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La Divina Commedia

Dite, la città di fuoco


Man mano che la barca di Flegias si avvicinava alla riva, Dante si rese conto che la torre che aveva visto da
lontano era in realtà enorme e minacciosa: era una Torre di fuoco completamente avvolta dalle fiamme!
Appena Dante e Virgilio toccarono terra, Flegias invertì la rotta e si allontanò per tornare da dove era
venuto. Dante capì immediatamente il motivo di tanta agitazione: la torre annunciava Dite, la città infernale
che teneva prigionieri i dannati che avevano commesso le colpe più gravi. Le mura che la circondavano
erano rosse perché infuocate dalle fiamme eterne dell’inferno. Quando Dante e Virgilio si avvicinarono, si
accesero due luci in cima alla torre più alta e successivamente brillò anche un’altra luce più lontana. Erano
chiaramente dei segnali che Dante ancora non comprendeva. Mentre stava per chiedere delucidazioni a
Virgilio, sollevò lo sguardo e vide che migliaia di demoni lo stavano fissando. Dai bastoni della città gli occhi
scintillavano come carboni ardenti, mentre le loro orride bocche gridavano contro di lui. I demoni urlavano
contro Dante dicendogli di tornarsene indietro e, come se tutto questo non bastasse, in cima alla torre più
alta si ergevano tre spaventose figure di donne che al posto dei capelli avevano dei serpenti verdi. Dante
quasi cadde per lo spavento ma Virgilio lo sorresse e gli intimò di restargli accanto. Virgilio gli spiegò anche
di non farsi ingannare dalle loro sembianze perché in realtà erano mostri infernali che catturavano nuovi
dannati per la città di Dite. Appena le tre donne si accorsero che Dante era vivo iniziarono a chiamare
Medusa. Virgilio avvertì Dante di girarsi subito, chiudere gli occhi e stare ben attento a non guardarla in
volto altrimenti sarebbe stato pietrificato! Improvvisamente un boato tremendo scosse la terra spaccando
in due il cielo e Dante vide una luce intensissima che arrivava dall’alto e volava verso di loro. Era un essere
alato che impugnava una bacchetta luminosa e volteggiava nell’aria con grazia: era sicuramente un angelo.
Alla vista di quella creatura luminosa i demoni e le furie si coprirono gli occhi. L’angelo, leggero come una
piuma, discese fino alla riva, camminò sulle acque sfiorando la superficie con la punta dei piedi e, infine,
allungò la bacchetta di luce indirizzandola verso l’ingresso della città. La porta di Dite si aprì con un gemito
spaventoso. A Dante sembrava che tutto il mondo tremasse eppure si sentiva al sicuro perché la presenza
dell’Angelo aveva spazzato via tutte le sue paure. Appena l’angelo spari, Dante e Virgilio entrarono nella
città e Dante fu sconcertato dalla vista di una distesa immensa di tombe infuocate. Dalle tombe aperte
fuoriuscivano dei bagliori di fiamme mentre si udivano lamenti terrificanti. Virgilio spiegò che lì venivano
puniti tutti coloro che non avevano creduto ad una vita dopo la morte. Mentre passeggiavano, da uno dei
sepolcri si sollevò un’anima e che con aria arrogante si rivolge a Dante facendo notare di essere Fiorentino
anche lui: era Farinata degli Uberti e desiderava dialogare con Dante. Dante era un guelfo mentre Farinata
degli Uberti era del partito opposto, cioè un ghibellino: Guelfi e Ghibellini avevano combattuto tra loro per
il potere su Firenze e la lotta era stata vinta proprio dai Ghibellini. Dante e Farinata parlarono a lungo di
politica, fino a quando Virgilio richiamò Dante per continuare il loro viaggio. Dante scoprì che il cerchio dei
violenti era suddiviso in tre gironi interni, nei quali venivano punite tre tipologie di anime in base al
bersaglio verso cui era stata rivolta la loro violenza. C’erano i violenti contro il prossimo, i violenti contro se
stessi (cioè i morti per suicidio) e i violenti contro Dio, la natura e l’arte. E più scendevano, più le urla erano
terrificanti. I due iniziarono ad affrettarsi nel loro cammino…

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