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I Dupree, un problema di verita'
I Dupree, un problema di verita'
CAPITOLO I°
Soltanto lo zio Albert Lucius Morton sarebbe riuscito a leggere
il giornale tenendolo appiccicato alle lenti dei suoi spessi
occhiali, ma c'era una ragione precisa.
Anche per leggere questo racconto non serve arrivare a
strofinare il proprio naso sulle pagine, nè tantomeno porre il
libro ad una distanza tale a quella che consentirebbe di
ammirare nella sua completa floridezza Miss Laura Lee.
E' una questione di distanze, appunto..., o meglio di angoli e
modalità di osservazione, di prospettiva.
Dunque oltre all'abbondanza, per così dire...fisica, il Signore
era stato generoso con Miss Laura Lee anche per quanto
riguardava i suoi polmoni, dai quali era in grado di soffiare
tanta aria da far vibrare, insieme alle sue corde vocali, le
bretelle di tutti quegli uomini che la sera si assiepavano nel suo
locale.
Quel locale era, in realtà, la vecchia chiatta con la quale suo
nonno Samuel trasportava merci e animali da un argine
all'altro del fiume, prima che costruissero il ponte giù a
Maynard.
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I Dupree, un problema di verita'
Ora quelle quattro assi inchiodate come meglio poteva fare una
donna, ormeggiate sulla riva destra del fiume, vicino ad un
grosso salice, ricoperte con un tetto di paglia e fango, si
imponevano alla vista di ogni vagabondo che percorresse il
sentiero per Georgeville.
Le pareti di legno e cartone che costituivano il capanno dove il
vecchio barcaiolo viveva, nascondevano invece agli sguardi più
indiscreti, curiosi o bigotti, quella umana promiscuità che nelle
sere di festa, al suono del blues, dimenticava il ruolo che il
resto della civiltà gli aveva attribuito.
Il sentiero deviava bruscamente a sinistra, verso il salice, e
dopo qualche passo nell'acqua bassa, si saliva su una
malsicura passerella che conduceva ad un porta sulla quale si
leggeva semplicemente: "LAURA LEE".
Gli spettacoli che Miss Laura offriva nella sua barrelhouse,
avevano quasi sempre due spettatori, non del tutto indesiderati,
che, dai loro insoliti punti d'osservazione, immagazzinavano
nelle loro giovani memorie, immagini e suoni che avrebbero
costituito un invidiabile, quanto prezioso archivio, per le loro
imprese nel mondo degli adulti.
Sebbene la mia, come credo la vostra attenzione, sia
maggiormente incline a seguire le "idee" di Miss Lee,
protagonisti delle vicende narrate, sono invece quei due
clandestini che dimostravano di ben conoscere come
trascorrere proficuamente una sera di "Ognissanti", in una
tranquilla cittadina agricola del Sud.
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I Dupree, un problema di verita'
Moses ed Elmore Dupree, rispettivamente diciassette e tredici
anni, potevano indubbiamente asserire che quel Padre Eterno,
che era stato così generoso con chi ben sappiamo, non lo era
stato affatto con loro, e tantomeno con i loro genitori.
Naturalmente loro non se ne lamentavano, anzi ciò costituiva
un pretesto per interpretare la volontà divina, che desiderava
mettere alla prova la loro capacità di sopportazione, come
predicava la zia Petunia, presso la quale vivevano.
Lo zio Lucius lo attribuiva invece ad un preciso disegno degli
uomini, che non aveva niente di provvidenziale, e richiedeva
semmai l'intervento dall'alto, affinchè non si ritenesse
autorizzato ad intervenire lui stesso.
Comunque fosse, i due fratelli consideravano che un
occasionale "strappo" alla catechesi di zia Petty, non poteva
certo provocare le ire divine più di quanto non dimostravano di
essere già state risvegliate.
Lo strappo era appunto costituito dalle visite notturne al
ritrovo sul fiume di Miss Laura.
Difficilmente due sentieri che percorrono i campi assolati del
Sud non finiscono per incontrarsi da qualche parte, forse
soltanto un remoto incrocio in prossimità di un ruscello,
oppure un dimenticato vialetto che li interseca.
Quello che univa le due anime dei fratelli Dupree era proprio
unicamente questo segreto accordo, dopo di che ognuno
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I Dupree, un problema di verita'
imboccava la propria strada in direzione della vita.
I fiumi della Louisiana non hanno affatto fretta di raggiungere
il mare; si distendono volentieri in ogni ansa e si trattengono
silenziosamente in ogni canale, saggiamente considerando
l'inutilità di inseguire una meta ormai prossima.
Moses, quella sera di ognissanti, sembrava l'unica persona in
quella regione a non partecipare di quest'atmosfera.
Raggiunse la sua barca in riva al fiume, la liberò dal groviglio
dei rami del salice che la trattenevano in quello stato di calma
secolare, la lanciò sulla superficie argentata verso i primi
accordi blues.
Il Mississipi non lo spinse in nessuna direzione, semplicemente
osservava, il remo, invece, muoveva vorticosamente l'acqua al
ritmo del suo cuore, finchè si fermò in prossimità dell' "inferno
galleggiante".
Raggiunse in breve il suo osservatorio privilegiato, assicurò
l'imbarcazione ad uno dei pali che sosteneva, a mezzo metro
dal pelo dell'acqua, il locale di Miss Lee.
Si sdraiò sul fondo della barca attento a posizionarsi proprio
sotto un'ampia fessura attraverso le assi del pavimento.
La sua prospettiva in quell'attimo si ribaltava, come se stesse
scoperchiando la botola di un universo sotterraneo, come se
stesse osservando una donna attraverso lo spazio tra due
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I Dupree, un problema di verita'
bottoni forzosamente chiusi all'altezza del seno.
Le enormi scarpe, piene di fango, sfilavano allora dinnanzi al
suo spiraglio sull'inverosimile, la polvere fioccante sembrava
sfidare la sua ostinazione, tentando di renderlo impreparato di
fronte all'attimo atteso, in cui un paio di mutande indugiavano
sull'ingordo baratro.
Un bianco bagliore innondava quella fenditura, mentre per un
istante il respiro si interrompeva.
Moses considerava allora la zia, timorata educatrice, il fiume,
silenzioso complice, Dio, inerme osservatore, alla luce di quel
raggiunto obiettivo, come ostacoli la cui esistenza scagionava i
più deboli per i loro insuccessi.
La vita, che gli aveva disposto il sentiero come il bosco intorno
alla distilleria clandestina del vecchio Hathaway, lo
gratificava ora con quel risultato, di cui poteva a buon diritto
godere a piene mani.
Alla fine di settembre, a Georgeville, c'è una fiera durante la
quale viene premiata la zucca più grossa: i contadini dedicano
pertanto tutte le loro attenzioni per quell'esemplare del loro
campo che appare maggiormente degno di ottenere il
riconoscimento, lasciando alle donne la cura delle restanti,
meno appariscenti, commestibili rotondità.
Moses era proprio alle prese con la sua metaforica zucca.
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I Dupree, un problema di verita'
Come quel contadino, aveva scelto l'angolo del suo campo atto
a tale scopo, aveva rimosso la terra in profondità, aveva
portato l'acqua, aveva atteso le cure del tempo, aveva lasciato
all'altrui attenzione ciò che non rientrava nel suo piano.
Il ritmo travolgente del blues giungeva all'orecchio del nostro
ascoltatore troppo sommerso nel rumore dei passi che
battevano sulle assi del pavimento, affinchè potesse
rappresentare per lui una giustificazione a ciò che avveniva di
sopra, nè tantomeno, da quella posizione, poteva apprezzare
l'ipnotismo vocale delle esibizioni di Miss Lee, più delle sue
facoltà "nascoste".
Sebbene non avesse preferenze particolari per alcun mondo
"sottogonnale" si trovasse a sorvolare la sua visuale, vi erano
occasioni in cui la difficoltà ad intravedere quell'alone di
biancheria sullo sfondo di ogni scuro ricettacolo (quasi fosse
un fiore sul punto di sbocciare), alimentava l'idea di
un'assoluta mancanza dell'indumento, facendolo gioire di
queste esperienze rispetto alle altre.
Così fu anche quella sera.
Una figura in particolare, di cui aveva imparato nel frattempo
a riconoscere l'incedere, stuzzicava la sua fantasia in quella
direzione.
Come vedete, i sensi di Moses erano all'erta come i cani nel
cortile della fabbrica di birra di Mr. Burke : l'occhio
selezionava i protagonisti in quello spiraglio di semioscurita ed
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I Dupree, un problema di verita'
indagava i particolari.
L'orecchio raccoglieva lo strisciare sulla superficie legnosa
stimando l'avvicinarsi del proprietario; il naso catalogava gli
odori o i profumi da associare alle inquadrature.
Tutto si muoveva perfettamente all'unisono intorno all'unico
fine, come il martellare del pianoforte, il vibrare della chitarra,
il frustare l'aria dell'armonica, il gemito dei polmoni
nell'ultimo accordo di "Freight train blues".
Tutto subiva l'implacabile selezione in ragione del grado di
importanza e valore attribuito, venendo a collocarsi negli
ambiti predisposti, davanti o dietro, come sui tram di
Maynard...
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CAPITOLO II°
Elmore non aveva una barca, ma i suoi piedi erano in grado di
condurlo in città e riportalo a casa in una giornata.
La sua meta, per quella sera, era però più vicina, e non ci fu
bisogno di chiedere alle sue gambe di mostrare cosa sapevano
fare.
Il locale di Miss Lee si trovava circa mezzo miglio fuori
dall'abitato ed Elmore ci giunse con quella rassegnata
tranquillità di un raccoglitore di cotone, dopo aver fatto visita
a tutti quegli spinosi, quanto prodighi arbusti del campo del
suo "Massà".
Saltava da un lato all'altro del sentiero, dentro e fuori i solchi
lasciati dal peso dei carri, fermandosi ad ogni pozzanghera
alla ricerca di qualche festoso ranocchio.
Rincorreva fino al canneto una lucciola, che andava a
competere con un milione di riflessi che la luna appoggiava sul
lento fluire del grande fiume.
Tendeva l'orecchio al frusciare di ogni singola foglia dei salici,
che si allungavano ad abbeverarsi in un angolo di fiume
catturato dal fitto canneto; sembrava non aver una, ma mille
mete.
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I Dupree, un problema di verita'
Giunto alla passerella, salì sulla staccionata che cingeva la
veranda, si aggrappò alla sporgenza del tetto e vi si arrampicò.
Spostò, con perizia, un fascio di canne che impediva il
passaggio per raggiungere la trave che costituiva il suo
osservatorio: in quel momento la sua prospettiva si ribaltava,
quasi stesse spiando attraverso le nuvole i suoi angeli
affaccendati.
Scuri cappellini si trascinavano dietro generose scollature,
mentre teste impomatate o crespe, come neri batuffoli di
cotone, contrastavano con camicie più o meno bianche.
Nulla, in particolare, o forse tutto, attirava il suo sguardo,
come stesse cercando di prestare attenzione ad ogni singola
voce di un coro godspell, ad ogni sillaba pronunciata
dialogando con il battito delle mani.
Come quel pazzo suono proveniente dal suo banjo, fatto con
una padella per il pane ed un vecchio manico di una chitarra
abbandonata in soffitta, raggiunse per la prima volta
l'orecchio di Gus Cannon, senza pretese di essere nient'altro da
quello che era; come i campi fuori la prigione che
innondarono lo sguardo di Leadbelly, libero, dopo l'intervento
del governatore del Texas, senza pretese di essere nient'altro
da quello che erano, lo spettacolo che andava in scena sotto i
suoi occhi, travolse il giovane Elmore.
Nessuna strada lasciava intravedere maggiori promesse di
un'altra, a quell'incrocio, dopo che Robert Johnson stipulò il
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I Dupree, un problema di verita'
suo patto col Diavolo, la vita scorreva in tutte le direzioni:
mille travi non sarebbero bastate a sorregere mille piccoli
Dupree, spettatori di mille frammenti della danza della vita che
scorreva lì sotto al ritmo del blues.
Elmore scendeva in mezzo a quel flusso, gli occhi si
attaccavano a quelle frivolezze di pizzo che incorniciavano
abbondanze nere, saltavano sui tasti neri e bianchi con le mani
di un qualsiasi Skip James, inseguivano le falene che si
immolavano sul vetro del paralume.
L'orecchio correva sul washboard (asse per lavare i panni)
insieme a quel suono trascinato, entrava tra le corde vocali di
miss Lee, cadeva con il wiskhi nel bicchiere, usciva nei silenzi
del grande fiume.
L'olfatto si innalzava con l'odore del prosciutto fritto e del
pane di mais e le mani scolpivano ogni corpo abbracciato nel
ballo.
Una figura lo attrasse, in particolare, al centro di un vortice di
sensazioni, senza un'apparente motivazione.
Niente si muoveva all'unisono, ogni cosa seguiva, in un
frenetico sviluppo, la sua inevitabile evoluzione, come un
gruppo di schiavi che abbandonano la piantagione dopo aver
ucciso il sorvegliante.
Tutto scompariva nell'eterna immutabilità del tempo, senza
trovare una precisa collocazione, come le acque del Mississipi
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I Dupree, un problema di verita'
quando raggiungono il mare.
Moses ed Elmore Dupree, dai loro angoli di mondo, non
diedero importanza a quella strana sensazione di familiarità
che li attirò intorno ad una vaga ed eccitante figura nel locale
di Miss Laura Lee : era la zia Petunia Morton.
EPILOGO
Certo un solo epilogo non sembra sufficiente, ma confido che i
rimanenti riterrà opportuno trascriverli il mio buon lettore.
Non una, non due, ma infinite sono le verità, poichè infinite
sono le prospettive; questo potrebbe a buon diritto sostenere
ogni attento osservatore.
Ma le cose non stanno del tutto così ! (se non da un solo lato).
Il rapporto con la verità può avvenire soltanto su un piano
culturale e pertanto determinato da modalità prospettiche; il
problema della verità è un problema culturale.
Non può esservi un'antitesi, una nonverità, poichè non può
esservi una noncultura.
L'uomo è un prodotto culturale,...e non può essere altro da sè,
o, come dice un proverbio africano: "...per quanto a lungo un
tronco galleggi nel fiume, non diventerà mai un coccodrillo."
Nessuno può muoversi, nemmeno per un secondo, fuori dal suo
universo culturale,...ma...forse...in privato...dopo lo
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I Dupree, un problema di verita'
spettacolo...nella stanza di Miss Laura Lee...
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Vicino all'uno
CAPITOLO I°
A domani Elliot ! sono le ultime parole che ricordi di aver
sentito, poi quel dolore lancinante alla mano sinistra, il rumore
delle dita che si spezzano con una risata in sottofondo, una
gran voglia di vomitare tutto l'alcool che da mesi ti fermenta
dentro lo stomaco, ma non ti resta altro che svenire. La mano ti
fa terribilmente male quando ti svegli, è ancora presa nella
morsa della porta dentro la quale è stata chiusa; l'effetto
anestetizzante del peggior wiskie ingurgitato ieri sera è svanito
da qualche ora ed il fetore del vomito che inzuppa il tappeto sul
quale sei disteso ti innonda le narici e ti penetra nel cervello.
Harvey e Mike hanno fatto davvero un bel lavoro solo che
avresti preferito non essere sul loro taccuino vicino alle parole
"...deve 20.000 $". Grideresti, qualunque ora fosse, se non
sapessi che in tuo soccorso si precipiterebbe la signora
Mallory, la padrona di casa alla quale devi 300 $ di affitto
arrettrati e certamente anche in questo stato troverebbe
l'occasione per invitarti a lasciare libero il suo appartamento
dopo aver saldato il conto. Vai ad infilare la mano sinistra
sotto il rubinetto mentre la destra raggiunge, quasi con un
gesto automatico, la bottiglia che tieni nascosta sotto l'acquaio,
...per i casi d'emergenza... come sei solito raccontare a
qualche ragazza che riesci a portarti a casa. Evidentemente di
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Vicino all'uno
questi "casi" se ne sono già presentati parecchi in questi ultimi
tempi perchè la bottiglia è vuota, mentre il sangue che ti
sgorga, ora fresco, dalla mano maciullata ha già riempito i
piatti nell'acquaio con gli avanzi di pizza della settimana
scorsa. Strappi la tendina che oscura la finestrella sopra la
cucina e che da' sulle scale di sicurezza; non è ancora giorno,
è quell'ora in cui qualcuno sta ripulendo il jazzclub della 37°
strada e tuo padre raggiunge la stazione per dormire in uno
scompartimento del primo treno per Portland. Guardi quella
bottiglia, che non potrebbe essere più asciutta e vuota,
pensando che tutto in quel mattino sta congiurando per
costringerti a ripensare una vita di cui non esiste metafora più
appropriata di quel pezzo di vetro che a giudicare dalle tracce
sul fondo deve aver contenuto quasi tutte le più disgustose
brodaglie. Dentro quel vetro opaco ha trovato posto anche la
disillusione di chi osserva dall'alto dei tetti di uno dei tanti
quartieri irlandesi l'intricato labirinto di strade che non
conducono da nessuna parte; quelle pareti così sottili e solo in
apparenza fragili attraverso le quali hai osservato Padre
O'Raley morire, Ma' piangere e Virginia andarsene. Nel
frigorifero è rimasto solo un pò di ghiaccio, la scelta diventa
inevitabile : sulla mano massacrata o dentro il bicchiere
appena riempito. Scegli il bicchiere pensando che dopotutto e
meglio non sentire più nient'altro anzichè preoccuparsi
soltanto di una parte del corpo, la mano appunto. Il divano
letto, in mezzo all'unica stanza dell'appartamento, non è per
niente comodo ma finora non hai mai richiesto che lo fosse;
senza le pastiglie che ti davano al "Center for Mental Health"
di Seattle non è poi così facile addormentarsi e l'insegna
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Vicino all'uno
luminosa della Pepsi, proprio sotto la finestra che da sul lato
sud dell'edificio, non ti aiuta certo nell'impresa. Solo ora ti
accorgi che i tuoi due visitatori non si sono occupati solo di te
ma anche del tuo "rifugio", il cuscino dentro il quale hai
affondato la testa ha assaggiato il coltello di Mike (quello più
magro che dicono sia uscito da sua madre servendosi della
lama). Il divano ha un grosso squarcio dietro sullo schienale e
il piumino vomitato fuori da quella ferita ha fatto scomparire il
posacenere sul tavolino davanti a te. L'unico armadio della
stanza non è più nell'angolo dietro la porta, ora è un mucchio
di legna sfasciata a calci dal quale sporgono alcune camicie
ed il portafoto in frantumi. La foto di Ma' si è infilata sotto una
sedia rovesciata dove è andato a finire anche il piccolo
Freddie, mentre la sua boccia d'acqua, il suo universo, si trova
ormai a "miglia" da lui caduta sotto i piedi forse di Harvey (di
lui dicono che in tram solo riesce a schiacciare i piedi
all'autista). Quando ti volti e ti sollevi oltre lo schienale del
divano, preso improvvisamente dall'ansia, nella penombra,
sotto la lampada rimasta miracolosamente in piedi al suo
posto, impietrita come una guardia del corpo sotto gli occhi
della quale è caduto il suo protetto, giace in un'accozzaglia
indescrivibile di frammenti di vetro e plastica, sommerso sotto
il telo di protezione, inzuppato dell'acqua contenuta dal solo
vaso di fiori che ora si è trasformato in una funebre corona a
ricordo: il tuo televisore. Balzi in piedi al divano, o almeno a
quello che ne resta, lo sguardo allucinato, per ricadere oltre lo
schienale in lacrime: ...Ma che bisogno c'era di tanta
crudeltà..., pensi mentre vai ad infilare la testa sotto
quell'umida coperta tra le schegge di vetro e il puzzo di acqua
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Vicino all'uno
putrida. Nella penombra di quel drappo funebre la tua guancia
sfiora qualcosa di freddo e stranamente solido ed intatto,
sollevi la testa ed un forte odore di polvere da sparo ti
aggredisce le narici; ...E' la calibro 45..., non può essere
altro che il revolver che tenevi nascosto sotto il televisore per
evitare che la Mallory lo trovasse quando eri fuori. Eri certo
che quell'impicciona saliva nella tua stanza quando andavi al
market di Margie street o alla farmacia a comprare le pillole;
avevi fatto bene a nascondere la pistola ed ora eccola qui,
silenziosa come l'ultimo passeggero del tram al capolinea che
fa sussultare il conducente, inattesa come il cubetto di ghiaccio
sul fondo del bicchiere dimenticato dopo aver chiuso come al
solito gli occhi per l'ultimo sorso. Non hai mai pensato alla
morte, deve essere come la vita senza poter correre con Bill
Jordan in terza base, senza poter giungere a El Paso in cerca
della prossima vittima, senza rincorrere Road runner e finire
nel consueto canyon, senza...televisore, senza alcool per far
scorrere le ore, senza pillole per dormire. Ed ora l'alcool è
tutto sparso sul pavimento, le pillole non ricordi dove sono, la
Mallory sta abbattendo la porta a testate, il televisore è...morto
( e forse ti chiama !). Marta von Korge in Mallory sfonda la
porta all'unisono con il sordo colpo che ti attraversa la gola,
non è poi tanto peggio di tanta robaccia che hai ingoiato, solo
che questo è l'ultimo sorso.
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Vicino all'uno
CAPITOLO II°
...Mr Elliot ?...Mr Theodor Elliot ?... ti volti per intercettare il
punto da cui proviene la voce, e possibilmente il suo
possessore, ma dappertutto c'è soltanto questa musica. Si
direbbe il Bop più eccitante che tu abbia mai sentito, giureresti
che è lo stesso Charlie Parker a soffiare dentro il suo
strumento seduto al tuo fianco, lo giureresti se non sapessi che
fosse... Morto !. L'improvvisa fulminazione ti fa perdere
l'equilibrio e ti accorgi di precipitare; non ti resta altro da fare
che muovere queste maledette... Ali ?!?. ...Mr Elliot, sono
qui, dietro di lei, proprio sopra questa nuvola.... Questa volta
sei proprio sicuro di non esserti sbagliato, non era affatto una
voce quella che hai.."sentito", piuttosto una specie di
messaggio telepatico, qualcosa che si muove parallelamente
con il flusso dei tuoi pensieri. Vuoi vedere che non sono
neanche riuscito a togliermi la vita ? Pensi, ...C'è riuscito
eccome... risponde immediatamente la voce da dentro.
Attraverso la nuvola scorgi che sta emergendo (mi vergogno
quasi a dirlo) un...una specie di cane con due grosse ali
proprio sopra la schiena, piantate lì come le bandierine sopra i
tosts al drivein. Ma, non è proprio un cane, è tutto bianco, no,
è come le meringhe appena uscite dal forno, non ha occhi,
orecchie, bocca, insomma, come direbbe quel filosofo greco
(mi sembra), che studiasti al liceo "Lincoln" con Mrs. Allison,
è un'idea di cane. Grazie del complimento fa lui per niente
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Vicino all'uno
turbato di rappresentare una così metafisica stranezza. Vedo
che hai compreso subito dove ti trovi continua ...ciò che ti
sta di fronte non è affatto il vecchio Cyki di cui ti sbarazzasti ai
docks di Portland, bensì la sua... , ...Non dirlo, lo interrompi
non dirlo ti prego...la sua ANIMA ?. Centro !!! risponde il
cane Ho sempre pensato che in quell'ospedale, a Seattle, non
avessero capito proprio niente di quel brillante "pensatore"
che ogni mattina ritrovavano sul terrazzo intento a lanciare la
sua lenza in direzione degli alberi oltre il recinto . Dove mi
trovo, Cyki ? (posso chiamarti così, non è vero ?). Dove
diavolo sono finito ? Dopo averti fatto notare che anche a te
mancano occhi, naso, bocca, orecchie, e..., sì insomma tutto il
superfluo, e che ora non sei altro che l'anima del povero Elliot
che finalmente si è liberata, suo malgrado, dei legami terreni,
alcool e pastiglie (e televisione), ti racconta, o meglio, ti
trasmette in una frazione di tempo indescrivibilmente breve, o
lunga, quanto può soddisfare la curiosità di un fratello minore
il pomeriggio prima di portare una delle gemelle Orlosky al
punto panoramico di Ridge Creek. Dunque, ricapitolando, non
sei in paradiso, (fortunatamente non esiste, hai pensato, non
avresti mai voluto avesse ragione tua madre quando ti veniva a
prendere dietro la chiesa mentre spiavi le ragazze del coro
indossare la tunica), sei in una dimensione, detta "prima
casa", nella quale sostano le anime in attesa di rivestire i
panni di qualcun'altro, un po' come facevi quando rubavi i
vestiti che Ma' lavava al reverendo O'Raley, per andare ad
infilarteli nel garage. Ancora una curiosità: Ma è proprio il
vecchio Charlie Parker ? , alludendo alla musica. Certo che
è lui, e riesce ad andare avanti per secoli se nessuno lo
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Vicino all'uno
disturba, o almeno sin quando è il suo turno, cioè sino a
quando sarà pronto a nascere di nuovo uno come lui . Provi a
farti un giro con le nuove ali ma non appena ti sei allontanato
di qualche nuvola, ritorni sulla tua scia per soddisfare un
dubbio al quale inizialmente non avevi dato importanza, un po'
come quando dopo una scazzottata ci si conta i lividi.
...E...LUI ? C'è ? Credo di si, ma da queste parti non si fa
mai vedere. Alcuni dicono che sia sempre quì, ma
contemporaneamente sento altri che giurerebbero di averlo
visto da un'altra parte. Da un'altra parte ??? Si, in
un'altra casa, una di quelle più...più sù, credo. Un'altra
dimensione...? Appunto ! Charlie dice che ci va spesso
quando comincia a soffiare dentro il suo sassofono. Credi mi
ci porterebbe ? A questo punto Cyki, con un colpo d'ali
improvviso, decolla verso un gruppo di nuvole dove stanno
seduti una serie di strane figure alate, o almeno ti sembra di
percepire la loro presenza, lasciandoti alle sue spalle con un
enigmatico: "Lascia perdere !", ricordandoti le mattine
all'uscita di qualche bettola ai docks, quando gli giuravi
sarebbe stata l'ultima, (nemmeno il cane ti credeva). Sebbene
tu non sia affatto stanco, decidi di sederti proprio sotto un
grosso fungo che produce una piccola zona d'ombra, e mentre
ti rilassi, cominci a percepire quelli che ora ti appaiono
nitidamente come i pensieri di colui che ti ospita. Molto presto
il fungo tornerà da dove già è venuto diverse volte, ed è pronto
a scommettere che stavolta rinascerà come una robusta e
magnifica quercia, così ragionando assume quell'espressione
di quando il signor Hutchinson corre nel retrobottega del suo
negozio, per telefonare al suo bookmaker, certo di aver in
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Vicino all'uno
mano una dritta sulla quarta corsa. Quando eri ancora..vivo,
spesso ti succedeva di svegliarti con un motivetto che ti
ronzava ossessivamente in testa, come se ti avesse
accompagnato per tutta la notte; poi, nel corso della mattinata
si dileguava, come quelle colonne di vapore ad ottobre sopra il
lago Vernon (dove Pà aveva il capanno di caccia), per lasciare
il campo a quei ben più sinistri nuvoloni, carichi di pioggia e
presagi, che si facevano largo scendendo tra gli abeti del
versante ovest del monte Pinewood. Nel primo pomeriggio già
qualche strana idea aveva occupato la tua mente, e, pesante
come le prime gocce del temporale, quella ingiustificata
sensazione di possedere quel briciolo di autocoscienza in più,
da consentirti di determinare con maggior efficacia il tuo
avvenire, a differenza del resto dell'umanità, (paradossalmente
è una delle sensazioni più diffuse che ci siano). E' quello che ti
convinse a lasciare l'università del Massachusetts, per tornare
in una sera di aprile, accompagnato dal fruscio di un milione
di nuove foglie sugli alberi del viale, che conduce dalla
stazione alla vecchia casa di Layton street. A raccontare a tuo
padre che avresti preferito fare l'agricoltore, e che la squadra
di baseball del campus avrebbe dovuto attendere invano il suo
lanciatore. E' quello che ti impedì di amare Virginia come una
donna semplice, forse poco impegnata ad evitare che i suoi
compagni di college partissero per la Corea, ma che, come
tutte le ragazze del Vermont, sanno tirare avanti la baracca
anche quando il loro uomo passa più tempo a baciare il collo
della bottiglia che il loro. Dunque, questa stramaledetta
sensazione, eccola all'orizzonte di un cielo già nero di
fuliggine, insinuarsi nella tua mente già provata dal
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Vicino all'uno
susseguirsi degli ultimi avvenimenti, ansiosa di procurare più
danni possibili, come l'interbase quando annusa l'eventualità
di una doppia eliminazione. Se questa strada può essere
percorsa in una direzione, potrà esserlo anche nell'altra..,
pensi ...da un lato l'umanità, dall'altro la divinità. Per quel
lettore che non sia mai stato colto a trafugare vecchi pezzi di
motori dentro uno dei tanti depositi di automezzi dell'esercito,
nei dintorni di una delle tante città, di uno dei tanti territori
del nordovest, da uno dei tanti guardiani praticamente sordi,
ma con uno dei tanti cani con i denti più aguzzi di un coyote,
sarà difficile seguire lo sviluppo dei pensieri che ora
ronzavano nella mente di Elliot. Ebbene, per impedire che il
cane del guardiano notasse troppo presto un'estranea presenza
dentro i confini del recinto, era necessario raggiungere
l'ammasso di rottami con le torce spente, pregando perchè le
nuvole, oscurando la luna, concedessero il tempo necessario
per percorrere il tratto, in leggera discesa, sino alla prima
"collina di latta". Soltanto alla distanza di qualche metro da
quell'allora inestimabile miniera di carburatori e pezzi di
ricambio per le più assurde automobili, per scarrozzare le più
assurde ragazze, ai più assurdi balli scolastici, una asmatica
torcia elettrica si accendeva. Il fascio di luce, con difficoltà,
illuminava ciò che stava davanti, concedendo di ammirare solo
un pezzo per volta l'inestricabile mucchio di ferraglie
arruginite. Solo un diabolico, quanto fortunoso talento
concedeva al Joey apprendista meccanico di turno, di
riconoscere qualche bullone o qualche tubo che meritava di
essere ripulito dalla ruggine. Così sono i tuoi pensieri in
questo istante, Elliot, e, per chi non è, o non ha mai conosciuto
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Vicino all'uno
un apprendista meccanico, sono ancora più intricati di mille
ammassi di rottami, da districare alla luce di un fiammifero.
La cosa buffa è che al ritorno affannoso da queste battute
notturne, molto spesso, quello che alla luce della lampada
sembrava un insperato ritrovamento, un prezioso bullone, un
"magico" carburatore, rivelava la sua vera identità di rottame,
buono solo a riparare i topi dalla pioggia. Ma questo ancora
non potevi saperlo...
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Vicino all'uno
CAPITOLO III°
Alcune anime sono davvero bizzarre, ma la tua ha conservato
quel pizzico di follia che la fa sembrare ancora più bizzarra.
Dunque... pensi ...se tutti i miei eterei colleghi aspettano con
ansia il momento di tornare giù, a reincarnarsi, credo si dica,
in un corpo, magari meglio carrozzato del precedente,
suppongo sia possibile risalire per lo stesso sentiero, in
direzione opposta, sino ad arrivare, forse, vicino a...Dio !
Bisogna sapere che le anime rappresentano la sostanza di ogni
individuo, e pertanto nella loro sintesi spirituale concentrano
oltre all'idea di "umanità", anche quella caratteristica
peculiare che rende un individuo ciò che è, cioè diverso dagli
altri : singolare. Il prodotto di tale metafisica astrazione, che è
l'anima di Elliot, è un concentrato di tali contraddizioni che la
rende unica al mondo.....cioè, unica all'ipermondo. Un
miscuglio così micidiale riesce veramente poche volte. Cercare
un'opportuna morte, possibilmente poco dolorosa, che ti
consenta una dipartita da questa dimensione, verso più alte
sfere, diventa quindi la tua assillante, (quanto inquietante per
le altre anime), preoccupazione. Come possa questa essenza,
per definizione immortale, immaginare la propria fine è
assurdo almeno quanto scommettere su "Wet Bread" nella
sesta corsa; ma un giorno Elliot lo fece, puntandoci ben 20
$,...e...perse ! Se ho capito bene, questo è il tuo ragionamento,
filante come la Highway 61, ed in grado di unire due culture
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Vicino all'uno
così diverse, quella dell'est con quella dell'ovest, come quelle
soluzioni che sono così razionali da sembrare illogiche. Se
l'anima prende vita liberandosi dal corpo nell'atto della
morte, sostieni, atteggiandoti come hai visto fare da qualche
professorone di Harvard in Tv, ...ritornandovi, non può che
andare incontro ad una piccola morte, ripercorrendo lo stesso
tunnel a ritroso, partecipando il principio vitale anche al
corpo. E ciò è vero, tanto da aver fatto esclamare a più di un
esimio pensatore dell'antichità che : "...il corpo è la tomba
dell'anima". La nascita dell'anima, deve dunque avvenire
nell'altra direzione, affermi, cercando di convincere anzitutto
te stesso, ...verso cioè quello che apparentemente
rappresenterebbe la sua morte. In breve, giungi alla
conclusione che per morire devi passare attraverso la
negazione assoluta di ciò che rappresenti in quanto principio
vitale, in quanto essenza. E poichè essa è principalmente
sostanza individuale e singola, solo l'unione con una
molteplicità indifferenziata può rappresentare la
contraddizione in assoluto. La cosa è più semplice a
sperimentarsi che a dirsi, come cercare di spiegare alle solite
gemelle Orlosky che intendi baciarle, prima di abbassare lo
schienale del sedile dell'automobile sulla quale sono salite,
facendoti credere di averle raggirate, con uno dei trucchi del
ragazzo più furbo del quartiere. Un unione di anime !!! Ti
apposti in un...angolo di una nuvola, puntando la tua preda e
sperando di avere più fortuna delle feste danzanti la sera del
Giorno del Ringraziamento. Un'anima si avvicina ignara,
muovendo con indicibile grazia le sue ali, in un attimo sei su di
lei, accompagnato dalle note di un melodioso inno, approntato
25
Vicino all'uno
per l'occasione : .....Aspettami Dio, sto arrivando !
La...fusione di anime ottiene l'effetto desiderato, il principio
individuale si dissolve nella dualità. Elliot, Elliot,...ma dove
diavolo sei finito...,non è possibile che tu sia scomparso dal
mio racconto.....ehi!, ehi!, ehi!...aspettate tutti, che sta
succedendo ??? Elliot, è...contro ogni logica, tu non puoi fare
quello che vuoi, tu sei soltanto frutto del mio...del
mio.....pensiero. Pensiero ? Pensiero...pensiero ! Ci sono,
pensiero, sii ! pensiero, ecco la risposta. Dunque, torniamo
indietro di qualche passo, mentre te ne stai in agguato, in
attesa di giocare la tua carta, come al tavolo del poker subito
dopo aver detto "Vedo !". Ah! Benissimo, rieccoti qui ! Mi ero
preso un tale spavento. Ora sei nelle mie mani più che mai, sei
quì solo per concretizzare le mie storie, i miei desideri, il mio
pensiero..., ed io ho intenzione di condurti vicino, sempre più
vicino a quell'idea di essenza che considero reale, forse non la
tua, forse non il tuo...Dio. E' inutile che ora cerchi di fuggire, a
nulla ti servirà nasconderti dietro quelle eteree nebbioline, dal
momento che posso farle dissolvere in un battito di ciglia. Mi
basta davvero soltanto un istante, chiudo gli occhi, anzi,
chiudiamoli assieme, stiamo per assistere all'ultima
metamorfosi di Elliot. Non urlare, in fondo ti porterò proprio
là dove volevi andare, vicino, vicino, sempre più vicino...
Riapriamo gli occhi, poichè la curiosità è una caratteristica di
noi umani, non certo di un dio. Ora sei perfetto, o quasi, beh !
forse non te lo immaginavi proprio così vero ? Sei veramente
un delizioso...ATOMO ! Devi soltanto attendere che
qualcun'altro come te ti urti (e stai tranquillo che avverrà
molto presto, secondo i calcoli probabilistici), alla giusta
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Vicino all'uno
velocità, all'interno di un preciso sistema di parametri fisici,
per trasformarti in...ENERGIA PURA. Beh ! ora devo andare,
ti saluto Elliot,...oh! scusa, ELIO !
* * Nota : L'energia che si sviluppa nelle stelle
deriva da due processi fondamentali, conosciuti
come catena protoneprotone e ciclo del Carbonio.
In sintesi, due protoni collidono formando un
nucleo di Elio 2 instabile che, o si scinde di
nuovo in due protoni, o subisce un decadimento
beta, trasformandosi in un deutone. Il nucleo di
deuterio, entro due secondi, reagisce con un
protone producendo Elio 3. Ognuna di queste
reazioni contribuisce a fornire l'energia che serve
a far "ardere" una stella, forse il Sole, che
consente la vita anche sul nostro pianeta.
27
Vicino all'uno
EPILOGO
Ci sono speranze che Elliot ritorni fra noi ? Più di quante lui
stesso si concederebbe, o almeno più di quante gliene
concederebbe il suo cane, o io, o voi. Dall'universo di pura
fisicità, dove ora si trova, (tanto reale quanto inconoscibile),
pura energia e quindi pura materia, necessita di un pensiero
che lo fissi, consentendogli di indossare la prima pelle di cui
tutti noi siamo rivestiti : "l'essere percepiti". Entrare a far
parte di un pensiero privato o collettivo, essere rivestito di
significato, divenire da ammasso di atomi, un insieme
interpretato, ma non ancora in grado di interpretare. Ora tocca
all'universo culturale fare la sua parte, attribuire un valore ad
ogni suo gesto e consentirgli a sua volta di donare significati a
ciò che lo circonda, affinchè da uomo divenga PERSONA. Tre
volte è morto per rinascere altrettante volte, poichè tre sono le
realtà che in noi convivono : la materia, il pensiero, la cultura.
(L'Atomo, l'Uomo, la Persona.)
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Vicino all'uno
Salmo 39
CAPITOLO I°
...Baderò ai fatti miei, per non peccare con la mia lingua.
Porrò un bavaglio alla mia bocca sino a che l'empio mi stia
davanti.... Il reverendo Cornelius Abhramson tuonò contro il
suo gregge di anime, pronunciando con un tono ammonitore
queste parole, all'inizio di uno dei suoi sermoni domenicali, in
grado di raggelare il sangue anche al più miscredente e nero
raccoglitore di arachidi della calda contea di Brownsville,
Georgia. Jeremia Hutto, detto "Chet", non fece nemmeno in
tempo a concludere l'accordo sull'organo, ripose in fretta il
foglio con le parole di "Save me, Lord !", che teneva dinnanzi
solo per impegnare un po' di tempo nel riporlo; non era infatti
in grado di vederlo poichè era cieco dalla nascita, ma anche se
l'avesse visto, non era in grado di leggerlo poichè nessuno si
era mai preso l'affanno di dirgli che a quello serviva. Il coro
stava terminando di sistemarsi nel bancone di fianco all'altare
ed ancora risuonava l'eco del canto che, da quella piccola
chiesa metodista, si era innalzato sino a Dio; la voce di Celia,
la figlia del reverendo, si attardava nella mente di Chet mentre,
come sempre, cercava di prestare tutta la sua attenzione al
fiume di saggezza che straripava dalla bocca del reverendo
Abhramson. Poche delle parole che Chet raccoglieva, come se
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Salmo 39
gli venissero scagliate contro, assumevano un significato
preciso nella sua testa, ma quell'inconsistenza e quei vuoti
venivano prontamente colmati dall'inattaccabile convinzione
che, proprio per tal motivo, la loro oscurità era almeno pari
alla incontestabile verità di cui erano portatrici. ...Me ne stetti
muto nella sventura, ma si esasperò il mio dolore..., continuò
a predicare, offuscando ancor più il suo sguardo, se ciò era
possibile, e Jeremia piegandosi sulla parola "..muto", che
aveva udito più distintamente delle altre, considerò la sua
cecità contemplata in quelle sventure di cui credeva narrasse il
reverendo, e ritenendosi coinvolto nell'omelia e quindi
nell'attenzione del Signore, prestò orecchio come non mai a ciò
che stava per udire. ...Fammi noto, Signore, il mio destino, la
misura dei giorni miei quale sia,... e dopo un'interminabile
pausa, durante la quale il pastore trafisse con lo sguardo ad
uno ad uno i presenti, concluse: ...perch'io sappia quanto son
caduco. Nel profondo silenzio che seguì, quasi si riusciva a
sentire lo sforzo mentale di ogni fedele che, all'unisono con
l'intera assemblea, di colpo divenuta conscia del suo peccato,
tentava di allontanare ogni pensiero o desiderio che potesse
nascondere la consapevolezza della propria mortalità.
Certamente non tutti seppero interpretare quella sacra
citazione dal libro dei Salmi, considerando che il termine
"caduco" non poteva certo far parte del vocabolario del signor
Simmons, il becchino, o di Miss Dizzy Laporte, la conduttrice
della casa...in fondo al viale, o di "Asso" Bercison, il giocatore
d'azzardo, o infine del sindaco Bishop, ma anche per questi
signori la parola assunse un tono familiare, come se, in fondo,
appartenesse anche al loro mestiere. Ebbene, o Signore,
30
Salmo 39
disponi di me come ti piace, poichè io sono il tuo servo...,
pronunciò con enfasi innalzando la braccia verso la volta della
chiesa. Alleluja ! Alleluja ! accennò in risposta Sarah
Travis, che, se la facilità nel raggiungere i toni più acuti
cantando nel coro, fosse segno di un'anima maggiormente
timorata di Dio, si potrebbe annoverarla tra le signore bene
più devote della cittadina, sebbene sia troppo amica di Miss
Dizzy, come qualcuno mormora. Si, alleluja ! fecero eco
alcune voci dal fondo dell'assemblea, tra le quali non fu facile
riconoscerne i rispettivi proprietari, come tentarono di fare le
donne in prima fila. ...E così sia ! accompagnò sotto voce,
quasi ripetendolo mentalmente, Chet, dal suo angolo nella
penombra. Si sa che il tono di un'esclamazione è fedele
testimone di quanto si trattiene dentro più che di ciò che viene
esternato, e ciò consentirebbe al reverendo Abhramson di
misurare il grado di devozione dei fedeli che avevano in quel
momento parlato, facendo giustizia di un primato soltanto
cronologico. Ma che Jeremia fosse uno dei presenti più devoti,
non c'era affatto bisogno di renderlo pubblico, poichè la sua
devozione aveva origine in un atto di riconoscimento che è più
frequente tra coloro che hanno sperimentato la "servitù"
terrena che tra quelli che agognano a quella ultraterrena. Di
padroni, infatti, Chet non ne aveva avuto uno, bensì almeno
venti, tante quante erano le "ospiti" di Miss Cynthia Gordon, la
proprietaria del "Red River", il bordello di lusso giù a
Columbus, dove, gli dissero, una sera alla fine del secolo, era
nato. Di giorno si affaticava nel rendere il più confortevole
possibile la permanenza delle ospiti, preparando colazioni alla
maniera del Sud, con pane di granturco caldo, pollo fritto,
31
Salmo 39
prosciutto, caffè, latte e burro, di notte intratteneva gli
impazienti e gli indecisi, gli occasionali e gli innominabili, ma
tutti distinti frequentatori, ora solleticando, ora martellando
sul pianoforte nell'ingresso, il più "solido" blues che si fosse
mai sentito. Quelli che, grazie alle loro abitudini, ebbero modo
di ascoltarlo, giurano che Chet suonasse quella "musica del
diavolo" in maniera davvero...divina. Come per il resto degli
abitanti di quella casa, il talento che ognuno dimostrava
possedere nel suo "ramo", aveva un'origine
inequivocabilmente legata alla personale natura, e ciò
consentiva a tutti di non dover ringraziare nessun altro se non
le rispettive madri. Sebbene Chet non sapesse a chi dover
essere riconoscente, il fatto di avere non una ma venti madri,
gli era più che sufficiente. Ora aveva anche un padre, (o
qualcosa del genere), un uomo saggio ed austero, che, come
ogni buon padre dovrebbe fare, lo strappò dalle gonne di
queste "genitrici" troppo disposte a lasciarle cadere, poichè
l'educazione di un uomo non è cosa da madre. Due settimane
dopo che incendiarono il "Red River", il reverendo Abhramson,
infatti, lo raccolse nella prigione della contea, dove era finito
per vagabondaggio e ubriachezza molesta. La sua educazione
la riceveva ora, dopo sessantaquattro anni in cui la sua cecità
gli aveva aperto tante porte nel mondo "di dentro", almeno
quante gliene aveva chiuse verso il mondo "di fuori".
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Salmo 39
CAPITOLO II°
L'uomo è simile ad un soffio di vento, i suoi dì son come ombra
che passa. Il reverendo Abhramson stava conducendo un
sermone sul suo argomento preferito: la nullità dell'uomo e
delle sue speranze, delle sue illusioni che lo spingono a vivere
come "...un negro selvaggio", così era solito dire. Alleluja !
Alleluja ! si animava ora l'uditorio, come alle feste nel fienile
del maniscalco Higgins, dopo che le prime coppie hanno
timidamente occupato lo spazio sotto la botola del granaio,
alla luce della grande lanterna sospesa sopra di loro, e
iniziano a danzare. Si, è così...amen ! ripete Chet, ora
anch'egli coinvolto dall'atmosfera di maggior partecipazione, e
che considerava queste lezioni di umanità come l'opportunità,
concessagli da Dio in persona, per entrare in paradiso dalla
porta principale. Era questo il momento in cui padre
Cornelius, dalle alte vette delle Scritture, scendeva nelle strade
polverose di quella cittadina della Georgia, nei campi di
arachidi, tra i commercianti ed i raccoglitori, impegnati a
difendere ogni centesimo del loro lavoro, tra il sudore degli
operai della ferrovia, nei salotti delle donne bianche intente a
consumare té, pasticcini e infamie, dovunque vi fosse un uomo
ancora da convertire, per scagliare le sue invettive contro
chiunque meritasse il castigo divino. Levati, o giudice del
mondo, rendi ai protervi la loro mercede. Fino a quando gli
empi, o Signore, fino a quando gli empi trionferanno ? A gran
33
Salmo 39
voce diran insolenze e si daran vanto i malfattori ? . Seguiva
un ...e così sia... dell'assemblea, carico di attesa per i
prossimi minuti, quasi che Dio stesso volesse in quel momento
esaudire le richieste di quell'uomo che in fondo si dichiarava
suo servitore. Jeremia non riusciva mai a comprendere a fondo
cosa volessero dire queste parole, sebbene gli incutessero tanto
timore quanto un termine che il reverendo pronunciava con
vigore profetico : "Illusione !". Cos'ha accumulato Stochton
nel suo retro bottega ? Illusioni... E il signor Highman nella
sua banca ? Illusioni... E Parker, cosa c'è nella sua miniera ?
Illusioni... James Duncan e lo indicava tra i presenti, ...cosa
ci porterà la ferrovia che state costruendo ? Illusioni... Signora
Bishop, e suo marito, cosa ci promette nei suoi comizi ?... Tom,
Tom Bolton, cosa ti darà quest'anno il tuo campo ? Illusioni...
O Signore, guarda il tuo gregge, smarrito nel bosco, travolto
dal fiume, caduto dalla chiatta, disarcionato da cavallo,
tremante nella miniera. Beato l'uomo che tu guidi, o Dio, che
tu addestri nella tua Legge ! Ad un cenno il coro intonò :
Tornerà la Giustizia nei giudizi; la seguiranno tutti i retti di
cuore . Mentre suonava Chet si ricordò di un giorno in cui il
reverendo gli confidò che l'illusione è come il wisky, fa vedere
al marito un altro uomo nel letto della sua donna, fa credere al
vecchio Red Stockwell di essere vicino a scavare il più ricco
filone d'oro, fa pensare a Ed Burke di avere più fegato di quello
che ha. Solo tu, o Signore, puoi salvarci ora, e per questo ti
preghiamo. Solo tu esisti, tutto il resto è illusione...ascoltaci o
Dio ! Nell'istante di silenzio che seguì, Chet pensò a come
avrebbe voluto credere nelle parole che aveva udito; ricordò la
voce del "Cugino Gail" (così si faceva chiamare), ma
34
Salmo 39
soprattutto il suo bastone che si infrangeva sulla sua schiena di
ragazzo, lo odiò come non lo aveva mai odiato prima, pensò a
lui come un'illusione e desiderò cancellarlo dal suo passato e
dalla sua mente. In un cimitero della Luisiana, sotto un palmo
di terra, in una fradicia cassa d'acero, una salma scomparve.
Era quella di Richard Gail, morto il 30 settembre del 1927.
Jeremia Hutto pensò al Colonnello Harris che gli fece
amputare il piede perchè una sera, a causa della sua cecità, lo
aveva urtato. Finì per portare a termine la sua vendetta
uccidendolo mentalmente e cacciandolo dai suoi ricordi come
non fosse mai esistito. Inutile dirvi cosa successe in
quell'istante in un accampamento militare vicino a Fort Knee,
Connecticut. Jeremia pensò a tutte quelle facce che gli stavano
davanti, lì oltre la staccionata di legno, coloro verso i quali si
riversava la rabbia di padre Abhramson, desiderò dargli un
nuovo gregge, più fedele e timorato di Dio. Pensò al reverendo,
a quel "wisky" che lo illudeva di riuscire a scrollare di dosso la
polvere di cent'anni che ricopriva quella cittadina. Il reverendo
Abhramson portava davanti a sè la sua illusione, e Chet pensò
anche a lui come l'illusione più misericordiosa della sua vita.
Di colpo Jeremia Hutto si accorse del silenzio che lo
circondava, percepiva intorno a sè solo le bianche pareti di
legno della chiesa...vuota. Come premendo un dito fuori posto
nell'esecuzione di un accordo sul suo organo, Chet si rese
conto della dissonanza; poichè se tutto ciò che lo aveva
circondato era un'illusione svanita nell'attimo in cui egli aveva
dubitato, quale motivo vi era perchè lui stesso non fosse.....un
illusione ? ...Andate in pace, Fratelli,...la messa è finita !
disse il reverendo Abhramson, ma nell'uscire dalla chiesa tutti
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Salmo 39
si accorsero che il coro cantava da solo l'inno finale, l'organo
di Chet era muto, come se lui, inosservato, avesse lasciato il
suo posto per un improvviso malore.
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Salmo 39
EPILOGO
Credetemi, non mi spiegherò mai perchè nessuno si preoccupò
di ritrovare Chet, nemmeno il reverendo Abhramson. La sua
scomparsa condusse con sè anche tutti i ricordi che ognuno
aveva di Jeremia, quasi non fosse mai esistito. Rivolgo un
appello a chiunque avesse avuto la fortunata occasione di
incontrarlo : scrivetemi. In caso contrario mi rimangono due
ipotesi, come mi confermò un compagno di bevute. 1 Chet
apparteneva all'immaginario collettivo di quella comunità del
sud che decise di cancellarlo una domenica mattina dopo un
sermone del reverendo Cornelius Abhramson, oppure
quell'intera cittadina apparteneva all'immaginario di Jeremia
Hutto, Chet, che non fece altro che pensarli esattamente come
lui li poteva vedere : ciechi. 2 Chet l'ho immaginato
solamente io, oppure Chet sta ancora immaginando...me. E'
meglio che non continui di questo passo, che ne dite, potrei non
arrivare in tempo a concludere il racconto !
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Salmo 39
PERCHE'?
"...lo vedevo disperato; capivo che voleva scrivere qualcosa,
solo per il gusto di vedere nero su bianco, solo per vedere che
un altro pomeriggio della sua vita non sarebbe andato
sprecato.
Forse non voleva scrivere niente di originale, resta il fatto che
mi guardava insistentemente, quasi cercasse in me
l'ispirazione; capii al volo che mi aspettava un duro
pomeriggio.
Era novembre ed il freddo e gli anni si sommavano ai miei
dolori artritici, i tasti erano tutti indolenziti, facevo persino
fatica a spostare il carrello, avevo inutilmente sperato di
trascorrere i miei ultimi giorni in un negozio di antiquariato,
magari dove lavorava mio figlio, un nuovissimo registratore di
cassa; tutto era però ora lontano, mi trovavo alla mercè di un
maniaco che non si accorgeva mai di dover andare a capo,
toccava allora a me ricordarglielo ma il mio campanello era
ormai stremato e ad ogni riga io prendevo dei colpi tremendi.
Quel giorno non so cosa mi prese ma non ce la feci più e decisi
di rompere il giuramento che accomuna noi macchine da
scrivere, e con esso il silenzio.
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PERCHE'?
VUOI SMETTERLA DI BATTERMI COSI4 (nella foga e
nell'eccitazione dimenticai di abbassarmi) 'FORTE?
Per nulla sorpreso mi rispose di perdonarlo ma aveva dei
grossi problemi e non riusciva a parlare con nessuno e per
questo era molto nervoso.
Scrissi di nuovo, VORREI AIUTARTI SE FOSSE POSSIBILE;
contro i miei pronostici mi raccontò la sua storia ed io feci
altrettanto.
Vorrei tanto scrivere ed essere capito, disse, raccontare le mie
idee ed essere ascoltato, narrare i miei progetti ed essere
seguito;
SAI QUANTE PAROLE ABBIAMO STAMPATO NOI,scrissi,
QUANTI PENSIERI DI PERSONAGGI ILLUSTRI, SOLO NOI
LE ABBIAMO REALMENTE CAPITE; SAI QUANTI
STUPENDI DESIDERI DI CAMBIAMENTO ABBIAMO
IMPRESSO SULLA CARTA, E LI' SONO RIMASTI, E SOLO
LEI LI HA SEGUITI; SAI DI QUANTI AMORI, SOGNI,
SEGRETI SIAMO STATE TESTIMONI, QUANTE PAROLE
SCRITTE COL NOSTRO SANGUE GIACCIONO
AMMUCCHIATE NEL DIMENTICATOIO CON I LIBRI CHE
LE CONTENGONO, O SUL TAVOLO DI STUDIO DI
QUALCHE STUDENTELLO PREOCCUPATO DI
RICORDARSENE IL PIU' POSSIBILE PER BEN FIGURARE
ALL'ESAME?.
Tacque.
39
PERCHE'?
Perchè? mi chiese e lo scrisse su di un foglio per non
dimenticare mai più quella santa parola: PERCHE'?, scrissi io
quasi facendogli da eco.
40
PERCHE'?
Indice generale
I Dupree, un problema di verita'................................................2
CAPITOLO I°.......................................................................2
CAPITOLO II°......................................................................9
Vicino all'uno...........................................................................14
CAPITOLO I°......................................................................14
CAPITOLO II°....................................................................18
CAPITOLO III°...................................................................24
EPILOGO............................................................................28
Salmo 39 Capitolo Primo.........................................................29
CAPITOLO I°.....................................................................29
CAPITOLO II°....................................................................33
EPILOGO............................................................................37
PERCHE'?................................................................................38
41