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ALBERTO VERCELLOTTI

BUSINESS
IN UTILE v is i o n a to

re

BUSINESS TRAINING
BUSINESS IN UTILE
METTI ORDINE IN AZIENDA
E RITROVA LA TUA BUSSOLA DEL PROFITTO

BUSINESS TRAINING
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A mia moglie Simona, che è sempre al mio fianco.


E a Giorgia ed Elena, che ogni santo giorno si sorbiscono le mie telefonate
di lavoro con i clienti e i podcast in auto.

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"il profitto non è lo scopo primario di un'attività. lo scopo primario di
un'attività è fornire un prodotto o un servizio di cui le persone abbiano
bisogno e farlo così bene che diventi profittevole” James Rouse, uomo
d’affari e filantropo americano, (1914-1996)

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Sommario

BUSINESS IN UTILE 1

(molto più di una) INTRODUZIONE 8


PRIMA PARTE: CONOSCI TE STESSO 35
L’imprenditore bendato 36
Riepilogo 46
CAPITOLO 1 - V2M: vision, valori, mission Errore. Il
segnalibro non è definito.
Riepilogo passo 1 Errore. Il segnalibro non è definito.
SECONDA PARTE: IL TUO ECOSISTEMA Errore. Il
segnalibro non è definito.
CAPITOLO 2 – Buone notizie e cattive notizie Errore. Il
segnalibro non è definito.
Riepilogo passo 2 Errore. Il segnalibro non è definito.
CAPITOLO 3 – Il tuo settore (non è differente) Errore. Il
segnalibro non è definito.
Riepilogo passo 3 Errore. Il segnalibro non è definito.
CAPITOLO 4 – Il tuo mondo Errore. Il segnalibro non è
definito.
Riepilogo passo 4 Errore. Il segnalibro non è definito.
TERZA PARTE – IL TUO MODELLO DI BUSINESS Errore. Il
segnalibro non è definito.
CAPITOLO 5 – La proposta di valore Errore. Il segnalibro
non è definito.
Riepilogo passo 5 Errore. Il segnalibro non è definito.
CAPITOLO 6 – OK il prezzo è giusto Errore. Il segnalibro
non è definito.
Riepilogo passo 6 Errore. Il segnalibro non è definito.
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CAPITOLO 7 – Il tuo cliente Errore. Il segnalibro non è
definito.
Riepilogo passo 7 Errore. Il segnalibro non è definito.
CAPITOLO 8 – Diamo i numeri? Errore. Il segnalibro non è
definito.
Riepilogo passo 8 Errore. Il segnalibro non è definito.
Conclusione Errore. Il segnalibro non è definito.
Citazioni ed approfondimenti Errore. Il segnalibro non è
definito.

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PROMESSE E PREMESSE:

1. questo libro cerca di spiegare le cose in modo semplice, anche a co-


sto di passare per superficiale agli occhi di qualche mio collega; ma
non è scritto per chi fa il mio lavoro (queste cose probabilmente le
sa già), è scritto per chi sta tutti i giorni sul campo a combattere e
non ha sempre tempo, voglia e possibilità di circondarsi di consu-
lenti.

2. che tu sia donna o uomo mi riferisco indifferentemente sempre a


te, che fai impresa ogni santo giorno. Fin dove possibile non si
parla inglese. Ma quando non se ne può fare a meno sì.

3. ci sono cose che le grandi aziende fanno e che le piccole NON


DEVONO FARE, ma ci sono cose che le grandi aziende fanno, e
le piccole DEVONO ASSOLUTAMENTE FARE, MEGLIO DI
QUELLE GRANDI, MEGLIO DI TUTTI GLI ALTRI; non
devi trascurarle, perché “le utilizzano le grandi aziende”. DEVI
USARE quegli strumenti, quelle procedure proprio perché TU
non hai una grande azienda, e ti garantisco che sono spesso più
utili a te che non a loro. Può darsi che tu abbia già letto alcune
delle cose che troverai in questo libro. Bene, è ora di legarle in un
progetto, e soprattutto metterle in atto. Se avessi ricevuto 10 euro
per ogni cosa che ho letto, ma non applicato, probabilmente ti
scriverei da qualche località esotica, invece che dalla mia scrivania.

4. ho cercato di riportare più fedelmente possibile i testi che ho letto e


ai quali ho fatto riferimento per i materiali del libro.

5. il mio lavoro è fatto di continua ricerca ed approfondimento, non


sono mai soddisfatto e mi piace cercare e trovare sempre nuovi
punti di vista. Più che in tante altre professioni, si riesce a vedere
meglio e più lontano solo salendo sulle spalle di chi ha percorso la
strada prima: quello che ti offro in questo libro è un distillato del
mio lavoro di ricerca.

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(molto più di una) INTRODUZIONE

"Non c'è niente di peggio dell'immagine nitida di un concetto sfocato"


Ansel Adams, fotografo (1902-1984)

Parafrasando Von Clausewitz, il primo, il supremo, il più ampio


atto di giudizio che l'imprenditore deve compiere è quello di stabi-
lire il tipo di guerra in cui si sta imbarcando, senza confonderla con
qualcosa di estraneo alla sua natura, né cercare di trasformarla.

Lo scopo di questo libro è questo: aiutarti a chiarire a te stesso in


cosa ti sei “imbarcato” quando hai deciso di metterti in proprio, a
cosa devi dare attenzione e perché.

William Edwards Deming, padre del movimento di qualità e uo-


mo accreditato di aver trasformato il Giappone devastato dalla
guerra, ha scritto

“Non è abbastanza fare del tuo meglio; devi sapere cosa fare, e poi fare
del tuo meglio.”.

Quello che vedo spesso, è proprio una gran voglia di fare, ma con
poca chiarezza su cosa fare, cosa fare prima, e perché.

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Perché ho scritto questo libro

“Gli imprenditori sono persone che risolvono i problemi per ottenere un


profitto.” Michael Hyatt1

Il tema dominante del libro è tutto in questa frase, e man mano che
procederemo ti renderai conto di quanto sia potente questa affer-
mazione.

La parola “profitto” ha spesso un suono sinistro nella testa


dell’imprenditore, evoca sensi di colpa, e quando incontro un
cliente, spesso non è in grado di farmi un quadro chiaro di quanto
e soprattutto come sta guadagnando.

Per quanto possa sembrare strano, molte aziende non hanno una
cultura basata sul profitto. Il titolare e il personale in prima linea
fanno di tutto per offrire sconti ai clienti, nella convinzione che
questo comportamento sia utile e necessario per sottrarre vendite
alla concorrenza.

Anche se l’intenzione è buona, queste azioni finiscono per far per-


dere parte dei profitti che l’attività avrebbe normalmente generato.
Questo può non essere un problema per una singola transazione,
ma quando diventa un’abitudine e si ripete continuamente, la per-
dita di redditività può diventare grave: lo scopriremo insieme nel
capitolo sui “numeri”.

Quando mi licenziai da dipendente (ero molto giovane) per aprire


una mia attività commerciale, commisi anch’io questo errore.

I limiti di questo comportamento sono enormi: diventi “dipenden-


te” dal cliente, che vuole sempre più sconti; finisci per lavorare so-
lo con chi cerca lo sconto prima di tutto.

1 Michael Hyatt è uno dei massimi esperti di leadership americani; è anche autore di nu-
merosi bestseller del New York Times, del Wall Street Journal e di USA Today, tra cui
Living Forward, Your Best Year Ever e Platform.

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E, cosa a ancora più grave, ti sottometti ad un principio che ho ap-


preso anch’io a mie spese quando facevo il rappresentante:

Chi compra per lo sconto ti lascia per un altro sconto. Chi compra il
prezzo più basso ti lascia per un prezzo ancora più basso

Se il cliente non è in grado di vedere oltre quello sconto, il legame


con lui è fragilissimo; pensa a quando vai a fare benzina: la benzi-
na è un tipico bene non differenziabile, cioè quel tipo di beni per cui
è difficile far percepire una differenza rispetto agli altri prodotti
analoghi, nella mente di chi compra; sì, certo, ogni tanto le compa-
gnie petrolifere ci provano, mettono un additivo nel carburante
che genera qualche beneficio, tipo “motore più pulito”, ma alla fi-
ne, diciamocelo, andiamo tutti a fare benzina dove si spende me-
no.

Perché non lo vediamo quel “motore più pulito”. Non vediamo


quel motivo per cui dovremmo spendere di più per qualcosa che
possiamo acquistare ad un prezzo inferiore.

Quando non riusciamo a vedere una differenza, vuol dire che il marke-
ting non ha saputo o potuto fare ciò che dovrebbe, cioè aiutarci a capire
che c’è una differenza. E perché quella differenza è importante per noi.

Torniamo all’importanza del profitto.

Per usare un gioco di parole, se il tuo business non è IN UTILE, al-


lora è INUTILE, non serve.

Di sicuro non serve a te.

Forse potrà servire ai clienti che ne possono beneficiare, ma per un


tempo sicuramente breve.

Forse potrà gratificarti, ma non avrà mai la funzione che può e


deve avere un’attività all’interno del tessuto sociale.

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Avere un business IN UTILE vuol dire poter ricavare un profitto
dal servizio o prodotto che offri, a disposizione di chi ne ha biso-
gno, voglia, desiderio; l’utile dovrebbe essere la conseguenza na-
turale dell’attività di ogni impresa.

Attenzione: non ho detto il fine, ma la conseguenza naturale.

Se non hai ben chiari i processi di lavoro della tua azienda, se c’è
un po’ di confusione tra i ruoli, se non c’è condivisione della visio-
ne, dei valori e della missione, che sono gli attributi fondamentali
di qualunque attività, allora è normale non capire bene se e come
stai facendo profitto, e neppure come puoi fare per migliorare.

Negli anni, lavorando prima come commerciante, poi come vendi-


tore e infine come consulente ho capito che esistono 3 modi per
guadagnare:

A. vendere, senza badare tanto al “come” e al “perché” (0% valori,


100% energia, 100% mission personale, 0% vision).

B. Cercare e proporre valore da vendere per guadagnare (65% valo-


ri, 100% mission, 0% vision)

C. cercare valore da condividere e guadagnare di conseguenza


(100% valori, 100%mission, 100% vision)

Tra la B e la C c’è una differenza che può sembrare minima, ma il


divario è in realtà profondo: cambia in modo radicale la strategia,
il motore che spinge, tutto ciò che dà davvero vita ad un’attività;
nel caso C il valore è il fine: ti spinge a migliorarti, trasforma il
profitto in una conseguenza, e il profitto non è più il fine che
governa l’individuo.

Negli anni ho lavorato in tutti e 3 i modi, ed il C è attualmente


quello che mi ha dato e dà le maggiori soddisfazioni. È quello che
mi ha spinto a lasciare il lavoro da rappresentante e concentrarmi
sulla consulenza, per essere focalizzato davvero su come poter aiu-
tare il cliente.

È quello che dà realmente senso a quello che faccio, e di fronte a un


bivio mi dà sempre la chiarezza necessaria per scegliere.

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Si può andare avanti con i metodi A e B?

Ma certo, anzi spesso chi usa il modo A ha grande successo, anche


se è difficile e faticoso mantenerlo nel tempo; ma è possibile.

Il secondo è adottato dalla stragrande maggioranza delle attività, è


un buon compromesso con la coscienza e con il Direttore della
banca, ti offre una vita ordinata, senza dovere mai svoltare
l’angolo se incontri un ex cliente, e senza dover cambiare il nume-
ro di telefono.

In questo libro spero di accompagnarti a considerare il terzo modo,


che dal mio punto di vista è il più semplice per lavorare sulla tua
crescita e su quella della tua azienda.

L’unico che permette di abbattere i limiti mentali e non solo, di


un’attività e di chi la conduce.

L’unico che consente di ragionare davvero in termini di valore e


strategia.

Siamo pagati in proporzione al valore che portiamo sul mercato, (anzi,


siamo pagati in proporzione a quanto percepisce di quel valore il nostro
cliente) e il compito primario di un imprenditore è proprio creare valore
risolvendo problemi.

La ricerca del valore richiede di avere una strategia, eppure la


maggior parte degli imprenditori è predisposta a pensare in modo
tattico piuttosto che strategico.

Sono portati naturalmente a farlo, non sono abituati ad avere tem-


po per guardare al "quadro generale"

strategia è ciò che decidi di fare, tattica è il modo in cui lo fai.

Se anche tu finisci per occuparti un po’ di tutto, produzione, pro-


gettazione prodotto, vendite, marketing, contabilità, risorse umane
e servizio clienti, sai bene che alla fine il risultato è quasi sempre al
di sotto delle possibilità che avresti potuto raggiungere.
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Nella tua azienda svolgi uno o più lavori insieme, che un giorno
potrebbero essere svolti da qualcun altro, sei "il lavoratore" ma sei
anche il "proprietario".
Se la tua attività non può permettersi di pagare a te uno stipendio
per quel lavoro di cui ti occupi, significa che non sei in grado di as-
sumere qualcun altro per fare quel lavoro o quei lavori.

Se il tuo tempo e la tua energia sono assorbiti da tanti “lavori” e


non sei in grado di lavorare sui progetti che possono far crescere
l’azienda, cioè su ciò che è davvero importante, succede una cosa
sola: l’azienda non cresce. L’azienda non può crescere. L’azienda
non può crescere come dovrebbe.

E se la tua azienda non può permettersi di pagare "te, che sei il


proprietario" e non cresce, alla fine penserai che sia meglio chiude-
re, o vendere l'attività e dedicarti ad altro. (Pensa a quanto tempo e
potenziale sprecati…)

Ecco perché ho chiamato questo libro BUSINESS IN UTILE.


Il profitto richiede un’attività ordinata, motivata, consapevole, ben
posizionata sul mercato, guidata da un progetto, in mano ad un
leader capace a guidarla.

Il mio obiettivo quando incontro un potenziale cliente è questo:


capire dove sta e soprattutto dove può arrivare, generando profitto
per sé, per i collaboratori e per la società.

“Quanto cresce un albero? Il massimo che può crescere. Non troverete


mai un albero che crescerà solo la metà di quello che è in grado di fare".
Jim Rohn, autore e speaker motivazionale (1930-2009)

Spesso in fase iniziale, mi trovo a discutere con i clienti; non è


sempre facile far capire il mio mantra: “io non lavoro per te, lavoro
per la tua azienda”.

È l’azienda che può permettersi o meno di pagare la mia consulen-


za.

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È l’azienda che deve prosperare, e il mio compito è aiutare


l’imprenditore a far crescere la sua creatura.

A volte anche contro la sua testardaggine, i suoi “secondo me”, le


sue false credenze, e naturalmente, le sue paure.

In questo libro lavoriamo insieme su alcuni passi che ti aiuteranno


a mettere ordine e far girare meglio la macchina, se riesci a mettere
da parte i tuoi “secondo me”.

Non importa che macchina hai, puoi avere anche una Ferrari; ma
senza benzina, finirai per spingerla tutto il giorno; non è così? la-
vori, lavori, lavori, e poi non riesci quasi mai a mettere via uno sti-
pendio, o del tempo per la famiglia; quella macchina che doveva
darti l’indipendenza finisce per renderti schiavo: dovrebbe schiz-
zare veloce quando schiacci la tavoletta, e invece sei sempre lì a
spingere; no, non è così che dovrebbe andare.

Bisognerebbe sapere come metterla in moto, come guidarla, capire


come procurarsi la benzina, e allora viaggiare diventa tutt’altra co-
sa.

Vorrei darti una mano e fornirti un piccolo manuale d’istruzioni


che forse nessuno ti ha mai dato, su come guidare la tua macchina.

Ti metterò a disposizione una guida per essere in grado di prepara-


re o riparare il tuo business e rimetterlo in bolla ogni volta che ti
senti sfinito, o quando non gira come vorresti.

Prova a leggere questo elenco e spunta le cose che ti sono familiari:

✓ faccio io troppe cose in azienda

✓ in azienda faccio tutto io

✓ non sono io che gestisco l’attività, è l’attività che gestisce me

✓ sono sempre stanco

✓ ogni sera prima di dormire penso al lavoro e a quello che non ho


fatto

✓ in famiglia non mi sopportano più


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✓ sono sempre al limite sul conto corrente

✓ ogni tre mesi se ne va qualcuno dall’azienda e mi tocca rimpiaz-


zarlo di corsa

✓ ho paura di buttare via soldi con il marketing, non ci capisco nien-


te

✓ sono sempre con l’acceleratore a tavoletta, ma la macchina non va


avanti

Potrei continuare, ma credo che tu ti sia già ritrovato in alcune, se


non molte di queste dichiarazioni.

Ogni imprenditore che si definisca tale, una volta rilevato un problema


sul mercato, valuta se e come poterlo risolvere, possibilmente in modo
unico o migliore di quanto facciano gli altri, e soprattutto ricavando un
PROFITTO dalla vendita della soluzione che propone.

Come imprenditore, soprattutto se piccolo e solitario, sei un escur-


sionista che parte per un lungo e avventuroso viaggio, per rag-
giungere la destinazione che hai scelto (a proposito, l’hai scelta tu
o sei stato costretto?).

Non importa se vuoi raggiungere la vetta di una montagna, o un


lago al fondo di una vallata, o semplicemente un rifugio ai piedi di
una parete.

Senza quella meta, la tua attività non ha un senso; ma non dimen-


ticare che senza profitto è impossibile raggiungere quella meta, il
profitto è la benzina che ti fa andare avanti che ti fa crescere e
diventare sempre più forte, agile, scattante, non devi vederlo solo
come il premio alla fine del viaggio, anche se ci sarà anche quello
tra i risultati.

Un business IN UTILE è un business “sano”, che produce profitto.


Non è un’attività che fattura tanto, è un’attività che produce “utile”
per se stessa e per chi ci lavora.

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Non a caso nel linguaggio normale definiamo UTILE quello che ci


serve; ciò che è UTILE serve per poter alimentare la crescita della
tua attività; lo stesso termine PROFITTO indica un “vantaggio”,
fare profitto vuol dire “progredire, crescere”2.

Un business che non produce utili nella migliore delle ipotesi è un hobby,
nella peggiore delle ipotesi è una sciagura.

Seguendo i passi che ti spiego nel libro, riuscirai a:

✓ Identificare i problemi gravi

✓ Capire come risolverli

✓ Rivedere le principali “funzioni” della tua azienda

✓ Preparare le azioni da intraprendere

✓ Avere il controllo di quello che succede

✓ Sapere dove sei diretto

Insomma, sarai in grado di creare un nuovo piano d’azione, vedrai


quella nebbia che ti appare al mattino di ogni giorno diradarsi, e
avrai finalmente un po’ più di chiarezza su quello che devi risi-
stemare in azienda per ripartire, o per poter crescere.

Da questo, soltanto da questo dipenderà che la tua attività sia IN


UTILE.

Sono quasi certo che quando sei partito per il TUO viaggio im-
prenditoriale, il piano era la tua stessa idea di quello che avresti
fatto: non avevi tempo (e voglia) di prepararti, scalpitavi per parti-
re, hai fatto due conti con il commercialista, hai buttato giù quello
che secondo te era il business plan, cioè:

✓ i costi fissi

✓ i costi variabili

2 (https://www.treccani.it/vocabolario/ricerca/profitto/)
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✓ le previsioni di incasso fatte “di pancia”

e sei partito.

Se sei un professionista, dopo avere studiato e sudato su ogni esa-


me, non vedevi l’ora di cominciare a mettere in pratica tutto quello
che avevi imparato.

Se sei un tecnico ti sei messo in proprio dopo avere fatto gavetta


dal tuo mentore.

In ogni caso sei partito; d’altra parte, è per questo che ti sei prepa-
rato, per fare al meglio quello che sai fare.

In fondo cosa vuol dire avere un’attività? Secondo quello che Mi-
chael Gerber chiama “il mito dell’imprenditore” (e-myth) la mag-
gior parte delle nuove imprese non viene avviata da imprenditori
che si prefiggono di costruire un'azienda solida, ma da tecnici che
amano il lavoro manuale.

A causa di questo pregiudizio naturale, la maggior parte degli im-


prenditori si concentra sul lavoro nella propria azienda, mentre in
realtà dovrebbe lavorare sulla propria azienda.

Quasi tutti i nuovi imprenditori partono dal presupposto che,


avendo compreso il lavoro tecnico dell'azienda, saranno in grado
di gestirla: sono bravi tecnici e di conseguenza sanno anche come
funziona un'azienda tecnica.

In realtà, si tratta di due questioni completamente diverse e con-


fondere la distinzione tra le due è un errore fatale, purtroppo una
logica conseguenza del fatto che sei un professionista. O un tecni-
co. O un esperto, agronomo, ingegnere o sistemista.

Spesso mi sento dire: “ma io non ho studiato per occuparmi di


un'azienda, ho studiato per fare il Medico. (o l’Avvocato, o il
Commercialista o… aggiungi tu la tua professione). Dopo avere
iniziato la consulenza e spiegato alcuni aspetti fondamentali, la se-
conda obiezione è: “Ah, ti assumo come consulente, e tu vieni qua
mi dài delle cose da fare e devo anche lavorare di più?”

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C’è una specie di logica perversa nella mente di queste persone (si-
curamente non nella tua): quella di delegare ciò che non va delega-
to e non delegare quello che invece andrebbe delegato.

Delle aree dell’azienda, la produzione è quella dove non riesci mai


a togliere le mani; marketing e comunicazione, (che mettono in at-
to la strategia) sono invece quella roba noiosa da delegare (nella
migliore delle ipotesi) ad una web agency “illuminata”; o molto
più spesso alla segretaria; a volte si finisce dalla nipote o dal figlio
della custode, che “lo sta studiando a scuola, ci passa tutto il gior-
no ed è anche bravo”.

Sto per dirti una cosa scomoda:

“Non è una medaglia di merito essere ottimi professionisti ma non capire


niente di strategia e marketing.”

Non lo è se sei titolare di un’attività; potrebbe esserlo se tu lavo-


rassi per qualcun altro; il fatto è che se sei titolare, quello per cui
lavori sei ancora tu.

Quando più di 30 anni fa ho rilevato un’attività commerciale, sono


partito sulla scia dell’entusiasmo, pensando “tanto funzionerà, non
può non funzionare”.

Non avevo tempo, volevo iniziare e basta.

La risposta che ci diamo è sempre quella: “Non ho tempo”.

È più o meno la risposta che mediamente ricevo anch’io; il cliente


mi chiama perché vorrebbe andare meglio, ma “Guarda, ho poco
tempo per fermarmi a riflettere; il piano ce l’ho in testa, non ho né tempo
né bisogno di scriverlo, quale vuoi che sia la strada più giusta PER ME?
Fatturiamo di più e basta.

Ti sono familiari queste parole? Stai tranquillo, a volte lo sono an-


che per me, nessuno è totalmente immune dalla “frettite”. Più sia-
mo prigionieri del lavoro, e più ci tuffiamo dentro per restarci il
più possibile.

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Bene, adesso immagina di decidere di partire; partire per un lungo
viaggio, a piedi: appena pensi a qual è la strada più veloce, la più
semplice, la meno rischiosa, prova a dire:
“adesso non ho tempo, la strada la decido mentre cammino, anzi
cosa ci vuole? Le strade portano tutte nello stesso posto. Bisogna
solo darsi da fare e camminare”.

Come ti senti? Ha senso quello che hai appena detto?

Se ti senti in imbarazzo, stai tranquillo, sono in tanti a pensarla co-


sì.
A volte qualcuno mi chiede aiuto per implementare qualche stru-
mento di marketing (di cui spesso ha parlato con la nipote), ma
dopo poche parole mi trovo a scoprire che la sua azienda galleg-
gia, a volte barcolla, altre volte addirittura annaspa, e lei (lui) non
ha un'idea chiara di come dovrebbe essere strutturata per affronta-
re il mercato.

(Oggi si dice che “non ha ben chiaro il suo modello di business”,


una volta era “come pago tutti e mi metto in tasca qualcosa?”).

A volte il cliente mi contatta perché si sente perso, proprio come


un escursionista nella nebbia, sente la sera sempre più vicina, e
non riesce a ritrovare il sentiero che stava percorrendo.

Sa che potrebbe raggiungere la vetta, ma non è più in grado di sa-


pere come.

I viveri scarseggiano (cassa), la temperatura si abbassa (il mercato


langue), e non è attrezzata per resistere tutta la notte al gelo (diffi-
coltà finanziarie e di azienda interna).

Ha il fiato corto, a volte ci si mettono anche i compagni di cordata


(dipendenti, soci, collaboratori) lo rallentano, o peggio, fanno resi-
stenza.

Ma quello che succede più spesso è questo: il titolare ha la sensa-


zione che qualcosa non funzioni bene, fatica ad andare avanti, ma
non capisce da cosa possa dipendere.

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Sente che potrebbe fare molto di più, molto meglio, ma non sa be-
ne dove mettere le mani.

Gli hanno detto che deve fare marketing, non ci capisce granché,
pensa che sia solo un maledetto costo in più, e come tale lo consi-
dera: cerco di spendere il minimo per soffrire il meno possibile, un
po’ come è a volte la parcella del commercialista e le tasse. (Anche
su questo c’è da scrivere libri, se vedi il commercialista come se
fosse l’impiegata che registra le fatture e ti prepara il conto
dell’IVA e delle tasse, tu ed il commercialista avete un altro grande
problema: capire a cosa serve uno all’altro.)

Infine, c’è il problema dei collaboratori: in azienda “qualcuno se ne


frega, posa la penna quando suona l’orologio”, qualcun altro “fa
un po’ di tutto, ma nessuno fa le cose come vorrei che fossero fat-
te”.

Ma attenzione, “alla fine l'azienda è piccola e tutti devono dare una mano
un po' dappertutto”.

“Siamo una squadra”, o quando l’imprenditore è ancora più magnanimo


“siamo una famiglia”. OMG…

L'idea di squadra che di solito viene trasmessa ai dipendenti è:


“tutti devono dare una mano a fare tutto”, come si faceva in casa
una volta, i figli danno una mano a pulire apparecchiare e cucina-
re.

E suddividere i compiti?

Indovini già la risposta: “non c’è tempo, qui bisogna produrre. Dob-
biamo lavorare sodo, ci sono gli stipendi, i fornitori, le banche”.

E allora cosa si può fare?

Saltiamo le solite frasi tipo baci Perugina per l’imprenditore, “se


non pianifichi, pianifichi di fallire”.

E saltiamo pure tutta la manfrina sulla letteratura motivazionale;


non ho nessuna intenzione di salire in cattedra.

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Quando lavoro sto a fianco al mio cliente e mi sporco le mani con
lui; ho la fortuna di non essere calato completamente nella sua
realtà e questo mi aiuta a vedere quello che lui fa fatica a vedere
mentre è assorbito dal suo lavoro; ti dirò una cosa: la soluzione è
quasi sempre più semplice di quello che sembra: fare ordine. In te-
sta e in azienda.

Fare ordine nella testa, di chi deve guidare, cioè TU, svuotarti la
testa di tutte le convinzioni che ostacolano la circolazione delle
idee, aprirti finestre nella mente e fare entrare aria fresca, aiutarti a
ritornare alla tua idea, alla tua vera natura.

C’è un modo facile per farlo?

Facile no, ma semplice sì, io l’ho testato con successo, e ogni volta
ho la conferma che funziona, senza se e senza ma.

Hai presente il solitario di Windows, quello che facevamo sul


computer 20 e più anni fa?

Quando sistemavi in ordine la maggior parte delle carte, il sistema


“risolveva in automatico” il rimanente delle carte in un batter
d’occhio.

Ecco, l’effetto è un po’ quello: metti ordine nelle tue idee, mettiti in
gioco, e ad un certo punto tutte le carte si sistemeranno a posto
nella tua mente.

Come si fa?

A differenza di quello che accade per il marketing, che non è sca-


labile, puoi adottare gli stessi strumenti che usano le grandi aziende, ri-
modellandoli e adattandoli al tuo mondo, al tuo lavoro.

Cosa vuol dire che il marketing non è scalabile? Vuol dire che se
Barilla investe x per ottenere un risultato y, non è detto che tu in-
vestendo per la tua attività una frazione di x ottenga in proporzio-
ne un risultato in frazione di y, che magari a te andrebbe benissi-
mo; ma le cose per quanto riguarda il marketing non funzionano
così.

Ma per gli strumenti strategici sì.


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In fondo un aereo cargo o un ultraleggero utilizzano gli stessi


principi aerodinamici per volare, hanno motori differenti, ma han-
no entrambi un motore, aeroturbina a gas o semplicemente a ben-
zina.

Ma un motore ce l’hanno tutti.

Il tuo motore, si chiama PIANO DI LAVORO STRATEGICO (da


adesso lo chiameremo PLS).

È un motore in grado di spingere il tuo business dove e come vuoi,


a condizione però, che tu rispetti le leggi dell’aerodinamica.

Il tuo sarà un motore progettato per muoversi con agilità, in bassa


quota, sfiorando alberi e seguendo i profili delle montagne; un mo-
tore brillante, ma ecologico, rispettoso del tuo ambiente; un motore
per raggiungere i tuoi obiettivi con consapevolezza, un motore
pensato DA TE per portarti esattamente dove TU vuoi arrivare.

“non è necessario imparare. nemmeno sopravvivere” William Deming

Parliamoci chiaro, un PLS, richiede prima di tutto la tua attenzio-


ne, richiede del tempo; e sul tempo e l’attenzione; il rischio è di
farsi male; in giro c’è un sacco di gente che promette risultati facili,
veloci e senza sbattimento.

Purtroppo, molte delle informazioni che puoi trovare sul mercato


sono complicate e fuorvianti, un sacco di “consulenti” fa copia e
incolla delle solite quattro cose, copiate dal guru di turno, le appic-
cica come un post-it sulla lavagna senza capire veramente di cosa
sta parlando.

Ho rifinito in più di 7 anni questo sistema di progettazione, lo testo


e miglioro continuamente con i miei clienti e sono sicuro che può
aiutarti a migliorare la tua attività.

Che differenza c’è tra “PLS” e “business plan”?


Un piano di lavoro strategico è un documento dinamico che tu usi
come strumento per gestire la tua attività.
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È un documento interno su cui TU lavori per risolvere i problemi e
prevedere errori, non è qualcosa da mostrare alle banche e agli in-
vestitori.

Un business plan invece, è un documento statico usato per assicu-


rarsi finanziamenti della banca o per vendere la tua attività, è
qualcosa che hai compilato adeguatamente per gli altri, non è un
documento su cui tu parli di errori, di nuove idee: è un prodotto
finale che deve essere visto dalle banche, dagli investitori o da un
revisore.

In pratica, il piano strategico va utilizzato per prendere le tue deci-


sioni aziendali: il piano strategico è lo strumento per progettare il
tuo piano d’azione.

Diventa una bussola, che ti dà l’orientamento quando ti senti insi-


curo, o ti sei perso; ti aiuta a prendere le decisioni quando ti trovi
ad un bivio, ti chiarisce la mente quando non sai se investire o me-
no in quel progetto di marketing che ti ha proposto l’agenzia di
turno; o in quel nuovo macchinario che ti ha appena presentato il
tuo fornitore.

Piano strategico e business plan sono in parte simili e contengono


molti degli stessi elementi e dati.

La differenza fondamentale è che uno (PLS) aiuta a creare un pro-


cesso che naturalmente potrà cambiare nel tempo, e l'altro (BP) è
un'istantanea per comunicare il valore del business agli altri.

Sono sicuro che se hai pensato di preparare un business plan


quando hai fondato la tua attività, o se hai pensato di rimetterci
mano ed aggiornarlo negli ultimi mesi, ispirato forse dalla Dea de-
gli Affari, o dal Direttore di Banca, ti sei concentrato sulle aree fi-
nanziarie.

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Bene, devi sapere che la parte strategica è quella che contiene le


colonne portanti del tuo business, su quelle definisci le basi della
tua attività; senza di quelle il sito, il funnel che ti propone la tua
agenzia di fiducia o la pagina Facebook non servono granché.

Se sei stufo di libri di business noiosi, che dicono tutti le stesse co-
se, e soprattutto se sei stanco di rincorrere l’ultimo gingillo tecnico,
il marketing funnel, l’ultimo social “che va di moda adesso”, se
non ne puoi più di tutti gli improvvisati che ti raccontano le stesse
cose, ma non spiegano davvero come aiutarti a portare a casa dei
risultati stabili, questo libro potrebbe fare per te.

Sottolineo risultati stabili, perché l’obiettivo di un’attività non è di


passare da un fuoco d’artificio all’altro, con pause di buio e di si-
lenzio. L’obiettivo è, passo dopo passo, avere un’attività che cresce
in modo stabile e sotto il tuo controllo, produce utili in modo con-
tinuativo e con un trend di crescita nel medio periodo.

Questo libro serve per aiutarti a riflettere: spesso i clienti lavoran-


do con me sul PLS mi hanno detto di avere avuto la sensazione di
“finestre che si aprono in mente”; cerca di dedicare del tempo, “af-
fila la tua lama” mentre continui a tagliare alberi, fai stretching tra
una gara e l’altra, prima di arrivare un giorno a dire “ma chi me
l'ha fatto fare di metter su un’attività?!”

Per chi è questo libro e per chi non è


Nel titolo di questo paragrafo c'è già una prima lezione importante
per te: questo libro non è per tutti.

Uno degli errori che noi commettiamo spesso, (io l’ho fatto a lun-
go) è quello di cercare di servire più clienti possibili, andando
avanti nella lettura capirai perché questo è un errore: vendere a
tutti è un sogno irrealizzabile, vendere più cose possibili a più
clienti possibili è persino peggio, e se non lo hai ancora capito è
bene farlo da oggi.

Quindi anche questo libro non è per tutti.

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È pensato per le persone che hanno un’attività ma non sono soddi-
sfatte, si rendono conto che le cose “girano, ma non abbastanza”,
o almeno non come vorrebbero; o per quelle che hanno la sensa-
zione di non andare da nessuna parte.

È per chi sente che il livello di confusione sta diventando alto in


azienda, che c’è caos e non sa bene da che parte cominciare a fare
ordine.

Per carità, gli ordini arrivano, la macchina va avanti, ma non si ca-


pisce bene chi è che la sta guidando quella macchina.

O forse “l’acqua in ufficio sta salendo un po’ troppo”, i piedi sono


bagnati e si comincia a guardare il soffitto che si avvicina; no, non
è una bella sensazione.

Questo non è un libro per chi sta cercando l'ingrediente magico


(quello che vorresti che ti facesse finalmente “svoltare”): come ogni
ingrediente magico che si rispetti, quello esiste solo nei libri di fa-
vole.

Diciamoci la verità, credo che tu meriti di essere trattato meglio di


come molti “esperti”, in questo momento, trattano i potenziali
clienti, oche da rimpinzare di informazioni fino al momento di po-
tergli tirare il collo e passare al prossimo.

Qui non troverai “i 7 errori capitali che commetti”, “le 9 trappole


dell’imprenditore”, “i 5 segreti che nessuno ti ha mai rivelato”;
penso che tu meriti di più di un titoletto acchiappa curiosi.

Penso che chiunque si alzi ogni mattina per dare il massimo nella
sua attività meriti più attenzione, meriti di non cadere nei tranelli
della mente: certo, siamo tutti stuzzicati dalle scorciatoie, dai me-
todi facili, “usa questo sistema e finalmente svolterai”. “Il metodo
con cui 126 clienti hanno superato il milione di fatturato in 12
giorni” e avanti così. Non succede quasi mai, e quando succede bi-
sogna vedere come stanno le cose dopo un anno.

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Studio ogni giorno i materiali e le strategie di marketing americani,


quelle degli italiani che traducono quelli americani, e anche quelli
degli italiani che reinterpretano quelli americani. E onestamente
non ne posso più.

Non ne posso più di vedere le stesse cose quasi ovunque.

A parte rarissime eccezioni, dovunque mi giro c’è sempre la stessa


solfa, e non è che non funzioni, ma anche una bella canzone quan-
do te la cantano in 50 tutti i giorni ti viene a noia.

Non emoziona più. E noi viviamo e decidiamo sulla base delle


emozioni.

E poi perché facciamo determinate scelte?

Ecco, sul perché facciamo quello che facciamo, torneremo nel libro,
ed è molto, molto importante.
Simon Sinek scrive in un suo bestseller: “Le persone non acquistano
ciò che fai, acquistano il perché lo fai”3

Per l’argomento del nostro libro è molto più importante un secon-


do libro di Sinek, pubblicato nel 2019, dove si parla di responsabilità
d’impresa: la definizione della responsabilità di impresa deve:

1. Promuovere una finalità: offrire alle persone un senso di appar-


tenenza e la sensazione che le loro vite e il loro operato abbiano un
valore che trascende il lavoro fisico.

2. Proteggere le persone: gestire le nostre aziende in modo tale da


proteggere le persone che lavorano per noi, le persone che acqui-
stano da noi e gli ambienti in cui viviamo e lavoriamo.

3. Generare profitto: il denaro è il carburante che permette a


un’azienda di rimanere sostenibile e di continuare a promuovere
le prime due priorità.4

3 (Sinek, Partire dal perché, 2014)

4 (Sinek, Il gioco infinito, 2019)

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Senza il punto 3, gli altri svaniscono.

Il patto che facciamo tu ed io con questo libro è questo: ti spiego


come vedo le cose; non è scienza infusa, ma credimi, ci sono anni
di riflessioni e anche di errori di valutazione: le cose però vanno
quasi sempre come ti farò vedere.

Il patto prevede che tu mantenga un sano scetticismo, ma anche


apertura mentale.

Troverai una serie di passi ordinati per farti avere finalmente più consa-
pevolezza di dove sei e di cosa puoi fare per migliorare.

Se hai una partita IVA hai fatto una scelta ed è importante che tu
non viva la tua attività come un “dipendente con partita IVA”: è
una contraddizione per la tua mente, e per lo Stato che ti considera
sempre e solo come un “imprenditore” e non come un dipendente.

Infatti, lo Stato non si cura minimamente di quante ore tu debba


lavorare per produrre un risultato, ma ti misura (e ti tassa) solo ed
esclusivamente sulla base del risultato che realizzi.

L’art. 2082 del Codice civile stabilisce che “è imprenditore chi eser-
cita professionalmente un'attività economica organizzata al fine
della produzione o dello scambio di beni o di servizi.”

Come vedi si parla di azienda dei mezzi, non di quante ore tu ab-
bia passato questo weekend o la notte scorsa a lavorare.

Sai qual è una delle imposte più odiate (ed evase) dagli imprendi-
tori?

È quella che paradossalmente dovresti essere in grado di pagare


con più serenità.

Si chiama IVA, Imposta sul Valore Aggiunto, ma sono pochi coloro


che aggiungono consistente valore ai beni che acquistano per pro-
durre.

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Per un imprenditore la cosa più difficile è proprio aggiungere valore con


i propri beni e servizi prodotti e comunicarlo adeguatamente: i profitti
del tuo business IN UTILE dipendono da quanto valore sei in grado di
farti pagare rispetto ai costi che devi sostenere per generare quel valore.

La misura reale del tuo successo è data proprio dal calcolo


dell’IVA: una volta sottratta l’imposta sui beni che usi per produr-
re, maggiore è il valore che tu consegni, maggiore è l’IVA su quel
valore.

Auto-sodomizzati con gli sconti e non otterrai nient’altro che di-


minuire il valore dei tuoi prodotti, e aumentare l’insoddisfazione
per dover pagare un’imposta, che fa ancora più male se tolta quel-
la, in cassa ti rimane poco o niente.

Se ti riconosci in quello che ho descritto, probabilmente questo li-


bro ti potrà aiutare.

• Ti servirà questa volta per andare dritto al punto: strategia è


semplicemente il tuo piano di azione, per potere finalmente per-
correre la strada che ti separa da dove sei a dove vorresti andare.

• Ti aiuterà ad essere più focalizzato sulla creazione di valore per il


tuo cliente facendo un uso migliore del tuo tempo e delle tue risor-
se

• Ti aiuterà a condividere con la tua Squadra con i tuoi clienti, con i


tuoi fornitori il tuo progetto di azienda.

• Ti aiuterà ad aumentare la capacità di stimolare e controllare la


crescita della tua attività.

Seguendo questi passi ti renderai conto che sei in grado di pianifi-


care un'attività, che farlo non è difficile, non fa paura e aiuta a ri-
sparmiare un sacco di tempo

Ogni capitolo rappresenta una fase con un'attività da completare;


il libro è semplificato in modo da essere completato rapidamente:
se sei motivato puoi completarlo in un mese, ma se sei molto mo-
tivato puoi farlo anche in meno tempo.

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Ho cercato di tenere l'essenziale per aiutarti a concentrarti su un
piano semplice e pratico.

Ma prima…

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Chi sono

Sono entrato nel mondo del lavoro come impiegato in una Com-
pagnia di Autonoleggio nel 1989, terminato il servizio militare,
come Ufficiale di Complemento.
Dopo un paio d'anni a "discutere" con la Direzione Generale
dell’azienda dei piccoli passi che (secondo me) potevano generare
importanti miglioramenti, ho gettato la spugna e intrapreso la mia
prima attività in proprio rilevando un negozio.
Erano gli anni '90, non avevo esperienza.
Ho provato lo stesso a creare un modello “nuovo” per il commer-
cio di quei tempi, sicuramente a Torino.

Lo chiamavamo "negozio trasversale"; invece di rientrare in una


categoria predefinita, il negozio trasversale cercava e proponeva
tutto quello che poteva essere utile ad una categoria particolare di
clienti; allora per noi la categoria erano gli studenti universitari; mi
stimolava l’idea di un campus store che avesse tutto quello che
serviva agli studenti universitari.

Senza averlo letto niente da nessuna parte, avevo individuato la


mia nicchia di mercato, lavorando per soddisfare tutte le necessità
di quel tipo di pubblico, e solo quello.

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A parte i libri di studio, nuovi e usati, che lasciavamo gestire alle
librerie e cooperative universitarie, cercavamo instancabilmente
tutto quello che faceva parte del mondo degli studenti ventenni:
oggettistica regalo, stile di vita, saggi, complementi di abbiglia-
mento e dopo qualche anno, con fatica approdammo persino
all’abbigliamento sportivo con i grandi marchi.

Internet era ancora una parola sulla bocca di pochi, non esisteva
quasi l’idea di e-commerce, Amazon si affacciava sul mercato ame-
ricano e ogni libro che ordinavo ci metteva 7/8 settimane per arri-
vare dagli USA.

Niente di paragonabile a Prime.

A modo nostro abbiamo avuto successo nella Torino degli anni 90,
in fondo era un'idea che senza saperlo aveva calibrato, decisamen-
te meglio e più in grande Elio Fiorucci nel suo store di Milano, e
Urban Outfitters nel resto del mondo.

Non sapevo nulla di marketing e avevo adottato una pessima poli-


tica dei prezzi; solo poco prima di vendere l’attività (quasi senza
ferite e danni economici collaterali), rimasi stupito leggendo E–
Myth Revisited di Michael Gerber5, e comprendendo tutto quello
che avevo sbagliato e che doveva essere alla base di un'attività.

Poi venne il momento di fare l’Agente di Commercio.

Per circa 12 anni ho venduto prodotti per l'ufficio, poi energia, gas,
telefonia, fotovoltaico, senza mai sentirmi davvero a mio agio; il
mondo delle aziende era, ed è in parte ancora oggi impostato per
lavorare con i “capitani coraggiosi” che ogni mattina si alzano per
andare ad arpionare e portare a casa qualcosa "non importa come",
mentre le Direzioni commerciali tendono la mano per raccogliere
gli ordini, girando lo sguardo da un'altra parte.

5The E-Myth Revisited: Why Most Small Businesses Don't Work and What to
Do About It - Michael Gerber, (Harper Collins 2001)
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Erano i tempi della vendita semplice, primitiva, prodotti a scaffale,


sorrisino battuta divertente per entrare a fare amicizia con chi
comprava.

Intanto, da venditore indipendente, cercavo su Amazon risposte


nei libri sulla vendita degli americani, Gitomer, Miller e Heinman,
Sharon Drew Morgen, Ron Willingham, e tanti altri autori familiari
a chi si occupa di formazione sulla vendita.

Ti scrivo queste cose per spiegarti che quello che ho imparato l'ho
imparato sempre sbagliando a mie spese, cercando di andare oltre
il sentiero che tutti seguivano; e devo dire che sbagliando tanto in
tanti contesti e continuando a studiare ho potuto guadagnare dei
punti di vista che adesso mi permettono di vedere quello che tanti
non riescono a vedere.

Dopo avere lavorato qualche mese come agente per una grande
Agenzia nazionale di "prodotti" di web marketing, sono arrivato
alla conclusione che il problema serio che hanno gli imprenditori
non è la scelta dei "prodotti" per farsi conoscere; per essere più
chiari, il problema non è mai il sito, la pagina fb, l’account insta-
gram, ecc.

Il problema è avere un'idea precisa di cosa va fatto e soprattutto


perché va fatto, per aiutare la crescita dell’attività.

Questo libro non parla specificamente di marketing, ma parla spe-


cificamente di strategia: senza avere una strategia precisa, il “mar-
keting” non serve quasi a niente; anche quello che ti spiegano
quelli bravi davvero.

Il marketing come viene applicato spesso, è come un fucile in mano a un


bambino: non sai se si farà più male lui o se sarà fortunato a colpire per
sbaglio qualche bersaglio.

Scrivere un piano di lavoro invece non è facile, ma in fondo è sem-


plice.

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Puoi trovare informazioni ovunque, anzi nell'ultimo decennio,
siamo stati sommersi da uno tsunami di informazioni, che, ci tra-
volgono come acqua in piena, faticosissime da navigare. Passo
buona parte del mio tempo di studio ad analizzare e distillare
quello che vale davvero la pena e quello che va scartato.

Ti renderai conto nel corso della lettura, che un piano strategico è


solo questione di buon senso nell’applicare pochi principi.

Attenzione, quei pochi principi vanno applicati in modo corretto e


con costanza.

Ed ora… Si parte!

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“In genere, le cose che valgono non accadono per caso. La fortuna è un
dato di fatto, ma non dovrebbe essere un fattore. La fortuna è ciò che
rimane dopo che l'intelligenza e l'impegno si sono combinati al meglio.
La legge di causa ed effetto e la causalità funzionano entrambe allo stes-
so modo con inesorabile esattezza. La fortuna è il residuo della progetta-
zione.” Branch Rickey – Giocatore, allenatore e dirigente sportivo nel
baseball (1881 – 1965)

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PRIMA PARTE: CONOSCI TE STESSO

L'esortazione «conosci te stesso» è una massima religiosa in greco


antico iscritta sulla facciata del tempio di Apollo a Delfi.

“le imprese devono guardare alla propria autorealizzazione, al di là


dei semplici obiettivi materiali. Devono imparare a conoscere se stes-
se e a comprendere a fondo le ragioni del loro agire, chiarendosi le
idee su ciò che aspirano a diventare. E la loro missione, la loro visione
e i loro valori dovrebbero riflettere pienamente queste considerazioni.
Il profitto scaturirà dall’apprezzamento dei consumatori per il loro
contributo al benessere dell’umanità.”

Philip Kotler – Marketing 3.0

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L’imprenditore bendato

Un imprenditore non è un esperto di prodotto, ma è un esperto di attività


d'impresa.

(Se in questo momento non hai molto tempo, leggi solo questo ca-
pitolo, poi rileggilo e segnati le frasi più importanti, qui c’è tutto
ciò che ti serve per far “ri-partire” il tuo cervello ed ottenere risultati di
cui continuerai a stupirti nel tempo. Ovviamente se andrai avanti nella
lettura sarà tutto molto più semplice, avrai gli strumenti che ti servono
per accelerare tutti i processi)

Illustration 89600687 / Cartoon © Andrewgenn | Dreamstime.com

L’immagine qui sopra raffigura alcune persone che si muovono


bendate, e alcune di esse rischiano di cadere in un precipizio.

La sensazione che ho spesso incontrando i clienti che mi contatta-


no è un po’ questa: si muovono, magari senza sosta, frenetici, in-
stancabili; ma spesso, per fortuna non sempre, non si rendono bene
conto di come e dove si stanno muovendo.

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Come se fossero bendati e non percepissero i rischi che corrono a
camminare così, senza capire davvero dove stanno andando; for-
tunatamente molti di loro non si avvicineranno mai al burrone,
oppure lo sfioreranno, ma il vero problema è non riuscire a capire
dove c’è terreno per muoversi e dove si rischia avvicinandosi al precipizio.

Veniamo a te.

Hai superato la parte più difficile.

Sei sopravvissuto per qualche anno, forse di più, ma la tua attività


ti sta stressando.
Intanto non riesci a capire cosa ci vorrebbe per non averlo, quello
stress.

Magari lo dài per scontato, è un effetto collaterale.

Hai questo senso di “non poter mai staccare completamente dal lavo-
ro”, perché senza di te crollerebbe tutto.

Perché?

Fondamentalmente per due ragioni:

1. Prima di tutto perché hai costruito un'attività che non può


funzionare senza di te. Questo influisce sul tuo sonno, sulla tua
salute e sulla tua mente: è una vite senza fine che ti gira dentro, e
non si fissa mai; continua a girare e non ti dà mai la sensazione di
essere arrivato ad un punto fermo. Se le cose vanno bene stai gua-
dagnando un po' di soldi, paghi le bollette, ti togli il tuo stipendio
(spero), ma spesso non è neanche così; e comunque sei a disagio,
non sei tranquillo.

Puoi prenderti una vacanza o un periodo di riposo?

La tua azienda non può funzionare per tre giorni senza di te, figu-
riamoci per tre mesi. Però sei tu il protagonista della tua attività.

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Se ti succedesse qualcosa, la tua attività probabilmente cesserebbe


di esistere; probabilmente dopo un po’ di tempo non si sentirebbe
la tua mancanza, i clienti piano piano si sarebbero arrangiati diver-
samente; però… non deve succederti niente: sappiamo tutti che le
buste paga, i fornitori e lo Stato arrivano tutti i mesi, che i clienti ti
paghino o meno.

2. In secondo luogo, tutto dipende da come (non) è impostata la tua


attività, dall’organizzazione e dalle attività di marketing e vendi-
ta. Come arrivano da te i clienti? Quante volte devi combattere
per gli sconti? A preventivi come sei messo? Potresti portarne a
casa di più? Hai mai la sensazione che il coltello dalla parte del
manico ce l’abbia il cliente? O il Direttore della banca? O persino
qualche tuo collaboratore? Non hai personale di vendita o magari
ce l’hai ma le persone non sono quelle giuste, nessuno pensa a co-
me portare a casa i soldi in azienda all'infuori di te.

Mentre raccoglievo le idee per sviluppare questo libro mi sono re-


so conto che c’è una letteratura più che abbondante che propone
metodi, trucchi, segreti, numeri imprecisati di cose da fare per
“avere successo”.

In fondo però lavorando in pratica con i clienti mi sono reso conto


che la strategia inizia, prosegue e si realizza attraverso l’uso di una
cosa che ognuno di noi ha, ma dimentica spesso di avere: il buon-
senso.

La maggior parte dei problemi legati ad un’attività si riducono sempli-


cemente al fatto di non avere usato il buon senso, la pazienza e la co-
stanza prima di arrivare dove ci si trova ora.

Alla fine, le cose sono semplici, non c’è bisogno di chissà cosa.

Un’attività, la vita di un’attività, rispecchia esattamente la nostra


esistenza e come può succedere che noi non sappiamo esattamente
cosa vogliamo fare della nostra vita, così accade spesso che le per-
sone non sappiano esattamente cosa vogliono fare con la propria
attività.

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Prima di metterci all’opera, sgombriamo il campo dal primo e più
frequente malinteso e riprendiamo la citazione iniziale di Hyatt:
“Un imprenditore è una persona che risolve un problema per rica-
vare un profitto.”
Non dice fatturato. Dice profitto.

Senza un problema da risolvere, non c’è imprenditore. Se il tuo cliente


non sente di avere il problema che tu risolvi, non è un tuo cliente.

Quando hai un’attività, sei in qualche modo, soprattutto all’inizio,


leader e manager; è quello che io definisco “il bipolarismo
dell’imprenditore”: devi occuparti del tuo lavoro, ma devi anche
occuparti della tua attività, che governa il tuo lavoro.

Sei il tecnico e “dipendente” della tua attività in quanto studi una


causa, redigi un bilancio, curi un dente, ripari un tubo, produci
macchinari, ma sei anche quello che paga il tecnico, cioè te stesso,
in quanto gestore dell’attività.

Quando ragioni come tecnico, vedi alcune cose come costi, altre
come investimenti; quando hai il cappello del tecnico, il marketing è un
costo, il nuovo software è un investimento.

Quando ragioni come imprenditore, la tua visione è differente: il


profitto copre prima di tutto i costi, e serve per generare nuovi
clienti che portano maggiore profitto.

Quindi, ripeto il passo 1 affinché ti sia ben chiaro:

Un imprenditore non è un esperto di prodotto, ma è un esperto di attività


d'impresa.

Devi rinunciare a voler essere il migliore al mondo nel costruire il tuo


prodotto per essere invece il migliore al mondo nel costruire la tua atti-
vità.

Non si può essere i migliori al mondo nel proprio mestiere ed esse-


re al contempo i migliori al mondo nella gestione di un'impresa.
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Il problema è semplicemente questo: finché sei tu a produrre il


prodotto o il servizio, non hai tempo per gestire la tua impresa.

Dove sta la via d’uscita?

Lo accenniamo velocemente, dato che lo scopo di questo libro è di


lavorare su quello che deve venire prima di questa parte, e cioè de-
finire chiaramente la tua idea imprenditoriale.

La via d'uscita consiste nel riprogettare la tua attività, e nel creare


sistemi e procedure, compresa la formazione di altre persone che
creino il prodotto o forniscano il servizio, con la stessa efficacia con
cui lo fai tu, in modo da poter creare un'attività altrettanto straor-
dinaria quanto il prodotto in cui credi.

Ma prima di arrivare alla via d’uscita, devi essere ben sicuro di


avere completato il principio fondante, quello su cui lavoriamo in
questo libro: definisci chiaramente chi sei, cosa fai, per chi lo fai e
perché, soprattutto perché (mannaggia, so che è difficile) io devo
diventare tuo cliente.

È bene che tu sia onesto con te stesso: se sei un esperto di prodotto


ma non sviluppi o non ti formi per creare la tua attività di impresa,
non sei un imprenditore.

È duro da accettare, ma a questo punto faresti meglio a metterti al


servizio di un imprenditore: ti toglieresti un sacco di grane e faresti
solo ciò per cui hai passione: devozione al 100% al tuo prodot-
to/servizio.

In effetti Michael Gerber spiega proprio questo nel suo libro: la


maggior parte delle aziende di tecnici sono fatte da persone che si
sono messe per conto loro credendo di poter fare meglio quello che
prima facevano come dipendenti per altri imprenditori.

Partono dal presupposto che, avendo compreso il lavoro tecnico


dell'azienda, abbiano altrettanto chiaro come funziona un'azienda
tecnica.

In realtà, si tratta di due questioni completamente diverse e con-


fondere la distinzione tra le due è un errore fatale.

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Fare l’imprenditore

✓ richiede di avere la mentalità giusta per posizionare il proprio


prodotto e il proprio servizio sul mercato.

✓ NON è fare l'esecutore, non importa se operaio, commercialista,


medico, è fare marketing nel senso più profondo: studiare e realiz-
zare una risposta unica ai problemi dei tuoi clienti.

✓ NON è fare la pubblicità a quello che fai, prodotto o servizio, se


prima non lo hai rifinito, lavorato, perfezionato per renderlo, chia-
ro e possibilmente unico nella mente delle persone. (posizionamen-
to)

Non basta creare un prodotto di cui le persone hanno bisogno, è


necessario creare un prodotto per le persone, che i tuoi clienti vor-
ranno, quando avranno deciso, quando avranno scelto di volerlo.

Le persone non acquistano ciò di cui hanno bisogno, acquistano ciò che
vogliono. Daniel Priestley6

Le persone acquistano ciò che vogliono quando vogliono, non ciò


di cui hanno bisogno.

Senza avere riflettuto su come posizionare il tuo prodotto nella


mente di chi ti incontra, sei semplicemente uno tra mille.

Potrai avere più o meno fortuna, ma non potrai mai avere vera-
mente il controllo della tua attività, non potrai fare previsioni
sull’andamento della tua azienda, e sarai esposto alla concorrenza
“generica”. (Il famoso “Quanto mi fai se lo compro da te?”)

Il mestiere di chi fa impresa non è creare il miglior prodotto, ma


creare un prodotto unico e soprattutto diverso da quello dei suoi
concorrenti.

6 Tutto esaurito - Daniel Priestley - Giunti 2017


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Non devi studiare e affinare le caratteristiche che lo rendono migliore,


ma quelle che lo rendono differente; la diversità va misurata e si deve
confrontare con i bisogni del cliente. Nel momento in cui il tuo
prodotto risolve diversamente un bisogno e riesci anche a fare in
modo che lo risolva meglio, allora hai davvero risolto quel pro-
blema in un modo efficace.

Se possedete, o conoscete, o sapete fare qualcosa che nessun altro può


replicare facilmente, allora avete un vantaggio. Se i clienti apprezzano
ciò che vi rende unici, allora avrete molto da fare. Se un gran numero di
clienti è disposto a pagare per avere ciò che vi rende unici, allora diven-
terete ricchi. Neville Lake 7

Essere imprenditore vuol dire prima di tutto avere il coraggio (e


cercare fortemente la possibilità) di essere indipendenti.

Chi imprende trova la sua definizione proprio in contrapposizione


ai suoi “dipendenti” che si chiamano così proprio perché dipendo-
no.

• Dipendono da lui per ricevere uno stipendio.

• Dipendono da lui perché il loro lavoro prosegua.

• Dipendono da lui per le scelte che lei o lui farà.

Spesso però accade che chi fa impresa sia anch’esso (in misura mi-
nore o maggiore) dipendente.

• Dipendente da condizioni esterne.

• Dipendente dal mercato.

• Dipendente dalle banche.

• Dipendente dai suoi stessi collaboratori quando non sono in gra-


do di muoversi con autonomia all’interno dell’azienda.

7 Strategic Planning Workbook - Neville Lake - (Kogan Page 2012)


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Con questo libro voglio aiutarti proprio a ridurre le tue dipendenze
da imprenditore.

Alla base di qualunque strategia è necessario ci sia questa idea


fondamentale nella tua testa: costruire un’attività non vuol dire
costruire un sistema all’interno del quale tu possa lavorare, più
di tutti gli altri o meglio degli altri.

Non è su questo DNA che un’azienda può crescere e prosperare,


anzi nelle aziende di questo tipo è già congenita una falla che le
porterà nel migliore dei casi a mantenersi a galla, forse a prospera-
re, ma facendo pagare al titolare un prezzo molto caro.

E come noi siamo nati per dare una direzione alla nostra vita, così
come titolari di un’attività dobbiamo avere le idee chiare su cosa
fare, perché farlo, e su dove desideriamo arrivare.

La tua funzione come imprenditore


Il vero movente di un imprenditore NON consiste nel generare
denaro e basta.

Vedremo più avanti quanto sia importante avere la “visione” (vi-


sion) e come questa visione possa essere perseguita attraverso le
attività quotidiane, quelle che rientrano nell’idea di missione (mis-
sion).

Quando hai deciso di metterti in proprio hai firmato mentalmente


due dichiarazioni, forse non ti erano molto chiare, facciamo in mo-
do che lo siano da adesso.

Queste dichiarazioni implicano la tua volontà e capacità di correre


dei rischi che la maggior parte delle altre persone non sono dispo-
ste a correre.

1. La prima è stata quella di non dipendere da nessun altro


per i tuoi risultati. Tu organizzi risorse, non dipendi da que-
ste.

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2. La seconda, (che raramente colgo nella testa dei miei inter-


locutori), è quella di avere risultati nella misura in cui crei
valore per gli altri.

Nessuno ti ha obbligato a diventare un imprenditore, a meno che


tu abbia deciso di farlo per pagare le bollette e mantenere decoro-
samente la famiglia, il che potrebbe essere un enorme problema,
perché in questo caso avresti scelto di essere indipendente cercan-
do la soluzione con la mentalità di un dipendente.

Io, tu, e molti altri, siamo animati, anzi siamo destinati a portare
valore sul mercato.

Non basta fare quello che fai, devi fare sì che quello che fai miglio-
ri la vita degli altri. E devi fare in modo che ne siano consapevoli.

Detto questo, sei potenzialmente libero di creare continuamente il


tuo futuro in base alla tua più grande visione.

Ma solo se hai compreso veramente queste due condizioni puoi


lavorare per costruire un'azienda.

Altrimenti sei un impiegato nell’azienda di nessuno.

Ci sono dei vantaggi?

Certo! Hai 4 forme di libertà:

• Tempo: il controllo del tuo tempo e la libertà di dedicarlo, sia al


lavoro che fuori dal lavoro, a qualsiasi cosa tu scelga.

• Denaro: non ci sono limiti o restrizioni alla quantità di denaro


che puoi guadagnare.

• Relazioni: puoi lavorare con le persone con cui vuoi lavorare,


compresi i clienti, i membri del team e i fornitori.

• Scopo: l'azienda imprenditoriale che decidi di creare non serve so-


lo per la tua carriera commerciale, ma è un veicolo per vivere la
tua vita nel modo in cui vuoi viverla e per realizzare le cose più
importanti per te.

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Detto così sembra tutto bello, allora com’è che la maggior parte degli
imprenditori sono sempre di corsa, a inseguire il tempo che manca, in
difficoltà a pagare lo Stato e arrabbiati con clienti e concorrenti?

Bisogna mettere a posto alcune tessere del puzzle.

Proviamo a farlo insieme.

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Riepilogo

Un imprenditore non è un esperto di prodotto, ma è un esperto di attività


d'impresa.

Smetti di ragionare come il tecnico più bravo della tua azienda e comin-
cia a ragionare come organizzatore della tua azienda.

Per “tecnico” intendo qualunque professione con cui si può erogare un


prodotto o servizio: da barista ad avvocato, da elettricista ad odontotec-
nico.

Dammi un buon motivo per scegliere te invece che un tuo concorrente,


qualunque sia il tuo mestiere.

È vietato parlare di qualità e prezzo

Se ti piace quello che hai letto e vuoi proseguire, puoi acquistare il


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Grazie per avermi dedicato il tuo tempo, spero che quello che hai
letto possa esserti utile.

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