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1. I Metodi del Settecento e del primo Ottocento Poco dopo la meta del Settecento, seguendo di pari passo i progressi artisti- ci ¢ le profonde trasformazioni dei nuovi ideali estetico-musicali, la chitarra assume gradatamente le sembianze e lo spirito dello strumento moderno, ab- bandonando Ia vecchia accordatura barocca delle corde doppie per assumere quella a corde semplici, e adottando Ia notazione mensurale sul tigo in chiave di sol al posto della consunta intavolatura. Primo araldo di queste innovazioni e loro strenuo sostenitore fu il bresciano Giacomo Merchi a cui va il merito, inoltre, di aver formulato il primo metodo per chitarra che possa essere definito “moderno”’. Artista raffinato, eclettico € cosmopolita, Merchi unisce grazia settecentesca e raziocinio illuministico nei due lavori fondamentali, Le Guide des écoliers de guitare... op. 7 © Traité des agrémens de la musique exécutés sur la guitarre... op. 35 che, idealmente uniti, ossono essere considerati il suo “‘metodo””. Con queste opere Merchi segna un punto di rottura con il passato e getta le basi della nuova pedagogia stru- mentale. Prima di lui gli autori ‘‘barocchi”’ avevano lasciato abbondanti informazioni sul modo di suonare, di accordare, di interpretare gli abbellimenti ecc., ma tali ragguagli erano essenzialmente finalizzati a eseguire correttamente le musiche contenute nei loro libri, affinché risultassero pit intelligibili e gradevoli. Vera scuola era considerata esclusivamente il contatto diretto con il maestro presso cui P’allievo viveva attingendone l’arte a poco a poco, dormendo sotto lo stesso tetto, mangiando al suo stesso tavolo, come accadeva in Francia, dove i genito- Hi degli allievi stipulavano regolari contratti con l'insegnante affinché questi, oltre al mantenimento, provvedesse a trasmettere tutto lo scibile necessario entro un certo periodo di tempo. Ilconcetto di scuola ¢ dunque capovolto da Merchi: il fulero pedagogico non sara pit il lavoro di bottega, dove il maestro si lascia bonariamente carpire i segreti dell’arte, bensi il metodo, inteso come tramite, come banco di prova 236 La chitarra e di esercizio per lallievo mentre il maestro resta nella penombra, assistendo ai progressi del discepolo, intervenendo occasionalmente per correggere o per consigliare. Con l’avvento del metodo, che incomincia a diventare fonte prin- cipale di iniziazione all’arte arrivando poi a escludere persino la funzione del maestro, non é pit Parte nella sua interezza a essere trasmessa, ma solo la mec- canica e la tecnica; per il resto & compito dell’allievo dimostrare di essere anche un buon musicista. 1.1. La scuola parigina, da Merchi a Doisy G. Merchi, Le Guide des écoliers de guitarre... oewvre VIL, Paris, |’ Auteur 1761. Questo breve Metodo, che consta di una ventina di pagine, & ancora conce- pito per la chitarra a cinque cori: quinta e quarta corda raddoppiate all’ottava superiore, terza e seconda raddoppiate all’ unisono, cantino semplice. Era que- sta accordatura usata universalmente da tutti i chitarristi. Appare chiaro, dal- la scrittura musicale, che Merchi considera suoni reali quelli corrispondenti alle prime cinque corde della chitarra moderna, e che i raddoppi all’ottava del quinto € quarto coro sono solo pitt intesi come suoni di rinforzo. Con questa prima opera didattica Merchi abolisce perentoriamente la vecchia intavolatura e po- ne i fondamenti tecnico-meccanici dell’impostazione delle due mani oltre che della diteggiatura, i cui concetti basilari rimarranno immutati e fatti propri dai posteri fino a meta Ottocento. La mano destra impiega il pollice sui bassi; indice ¢ medio agiscono in pre- valenza sulle prime due corde. Essa trova il suo punto di appoggio con l’anula- re, fermo sulla tavola armonica. La mano sinistra non impiega il dito pollice che & unicamente destinato a sorreggere il manico dello strumento. La diteg- giatura della mano sinistra @ indicata con numeri arabi, analogamente a quella attuale. Le regole teoriche sono completate da quelle sull’accordatura, da suc- cinte nozioni armoniche esemplificate con una serie di cadenze in varie tonali- t2, ma la parte preponderante @ riservata agli esercizi musicali con preludi, rondd, minuetti ¢ una serie finale di trenta variazioni sull’aria della Folia di Spagna per abituare I’allievo a ogni sorta di arpeggio: modello per tutti i successivi au- tori di Metodi fino alla fine del secolo. G. Merchi, Traité des agrémens de la musique exécutés sur la guitare... oeuvre XXXV, Paris, I’Auteur 1777. Contraddicendo se stesso in cid che aveva scritto nel 1761 sulla Guide des écoliers a proposito degli abbellimenti («si sa che questi sono meglio insegnati da un buon maestro che in un libro») Merchi, nel 1777, sctive un Metodo pro- prio sugli abbellimenti. Durante i sedici anni trascorsi fra i due lavori la chitar- ra aveva fatto notevoli progressi, che lo stesso Merchi non manca di sottolineare. Egli sentiva perd la necessita di un trattato che portasse la chitarra a livello di perfezione, riunendo con gli abbellimenti altre nozioni importanti maturate daile ultime esperienze. ‘M. Dell’Ara - Metodi e Trattati 237 Prima fra tutte emerge la consuetudine all’uso di corde semplici, una pratica caldamente consigliata dall’autore. Contrariamente a Merchi, altri facevano uso del dito anulare della mano destra, limitatamente agli arpeggi su quattro corde. Su questa tecnica che potrebbe sembrare pit moderna, ma che Merchi defini- sce “‘antica”, il suo stesso parere & negativo. Egli ribadisce quanto scritto nel 1761 aggiungendo che il movimento del pollice sui bassi @ «pitt d’effetton. Un capitolo nuovo & quello sulla «maniera di tenere la chitarra» che d’ora in poi sara pressoché obbligatorio in ogni altro Metodo. In proposito i consigli di Merchi sono ancora una volta semplici e sintetici: la mano destra appoggia lanulare tra la rosa e il ponticello. Il pollice sinistro é collocato dietro il manico tra il primo e il secondo tasto, le dita della mano sinistra devono essere natural- mente incurvate e premere le corde a martelletto. Tutta la tecnica della mano destra tende a produrre suoni forti ma dolci, evitando scorrette vibrazioni del- la corda ed escludendo I’uso delle unghie. Le dita della mano sinistra devono premere le corde con azione simile a quella della percussione e agire in sincro- nia con le dita della destra; si tengono ferme sui tasti in caso di ripetizione del- la stessa nota. Rispetto a quello del 1761, il Metodo del 1777 é un trattato di tecnica supe- riore, implicando per la risoluzione degli abbellimenti nozioni basilari di lega- ture tecniche, ascendenti, discendenti, combinate sulla stessa corda e doppie (su due corde). Emergono alcuni particolari interessanti: passaggi di note in scala con I’uso delle legature o con I’azione alternata di indice e medio; le di- verse modalita di agire con le dita della mano sinistra per Iesecuzione del vibrato. In un determinato tipo di arpeggio Merchi impone al dito indice della mano destra un tocco scivelato, dal basso verso !’alto, sulle prime due corde cosi co- me solitamente fa il pollice, in senso inverso, sui bassi. Questo movimento del dito indice pud suggerire l’idea di quello che oggi chiamiamo tocco appoggiato: tecnica sfavorita dalla posizione della mano destra con l’anulare o il mignolo appoggiato sulla tavola armonica, ma probabilmente gia in fase di ricerca e di sperimentazione pid approfondita di nuove sonorita, favorite, a loro volta, dal- Puso di corde semplici. La parte musicale applicativa riserva alla chitarra solista solo un’aria con va- riazioni, mentre abbonda di brani per due chitarre. Anche la proposta dei duetti, a scopo didattico, sara seguita da altri compositori especialmente da Carulli. C’é da notare, infine, come la corretta posizione del pollice della mano sinistra e i criteri di diteggiatura della mano destra presentino interessanti analogie con le idee espresse da Sor nel suo Metodo del 1830. Nel tempo intercorso tra le due pubblicazioni di Merchi, altri Metodi erano editi a Parigi, Tra gli altri meritano di essere ricordati quello di Michel Corrette (Le Dons d’Apollon, 1762), se non altro per rispetto alla fama del musicista, tra i pitt noti del suo tempo, ¢ quello di un anonimo che si nasconde sotto le iniziali B.D.C., oggi noto come Metodo Bailleux dal nome dell’editore che lo pubblicd nel 1773. 238 La chitarra Entrambi questi Metodi sono basati sulla doppia scrittura intavolata e men- surale, confermando che le innovazioni di Merchi stentavano a essere recepite ¢ che la tradizione barocca era molto consolidata. Il Metodo di Corrette spiega succintamente le nozioni basilari della tecnica e propone alcuni brani per chi tarra sola improntati alla massima facilita. Quello di Bailleux & pit articolato: una prima sezione é dedicata alla teoria musicale, una seconda alla tecnica chi tarristica (la mano destra usa l’anulare). Le pagine musicali destinate alla chi- tarra sola prevedono semplici esercizi di arpeggi. Seguono altri pezzi per violino e chitarra e per canto ¢ chitarra. I] Metodo ha quindi per scopo quello di rag- giungere una buona padronanza nell’accompagnamento e null’altro. Negli anni Ottanta vedono la luce i Metodi di Francesco Alberti e di Pierre- Joseph Baillon. Entrambi sono ancora per la chitarra a cinque cori. In quello di Alberti (Nouvelle Méthode de Guitarre, Paris, Camand 1786) no; tiamo per la prima volta, forse in assoluto, la trattazione dei suoni armonici e la straordinaria proposta di usare tutte e cinque le dita della mano destra: «Ci si pud servire di tutte le dita, vale a dire di uno per corda». La musica di Alberti propone semplici esercizi e altra musica per chitarra in accompagna- mento al violino o al canto. Pierre-Joseph Baillon (Nouvelle Méthode de Guitare, Paris, ! Auteur 1781) ammette che molti maestri montano la chitarra con le corde semplici, ma con- siglia uso del raddoppio cosi come fanno «Rodrigue, Patoir, Vidal, I’ Abbé Espa- gnol» ed tra i primi ad auspicare una pid corretta scrittura idiomatica nella divisione delle voci, almeno per quanto attiene al valore delle note dei bassi, anche se poi nelle musiche del Metodo egli la realizza in maniera primitiva e parziale. II suo Metodo é rivolto essenzialmente alla buona realizzazione del- Paccompagnamento ma notevoli, per l’epoca, sono le scale ¢ i brevi preludi, in tutte le tonalita ¢ su tutta I’estensione della tastiera. Nell’ultima decade del secolo XVIII venne di moda un nuovo strumento: la Jyre-guitare. Costruita sul modelo dell’ antica lira, per soddisfare la rinata moda grecizzante, questa particolare chitarra aveva, rispetto alla chitarra pid usuale, una tastiera pit lunga e montava sei corde semplici. L’impiego della sesta cor. da @ databile, in Francia, almeno dal 1785 ma, come abbiamo visto, non era ancora normale sulla chitarra. La /yre-guitare contribui indubbiamente ad acce- lerare I’uso della sesta corda anche sulla chitarra comune. Per tutto il tempo in cui fior} la Jyre-guitare fu consuetudine specificare sulle partiture: “pour lyre ou guitare”, essendo scontato che i due strumenti differivano nel nome ma non nella tecnica esecutiva. La produzione musicale per questo strumento, che fu poi abbandonato dopo la caduta di Napoleone ¢ la Restaurazione, fu quanto mai abbondante anche nel settore specifico dei Metodi. Ne diamo un somma- rio elenco comprensivo delle ultime opere per la chitarra a cinque corde: Pierre-Frangois-Olivier Aubert, Nouvelle Méthode pour la Lyre ou Guitare a cing et six cordes, Paris, l Auteur 1810-13; Nouvelle Méthode... op. 18, Paris, Ja- net et Cotelle s.d. ‘M, Dell’Ara - Metodi e Trattati 239 Jean-Baptiste Bédard, Nouvelle Méthode de Lyre ou Guitare, Paris, Momigny 1809-14; Troisiéme et Nouvelle Méthode op. 83, s.e. 1815. Frangois Corbelin, Méthode de Guitare... Nouvelle édition, Paris 1783. Salvador Castro de Gistau, Méthode de Guitare ou Lyre, Paris, Auteur s.d. Guillaume-Pierre-Antoine Gatayes, Nouvelle Méthode de Guitarre, Paris 179 Nouvelle Méthode raisonnée de la Guitarre ou Lyre, Paris 1798; Seconde Mé- thode de Guitare a six cordes, Paris, Frére 1800; Nouvelle Méthode, Paris, Imbault 1800. Francois Guichard, Méthode pour la Guitare, Paris, Frére 1794-95. Trille Labarre, Nouvelle Méthode pour la Guitare... op. VII, Paris 1793; Recueil pour la Guitare ou Legons graduelment faites pour perfectionner les Ecoliers... op. VIII, Paris, Naderman 1794. Antoine-Marcel Lemoine, Nouvelle Méthode courte et facile pour la Guitare & Tusage des commengans, Paris, Imbault 1795, 1801-22; Abrégé des Princi- pes..., Paris, l Auteur 1809-12; Méthode pour apprendre a jouer..., Paris, Im- bault 1810; Nouvelle Méthode de Lyre ou Guitare, Paris, Imbault 1808-10. Charles Lintant, Nouvelle Méthode de Lyre ou Guitare a six cordes, Paris, Ga- veaux 1815. Jean-Baptiste Phillis, Etude nouvelle pour la Guitare ou Lyre, Paris, Pleyel 1799; Méthode courte et facile pour... la Guitare ou Lyre, Paris, Pleyel; Nouvelle Méthode pour la Lyre ou Guitarre a six cordes, Paris, Pleyel 1802-3. Pierre-Jean Porro, Collection De Préludes ou Caprices... pour I'Etude de la Gui- tare, Paris, Auteur 1789; Instruction élémentaire de la lyre-guitare, Paris, Porro s.d.; Tableau méthodique ou instruction nouvelle pour apprendre la Guitare et la Lyre op. 31, s.¢., s.d. B. Vidal, Méthode de Guitare, Paris, Gaveaux 1768; Nouveaux Principes de Gui- tare, Paris 1800. Nel florilegio dei Metodi dell’epoca, quello di Charles Doisy ci sembra il pid approfondito e il pid significative. Pubblicato nel 1801 ¢ dedicato a ‘‘Ma- dame Bonaparte”, il suo Metodo (Principes Généraux de la Guitare, Paris, Doi- sy) si presenta con criteri editoriali moderni con tanto di indice dei capitoli, all’inizio, e indice alfabetico per materie, al fondo. La trattazione, suddivisa in vari capitoli, @ esposta un po’ disorganicamente ma é vasta e completa, com- prendendo anche brevi nozioni sulla storia della chitarra, descrizione delle par- ti dello strumento e loro nomenclatura. Dopo le consuete avvertenze sulle modalita esecutive segue una lunga parte di teoria musicale sugli intervalli, su- gli accordi, sulle regole armoniche delle cadenze e la teoria musicale in genere, le definizioni delle forme musicali (rondd, romanza, sonata, concerto, variazio- ni ecc.), nonché nozioni di acustica (suono, vibrazioni, temperamento). Inte- ressante, per gli sviluppi della scrittura, @ il capitolo XV sulla «maniera di notare la musica per chitarra»: qui l’autore non si preoccupa di stabilire, nella disputa gia in corso, se sia meglio evidenziare tipograficamente le note del basso rispet- to alle altre voci quando si tratta di un semplice accordo d’accompagnamento, ma si pronuncia a favore di una chiara lezione nel caso in cui una parte cantabi- 240 La chitarra le sia contrappuntata con quella del basso. II discorso é poi ripreso nel capitolo XIX sulla chitarra a sei corde, dove Doisy scrive il segno di 8* non solo per i bassi della sesta corda ma anche per I’ottava superiore, utile per le note acute che la /yre-guitare possedeva grazie alla sua tastiera pit lunga, proponendo an- che una scrittura su due righi cosi come pit tardi, ma ancora inutilmente, ten- tera Fernando Sor. In quest’ epoca di transizione (1795-1810), quando la scrittura per chitarra a sei corde & ancora in via di perfezionamento, quasi tutti gli autori proponevano la notazione della chitarra a cinque corde con l’aggiunta del se- gno di 8* per le note che potevano essere eseguite sulla sesta corda della lira o della chitarra a sei corde. Gli esempi musicali di Doisy si limitano a schemi di scale, arpeggi e accordi; l’assenza di esercizi musicali veri e propri, unitamente al tentativo di approfondita indagine pratico-teotica, ci induce a definire que- sto Metodo un primo esempio di ‘‘Trattato”’ che, nell’Ottocento, avra come unico riscontro quello di Fernando Sor, del 1830. 1.2. La scuola viennese e germanica Anche Vienna godeva di un’antica tradizione chitarristica, forse ancora pitt nobile di quella parigina ed era forte, inoltre, dell’apporto di artisti italiani, tedeschi, boemi ecc. Nella capitale austriaca operarono Leonhard von Call, Bar- tolomeo Bortolazzi e, poco pit tardi, Simon Molitor, Anton Diabelli e Vence- slaus Matiegka. La pur fiorente editoria viennese non é cosi prolifica, nel settore dei Metodi, come quella parigina, ma non per questo @ meno importante. Dopo la moda passeggera della /yre-guitare, richiamata esplicitamente nel ti- tolo del metodo di J. F. Scheidler (Nouvelle Méthode en Francais et en Allemand pour apprendre la Guitare ou la Lyre, Bonn, Simrock 1800), gli autori puntano Pattenzione sulla chitarra a sei corde: @ del 1802 il breve metodo di Heinrich Christian Bergmann (Kurze Anweisung zum Guitanespielen, Halle, Hendel), oggi considerato uno dei pitt antichi del genere. 1 concetti fondamentali della metodologia austro-tedesca coincidono con quelli della scuola francese: perpendicolarita delle dita della mano sinistra (J. F. Schei- dler), uso dei polpastrelli nel pizzico della destra (B. Bortolazzi: Neuer und griin- dlicher Unterricht die Guitare nach einer leichten und faBlichen Methode spielen zs lemnen, Vienna, Lithographischen Institut). Pit: approfondita risulta la ricer- ca di Simon Molitor: attivo a Vienna dal 1798, aveva cominciato a scrivere per la chitarra dal 1805. In un’ampia prefazione della Grosse Sonate op. 7, del 1806, e successivamente nel Metodo (Versuch einer vollstandigen metodischen Anleitung zum Guitarrespielen, Wien, Chemischen Driickerei, 1811-12) Moli- tor ribadisce, con criteri piti moderni, i concetti dei suoi predecessori che pos- siamo cosi riassumere: tocco del polpastrello per le dita della mano destra, mignolo della destra appoggiato sulla tavola armonica ma staccato e quindi impiegato per pli accord: su cinque corde; gli accordi possono essere eseguiti anche con il solo pollice della destra. II pollice della sinistra interviene occasionalmente sulla sesta corda. Le note in scala sono preferibilmente eseguite con legature © con note staccate realizzate con |’alternanza di pollice e indice. Particolare M. Dell’Ara - Metodi e Trattati 241 attenzione é rivolta alla buona scrittura della musica chitarristica che Molitor perfeziona rispetto ai suoi precursori, ma che rimane ancora a uno stato pri- mordiale. Migliori realizzazioni e tecniche pit avanzate saranno delineate da altri compositori pitt esperti come Diabelli e Matiegka, che non scrissero perd metodi e, pit tardi, ancora da Giuliani nel suo periodo viennese, dal 1806 al 1819. Una citazione a parte merita Franz Knize che nel suo Metodo (Vollstiindige Guitarreschule, Praha, Enders 1820) definisce, tra i primi, i punti di appoggio e di contatto che la chitarra deve avere rispetto al corpo dell’esecutore. Com- pletano il panorama altri metodi, pubblicati tra il 1810 e il 1840, di altri autori austriaci, tedeschi o italiani, editi sovente in edizione bilingue tedesco-italiano 0 tedesco-francese, ai quali vanno aggiunte le versioni in lingua tedesca dei Me- todi, pubblicati a Parigi, di Doisy, Gatayes, Carulli, Molino, Carcassi ecc. Tra questi ricordiamo: Francesco Bathioli, Gemeinntitzige Guitarrenschule, Wien, Verfasser 1823 Carl Blum, Newe vollstindige Guitarrenschule, Berlin, Schlesinger 1818. Johann Heinrich Christian Bornhardt, Anweisung die Guitarre zu spielen, Leip- zig, Peters; Wien, Artaria 1807-8. F. Guthmann, Anweisung die Guitarre, Leipzig, Kiihnel 1807. Anton Griffer, Systematische Guitarrenschule, Wien, Strauss 1811. J.T. Lehmann, Neue Guitarre- Schule, Leipzig, Hofmeister 1806. Inoltre quelli di August Harder, Franz Pfeifer, Franz Seegner, Franz Stoll, Matteo Bevilacqua, Andreas Traeg, Carl Schneider, ¢ numerosi altri. 1.3. La scuola spagnola e portoghese Nella penisola iberica, considerata patria della chitarra per antonomasia, la cultura chitarristica tardava a progredire per gli scarsi contatti con !’estero ¢ per una attivita editoriale di modestissimo rilievo. Anacronisticamente la chi- tarra continuava a essere montata con corde doppie, a volte triple, anche quan- do fu aggiunta la sesta corda. Purtroppo é andata perduta la Obra para guitarra de seis ordenes di Antonio Ballestero che, datata al 1780, risulta la pitt antica del genere. Retaggio della tradizione barocca @ la Nova arte de viola di Manoel da Paixaé Ribeiro, pubbli- cata a Coimbra nel 1789. Pit interessante risulta I’ Estudo de Guitarra di Anto- nio Da Silva Leite, pubblicato a Porto nel 1795, che propone brani musicali come il Minuete de Boccherini chamado dos Hungaros. C’e poi un risveglio im- provviso nel 1799, anno in cui vengono in luce parecchi Metodi: ‘Antonio Abreu, Escuela para tocar con perfeccion la guitarra de cinco y seis orde- nes, Salamanca, Imprenta de la Calle del Prior. Fernando Ferandiere, Arte de tocar la guitara espaftola, Madrid, Aznar. Juan Manuel Garcia Rubio, Arte, reglas arménicas para... la guitarra espatiola de seis ordenes, Madrid. Federico Moretti, Principios para tocar la guitarra de seis ordenes, Madrid, Rico (altra ed., Sancha). Quello di Abreu sembra il pit: antiquato proponendo ancora I’uso alternati- 242 La chitarra vo dell’intavolatura. Sbrigativo @ Ferandiere che pretende di insegnare tutto lo scibile in diciassette lezioni esemplificate in altrettanti brevi esercizi musica- li. Rubio, al quale dobbiamo anche un successive Metodo facil de guitarra pub- blicato a Madrid (s.c., s.d.), approfondisce meglio le regole dell’impostazione consigliando, tra l’altro, di svincolare il mignolo della destra, fisso sulla tavola armonica, e di trovare un pitt sicuro punto di appoggio con l’avambraccio sul bordo dello strumento. Rispetto agli spagnoli, italiano Federico Moretti senza dubbio un chitar- rista dalle basi pitt solide, anche se i suoi propositi non andarono mai oltre quelli di formare un buon strumentista d’accompagnamento. Infatti egli, al contrario del fratello (conte Luigi Moretti), non dimostrd doti eccelse nella composizio- ne. Militare di professione, si arruold nell’esercito spagnolo verso il 1795. La cultura umanistica degli ufficiali di carriera prevedeva anche nozioni basilari di musica oltre che, ad esempio, di ballo. Fra i suoi pari Moretti non fu il solo. Attratto dalla chitarra aveva cominciato a diffondere in Italia i suoi appun- ti fin dal 1786 e li aveva poi raccolti in varie edizioni (Napoli 1792 e 1804; Madrid 1799 e 1807). La sua metodologia si riassume tutta in scale nelle varie posizioni, regole cadenzali degli accordi ed esercizi di arpeggi. Bisogna perd riconoscere che proprio negli arpeggi Moretti propone una varieta e una artico- lazione di scrittura pitt moderne che saranno di modello per tutti i chitar- risti del primo Ottocento. Ricordiamo infine i Principios de musica applicati alla chitarra di Salvador Gil, pubblicati a Madrid nel 1814 (1827°), elogiati da Domingo Prat per la loro chiarezza e razionalita nella sezione dedicata all’ accompagnamento 1.4. La scuola italiana La storia della chitarra in Italia, tra la fine del Settecento e i primi anni del- T'Ottocento, é caratterizzata da un forte squilibrio tra le reali risorse esistenti e la loro scarsa testimonianza nei documenti. I melodramma spopola I’Italia dei suoi migliori strumentisti ma non ne distrugge lillustre tradizione. L’edi- toria @ pressoché inesistente prima della fondazione di Casa Ricordi e la divul- gazione delle opere si restringe in aree pitt circoscritte dove operano le botteghe dei copisti. Ciononostante, grazie all’attivita di intraprendenti librai, circola- no in Italia anche opere straniere: a Torino i fratelli Reycend importano musi- che dalla Francia e sono probabilmente in corrispondenza con il loro omonimo parente che, nel 1809, pubblicava a Parigi un giornale per chitarra intitolato «Giornale d’ Apollo»; l’editore veneziano Antonio Zatta, nel suo catalogo del 1798, elenca tra i libri in vendita i Principj per la chitarra di Moretti e il Nuovo metodo per la chitarra per le persone che vogliono apprendere del francese Labarre. Nonostante la carenza editoriale, la scuola italiana, con tutte le sue sfuma- ture regionali, era di alto livello tecnico e musicale; lo testimoniano le valide composizioni della fine del secolo XVIII, ancora per chitarra a cinque corde, fra cui quelle del torinese Luigi Molino, quelle di Paganini, dei primissimi anni ‘M. Dell’Ara - Metodi e Trattati 243 del secolo XIX, per chitarra a sei corde, e le prime opere, composte ancora in patria, di Carulli e di Giuliani. La ctisi si evidenzid a partire dal secondo decennio del secolo XIX. Le ope- re didattiche degli italiani rimasti in patria, a questo punto, palesano i difetti di una progressiva emarginazione e risentono della mancanza dei migliori chi- tarristi emigrati all’estero. Di poco interesse risultano la Grammatica per chitar- 1a francese (Roma, Piale-Martorelli 1811) di Giuseppe Boccomini e gli altri Metodi di Giacomo Monzino (Metodo per chitarra o lira, Milano, Monzino), Francesco Calegari (Elementi generali della musica e principi di chitarra, Bologna, Cipriani 1823) e Antonio Nava (Metodo completo, Milano, Ricordi 1826). Ai nostri edi- tori tocchera tradurre in italiano i fortunati metodi che all’estero pubblicavano Carulli ¢ Giuliani. 2. I grandi Metodi dell’Ottocento Inoltratasi nell’Ottocento, la metodologia chitarristica aveva ben definito iconcetti fondamentali della tecnica e, mentre si esauriva la vena della chitarra a cinque corde, la sperimentazione della sesta corda (passata attraverso la m da della /yre-guitare) aveva dato i primi perfezionati modelli di una nuova scrit- tura. I criteri basilari erano ormai patrimonio comune: la mano destra impiegava la tecnica delle prime tre dita con l’ausilio dell’anulare negli arpeggi su quattro corde, la mano sinistra reggeva leggermente il manico dello strumento. Scale, legature, suoni armonici e ogni altro particolare tecnico-meccanico erano stati lungamente studiati. Tutti i Metodi, dal pitt semplice al pitt elaborato, avevano dato un contributo essenziale in un clima di grande civiltd, senza soverchie po- lemiche, mirati principalmente alla divulgazione di ogni singola esperienza. Ri- manevano per® in tutti questi lavori il difetto e il limite imposti da un’ antiquata visione che, mentre da un lato magnificava il suono dolce della chitarra come il pid adatto per l’accompagnamento alla voce umana, dall’altro ne fissava i con- fini entro un modesto apprendistato, nella convinzione di essere artivati al ter- mine di un ciclo oltre il quale erano impensabili ulteriori mezzi espressivi autonomi. Mancava dunque alla chitarra quell’elemento virtuosistico capace di trasci- narla sulla via di nuove sperimentazioni, peculiari allo strumento e musicalmente progredite. Solo Merchi ci aveva provato, ma quando i tempi non erano ancora maturi, Gli altri autori non erano stati altro che modesti esecutori o bravi mae- stri. La svolta decisiva non poteva essere determinata che da autentici virtuosi capaci di completare i vecchi metodi con !'elemento pit: importante: la musica, formulata su esercizi progressivi che avrebbero portato I’allievo al pid alto gra- do di perfezionamento. E nota la meraviglia suscitata dalle esecuzioni di Giuliani, a Vienna, nel 1806, e di Carulli, a Parigi, nel 1808. Si aprivano allora nuovi orizzonti. 244 La chitarra 2.1. Ferdinando Carulli (Napoli 1770-Parigi 1841) Méthode Complete (pour guitare ou lyre) op. 27, Paris, Carli 1809-10. 1* Suite a la Méthode... pour apprendre & accompagner le Chant op. 61, Pa- ris, Carli 1810. Seconde Suite @ la Méthode... ou Exercices en Arpéges Modulés, Tierces, Sixtes, Octaves, Dixiemes, Notes Coulées et détachées dans tous les tons et @ toutes les Dositions... suivis d'un Grand Caprice op. 71, Paris, Carli 1810. Supplement @ la Méthode ou La Premiére Année d’Etude... op. 192, Paris, Carli 1822. Méthode Complete... Suivie de 44 Morceaux graduellement progressifs et six Etudes op. 241, Paris, Carli 1825. L’Anti Méthode... op. 272, Paris, Petit 1825. Sull’onda dei successi ottenuti come concertista, Carulli publica a Parigi, verso il 1810, il suo primo Metodo (op. 27). La folta schiera dei chitarristi gli decreta un sucesso sensazionale trovandovi, per la prima volta, non solo no- zioni teoriche ma anche quella musica che fino ad allora era mancata. Esisteva finalmente un Metodo per poter suonare qualsiasi musica sulla chitarra e non limitarsi solo all’accompagnamento. Dopo una seconda edizione, pubblicata all’incirca nel 1817, il Metodo ca- rulliano ne aveva una terza nel 1822 completata nello stesso anno da una edi- zione di Studi speciali: Supplement a la Méthode op. 192. Un’altra appendice era stata precedentemente pubblicata con il numero d’opera 71. In esse Carulli sviluppava maggiormente gli arpeggi e le scale a note doppie. Carulli, senza stravolgere la tecnica di base, si limita a una chiara e succinta esposizione degli argomenti; sctive pezzi musicali semplici, con un’ armonia ge- neralmente a tre parti e con una perfetta conduzione delle voci, qualita per le quali i francesi erano particolarmente sensibili e critici. L’allievo era cosi con- dotto con amorevole e paterno consiglio (il Metodo op. 27 & dedicato al figlio Gustavo) a una graduale quanto piacevole conquista dello strumento, con il so- stegno dell’ottimo intuito pedagogico del maestro. Il Metodo op. 27 @ diviso in tre parti. La prima parte contiene ovviamente le nozioni preliminari. La chitarra, secondo Carulli, si deve appoggiare sulla coscia sinistra. Alle signore & consigliato appoggiare il piede sinistro su uno sga- bellino (notiamo, per inciso, che nell’Ottocento l’insegnamento era rivolto esclu- sivamente alle persone adulte). La posizione della chitarra, ancora di piccole dimensioni e quindi pit scomoda da trattenere rispetto all’attuale, fu oggetto di varie proposizioni. La scuola italiana preferiva l’appoggio sulla coscia sini- stra con il piede alzato su uno sgabellino; altri optarono per l’appoggio sulla coscia destra, altri ancora cercarono sostegni meccanici. La mano destra continua ad avere il suo punto di appoggio sulla tavola ar- monica, ma si sposta lungo le corde per cercare Ja varieta timbrica. Nella mano sinistra interviene il police, occasionalmente, sulle corde gravi. Carulli codifi- ca cosi l’azione delle dita della mano destra: pollice sui tre bassi, indice sulla M. Dell'Ara - Metodi ¢ Trattati 245 terza e seconda corda, medio sulla prima. Solo nella seconda parte del Metodo permette all’allievo di esercitare |’alternanza di indice e medio nei passi di sca- le. Ci sono poi le eccezioni che portano il pollice a suonare fin sulla seconda corda e l’indice-medio fino alla quinta. Poiché il Metodo basa i suoi esercizi sulle tonalita pitt agevoli, Carulli riduce il numero delle posizioni a cinque, cor- rispondenti alle moderne: prima, quarta, quinta, settima e nona. Importanti, per la comprensione dell’estetica ottocentesca, sono le modalit& di realizzazione degli abbellimenti che troviamo nella seconda parte, con le av- vertenze sull’esecuzione dei legati, dei suoni armonici ecc. La terza parte com- prende gli utilissimi e piacevoli duetti, pensati in chiave pedagogica sulla scia di quelli della scuola violinistica che annoverava illustri esempi, uno studio finale in tutte le posizioni, modulante nelle pit svariate tonalita. L’appendice, pubblicata con il numero d’opera 192, una serie di studi pit complessi svolti anche nelle tonalita meno agevoli per lo strumento ¢ termina con un lungo esercizio per due chitarre. Il Metodo di Carulli fu tradotto in molte lingue e diffuso, oltre che in tutta Europa, anche nelle Americhe. Nonostante il consolidato sucesso, quando il Metodo aveva raggiunto la terza edizione, Carulli volle costringere il suo edi- tore Carli a pubblicarne uno nuovo, nel 1825, con il titolo Méthode complete... op. 241, Le divergenze di opinione tra editore e autore sono chiaramente espresse in due rispettive dichiarazioni in prefazione: da un lato c’é la ritrosia dell’edi- tore a pubblicare un nuovo metodo che contrasta con i suoi interessi commer- ciali, dall’altro ci sono i motivi di aggiornamento didattico che Carulli non pud fare a meno di palesare. Dopo lunghi anni d’insegnamento, l’esperienza gli im- poneva alcuni radicali cambiamenti: il primo riguarda la tecnica dell’alternan- za indice-medio. Carulli, nel Metodo op. 27, faceva pizzicare la seconda e terza corda con l’indice e la prima corda con il medio; successivamente, nella secon- da parte, si agiva con indice e medio su tutte e tre le prime corde. Cid compor- tava l’apprendimento di due tecniche diverse e quindi l’obbligo di svincolarsi da una pratica pet apprenderne un’ altra. Ora Carulli consiglia di studiare subi- to con indice-medio, Altro punto ritenuto importante @ quello degli arpeggi, insufficientemente svolto nel primo Metodo. Tl Metodo op. 241 si presenta dunque in una nuova veste editoriale e con molte varianti rispetto al precedente. Un capitolo introduttivo @ riservato alle nozioni elementari della teoria musicale. La prima parte del Metodo vero e pro- prio contiene le regole dell’impostazione, dell’accordatura (simili alle precedenti dell’op. 27) e i nuovi esercizi sugli arpeggi, poi le scale e i brani nelle tonalita pit agevoli, con materiale vecchio ¢ nuovo per il quale l’autore comincia a usa- re sistematicamente i segni della diteggiatura moderna: numeri arabi per la ma- no sinistra e lettere alfabetiche per la mano destra. La seconda parte comprende gli studi su legature e abbellimenti, e gli esercizi in posizione. Qui Carulli con- ferma la vecchia concezione delle sue uniche cinque posizioni essenziali. Una serie di esercizi progressivi conclude la seconda parte. Nella terza sono formu- lati sei studi riassuntivi di tutta la tecnica. 246 La chitara Indubbiamente l’op. 241 appare pitt razionale e pid: formativa, con esercizi graduali che arrivano a un virtuosismo pit elevato rispetto ai propositi dell’op. 27, e certamente fece bene Carulli a voler puntualizzare correttamente la sua didattica, D’altro canto fu buon profeta il suo editore: il Metodo che oggi an- cora circola in commetcio, nella revisione del chitarrista Benvenuto Terzi, & il vecchio e glorioso Metodo op. 27. Nella Parigi degli anni Venti si erano intanto moltiplicati a dismisura dilet- tanti, insegnanti e metodi mentre I’amatore sprovveduto era convinto che per imparare bastasse un buon Metodo e si potesse fare a meno del maestro. Con- tro il dilagare di un nocivo dilettantismo Carulli pubblicd, nel 1825, L’Anti Méthode, affidato all’editore Petit. Con questo titolo Carulli forse intendeva eludere le clausole di quel contratto che lo legavano all’editore Carli, con il quale era venuto in contrasto a proposito del rifacimento del suo Metodo. L’Anti Mé- thode, ou V’éléve guidé par le Maitre una raccolta di cinquanta Studi, disposti in ordine progressivo di difficolta, e due Grandi Capricci. Una nota dell’ edito- te (Catalogo Petit, 1826) dice: «L’impossibilita di fare a meno d’un maestro ha convinto ’autore a comporre quest’ opera senza quelle spiegazioni che soli- tamente danno i metodi, convinto dall’esperienza che esse non sono d’alcuna utilita». E Carulli aggiunge, nella prefazione dell’ Anti Méthode, che con la gui- da di un maestro l’allievo fara «pitt progressi in una sola lezione di quanti avrebbe potuto farne in un mese di studio solitario. E dieci pagine di spiegazioni di un metodo non valgono questa sola frase dellinsegnante: — Fate cosi —». 2.2. Francesco Molino (Ivrea 1768-Parigi 1847) Nouvelle Méthode... dédiée a Madame la Duchesse de Dalberg, Paris, Gamba- ro 1818?; Leipzig, Breitkopf & Hartel 1813. Nouvelle Méthode, neue Ausgabe, Leipzig, Breitkopf & Hartel 1827. Le Maitre de Guitare ou méthode facile et progressive... op. 24, Paris, !’ Auteur 1820-21. Grande Méthode Complete... dédiée 2 S.A.R. Madame la Duchesse de Berry op. 33, Paris, Auteur 1823. Le Maitre de Guitare - extrait de la Grande Méthode op. 40, Paris, I’ Auteur 1825. Grande Méthode complete pour la Guitare dédiée a Son Altesse Royale Mada- me Duchesse de Berry, op. 46, Paris, Auteur 1826; Leipzig, Breitkopf & Hir- tel 1829-307. Supplement & la Méthode op. 47, Paris, Auteur 1826-27. Metodo Completo para aprender d tocar la guitarra op. 49, Paris, Troupenas 1835-40. Molino pubblicd una vasta serie di Metodi che differiscono perd tra loro solo per il numero d’opera o per la maggiore o minore ampiezza degli argomen- tio per il numero di esercizi, avendo in comune sempre gli stessi concetti, in- formati a una ben precisa e unica direzione pedagogica. Tutti questi Metodi M, Dell’Ara - Metodi e Trattati 247 possono essere quindi visti unitariamente come espressione del ‘“‘Metodo”’ di Molino. Per le differenze editoriali e di epoca possiamo invece raggrupparli in due classi: la prima comprende la Nouvelle Méthode pubblicata a Parigi e a Lipsia nel 1813 (ma Pedizione parigina potrebbe essere pitt antica), la seconda com- prende la Grande Méthode pubblicata come op. 33 (1823) e ripubblicata con i numeri d’opera 46 € 49. A Parigi l’attivita didattica di Molino fu di primo piano, tanto da contrap- porsi validamente a quella di Carulli, di cui fu considerato rivale. Le testimo- nianze dell’epoca parlano di una autentica guerelle tra i seguaci dei due chitarristi. Il Metodo di Molino non va oltre i propositi di una buona formazione di base, escludendo intenti virtuosistici per i quali l’autore rimanda Vallievo gia formato alla lezione delle sue Sonate e dei suoi brani pid impegnativi, pubbli- cati a parte. L’idea principale che muove la pedagogia di Molino & quella di comporre e ordinare tutte le nozioni di teoria e prassi musicale con quelle spe- cifiche dello strumento, cosi come é dato fare ai pianisti e agli arpisti, preoccu- pandosi sempre di sottolineare tutti quegli accorgimenti che possono rendere pill espressiva l’esecuzione musicale e pitt appropriata quella strumentale. A questo scopo l’autore premette sempre le nozioni di teoria musicale e, du- rante la trattazione, spiega come si possono applicare alla chitarra le formule cadenzali e l’armonizzazione delle scale maggiori e minori. Per quanto riguar- da la metodologia chitarristica notiamo in Molino alcuni aspetti che oggi ap- paiono antiquati (ma che vanno esaminati e compresi nel contesto dell’esperienza didattica ottocentesca in fase di ricerca) ed altri decisamente moderni ed attuali. Nella Nouvelle Méthode Molino usava ancora, secondo una prassi consueta, una chitarra con quindici tasti (undici sul manico e quattro sulla tavola), ma nella Grande Méthode la sua chitarra (Molino ne aveva fatto costruire una ap- posita) ha diciassette tasti (dodici sul manico, come quella moderna, e cinque sulla tavola). Molino non ama perd le zone acute della tastiera dove il suono, a suo dire, risulta sgraziato e dove é difficile sostenere la melodia se non con un semplice basso. Tutti i suoi esercizi o brani musicali sono infatti nelle prime posizioni sorpassano raramente il quinto tasto. ‘A questa incompletezza dello studio egli pose rimedio con l’interessante Sup- plement a la Méthode... op. 47. Moderna é la sua concezione della nomenclatu- ra delle posizioni (una per ogni tasto in ordine progressivo a seconda della posizione del primo dito della mano sinistra) e della funzione del pollice sini- stro, che deve setvire solo di appoggio per la mano senza intervenire nella di- teggiatura. In quest’ ultimo caso Molino percorre (0 forse anticipa) la linea consigliata da Fernando Sor. Ancora di vecchio stile é la posizione dello stru- mento appoggiato con il fondo della cassa sulla coscia destra e sostenuto, alme- no nei primi mesi di studio, con Pausilio della tracolla. Questa posizione @ perd abbastanza simile a quella consigliata da Aguado nel suo Metodo del 1826. L’impostazione delle mani @ quella consueta, gia enunciata da Carulli. Moli- 248 La chitarra no aggiunge la raccomandazione di muovere solo le dita della mano destra, che deve essere tenuta ben ferma; sconsiglia inoltre l'uso dell’eco, cosi caro a Ca- rulli, ritenendolo di scarso effetto. Per le scale a note doppie Molino si limita a esempi succinti ed essenziali, mentre concede pitt spazio alla varieta degli ar- peggi. Per lo studio vero e proprio segue il consolidato schema: per ogni tonali- 18 scrive le scale, le cadenze ¢ una serie di brani musicali (nelle tonalita con pid di quattro diesis o quattro bemolli, solo le scale e le cadenze). Fautore di una buona scrittura idiomatica, con le voci divise, Molino mol- to accurato nella composizione dei pezzi di musica, sempre di buon livello ed esemplari nella loro corretta applicazione tecnico-musicale. Per chiarezza e pro- fondit’ d’indagine, il Metodo di Molino passé alla storia come uno dei pit ra- zionali, meritandosi gli elogi di Frangois-Joseph Fétis. 2.3. Dionisio Aguado (Madrid 1784-ivi 1849) Colleccién de Estudios para Guitarra, Madrid, Aguado 1820. Escuela de Guitarra, Madrid, Aguado 1825; Paris 1825-26. Méthode Complete pour la Guitare... traduite en Francais... par F. De Fossa, Paris, Auteur 1826. Nouvelle Méthode de Guitare op. 6, Paris, !’ Auteur 1834. Nuevo Método de Guitarra op. 6, Madrid, Campo 1837-40. Método de Guitarra op. 6, Paris, Schonenberger 1846. La Guitare Enseignée par une Méthode Simple, Paris, ’ Auteur 1837. La Guitare Fixée sur le Tripodison ou Fixateur, Paris, ’ Auteur 1837. Nuevo Método para Guitarra, Madrid, Aguado 1843; Paris, Schonenberger 1846. Apéndice al Nuevo Método para Guitarra, Madrid, Aguado 1849. La produzione di Aguado é caratterizzata dal costante impegno didattico nel quale fu occupato per tutta la vita. La sua produzione musicale é infatti, per larghissima percentuale, dedicata ai Metodi. La sua originalita si evidenzia nella convinta proposizione della produzione del suono, ottenuta mediante l’azione polpastrello-unghia, per la quale risulta essere ancora oggi giustamente famoso, come profeta di questa tecnica moder- na, Parecchi altri chitarristi contemporanei impiegavano tecniche simili alla sua, ma nessuno come lui seppe concretizzarne la teoria. Fu durante il suo soggior- no a Parigi (1825-38) che Aguado mise in luce le sue straordinarie abilita esc cutive sottolineate dalla brillantezza del suo tocco, apprezzato anche dai pit accesi detrattori dell’uso delle unghie. Per questo motivo riteniamo che il suo Méthode Complete, pubblicato a Pa- rigi nel 1826, con traduzione dallo spagnolo al francese, note e appendice di Francois De Fossa, sia il pitt significativo nella scelta dei suoi Metodi. Questo Metodo era stato pubblicato per la prima volta, nella stesura originale in spa- gnolo, a Madrid nel 1825, con il titolo Escuela de Guitarra. L’opera é divisa in due parti (teorico-pratica e pratica) e termina con un’ap- M, Dell’Ara - Metodi e Trattati 249 pendice di De Fossa (Regole generali per modulare). La prima parte & costituita soprattutto da nozioni di teoria musicale, sviluppata con ampiezza inconsueta per un metodo di chitarra. Il traduttore De Fossa spiega, in nota, che tale trattazione pud apparire ec- cessiva per il pubblico francese, presso cui sono ben noti i trattati di insigni teorici della musica, giustificandone l’utilita per il pubblico spagnolo, al quale era diretta ’edizione originale in spagnolo. Interessanti per la novit& e l’approfondimento sono le nozioni di acustica applicata alla chitarra e la nomenclatura pit particolareggiata delle parti dello strumento, nonché le spiegazioni sulla funzione acustica del ponticello. Agua- do suggerisce una posizione alquanto originale: l’esecutore & seduto su una se- dia abbastanza larga da permettere !’appoggio dello strumento sulla parte del sedile a fianco alla coscia destra. Questa ricerca di un punto fisso, estraneo al corpo dell’esecutore, sara all’origine qualche anno dopo dell’ invenzione del “‘tri- pode”, un supporto meccanico che regge la chitarra autonomamente. Assolu- tamente proibito é I’uso del mignolo appoggiato sulla tavola armonica. II punto di appoggio deve quindi essere cercato con il contatto dell’ avambraccio destro sullo strumento; per il resto non ci sono novita di rilievo, ma corrette puntua- lizzazioni. L’enunciato fondamentale della sua tecnica resta il tocco con I'un- ghia; Aguado ne sostiene l’utilita per un maggior volume e una migliore qualit del suono. Per ottenere queste prerogative le unghie non dovranno essere né troppo dure né troppo fragili. La corda dovra essere pizzicata dal dito in senso obliquo, dalla parte rivolta verso il pollice e dovra scivolare dal polpastrello verso Punghia. Determinante, per |’agilita delle dita, @ una corretta proporzione nel- la lunghezza delle unghie. Per la scrittura della musica chitarristica l’autore si adegua al costume vi- gente (pentagramma in chiave di sol), ma ritiene pid ragionevole la proposta di Sor del doppio pentagramma, come per il pianoforte, che presenterebbe I’al- tezza reale dei suoni e non quelli trasposti all’ottava. Nella seconda parte Aguado scrive gli esercizi pratici applicando la teoria musicale alle possibilita della chitarra. I primi esercizi sono semplici melodie che non oltrepassano il quarto tasto. Lo scopo é quello di allenare l’allievo nelle varianti delle divisioni e suddivisioni del tempo: 2/4, 3/4... 6/8, 9/8 ecc. Segue una sezione riservata agli arpeggi. Manca completamente, e questo é un punto debole del Metodo, la diteggiatura della mano destra. E vero che Aguado espo- ne abbondantemente i meccanismi da impiegare, ma né lui né lo scrupoloso annotatote De Fossa dimostrano di essere al corrente dei sistemi pid aggiornati della diteggiatura di Carulli e di Molino; c’é da rilevare tuttavia I’inedita diteg- giatura per le scale che Aguado esegue con indice-anulare. Rimarchevoli sono poi gli esercizi in arpeggio, dove le dita della destra de- vono imprimere una diversa forza se pizzicano le note del canto 0 quelle del- V'accompagnamento. La mancanza di una regolare diteggiatura moderna si fa pitt evidente quando Aguado impiega quelli che chiama “‘equisoni”: suoni ot- tenibili su una corda premuta con un dito della mano sinistra anziché a vuoto 250 La chitarra sulla corda vicina. Un numero inscritto in un cerchio, analogo a quello che oggi usiamo per indicare il numero della corda, serve ad Aguado per indicare ap- punto l’equisono. Con questo sistema sono svolti gli esercizi sulle posizioni ol- tre il quarto tasto. Non mancano, ovviamente, gli studi sulle legature e sugli abbellimenti, ai quali sono aggiunte particolari considerazioni sui suoni ‘‘étouf- fés”? (il moderno pizzicato), sui passi da eseguirsi con la sola mano sinistra, l’ef- feo di “tambourin” (il moderno tambora) e quello delle ‘‘campanelas’’. Agli effetti di imitazione dell’arpa o del flauto, gia enunciati da altri, ‘Aguado ag- giunge quello del fagotto, ottenuto sulle corde gravi suonando accanto al pon- ticello. Questa sua sensibilita al timbro preannuncia quella vasta gamma di ticerche sonore a imitazione degli strumenti d’orchestra che, poco pit tardi, Fernando Sor trattera nel suo Metodo. Completo e aggiornato @ il capitolo sui suoni armonici, ottenibili in tre ma- niere diverse: suoni armonici naturali, artificiali e derivati dalla tecnica violini- stica, Per quanto riguarda l’uso del pollice della mano sinistra sulle corde, Aguado sembra sconsigliarlo ma non escluderlo completamente. Ampia parte del Me- todo & occupata dallo studio dell’ armonia applicata alla chitarra, seguita da una serie di trenta Studi, molti dei quali erano gia stati pubblicati in precedenza nella Colleccién de Estudios (Madrid 1820). Il Metodo termina con un breve capitolo in cui sono riassunti i concetti estetici e gli ultimi consigli per un effi- cace studio. L’Appendice di De Fossa & indubbiamente completa e originale, se rapportata all’epoca, ma non aggiunge nulla di sostanziale alla trattazione armonica di Aguado. I numerosi Metodi pubblicati da Carulli, Molino e Aguado, con le loro va- rianti, con i loro ripensamenti, con i loro aggiornamenti e approfondimenti, palesano il fervore di una ricerca che, partita da solide ma ristrette basi sette- centesche, era arrivata a una splendida maturita nel breve arco di pochi anni, dal primo Metodo di Carulli del 1810 a quello di Aguado del 1826. Di fronte a questa triade si pone quella di Giuliani, Carcassi e Sor che pubblicarono un solo Metodo, nel momento che ritennero pit opportuno, raccogliendo in ma- niera completa e definitiva la propria esperienza e contribuendo non meno de- gli altri alla definizione dei principi basilari della scuola chitarristica ottocentesca. 2.4, Mauro Giuliani (Bisceglie 1781-Napoli 1829) Studio per la Chitarra, Wien, Artaria 1812. Il Metodo di Giuliani si evidenzia per la sua particolare impostazione, del tutto differente dalle altre. Nessuna premessa sulla teoria musicale, ma solo esercizi pratici divisi in quattro parti specifiche: arpeggi per la mano destra, scale a note doppie, studi sugli abbellimenti e dodici lezioni progressive e rias- suntive di tutta la tecnica. Con questa schematica suddivisione degli argomen- ti Giuliani si propone di fornire alPallievo tutto il necessario per «eseguire con espressione quanto é stato composto in un genere pill corretto per questo stru- mento». Sara compito dello studente lavorare sopra questa «guida corta, sicu- M. Dell’Ara - Metodi e Trattati 251 ta ¢ nuova» per arrivare su quella strada che il maestro ha segnato dopo lunghe «fatiche, confirmate dall’esperienza, ¢ dalla pratica». Nella prima parte Giu- liani sviluppa una serie di centoventi arpeggi per la mano destra, indicandone sempre chiaramente la diteggiatura e servendosi di due battute ritornellate, con un accordo di do maggiore e di sol settima, Si& sempre voluto far risalire gli arpeggi di Giuliani a quelli di Federico Moretti, come se nessun altro autore dell’Ottocento avesse scritto arpeggi in do maggiore. In realta, tra questi due musicisti esiste una differenza di fondo: Moretti concepisce I’accordo esclusi- vamente in funzione dell’accompagnamento, Giuliani se ne serve invece per approfondire tutti gli aspetti della meccanica della mano destra che permetto- no di eseguire un brano completo di melodia e armonia. Non a caso alcuni suoi arpeggi contengono una vera e propria melodia accompagnata e costituiscono brevissimi e piccoli studi. Accurata 2 pure la diteggiatura della mano sinistra nelle scale a note doppie per terze, seste, ottave e decime (parte II), nelle tona- lita pid facili, che portano alla conoscenza della tastiera attraverso le varie po- sizioni. Negli studi della terza parte Giuliani prende in esame gli elementi del discorso musicale: la tenuta del suono nelle parti polifoniche, I'effetto dello smor- zato, esecuzione delle parti melodiche del canto con l’alternanza indice-medio € poi tutti gli abbellimenti, che implicano le nozioni sulle legature tecniche. Anche gli Studi della quarta parte sono nelle tonalit& pid agevoli e sempre ben caratterizzati da un preciso scopo didattico. Alcuni di essi contengono gli ele- menti di quella elegante ¢ intelligente ortografia ricalcata, negli anni successi- vi, da altri autori, Per l'esecuzione di alcuni bassi sulla sesta corda l'autre si serve del pollice sinistro, come tutti i chitarristi italiani, tranne Molino. La breve prefazione e le pitt che succinte spiegazioni non danno adito ad altre considera. zioni, ma l’esame attento del Metodo non pud che confermarne la grande ra- zionalita e lindubbia utilita. E insomma il Metodo di un eccelso virtuoso al quale preme dimostrare che i frutti maturano dove c’é un serio lavoro e non solo belle parole. 2.5. Matteo Carcassi (Firenze 1790-Parigi 1853) Méthode Complete pour la Guitare op. 59, Paris, !’ Auteur-Troupenas 1836. Rinomato concertista ¢ insegnante, Carcassi risiedeva a Parigi almeno dal 1820. II suo Metodo, che risale al 1836, 2 il prodotto del buon senso. Chiaro, semplice e nello stesso tempo completo ¢ approfondito senza sconfinare nell’o. pera scientifica, come dichiara I'autore stesso nella prefazione, il lavoro di Car- cassi 2 composto di tre parti con una introduzione sulla teoria musicale. La posizione adottata da Carcassi praticamente quella attuale, con la chi- tarra appoggiata sulla coscia sinistra; la gamba sinistra @ sollevata da uno sga- bellino, quella destra divaricata, L'impostazione delle mani & quella pitt consueta € sperimentata: la mano destra appoggia il mignolo sulla tavola, ma leggermen- te, ¢ si pud spostare verso la buca per variare il timbro. Indice e medio possono salire fino alla quinta corda e cost il pollice pud scendere fino alla seconda, I] 252 La chitarra pollice della sinistra pud intervenire nella diteggiatura per le corde gravi. Le posizioni della mano sinistra sulla tastiera sono numerate, come in Molino, a seconda del numero del tasto. Le lezioni per imparare le note sulla prima posi- zione ricalcano quelle di Carulli. L’esecuzione degli accordi prevede lo scivola- mento del pollice sulle corde gravi e il pizzico delle altre dita, con le note in rapida successione, ma piti lentamente nei tempi lenti. Questa maniera di ese- guire gli accordi era chiamata da Aguado “all’italiana’’. E rimarchevole I'im- piego della diteggiatura moderna, con numeri e lettere, applicata pit abbondan- temente e con piti convinzione di Carulli. Gli arpeggi per la mano destra rical- cano quelli di Giuliani, ma Carcassi ne aggiunge altri in diverse tonalita. An- che gli esercizi sono realizzati nella maniera pit tradizionale: le scale, le cadenze e i brani musicali per ogni tonalita. La seconda parte spiega le legature e gli abbellimenti (con le rispettive riso- luzioni per Pesecuzione). Per la prima volta troviamo specificata l'esatta ma- niera di eseguire il pizzicato, secondo la moderna accezione, con il palmo della mano destra sul ponticello per smorzare i suoni. Ricordiamo che nell’ Ottocen- to erano chiamati suoni “‘étouffés”’ anche quelli smorzati. Gli esercizi prose- guono con i brani nelle varie posizioni, fino alla nona. Molto opportunamente Carcassi fa notare il vantaggio di spostare la mano da una posizione all’altra approfittando del suono su una corda a vuoto. L’esempio era gia stato propo- sto da Molino ma non con specifici studi come invece provvede a scrivere Car- cassi. La seconda parte comprende ancora gli esercizi per le scale a note doppie, quelli sull’effetto di ‘‘campanelas”’, scale ¢ preludi nelle tonalita pit difficili, i suoni armonici naturali e artificiali. Nella terza parte, colmata da cinquanta Studi, si riscontra il punto debole del Metodo: gli Studi non sono cosi formati- vi come quelli degli altri autori e nemmeno ne raggiungono il valore musicale. Nonostante alcuni procedimenti armonici e artifici strumentali degni di nota, questi Studi sono decisamente improntati al gusto decadente del brano ricrea- tivo e salottiero, poveri di ispirazione. Non cosi succede nei 25 Etudes Mélodi- ques progressives op. 60 che fanno seguito al Metodo. Raccomandati dallo stesso Carcassi agli allievi che desiderano perfezionatsi, gli Studi dell’op. 60 sono senza dubbio il momento creativo migliore di Carcassi e costituiscono un’opera di- dattica fondamentale, tra le pitt originali dell’Ottocento. 2.6. Fernando Sor (Barcellona 1778-Parigi 1839) Méthode de Guitare, Paris, Auteur 1830. Nel 1830, quando pubblica il suo Metodo, Sor aveva dato alle stampe i due terzi di quella che sarebbe stata la sua intera opera per chitarra e aveva gia pub- blicato i suoi famosi studi, ordinati nelle opere 6, 29, 31 ¢ 35, aprendo vie in- sospettate e sorprendenti per il futuro della chitarra, Sor non pensd dunque di scrivere un Metodo ricompilando studi gia composti, anche se in seguito avreb- be dato alle stampe ancora due raccolte di Studi (op. 44 € op. 60) pitt facili dei precedenti e rivolti con pitt attenzione ai principianti, bensi avverti l’esi- M, Dell'Ara - Metodi e Trattati 253 genza di indagare su quelle leggi e su quelle regole che governavano non solo il suo modo di suonare ma anche quello di comporre. Il suo, piti che un Metodo, é un Trattato, il primo nella storia della chitarra. Stimolato dalla propria interiorita, Sor si esprime con chiarezza, con disponi. bilita verso il contraddittorio e con un linguaggio che, a confronto di quello dei suoi contemporanei, pud essere definito aristocratico. Con un’analisi intro- spettiva d’insolita ampiezza, egli rivive e descrive la sua esperienza autobiogra- fica ricercando tutte quelle dimostrazioni scientifiche o analitico-musicali che Possono essere di supporto alla sua teoria globale. La trattazione & sorretta, oltre che da una ineccepibile sapienza musicale, dalla conoscenza delle leggi acu- stiche applicate alla liuteria, dall’anatomia, dalla geometria ecc. II suo racconto incomincia dalle prime esperienze di ragazzo sedicenne, capace di tener testa a saccenti maestri, e arriva a quelle dell’artista maturo che ha saputo dare allo strumento un linguaggio artistico autonomo e completo. E il racconto di un chitarrista che si dovuto costruire da solo, sulle modeste basi dei Principj di Moretti, conosciuti non direttamente ma per interposta persona, e ha dovuto combattere contro la cieca routine di schemi preconfezionati, dilettanteschi scorretti. Dopo questi faticosi inizi Sor era arrivato a scrivere musica giudicata addirittura ineseguibile. II suo Trattato dimostra che tutta la sua musica pud diventare facile e comprensibile quando si @ in grado di assimilare i concetti espressi dall’autore. Il Metodo & diviso in tre parti, precedute da una prefazione e seguite da una conclusione; un’appendice contiene le tavole illustrate ¢ gli esempi musica- li cui é fatto riferimento nel testo. La prima parte racchivide i capitoli dedicati allo strumento, alla sua posizione e a quella delle due mani, al modo di attacco della corda e alla qualita del suono. Allo strumento Sor dedica molta attenzio- ne, particolarmente alla funzione del ponticello e, di conseguenza, alla giusta posizione che su esso devono avere le corde e quindi alla ripercussione del suo- no sulla tavola armonica, dilungandosi anche sulle sue esperienze dirette con i liutai di Londra e Pietroburgo che costruirono chitarre sotto la sua direzione. Per la posizione dello strumento Sor trova un punto di appoggio sul ginoc- chio destro, sollevando la gamba mediante uno sgabellino € appoggiando la fa- scia superiore della chitarra sul bordo di un tavolo. In precedenza, come ci testimonia Dionisio Aguado, Sor era solito suonare alla maniera italiana ap- poggiando la chitarra sulla coscia sinistra. Pit tardi, dopo aver scritto il Meto- do, Sor esaltd l’invenzione del tripode di Aguado, lasciandoci dedurre che lo adottasse normalmente. Secondo la concezione della posizione moderna dob- biamo convenire che Sor non fu buon profeta, ma ancora una volta dobbiamo sottolineare il grave disagio del chitarrista ottocentesco, alle prese con uno stru- mento di difficile stabilita e ricordare che il problema fu risolto solo quando il liutaio Torres incomincid a costruire strumenti di dimensioni pili ampie, ver- so la fine del secolo XIX. La mano destra di Sor trova la giusta posizione po- nendo la punta delle prime tre dita su una linea retta parallela al piano delle corde. Questa posizione permette al pollice una grande mobilita senza spostare 254 La chitarra la mano. E adottata anche dagli altri chitarristi, ma per essa Sor si compiace di trovare una spiegazione razionale mentre altrove @ solo consigliata dalla pra- tica; di conseguenza l’anulare interviene solo negli accordi su quattro corde. Liuso del pollice della mano sinistra sulla sesta corda & considerato come retag- gio di una scorretta scrittura armonica; non essendovene bisogno, Sor teorizza con lucidita la funzione di questo dito, che deve agire solo dietro il manico per contrastare la pressione delle altre dita sulla tastiera o fungere da perno per la mano, quando questa si sposta leggermente in avanti sulla tastiera. Altret- tanto razionalmente Sor spiega quale debba essere il modo di pizzicare le corde par Grienere dina Vibeauiont celle stctee parallela alla tavola armonica, evitan- do suoni sgradevoli. Particolarissime sono poi le nozioni sulla ‘qualita del suo- no’’. I suoni variano a seconda che il punto d’attacco del dito sulla corda sia pid o meno vicino al ponticello. I volumi del forte e del piano vanno ricercati attentamente, spostando la mano destra e con vari modi di attacco. La parte descrittiva sugli accorgimenti per imitare gli altri strumenti & un piccolo tratta- to di strumentazione chitarristica che ci serve per capire piti a fondo l’estetica di Sor e quella dell’ Ottocento in genere. L’effetto imitativo non si ottiene pe- 19 solo per mezzo della qualita del suono: occorre che il passo musicale sia scritto come se fosse pensato per una partitura orchestrale, Sono cosi esemplificati gli effetti imitativi dei corni, delle trombe, dell’oboe (unico caso in cui Sor impiega il tocco con un po’ di unghia), del flauto e del- Parpa. Assolutamente originale @ ’esecuzione del pizzicato proposto da Sor: non l'impiego del palmo della mano destra per smorzare i suoni, ma le dita del- la sinistra premute sulle barrette di divisione dei tasti. E una tecnica partico- larmente difficile ma l’unica, secondo Sor, che produce i veri suoni “‘étouffés”” Nella seconda parte sono presi in esame la conoscenza della tastiera, i primi elementi della diteggiatura e la posizione del gomito. La conoscenza delle note sulla tastiera avviene mediante esercizi di scale di un’ottava da eseguirsi su cia- scuna corda. E uno stravolgimento della didattica tradizionale che pretendeva una soverchia esercitazione in prima posizione poi, pian piano, lo spostamen- to della mano sinistra in posizioni pit: avanzate. Per gli esercizi in arpeggio, Sor consiglia di limitarsi a quelli dove é sufficiente 'impiego delle prime tre dita della mano destra: I’anulare é sconsigliato per la sua scarsa forza. Le scale sono eseguite sempre con legature tecniche ¢ non con note staccate. L’impiego dello staccato con indice-medio é limitato alla prima corda, raramente alla se- conda. Anche la posizione esatta dell’avambraccio sinistro (perpendicolare al manico) assume la sua rilevanza per una corretta posizione a martelletto delle dita della mano sinistra sulla tastiera. La terza parte fondamentale per capire il processo che Sor impiega per la composizione della musica, da cui deriva la relativa diteggiatura, in stretto legame e rigorosa dipendenza. Dopo una lunga analisi teorico-pratica degli in- tervalli fra le corde a vuoto e quelli di terza e sesta, ottenibili con l'intervento della mano sinistra, Sor artiva a schematizzarne la diteggiatura ponendo il pri- mo dito costantemente lungo la prima corda e trovando di conseguenza la posi- M. Dell’Ara - Metodi e Trattati 255 zione del secondo o del terzo sulle corde superiori o, eccezionalmente, del quarto quando é il caso di eseguire contemporaneamente un basso. La stessa teoria, allargata all'intera posizione accordale, gli di supporto per analizzare la diteg, giatura di una melodia. Nell’approfondimento di ricerca della stabilita della mano destra e dei suoi ideali punti di appoggio emerge la funzionalita di un tocco pollice-indice per le note in scala, Paltetiore esclusione del dito anulare, specie nei passi melodici, e la possibilita di appoggiare il mignolo sulla tavola armoni ca quando il pollice deve agire molto velocemente. La gamma dei suoni armo- nici naturali, limitata generalmente a quelli ottenibili sul 5°, 7° e 12° tasto, 2 ampliata da Sor con quelli meno praticati sul 2°, 3°, 4° ¢ 9° tasto, ottenendo una serie di suoni giudicati sufficienti e tali da poter fare a meno di quelli otta- vati, la cui esecuzione comporterebbe una modifica troppo radicale della posi- zione della mano destra. La pratica dell’accompagnamento era molto diffusa all’epoca di Sor. Tutti i chitarristi amavano accompagnare le arie pit famose azzardandosi, a volte, a trascrivere per la chitarra la partitura orchestrale. Su questo delicato argo- mento Sor si dilunga nei capitoli finali con la sua consueta e impeccabile peri- zia, proponendo alcuni esempi tratti da opere di Mozart, Paisiello, Cherubini ¢ Haydn. Chiude la terza parte un’ulteriore considerazione sull’anulare della mano destra. La sua “‘conclusione”” approfondisce e al tempo stesso riassume tutto il suo pensiero pedagogico: chiaro, razionale, propositivo e mai dogmatico. 3. I Metodi e i Trattati moderni La moderna didattica chitarristica trae le sue origini dai Metodi dei migliori chitarristi compositori della prima met’ dell’Ottocento: Aguado, Carulli, Car- cassi, Molino, Giuliani e Sor. La fortuna di cui godono attualmente alcuni di tali Metodi @ dovuta a molteplici fattori: la felicissima e razionale combinazio- ne di clementi tecnico-musicali dove lo sviluppo graduale delle difficolta 2 uni- to sempre agli ottimi risultati artistici dell’esercizio stesso; il sucesso, la larga diffusione e il conseguente consolidamento che tali Metodi ebbero, con il pas- sare degli anni, nella formazione pedagogica degli apprendisti; la riscoperta ¢ la rivalutazione del repertorio chitarristico ottocentesco (per la verita da pochi anni intraprese con vero senso filologico). Questi elementi hanno portato consequen- zialmente ad approfondire i criteri della tecnica e della didattica di quel tempo. Bisogna poi aggiungere che & proprio tra la fine del Settecento e 'inizio del. Ottocento che si verificarono quelle importanti innovazioni strutturali che determinarono la nascita della chitarra moderna, un nuovo strumento a sei corde semplici in antitesi con la vecchia chitarra barocca a cinque corde doppie, con- cepita € suonata in maniera affatto diversa, 3.1. I Metodi dell’ Ottocento nelle revisioni moderne Il primo a operare su uno dei testi sacri dei maestri classici fu il francese 256 La chitarra Napoléon Coste (1805-83). Allievo e amico del famoso Fernando Sor, Coste rielabord il lavoro del maestro, un testo originalmente teorico e speculativo, riducendolo a metodo pratico. Tutta la densa trattazione teorica di Sor fu con- densata da Coste in due brevi pagine dove sono spiegate la posizione dello stru- mento, delle mani e dell’accordatura (prima parte del Metodo). Nella seconda parte Coste riprende dal maestro le lezioni sulla qualita del suono, della pulsa- zione e, nella terza parte, gli esercizi sulle scale per terze e seste. Agli esercizi pratici, scritti da Coste, segue, nell’ultima parte, una scelta dei migliori Studi di Sor: un’antologia antesignana di quella pi celebre che porta la firma del revisore Segovia. Notissima e tuttora impiegata é la revisione del Metodo di Carulli curata dal chitarrista italiano Benvenuto Terzi (1892-1980). Essa @ del 1955, si basa sul famoso Metodo op. 27 di Carulli ed & pit fedele al testo originale rispetto a quella che troviamo nel Metodo di Sor-Coste. Terzi si limita a condensare la didattica carulliana nei primi due volumi, aggiungendo nel terzo alcuni brani dello stesso autore tratti da una sua raccolta di 34 pezzi op. 276 che risultano pi impegnativi sotto il profilo virtuosistico rispetto ai brani originali del Me- todo, e proponendo una scelta di 12 duetti didattici fra quelli originali posti in appendice. Di buona reputazione gode ancora il Metodo di Aguado (1843) nella revi- sione del 1951 realizzata dal chitarrista argentino Antonio Sinopoli. Gli studi di Aguado sono disposti con organica progressione, con ampie didascalie e ac- curate diteggiature. Nel Metodo e nell’appendice Sinopoli aggiunge poi brani di Térrega, Sor e altri autori e trascrizioni dai preludi di Chopin e da brani di Bach, compresa la famosa Ciaccona, qui proposta nell’insolita tonalita di mi minore. Nella sostanza questi tre Metodi rivisti sono ancora oggi utilissimi ma, ai fini di un discorso filologico, occorre osservare che ai revisori interessa soprat- tutto dimostrare la validita di tali Metodi nell’alto valore degli esercizi e degli Studi in essi contenuti. Non essendo ancora in atto Ia rivalutazione e l’indagi- ne storica sulla tecnica degli autoti, i revisori compiono un’ opera di “‘aggiorna- mento”, specie nella diteggiatura che, se da un lato risulta pit “moderna”, dall’altro travisa i concetti original. 3.2. Lo sviluppo della tecnica I segni pit evidenti che si riscontrano nell’evoluzione della tecnica chitarri- stica, a parte alcuni aspetti pure importanti come |’impostazione dello strumento, sono quelli relativi al meccanismo delle due mani. Nella metodologia dei classi- ci ottocenteschi la mano destra ha un saldo punto di ancoraggio sulle prime tre corde dello strumento dove agiscono il pollice, l’indice e i] medio; non di rado essa é tenuta ferma dal mignolo che si appoggia sulla cassa armonica. Questa posizione sfrutta al massimo la mobilita del pollice che agisce sulle corde dei bassi. Gia eccezionale risulta ’arpeggio su quattro corde con l’impiego dell’a- nulare. Tale tecnica @ estremamente funzionale per una musica scritta, com’e- M. Dell’Ara - Metodi ¢ Trattati 257 ra prevalentemente, a tre parti, dove il pollice esegue le note del basso dalla terza alla sesta corda e indice e il medio svolgono la melodia o il completa- mento armonico sulle prime due corde. La mano sinistra, di conseguenza, ha un lavoro tutto sommato ancora legge- to dovendo compiere movimenti pit di agilita che di forza. Solo in Sor, che serive pit depli aeriin stile polifonico e sovente anche a quattro parti, la mano sinistra & chiamata a maggiori impegni. L’evoluzione del periodo romantico comporta alcuni progressi che indivi- duiamo, con diverse caratteristiche, nei tre migliori autori di quell’epoca: Giu- lio Regondi, Napoléon Coste e Johann Kaspar Mertz. In Regondi prende forma Ja scrittura a parti late che costringe il chitarrista ad abbandonare la sua tipica posizione con il mignolo fisso sulla cassa armonica eseguendo accordi, con la mano destra, dove indice ¢ medio o medio e anulare devono dilatarsi spazian- do sulle corde. I suoi arpeggi sono ancora scritti a parti strette ma l’anulare & chiamato a lavorare quanto le altre dita cost come avviene nell’esecuzione del tremolo, studio che Regondi porta al perfezionamento Coste usa una scrittura armonicamente molto densa; sovente i suoi accordi impiegano tutte ¢ sei le corde e le note di raddoppio hanno valore polifonico € non solo di rinforzo. Cid comporta per la mano sinistra un maggiore sforzo ¢ pill indipendenza tra le dita. Lo stesso avviene nelle opere di Mertz, anche se con differenti combinazioni, per i modelli armonici di accompagnamento che Tautore usa in derivazione da quelli pianistici, Le nuove conquiste non furono perd sufficienti a stimolare l’edizione di nuovi metodi pitt aggiornati. Regondi abbandond la chitarra per la concertina (proge- nitrice della fisarmonica); Coste, come abbiamo visto, si prese solo Vimpegno di aggiornare il Metodo di Sor; Mertz compild un breve Metodo che nulla ag- giunge ai precedenti. 3.3. I Metodi della seconda meta dell’Ottocento e dei primi anni del Novecento Il declino artistico della chitarra nella seconda meta dell’Ottocento impedi lo sviluppo su larga scala di una metodologia moderna. Terminato il successo delle opere dei classici, note in ambito internazionale (le opere di Carulli e Mo- lino avevano varcato anche loceano ed erano artivate nelle Americhe), la cul- tura chitarristica si riduce via via a ristretti circoli regionali o cittadini. Cid non impedi il progredire della ricerca tecnica, ma impoveri la conoscenza delle basi fondamentali dell’ apprendimento e della nuova letteratura. Convissero in quel periodo, tra fine Ottocento e gli anni Venti del Novecento, artisti di in- dubbia e sorprendente capacit’ accanto al proliferare di facili Metodi basati sulle modeste nozioni necessarie a mettere in grado il chitarrista di accompa- ghare una canzone, Specchio di questa generale poverta é il Manuale teorico pratico per lo studio della chitarra di Agostino Pisani, ripubblicato nel 1914 (2° ed. riveduta e am- pliata) nella famosa collana dei manuali Hoepli. Questo curioso volumetto, pe- raltro prezioso e primo del genere, e che per l’epoca in cui fu scritto pud essere 258 La chitarra considerato un lavoro corretto e dignitoso, deriva ancora palesemente le nozio- ni teoriche dal Metodo carulliano. Era l’epoca in cui gli Austriaci, convinti di vincere in breve tempo la prima guerra mondiale, chiamavano gli Italiani ‘un popolo di mandolinisti e di chi- tarristi’’. Gli Austriaci persero la guerra ma gli Italiani persero l’occasione di rinnovare, per primi, la didattica dello strumento che in Italia e negli autori italiani aveva le pid ‘illustri tradizioni. Negli ultimi anni del secolo scorso erano editi: Guitar Tutor (London 1881) e Learning the Guitar Simplified (London 1893") di Caterina Josepha Sidney- Pratten, il Grande Metodo (Madrid 1852; 2% ed. ampliata 1868) di Antonio Cano, seguito da 24 esercizi aggiuntivi, i Metodi di José Maria Ciebra (London ca. 1858), di Tomas Damas (Madrid 1865), di Jaime Felipe Bosch (Paris 1890) e quello del viennese Johann Decker-Schenk. In Italia, fra i pit: noti, segnalia- mo quello di Giuseppe Branzoli (Milano 1899). Tutti questi Metodi, classifica- bili tra il sufficiente e il buono, non hanno perd fatto storia. 3.4. La scuola di Térrega I primi contributi fondamentali che segnano una svolta importante nella di- dattica moderna arrivano fra gli anni 1920-30, dopo la maturazione di conside- revoli eventi. Verso la fine dell’Ottocento alcuni liutai, fra cui Antonio Torres (1817-92), perfezionarono (meglio sarebbe dire: inventatono) lo strumento con dimensioni pitt ampie e un nuovo sistema di incatenatura capaci di offrire mag- picts potenza sonora, pit estese dimensioni dinamiche e migliori possibilita tim- riche. Su questa nuova chitarra conduce preziose esperienze Francisco Térrega (1852-1909). Quasi totalmente privo della conoscenza dei suoi predecessori egli artiva a definire, dopo molti anni di studio, un suo proprio linguaggio dove pensiero musicale e accorgimenti tecnici trovano un’ideale coerenza. Ai suoi allievi, che ne proseguiranno l’opera, TArrega insegna la nuova impostazione delle mani insistendo sul tocco appoggiato, sulla verticalita delle dita, esaltan- do le facolta della nuova chitarra che pud far cantare la melodia anche sulla seconda e terza corda anziché sulla prima, come accadeva prioritariamente in precedenza; perfeziona la scrittura a parti late e concede di frequente ai bassi una funzione melodica. La sua intenzione di scrivere un Metodo rimase una pura idea, ma l’influenza da lui esercitata fu senza dubbio notevole. Anche il suo miglior allievo, Miguel Llobet (1878-1938), non scrisse Metodi, ma nella sua elevata produzione musicale si notano notevoli progressi tecnici, soprattut- to nella nuova dimensione musicale dell’impressionismo che lo porta a scoprire sorprendenti effetti timbrici. Chi pitt di ogni altro si adoperd per diffondere la didattica tarreghiana fu Emilio Pujol (1886-1980). Della sua opera di ricerca storico-tecnico-pedagogica Pujol aveva gia dato un saggio nel 1926 compilando la voce «Guitare» per l’En- cyclopédie de la musique et Dictionnaire du Conservatoire (a pp. 1997-2035), do- M. Dell’Ara - Metodi e Trattati 259 ve troviamo ben definiti quei fondamenti teorici che saranno alla base della sua Escuela razonada de la guitarra. Dedicata alla memoria di Térrega e salutata da una augurale lettera-prologo di Manuel de Falla, I’ Escuela razonada di Pujol si presenta come un’ opera mo- numentale, senza precedenti storici per l’ampiezza della trattazione e la )pro- fondimento analitico, segnando al tempo stesso la nascita della didattica moderna. Il primo dei quattro volumi che compongono I’opera fu pubblicato nel 1933 (ma Pujol aveva incominciato a lavorarci almeno dieci anni prima), il terzo vo- lume, terminato nel 1936, era pubblicato molto pit tardi, nel 1954 (il secondo era stato pubblicato nel 1940), il quarto nel 1971. I lento, metodico e scrupoloso procedere nell’intento permette a Pujol di esporre il suo vasto materiale in modo organico e razionalmente progressivo. Alla dichiarata dipendenza dalla scuola del suo maestro Térrega, accettata to- talmente con un atto di fede e di doveroso ossequio, si uniscono, sottintese ma palesi, le ascendenze della didattica di Aguado e le conquiste pitt moderne che lo stesso Pujol sperimentava in lunghi anni di pratica didattica. Scopo principale di Pujol & quello di sottomettere lo strumento alla comple- ta volonta dell’esecutore per arrivare alla migliore realizzazione artistica possi- bile, attraverso la completa conoscenza dello strumento, della meccanica delle mani e delle facolta intellettuali. Questi tre punti essenziali si trovano gid espressi nel primo volume della Escuela razonada con il capitolo dedicato allo strumen- to, descritto nelle sue particolarita morfologiche, con i capitoli sugli unisoni e intervalli, che potrebbero costituire materia per un trattato di strumentazio- ne ad uso dei compositori, con i capitoli dedicati all’impostazione dello stru- mento e delle mani. Di notevole importanza risultano le dissertazioni sui criteri della diteggiatu- ra, sulla specificit’ del suono in ogni corda, sulle qualita del suono ottenute con l’unghia o con il solo polpastrello e i consigli sul modo di studiare; tutte particolarita che la didattica aveva, prima d’allora, quasi ignorato. Le vere e proprie lezioni di meccanica dei movimenti iniziano nel secondo libro, con una fittissima rete di esercizi graduali per le due mani, per il “‘bar- ré”, per l'esecuzione degli accordi, degli arpeggi, delle scale, degli armonici ¢ delle legature, in cui si raggiunge il maggior grado di indipendenza. Il terzo libro perfeziona il precedente con esercizi pit: impegnativi aggiungendo lese- cuzione degli abbellimenti, la dilatazione, il vibrato, gli armonici ottavati. Una serie di esercizi complementari, posti in appendice e composti dallo stesso Pujol, ci dimostra fra l’altro una perizia di scrittura capace di unire, come fanno i mi. gliori didatti dell’Ottocento, la buona musica all’intento pedagogico. I quarto libro affronta il problema della virtuosita con la sincronizzazione ¢ Pagilita dei movimenti su una o pit corde, con le scale a note doppie (terze, seste, ottave e decime), con varie formule di arpeggi, esercizi sul tremolo, dop. pie legature, effetti speciali di sonorita; l’analisi della diteggiatura, riferita an- che ai criteri espressivi, & seguita, come nel terzo volume, dagli studi comple- mentari. 260 La chitarra Un grosso tema, attorno al quale Pujol lavord costantemente, fu il tocco del- le corde con il solo polpastrello, scelta a cui il musicista aderi con sincera con- vinzione, sostenuto dalla sua natura profondamente delicata, dal suo bisogno di esprimere il colore dei sentimenti pit intimi, dalla poetica riscoperta delle musiche del passato rinate dal suo lavoro musicologico. El dilema del sonido en la guitarra, pubblicato a Buenos Aires nel 1934 e ripubblicato nel 1960, un breve trattato che approfondisce alcuni concetti gia espressi nella Escuela razonada, Attraverso l’analisi fisica del suono e della sua ripercussione psichi- | i =f decessori, Pujol dimostra (senza confutare — si badi bene — i vantaggi di altre scelte) le migliori prerogative del tocco con il polpastrello. Le sue convinzioni erano perd contrastate dalla crescente popolarita di Segovia, autorevole soste- nitore del tocco con l’unghia, il cui modo di suonare divenne presto regola ge- nerale. Fra gli altri didatti, seguaci di Tarrega, merita ricordare Pascual Roch e Ju- lio Sagreras. I] Metodo di Roch (Método moderno para guitarra, Escuela Tdrrega, New York, Schirmer 1921), in tre volumi, giudicato buono da alcuni mentre altri lo definiscono una pedissequa propaggine degli esercizi tarreghiani e co- munque non gode oggi della stima e della diffusione che invece hanno le Lec- ciones (Buenos Aires 1922) di Sagreras, completate dalla Tecnica superior de guitarra (Buenos Aires 1922). Le Lecciones di Sagreras, divise in sei libri, sono derivate dagli insegnamen- tii Térrega, ma raccolgono anche quelli pit moderni di Pujol, Llobet e Sego- via. I piano di studio, rispetto ai metodi pit antichi, & molto pit diluito e disposto razionalmente. L’autore dedica molta cura alla mano destra che impara, fin dalle prime lezioni, il contemporaneo uso del tocco libero e appoggiato. I brani, scritti appositamente dall’autore, hanno sempre caratteristiche dliverse a seconda del- | ii £.£_=_iss spiegazioni e rivelano una fertile creativita artistica. 3.5. Altri Metodi e Trattati del primo Novecento Fuori dall’area tarreghiana emergono i nomi del francese Jacques Tessarech (1862-1929), del tedesco Heinrich Albert (1870-1950) e dello statunitense Wil- liam Foden (1860-1947). Artista dotatissimo e al tempo stesso accorto ammi- nistratore dei propri guadagni, William Foden scriveva probabilmente il suo Metodo (New York 1921) per trarre maggiori introiti dalla sua professione di ricercato insegnante. I due volumi del suo metodo sono concepiti secondo i vecchi schemi di Carulli e di Carcassi. Analogamente a Sagreras anch’egli compila di mano propria gli esercizi e gli studi con lineare condotta didattica, rivelandosi buon compositore. Ben pitt importante é la figura di Heinrich Albert che si colloca nella tradi- zione austro-tedesca. Di lui ricordiamo, oltre al Metodo in quattro volumi, le raccolte Ewiden- Werk (Gitarrenschule, Berlin, Lienau; Wien, Haslinger s.d., sei volumi) e Solospiel-Studien (Frankfurt, Zimmermann s.d., tre volumi). Albert, ‘M. Dell’Ara - Metodi e Trattati 261 contrariamente ai suoi contemporanei, conosce in maniera approfondita le opere dei chitarristi classici e romantici; a lui, pid che a ogni altro, si deve la prima riscoperta di tali autori sotto il profilo storico-didattico. Le novit& e le proposte originali di Jacques Tessarech sono tali e tante da far apparire le sue opere assolutamente eccezionali. A Parigi, nel 1923, Tessa- rech pubblicd I’ Evolution de la guitare e, nel 1929, La guitare poliphonique che del primo libro é la naturale prosecuzione e il logico completamento. Tessarech travalica di gran lunga i modelli ottocenteschi arrivando a proposizioni musica- lie ad accorgimenti tecnici inauditi per i suoi tempi e certamente ancora sor- prendenti per quelli odierni. Egli esalta al massimo la potenzialita armonica dello strumento, usa tecniche inconsuete nell’intreccio polifonico delle voci (ter- zine contrapposte a duine), escogita effetti speciali combinati con i suoni ar- monici e particolari movimenti della mano sinistra per il glissato, richiede dilatazioni inconsuete alla mano sinistra ed estrema indipendenza delle due mai Alcuni suoi modelli di scrittura prefigurano quelli che Villa-Lobos, presente in quegli anni a Parigi, inconsapevolmente o meno impieghera per i suoi famosi Studi. 3.6. La tecnica di Segovia Molta parte dei progressi artistici e tecnici compiuti nella prima parte del nostro secolo sono stati dimenticati, riassorbiti ingiustamente dal tempo, ma allora, su quel fertile campo, tracciava un solco indelebile Andrés Segovia. Al- tri artisti, forse pit raffinati come Miguel Llobet, forse tecnicamente pit: ag- guerriti come Jacques Tessarech o Agustin Barrios, ma di natura modesta e di carattere umile, non ebbero la forza di tentare, dopo un periodo di caduta, il reinserimento della chitarra nel mondo musicale. L’operazione riuscl perfettamente ad Andrés Segovia che ebbe, tra l’altro, il merito di saper percorrere i sentieri nuovi segnati dal suo tempo: era termi- nata l’epoca ‘del chitarrista virtuoso-compositore, ora la musica era nelle mani del musicista compositore al quale occorreva richiederla con assidui solleciti E noto a tutti il repertorio moderno per cui dobbiamo essere grati all’azione animatrice di Segovia. Al grande maestro spagnolo toccd risolvere lo spinoso problema di rendere eseguibili le composizioni dei nuovi autori mediante cor- rezioni e suggerimenti. In questo senso Segovia agi drasticamente scegliendo solo le musiche nelle quali poteva configurare il suo ideale estetico e sulle quali applicare la sua tecnica straordinaria. Tale discriminazione, necessaria e com- prensibile ma univoca, escluse cosi dal suo repertorio parecchi compositori con- temporanei e moltissimi fra quelli del passato. Gia notissimo nel periodo prebellico Segovia assurse a notorieta universale dopo gli anni Cinquanta e spe- cialmente nei Sessanta. Tenne molti corsi di perfezionamento, a cominciare da quelli famosi dell’ Accademia Chigiana, ma non possiamo considerarlo un di- datta nel senso stretto della parola: egli fu maestro a coloro che seppero studia- re attentamente il suo repertorio, ascoltare le sue lezioni 0 i suoi concerti, per carpirgli segreti o consigli. Allievo e maestro di se stesso, come ebbe a definir- 262 La chitarra si, Segovia non si premurd di lasciare testimonianza della sua arte didattica se non nelle particolareggiate diteggiature dei numerosi brani da lui curati e nelle famose Scale diatoniche maggiori e minori, pubblicate nel 1953, ma studiate ne- gli anni giovanili, maturate e quindi diteggiate con saggezza e raziocinio. Stu- piva soprattutto in Segovia la potenza, la profondita e la rotondita del suono; peculiarita che gli permise di esibirsi, al pari degli altri strumentisti, nelle mi- gliori e pit grandi sale concertistiche. Per coglierne i segreti molti studiarono attentamente la tecnica della sua mano destra (che per la verita non presentava particolari aspetti innovativi) senza capire, forse, enorme influenza che, sul suono, esercitava la sinistra. Dotato di costituzione poderosa e robusta (non per nulla é vissuto oltre i novant’anni), Segovia possedeva una mano sinistra estremamente agile, irraggiungibile nella perfezione di sincronia con la mano destra, e capace, con il suo notevole peso, di ingigantire il lavoro di quest’ulti- ma nel momento di attacco del suono. Questo nuovo modo di concepire il suono, che forse in Segovia fu pid istin- tivo che razionale e che coinvolgeva la sfera psicologica di coloro che volevano adattarvisi, travalicava e trascendeva la tecnica di tradizione classico-romantica che deputava l’emissione sonora alla sola mano destra, aiutata dalle risorse so- nore delle corde a vuoto. L’eliminazione dei suoni sulle corde a vuoto, che tro- viamo sovente nelle diteggiature segoviane, aveva proprio lo scopo di soddisfare il bisogno fisico di trovare il suono sotto la pressione della mano sinistra e non di correggere le ovvieta del principiante come tanti chitarristi ebbero a credere. Sull’arte interpretativa e sulla tecnica segoviana molto é stato scritto, senza perd approfondirne la natura innovativa, limitando il discorso alla celebrazio- ne ¢ all’elogio del grande artista. Fra gli altri segnaliamo il breve studio di Vla- dimir Bobri The Segovia Technique, New York 1972, disponibile anche in versione italiana, corredato di un curriculum storico sullo strumento ¢ da nu- merose fotografie delle magiche mani di Segovia in atto di suonare, che non spiegano, comunque, la vera essenza della tecnica segoviana, Di riflesso, per molti anni il bagaglio didattico del chitarrista ¢ stato riempito con lo studio dei Metodi ottocenteschi e subito dopo integrato con la lettura ¢ ’esercizio del repertorio segoviano. 3.7. I Metodi e i Trattati pia recenti Altri virtuosi in seguito, pur sempre debitori a Segovia, hanno dato vita a un repertorio pid vasto, altri didatti hanno sviluppato, ampliato la tecnica se- goviana o hanno addirittura intrapreso strade nuove. Ricordiamo i Metodi di Karl Scheit (Lebr-und Spielbuch fir Gitarre, Wien 1936), di Alice Artzt (The art of practicing, London 1978) e il Trattato sul ‘“‘suono”’ di John Taylor (Tone pI tion on the Classical Guitar, London 1978), unitamente ai quali ¢ dove- roso citare quelli di Richard Pick (Lessons for Classic Guitar, Chicago 1952) e di Vicente Gascén (Metodo moderno per Guitarra, Buenos Aires 1950). Fra i Metodi e i Trattati pid attuali prenderemo in considerazione quelli che ci sembrano pit singolari e pitt propositivi nel rinnovamento. ‘M, Dell’Ara - Metodi e Trattati 263 La Escuela de la guitarra (Buenos Aires 1979) di Abel Carlevaro @ un ampio Trattato cotredato da disegni, fotografie e qualche esempio musicale; @ il pri- mo, di una certa ampiezza, che indaga a fondo i criteri teorico-pratici dell’im- postazione strumentale e della meccanica dei movimenti necessari per la pro- duzione del suono. Carlevaro deriva dai suoi lunghi anni di militanza didattica un’intima conoscenza dello strumento e dei problemi ad esso connessi propo- nendosi lo scopo dello loro risoluzione e arrivandoci con il massimo risultato econ il minimo sforzo. Caposaldo del suo studio é la collocazione dello stru- mento che deve adattarsi al corpo dell’esecutore e non viceversa. I] binomio “‘chitarra-esecutore” dovrk pertanto raggiungere una unita e una complemen- tarieta atte a stimolare i movimenti meccanici, evitando il soverchio e dannoso lavoro e favorendo quindi una pit libera partecipazione mentale, indispensabi- le per la realizzazione del pensiero musicale che si vuole esprimere. I suoi enunciati sono in sostanza simili o paralleli a quelli di Pujol, ma l’in- dagine condotta da Carlevaro é di gran lunga pit capillare e analitica. Indivi- duati i punti fondamentali che garantiscono la buona posizione e la stabilita dello strumento, mediante i suoi punti di contatto, I’autore spiega le possibili liberta di movimento noto il problema del chitarrista costretto a suonare, rispetto agli altri esecutori, in una posizione molto sacrificata). La trattazione prende poi in esame le funzioni delle braccia e delle dita, con frequenti sottoli- neature delle implicazioni psicologiche che intervengono nel momento in cui il movimento meccanico deve essere pensato in funzione espressiva, quindi ar- tistica. In appendice Carlevaro aggiunge ancora importanti considerazioni sul- la sua teoria applicata ai suoi Studi (Quademi di tecnica, Buenos Aires 1967) e ad altri vari esempi tratti da opere di Villa-Lobos e Bach. L’ambito processuale e discorsivo di Carlevaro ampio e tracciato con chia- rezza. Nuoce alla sua organicita, a tratti, lo svisceramento di argomenti soste- nuti da molteplici considerazioni. Alcune sue regole appaiono un po’ dogmatiche e su di esse non tutte le scuole sono d’accordo, come succede a proposito della posizione del braccio destro che Carlevaro vuole appoggiato sulla fascia della chitarra, salvo le sole eccezioni per gli effetti speciali (pizzicato, tambora ec.) © riguardo all’articolazione angolata del polso destro. A parte comunque logi- che divergenze didattiche, il Metodo di Carlevaro risulta di grande utilita e segna inequivocabilmente una tappa fondamentale della pedagogia moderna. Reginald Smith Brindle é l’autore dei tre volumi che compongono il Guitar. cosmos (London 1979), altra opera che s'impone all’attenzione per la sua origi nalita. Compositore scrupoloso e intelligente, buon conoscitore dello strumento, famoso per altre numerose composizioni chitarristiche, l’autore propone nei tre volumi del suo Guitarcosmos un’ampia scelta di Studi in varie forme musicali e in diversi stili moderni, partendo da facili modelli di scrittura e arrivando ai brani scritti con i pitt aggiornati “‘segni” di scrittura della musica d’avan- guardia. I] suo é un Metodo puramente musicale che si propone di completare Pesercizio dello studente nella musica moderna; non ci sono indicazioni tecni- che sullo strumento e sul modo di suonare. Lo studente dovra possedere le prin- 264 La chitarra cipali nozioni tecnico-pedagogiche prima di affrontare lo studio del Guitarcosmos, che presenta brani tonali, atonali, modali, bitonali, seriali, altri costruiti su va- ri tipi di scale o sulle dissonanze liberamente create sullo strumento. II fine pedagogico & quello di portare Pallievo dai primi facili esercizi ai veri e propri pezzi da concerto. Alcuni duetti per due chitarre completano degna- mente questo rilevante lavoro che, non solo nel titolo, rende omaggio alla fa- mosa opera bartékiana. Dalla collaborazione di Stephen Dodgson (compositore) con Hector Quine (chitarrista) nato il metodo Progressive Reading for Guitarist (London 1975) che si propone di togliere ai chitarristi 'incubo della lettura a prima vista me- diante una serie di cento brevi studi. Per la facilita dei primi esercizi e per la progressione graduale delle difficolt, questo Metodo pud anche essere affida- to allo studio del principiante che ne trarra indubbi benefici. La caratteristica principale del Metodo é l’'abbandono del tradizionale studio che incomincia dalla conoscenza della tastiera a partire dalla prima posizione che, specie per le pic- Cole mani, risulta disagevole cbbligando le dita della mano sinistra a faticose estensioni e a una posizione del braccio che il principiante stenta a tenere cor- rettamente. I primi esercizi (semplici melodie) sono infatti nella quinta posi- zione che risulta pitt centrale nell’ambito della tastiera e pit comoda per le articolazioni del braccio ¢ della mano. Si passa poi allo studio della quarta posi- zione, della quarta e quinta in combinazione, ¢ a ritroso fino alla prima, poi in avanti dalla sesta alla nona, A mano a mano che lo studio procede la scrittu- ra musicale si infittisce di spessore armonico e cresce l'impegno nel solfeggio di complicate formule ritmiche, aspetto che gli autori pongono giustamente in evidenza. Rispettare il consiglio degli autori di non cedere alla tentazione di diteggiare gli esercizi obliga l'allievo a ragionare maggiormente sul concetto della posizione chitarristica e a pensare ai movimenti delle dita, non come nella Jettura di una intavolatura, ma in termini pit musicali e cio? per intervalli. Il Metodo di Charles Duncan (The Art of Classical Guitar Playing, Princeton 1980) & un volume suddiviso in otto capitoli, illustrato con fotografie e dise- gni. Duncan si assume qui il compito, e il conseguente merito, di riassumere per la prima volta, sotto la sua personale visione, alcuni aspetti teorici gia pra- ticati in sede pedagogica da altri maestri ma non ancora enunciati nella stampa. Gli aspetti pitt interessanti riguardano la “‘tensione funzionale” applicata alla coordinazione delle articolazioni di ogni dito e concepita come un insieme dileve nel corretto movimento delle quali si supera equivoco del “rilassamen- to”. L’agilit’ e ’indipendenza delle dita della mano sinistra trovano ottimi eser- cizi nel secondo capitolo: legature, scale cromatiche per ottave, passaggi a note doppie. II tocco della mano destra, sempre fondato sulla “‘preparazione”’, ciot sul contatto dito-corda prima dell’impulso, avviene esclusivamente con I’un- ghia. Dall’importanza di quest’ultimo aspetto deriva tutta la trattazione sulla forma delle unghie descritta nel quarto capitolo. Tutte queste caratteristiche principali sono ovviamente inserite nel discorso piti generale che comprende Pesame della posizione, della curvatura delle dita, dell’angolazione del polso,

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