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BUSINESS in UTILE Prime 45 Pagine
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BUSINESS
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METTI ORDINE IN AZIENDA
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"il profitto non è lo scopo primario di un'attività. lo scopo primario di
un'attività è fornire un prodotto o un servizio di cui le persone abbiano
bisogno e farlo così bene che diventi profittevole” James Rouse, uomo
d’affari e filantropo americano, (1914-1996)
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Sommario
BUSINESS IN UTILE 1
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PROMESSE E PREMESSE:
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“Non è abbastanza fare del tuo meglio; devi sapere cosa fare, e poi fare
del tuo meglio.”.
Quello che vedo spesso, è proprio una gran voglia di fare, ma con
poca chiarezza su cosa fare, cosa fare prima, e perché.
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Perché ho scritto questo libro
Il tema dominante del libro è tutto in questa frase, e man mano che
procederemo ti renderai conto di quanto sia potente questa affer-
mazione.
Per quanto possa sembrare strano, molte aziende non hanno una
cultura basata sul profitto. Il titolare e il personale in prima linea
fanno di tutto per offrire sconti ai clienti, nella convinzione che
questo comportamento sia utile e necessario per sottrarre vendite
alla concorrenza.
1 Michael Hyatt è uno dei massimi esperti di leadership americani; è anche autore di nu-
merosi bestseller del New York Times, del Wall Street Journal e di USA Today, tra cui
Living Forward, Your Best Year Ever e Platform.
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Chi compra per lo sconto ti lascia per un altro sconto. Chi compra il
prezzo più basso ti lascia per un prezzo ancora più basso
Quando non riusciamo a vedere una differenza, vuol dire che il marke-
ting non ha saputo o potuto fare ciò che dovrebbe, cioè aiutarci a capire
che c’è una differenza. E perché quella differenza è importante per noi.
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Avere un business IN UTILE vuol dire poter ricavare un profitto
dal servizio o prodotto che offri, a disposizione di chi ne ha biso-
gno, voglia, desiderio; l’utile dovrebbe essere la conseguenza na-
turale dell’attività di ogni impresa.
Se non hai ben chiari i processi di lavoro della tua azienda, se c’è
un po’ di confusione tra i ruoli, se non c’è condivisione della visio-
ne, dei valori e della missione, che sono gli attributi fondamentali
di qualunque attività, allora è normale non capire bene se e come
stai facendo profitto, e neppure come puoi fare per migliorare.
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Non importa che macchina hai, puoi avere anche una Ferrari; ma
senza benzina, finirai per spingerla tutto il giorno; non è così? la-
vori, lavori, lavori, e poi non riesci quasi mai a mettere via uno sti-
pendio, o del tempo per la famiglia; quella macchina che doveva
darti l’indipendenza finisce per renderti schiavo: dovrebbe schiz-
zare veloce quando schiacci la tavoletta, e invece sei sempre lì a
spingere; no, non è così che dovrebbe andare.
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Un business che non produce utili nella migliore delle ipotesi è un hobby,
nella peggiore delle ipotesi è una sciagura.
Sono quasi certo che quando sei partito per il TUO viaggio im-
prenditoriale, il piano era la tua stessa idea di quello che avresti
fatto: non avevi tempo (e voglia) di prepararti, scalpitavi per parti-
re, hai fatto due conti con il commercialista, hai buttato giù quello
che secondo te era il business plan, cioè:
✓ i costi fissi
✓ i costi variabili
2 (https://www.treccani.it/vocabolario/ricerca/profitto/)
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✓ le previsioni di incasso fatte “di pancia”
e sei partito.
In ogni caso sei partito; d’altra parte, è per questo che ti sei prepa-
rato, per fare al meglio quello che sai fare.
In fondo cosa vuol dire avere un’attività? Secondo quello che Mi-
chael Gerber chiama “il mito dell’imprenditore” (e-myth) la mag-
gior parte delle nuove imprese non viene avviata da imprenditori
che si prefiggono di costruire un'azienda solida, ma da tecnici che
amano il lavoro manuale.
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C’è una specie di logica perversa nella mente di queste persone (si-
curamente non nella tua): quella di delegare ciò che non va delega-
to e non delegare quello che invece andrebbe delegato.
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Bene, adesso immagina di decidere di partire; partire per un lungo
viaggio, a piedi: appena pensi a qual è la strada più veloce, la più
semplice, la meno rischiosa, prova a dire:
“adesso non ho tempo, la strada la decido mentre cammino, anzi
cosa ci vuole? Le strade portano tutte nello stesso posto. Bisogna
solo darsi da fare e camminare”.
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Sente che potrebbe fare molto di più, molto meglio, ma non sa be-
ne dove mettere le mani.
Gli hanno detto che deve fare marketing, non ci capisce granché,
pensa che sia solo un maledetto costo in più, e come tale lo consi-
dera: cerco di spendere il minimo per soffrire il meno possibile, un
po’ come è a volte la parcella del commercialista e le tasse. (Anche
su questo c’è da scrivere libri, se vedi il commercialista come se
fosse l’impiegata che registra le fatture e ti prepara il conto
dell’IVA e delle tasse, tu ed il commercialista avete un altro grande
problema: capire a cosa serve uno all’altro.)
Ma attenzione, “alla fine l'azienda è piccola e tutti devono dare una mano
un po' dappertutto”.
E suddividere i compiti?
Indovini già la risposta: “non c’è tempo, qui bisogna produrre. Dob-
biamo lavorare sodo, ci sono gli stipendi, i fornitori, le banche”.
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Quando lavoro sto a fianco al mio cliente e mi sporco le mani con
lui; ho la fortuna di non essere calato completamente nella sua
realtà e questo mi aiuta a vedere quello che lui fa fatica a vedere
mentre è assorbito dal suo lavoro; ti dirò una cosa: la soluzione è
quasi sempre più semplice di quello che sembra: fare ordine. In te-
sta e in azienda.
Fare ordine nella testa, di chi deve guidare, cioè TU, svuotarti la
testa di tutte le convinzioni che ostacolano la circolazione delle
idee, aprirti finestre nella mente e fare entrare aria fresca, aiutarti a
ritornare alla tua idea, alla tua vera natura.
Facile no, ma semplice sì, io l’ho testato con successo, e ogni volta
ho la conferma che funziona, senza se e senza ma.
Ecco, l’effetto è un po’ quello: metti ordine nelle tue idee, mettiti in
gioco, e ad un certo punto tutte le carte si sistemeranno a posto
nella tua mente.
Come si fa?
Cosa vuol dire che il marketing non è scalabile? Vuol dire che se
Barilla investe x per ottenere un risultato y, non è detto che tu in-
vestendo per la tua attività una frazione di x ottenga in proporzio-
ne un risultato in frazione di y, che magari a te andrebbe benissi-
mo; ma le cose per quanto riguarda il marketing non funzionano
così.
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Se sei stufo di libri di business noiosi, che dicono tutti le stesse co-
se, e soprattutto se sei stanco di rincorrere l’ultimo gingillo tecnico,
il marketing funnel, l’ultimo social “che va di moda adesso”, se
non ne puoi più di tutti gli improvvisati che ti raccontano le stesse
cose, ma non spiegano davvero come aiutarti a portare a casa dei
risultati stabili, questo libro potrebbe fare per te.
Uno degli errori che noi commettiamo spesso, (io l’ho fatto a lun-
go) è quello di cercare di servire più clienti possibili, andando
avanti nella lettura capirai perché questo è un errore: vendere a
tutti è un sogno irrealizzabile, vendere più cose possibili a più
clienti possibili è persino peggio, e se non lo hai ancora capito è
bene farlo da oggi.
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È pensato per le persone che hanno un’attività ma non sono soddi-
sfatte, si rendono conto che le cose “girano, ma non abbastanza”,
o almeno non come vorrebbero; o per quelle che hanno la sensa-
zione di non andare da nessuna parte.
Penso che chiunque si alzi ogni mattina per dare il massimo nella
sua attività meriti più attenzione, meriti di non cadere nei tranelli
della mente: certo, siamo tutti stuzzicati dalle scorciatoie, dai me-
todi facili, “usa questo sistema e finalmente svolterai”. “Il metodo
con cui 126 clienti hanno superato il milione di fatturato in 12
giorni” e avanti così. Non succede quasi mai, e quando succede bi-
sogna vedere come stanno le cose dopo un anno.
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Ecco, sul perché facciamo quello che facciamo, torneremo nel libro,
ed è molto, molto importante.
Simon Sinek scrive in un suo bestseller: “Le persone non acquistano
ciò che fai, acquistano il perché lo fai”3
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Senza il punto 3, gli altri svaniscono.
Troverai una serie di passi ordinati per farti avere finalmente più consa-
pevolezza di dove sei e di cosa puoi fare per migliorare.
Se hai una partita IVA hai fatto una scelta ed è importante che tu
non viva la tua attività come un “dipendente con partita IVA”: è
una contraddizione per la tua mente, e per lo Stato che ti considera
sempre e solo come un “imprenditore” e non come un dipendente.
L’art. 2082 del Codice civile stabilisce che “è imprenditore chi eser-
cita professionalmente un'attività economica organizzata al fine
della produzione o dello scambio di beni o di servizi.”
Come vedi si parla di azienda dei mezzi, non di quante ore tu ab-
bia passato questo weekend o la notte scorsa a lavorare.
Sai qual è una delle imposte più odiate (ed evase) dagli imprendi-
tori?
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Ho cercato di tenere l'essenziale per aiutarti a concentrarti su un
piano semplice e pratico.
Ma prima…
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Chi sono
Sono entrato nel mondo del lavoro come impiegato in una Com-
pagnia di Autonoleggio nel 1989, terminato il servizio militare,
come Ufficiale di Complemento.
Dopo un paio d'anni a "discutere" con la Direzione Generale
dell’azienda dei piccoli passi che (secondo me) potevano generare
importanti miglioramenti, ho gettato la spugna e intrapreso la mia
prima attività in proprio rilevando un negozio.
Erano gli anni '90, non avevo esperienza.
Ho provato lo stesso a creare un modello “nuovo” per il commer-
cio di quei tempi, sicuramente a Torino.
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A parte i libri di studio, nuovi e usati, che lasciavamo gestire alle
librerie e cooperative universitarie, cercavamo instancabilmente
tutto quello che faceva parte del mondo degli studenti ventenni:
oggettistica regalo, stile di vita, saggi, complementi di abbiglia-
mento e dopo qualche anno, con fatica approdammo persino
all’abbigliamento sportivo con i grandi marchi.
Internet era ancora una parola sulla bocca di pochi, non esisteva
quasi l’idea di e-commerce, Amazon si affacciava sul mercato ame-
ricano e ogni libro che ordinavo ci metteva 7/8 settimane per arri-
vare dagli USA.
A modo nostro abbiamo avuto successo nella Torino degli anni 90,
in fondo era un'idea che senza saperlo aveva calibrato, decisamen-
te meglio e più in grande Elio Fiorucci nel suo store di Milano, e
Urban Outfitters nel resto del mondo.
Per circa 12 anni ho venduto prodotti per l'ufficio, poi energia, gas,
telefonia, fotovoltaico, senza mai sentirmi davvero a mio agio; il
mondo delle aziende era, ed è in parte ancora oggi impostato per
lavorare con i “capitani coraggiosi” che ogni mattina si alzano per
andare ad arpionare e portare a casa qualcosa "non importa come",
mentre le Direzioni commerciali tendono la mano per raccogliere
gli ordini, girando lo sguardo da un'altra parte.
5The E-Myth Revisited: Why Most Small Businesses Don't Work and What to
Do About It - Michael Gerber, (Harper Collins 2001)
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Ti scrivo queste cose per spiegarti che quello che ho imparato l'ho
imparato sempre sbagliando a mie spese, cercando di andare oltre
il sentiero che tutti seguivano; e devo dire che sbagliando tanto in
tanti contesti e continuando a studiare ho potuto guadagnare dei
punti di vista che adesso mi permettono di vedere quello che tanti
non riescono a vedere.
Dopo avere lavorato qualche mese come agente per una grande
Agenzia nazionale di "prodotti" di web marketing, sono arrivato
alla conclusione che il problema serio che hanno gli imprenditori
non è la scelta dei "prodotti" per farsi conoscere; per essere più
chiari, il problema non è mai il sito, la pagina fb, l’account insta-
gram, ecc.
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Puoi trovare informazioni ovunque, anzi nell'ultimo decennio,
siamo stati sommersi da uno tsunami di informazioni, che, ci tra-
volgono come acqua in piena, faticosissime da navigare. Passo
buona parte del mio tempo di studio ad analizzare e distillare
quello che vale davvero la pena e quello che va scartato.
Ed ora… Si parte!
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“In genere, le cose che valgono non accadono per caso. La fortuna è un
dato di fatto, ma non dovrebbe essere un fattore. La fortuna è ciò che
rimane dopo che l'intelligenza e l'impegno si sono combinati al meglio.
La legge di causa ed effetto e la causalità funzionano entrambe allo stes-
so modo con inesorabile esattezza. La fortuna è il residuo della progetta-
zione.” Branch Rickey – Giocatore, allenatore e dirigente sportivo nel
baseball (1881 – 1965)
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PRIMA PARTE: CONOSCI TE STESSO
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L’imprenditore bendato
(Se in questo momento non hai molto tempo, leggi solo questo ca-
pitolo, poi rileggilo e segnati le frasi più importanti, qui c’è tutto
ciò che ti serve per far “ri-partire” il tuo cervello ed ottenere risultati di
cui continuerai a stupirti nel tempo. Ovviamente se andrai avanti nella
lettura sarà tutto molto più semplice, avrai gli strumenti che ti servono
per accelerare tutti i processi)
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Come se fossero bendati e non percepissero i rischi che corrono a
camminare così, senza capire davvero dove stanno andando; for-
tunatamente molti di loro non si avvicineranno mai al burrone,
oppure lo sfioreranno, ma il vero problema è non riuscire a capire
dove c’è terreno per muoversi e dove si rischia avvicinandosi al precipizio.
Veniamo a te.
Hai questo senso di “non poter mai staccare completamente dal lavo-
ro”, perché senza di te crollerebbe tutto.
Perché?
La tua azienda non può funzionare per tre giorni senza di te, figu-
riamoci per tre mesi. Però sei tu il protagonista della tua attività.
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Alla fine, le cose sono semplici, non c’è bisogno di chissà cosa.
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Prima di metterci all’opera, sgombriamo il campo dal primo e più
frequente malinteso e riprendiamo la citazione iniziale di Hyatt:
“Un imprenditore è una persona che risolve un problema per rica-
vare un profitto.”
Non dice fatturato. Dice profitto.
Quando ragioni come tecnico, vedi alcune cose come costi, altre
come investimenti; quando hai il cappello del tecnico, il marketing è un
costo, il nuovo software è un investimento.
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Fare l’imprenditore
Le persone non acquistano ciò di cui hanno bisogno, acquistano ciò che
vogliono. Daniel Priestley6
Potrai avere più o meno fortuna, ma non potrai mai avere vera-
mente il controllo della tua attività, non potrai fare previsioni
sull’andamento della tua azienda, e sarai esposto alla concorrenza
“generica”. (Il famoso “Quanto mi fai se lo compro da te?”)
Spesso però accade che chi fa impresa sia anch’esso (in misura mi-
nore o maggiore) dipendente.
E come noi siamo nati per dare una direzione alla nostra vita, così
come titolari di un’attività dobbiamo avere le idee chiare su cosa
fare, perché farlo, e su dove desideriamo arrivare.
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Io, tu, e molti altri, siamo animati, anzi siamo destinati a portare
valore sul mercato.
Non basta fare quello che fai, devi fare sì che quello che fai miglio-
ri la vita degli altri. E devi fare in modo che ne siano consapevoli.
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Detto così sembra tutto bello, allora com’è che la maggior parte degli
imprenditori sono sempre di corsa, a inseguire il tempo che manca, in
difficoltà a pagare lo Stato e arrabbiati con clienti e concorrenti?
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Riepilogo
Smetti di ragionare come il tecnico più bravo della tua azienda e comin-
cia a ragionare come organizzatore della tua azienda.
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Grazie per avermi dedicato il tuo tempo, spero che quello che hai
letto possa esserti utile.
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