scusa di dover prendere del
prosecco e andai in mezzo alla folla, dove nessuno mi poteva
riconoscere. La mia meta era l'uscita, volevo andarmene di lì
al più presto. Sentii vibrare il mio orologio e presi il telefono,
Jace mi stava chiamando.
“Pronto?” risposi.
“Sono alla porta, non mi fanno entrare in casa.”
Corsi all'entrata e aprii la porta, sotto le proteste dei
buttafuori.
Non era possibile. Non solo c’era lui, ma anche Zhalia.
La fissai, imbambolato. Non doveva venire dopo
quello che le avevo detto.
“Non ti abituare Lanza, sono venuta per fare un favore a Jace.
Non ho intenzione di stare con te.” sentii la sua voce nella
mia testa, e mi meravigliai.
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Ah già, vero. Lei.
Li invitai in casa e li accompagnai in salone. Il ragazzo
era vestito in giacca e cravatta, lei in un vestito aderente e
lungo, adatto alla serata.
“Certo che ti potevi vestire un po' meglio.” la punzecchiai.
“Mi scusi signor Versace, la prossima volta vado a spendere
tutti i miei risparmi per un vestito.”
Insieme a Jace andò al buffet, lasciandomi da solo.
Cercai con lo sguardo Jace, ma non lo vidi da nessuna
parte, quindi andai al buffet a cercarlo. O meglio provai, dato
che una presenza appiccicosa fece la sua comparsa.
“Andy, ho preso da bere per entrambi, andiamo a sederci al
tavolo.”
Cercai di dire di no, ma in quel momento mi passò mio padre
vicino. La sua espressione non ammetteva repliche, dovevo
andare con la sanguisuga.
Lei più felice di un bambino con le caramelle, io afflitto come
una gabbianella con le ali ricoperte di petrolio. Non era
possibile che dovevo stare con lei tutta la serata, la mia sanità
mentale stava lentamente andando a farsi fottere. Non
aspettavo altro, veramente.
“Smettila con quel muso lungo e vieni in pista a ballare.”
Mi prese il braccio e mi trascinò al centro della sala; a dire la
verità, non si era mai staccata da me.
Come musica stavano facendo un lento, giusto per far
ammassare le coppiette felici, avrei pagato oro per non sentire
tutta l’atmosfera. Quindi un’idea mi balzò per la mente,
dopotutto, le Virtutes mi erano state donate per combattere il
male. Aurora era la regina dei mali. Immaginai che, mentre
sbattevo verso di lei, le si bagnasse il vestito, come se avessi
avuto in mano un bicchiere di acqua. Così accadde, lei urlò e
scappò via dalla pista, lasciandomi da solo. Finalmente potevo
un pochino respirare.
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Attraversando la porta sul retro andai in giardino,
dove mi stesi sull’erbetta. Guardai l’orologio, il tempo era
volato. Il mio sguardo si rivolse verso il cielo, c’era il
tramonto che dava al paesaggio una nota romantica. Chissà se
Leopardi, mentre scriveva il suo infinito, contemplava il
tramonto, oltre alla sua collinetta.
“Sono sicura che lo avesse fatto.”
Mi girai di scatto e vidi Zhalia davanti a me, solo allora la vidi
meglio, illuminata dalla Luna. Il vestito che aveva addosso le
stava benissimo.
“Smettila, lo sai che mi dà fastidio.” Odiavo quando usava le
sue Virtutes e mi entrava nella mente.
“Mi scuso tanto Signor Versace, non ho resistito” sorrise lei,
sarcastica: “Non vorrei dire a Aurora dove sei, sono sicura
che ti starà cercando.”
“Provaci e ti rendo la vita un inferno.”
“Siamo molto suscettibili oggi.” Era bravissima a farmi salire
il nervoso ad ogni parola.
“Non sto scherzando.” dissi.
Si avvicinò a me e mi guardò in tono di sfida:
“Sempre il primo a fare il bulletto con gli altri, eh Lanza? Però
quando ti senti minacciato sei il primo a scappare.”
Scappare...? Per chi mi aveva preso sta cretina?
“L’unica a scappare qui sei tu. Sei un pericolo vagante, non ti
rendi conto di quello che potresti farci e continui a starci
vicino, complimenti.”
La sua espressione mutò completamente e mi sentii
estremamente soddisfatto di me stesso, mi voleva ferire e io
avevo girato il coltello dalla parte del manico, molto astuto da
parte mia.
Però forse avevo esagerato un po’.
“Quando smetterai di essere così tagliente scrivimi, per me
noi finiamo qui.”
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Fantastico, i miei buoni propositi per smetterla di fare
lo stronzo si erano appena infranti.
“Zhalia aspetta, non intendevo dire quello. Scusami.”
“So benissimo che cosa intendevi dire. Fammi andare via.”
Mossi la gamba per andare verso di lei, ma mi fermai
immediatamente, vedendo un’ombra viola nei suoi occhi.
“Se fai un altro passo verso di me, ti blocco.” il suo tono era
piuttosto arrabbiato.
“Ho sbagliato, ti devo ringraziare soltanto per essere venuta
alla festa.” Le donne erano proprio strane.
“Quando ti senti minacciato fai passi indietro, purtroppo con
me non funziona.”
Forse avevo un tantino esagerato e mi meritavo di essere
trattato così, ma non a casa mia. Le regole lì le facevo io, fino
a prova contraria.
Il mio orologio segnò un cambiamento repentino di
battito, e me lo disse vibrando. In quel momento doveva stare
solo vicino a me, non ci doveva essere distanza. Sentii una
brezza familiare che passava tra i miei riccioli, guardai la mia
mano destra. Potei riconoscere anche il colore, azzurro, che
giocava tra le mie dita. Fuoco e acqua… e se non fossero state
le mie uniche Virtutes? Forse c’era molto di più da scoprire su
di me.
Strappai un movimento verso di lei e me la trovai addosso,
spinta da quel vento azzurro che potei visualizzare nella mia
mente.
Lei stupita, io soddisfatto.
“Lasciami andare!” mi urlò.
“Fuoco, Acqua e Aria sono gli elementi, avrei dovuto capirlo
prima.”
Mi guardò, poi cercò di allontanarsi da me, non mi ero
accorto che la stessi abbracciando.
“Scollati.” disse, fredda.
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Sospirai.
“Guarda che ti sento.”
“Ho l’impressione che diventeremo grandi amici.” dissi,
ridendo. Ero troppo contento dal nuovo potere che mi
scordai completamente dei miei comportamenti passati.
“Non esserne così sicuro, Andrea.”
“Mi hai chiamato con il mio nome!” Incredibile, Miss
Ghiaccio si era appena sciolta.
“Non ti ci abituare, Lanza. Non vorrei che dopo ci restassi
più male del solito.”
“Quindi rimani qui?”
“Non ho nulla di meglio da fare.” rispose lei. Voleva sembrare
fredda ma in realtà sotto il rossetto c’era un piccolo sorriso, o
almeno era quello che avevo visto e colto.
“Per fortuna.” pensai, avrei avuto qualcuno con cui stare e
non Aurora, sperando che mio padre non la vedesse.
“Ti stanno cercando dentro, la mia presenza non è ammessa
vicino a te.”
“Grazie, scusa per prima.”
Mi fece cenno di andare e la lasciai in giardino da sola.
Forse mi ero sbagliato sul suo conto, era molto più dolce di
quanto faceva vedere. O forse ero io che non la mettevo in
condizioni di stare bene, non sapevo cosa pensare.
Quando entrai in sala si girarono tutti verso di me, mio padre
mi venne incontro.
“Riprendete a ballare.” disse, poi mi fece cenno di seguirlo.
Mi portò in un angolino sperduto, stranamente deserto.
“Aurora non è per nulla contenta, e nemmeno io. Ti stai
adeguando alla gentaglia che hai a scuola e nel tuo gruppo
musicale.” diede particolare enfasi alle ultime due parole.
“Padre, so benissimo l’incarico che dovrò ricoprire un giorno,
non mi sto adeguando a nulla”
Con lui bisognava soltanto fargli sentire le cose che voleva
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sentire, nient’altro.
“Sei sparito prima, Aurora si è lamentata da me. È forse
questa l’educazione che ti ho impartito?”
“No, ho invitato i miei amici e sono stato un po’ con loro.”
“Non sono gli invitati qui, se ti vedo ancora in giro con loro e
non con Aurora, taglio i fondi con il locale che avete per
suonare la vostra robaccia.”
Mio padre se ne andò da me, lasciandomi con molta
rabbia in corpo, era così ottuso ma così potente, aveva
centrato il punto perfetto per farmi allontanare dai miei amici.
Non potevamo permetterci di perdere il Covo. Andai dagli
interessati, intenti a bere qualcosa assieme a rinfresco.
“Non potete stare qui, appena finisce la festa vi dico”
sussurrai, il morale a terra: “Mi spiace molto.”
“Cose da ricchi che non possiamo capire.” disse Zhalia.
“Smettila, vi spiegherò tutto appena mi fanno uscire.”
“Non c’è nulla da spiegare, togliamo il disturbo.” disse lei,
andando verso la porta.
“Spero tu abbia una scusa buona.” disse Jace, seguendola.
Tommy mi guardò, il drink in mano, la sua espressione era
più indecifrabile del solito.
“Che cosa ha detto tuo padre?” mi chiese.
“Ha detto che devo stare con Aurora, se no ci avrebbe tolto il
Covo.” dissi. A tempo debito gliela avrei fatta pagare.
“Ritorno da Aurora. Tu cosa fai?” chiesi.
“Farò un paio di domande a persone che conoscevano i miei
genitori. Ho un’altra guerra da finire.”
Era da molto che non li nominava, era molto riservato anche
con me, tutte le sue scoperte finivano in un quadernetto che
teneva sempre con sé. Effettivamente la Commemorazione
era un modo anche per conoscere fatti indiscreti, erano
presenti pezzi grossi del Corpo di Polizia e Difesa dello Stato.
Andai da Aurora, scusandomi per averla fatta
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aspettare. La presi per la vita e la portai in un tavolo a bere
con me. Mentre lei parlava da sola, pensavo a quanto bene
volessi al Covo e ai ragazzi per sopportare quel tiranno di mio
padre e quella zoccola di Aurora.
“Andrea, tutto bene? Sei strano.” disse lei.
Faceva troppo caldo lì dentro, iniziai a sudare molto, sentivo i
respiri di ogni persona.
Aurora mi tastò la fronte e ritrasse la mano, spaventata, la mia
temperatura corporea non era mai stata così alta.
“Andiamo in camera.” disse, prendendomi la mano e
facendomi alzare dalla sedia.
“Mai stato meglio.” risposi io, ma alla fine lei mi portò via dal
palco, quindi una cosa buona la fece. Con la coda dell’occhio
vidi Tommy confondersi con le ombre e seguirci.
Aurora si piazzò in camera mia e preparò l’idromassaggio, ma
non serviva, incominciai a non impazzire più.
“Sarà stato solo un attacco di panico, però non ne hai mai
sofferto, vado a chiamare Emilia.” disse lei, lasciandomi solo.
Appena fu certo che Aurora se ne fosse andata, Tommy
apparve, facendomi sussultare.
“Che cosa è successo?” mi chiese.
“Non lo so, ho bisogno di usare le Virtutes. Ho scoperto che
posso controllare l’aria, solo che non so come fare.”
“Di sicuro adesso non puoi fare nulla. Solo aspettare per
andare al Campo Marzio domani.”
“Ne ho bisogno adesso.”
“Andrea sta male.” disse una voce femminile fuori dalla porta,
Tommy si confuse con le ombre ed un attimo dopo
entrarono mia mamma e Aurora, entrambe preoccupate per
me.
“Mamma, adesso non ho niente, prima mi mancava il respiro
perché c’era troppa gente.” dissi, cercando di apparire
convincente.
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“Lasciaci un attimo soli, Aurora, ti chiamo io appena ho finito
di parlare con Andrea.”
Mia mamma l’accompagnò alla porta e la chiuse, poi si
sedette sul mio letto, abbassando il tono di voce.
“Marco ha rovinato tutto, vero? Ti ha detto di stare con
Aurora e di mandare via i tuoi amici?”
“Non ne hai sbagliata una.” annuii.
Mi diede un bacio sulla fronte: “Conosco tuo padre da troppo
tempo. Si vede lontano un chilometro che non vedi l’ora di
scappare da lei, fosse per me sarebbe già bandita dalla casa.”
“Grazie, papà non lo permette.”
“Si, e di questo mi dispiace molto. Tiene troppo alla famiglia e
al suo nome, non è facile essere un Lanza, Andrea. Adesso
reggi il gioco.”
Mamma si alzò e andò ad aprire ad Aurora, che,
conoscendola, si era messa seduta sopra un mobile, come se
fosse stata a casa sua.
“Andrea ha un po’ di febbre, l’ho messo a letto. Conviene che
gli stia lontana, vai ad avvertire Tommaso che si deve
trasferire nella stanza accanto.”
“Vado subito. Stammi bene Andy.” Aurora mi mandò un
bacio da lontano e andò via.
“Vai dai tuoi amici, Tommaso capirà che dovrà uscire, non ti
ammali da quando eri piccolo” mi disse la mamma: “Parlo io
con Marco, chiudi la stanza a chiave e scappa dalla tua porta
sul giardino. Domani la tua febbre passerà.”
“Grazie mamma.” l’abbracciai e lasciò la stanza.
“Tua madre ti ha appena salvato l’esistenza, le devi la vita.”
disse Tommy.
“Le andrò a prendere dei fiori, il minimo che posso fare.”
Feci esattamente quello che mi aveva detto e chiamai Zhalia,
che non mi rispose.
“Sono al Covo a vedersi un film, raggiungiamoli.” disse
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Tommy.
“Okay.” Avrei detto loro tutta la verità e anche di come mia
mamma mi aveva salvato.
Appena ebbi finito di raccontare la mia storia, Zhalia
si alzò in piedi e si stiracchiò.
“Se non fosse che sei ricco sfondato, direi che sembra molto
romanzato.”
“È così.” le dissi.
“Bene dai.” esclamò Jace: “E’ stata una giornata diversa.
Ordiniamo una pizza e la mangiamo assieme.”
“Bella idea. Oggi offre Andrea.” disse Tommy, io annuii
distratto.
“Ordino io allora. Le solite?” chiese Zhalia, ricevendo un
cenno di consenso da parte nostra.
Io, Jace e Tommy intanto andammo al Campo Marzio, volevo
provare troppo la nuova Virtus.
Evocai una folata d’aria che piegò in due un
manichino, ma non riuscii a controllarla, spaccò in due un'asse
di legno vicino ad esso. Non avevo la più pallida idea di come
aveva fatto ad apparire una cosa così.
“Wow Andrea! Non sapevo potessi controllare anche l’aria.”
esclamò Jace, meravigliato: “Molto probabilmente puoi anche
volare.”
Aveva ragione, forse potevo controllare l’aria per fluttuare,
sarebbe stato troppo figo. Mi alzai in punta dei piedi e poi
saltai, rimanendo in aria per tre secondi, cadendo di faccia sul
pavimento.
“Fai progressi.” disse Tommy: “Secondo me dovresti liberare
la mente.”
“Le pizze sono arrivate!” interruppe Zhalia che, vedendomi
per terra, esclamò divertita: “Tutto questo per non pagare le
pizze? Stai perdendo colpi.”
Mi alzai di scatto e tirai fuori il portafogli, ma notai
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che Zhalia aveva già fatto.
“Aveva fretta il tipo.” spiegò.
“Prova un’altra volta.” disse Tommy. Ignorò le mie proteste e
bloccò la porta con ombra solida. Non usava mai la luce,
forse perché per il suo carattere il buio era perfetto.
“Non volerà mai così.” disse Zhalia, dopo l’ennesimo mio
tentativo andato a male.
“Spiegami come fare, Intelligentona.” la sfidai,
massaggiandomi il ginocchio.
“Prova a sentirti parte dell’aria, percepisci il suo colore e
controllala.”
“E tu come le sai queste cose?” chiesi.
“In tutti i fumetti le dicono, e poi riescono a volare. Tentar
non nuoce, sbrighiamoci che se no le pizze si raffreddano.”
ribatté lei.
Mi concentrai e percepii il colore dell’aria, la sua
densità e mi alzai, questa volta fui ad un metro da terra e
molto più stabile rispetto a prima. Poi, quando fu il momento
di scendere, feci un tonfo che fece scoppiare a ridere gli altri
tre. Non era per nulla divertente. Tommy tolse il muro
d’ombra ed evocai un fuoco per scaldare le pizze, diventate
fredde. Non sentivamo il tempo che passava quando eravamo
nel Campo Marzio, era come se fosse un mondo a parte dove
l’orologio era o fermato o accelerato, ancora non sapevamo il
perché o come controllarlo, ma sarebbe stato affascinante
scoprirlo, dominarlo a nostro vantaggio. Poteva rivelarsi una
cosa molto utile.
“Devo scegliere il prossimo cosplay da fare.” disse Zhalia, una
volta finita la pizza.
“Parlando di cose serie” disse Tommy, ignorandola
completamente: “Dobbiamo trovare un modo per proteggere
le nostre identità durante gli attacchi. Spesso ci capiterà di
dover affrontare la polizia.”
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“Hai ragione. Io direi proprio dei costumi o delle maschere,
tipo i supereroi.” rispose Jace.
“Mi piace, ma come facciamo a farli?” dissi.
“Diciamo che ci riconoscerebbero subito, anche con dei
costumi addosso.” disse Zhalia, aveva maledettamente
ragione.
I nostri orologi vibrarono all’unisono e cliccai una notifica, mi
sentii avvolto da un peso strano. Avevo addosso un’armatura
pesante, ma da in piedi non la sentii più.
“Ce l’avete anche voi?” chiesi, prendendo il cellulare per
vedere che cosa avevo in testa, c’era un elmo con un
bellissimo pennacchio rosso.
“Sembra un’armatura romana” disse Tommy, ammirando la
sua: “Ci prenderanno in giro fino alla morte con quella
addosso.”
“Sono Pantheon di LOL.” disse Jace.
Ero certo che avessimo fatto uno dei primi passi
verso la verità, sapevamo che i nostri costumi da supereroi
erano armature romane. Non ci facemmo altre domande, per
quel momento, accettammo la cosa così come era.
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MI PERDO IN UNA CASETTA
NEL BOSCO.
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tutto l’albero, non nella parte rivolta verso il nord. Iniziai a
correre senza una meta precisa, sentendo il vento sui miei
capelli. La voce dentro la mia testa mi fece trasalire,
facendomi salire i brividi, sembrava che pensassi forte e
chiaro, ma non ero io. Disagio, ecco che cosa era.
Il bosco sembrava essere senza fine, la concezione
del tempo era difficile da spiegare, sapevo solo che
sembravano essere passati minuti. Arrivai davanti ad una
piccola casetta, senza il minimo senso di fiatone. Forse Jace
ogni volta che correva si sentiva così. Mi avvicinai,
incuriosito e spinto dalla misteriosa voce, sfiorando la
maniglia argentea della porta. Quella si aprì, trainata
da una forza invisibile, facendomi vedere l’interno. Era
vuota, si vedeva solo un piccolo specchio che rifletteva la
mia immagine.
Ero io, gli occhi azzurri e i capelli ricci, ma era solo il mio
aspetto. Dentro di me sentivo vuoto, nessuna voglia di
esistere o fare qualsiasi cosa, poteva essere depressione, ma
ero abbastanza sicuro che non lo fosse. Misi una mano
sullo specchio e lasciai l’impronta, l’unica cosa che mi
poteva far pensare di essere ancora vivo.
Ormai la voce misteriosa era diventata parte
integrante dei miei pensieri, mi disse di girarmi, ubbidii e
vidi che davanti a me c’ero io, come se fosse un altro
riflesso.
“Vedo con molto piacere che finalmente ti sei trovato.”
aveva la stessa voce misteriosa che sentivo.
Da me venne fuori un flebile sussurro: “Dove mi trovo?”
“Sei dentro di te.”
“Non è possibile.”
“Tu non sei possibile, Andrea.”
Non staccavo gli occhi di dosso al me, era fatto proprio
bene. Si girò e uscì dallo specchio, facendo alcuni passi
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verso l’esterno, lo seguii.
“Chi sei?”
“Sono la tua guida.”
Mi ricordai del Maxischermo: “Mi hai detto tu come
salvare Zhalia?”
La guida annuì: “Sono il tuo io, tutto quello che
sei.” La
sua mano ora ospitava una fiammella, una goccia, un
piccolo tornado e della terra, apparse dal nulla similmente a
come facevo
io, con la sola differenza che non capivo il perché
dell'ultimo elemento.
“Non hai nemmeno idea di quanto siano grandi le tue
Virtutes. Sei il padrone degli elementi, il re.”
“L’unico abbastanza deficiente da non capire cosa mi stia
succedendo.” pensai. Pendevo dalle sue labbra, sperando
che mi dicesse qualcosa in più.
“Ti ho portato in questo bosco per allenarti, lontano da
qualsiasi Rectius e dai tuoi amici.”
“Perché?”
“Ti stanno contenendo, non ti fanno usare il tuo vero
potenziale. Sei il leader, non sei come gli altri.”
Strinsi i pugni, mio padre voleva che fossi sempre il
migliore, sembrava che stesse parlando lui.
“Loro non mi stanno controllando, siamo una squadra, e
come tale rimaniamo.”
“Ne rimarrai fregato fino alla fine, apri gli occhi Andrea.
Com'è andata quando vi hanno attaccato? Eri l'unico
cosciente, ma il merito è stato di tutti voi, non solo tuo.
Immagina come sarebbe se ti venisse riconosciuto il giusto
merito, tuo padre sarebbe fiero di te.”
“Taci!” Evocai il fuoco e glielo scagliai addosso, lui
scomparve e ricomparve dietro di me, facendomi trasalire.
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Subito usai l’aria, lo scaraventò via contro un albero.
“Non esserne così sicuro.”
Esplose in una moltitudine di palle di fuoco e mi ritrovai al
Covo, più confuso di prima.
Trovai gli altri intenti a cercarmi, a giudicare dalla
loro faccia.
“Lanza, la prossima volta che scompari e riappari, ti faccio
scomparire io permanentemente.” disse Zhalia.
“Cos’è successo?” domandai, confuso.
“Sei scomparso per 2 ore e mezza!” disse Jace.
“Zhalia ha convinto la Bettin che eri andato in infermeria,
ma neanche noi avevamo idea di dove fossi.” aggiunse
Tommy.
“Ok ragazzi facciamolo respirare” disse Jace, facendo
allontanare Tommy e Zhalia: “Mi dici dove cavolo sei
andato?”
“Mi ero nascosto in palestra, avevo incominciato a
prendere fuoco come la Torcia Umana.”
Decisi di mentire perché quell’altro me aveva instillato
qualche dubbio. E se avesse avuto ragione? Non volevo
sapere la risposta.
“Ce lo avresti potuto dire, ti avremmo coperto sicuramente
meglio.”
Lei mi sorrise, ma ciò non mi piacque, anzi, in quel
momento
glielo avrei strappato.
“Non sono affari vostri.” mi irrigidii, impassibile.
Come previsto cancellò il sorriso dal suo volto.
“Ci cerchiamo di dare una mano quando possiamo.” disse,
sorpresa.
“Lasciate perdere, peggiorate solo le cose.” Non capivano
che non avevo bisogno di aiuto, non mi ero mai sentito
meglio da quando avevo le Virtutes, invincibile. Li guardai
96
con tono di sfida, poi mi sentii un dolore lancinante sulla
guancia sinistra. Tommy era
messo davanti a me, la sinistra rossa per l’impatto.
“Ma che ti prende? Sembra di sentire parlare Giacomo!”
disse. Lo vidi, era parecchio arrabbiato.
Poteva essere mio fratello, ma nessuno aveva il
diritto di tirarmi uno schiaffo. Evocai l’aria e gliela scagliai,
in modo simile
a quanto fatto al me di prima, non ci fu molto gusto, dato
che appena batté contro il muro svenne.
“Andrea calmati!” si intromise Jace, allargando le braccia.
“Avanti voi due, potete fare molto meglio!”
Il biondo mi guardò e disse: “Tranquillo, calmati.”
Gli tirai delle sfere di fuoco e si mise a correre lungo tutta
la
stanza. Lo fermai e lo sbattei addosso a Tommy, a mani
nude.
“Fuori due, adesso ne manca una.” Lei venne fuori dal suo
nascondiglio dietro la porta: “Che cavolo hai?”
“Smettila di fare domande.” le risposi: “Da quando sei
entrata tu nel Covo ci hai rovinato la vita.”
“Quello che dici non è vero.” il suo tono era molto
prudente. Potevo percepire la sua paura, sempre più
pesante, ero il suo respiro.
“Stai zitta!” urlai e le scagliai addosso aria, facendola
letteralmente volare per tutta la stanza.
“Hai un ultimo desiderio?” notai che, nonostante si fosse
alzata da terra e si fosse aggrappata per non cadere di
nuovo, il suo sguardo reggeva la sfida e non voleva mollare.
Alzò il viso ed ebbi modo di guardarla meglio. Stava
sanguinando dalla testa e le stavano scendendo delle
lacrime. Sussultai e caddi per terra in ginocchio, quella
sofferenza gliela avevo provocata io, senza rendermene
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conto.
Rimasi a fissarla, capendo le mie gesta. Lei ne
approfittò per bloccarmi alla parete, per poi farmi cadere e
restare per terra. Non opposi alcuna resistenza. Lì vicino
c’erano un paio di occhiali e mi specchiai nella lente, i miei
occhi erano rossi, ancora. Nel frattempo Zhalia provò a
svegliare gli altri, invano, dovevo avergli fatto veramente
male. Si avvicinò a me e mi scaraventò al muro con la
telecinesi, di nuovo, e rimasi lì, incapace di muovermi.
“Lali…”
“Non chiamarmi così!” si girò lentamente verso di me e
vidi che era molto arrabbiata.
“Cosa diavolo ti è preso, prima sparisci, poi ci combatti.
Decidi da che parte stare, o con noi o con la FYCE, eh
Lanza?”
“Non so cosa mi sia preso.”
“Di un’altra parola e ti faccio volare fino a Marte. Spera,
prega, che tu non abbia fatto loro del male.” Particolare
enfasi su quel tu. Ero perfettamente conscio della
situazione, non serviva che me la facesse pesare di più, ma
sentivo che in qualche modo me la meritavo.
Zhalia mi lasciò per andare da Jace, che nel
frattempo si era rialzato. Lei lo aveva abbracciato e
piangeva. Lui le accarezzava i capelli, era molto scosso dalla
situazione. Quando si rialzò anche Tommy, si riunirono
davanti a me, erano visibilmente arrabbiati.
“Ragazzi, mi dispiace. Non ho parole per scusarmi.”
“Che ti è successo?” chiese Tommy.
“Ho visto un ragazzo identico a me che mi ha detto delle
cose non vere su di voi, mi stavate fermando dall’essere un
ragazzo migliore.” Era tutto, non volevo mentire loro di
nuovo, non sapevo come l’avrebbero presa.
Jace guardò Zhalia, che annuì: “Può continuare.”
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Veramente c’era bisogno di usare le Virtutes?
“Ha detto di essere il me interiore e io gli ho creduto.”
“Sul fatto che tu sia cretino non c’è il minimo dubbio. Eri
in un bosco vicino a una casa abbandonata. Chi ti ci ha
portato?” disse Zhalia, guardandomi, i suoi occhi erano
viola.
“Mi sono ritrovato lì senza sapere nemmeno io dove e
perché fossi lì.”
“Noi non avremmo mai fatto una cosa del genere, io sarei
morto piuttosto che farvi del male.” disse Jace.
“Ha avuto un Dolomun” lo interruppe Tommy, guardando
il pavimento: “Quando le sue Virtutes prendono il
controllo sul corpo e lui non si riesce più a controllare.”
Lo guardammo tutti esterrefatti, me compreso.
“C’era scritto sul mio orologio un paio di giorni fa, pensavo
che si fosse rotto.”
“Quindi tecnicamente sono state le sue Virtutes, non lui.”
disse Zhalia.
“Esatto.” rispose Tommy.
Lei agitò la mano e mi lasciò andare dal muro, mi
guardò attentamente, l’espressione neutra. Molto
probabilmente stava cercando un modo veloce e indolore
per farmi fuori. Era ancora in lacrime, non sopportavo
vederla così sofferente. Diedi a Tommy le chiavi del covo e
scappai fuori, sperando che nessuno mi seguisse.
Dopo quello che avevo fatto a tutti mi ero reso
conto che
le Virtutes che ci erano state date presentavano lati
negativi, non solo positivi come pensavo, l’idea di aver
perso il controllo mi metteva molto a disagio. Forse quello
di cui avevano bisogno è che mi allontanassi da loro per un
po’ di tempo, in modo che non potessi fare del male di
nuovo. Ma dove andare, il mio restare lontano non
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funzionava nemmeno a casa, perché c’era Tommy
da me. Me li trovavo anche a scuola, e lì dovevo per forza
andare. Non riuscivo a trovare una soluzione, il tutto
mentre stavo
correndo senza una meta precisa, sotto la pioggia. Come al
solito il mio tempismo era perfetto, sembrava di essere in
un film, si litiga con i propri amici e incominciava a
piovere, anche oggi il tempo
era in nostro aiuto. Mi rifugiai sotto un portico e fissai le
gocce davanti a me, avrei potuto controllarle e
ammucchiarle, farle
andare da un’altra parte per non bagnarmi, ma non faceva
per me, tutto quello che avrei voluto in quel momento era
cancellare la mia esistenza dalla Terra.
Ritornai a casa, passando dalla finestra di camera
mia, fortunatamente non c’era Tommy, era ancora al Covo.
Mi buttai sul letto, completamente bagnato e fissai il
soffitto, facendo evaporare l’acqua. Mi cambiai e andai
direttamente a dormire, senza mangiare. In bagno feci
cadere tutte le cose e i soprammobili, senza volerlo. Mi
guardai allo specchio, avevo attaccate alla schiena delle ali
da angelo, ero sicuro di non averle avute prima.
“Ma che cazz…?” dissi, alzandomi in volo. Non
controllavo più l'aria, volavo perché le mie ali sbattevano,
come se fossi stato un enorme pennuto.
“Ritiratevi.” dissi, in Latino. Un secondo dopo erano
scomparse.
Sentii i tuoni in lontananza e l’ingresso di Tommy
in stanza, non dissi nulla, mi girai dalla parte opposta e
accesi la musica, mi ero messo prima gli auricolari. Cercai
qualcosa che mi facesse cambiare umore e mi ritrovai ad
ascoltare una playlist che mi aveva mandato
Zhalia, quando non ero troppo stronzo con lei. Non
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dovevo coinvolgerla nella mia vita e renderla partecipe di
cose che non la riguardassero, per nessun motivo al
mondo. Mi fece stare meglio, continuai a riprodurla fino a
che la mia mente non decise di rilassarsi del tutto
incominciando a dormire.
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NON VOGLIO AVERE LE VIRTUTES.
102
fatto, la scelta più sensata non era i miei amici.
Tutto stava procedendo al meglio, Metallica alle orecchie,
dizionario di latino al braccio, sorriso al volto e Aurora
appiccicata, non potevo chiedere di più.
Era un martedì, avevo appena finito le lezioni e avevo
un'ora buca, ero scappato in giardino perché avevo bisogno di
prendere una boccata d'aria fresca. Sentii uno strano sussurro
nella mia testa che mi diceva di seguire la scia gialla per terra,
mi chinai e la vidi.
“Esci dalla mia testa.” dissi, sapevo benissimo chi fosse
l'artefice.
“Bloccami.”
Cercai di andarmene via, ma mi sentii a mia volta bloccato da
qualcosa di misterioso.
“Smettila di cercarmi, voglio stare da solo.” dissi ad alta voce.
A sorpresa viene fuori Jace, aveva le braccia incrociate.
“Se non lo facessi, non ritorneresti mai da noi.”
“Basta con queste sciocchezze. Le Virtutes sono un modo per
metterci l'uno contro l'altro.”
“C'è molta frustrazione nascosta nelle tue parole.” disse,
impassibile.
Mi scansai, evocando dell'aria che misi tra noi due. Volevo
passare un messaggio ben chiaro, non dovevano rompermi le
palle. Provò a raggiungermi ma lo avevo bloccato, quindi
andai via, agitando una mano solo quando fossi stato
abbastanza lontano.
“Questa ce la paghi Lanza.” disse Zhalia, mentalmente. La
sentii forte come se fosse stata vicino a me.
“Tutte scuse, splendore. Avvicinati ancora a me e non sarò
così clemente.”
Mi misi il cappuccio e corsi al bar, con tutti gli
studenti che circolavano sarebbe stato facile confondersi e
non farmi riconoscere. Che cosa stavo facendo? Non lo
103
sapevo nemmeno io. Mi presi una brioche e mi sedetti sul
muretto più alto, sentivo tutta l'aria che girava, l'acqua dentro
le tubature. Dovevo trovare un modo per togliermi quelle
dannate Virtutes.
“Andy!” Sentii la voce di Aurora chiamarmi. Lei mi riusciva a
trovare, senza avere delle speciali abilità.
“Dimmi tesoro.” le dissi. Alla seconda parola, si impettì e mi
strinse il braccio.
“Sono fiera di te, hai finalmente rinnegato quei ragazzi della
bassa società.”
Mi irrigidii, era quello che voleva mio padre, stavo diventando
come lui.
“Siamo morti…” sussurrai.
“Hai detto qualcosa?” mi chiese Aurora.
“No, no, sei solo bellissima, oggi più degli altri giorni.” Le
misi una ciocca di capelli dietro all'orecchio, molto
forzatamente. Non era lontanamente vicino al gesto che
facevo con Zhalia.
“Andy, lo sai che mi fai arrossire?”
Amava gli adulatori e i complimenti più di ogni altra cosa al
mondo.
“Devo andare in bagno, aspettami in classe.” dissi, il primo
pensiero in testa; mi alzai e mi diressi verso l'uscita.
Quando fui certo di essere abbastanza lontano da
tutti, mi alzai in volo e andai verso il tetto, prendendo dalla
borsa il libro di Discipline Sportive e incominciando a
ripassare per l'imminente interrogazione. C'era una certa
tranquillità che adoravo, nessuno mi vedeva o poteva sapere
dove fossi. Il Team non esisteva più, e, a dire la verità, mi
andava bene, non mi lasciavano altra scelta, chiudermi in me
era veramente l'unico modo per proteggerli.
Guardai l'orologio, mancava poco e Frollari mi
avrebbe inculato, e non mi andava di essere fermato da un
104
normalissimo professore. Il mondo dall'alto era bellissimo,
potevo vedere la parte vecchia della città e rimanere estasiato,
a stare da soli si capivano molte più cose di quante ne avrebbe
potute capire in compagnia.
Il telefono mi suonò, era Aurora, l'unica non silenziata.
“Andy vieni, c'è Frollari che ti sta cercando.”
Cosa diavolo voleva quell'altro? Mi assicurai che nessuno mi
vedesse e scesi dal tetto, raggiungendo la mia biondissima
amica in caffetteria.
“Che cosa vuole?” le chiesi.
“Frollari?” chiese lei. All'improvviso capii tutto, me ne andai
in mezzo al campo da calcio sperduto nel nulla.
“Ti ho detto di lasciarmi in pace! Perché devi farti male da
sola?” urlai.
Dalle ombre comparse Zhalia, aiutata evidentemente
da Tommy.
“Smettila di essere così coglione. Non ne possiamo più.”
“Cosa non capite di sparire dalla mia vista!”
“Fai quel cazzo che vuoi, sei un codardo.”
La guardai e tenne il mio sguardo, non me la dava vinta in
nessun modo.
“Ti sento Lanza, forte e chiaro nella mia testa. Ho accesso a
tutto quello che sei, i tuoi ricordi, ci sono certe cose che se
venissero allo scoperto ti farebbero molto più male di quanto
te ne farei io.”
“Non sai con chi hai a che fare.” dissi, minaccioso.
“Lasciami in pace e non ti farò del male.” Non volevo arrivare
a tanto, ma se mi avesse costretto, ci sarei arrivato.
Zhalia rise, quasi isterica: “No caro, tu non mi farai del male.
Ho tutti i mezzi per distruggerti da dentro. Sono certa che tu
non voglia in fondo.”
“Lasciami in pace!” urlai, evocando una sfera di fuoco e
tirandola addosso a lei, fece un salto di qualche metro.
105
“Vaffanculo Lanza.”
“Sparisci idiota.” le dissi, spiccando il volo.
La vidi rimettersi in piedi, prendendosi il braccio rosso per la
caduta. Mi fissò, l'espressione incazzata, poi scomparve. Ce
l'avevo fatta.
Non venni interrogato, al mio posto Frollari preferì
Lorenzo, un mio compagno arrivato da poco pappa e ciccia
con un ragazzo di nome Vittorio. Niente a che vedere con
l'amicizia che avevamo io e Jace, ma se la cavavano, erano
anche simpatici se non fosse stato per il fatto che Vittorio mi
odiava senza un motivo preciso. Aurora era sempre vicino a
me, iniziava a piacermi la sua compagnia, soltanto quando
non parlava. Finita la lezione mi prese la mano, uscendo dalla
scuola.
“Non sai quanto felice mi stai rendendo.” mi disse.
Era incredibile come solo dandole un'ora di attenzioni finiva
in quel modo, era una sanguisuga, non me la toglievo di
dosso.
“Mi fa piacere.” sorrisi.
Nell'uscio trovai Zhalia intenta a parlare con Lorenzo,
facendosi mettere una mano sulla spalla e camminando
insieme. Non potevamo andare con un Rectius, avevamo
deciso di non dire il nostro segreto a nessuno.
“Andy, perché fissi quella sfigata?” mi chiese Aurora.
“Si, è proprio una sfigata” conclusi, girando lo sguardo
dall'altra parte: “Che dici, andiamo a fare aperitivo in centro,
offro io.”
Aurora mi saltò addosso, molto felice, tutto per uscire da quel
posto. Prendemmo il tram, la via più corta per il centro, e
andammo in Piazza dei Signori, dove uno spritz normalissimo
costava 7 euro.
Andammo a sederci su in un tavolo in piazza. Padova
era bellissima, piena di storia e arte, perfetta per un Lanza.
106
Sorseggiai il mio Aperol con certo gusto, mi piaceva molto,
mentre la ragazza continuava a parlare senza fermarsi, senti
solo un palo di parole, matrimonio e addio, ebbi paura di
chiedere di ripetere. In un momento la mia attenzione fu
catturata da qualcos'altro, non ero il solo in Piazza.
Ovviamente mi sorvegliavano a vista, Zhalia era con Lorenzo
a vedere un trio di ragazzi suonare con degli strumenti lì
vicino. Lei chiese qualcosa e un tipo le porse due chitarre,
iniziando a suonare assieme. Erano molto bravi.
Finita la nostra bevanda, Aurora si alzò e andò dai due,
mettendo un fazzoletto sporco dentro il cappello delle offerte,
immaginai fosse per vedere la loro reazione. Finita la loro
canzone, la folla applaudì e chiese un'altra canzone, Lorenzo
era, anche lui, fan degli Avenged.
Vedendo la sanguisuga vicino, Zhalia si girò istintivamente
verso di me, mutando espressione facciale. Prima che potesse
fare qualcosa, pagai e portai Aurora via, Zhalia fece lo stesso
con Lorenzo e andarono nella direzione opposta alla nostra.
Passata una ventina di minuti, mentre camminavamo
tranquilli, incontrammo Jace e Tommy di corsa, visibilmente
preoccupati.
“Abbiamo ospiti.” urlò Jace. Alzai un sopracciglio, presi la
mano di Aurora e me ne fregai, proseguendo la mia
camminata.
“Andiamo Andrea! Non fare il bambino.” urlò Tommy. Senti
un boato assurdo e vidi un albero cadere.
“Vigliacco.” disse Jace, correndo via ad aiutare.
Tommy mi guardò male, poi corse via. Andai da Aurora, le
presi la mano e andammo verso Prato della Valle.
“Tommaso mi sembrava molto spaventato.” disse lei.
“Non me ne può fregare nulla, devono stare al loro posto.”
“Meglio così, sei tutto per me.”
Arrivati a destinazione ci buttammo sull'erba, il
107
venticello che ci raffreddava le guance, l'orologio in silenzioso
per stare senza preoccupazioni, una vita da Normale. Sapevo
che c'era un attacco, ma le mie decisioni erano molto ferme,
nessuna Virtus.
“Sei qui con me, non essere così silenzioso.”
“A volte credo di essere sbagliato, di avere dei talenti che su di
me sono sprecati.”
“Non sono sprecati se fai del bene o le usi per farti stare
bene.”
Guardai Aurora, aveva appena detto una frase sensata e
giusta, rimasi sorpreso.
“Il punto è… non lo so. Ho una grande confusione per la
testa, non so cosa voglio.” dissi, guardando il cielo. Per
quanto una parte di me volesse andare ad aiutare i miei amici,
l'altra parte aveva paura di metterlo in pericolo di nuovo. A
chi avrei dovuto dare retta?
Aurora si girò dall'altra parte, per poi ritornare da me, aveva
gli occhi viola e la voce strozzata di Zhalia: “Andrea…”
Non era da lei pregarmi, dopo soprattutto l’ultima sua uscita,
doveva essere una cosa molto seria.
“Ho detto qualcosa?” disse Aurora confusa.
“Devo andare, è piuttosto urgente” dissi, alzandomi di scatto:
“Vai a casa, ti raggiungo lì.”
Sapevo che Aurora non mi avrebbe lasciato, per cui diedi
fuoco a un albero, tutte le persone scapparono, compresa lei,
che non si pregò di vedere se fossi con lei. Iniziai a correre
fortissimo, spegnendo poi il fuoco.
Quando arrivai a Piazza delle Erbe, la vidi
completamente alla mercé di alcuni ragazzi in bella con in
bella vista il marchio della FYCE, uno di quelli era Lorenzo,
evidentemente trasformato in 2 minuti. Tommy aveva preso
le giuste precauzioni, allontanando tutte le persone e
bloccando con ombra tutte le possibili entrate, eravamo
108
dentro una cupola di Virtutes.
“Grazie per essere arrivato” comparse Tommy alle mie spalle:
“Jace è a cercare di proteggere Zhalia, Lorenzo l'ha attaccata
quando stavano passeggiando, è ferita.”
“Ok, ammazziamo i cattivi.” dissi io.
“Ehi brutti ceffi! Da questa parte!” urlò lui, facendo girare due
dei quattro cattivi.
“Andrea, finalmente ti sei degnato di arrivare.” mi accolsero
loro, gli zittii con una sfera di fuoco dritta in bocca.
“Non ci avete invitato alla festa?” disse Jace, comparendo con
Zhalia, messa piuttosto male.
“Facciamo il culo a questi ospiti indesiderati.” conclusi
sorridendo.
Zhalia bloccò un ragazzo mentre Jace lo prendeva a mille
pugni extra veloci, ma una ragazza evocò uno strano plasma
che avvolse il mio amico, che si liberò senza nessun problema.
Io volavo e arrostivo due ragazzi, facendoli saltare in aria e
Tommy dava loro il colpo di grazia, mi sentivo di nuovo a
casa.
Quando vidi che tutti i cattivi erano per terra, tirai un
sospiro di sollievo, ma sbagliai, mancava ancora Lorenzo, che
sembrava essere il Capo.
“Notevoli le vostre Virtutes, morivo dalla voglia di vederle di
nuovo all'azione.” disse, la sua voce era quella di sempre, ma il
tono era spaventoso e non da lui. La mia amica alzò una
mano, e vidi Lorenzo contrarsi, poi un fulmine dal cielo si
abbatté su di lei, facendole perdere i sensi. Lorenzo sorrise, il
cielo si rabbuiò all'istante, aveva delle Virtutes potentissime
per essere solo posseduto.
Iniziò a grandinare, ma non era normale, erano chicchi grossi
quanto una pallina da tennis. Tommy evocò uno scudo per le
nostre teste, poi Jace corse a bloccare Lorenzo, controllando
il ghiaccio della grandine. Il cattivo però lo allontano con una
109
bufera, quei venti erano troppo forti per essere controllati da
me, eravamo due KO su quattro.
Presi il volo e controllai l'aria vicino a me per farlo
stare più tranquillo, ma era troppo anche per me, non riuscii a
tirargli il fuoco addosso. Mentre lo tenevo impegnato,
Tommy, diventato ombra, si avvicinò e lo circondò,
togliendogli l'ossigeno. Lorenzo provò a tirare dei fulmini
hanno ma non poteva toccarlo, era intangibile. Appena i venti
scomparirono, mi avvicinai, creando una gabbia di acqua che
poi Jace trasformò in ghiaccio.
“Smettetela di possedere i ragazzi a noi vicini. Se volete
combatterci abbiate le palle di farlo direttamente voi.” disse
Zhalia, incredibile come avesse recuperato le forze in così
poco tempo. C’era qualcosa che non quadrava.
“Verremo, non ti preoccupare” rispose Lorenzo: “Unitevi a
noi e solo i forti sopravviveranno, non ci sarà un mondo con
problemi.”
Jace si avvicinò e gli rifilò un bel pugno, facendogli perdere i
sensi. Vidi che il marchio che aveva stava lentamente
scomparendo, quindi disse ai ragazzi di sciogliere la gabbia di
buttarsi per terra, facendo finta di essere stati degli ostaggi.
“Dove sono?” chiese lui, strabuzzando gli occhi, poi vide
Zhalia e si avvicinò a lei: “Zazi, che è successo?”
“Ci ha presi in ostaggio, poi sono arrivati dei buoni che ci
hanno salvato.”
Lorenzo notò che aveva la manica della maglia
bruciata, capì che glielo aveva fatto lui e si inginocchiò per
terra.
“Che cosa ho fatto?”
“Ci hai fatto svenire, tirandoci un bellissimo fulmine in testa.
È un miracolo se siamo ancora vivi.” dissi, alzandomi in piedi.
“Vai a casa Lore, ne parliamo meglio al telefono.” disse
Zhalia, gli occhi viola. Subito si portò una mano sulla testa e
110
incominciò a piangere dal dolore.
“Che cosa c'è?” chiesi allarmato. Lorenzo scappò via.
“Mi fa tanto male la testa.”
“Troveremo una soluzione. Andrea, sono felice che tu sia
tornato. Il Dolomun può capitare ad ognuno di noi senza
preavviso.” disse Jace.
“Davvero?” chiesi, sorpreso.
“Sì, lo abbiamo chiesto al Maxischermo.” Tommy liberò la
piazza della cupola di luce, poi tramite delle vie interne
tornammo al Covo, dove ci salutammo.
“Mi dispiace essermi comportato così, volevo solo
proteggervi.” dissi mortificato.
“Sto zitta, sei uno stronzo. Mi hai trattato da oggetto, dovrò
farmela passare, e ti dovrai far perdonare.” disse Zhalia.
Annuii, aveva ragione.
“Ha il ciclo.” disse Jace, sorridendo. Zhalia si portò una mano
alla testa ed emise un gemito strozzato, non riusciva ad usare
le Virtutes.
“La moneta!” disse Zhalia, il biondo la prese da terra.
“La porto domani al Covo, statemi bene ragazzi.” disse lui,
alzando la mano per salutarci.
“Ci vediamo domani a scuola.” disse Tommy.
Eravamo sopravvissuti anche al terzo attacco, qui sa
chissà quanti ce ne sarebbero stati ancora. Quella volta però
non avevamo scoperto molto, solo Lorenzo, se non il fatto
che la FYCE potesse possedere letteralmente chiunque, in
qualsiasi momento.
111
C’È UN NUOVO E ULTERIORE
PROBLEMA.
125
QUEL PROBLEMA DIVENTA UNO DI
NOI.
135
SIAMO GLI UNICI VIVI IN UNA
SCHIERA DI MORTI.
148
QUELLA DANNATISSIMA GITA IN
MONTAGNA.
161
… NON È ANCORA FINITA,
PURTROPPO.
176
VENGO RISUCCHIATO IN UNA
ILLUSIONE.
Non mi ero mai sentito così vivo, era come se avessi potuto
spaccare la Terra a metà dall’euforia, sensazione fantastica. Ma
come tutte le cose belle, era destinata a finire, dato che non mi
ero reso conto che avevo scuola, l’avrei tanto voluta saltare,
un giorno come gli altri, nemmeno così importante. Arrivato a
casa mi cambiai e presi lo zaino, notai che Tommy era già
partito, forse accompagnato da Ambrogio; la mia ipotesi fu
subito smentita, la sua Rolls Royce era parcheggiata vicino
all’uscita. Era andato a piedi per permettermi di non avere
rogne con i miei genitori, quel ragazzo meritava un
monumento.
Guardai l’orologio, avevo 20 minuti al suono della
campanella, e ce la potevo ancora fare senza le Virtutes, con
l’impiego dei miei muscoli e della bici, mi sarei pure divertito.
Il mio mezzo avrà avuto un paio di anni, una bellissima bici
elettrica rossa, mio padre la disdegnava, ma era fantastica, la
chiamavo “il Bolide”. Con quella arrivai subito a scuola,
assicurandola nel portabici ed avendo anche il tempo per
prendermi un caffè, per iniziare bene la giornata.
In bar mi aspettavano Zhalia, Tommy e Jace, molto
assonnati anche loro.
“Ehi!” li salutai, sorseggiando il mio ginseng.
“Tutto bene?” mi chiese Jace, finendo la sua brioche.
“Si, si. A ricreazione vi devo parlare, si tratta di ieri.” dissi.
“Smettila con questa cosa, Andrea.” sussurrò Zhalia,
incrociando le braccia.
“Ci torni, ci servi. E poi non ti perderai mica il divertimento.”
ridacchiò Jace, alzandosi. Era ora di andare, bellissimo come
eravamo costretti a stare fra i banchi quando il nostro futuro
dipendeva da delle nostre scelte.
177
Come prima lezione, Marchetti, il professore di
Filosofia, ci parlò di Kirkegaard, quella grandissima testa di
cazzo. Ancora non capivo cosa servisse studiare Filosofia al
liceo, non dico che passai l’ora a giocare ad Head Soccer,
quanto piuttosto a fare una mappa concettuale di quello che
sapevamo fino a quel momento. Appena finita la lezione, il
professore venne da me e si congratulò perché era la prima
volta che mi vedeva scrivere; Tommy soffocò una risata, ma
Zhalia venne da me, sorridendo. Mi chiese se le potessi
passare gli appunti, dato che lei li aveva presi male, risi anche
io. Se ne andò via confusa, non mi conosceva ancora così
bene. Molto divertente.
Per Italiano Riccardi ci fece scrivere un tema sulla gita
del giorno prima, e potevamo scegliere lo stile, se realistico o
fantastico, con chiari riferimenti a ciò che la nostra fantasia
alludeva. Perché non romanzare le nostre gesta con l’aiuto di
qualche drago? Mi sarei molto divertito.
Trascorsi così le ulteriori ore di scuola, quello che potevamo
diventare era bello da immaginare, magari poi saremmo
riusciti a farlo diventare realtà. Ci demmo appuntamento
dopo pranzo al Covo, per partire alla volta della montagna,
preferibilmente con il teletrasporto di Zhalia, che sarebbe
stato veloce e indolore.
Come una cosa normalissima, la montagna e il rifugio
non erano cambiati da un giorno all’altro, non c’era traccia del
nostro passaggio.
“Bene, ora che siamo qui, che si fa?” disse Zhalia, che si era
vestita più pesante del giorno prima.
“Dobbiamo andare ad esplorare, però non so da dove
incominciare.” disse Jace.
“Seguiamo ciò che ci dicono le Virtutes, già sappiamo che
succederà qualcosa.” Tommy indicò una via e ci si catapultò
fuori sentiero, lo seguimmo, con molto disappunto da parte
178
dell’unica femmina del gruppo.
La foresta era bellissima, mi sentivo pienamente nel mio
mondo, mi alzai in volo e urlai. Percepivo la forza vitale della
terra, era tutto in armonia, non c’era nessuno a parte noi e la
natura, sublime.
“Tommy, vai un po’ più piano, non ce la faccio a starti
dietro.” ansimò Zhalia.
“Trova un modo per andare più veloce o perderò la scia!”
urlò lui.
“Io vedo una scia che è in senso opposto alla tua.” disse Jace,
fermandosi.
A dire la verità, anche io ne vedevo un’altra, una cosa
fosforescente che puntava verso l’alto, i cieli.
“Non riesco a vedere nulla” esclamò Zhalia: “Che sta
succedendo?”
“Non lo so, ho il presentimento che ognuno debba seguire la
propria.” disse Tommy, scomparendo.
“Andrea, lasciala qui. Ci sarà un motivo se non la vede.” disse
Jace, per poi scomparire anche lui.
Guardai la mia amica, che si era appena seduta su un sasso.
“Io ritorno in baita, vado a prendermi una cioccolata calda.”
si teletrasportò via, lasciandomi da solo nel bosco. Ero a
qualche metro da terra, per cui incominciai a seguire quella
scia, riconoscendo gli alberi come abeti.
Attraversai quella foresta, arrivando davanti a delle
rovine, il clima era cambiato, era molto più caldo. Perché ero
da solo in un momento come quello?
Mi avvicinai a ciò che rimaneva della facciata principale, era
stato edificato nel tardo Medioevo, come suggerivano gli archi
e il portale ben definito, ma era stato abbandonato da qualche
secolo. Nel fiore dei suoi anni pensai che fosse stato un
gioiello, dove magari dei gran signori passavano le estati a fare
la giostra e altri giochi cavallereschi. Cosa stracavolo ci
179
facevano lì delle rovine di un castello? Nessun altro le vedeva,
sembravano reali, ma erano solo delle illusioni. Il posto
irradiava un’aura potentissima, percepivo la sua strana volontà
di risorgere, come se il castello potesse avere sentimenti. Quel
potere era identico al mio, non inteso come abilità, ma come
sostanza, avevo la sensazione che dovesse succedere qualcosa
che mi avrebbe cambiato. Era come se dovessi trovare una
parte di me, per ricongiungerla al resto. Altro che
Kierkegaard, i filosofi dovevano studiare il mio pensiero.
Feci un breve giro, rimanendo meravigliato dagli
affreschi, i soggetti erano dame e cavalieri, la vita di corte; per
essere un’illusione, era fatta da dio. Perché quella scia mi
aveva portato lì, cosa mi voleva comunicare? Che
discendevamo dai Cavalieri della Tavola Rotonda? La mia
mente si oppose a quell’idea stranissima, non tanto perché
non potesse essere vera, ma per il fatto che se Zhalia fosse
stata la mia Ginevra, allora Jace me l’avrebbe portata via con
la sua cavalleria da Lancillotto.
Mentre pensavo, la mia attenzione fu richiamata da
quella scia, voleva che la seguissi ancora. Dopo un paio di
minuti di ricognizione trovai una porta, simile a quella che
portava al vero Covo, aperta. Al centro della stanza c’era un
fascio di luce stranissimo, che faceva intravedere un libro,
molto antico a giudicare dall’aspetto. Era rilegato con fili
d’argento e sulla copertina c’era un simbolo, familiare. Lo
aprii e vidi una scritta in Latino: “SI VIS PACEM, PARA
BELLUM.”
“Se vuoi la pace, prepara la guerra.” tradussi, senza
minimamente pensare a ciò che dicevo. A detta di Riccardi,
quella frase rispecchiava il pensiero dell’Impero Romano.
Così come era successo prima con l’affresco, non compresi a
fondo che cosa ci volevano dire con quella citazione, eravamo
forse degli individui che discendevano dagli antichi Romani.
180
Ma come si spiegavano le Virtutes e i Dolomun, era qualcosa
a cui mancava logica. Da quello che il Computer ci aveva
detto, potevamo essere benissimo degli Assassini provenienti
da Assassin’s Creed, uno dei miei giochi preferiti in assoluto.
“Dimmi cosa devo fare.” sussurrai, accarezzando il dorso del
libro. Sentii delle urla e mi girai, non ero più nella stanza con il
libro, ma in mezzo tra due eserciti. A destra c’erano degli
stendardi rossi, a sinistra blu, con a capo noi Custodes.
Realizzai che fosse una visione dentro l’altra, quindi
non mi potevano né sentire e né vedere. Uno dei quattro si
tolse l’elmo e vidi che ero io, più grande e maturo, forse anche
più muscoloso. Assieme al me, potei vedere anche le facce dei
suoi compagni, o i miei. Erano una nostra versione adulta, il
Jace portava una barbetta poco più lunga, Tommy era rimasto
uguale, nessuna differenza. Mi concentrai su Zhalia, bellissima
con l’armatura d’oro addosso, sembravano essere dei Cavalieri
dello Zodiaco. Lei fissò un attimo il me e, aspettato il
consenso, urlò: “Quia Cassie.”
Subito il Jace si mise l’elmo e corse verso la schiera nemica,
seguito in volo dal me. Il Tommy si confuse con le ombre e lo
vidi andare nel mezzo della battaglia, la Zhalia fece la stessa
cosa. Rimasi affascinato dalla sintonia che loro 4 avevano;
anche se lontani tra di loro, riuscivano comunque a
combattere insieme senza il minimo sforzo. In meno di dieci
minuti tutto l’esercito nemico o era a terra, o era fuggito.
Mi avvicinai a un caduto, e lo osservai meglio. Non era
umano, gli mancavano gli occhi, sostituiti da iridi nere,
sembravano essere anche più alti.
La scena cambiò.
Ero davanti a un falò assieme ai nostri sosia. La Zhalia
arrivò e si sedette al suo posto, tra il me e il Jace.
“Hai fatto rapporto?” chiese quest’ultimo.
“Le ho detto delle ipotesi e si è messa ad insultarmi.” sospirò
181
lei, fissandosi il Marchio. Il me stesso la spinse a sé,
mettendole il braccio al collo: “Ricordati che è sempre la figlia
del Dominator, dobbiamo essere pazienti, e sopportare tutto.”
“È la figlia dello stesso Dominator che ha ordinato di
uccidere Cassie. Non posso vivere con l’idea che potrebbe far
fare una fine così anche a noi.”
“Rea, stai esagerando.” disse il Tommy. Come pensavo quella
non era Zhalia, solo una ragazza identica a lei e con le stesse
Virtutes. Chissà io come mi chiamavo.
“Qui non vogliamo distruggere nessuno, tanto meno lei”
continuò lui, posi si mise a fissare il pavimento. Ricevette una
pacca sulla spalla dal Jace: “Cosa c’è che ti turba, Pluto?”
Mi scappò una smorfia al suo nome, si chiamava come il cane
di Topolino. Fortunatamente nessuno mi poté vedere.
“Tante, troppe cose. Detesto il fatto che sparliate alle spalle di
Gaia.”
Mi resi conto che l’intera conversazione era stata fatta
in Latino solo quando sentii il verbo “delere”, distruggere. Le
mie abilità di traduzione erano alle stelle, al solito.
Il me si spostò, per andare davanti a Pluto, i muscoli tesissimi:
“Hai infranto il nostro giuramento, non è vero?” L’atmosfera
si fece subito più elettrizzante, Pluto abbassò gli occhi e non
disse nulla, chinando il capo. Notai che il me scuoteva la testa,
mettendosela tra le mani, la Zhalia rassicurò il Tommy,
abbracciandolo, ma la sua espressione tradiva un’emozione,
forse paura. Il Jace disse: “Pluto, dicci che è tutto uno
scherzo.”
“Se è quello che volete sentirvi dire, lo posso dire.” Il suo
ragionamento non faceva una piega.
L’espressione di Jace si fece più dura e scappò via.
La mia visione terminò lì, con in testa una confusione
ancora più grande di quella che avevo prima. Mi ritrovai di
nuovo davanti al libro, questa volta aveva un’altra scritta,
182
“REPERITIS NOS”, trovateci.
Devo dire che mi salì ansia, non perché dovevo trovare la
fonte del mio potere, ma perché avevo finalmente dove ci
trovavamo e che collegamenti la Scia voleva che facessi. Il
paesaggio mi sembrava familiare perché in effetti lo era. Era
un castello che avevo visto da piccolo a Bréze, dai miei nonni,
in Francia.
183
UNA CHIAVETTA POSSIEDE UNO DI
NOI.
201
SIAMO AD UN BALLO IN STILE
AMERICANO.
210
NON È CAMBIATO NULLA, SE NON
IL FUOCO.
219
DOVREI PRENDERMI UNA
CAMOMILLA OGNI TANTO.
225
DIVENTIAMO DEI RAGAZZI COME
GLI ALTRI… CIRCA.
233
FESTEGGIAMO UN NATALE
DIVERSO DAGLI ALTRI.
238
sempre un posto speciale, ne potevo quasi percepire l’aura
anche senza le Virtutes.
Nonna mi raccontò di come tutto fosse cambiato dopo la mia
partenza, c’era stata una profonda crisi nella quale tutti gli
abitanti del villaggio si erano rivolti a loro per un aiuto.
C’erano stati periodi in cui sfamavano due volte al giorno i
compaesani, davano loro un tetto sotto cui dormire se la
propria casa era stata devastata dagli incendi. Nonno mi disse
anche che avevano utilizzato il giardino come scuola in cui si
seguivano delle lezioni all’aria aperta.
“La nonna non ha mai cucinato così tanti biscotti.” Mi fece
l’occhiolino e ripartì con le sue memorie. Combatterono in
prima linea con gli incendi, salvarono vite e aiutarono le
donne incinte a far nascere i loro bambini, sfido chiunque a
non desiderare nonni come loro. Avevano deciso di mettere la
loro vita e la loro ricchezza a disposizione del prossimo in
tempi duri, che mi ricordavano tantissimo quelli ritratti in Call
of Duty, sofferenza e tristezza. Mi sentii il ragazzo più
fortunato del mondo, perché proprio loro mi avevano
insegnato i sani valori e principi, non avrei potuto avere
insegnanti migliori.
Da parte mia invece raccontai come avevo conosciuto
i ragazzi, della band, del fatto che Jace avesse come me una
cotta per Zhalia. Non dissi nulla delle Virtutes e tutte le cose
legate ad esse, non volevo dare l’idea che ero ritornato da loro
solo per scoprire che cosa ci stava succedendo.
Arrivai senza accorgermene alla fontana, vidi che il nonno si
sedeva sulla panchina e osservava la sua composizione. Era
inverno, quindi era senz’acqua, ma sembrava che ce l’avesse
da quanto era pulita. Lo raggiunsi e feci cenno alla nonna di
sedersi, lei rifiutò sorridendo: “Tu e Edoardo avete tantissime
cose da dirvi, io ritorno a casa.”
“Ma no Nonna, resta.”
239
“No caro, ci vediamo dopo.” Mi salutò e andò via, lasciandoci
da soli.
“Ti ricordi del nostro posto segreto?” mi chiese.
“Certo!” risposi: “C’è ancora?”
“Si, ci andiamo dopo, però ti avverto, forse sarà un po’ più
piccola di come te la ricordavi.”
Annuii e guardai la fontana, mi riaffioravano alla
mente i ricordi più belli della mia infanzia. Quando ero
piccolo ogni tanto andavo con i bambini del villaggio a
giocare a nascondino per i boschi, la cosa bella è che se ci
perdevamo sapevamo sempre come comunicare la nostra
presenza agli altri. Avevamo perfino ideato un suono
KOKOOO simile a quello emesso da una gallina, lo urlavamo
e gli altri sapevano dove ci trovavamo. Un giorno poi
avevamo trovato una vecchia casa sull’albero e ce ne eravamo
impossessati, era la nostra nave. Mio nonno la ristrutturò e la
rese più sicura per noi aspiranti pirati, chissà se i miei
amichetti si trovassero ancora a Bréze oppure avevano preso
strade differenti.
“Promettimi una cosa, Andrea. Quando non ci sarò più vieni
in questo posto e ricordami.”
“Perché dici così nonno, hai ancora tutta la vita davanti.”
Mi sorrise, stanco: “Solo le fissazioni di un vecchio, nulla di
più. Avrò il rimorso di non aver passato abbastanza tempo
con te, non sono stato presente per troppo tempo.”
“Mi dici perché avete litigato tu e mio padre?” chiesi.
Diventò di pietra e incominciò a respirare più lento.
Non solo sentivo i suoi sospiri, ma anche l’aria che respirava.
Potevo controllarla e mandare via l’anidride carbonica in
modo che potesse respirare più liberamente.
“Abbiamo visioni opposte su determinati argomenti, come
politica e la FYCE, che tu conosci piuttosto bene.”
No, non poteva essere vero.
240
241
MAI FIDARSI DEI RECTI, ADI AVEVA
RAGIONE.
242
“Ale scendi disse Zhalia: “Io ti ascolto, con me anche gli
altri.”
“Ma Lali…” protestai io.
“È tuo nonno, non fatemi usare le Virtutes per farvi
ascoltare.”
“Che ti prende?” chiese Tommy.
“Io la ascolto, ci può dire la verità. È tuo nonno, Andrea.”
Tommy le lanciò una sfera di ombra che la fece girare,
ma non per molto. Gli mandò indietro una sfera di telecinesi
che lo fece quasi volare.
“Oh calmati.” dissi, andando ad aiutare Tommy a rialzarsi.
“Abbiamo bisogno di sapere che cosa sta succedendo, sono
risposte che non possiamo dare da soli.”
“Andrea, dammi una possibilità di spiegare.” mi pregò mio
nonno, tranquillo.
Una parte di me mi diceva di scappare via, ci avrebbe
consegnati alla FYCE, l'altra suggeriva di restare, stavo
parlando pur sempre con lui.
“Andiamo.” disse Tommy. A quel punto mancavamo solo io
e Jace, che dopo una serie di brevi sguardi ci decidemmo.
“Seguitemi.” disse lui, per poi addentrarsi nella foresta.
Non fu facile capire che cosa provavo, ero
profondamente deluso dalla persona che più stimavo in
assoluto, da mio nonno. Tutte le opere buone che aveva fatto
erano solo per ottenere il consenso del villaggio, chissà se poi
si sarebbero rivelati dei voltagabbana come era successo con
noi. Camminammo per una via non nuova per me, mi
sembrava stranamente familiare.
Arrivammo alla nostra meta, la mia vecchia casa sull'albero
delle visioni non era cambiata, anzi, era stata di nuovo
ristrutturata e ampliata.
“Bellissimo, avete fatto proprio un bel lavoro.” commentai
estasiato.
243
Mio nonno sorrise e suonò la campanella della scala.
Si materializzarono davanti a noi 6 ragazzi, 2 femmine e 4
maschi, tutti erano accomunati da un marchio rosso laddove
c'era il nostro Marchio.
“Edoardo, qu'est ce-que sont ils?” disse una ragazza. Aveva
dei lunghissimi capelli biondi e occhi azzurri, con una piccola
voglia sotto l'occhio destro.
“Chantal!” urlai e mi avvicinai a lei che indietreggiò.
“Andréa?” chiese, annuii e mi strinse in un abbraccio. Mi
ricordai il francese e incominciai a parlare. Chantal era la mia
migliore amica dell'infanzia, se non la mia fidanzatina. Con il
passare del tempo era diventata quasi una modella, il fisico
perfetto sottile, era più bassa di quanto ricordassi.
“Tu es devenu en beux garçon…” La guardai negli occhi e mi
sembrò di essere bambino di nuovo, noi che correvamo felici
nei boschi.
Riconobbi anche Adrien, eravamo inseparabili.
“Siccome vorrei essere capito da tutti, mi sforzerò di parlare la
vostra lingua” disse Adrien: “Non so chi siano i tuoi amici
Andrea, ma devono andare via tutti.”
“Come prego?” disse Jace.
“Andatevene via, ultimo avvertimento, poi si passerà alla
forza.”
“Non sapete con chi vi state mettendo contro” disse mio
nonno tranquillo: “Sono loro.”
“Ne est pas possible…” disse la seconda ragazza. Forse era
Renée.
“Pardonnez-moi.” disse Chantal e ii 6 ragazzi ci
accerchiarono, iniziando a intonare un canto quasi
demoniaco. Io e Tommy ci guardammo e annuimmo, lui ci
circondò di ombra e Zhalia ci teletrasportò sopra una
collinetta.
244
“Dillo un'altra volta e ti faccio volare fino in Australia.” disse
Zhalia, incazzata.
Quando disse l'ultima parola mi accorsi che stava
parlando francese, ed era fluente come l'italiano. Jace si girò
verso di lei assumendo un'aria confusa, e a giudicare dalla sua
faccia lo era veramente. Come faceva? Nemmeno io lo
parlavo così.
“A dopo le spiegazioni.” tagliò corto lei, lasciando la parola a
Tommy.
“Va bene come prova?”
Adrien si rivolse a mio nonno: “Ils sont vraiment.”
“Oui.”
Scendemmo dalla collinetta e io venni travolto da
Chantal, che mi fece cadere per terra. Sentii Jace ridacchiare:
“Si è trovato la ragazza.” e Zhalia diventare rossissima, una
cosa molto buona a parer mio. Da quel che ricordavo Chantal
era la mia fidanzatina dell'asilo.
Mi tolsi da lei ma mi bloccò per baciarmi, ero
imbarazzatissimo e mi scansai subito, vedendo per sbaglio
Zhalia, rossissima di faccia e trattenuta a forza da Jace.
Mio nonno fece due colpetti di tosse molto educati e
mi alzai in piedi, volando, scappando subito da lei. Mi girai
afflitto per vedere la reazione dei miei amici, Jace era
raggiante, Tommy impassibile con l'ombra di un sorriso sul
volto. Gli avevo parlato tanto di Chantal e Adrien, dei giochi
che facevamo, ora che c'è l'aveva lì non faceva nulla. Che
strano ragazzo che era.
“Dobbiamo andare lì dentro.” disse Adrien, battendo tre volte
le scale.
“Non ci stiamo tutti.” precisai io, mio nonno mi fece
l'occhiolino. Adrien e altri due ragazzi ci precedettero,
aiutandoci anche a salire.
245
Appena mi provai ad avvicinare a Zhalia lei si scansò,
andando ad attaccarsi a Jace.
“Mi dispiace Lali.” La sua espressione era furiosa, forse non
avrei dovuto scusarmi.
“Ti credevo un ragazzo più serio.”
Colpo bassissimo… mi aveva leggermente sfondato. Cercai di
non darci troppa importanza e mi avvicinai alla porta, Chantal
mi sbarrò il passaggio.
“Fermi, prima vanno messe queste.” Aprì un piccolo baule e
tirò fuori 4 braccialetti color argento, alla vista Tommy
arretrò.
“Non è nulla, solo una piccola precauzione nel caso voleste
scappare.” ci rassicurò la bionda.
“Mi spiace, non sono una mucca.” sbottò Jace, allontanandosi
da lei.
Chantal scoppiò a ridere e la mia mente ritornò ai
vecchi momenti in cui ero spensierato e pensavo solo al
gioco. Tutto mi sarei aspettato dalla vita ma non il sentirsi
invulnerabili e non capaci di pensare, semplicemente era come
se fosse un sogno misto ad un incubo, e proprio come in un
sogno si poteva assistere e basta.
Zhalia si fece avanti e si fece mettere il braccialetto, con
grandissimo stupore da parte nostra.
“Lali…” incominciai, ma mi fermò subito, con espressione
ferma.
“Voglio sapere che cosa mi sta succedendo Andrea, non ce la
faccio più a vivere nell'ignoto, avanti.”
Chantal le sorrise e si avvicinò a me.
“Sai che non ti farei mai del male.”
Spinto da una forza misteriosa mi feci mettere il braccialetto e
seguii Zhalia. Piano piano anche gli altri si fecero mettere il
bracciale e Chantal ritornò davanti alla porta, dove era
apparso un piccolo schermo. Apparso dal nulla, come se lo
246
avesse evocato lei. Si avvicinò e venne fuori una voce
metallica: “Reconnaissance.”
“Chantal Leblanc.”
La voce ripeté il nome e si aprì la porta della casetta,
mi fece l'occhiolino e mi mandò un bacino da sotto il
rossetto. Dopo di lei si identificarono due ragazzi e venne il
mio turno. Mi avvicinai seppur titubante e misi l'indice sullo
schermo similmente a come aveva fatto la mia amica.
“Martius.”
Non feci nemmeno in tempo ad aprire la bocca che la
porta si era già spalancata, non prestando nemmeno
attenzione a come mi aveva chiamato. Entrai e rimasi
incantato dalla magia di quel luogo. Non era l'interno della
mia casetta sull'albero, era un castello, lo stesso della mia
visione, e finalmente lo avevamo trovato.
Appena arrivarono anche i miei amici, volli usare le
mie abilità di volo per vedere tutto il castello, ma appena mi
staccai da terra caddi subito.
I miei non amici scoppiarono a ridere e io mi sentii morire
dentro, era una cosa automatica per me assecondare il mio
bisogno di non sentirmi legato alla forza di gravità.
“Questa è l'utilità dei bracciali.” pensai.
Zhalia fece un inizio di scatto per aiutarmi ma non ce ne fu
bisogno, Chantal la precedette, donandomi uno dei suoi
meravigliosi sorrisi. Con la coda dell'occhio vidi la mia amica
diventare ancora più rossa e guardare da un'altra parte, come
per resistere a qualche impulso omicida. Quella bionda
doveva assolutamente smettere di provarci con me.
I francesi ci scortarono all'entrata e ci fecero attendere
dei minuti da soli, in quelli ci confrontammo.
“La strana macchina ha chiamato anche voi con un nome
diverso?” iniziò Tommy, giocherellando con la
manetta/bracciale.
247
“Si, Venerea” disse Zhalia: “Non so che razza di nomi siano
ma il mio sembra quello di una malattia.”
“Io sono Sailor Pluto.” sbuffò Tommy e gli tirai una gomitata:
“Dai che è quella che ti è sempre piaciuta…”
“Io sono Merrian” disse Jace: “Ci chiamiamo come delle
ragazze.”
“Ci sarà un motivo per cui ci chiamiamo così.” esclamò
Zhalia.
“Comunque vada lì dentro, vorrei che sappiate che siete i
migliori amici che possa desiderare.” dissi, facendo il
sentimentale.
“Sei fortunato che non ho le mie Virtutes.” bofonchiò Zhalia,
la destra stretta in un pugno, se l'era presa veramente.
“Perché se no cosa mi avresti fatto, intelligentona?” la
stuzzicai, con aria angelica.
Mi guardò e quello sguardo fu più doloroso di ogni
parola che poteva dire, era delusa da me e dai miei
comportamenti che, per quanto ci provassi, reputava
decisamente infantili.
“Penso che tu voglia stare con la tua scopamica.” disse lei,
gelida, scansandosi.
“In questo momento non c'è, quindi non vedo motivo di
arrabbiarsi.”
“Smettila di essere così coglione, ti prego.”
“Ok Andrea basta, stai esagerando.” disse Jace, mettendosi in
mezzo tra me e lei. Sentii il bisogno incredibile di tirargli un
pugno in faccia, ma qualcosa mi trattenne, tornai ad essere
tranquillo.
“Scusate, non so cosa mi è preso” mi scusai ed evitai gli
sguardi dei miei amici.
Arrivarono i francesi che ci aprirono la porta e
andammo dentro al castello. Come mi aspettavo era barocco,
con l'enorme sala di accoglienza addobbata finemente, forse
248
per simboleggiare la potenza della FYCE. Mi girai intorno e
vidi un ritratto su tela, grandissimo, su cui era raffigurato un
uomo vecchio, mi ricordava vagamente qualcuno. Come
solito, sapevo che aveva dei lineamenti familiari ma vuoto
totale a riconoscere il volto.
Al centro della sala c'era un tavolo con una tovaglia
bianchissima, ornata di bordi oro, con sopra 4 calici. Ci
avvicinammo e dal nulla sbucò mio nonno.
“Ben ritrovati carissimi ragazzi, spero che non abbiate patito
la mia assenza.”
“No Signor Lanza.” dissi io, sottolineando le ultime due
parole. Dopo quello che ci aveva fatto non meritava di essere
chiamato nonno.
“Mi fa piacere Andrea, state imparando ad essere
autosufficienti.” rispose mio nonno rimanendo impassibile. O
almeno era quello che voleva far vedere, guardò per terra e
rimase a fissare il pavimento per qualche secondo. Mi si
strinse il cuore a quella vista, volevo andare a consolarlo ma
l'orgoglio di essere stati traditi me lo impedì.
Vedendo che qualcosa non andava Chantal prese le
redini della situazione, sciogliendosi la lunga treccia bionda e
facendosi una coda. Poi, con la nonchalance solita, si avvicinò
ancora di più al tavolino con i 4 calici.
“Dovete bere questi.” disse.
“Eh no” protestò Tommy: “Prima ci mettete delle manette e
poi volete controllare i nostri corpi, non siamo degli alieni.”
“Tommaso, non c'è nessun problema, i calici servono per
riportarvi indietro nel tempo, null'altro. Quindi se volete
sapere chi siano i vostri sosia e cosa ci fate qui, vi consiglio
caldamente di bere il contenuto dei calici”
“Voglio ritornare a casa.” sussurrò Zhalia, da dietro Jace.
Anche io desideravo andare via da quello che ci stava
succedendo, forse avrei fatto la figura del codardo ma non mi
249
importava. Passare una giornata con mio padre sarebbe stato
meglio di sentirsi vulnerabili in quel modo, senza riuscire a
sapere che cosa ci stesse succedendo.
Jace mi guardò un attimo, le pupille perse nel nulla e
prese uno dei 4 calici, Tommy lo fissò esterrefatto: “Non puoi
essere serio.”
“È l'unica via possibile.”
“Grazie per la fiducia, figliolo.”
Mio nonno gli mise una mano sulla spalla e mi porse il
mio calice, che presi con espressione schifata. Il contenuto
sapeva vagamente di cocco e ciliegie.
La visuale piano piano cambiò, si fece più chiara, e si passò a
un mondo completamente spoglio, senza macchine o
tecnologia. Cercai con lo sguardo gli altri e li vidi vicino a me,
sentirli o percepirli mi aiutò a restare calmo e a non gridare
come una ragazzina. Provai a parlare, ma non mi uscii nessun
suono dalla bocca, era come se fosse se le labbra fossero
attaccate.
Guardai gli altri e vidi che erano diventati delle
sagome trasparenti, si vedevano solo i loro contorni. C'erano
ma erano come fantasmi, e in quel momento non riuscivo a
provare nulla, potevo solo restare a guardare, senza riuscire a
pensare lucidamente.
250
PER ASPERA AD ASTRA, AD ASPERA.
261
FINIAMO IN UNA PRIGIONE
FRANCESE.
Tutto era collegato, i noi del passato, i noi che siamo, quelli
che eravamo. Sembrava di essere in Dark o qualche altra serie
televisiva in cui i protagonisti impazzivano per i troppi viaggi
nel tempo.
Quando mi accorsi che ero ritornato nella vita reale
caddi in ginocchio, le mani sulla faccia tradivano la mia
espressione da completo fatto, non capivo nulla e non
riuscivo a connettere il cervello. La realtà che conoscevamo
non era quella in cui vivevamo, era come se fossimo delle
simulazioni inviate dal passato al futuro. Lorenzo era con noi
nella visione, era uno degli schiavi, avrei giurato di averlo
visto.
Mi guardai in giro e vidi che non ero l'unico messo male, Jace
era in ginocchio, Tommy aiutava Zhalia a rialzarsi. Le loro
262
espressioni erano vacue e vuote come la mia, non era facile
come situazione, lo potevo capire. Dopo circa un minuto mi
rialzai, guardando in faccia mio nonno, primus inter pares.
Era impassibile, non aveva una ruga di
preoccupazione in volto, tutto stava procedendo secondo i
suoi piani, o forse no. Sinceramente non mi importava nulla,
era un mio parente, ma in quel momento era un perfetto
nemico. A salvarlo era solo il ricordo dei momenti passati
insieme, e la mia incapacità di pensare lucidamente in quel
momento.
Mi rialzai a molta fatica e mi sorressi al muro, mentre
la mia gola emetteva solo gemiti. Avrei voluto dire molte cose,
ma nulla era appropriato, proprio come noi, tolti da una vita
apparentemente perfetta e messi dentro a un progetto di
conquista del mondo. Insomma, non ce ne potevamo stare
tranquilli senza essere curiosi? Andai da Jace, Zhalia e Tommy
si erano già rialzati. La loro espressione era cambiata,
lasciando spazio alla rabbia. Quello che più mi sorprese fu la
capacità di cambiamento di Tommy, da spaesato era arrivato a
sapere benissimo cosa doveva fare. La vendetta era un piatto
che doveva essere servito freddo.
La voce di mio fratello tagliò l'atmosfera cupissima: “Siamo
loro?”
“Si Pluto, siete loro.”
Il ragazzo mi guardò, tradiva un'espressione cupa,
terrificante. Si portò una mano dietro la schiena, provando ad
evocare una sfera d'ombra. Nulla da fare però, si era
dimenticato che i braccialetti che portava erano degli Inibitori.
Sbuffò di rabbia e assunse una posa più rilassata.
“Cassie…” sussurrò Zhalia.
“La tua bambina è morta sbranata, e tu non hai fatto nulla per
salvarla.” la canzonò Chantal.
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Zhalia cercò con lo sguardo Jace, che si mise tra le due
ragazze per evitare la guerra, mossa molto astuta da parte sua.
La bionda si era anche cambiata nel frattempo, aveva optato
per un Wollrich da minimo 800 euro, mi domandai da dove
avesse preso tutti quei soldi.
“Perché abbiamo le Virtutes?” chiese Tommy, spezzando di
nuovo il silenzio.
“Ogni cosa ha il suo tempo, non vorrete sapere mica tutto e
subito.” disse Adrien con tono seccato. Anche lui non era più
lo stesso da quando me ne ero andato, o forse ero io che ero
cambiato. Quando ero piccolo non c'erano problemi, forse
perché non li cercavamo.
“Abbiamo il diritto di saperlo.” continuò Tommy.
“Non ancora” rispose il vecchio: “Siamo contenti di sapere
che siete qui e non da altre parti.”
“Non me ne frega un cazzo ok? io voglio sapere che cosa ci
sta succedendo.” sbottò lui, facendo un passo in avanti.
Subito fu fermato da mio nonno, che dalla tasca prese un
telecomando, e premette l’unico pulsante. Tommy cadde per
terra, i capelli fulminati, lo aveva attaccato con una scarica
elettrica interna.
“Tommy!” urlò Zhalia, precipitandosi ad aiutare l’amico. Il
nonno schiacciò il pulsante di nuovo e questa volta fu lei a
cadere.
“Vi conviene stare lontano, se no fate anche voi quella fine.”
Era uno stronzo, la vecchiaia gli aveva dato alla testa
in pochissimo tempo.
“Portatela via” rispose mio nonno: “Meglio che capiscano
con chi hanno a che fare.”
Io assistei impotente e furioso. Non era possibile che quella
persona spietata fosse mio nonno.
264
“Tu non sei mio nonno!” urlai, dimenandomi. Mi preparai a
sentire dolore, guardando anche i miei amici, ma non successe
nulla.
“Per te io sono il signor Lanza, Andrea.” rispose lui gelido. Mi
sentii ribollire il sangue, salire in me un sentimento non avevo
mai provato prima. Non era vendetta, era superbia. Zhalia era
stata portata via, rinchiusa chissà dove. Jace era come me, la
faccia che voleva solo vendetta, ma quel pulsante ci buttò per
terra, sentendo un male atroce. Il signor Lanza stava ridendo
come un vero cattivo, ci aveva ingannati. Mi venne da pensare
se la nonna sapesse di questo suo cambio repentino di
personalità.
“Sapete dove appartenete? Alla feccia della società.” disse,
con un ghigno.
In un secondo ci ritrovammo in un posto buio e
umido.
“Ragazzi mi sentite?” sussurrò Tommy, sollevandomi un peso
dal cuore.
“Si ci siamo.” disse Jace, venendomi incontro. Ad un certo
punto cadde per terra, provai ad aiutarlo ma al mio piede era
attaccata una catena particolarmente grossa.
“Ce l'avete anche voi?” chiesi, ad alta voce.
“Si, siamo in trappola.” sussurrò lui.
Mi uscirono fuori dalla bocca un paio di paroline che non
vorrei ripetere, qualcuno ci aveva messo un blocco, non ci era
consentito nemmeno muoverci.
“Dobbiamo trovare una via d'uscita.” disse Tommy.
“Io partirei con il cercare di togliere il bracciale, poi il resto è
nulla.”
Il ragionamento di Jace era sensato, aveva ragione.
“Chantal ci ha messo i bracciali con una chiave, da qualche
parte ci sarà una serratura.” dissi.
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“Non vorrei fare il guastafeste, ma come facciamo se già a
fatica vediamo le mani.” puntualizzò Tommy.
In realtà non avevamo vie di fuga, l'unica fonte di luce era una
finestra sbarrata a circa 20 metri di altezza da noi, ed era
veramente troppo in alto per arrampicarsi. Provai a tirare uno
scossone al bracciale, a togliermelo con la forza, ma mi feci
solo male, urlando di dolore.
“Andrea!” urlò Tommy, facendo il gesto di venire verso di
me, ma bloccandosi per via della catena.
“Andrea?” ripeté una strana voce familiare. Non era nessuno
dei miei amici aveva aperto bocca.
“Chi è là! Fatti vedere.” dissi, con la voce che doveva essere
ferma, ma che al contrario era piuttosto impaurita.
“Andrea, sono il nonno.”
“Qu'est ce que tu es?” chiesi io.
“Quello che c’è la fuori non è tuo nonno! Sono qui.”
“Che cosa stai dicendo, fatti vedere!”
Dalle ombre venne fuori una figura alta, anziana e
stanca, delle stesse dimensioni di mio nonno.
“Abbiamo fatto l’albero di Natale ieri. Zhalia ha cucinato i
biscotti con la nonna. Abbiamo gli stessi occhi Andrea.”
“Nonno?” chiesi incredulo. Fantastico, un'altra illusione e
copia, chissà quante ne avrei affrontate prima di raggiungere
la verità.
“Si tesoro, so che non mi credi.”
“Lo provi.” Tommy si mise sulla difensiva.
L'uomo si alzò, eretto in tutta la sua potenza e scoprì la nuca,
tenuta nascosta dai capelli lunghi. Restai scioccato dal
tatuaggio angelico che aveva impresso sulla sua pelle. Era lui.
Il giorno in cui ero nato se lo era fatto, due ali con una A al
centro. In effetti quell'uomo che si spacciava per mio nonno
non aveva quel segno particolare, non lo avevo notato e visto.
Ma non capivo una cosa, da quanto non era lui?
266
“Nonno!” cercai di abbracciarlo ma non ci riuscii, sempre per
via delle catene al mio piede. Quando si è bloccati cercare di
muoversi è qualcosa che viene istintivo, opporsi alle regole è
nella regola.
“Quindi è da quando siamo arrivati che è stato sostituito da
quella copia?” chiese Jace.
“No, dal momento della vostra visione, dovrebbe essere 5/6
ore.”
“Odio interrompere, ma per ora abbiamo un problema ben
più grosso. Come facciamo ad uscire da qui?” puntualizzò
Tommy.
Lo guardai, feroce.
“Se riuscite a togliervi i bracciali dopo potete pensare alle
catene e passare per il condotto in alto.”
“Mister Ovvio.” sussurrò Tommy.
“Taci!” ringhiai. Nessuno poteva mancare di rispetto a me o
alla mia famiglia, nemmeno un altro membro della mia
famiglia.
“Aspettavo qualcuno per evadere. Sono riuscito a mettere via
dei pezzi di metallo, adesso potete usarli.”
Vidi Jace mettere le mani nelle tasche e frugare.
“Jace?” chiamai.
“Aspettate, ho avuto un'idea. Mi sembrava di averlo portato.”
“Il coltellino svizzero?” chiesi.
L'amico annuì e tirò fuori dalla tasca delle caramelle: “Intanto
mangiate, vi farà recuperare un po' di energie”.
Presi la mia caramella e la diedi a mio nonno, che la divorò
subito.
“Trovato!” urlò Jace, prendendolo in mano. Iniziò a
maneggiare con la lama il bracciale di Tommy per un paio di
minuti, tastando il bracciale molto cautamente. Si sentì un clic
forzato e il bracciale si tolse dal polso dell'amico. Tommy
evocò un po' di ombra e si portò il pugno al petto,
267
sospirando. Poi era il suo turno, ne approfittai per avvicinarmi
mi avvicinai a mio nonno.
Dopo un paio di minuti il biondo emise un sospiro di
sollievo e si mosse verso di me, venendo trattenuto dalle
catene, mi fece cenno di avvicinarmi.
“Una cosa vi voglio dire, ragazzi. Siete pilotati. Siete stati
radunati insieme perchè dovevate essere facilmente reperibili,
ma noi non c'entriamo nulla con i vostri sentimenti. Jace e
Andrea, so che cosa provate per Zhalia entrambi.” Il diretto
interessato sussultò: “Come avete visto dalle visioni c'erano
dei voi del passato, siete solo stati catapultati via nel tempo.
Noi, o meglio la FYCE, vi vuole per dominare il mondo, non
permettete ciò.”
“Questo lo sappiamo signore.” disse Tommy, serio, aveva
smesso di mancargli di rispetto.
“Andrea, stai fermo.” sbraitò Jace.
Come stare fermo in un momento come quello. Avrei voluto
che ci fosse Zhalia con me, sarebbe stato tutto più facile con
lei. Ma ovviamente mi era stata portata via.
“Ci sono talmente tante cose che ti vorrei dire, ma non posso,
rischio solamente di farti andare in confusione, e adesso devi
essere più lucido che mai.” disse mio nonno: “Il piano di
uscita è semplice. Appena evadete avete 5 minuti di tempo
per mettervi in salvo, entro i quali dovete salvare Zhalia.
Hanno intenzione di prosciugarle le Virtutes.”
“E come si fa?” chiese Tommy.
“Bisogna ucciderla.”
“No, qui non vogliamo uccidere nessuno, a parte i cattivi.”
disse Tommy, guardando Jace. L'amico aveva finito e appena
sentii il clic si sollevò un peso dal mio cuore. Mi sentii leggero
e senza preoccupazioni, come era successo la prima volta in
volo.
“Grazie amico.” Jace mi diede il cinque.
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“Andrea, è il tuo turno adesso.” disse lui, stanco.
Presi la sua catena e la spezzai, aiutato dalle mie mani
incandescenti. In poco tempo sciolsi anche quelle degli altri, e
fummo così liberi. Prima cosa che feci fu andare da mio
nonno e abbracciarlo, quel momento volevo che non finisse
mai. Dopo quello che avevamo passato e quello che gli era
successo, un abbraccio era il minimo che potessi fare e non
nascondo che ero commosso. Non mi importava degli altri,
volevo solo stare con lui.
“Andrea… dobbiamo uscire adesso. A dopo i
festeggiamenti.”
“Ma nonno…”
“No ma. Adesso dovete uscire dal buco in alto, e ho bisogno
di un passaggio”
Evocammo le nostre ali e andammo via, io portai mio
nonno, porgendogli la mano. Lui la prese orgoglioso, e
controllai una corrente d'aria sotto i suoi piedi, perché la forza
di gravità lo avrebbe fatto ancorare al terreno. Perfino
Tommy, che aveva paura dell'altezza, sembrava essere a suo
agio a 6 metri da terra. Con una sfera di fuoco purissimo
sciolsi le sbarre e volammo fuori, dove stranamente non c'era
nessuno a controllarci. Controllai con la coda dell'occhio mio
nonno, stava bene e sembrava sollevato dal fatto che non
fosse più in prigionia, tirai un sospiro di sollievo.
Mi fece cenno di nasconderci nella foresta, in modo
che solo un soldato attento ci potesse trovare; eravamo dei
fuggiaschi, degni di un qualsiasi film poliziesco, e avere le
Virtutes mi dava profonda sicurezza.
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ME LA MERITO, LA PRIGIONE.
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DUE NONNI COMBATTONO TRA DI
LORO.
“Come non sa dove siamo?” gli disse Jace, gli occhi sgranati:
“Si ricordi, ci deve essere almeno una cosa che le collega alla
strada.”
“Senti la natura e la terra Andrea” disse Tommy: “La terra ha
memoria.”
Frase fatta delle Winx, ma aveva ragione. Provai a concentrare
la mia essenza vitale sui piedi e posai una mano sull’erba, la
terra era un elemento che non sapevo padroneggiare bene,
perché non ce ne era mai stato bisogno.
“Concentrati sulle impronte che avete lasciato, hanno un
peso.” disse mio nonno, tirando fuori dalla tasca un
fazzoletto.
Era molto più difficile di quanto si potesse pensare.
“Lali, il tuo teletrasporto funziona a immagini” dissi: “Portaci
lì.”
“Non riesco qui, siamo come in una dimensione parallela,
non funziona.”
“Taci! Percepisco qualcosa.” dissi. Una traccia, la riuscivo a
vedere come una freccia blu, ma non era solo quello, non
281
eravamo soli.
“Abbiamo compagnia.” disse Jace, percependo il pericolo.
Tommy rese invisibile mio nonno e Zhalia evocò un campo
di forza attorno a noi.
“Scappiamo!” urlò Tommy e incominciammo a correre, con il
riccio che in braccio aveva il vecchio. Io seguivo la traccia e
incenerivo tutto quello che avevo davanti, avevo una paura
fottuta che le mie sensazioni ci portassero alla deriva.
Arrivammo davanti al castello delle visioni, dove
eravamo stati presi e imprigionati, qui Jace si fermò.
“Se proseguiamo ancora, cadremo in una trappola.”
Jace evocò il ghiaccio e lo buttò nella zona dopo di noi, delle
reti si sollevarono e dei pali chiodati uscirono dal terreno,
infilzando il diversivo.
“O troviamo una strada alternativa, o voliamo.” disse
Tommy.
“Ci vedranno tutti” confutò Zhalia: “Andiamo dentro il
castello e da lì noi scappiamo.”
Non c’era molto tempo per agire, ma quando entrammo, era
deserto.
“Presto!” disse mio nonno, facendoci uscire dalla porta sul
retro. Quell’avventura era degna di un Resident Evil per
l’ansia provocata.
Seguimmo la traccia fino ad arrivare alla famigerata
casetta, ma anche lì, avevamo ospiti. Tutte le guardie che non
avevano incontrato prima erano lì, ad aspettarci. Davanti a
tutte c’era la copia di mio nonno, con lo stesso sguardo
sprezzante.
“Scacco matto ragazzi.” rise. Evocai il fuoco e lo separai dalle
guardie, eravamo noi più lui, battaglia che potevamo vincere.
“È inutile che pensiate di potermi sfidare” disse, sadico: “Vi
devo ricordare che cosa è successo dentro al castello?”
“Questa volta siamo senza bracciali.” disse Jace.
282
“Era opera mia quella.”
Jace iniziò a contrarsi e ad assumere pose innaturali,
Zhalia prese con la telecinesi la copia di mio nonno e la fece
saltare in aria, facendogli cambiare forma. Non aveva più i
lineamenti eleganti, da signore, che caratterizzavano un Lanza,
era brutto, metà faccia bruciata, lo avevo già visto nel nostro
primo attacco, sembrava la versione vecchia di un nostro
compagno di classe.
“Mi riconosci Andrea? Sono sempre stato io.”
Approfittò di quel momento di esitazione per
bloccarmi e insieme a me anche gli altri, sembrava essere
onnipotente. Mi ricordai come l’avevo iniziato a chiamare
SCCS, era e continuava ad essere sempre più forte di noi, ci
aveva messo in trappola.
“Da chi possiamo iniziare?” disse, passandoci in rassegna.
Non avevo forze per controbattere, tutti coscienti ma
nessuno che si riusciva a muovere, per l’ennesima volta.
“La tortura non è stata abbastanza per te.”
“No!” urlai, voleva lei.
Zhalia venne presa e portata in aria, per poi cadere più
volte, ero succube e non riuscivo a salvarla. Le sue urla mi
fecero trasalire, poi chiusi gli occhi. Stavo piangendo, i
polmoni non buttavano aria fuori, come se fossi stato in
apnea. Nel mentre sentivo tutto il suo dolore, come se lo
avessero fatto a me. Effetto del Kytis, mi venne da pensare,
l’unica cosa che l’aveva salvata dalla morte. SCCS incominciò
a tirarle fuori dal corpo svenuto un’aura viola, le sue Virtutes,
fino a che la sua mano non fu completamente immersa da
esse, poi buttò Zhalia per terra, come se fosse stata una
bambola.
“Tale bellezza sprecata così.”
Si avvicinò e mi diede una ginocchiata sullo stomaco,
direttamente sopra la cintura.
283
“Tu sei il prossimo. Non ci piacciono i traditori, soprattutto
come tuo nonno. Vecchio com’è starà dormendo.”
Mi riservò lo stesso trattamento di Zhalia, con la sola
differenza che le mie Virtutes erano blu, esattamente come i
miei occhi diventavano. Però la mia sfera non era completa,
mancava un piccolo spicchio.
“Non può essere.”
SCCS mi mise con il viso alla sua altezza e mi fissò, incazzato.
“Rinuncia, o per loro è la fine.” disse, ringhiando.
“No!” sussurrai, riuscendo a ricavarmi un pezzetto di
autonomia dalla morsa dell’idiota.
Avrei pagato seriamente la mia sfrontatezza, se non fosse
stato per il fatto che alla mia destra, gli alberi esplosero. Dico
bene, esplosero, polverizzati. Tra loro apparve una figura alta,
robusta, che sembrava essere uscita da Terminator; mio
nonno sapeva come fare le sue entrate in scena.
“Lascia stare mio nipote e gli altri Custodes.” urlò, puntando
una pistola addosso a SCCS.
“Edoardo, l’età non si fa sentire?”
“Non da quando hai preso il mio posto, mi sento
ringiovanito.”
Dovevamo ringraziare il fatto che non riuscivo a muovermi,
perché se no avrei tappato la bocca ad entrambi, non era il
momento di parlare.
SCCS alzò una mano ma non successe nulla, mio nonno
sorrise.
“Eravamo compagni un tempo, François, non ricordi?”
Nonno Edoardo premette il grilletto e il proiettile
centrò la gamba di SCCS/Francçois, poi ci raggiunse,
chinandosi. Ci porse una collanina a testa, che ci mettemmo
subito.
“Questa dovrebbe proteggervi dalla paralisi, almeno fino a
che non trovano un altro modo di farvi fuori.”
284
“Signor Lanza…” cominciò Jace.
“Non c’è tempo, dovete scappare di qui. Ritornate alla casetta
e tornate alla realtà.”
“Lei viene con noi, Edoardo.” continuò il biondo,
prendendolo in braccio come se non fosse pesato nulla.
“Correte!” urlò Tommy, vedendo che SCCS stava dando
segni di vita. Alcuni soldati ci provarono a fermare, ma
Tommy e Zhalia fecero un attimo lavoro di disinfestazione.
Arrivammo al punto di partenza, Zhalia con la
telecinesi mandò mio nonno su per primo, io per ultimo,
creando un muro di fiamme tra noi e i soldati.
“Non si apre.” urlò Zhalia, eseguendo gli stessi movimenti di
Chantal.
“È bloccata, manca la chiave” disse mio nonno: “Tommaso,
giurami che farai tutto quello che dico.”
“Lo giuro.” disse il mio amico, non ci potevo credere.
Mio nonno scese dalla casetta e si mise davanti al muro di
fuoco, lo raggiunsi.
“Nonno…” dissi.
“Andrea, togli il muro.”
“No!”
Da dietro Tommy fece un gesto con la mano e il mio
fuoco sparì tra le sue ombre. Dietro c’era François, con il
sorriso raccapricciante in volto. Zhalia lo prese con la
telecinesi e lo bloccò, sfilandogli la chiave dal polso.
“Mia cara, usala pure, non funzionerà.”
Mio nonno con un’agilità sovrumana lo placcò per terra,
iniziando a tirargli pugni e calci. In quel momento si sentì un
sigillo rompersi dalla porta. Andai ad aiutare mio nonno ma
ordinò a Tommy di prendermi.
Sentii il vecchio urlare e una luce uscire dalla porta.
“Andate in salvo.” gridò, per poi sputare sangue. SCCS era
fermo, ma era come se tutti i colpi che il nonno gli infliggeva
285
li sentisse anche lui. Come il Kytis, il contrappasso per avermi
permesso di fare una cosa del genere. La crudeltà di
quell’uomo non aveva limiti.
“Andate!” ripeté, questa volta più forte. Quella porta
sembrava essere legata alla sua energia vitale.
“Non ti lascio qui.” dissi, volando e prendendo a pugni SCCS,
con il risultato che feci ancora più male a mio nonno, dovevo
separarli ad ogni costo.
Evocai una folata d’aria che portò mio nonno sopra la casetta,
mentre Zhalia e Jace provavano a far funzionare il portale, ma
si era chiuso di nuovo.
“Fammi andare giù.” disse mio nonno, rivolto a Tommy.
“No!” piansi, con le lacrime agli occhi. Il moro, impassibile, lo
trasportò nelle ombre.
“Bastardo!” urlai, tirandogli del fuoco addosso.
“È l’unico modo che ho per salvarti” disse mio nonno,
sorridendo: “Sei la mia vita, Andrea.”
Poi corse da SCCS e lo pugnalò al cuore, aprendo
definitivamente il portale.
Cercai di andare ad aiutarlo, ma Tommy me lo impedì,
aiutato da Jace. Mio nonno sorrise, mentre vedevo che in
prossimità del suo cuore c’era un enorme taglio, riempito di
liquido nero. Benzina.
“No!” urlai ancora, mentre assistetti alla scena. Mio nonno
tirò fuori il suo accendino del sigaro e incendiò tutto,
compreso sé stesso. Provai ad impedire che il fuoco lo
ammazzasse, ma venni buttato da Tommy nel portale, come
primo.
Arrivato dall’altra parte, incominciai a piangere e a
cercare di tornare dove ero prima, ma invano. Dopo una
trentina di secondi arrivò Zhalia, molto provata dalla scena,
poi fu il turno di Tommy, impassibile. Ero veramente senza
parole, incominciai a prenderlo a pugni e a fargli male, ma
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non sembrava avere effetto.
Quando arrivò Jace, aveva tra le braccia il corpo di
mio nonno, lo mise per terra e gli ghiacciò il cuore, che si
vedeva molto bene essere quasi carbonizzato.
“Nonno…” dissi, prendendogli la mano.
“È morto da eroe, per permetterci di scappare.” disse Jace.
“Saremo potuti scappare anche con lui.” urlai, chinandomi.
Generai inconsciamente dell’acqua, che prese fuoco, sentii la
mano di Zhalia sopra la mia spalla, l’allontanai con una folata
d’aria molto violenta, che la fece andare a sbattere per terra.
Jace non si mosse, pietrificato quanto me, Tommy era lo
stesso, aveva permesso a mio nonno di ammazzarsi.
“Era l’unica via.” disse lui.
Diedi letteralmente fuoco alla casetta.
“C’è sempre un’altra scelta. E tu hai permesso tutto ciò” urlai:
“Tu non sei mio fratello.”
“Hai ragione, non lo sono mai stato.” sussurrò lui, andando
poi verso Zhalia. Non mi ero accorto che le mie ali erano
apparse, probabile sintomo di un Dolomun, poi la casetta
incominciò a vibrare.
La mia amica, presa dalla paura, ci teletrasportò tutti nel
grande giardino della nonna, che era intenta ad aspettarci. Era
felice, ma quando vide che portavo suo marito tra le braccia,
cadde per terra, strappandosi i vestiti e i capelli dalla
disperazione.
I maggiordomi notarono le mie ali dorate, cercarono
di prendere il corpo di mio nonno dalle mie mani, ma non ci
riuscirono, era ancorato a me e alle mie lacrime.
“Edoardo Lanza. Ci ha salvato la vita, morto per permetterci
di salvare la vostra. È un eroe.” disse Zhalia, visibilmente
scossa.
Non potevo immaginare il dolore che provava la
nonna, da nipote tutto ciò che volevo era vederla felice, ma la
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sua frase - Il nonno non c’è più. - mi fece crollare, non era
colpa di Tommy.
Mio nonno si era sacrificato per permetterci di
scappare, non potevo nemmeno immaginare l’amore che
provava per me. In quel momento decisi di fargliela pagare
alla FYCE, e sarei morto anche io pur di vederla bruciare e
cadere.
294
ENTRIAMO IN UN MONDO
DIVERSO.
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VEDO MIO NONNO PER L’ULTIMA
VOLTA.
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CI COMBATTIAMO SENZA
DOLOMUN.
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MI CHIAMO LANZA, ANDREA
LANZA.
337
SCCS TORNA ALL’ATTACCO.
345
RITORNIAMO A CASA DIMEZZATI.
352
INDICE:
PREMESSA ................................................................................... 1
354
MI CHIAMO LANZA, ANDREA LANZA. .................................. 328
355