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Paolo Bellavite
University of Verona
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FARMACOLOGIA
Salus Infirmorum
Titolo originale: ‘High Dilution Effects: Physical and Biochemical Basis’, edito da Kluwer Academic
Publishers (Dordrecht, The Netherlands).
Tradotto dalla prima edizione inglese, pubblicata nel 2004, a cura di Paolo Bellavite. Correzione testo a
cura di Chiara Braghetto, impaginazione a cura di Giovanni Gava, revisione a cura di Roberto Gava.
L’Editore si assume la responsabilità della correttezza della traduzione: ogni parola è stata scrupolosa-
mente controllata e studiata nei suoi possibili significati sia in lingua inglese sia italiana ed è stato scel-
to il termine che di volta in volta pareva più adatto. Dato però che “errare humanum est”, l’Editore rin-
grazia fin d’ora coloro che segnaleranno eventuali imperfezioni.
© Copyright 2005
ISBN 88-86893-64-7
Salus Infirmorum è una Società Editoriale impegnata anche negli aiuti verso i poveri del Terzo Mondo:
parte del guadagno viene devoluta per il conseguimento di tale scopo.
Nota dell’Editore Italiano
La pubblicazione di questo libro in italiano si deve alla Prof.ssa Noemi Favero del
Dipartimento di Biologia dell’Università di Padova, che a suo tempo me ne parlò
consigliandone la traduzione. Quindi, prima di tutto è a lei che deve andare il no-
stro ringraziamento. Oggi non è facile trovare docenti universitari con cuore e
mente aperti a ciò che può sembrare contrario a quello che è tuttora il pensiero
scientifico dominante, come è il caso dell’omeopatia.
Il lavoro di Nirmal ed Anirban Sukul, che ho apprezzato per lo sforzo intellettua-
le fatto per cercare di dimostrare gli effetti “farmacodinamici” dei preparati omeo-
patici ad alta diluizione, non è stato sicuramente facile: organizzare, completare e
pubblicare ricerche sperimentali con medicamenti omeopatici è molto difficile per
carenza dei finanziamenti necessari, dato che la ricerca mondiale è nelle mani delle
grandi multinazionali farmaceutiche, che sono economicamente disturbate da tutto
ciò che parla di omeopatia.
Il merito dei Sukul è duplice: oltre ad avere intrapreso molti studi sperimentali
con rimedi omeopatici, studi documentati dall’ampia letteratura riportata anche alla
fine di questa loro opera, sono riusciti a riassumerli nel presente volume permet-
tendone la diffusione e una fattibile comprensione. Ciò non è poco, specie in questi
giorni in cui l’omeopatia fa molto parlare di sé.
È vero, oggi si parla tanto di omeopatia ma, strano a dirsi specie in ambito scien-
tifico, troppo spesso ne parlano di più quelli che ne sanno di meno.
È questa la nostra onestà intellettuale?
È questa la nostra Scienza “moderna”?
Fortunatamente, la potenza terapeutica del medicamento omeopatico è evidente
sia a moltissimi pazienti sia ai loro medici e sappiamo tutti che la verità può essere
nascosta o infangata, ma non può essere cancellata. Lo conferma la storia della
stessa omeopatia, che da due secoli viene attaccata da ogni dove, ma che continua
silenziosamente a progredire donando salute e serenità a coloro che ricorrono ad
essa.
Le prove scientifiche a favore dell’omeopatia sono già molte, ma oggi si arricchi-
scono anche di questo lavoro dei Sukul che dischiude molti segreti del mondo na-
turale anche ai non addetti ai lavori, portando luce e stupore a coloro che con ani-
mo aperto e indagatore gli si accostano.
Alcuni passaggi, particolarmente nel capitolo 3, sono molto tecnici e potrebbero
creare qualche difficoltà di comprensione a coloro che non hanno competenze di
fisica quantistica. In questo caso, si consiglia al Lettore di leggere tali parti co-
gliendo il senso generale, anche senza soffermarsi sui dettagli specialistici. Rispet-
to al testo originale, alcuni punti sono stati sviluppati o chiariti con note a fondo
4 NOTA DELL’EDITORE ITALIANO
pagina a cura dell’Editore e del Traduttore italiani. Nelle note sono stati talvolta
anche condensati dei dettagli sperimentali, originariamente presenti nel testo ma
non necessari per la comprensione del discorso fondamentale.
Come ogni opera scientifica, il testo non è esente da imperfezioni di natura tecni-
ca e probabilmente da errori, particolarmente nella parte che riguarda le prove
chimico-fisiche. A questo proposito, segnalo che, per garantire la massima corret-
tezza nell’informazione, il testo del capitolo 3 è stato sottoposto anche
all’attenzione di un esperto di chimica (Prof. Giulio Jori, dell’Università di Pado-
va), che ringrazio personalmente della disponibilità, il quale ha sollevato varie cri-
tiche al testo. Ciò ci ha consentito di eliminare una serie di errori e di revisionare
profondamente il capitolo 3 rispetto alla prima versione inglese, con il consenso
degli autori. In ogni caso, l’Editore e il Traduttore non avvallano ogni affermazione
o interpretazione dei dati qui contenute, ma rimangono convinti del valore di
quest’opera pionieristica, testimonianza di una ricerca tanto povera nei mezzi
quanto, giustamente, ambiziosa negli obiettivi.
Vorrei infine porgere un ringraziamento anche all’amico Paolo Bellavite, profes-
sore di Patologia Generale presso l’Università di Verona e traduttore di
quest’opera, che da anni ha indirizzato i suoi interessi di ricerca, attraverso non po-
chi ostacoli, alle azioni farmacologiche e fisiopatologiche dei medicamenti omeo-
patici. La Presentazione da lui scritta arricchisce il volume con un’aggiornata ras-
segna delle questioni attualmente più dibattute in questo campo di frontiera della
medicina.
Come insegna Socrate, l’umiltà di fronte alla grandezza della natura è principio e
garanzia di sapienza. Ed è sulla consapevolezza dei limiti di ogni umana conoscen-
za che dovrebbero fondarsi anche la Scienza e la Medicina.
sistemi di laboratorio. Tuttavia, tale lavoro non si limita ad una serie di studi
frammentati, piuttosto cerca di costruire una teoria più completa, integrando i
dati nell’ambito di ipotesi fisiche e biochimiche di ampia portata.
In questa presentazione cercherò di fornire un quadro degli studi scientifici e
delle ipotesi correnti, senza riassumere né ripetere ciò che riferisce chiaramente
ed ampiamente il testo dei Sukul, ma collocando tale contributo in un contesto
di problematiche che riguardano l’omeopatia e presentando risultati di altri
gruppi di ricerca, che tale testo spesso trascura in quanto orientato principal-
mente al lavoro dei nostri due Autori. In tal modo ci si potrà fare un’idea più
completa dell’argomento e valutare meglio anche alcuni evidenti limiti
dell’opera dei Sukul, con la consapevolezza delle difficoltà tecniche che sono
di fronte a chiunque si approcci all’investigazione dell’omeopatia, come avvie-
ne in ogni campo di frontiera.
La ricerca clinica
L’effettiva utilità clinica è il primo problema che si pone a chi si rivolge, con
mente indagatrice e scevra da pregiudizi, all’omeopatia. Pare ovvio che, in as-
senza di qualsiasi prova attendibile della sua efficacia, sarebbe spreco di tempo
e di energie addentrarsi nello studio del suo meccanismo d’azione. Il libro dei
Sukul nella prima parte cerca di rispondere – positivamente – a tale domanda,
portando alcune esperienze degli omeopati. Va detto con franchezza che le
prove ivi riportate non corrispondono agli standard metodologici e qualitativi
che oggi sono richiesti per la validazione dei farmaci. Sono quindi solo delle
indicazioni, come dei suggerimenti, che indicano che l’omeopatia “potrebbe”
essere efficace. Non è però né intenzione né scopo del libro quella di riportare
una rassegna aggiornata sulla letteratura clinica in omeopatia.
Gli omeopati hanno da sempre svolto ricerca clinica, se non altro per affinare
le conoscenze degli effetti dei medicinali, cercando nella cura del malato la
controprova delle proprietà di medicinali scoperte nei soggetti sani. La lettera-
tura omeopatica è vastissima, ma è anche difficilmente accessibile sia perché
fatta da una serie di osservazioni frammentarie, sia perché pubblicata per lo più
su riviste oggi non più in corso di pubblicazione. La ricerca condotta con criteri
moderni ha cominciato a svilupparsi negli anni ‘70-‘80 del secolo scorso ed
oggi ha una discreta diffusione ed accessibilità, sebbene ad un livello incompa-
rabilmente ridotto rispetto a quella sui farmaci ufficiali. L’omeopatia trova
ostacoli nella relativa piccolezza del mercato (di dimensioni inferiori ad 1/100
di quello dei farmaci convenzionali), nella non brevettabilità della maggior par-
te dei medicinali omeopatici unitari, nella mancanza di interesse – o persino
8 PRESENTAZIONE
recente lavoro di meta-analisi pubblicato dalla rivista The Lancet che, contra-
riamente ai precedenti, sosteneva la equivalenza di omeopatia con placebo5 è
stato molto criticato perché ha preso in esame solo otto lavori, scelti in modo
inappropriato6. Un generale ripensamento metodologico sui trials clinici è in
corso nella letteratura. Vari Autori sostengono, con buone ragioni, che nelle te-
rapie “complesse” (come omeopatia ed agopuntura) è scorretto e non ragione-
vole considerare come variabili indipendenti (cosa che fa il metodo classico in
doppio cieco) gli effetti “specifici” del medicinale e quelli “aspecifici” legati
alla conduzione della terapia ed alle aspettative del paziente7;8. un’adozione
acritica del trial clinico in doppio cieco potrebbe portare a risultati falsamente
negativi.
È pur vero che la mole di lavori indiscutibilmente dimostrativi è comunque
scarsa – anche perché sono moltissime le variabili nosologiche, metodologiche
e farmacologiche in gioco - e che mancano studi di conferma da parte di gruppi
indipendenti, cosa che rende difficile raggiungere conclusioni certe e fare rac-
comandazioni sull’efficacia del trattamento omeopatico in una specifica pato-
logia. A questo scopo, sarebbe necessario che i principali trials clinici pubbli-
cati finora venissero ripetuti.
Anche il problema degli eventuali effetti avversi dell’omeopatia è stato già
analizzato9-12. Gli Autori hanno concluso che i medicamenti omeopatici in alte
diluizioni, prescritti da medici esperti, sono probabilmente sicuri e non provo-
cano importanti reazioni avverse. Secondo alcuni Autori, in una discreta per-
centuale dei casi (circa un quarto) si verifica il cosiddetto “aggravamento
omeopatico”, vale a dire un aumento dei sintomi o una comparsa di sintomi
pregressi, dovuti ad una reazione terapeutica dello stesso organismo13, ma que-
sta è controllabile se la terapia è seguita da medici esperti. Secondo altri14, che
hanno esaminato la letteratura dei trial clinici, l’aggravamento omeopatico è un
evento molto più raro di quanto comunemente si ritenga.
Le ricerche cliniche finora disponibili sono sufficienti per sostenere che, se il
paziente lo richiede, sia giustificabile un approccio omeopatico nella terapia di
pazienti affetti da vari disturbi, sopra citati, particolarmente se tali condizioni
cliniche non mostrano andamento velocemente progressivo. In ogni caso, il
trattamento omeopatico non dovrebbe essere visto come “alternativo”, nel sen-
so di “opposizione” a quello convenzionale, ma come un trattamento di primo
livello, applicato con prudenza e razionalità, quando ne sussistano le indicazio-
ni, almeno come ipotesi di lavoro.
Soprattutto, ed è ciò che più conta per il problema enunciato all’inizio a que-
sta trattazione della materia, dall’esame della letteratura si deve concludere che
l’omeopatia non equivale al “placebo”, come molti oppositori sono troppo fret-
tolosamente portati a dichiarare. Pertanto, gli studi sul meccanismo d’azione
dell’omeopatia sono non solo utili ma necessari, al fine di dare dignità scienti-
10 PRESENTAZIONE
Il “Simile”
causa una certa alterazione nello stato di salute dell’essere umano per la sua
azione primaria. A quest’azione primaria del medicamento, l’organismo oppo-
ne la sua forza di conservazione, chiamata azione secondaria o reazione, diret-
ta a neutralizzare o compensare il disturbo arrecato dall’azione primaria. Il
principio d’azione-reazione evocato è uno dei pilastri della fisiologia e della
biochimica. Pertanto, non si capisce perché non dovrebbe essere valido anche
in farmacologia.
La ricerca delle basi scientifiche del principio di similitudine, almeno per
quanto riguarda le sue applicazioni biologiche, può essere facilitata dalla for-
mulazione di ipotesi di lavoro e modelli razionali. A questo proposito abbiamo
proposto che questo principio, nella sua accezione fondamentale, possa essere
ricondotto al principio della “inversione degli effetti”:17-19 stimoli farmacologi-
ci o di altra natura (es. regolazioni biofisiche o psicologiche) possono determi-
nare su un sistema omeostatico complesso (cellula, organo, organismo) effetti
inversi o paradossali (rispetto all’effetto previsto o atteso) qualora siano modi-
ficati o la dose dei farmaci stessi, o l’intensità e la durata dello stimolo (es.:
apparente danno nel breve periodo, riattivazione e cura a tempi lunghi), o le
modalità di preparazione e di somministrazione, o la sensibilità e suscettibilità
dello stesso sistema trattato (es. stimolazione di una funzione nel sistema nor-
male, inibizione o rallentamento nel sistema già attivato o stressato).
Questa espressione del principio di similitudine può essere utilizzata come
definizione operativa di un’ampia serie di fenomeni che vanno dal livello cellu-
lare a quello clinico, fenomeni le cui basi comuni possono essere ritrovate nella
versatile adattabilità dei sistemi fisiologici e biologici.
Anche se con essa non si può ritenere di aver incluso tutti i problemi posti
dall’utilizzo terapeutico del “simile”, si ritiene di poter gettare le basi per una
comprensione dei suoi meccanismi fondamentali, che non sono né “omeopati-
ci” né “convenzionali”, essendo iscritti nella natura degli esseri viventi e nel
modo con cui essi rispondono ai trattamenti farmacologici.
Poiché uno dei principali argomenti in discussione nella teoria omeopatica ri-
guarda proprio la possibilità che esistano azioni farmacologiche in assenza di
molecole, il tema delle alte diluizioni omeopatiche si collega ai temi di biofisi-
ca dell’acqua e di elettromagnetismo, già trattati da noi in altra sede19 e oggetto
principale del lavoro che presentiamo.
PRESENTAZIONE 13
Prospettive
darsi a “principi” dal valore orientativo e molto generale. Al letto del paziente,
comunque, in questo modo l’intervento/missione del medico conserva una
grande componente intuitiva e “artistica”, come in ogni disciplina medica,86
Il testo interesserà sicuramente i cultori di omeopatia, tra cui mi auguro con-
tribuisca a far crescere la passione per la ricerca scientifica, che è altrettanto
necessaria quanto una buona pratica clinica. Ma il testo merita di essere cono-
sciuto anche da chi, utilizzando la medicina tradizionale, vuole ampliare i pro-
pri orizzonti attingendo a fonti documentate.
È giunta l’ora che la medicina che si definisce scientifica cessi di considerare
l’omeopatia con sufficienza, pregiudizio o persino disprezzo, per vederla fi-
nalmente nel ruolo di una disciplina sperimentale, con sue peculiari potenziali-
tà nella cura delle malattie umane, veterinarie e probabilmente anche
dell’ecosistema. Nonostante la sua antichità storica, l’omeopatia si ripresenta
oggi come un campo emergente della medicina, che merita di essere più cono-
sciuto nella didattica medica e soprattutto più sostenuto nella ricerca scientifi-
ca. Questo libro è un passo avanti verso una medicina unita ed integrata.
Nel primo capitolo sono descritti i modi per preparare i rimedi omeopatici e
per conservarli.
Il secondo capitolo tratta delle evidenze cliniche ottenute a sostegno delle al-
te diluizioni negli esseri umani e inoltre vengono riportati alcuni esperimenti di
laboratorio fatti su animali e su piante.
Il terzo capitolo descrive le caratteristiche fisiche dei medicamenti in dilui-
zioni ultra-alte, così come sono evidenziate mediante la risonanza magnetica
nucleare, gli spettri all’infrarosso, gli spettri elettronici e di fluorescenza di al-
cune preparazioni “dinamizzate”. Poiché l’acqua è ritenuta essere capace di
trattenere le informazioni delle molecole o delle particelle sciolte in alte dilui-
zioni, vengono discusse la struttura e le dinamiche dell’acqua liquida, che è il
principale mezzo di soluzione dei medicinali omeopatici.
Nel quarto capitolo vengono discussi i possibili meccanismi d’azione delle
alte diluizioni sui sistemi viventi, in termini di interazione molecolare fra
l’acqua strutturata di una determinata soluzione ed il suo principale bersaglio
molecolare in un organismo. Infine, viene discussa la possibilità che la struttu-
razione dell’acqua abbia avuto un importante ruolo nelle forme di vita primor-
diali durante la comparsa della vita su questa terra.
Noi considereremmo il nostro lavoro come degno di essere compiuto se svi-
luppasse interesse negli scienziati e nei medici pratici al fine di incrementare
una ricerca seria ed aprire la “scatola nera” dell’omeopatia all’esplorazione del
suo vasto potenziale terapeutico.
Ringraziamo gli studenti Palamita Sarkar, Souvik Ghosh, Ashis De e Sude-
shna Ghosh per avere condotto tutte le ricerche sperimentali. Ringraziamo il
Dr. B.N. Chakravarty per il suo supporto finanziario alle nostre ricerche più re-
centi ed il direttore del dipartimento di zoologia dell’Università di Visva-
Baratti per aver messo a disposizione le necessarie strutture di laboratorio alla
ricerca sperimentale sull’omeopatia.
1
Hahnemann S. Organon "Dell'Arte del Guarire". S.I.M.O.H. Scuola Italiana di Medicina
Omeopatica Hahnemanniana, Roma, 1993.
PREPARAZIONE DI SOSTANZE IN ALTE DILUIZIONI 33
Per la preparazione dei rimedi omeopatici e delle loro diluizioni sono usati tre
tipi di solventi o “eccipienti”:
- etanolo in acqua (di solito etanolo al 90%),
- acqua,
- lattosio.
Le materie prime vegetali ed i prodotti animali sono estratti a temperatura
ambiente con etanolo in fase idroalcoolica.
I sali minerali sono di solito sciolti in acqua distillata, in proporzioni di 1:9 o
1:99 in base alla loro tossicità.
Ci sono nove classi di sostanze usate in omeopatia e, secondo la classe del
medicinale, variano le proporzioni di materia prima e di solvente. In caso di
2
Negli ultimi decenni sono state fatte numerose risperimentazioni dei proving di due secoli fa
e nella maggior parte dei casi esse hanno confermato i sintomi precedentemente raccolti e
in molti casi lo sperimentatore ha anche usato le medesime espressioni.
34 CAPITOLO 1
3
v/v: volume/volume.
4
Hahnemann S. Le Malattie Croniche. S.I.M.O.H. Scuola Italiana di Medicina Omeopatica
Hahnemanniana, Roma, 1995.
PREPARAZIONE DI SOSTANZE IN ALTE DILUIZIONI 35
sbattuta fortemente dieci volte con colpi dall’alto verso il basso, esercitati con
la forza del braccio. Questo processo di agitazione meccanica è chiamato suc-
cussione.
Il medicamento preparato in questo modo viene detto “prima potenza”. Tutte
le potenze successive sono preparate diluendo ulteriormente ciascuna potenza
nella stessa proporzione usata inizialmente e dando alla miscela dieci colpi
dall’alto verso il basso. Così la concentrazione di una sostanza nella prima po-
tenza centesimale si riduce di cento volte (concentrazione 10-2).
Le potenze centesimali in uso regolare nella clinica sono 4, 5, 7, 9, 15, 30,
200, 1000, 10000 o anche più alte5. Esse sono scritte in numeri semplici, o con
numeri romani, con o senza il suffisso “ch”, come ad esempio Nux vomica 30 o
30ch.
Le potenze decimali sono indicate dal suffisso “x”, come ad esempio Ferrum
phosphoricum 3x o 6x. Normalmente, le potenze decimali più usate sono 1x,
2x, 3x, 6x e 12x.
Il metodo di Hahnemann per diluire e dinamizzare le sostanze richiede tempo
e un gran numero di contenitori. Un metodo più veloce e pratico, che fu intro-
dotto da Korsakov nel 1832, richiede un singolo contenitore per la preparazio-
ne di alte potenze. Il contenitore è semplicemente svuotato e riempito con il
mezzo diluente ad ogni passaggio per fare le successive diluizioni. Il contenito-
re, anche se svuotato dalla soluzione, contiene ancora aderente alle pareti una
piccola quantità residua della potenza precedente, che viene quindi utilizzata
per ulteriori diluizioni.
La diluizione e la succussione possono essere fatte a mano o con una mac-
china. La preparazione manuale non può essere uniforme per ciò che riguarda
la forza esercitata ogni volta che una fiala o bottiglia di laboratorio vengono
succusse. Per la preparazione di alte potenze, come le CM (diluite 1:100 per
100.000 volte) e le MM (diluite 1:100 per un milione di volte), è necessaria
una macchina.
Hahnemann seguì anche la scala dodicesimale, che era in voga ai suoi tempi,
per cui sceglieva preferenzialmente le potenze secondo i numeri 6, 12, 24, ecc.
Potenze più alte, come 200ch, 1M, CM, introdotte successivamente, sono basa-
te sul sistema metrico decimale.
Oltre alle serie decimali e centesimali, preparate rispettivamente mediante di-
luizioni seriali di 1:10 e 1:100, esiste la serie millesimale che è basata su dilui-
zioni seriali di 1:1000 e che è denotata dal suffisso M (Cook, 1988).
Verso la fine della sua vita, Hahnemann introdusse un’altra nuova serie
chiamata cinquantamillesimale o LM. Essa fu menzionata la prima volta nella
5
Queste sono le principali diluizioni, ma sono disponibili anche molte diluizioni intermedie,
come la 3, 6, 12ch.
36 CAPITOLO 1
1.4.2. La triturazione
Le sostanze farmaceutiche solide e insolubili in un mezzo acquoso, o in misce-
le di etanolo ed acqua, sono inizialmente mescolate con un mezzo solido come
il lattosio fino alla terza riduzione ponderale e poi sono mescolate in etanolo in
fase idroalcoolica per le successive diluizioni. In questo caso, per la miscela-
zione iniziale con il lattosio, una parte in peso della sostanza è mescolata, in un
mortaio di porcellana, con 33 parti in peso di lattosio. La mistura è triturata con
il pestello di porcellana per sei minuti e quindi mescolata con una spatola per
quattro minuti. Il processo è ripetuto ancora e quindi altre 33 parti in peso di
lattosio sono aggiunte e mescolate alla mistura di partenza. Di nuovo, le altre
33 parti rimanenti di lattosio sono mescolate alla triturazione sin qui ottenuta.
In questo modo si ottiene la prima potenza centesimale (1ch) della sostanza
preparata con triturazione. La potenza successiva viene preparata aggiungendo
una parte della potenza precedente a 33 parti in peso di lattosio e ripetendo poi
come prima per altre due volte le aggiunte di lattosio (in questo modo si ottiene
la 2ch).
Nella scala decimale il metodo è lo stesso, cambiando solo le proporzioni di
sostanze e lattosio (da 1:100 a 1:10).
L’importanza della triturazione nel liberare le proprietà medicinali della so-
stanza sarà discussa nel capitolo 3.
6
In realtà, oggi sono disponibili diluizioni fino alla 300LM.
PREPARAZIONE DI SOSTANZE IN ALTE DILUIZIONI 37
ne messo in un contenitore scelto in modo che venga riempito per due terzi del
suo spazio complessivo. La provetta o la bottiglia, secondo il volume, è chiusa
e sbattuta con 10 colpi dall’alto verso il basso. In questo modo si ottiene la
quarta potenza centesimale (4ch). Le potenze successive sono preparate mesco-
lando una parte in volume della quarta potenza con 99 parti in volume di etano-
lo 90% ed assoggettando la miscela a 10 succussioni.
Nel caso delle potenze decimali, una parte in peso della sesta triturazione de-
cimale (6x) di una sostanza è miscelata con 50 parti in peso d’acqua distillata
in una provetta. Vengono quindi aggiunte 50 parti in peso di etanolo e la mi-
scela è succussa dieci volte. Questa è la ottava potenza decimale della sostanza
(8x). Una parte in peso di questa potenza è mescolata con nove parti in peso di
etanolo 90% e la miscela è succussa dieci volte, così da produrre la nona po-
tenza decimale della sostanza (9x). Tutte le successive potenze della scala de-
cimale sono preparate nel medesimo modo.
Tali metodi, usati dai farmacisti e dalle Case Farmaceutiche, sono descritti
nella Farmacopea Omeopatica (Anonimo, 1920 e 1962). Le più recenti Farma-
copee omeopatiche sono menzionate nella sezione che segue.
Nel primo volume del suo libro, le Malattie Croniche, Hahnemann consigliò di
inumidire i globuli tenendoli a contatto con alcune gocce di una potenza liqui-
da per un minuto in un vaso di porcellana.
Il contenuto della provetta viene quindi versato su una carta da filtro asciutta,
cosicché l’eccesso di liquido è assorbito ed i globuli si asciugano rapidamente.
I globuli secchi sono quindi tenuti in una boccetta, in un luogo fresco e lontano
dalla luce. Poiché l’etanolo è altamente volatile, le potenze liquide tendono a
evaporare rapidamente. Si ritiene che i globuli impregnati da una sostanza pre-
parata in questo modo mantengano le loro proprietà per molti anni. Le medici-
ne omeopatiche dovrebbero essere tenute lontano dalla luce diretta del sole, da
qualsiasi radiazione, da forti campi magnetici, da sostanze odorose volatili co-
me la canfora. Le potenze liquide sono fornite in bottigliette di vetro ambrato,
dotate di contagocce.
Le procedure standard per la manifattura dei differenti rimedi omeopatici e la
loro conservazione sono state descritte nelle Farmacopee omeopatiche.
Ci sono varie Farmacopee omeopatiche:
- la Farmacopea omeopatica indiana, seconda edizione del 1966 (Manager of
publications, Ministry of Health, Governament of India),
- la Farmacopea omeopatica americana, del 1976 (American Institute of Ho-
meopathy, Washington DC),
- la Farmacopea omeopatica britannica, seconda edizione del 1999 (British As-
sociation of Homeopathic Manufacturers),
- la Farmacopea omeopatica tedesca, del 2001 (Deutescher Apothek Verlag,
Balogh International Inc.),
- la Farmacopea omeopatica europea, quarta edizione del 2002 (Directorate for
the quality of medicines of the Council of Europe).
La Federazione Internazionale Farmaceutica (FIP: The International Phar-
maceutical Federation) (The Hague, Olanda) ha stabilito le linee-guida per la
buona pratica farmaceutica in un apposito convegno svoltosi a Tokyo il 5 set-
tembre 1993. Tali standard devono essere seguiti dalle Case Farmaceutiche e
recepiti dalle Autorità governative. Le autorizzazioni alla produzione vengono
rilasciate alle Case Farmaceutiche che adottano la buona pratica farmaceutica
(GMP: Good Manufacturing Practices) e le buone pratiche di laboratorio
(GLP: Good Laboratory Practices). Tutto il procedimento deve avere un appo-
sito controllo di qualità.
Non ci sono delle regole fisse concernenti la diluizione, la succussione e la
triturazione. Di fatto, lo stesso Hahnemann propose diverse diluizioni e un di-
verso numero di colpi per preparare una potenza (Royal, 1991). L’agitazione
mediante Vortex e la sonicazione al posto di un’agitazione manuale possono
produrre potenze efficaci (Sukul, 1997). Noi abbiamo recentemente osservato
PREPARAZIONE DI SOSTANZE IN ALTE DILUIZIONI 39
Sommario
In omeopatia non c’è un unico medicamento per una determinata malattia, per-
ché i medicamenti vengono scelti sulla base dei sintomi dei pazienti in modo
individualizzato. Da questo deriva la possibilità di raccogliere evidenze clini-
che in supporto dell’omeopatia solo seguendo tali principi. Questi studi dimo-
strano che le malattie, qualunque sia il loro nome, possono essere curate o mi-
gliorate da medicine potenziate. Guardando alle evidenze da questo punto di
vista, possiamo trovare certamente molte prove in favore dell’omeopatia.
Nel descrivere la Materia Medica di alcune medicine omeopatiche, Nash
(1913) presentò molti interessanti casi clinici guariti.7 Egli menzionò anche
l’esatta potenza impiegata, il numero di volte che essa fu somministrata e in al-
cuni casi le caratteristiche patologiche dei suoi pazienti.
Ghatak (1927), un famoso omeopata dei primi anni del 900, riportò in manie-
ra accurata più di 17 casi di trattamenti. Per ogni caso riportò dettagliatamente
e cronologicamente i cambiamenti dei sintomi avvenuti nei pazienti in risposta
7
Nash E. B. La Testimonianza della Clinica. Edizioni Salus Infirmorum, Padova, 2003.
42 CAPITOLO 2
CASO CLINICO 1 - Tumore della cervice uterina in una paziente di 34 anni con
tre figli. Non è detto se il tumore era benigno o maligno. Sintomi: dolore emor-
roidario; dolore pungente al basso ventre; sanguinamento e perdita di fluidi;
aggravamento nella stagione piovosa e miglioramento con il calore; febbre
ogni sera; perdita del senso del gusto; miglioramento dei dolori addominali con
il calore; desiderio di suicidio all’aggravamento dei dolori addominali; deside-
rio di aria aperta; aggravamento dei dolori di notte; pus maleodorante
nell’orecchio; frequenti vertigini, soprattutto nel piegare la testa verso il lato
destro. Trattamento: Aurum metallicum 1000ch, poi Thuja occidentalis 1000ch,
Aurum metallicum 10000ch, Aurum metallicum CM, Thuja occidentalis
1000ch. Il trattamento continuò per un periodo di circa nove mesi e la paziente
si ristabilì da tutti i suoi sintomi.
CASO CLINICO 2 - Maschio di 21 anni con leggera febbre remittente serale, vio-
lenti starnuti e raffreddore allergico. Al mattino ed alla sera, sensazione di
freddo con desiderio di coprire l’intero corpo; avversione per il bagno; sensa-
zione di corpo estraneo in gola; sensazione di bruciore in tutto il corpo durante
la febbre, ma senza il desiderio di togliersi le coperte; bocca secca ma non sen-
sazione di sete; storia di febbre malarica da cinque anni. Si sospettava trattarsi
di leishmaniosi ma non fu mai posta diagnosi con test di laboratorio. Tratta-
mento: Sabadilla 200ch, poi Sabadilla 1000ch ed Arsenicum iodatum 200ch. Il
trattamento continuò per circa tre mesi con totale scomparsa dei sintomi.
CASO CLINICO 3 - Maschio di 37 anni con fistola anale, già operato, ma con pus
giallognolo fuoriuscente da un piccolo foro circondato da un’area dura, rilevata
e bruciante. La malattia iniziò da un foruncolo dieci anni prima e dopo poco
tempo molti foruncoli apparvero sulla schiena; dolore nella fistola che aumen-
tava dopo la defecazione, sia con feci liquide che solide; paziente di natura
molto irritabile; sudorazione maleodorante alle palme delle mani ed alle piante
dei piedi; pollachiuria; non tollerava il freddo ma si sentiva male anche nella
stagione calda. Trattamento: Nitricum acidum 200ch, poi Nitricum acidum
1000ch, Hepar sulphuris calcareum 200ch, Nitricum acidum 10M, Nitricum
acidum 50M. Dopo questo trattamento, riportò bruciore alle palme delle mani
ed alle piante dei piedi; fu quindi somministrato Sulphur 1000ch, poi Nitricum
8
Un altro libro molto utile sotto questo punto di vista è quello di Gunavante (“Il Meraviglioso
potere dell’Omeopatia”), edito da questa stessa Casa Editrice, che riporta la descrizione
dettagliata di ben 200 casi clinici difficili curati con i medicamenti omeopatici (molto spesso
con un unico rimedio).
EVIDENZE DI EFFETTI DELLE ALTE DILUIZIONI 43
9
Forse non è superfluo precisare che gli attuali orientamenti della ricerca clinica ed
epidemiologica rivalutano l’importanza delle serie di casi e persino di singoli casi clinici, se
ben descritti, pur non consentendo tali studi di discriminare l’effetto del medicinale da quello
di fattori terapeutici aspecifici e, talvolta, dalla guarigione legata al decorso naturale della
malattia.
44 CAPITOLO 2
lato destro del corpo e perdita di tutti i riflessi superficiali e profondi. Viene ri-
ferito che, prima dell’inizio di questa malattia, la paziente sognava regolarmen-
te di essere assassinata da un gruppo di persone. In seguito ella sviluppò cefa-
lea, febbre e stato soporoso. Trattamento: Lachesis 200ch, poi Lachesis 1M,
per inalazione. La paziente recuperò in tre settimane (1987).
CASO CLINICO 4 - Ragazza di 15 anni con emorragia cerebrale per trauma cra-
nico. Sintomi: coma, perdita dei riflessi superficiali e profondi, afasia; giace in
uno stato di rigidità come se fosse un tronco di legno, con lieve tremolio ai
piedi. Trattamento: Zincum metallicum 200ch dato in ripetute dosi per inala-
zione. La paziente guarì completamente in un anno (1994).
Tutti questi cinque casi clinici indicano chiaramente che le potenze omeopati-
che possono curare o migliorare anche dei casi molto gravi in un tempo relati-
vamente breve, purché la scelta del rimedio sia corretta. Si può notare che in
questi casi c’è una precisa scelta di un rimedio singolo per una certa condizione
clinica in presenza di particolari sintomi.
Sono ora riportati, sempre a titolo esemplificativo, altri due casi di un medico
omeopata (Dr. Rathin Chakravarty).
EVIDENZE DI EFFETTI DELLE ALTE DILUIZIONI 45
Questi due casi mostrano che pazienti affetti da tumori benigni e trattati con i
rimedi adatti possono effettivamente guarire in tempo relativamente breve.
È ovvio che singoli case-report non sono dimostrativi sul piano clinico-
epidemiologico e che per questo sono utili anche studi osservazionali più ampi
e trial clinici condotti con metodologie adeguate. Per questo sono stati condotti
degli studi controllati su un gran numero di pazienti trattati con rimedi omeo-
patici ed i risultati sono stati positivi in molte condizioni cliniche (Reilly et al.,
1986; Ferley et al., 1989; Fisher et al., 1989). Una lista di riferimenti biografici
sulla ricerca in omeopatia è stata compilata da Fisher (1991). Relazioni sulla
ricerca omeopatica sono state pubblicate dalla ‘Foundation for Homeopathic
Education & Research’ della California (USA) (1989 e 1990); esse contengono
un breve sommario di importanti lavori sull’omeopatia.
Kleijnen et al. (1991) hanno passato in rassegna 96 studi pubblicati su un to-
tale di 107 studi clinici controllati, fatti con omeopatia. Secondo tali Autori, i
metodi adottati in una notevole parte degli studi non erano sufficientemente
corretti e, soprattutto, gli studi non erano stati riprodotti sufficientemente per
poter trarre delle conclusioni definitive a sostegno dell’efficacia dell’omeopatia
in singole malattie. Tuttavia, gli Autori ritengono che i risultati indicassero un
trend positivo.
Recenti studi di meta-analisi di trial clinici controllati fatti con i medicamenti
omeopatici mostrano cumulativamente una differenza tra l’effetto riscontrato
nei pazienti trattati col medicamento omeopatico e quello nei controlli trattati
con placebo (Linde et al., 1997; Cucherat et al., 2000).
È stata fatta un’inchiesta su 829 pazienti sofferenti di malattie croniche come
eczema, artrite reumatoide, angina instabile, colite ulcerativa, psicosi maniaco-
depressiva, cirrosi biliare, asma, ecc. Di questi pazienti, il 61% mostrarono un
consistente miglioramento dopo la terapia omeopatica (Sevar, 2000). In questi
stessi casi, il trattamento convenzionale aveva fallito o l’effetto si era stabiliz-
zato in modo insoddisfacente oppure si erano manifestati degli effetti avversi
con i farmaci convenzionali.
46 CAPITOLO 2
I lavori finora pubblicati confermano la necessità che negli studi clinici si pon-
ga in atto una corretta valutazione dell’efficacia dell’omeopatia. Per questo
motivo si dovrebbero condurre degli studi controllati con placebo in modo
adeguato, accompagnati da procedure diagnostiche moderne come le analisi
del sangue, la diagnostica per immagini e test elettrofisiologici (ECG, EEG).
Bisogna però tenere presente che i risultati degli studi clinici in omeopatia po-
trebbero essere influenzati da una marcata variabilità individuale, a causa della
disposizione miasmatica dei soggetti. Inoltre, va anche considerato che
l’efficacia della terapia omeopatica potrebbe non apparire evidente su grande
scala per l’esistenza di blocchi miasmatici in alcuni individui. Discuteremo dei
miasmi nel capitolo 4.
Vari modelli animali sono stati usati per la dimostrazione dell’azione di medi-
cine omeopatiche dinamizzate. Si partiva dal presupposto che, se questi medi-
camenti agiscono sull’uomo, devono agire anche sugli animali.
Nella Medicina allopatica, per lo sviluppo di nuovi farmaci sono stati usati da
molto tempo dei modelli animali, particolarmente ratti, topi, hamster, cavie,
conigli e scimmie. Sono stati usati molti animali di laboratorio con patologie
che servono da modello di malattie umane, come la leishmaniosi, la malaria, la
tripanosomiasi, la filariasi, l’echinococcosi, ecc. Sono disponibili buoni model-
li animali anche per altre malattie come cancro, iperglicemia, ipertensione arte-
riosa, epilessia, ecc.
I modelli animali sono stati di grande aiuto per comprendere lo sviluppo delle
malattie a livello tessutale, cellulare e molecolare. Essi servono anche per
comprendere il meccanismo di assorbimento, distribuzione, trasformazione ed
escrezione dei farmaci. Anche i dosaggi e le reazioni avverse dei farmaci sono
EVIDENZE DI EFFETTI DELLE ALTE DILUIZIONI 47
10
È noto che molti sollevano obiezioni nei confronti delle pratiche di sperimentazione su
animali. L’Editore ed il Traduttore rispettano tale sensibilità sul piano etico e concordano
con la necessità di ridurre al minimo, nella ricerca biomedica, l’uso di modelli animali,
limitandoli ai test indispensabili e insostituibili. Per quello che si può desumere dai lavori qui
riportati, essi paiono eseguiti secondo i metodi convenzionali e le norme condivise di buona
pratica di laboratorio.
48 CAPITOLO 2
a) Modello di catalessi
Nel nostro gruppo di ricerca abbiamo messo a punto un modello animale, senza
pratiche di vivisezione, con cui siamo riusciti a dimostrare gli effetti biologici
di medicinali dinamizzati come Agaricus muscarius, Graphites, Cannabis in-
dica e Gelsemium alla 30a e 200a potenza (Sukul et al., 1986). Questi medica-
menti hanno modificato significativamente la catalessi indotta nei ratti dalla re-
strizione del movimento. La catalessi è uno stato transitorio di immobilità in
cui gli animali non riescono a correggere la loro postura a partire da una posi-
zione anormale. Essa può essere indotta da una restrizione del movimento o da
dei farmaci. È un fenomeno dovuto ad una funzione del sistema nervoso cen-
trale che coinvolge molti sistemi di neurotrasmettitori (Sanberg, 1980, Hart-
graves e Kelly, 1984; Klemm 1983, 1985; Sukul et al., 1988; Zarrindast e Ha-
bibi-Moini, 1991). Nel Repertorio omeopatico di Kent, sotto la rubrica “cata-
lessi” sono elencati molti rimedi omeopatici (Kent, 1911). Noi abbiamo mi-
gliorato la tecnica per ottenere la catalessi ed abbiamo osservato che Agaricus
muscarius dinamizzato può influenzare significativamente la catalessi nel topo
albino, in cui è stata indotta da alcune manipolazioni dei neurotrasmettitori. In
particolare, Agaricus muscarius 30ch ha soppresso la catalessi indotta
dall’aloperidolo (5 mg/kg i.p.), antagonista dei recettori della dopamina (DA).
Tuttavia, Agaricus muscarius ha favorito lo sviluppo della catalessi quando è
stato somministrato insieme all’apomorfina (5 mg/kg), agonista della DA, ed
alla bromocriptina, agonista dei recettori D2. Mentre l’apomorfina non produce
catalessi da sola, la bromocriptina produce una leggera catalessi (Sukul e
Klemm, 1988).
Questo è un buon modello, ma si deve prestare molta attenzione a che gli
animali non siano stressati prima di iniziare un esperimento. I risultati nel loro
insieme, mostrano che le potenze omeopatiche possono interagire con i farmaci
neurotrasmettitori.
EVIDENZE DI EFFETTI DELLE ALTE DILUIZIONI 49
a) Rospi giovani
In una prima serie di esperimenti, giovani rospi (Bufo melanosticus) del peso di
0.03-0.22 g, venivano testati per la perdita del riflesso di raddrizzamento indot-
EVIDENZE DI EFFETTI DELLE ALTE DILUIZIONI 51
b) Rospi adulti
Abbiamo fatto altri esperimenti usando rospi adulti della specie Bufo melano-
sticus trattati con Nux vomica 200ch e 1000ch per bocca (30 in ciascun grup-
po). Sei ore dopo, gli animali ricevevano per via intraperitoneale un’iniezione
di etanolo 25% alla dose di 8 g/kg di peso corporeo. Veniva quindi misurato il
tempo durante il quale gli animali restavano come addormentati: un metodo già
menzionato negli esperimenti sui topi. I rospi trattati con le potenze di Nux vo-
mica (sia la 200ch sia la 1000ch) recuperavano il riflesso di raddrizzamento più
velocemente di quelli dei gruppi di controllo.
52 CAPITOLO 2
Controllo
% degli anfibi che perdono il riflesso di raddrizzamento
Nux vom 30
Fig. 1 - La perdita del riflesso di raddrizzamento durante l’anestesia con etanolo 209
mM è ridotta significativamente nei giovani rospi trattati con Nux vomica 30
ch preparata in etanolo 90% con sonicazione, rispetto ai controlli (p < 0.005,
test X2). Controlli: (); trattati (). N = 60 in entrambi i gruppi (riprodotta,
con autorizzazione, da Sukul et al.: Hydrated ethanol, the effective medium
for a homeopathic potency as tested by a new toad model. Indian J. Landsca-
pe Syst. Ecol. Stud. 1997; 20:155).
Questo mostra che i rospi adulti possono servire come buoni modelli animali
per dimostrare gli effetti biologici di una potenza omeopatica (Sukul et al.,
2000b; Sukul et al., 2000c). Abbiamo anche dimostrato che Nux vomica dina-
mizzata ha significativi effetti anti-alcolici, sia sugli anfibi sia sui mammiferi.
a) Consumo di etanolo
Alcuni ratti del ceppo Charles Foster erano lasciati nuotare in una bacinella di
plastica con acqua profonda 20 centimetri. Essi nuotavano vivacemente, fer-
mandosi di tanto in tanto. In ogni test veniva registrato il periodo di immobiliz-
zazione in cui il ratto non nuotava ma sporgeva la testa sulla superficie
dell’acqua. I ratti che erano caratterizzati da una motilità più elevata avevano
periodi di immobilizzazione complessivamente inferiori a 130 secondi, mentre
quelli meno attivi avevano periodi maggiori di 300 secondi. In questo modello,
la durata dell’immobilizzazione è direttamente proporzionale ad uno stato si-
mil-depressivo.
In una popolazione casuale di ratti, il consumo di etanolo varia notevolmente;
quindi, soltanto i ratti potenzialmente alcolisti furono utilizzati per questi espe-
rimenti sul consumo di alcol. Si sa che sono i ratti meno attivi quelli più sog-
getti all’alcolismo (Paul et al., 1992). Questi ratti furono selezionati per dei test
di consumo dell’etanolo. A questi ratti fu somministrata una bevanda al 20% di
etanolo per dieci giorni, quindi veniva data loro la possibilità di bere sia etano-
lo 20% sia acqua, a scelta in due diverse bottiglie. I ratti erano quindi trattati
oralmente con Nux vomica 30ch o Nux vomica 1000ch. Mentre Nux vomica
1000ch fu preparata mediante il solito processo di succussione, Nux vomica
30ch fu preparata con sonicazione. A un gruppo di ratti fu anche somministrata
Nux vomica 30ch mediante la via intraperitoneale e un altro gruppo servì come
controllo non trattato. Mentre Nux vomica 1000ch fu somministrata alla poso-
logia di una dose al giorno, Nux vomica 30ch fu data alla posologia di una dose
ogni 15 giorni. I trattamenti ed i test giornalieri del consumo di etanolo e
d’acqua furono continuati per un mese. Sia Nux vomica 30ch sia Nux vomica
1000ch ridussero significativamente il consumo di etanolo rispetto ai ratti non
trattati. Tuttavia, Nux vomica 30ch somministrata per via intraperitoneale non
diede alcun effetto, rispetto al controllo. Nux vomica 30ch (orale) fu un po’ più
efficace di Nux vomica 1000ch (Fig. 2).
54 CAPITOLO 2
Controllo
Nux vom 30s (i.p.)
2a dose
Nux vom 1000 (orale)
Nux vom 30s (orale)
Giorni di osservazione
Fig. 2 - Effetti di Nux vomica dinamizzata sull’assunzione di etanolo in ratti albini. Nux
vomica 30ch, preparata con sonicazione e somministrata per via orale una
volta ogni 15 giorni, ha ridotto il consumo di etanolo. Nux vomica 1000ch,
preparata con succussione e somministrata una volta al giorno, ha ugualmen-
te ridotto il consumo di etanolo rispetto ai controlli. Nux vomica 30ch, prepa-
rata con sonicazione e data per via intraperitoneale (i.p.), non ha mostrato al-
cun significativo effetto rispetto ai controlli (riprodotta, con autorizzazione,
da Sukul et al.: High dilution effects of Strychnos Nux vomica L on hypotha-
lamic neurons and adrenergic nerve endings of alcoholic rats. In: High dilu-
tion effects on cells and integrated systems. C. Taddei Ferretti, P. Marotta [edi-
tors]. Copyright © 1998 by World Scientific Publishing Co Pte Ltd).
b) Neuropatia alcolica
È noto che l’alcolismo cronico può causare disfunzione del sistema nervoso au-
tonomo e una neuropatia periferica. Nei pazienti con neuropatia alcolica è ri-
portata una degenerazione del nervo vago e dei nervi simpatici. In un modello
sperimentale su ratto (Ferreira et al., 1975), il consumo prolungato di rhum
(contenente etanolo 40%) ha causato gravi lesioni degenerative nei plessi ner-
vosi adrenergici delle valvole atrioventricolari. Noi abbiamo fatto un esperi-
mento per vedere se Nux vomica 30ch, preparata con sonicazione, poteva cura-
re la neuropatia alcolica periferica nei ratti.
In questo esperimento, ai ratti veniva somministrata una dieta normale ma,
per due mesi, essi potevano bere solo etanolo 20%. Di seguito, gli animali fu-
rono trattati con Nux vomica 30ch, una dose ogni 15 giorni per quattro mesi.
Durante tutto il periodo di trattamento, i ratti erano tenuti in gabbie con la pos-
sibilità di bere da due bottiglie: una contenente etanolo 20% e l’altra contenen-
te acqua potabile. Il consumo giornaliero di etanolo e d’acqua veniva registrato
per ciascun ratto per tutto il periodo di sei mesi durante i quali è durato
l’esperimento. Oltre ai gruppi di ratti trattati e non trattati con il rimedio omeo-
patico, ai quali veniva somministrato l’etanolo, c’era anche un gruppo senza
etanolo. Dopo sei mesi, tutti i ratti sono stati sacrificati e sono state esaminate
le loro valvole atrioventricolari per la presenza di cambiamenti degenerativi dei
plessi nervosi adrenergici. Tali degenerazioni sono state riscontrate nei ratti a
cui era stata somministrata la dieta alcolica e non erano stati trattati con il me-
dicinale omeopatico. Il trattamento omeopatico, infatti, aveva ridotto il consu-
mo di etanolo ed ha portato ad una notevole rigenerazione delle terminazioni
nervose che precedentemente erano degenerate per la somministrazione di eta-
nolo.
Questo esperimento mostra che una potenza omeopatica può produrre dei
miglioramenti sintomatologici e dei cambiamenti anatomici obiettivabili (Su-
kul et al., 1998).
11
ADCC: Antigen Dependent Cell mediated Cytotoxicity.
58 CAPITOLO 2
Controllo
% di cambiamento della densità di microfilarie
Cina 30c
Periodo di trattamento
Giorni di campionamento
Fig. 3 - Variazione della percentuale media di densità delle microfilarie nel sangue di
cani non trattati (×) e trattati () per un periodo di 120 giorni. Cani (n = 4)
infetti naturalmente con Dirofilaria immitis erano trattati con Cina 30ch: una
dose al giorno per 30 giorni. Altri 4 cani servivano come controlli. La densità
di microfilarie al giorno 0 è posta come standard. La barra orizzontale vicino
all’asse delle ascisse indica il periodo di trattamento. Il sangue fu testato ogni
15 giorni (riprodotta, con autorizzazione, da Sukul et al.: Antifilarial effects
of Artemisia nilagirica at an ultra high dilution on canine dirofilarialis. In:
Waste Recycling and Resource Management in the Developing World. BB Jana,
RD Banerjee, B Guterstam, J Heeb [editors]. Copyright © 2000 by University
of Kalyani, India and International Engineering Society, Svizzera).
12
LHA: Lateral Hypothalamic Area.
60 CAPITOLO 2
Arnica 30
Iperico 200
Impulsi/10 sec.
Arsenico 30
Tempo (min)
Fig. 4 - Effetti inibitori di Arnica montana 30ch e Hypericum perforatum 200ch ed effet-
ti eccitatori di Arsenicum album 30 sull’area ipotalamica laterale di neuroni
di ratti. Le frecce indicano il tempo di applicazione dei rimedi omeopatici sul-
la lingua degli animali di laboratorio (riprodotta, con autorizzazione, da Su-
kul et al.: Neuronal activity in the lateral hypothalamus of the cat and the
medial frontal cortex of the rat in response to homeopathic drugs. Indian Bio-
logist 1991;23:19).
13
Dettagli nel testo originale: I ratti erano anestetizzati con paraldeide (1.28 mg/kg i.m.) e
posti su una tavola stereotassica. Sul cranio veniva praticato un foro in corrispondenza della
LHA con coordinate stereotassiche specifiche (Konig e Klippel, 1963) e veniva inserito un
elettrodo d’argento rivestito in vetro (punta 0.5 mm, resistenza 0.002 ), fissato con resina
acrilica alla superficie del cranio e connesso ad un oscilloscopio (L&T Gould) e ad un
registratore con due canali (L&T) attraverso un preamplificatore (AK 100, Digitimer, UK), un
amplificatore e un filtro (Digitimer). Le scariche di singole unità della LHA erano registrate
per mezzo di un microelettrodo d’argento rivestito in vetro (punta 3.5 micrometri in diametro,
resistenza 1.5-2.5 m).
EVIDENZE DI EFFETTI DELLE ALTE DILUIZIONI 63
14
Ancora più recentemente un effetto elettrofisiologico dei medicinali omeopatici sul SNC
umano è stato documentato in studi clinici controllati con placebo dal gruppo di Iris Bell
dell’Università dell’Arizona: Bell IR, Lewis DA, Lewis SE, Schwartz GE, Brooks AJ, Scott A,
Baldwin CM. EEG alpha sensitization in individualized homeopathic treatment of
fibromyalgia, Int J Neurosci 2004;114:1195-1220; Bell IR, Lewis DA, Schwartz GE, Lewis
SE, Caspi O, Scott A, Brooks AJ, Baldwin CM. Electroencephalographic cordance patterns
distinguish exceptional clinical responders with fibromyalgia to individualized homeopathic
medicines, J Altern Complement Med 2004;10:285-299.
64 CAPITOLO 2
H2O
H2O
Numero di impulsi/20 secondi
H2O
Nux Ө
Nux 200 Alcol
20%
Nux 1000
Nux 200
Nux 200
Nux 1000
Tempo (secondi)
Fig. 5 - Tracciati che mostrano l’effetto eccitatore di Nux vomica 200ch e 1000ch e
l’effetto inibitore d’acqua distillata (H2O), Nux vomica in tintura madre (Nux
) ed etanolo 20%, applicati per via orale, su neuroni dell’area ipotalamica
laterale di ratti che avevano ricevuto come bevanda etanolo 20% nella dose di
15 ml/kg di peso corporeo nei precedenti 7 giorni. A e B: attività totale; C: at-
tività di singola unità neuronale (riprodotta, con autorizzazione, da Sukul et
al.: High dilution effects of Strychnos nux vomica L on hypothalamic neurons
and adrenergic nerve endings of alcoholic rats. In: High dilution effects on
cells and integrated systems. C. Taddei Ferretti, P. Marotta [editors]. Copy-
right © 1998 by World Scientific Publishing Co Pte Ltd).
dopo la somministrazione del rimedio o del controllo, tutti i topi sono poi stati
sacrificati per decapitazione. Il cervello è stato rapidamente rimosso, tenuto in
ghiaccio, e l’ipotalamo escisso per mezzo di un micromanipolatore, trasferito
in una provetta da centrifuga, pesato e congelato a -70°C.
I valori dei campioni sono stati calcolati per il loro contenuto di ami-
ne/grammo di peso umido del cervello.15 Il gruppo trattato ha mostrato un au-
mento statisticamente significativo (p<0.05) in DOPAC e 5-HIAA, mentre non
15
Dettagli nel testo originale: la massa ipotalamica umida variava da 7 a 12 mg nei controlli e
da 8.5 a 18 mg per il gruppo trattato. I livelli di dopamina (DA), serotonina (5-HT) e dei loro
metaboliti acido diidrossifenilacetico (DOPAC) e acido 5-idrossindolacetico (5-HIAA) sono
stati determinati mediante cromatografia HPLC, con un sensore elettrochimico.
Immediatamente prima dei dosaggi, ciascun campione era sonicato in acido perclorico
0.16% contenente uno standard interno. Il campione era centrifugato due minuti a 13000xg
ed i composti menzionati erano determinati iniettando il sopranatante dell’omogenato di
cervello su una colonna di fase inversa C-18. Dopo l’eluizione delle amine con la fase
mobile (0.0465 g Na2HPO4; 2.8 g acido citrico; 1.6 mg EDTA; 20 mg sodio octilsolfato in
900 ml d’acqua di distillata con 100 ml di metanolo), le medesime amine venivano
quantificate con un elettrodo al carbone vetrificato con potenziale di +0.62 V. La colonna
era riscaldata a 35°C; la velocità del flusso della fase mobile era di 0.8 ml/min. Le altezze
dei picchi dei campioni di DA, DOPAC, 5-HT e 5-HIAA tessutali erano confrontati con
l’altezza di picchi standard delle stesse sostanze, che erano state trattate e processate nello
stesso modo. Lo standard interno era usato per tenere conto dei cambiamenti
nell’estrazione e della sensibilità dei mezzi di rilevazione. Ciò fu fatto mediante confronto
dell’altezza dei picchi del campione con quella degli standard e in presenza di una quantità
nota del tracciante epinina. Gli standard non estratti erano anche usati per tenere conto di
una eventuale perdita di amine durante l’estrazione.
EVIDENZE DI EFFETTI DELLE ALTE DILUIZIONI 67
matodi dell’uomo e degli animali, questo rimedio è stato scelto per il tratta-
mento delle malattie delle piante causate dallo stesso tipo di parassiti.16
Piantine di Vigna unguiculata, cresciute in vaso, sono state inoculate con lar-
ve al secondo stadio di Meloidogyne incognita. Quattro giorni dopo
l’inoculazione, uno dei gruppi di piante inoculato è stato trattato con uno spray
di una soluzione di Cina 1000ch sulle foglie, una volta al giorno per dieci gior-
ni. Il trattamento era somministrato in modo che tutte le foglie della pianta ve-
nissero completamente inumidite dalla soluzione. Un altro gruppo di piante,
inoculato con lo stesso parassita, è stato trattato allo stesso modo con la solu-
zione di controllo. Tutte le piante venivano sradicate 30 giorni dopo
l’inoculazione e venivano misurate la biomassa, il numero dei noduli sulle ra-
dici, la popolazione di nematodi all’interno delle radici ed il contenuto di pro-
teine di queste ultime. Come si vede dalla Tab. 2, il trattamento con Cina
1000ch ha incrementato la crescita della pianta ed ha ridotto l’infestazione da
nematodi in modo significativo. Questo esperimento è stato ripetuto due volte
(Sukul e Sukul, 1999).
I dati indicano che le soluzioni di rimedi omeopatici applicate sulle foglie
delle piante infette non possiedono la capacità di uccidere i nematodi. Perciò,
le potenze omeopatiche hanno probabilmente agito stimolando la risposta di-
fensiva naturale delle piante che, invece, viene compromessa dall’infezione
stessa.
Le piante non hanno cellule immunocompetenti specializzate, ma tutte le cel-
lule vegetali hanno comunque la capacità di riconoscere il self dal non-self. La
conseguenza di questo riconoscimento molecolare in risposta ad uno stimolo
locale viene trasmessa a tutta la pianta (Bowles, 1992).
Ad esempio, si ritiene che delle proteine specificamente correlate alla pato-
genesi (proteine PR)17 si accumulino nelle piante di patata a seguito della inva-
sione delle radici da parte di nematodi cistici (Hammond-Kosack et al., 1989).
Una precedente inoculazione di piante di patata con Meloidogyne incognita
può indurre la resistenza delle piante stesse ad una differente specie di parassita
come il Meloidogyne halpla (Ogallo e McClure, 1995).
16
Dettagli nel testo originale: Cina è prodotta dall’estratto etanolico delle sommità fiorite della
pianta Artemisia cina. Il rimedio Cina 1000ch e gli altri medicamenti omeopatici sono stati
prodotti da C. Ringer di Calcutta secondo la Farmacopea omeopatica indiana (1966). I
globuli di saccarosio, bagnati con la soluzione omeopatica in etanolo 90%, sono stati poi
mescolati con l’acqua distillata nella proporzione di 7.2 mg di globuli/ml d’acqua. La
soluzione di controllo è stata preparata nello stesso modo, a partire da globuli di saccarosio
bagnati con etanolo 90% e poi sciolti in acqua distillata.
17
PR: pathogenesis-related.
EVIDENZE DI EFFETTI DELLE ALTE DILUIZIONI 69
Trattamen- Lunghez- Peso del Lunghez- Peso Noduli Cecidi Nemato- Nemato- Proteine
to delle za del germoglio za delle delle delle di/2g di di/200g di delle
18
piantine germoglio (g) delle radici radici radici radici terreno radici
(cm) radici (g) (mg/g)
(cm)
Non inocu-
late e non 250±9a 228±7a 32±4a 15±2a 80±7a 12.8±0.5a
trattate
Inoculate e
non tratta- 248±10a 230±8a 20±5b 26±1b 68±5b 403±16a 158±38a 424±20a 6.2±0.3b
te
Inoculate e
trattate con 261±6b 243±6b 28±7a 20±2c 98±6c 65±10b 478±27b 122±17b 13.6±0.2a
Cina
1000ch
Tab. 2 - Aumento della crescita e diminuzione del nematode che provoca noduli sulle
radici (Meloidogyne incognita) nelle piante di Vigna unguiculata trattate con
spray fogliare di una soluzione acquosa di Cina 1000ch. I valori sono rappre-
sentati dalla media ± E.S. dei risultati di 10 piante per ciascun gruppo. Le let-
tere “b” e “c” vicino ai numeri indicano una differenza significativa rispetto
al corrispondente valore di controllo “a” (p<0.01) calcolata con il test
ANOVA (riprodotta, con autorizzazione, da Environ. Ecol. 17:269-273;1999).
Sappiamo anche che l’acido salicilico aumenta in tutta la pianta dopo che so-
lo una parte della stessa è colpita da un’infezione; a seguito di questo aumento
di acido salicilico, vengono espresse le proteine PR (Malamy et al., 1990, cita-
to da Jones, 1994). Infatti, si sa che l’acido salicilico o il suo analogo acido
acetilsalicilico inducono una rapida espressione dei geni PR (Ward et al., 1991
citato da Jones, 1994).
Da tutte queste considerazioni, risulta molto probabile che la Cina dinamiz-
zata sia stata in grado di indurre una resistenza sistemica nelle piante e quindi
di ridurre l’infezione dei nematodi che parassitano le radici. In accordo con
questi nostri risultati, recentemente, Betti et al. (2003) hanno osservato che
l’Arsenico triossido dinamizzato induce l’aumento di resistenza nelle piante di
tabacco al virus del mosaico del tabacco (TMV).19
Se si potessero controllare le malattie delle piante con medicinali omeopatici,
ciò non solo eliminerebbe il rischio della permanenza di residui pesticidi sulle
piante alimentari, ma porterebbe anche ad una notevole riduzione
dell’inquinamento ambientale dell’ecosistema agricolo. Per questo si dovrebbe
sviluppare una nuova Materia Medica per le piante, provando i farmaci sulle
piante e integrando le conoscenze di patologia vegetale con quelle degli studi
tossicologici.
18
Il cecidio è una reazione delle piante ad uno stimolo determinato da un organismo estraneo,
vegetale o animale, consistente in una deviazione morfologica dello sviluppo.
19
TMV: Tobacco Mosaic Virus.
70 CAPITOLO 2
Test su sistemi di laboratorio e in vitro sono stati condotti su organi isolati, col-
ture cellulari e macromolecole come quelle proteiche.
Alte diluizioni di Apis mellifica e di istamina hanno influenzato la degranula-
zione dei basofili umani (Poitevin et al., 1988). Alte diluizioni di anticorpi an-
ti-IgE hanno dimostrato la capacità di stimolare la degranulazione dei basofili
umani in vitro (Davenas et al., 1988). Questo lavoro del famoso gruppo di
Benveniste, pubblicato sulla rivista Nature, generò notevoli controversie tra gli
scienziati. Però, anche Belon et al. (1999) hanno dimostrato l’effetto inibitorio
di alte diluizioni di istamina sulla degranulazione dei basofili umani.
Alte diluizioni di farmaci hanno mostrato effetti positivi sui microsomi di fe-
gato di ratto (Kretschmer e Harisch, 1990).
Van Wijk e Wiegant (1998) hanno osservato che le cellule di epatoma di rat-
to, pre-trattate con uno shock termico o con arsenito di sodio o con cloruro di
cadmio, hanno sviluppato un caratteristico schema di proteine da shock termico
(Hsps).20 Quando le cellule sensibilizzate venivano esposte a dosi bassissime di
ciascuno di questi tipi di stress, si sviluppava un gruppo di proteine “Hsps” ca-
ratteristico dello stressor. Questa è un’evidenza sperimentale della specificità
del principio del simile.
Cambar et al. (1998) hanno passato in rassegna i lavori dell’effetto protettivo
di alte diluizioni di metalli pesanti sulla tossicità cellulare indotta da alte dosi
degli stessi metalli.
Cristea (1998) ha impiegato una tecnica farmacologica classica per valutare
l’efficacia della Belladonna dinamizzata. Il principale alcaloide della tintura
madre di Belladonna è l’atropina, che funge da antagonista del neurotrasmetti-
tore acetilcolina (Ach). Alte diluizioni di Belladonna, fino alla 200a potenza,
furono applicate al duodeno isolato di ratto inserito in un apposito bagno per
organi. L’effetto delle potenze di Belladonna sul modello di ratto è stato bidi-
rezionale e multifasico.
Bastide e Boudard (1998) hanno riportato effetti immunomodulatori di alte
diluizioni di sostanze endogene come timulina, bursina e citochine su topi e
uccelli. Questi esperimenti furono condotti in vitro, in vivo ed ex vivo.
20
Hsps: Heat shock proteins.
EVIDENZE DI EFFETTI DELLE ALTE DILUIZIONI 71
21
Dettagli nel testo originale: l’idrolisi di una soluzione di amido da parte dell’α-amilasi è stata
misurata mediante procedure biochimiche standardizzate (Bernfield, 1955). L’α-amilasi
pancreatica scinde l’amido producendo soprattutto maltosio, un disaccaride dell’α-1-4-
glucosio (Nelson e Cox, 2000). Il maltosio, come prodotto di idrolisi, è stato quantificato in
base ad una curva standard ottenuta grazie ad uno spettrofotometro Jasco (modello 530).
Per ogni preparazione di medicinale sono stati fatti dieci test e così anche per il rispettivo
controllo.
72 CAPITOLO 2
Tab. 3 - Effetto di diversi rimedi omeopatici e dei loro diluenti sulla idrolisi dell’amido
da parte dell’α-amilasi a 27°C per 15 minuti; *: differenza significativa
(p<0.01) rispetto il controllo (riprodotta, con autorizzazione, da Homeopathy
91:217-220; 2002. Copyright © di Elsevier).
22
Alcoholus è il termine che designa il medicinale omeopatico preparato partendo dalla
materia prima costituita da etanolo (alcol etilico). Là dove ci si riferisce semplicemente alla
soluzione di alcool etilico, non diluito né dinamizzato, nella trattazione si usa il termine di
“etanolo” (seguito dalla concentrazione v/v della soluzione in acqua).Questa prova
(Controllo VI) sta ad indicare che la diluizione e dinamizzazione non modifica la attività
rispetto al Controllo V.
EVIDENZE DI EFFETTI DELLE ALTE DILUIZIONI 73
corrosivus 30ch invecchiato 12 mesi. Anche Boyd (1954) aveva osservato che
l’efficacia di Mercurius corrosivus 30ch preparato in acqua andava deterioran-
dosi col tempo.
Ora dobbiamo anche commentare i risultati riguardanti gli ioni metallici e gli
ioni alogeni nelle soluzioni di mercurio, che teoricamente potrebbero avere di-
versi ruoli nel modificare l’attività enzimatica.
In soluzione acquosa, una molecola salina come HgCl2 (cloruro di mercurio)
o HgI2 (ioduro di mercurio) viene dissociata in un catione (Hg2+) e un anione
(Cl- o I-) circondati da una gran quantità di molecole d’acqua. Questa idrata-
zione stabilizza gli ioni (Watanabe e Iwata, 1997). Solitamente, gli ioni mercu-
rio inibiscono l’attività enzimatica legandosi a residui di cisteina, istidina e
treonina (Muller e Saenger, 1993). Due residui essenziali per il legame del sub-
strato nell’α-amilasi sono His-101 e His-299 (Quian et al., 1993).23
Nella forma dinamizzata, come nei nostri test con Mercurius corrosivus 30ch
e Mercurius iodatus 30ch, il mercurio ha dimostrato un’attività promotrice
sull’attività dell’α-amilasi.
Sappiamo che gli ioni cloruro sono in grado di attivare l’α-amilasi, ma
l’attività enzimatica non dipende strettamente dalla presenza di questo ione
(Kabuto et al., 2000). I tre residui coinvolti nel legame del cloruro con
l’enzima sono: Arg-337, Arg-195 e Asn-29824 (Quian et al., 1993).
Nei nostri esperimenti, sia cloruro di mercurio 30ch (Mercurius corrosivus
30) che ioduro di mercurio 30ch (Mercurius iodatus 30) hanno aumentato
l’attività enzimatica. Se lo iodio avesse giocato un ruolo indipendente, proba-
bilmente i due sali avrebbero avuto effetti diversi, ma ciò non si è verificato.
Pertanto, sembra che il composto nel suo insieme, piuttosto che i suoi ioni in-
dividuali, induca un’attività specifica ed il mezzo diluente stesso abbia un ruo-
lo nell’acquisire e ritenere tale attività. In altre parole, la struttura del solvente,
modificata dal sale di mercurio, appare in grado di alterare la struttura
dell’enzima, cambiandone l’attività. È noto che la funzionalità delle molecole
biologiche è fortemente influenzata dalle loro strutture tridimensionali, che so-
no primariamente determinate da interazioni non covalenti con ioni metallici,
da interazioni con legami idrogeno e dalla solvatazione (Rodgers e Armentrout,
1997). In questo caso è probabile che le interazioni attraverso i legami idroge-
no e la solvatazione da parte dell’acqua strutturata, caratteristica delle soluzioni
di Mercurius corrosivus 30ch e Mercurius iodatus 30ch, abbiano alterato
l’attività dell’α-amilasi (Sukul et al., 2002).
I risultati mostrano nuovamente che le molecole d’acqua portano la specifica
informazione introdotta dalle molecole del rimedio durante il processo di di-
23
His: aminoacido istidina.
24
Arg: aminoacido arginina; Asn: aminoacido asparagina.
74 CAPITOLO 2
25
Dettagli nel testo originale: Ogni provetta ricevette 0,5 ml di sangue mescolato con 0,01 ml
di una soluzione contenente il medicamento omeopatico o Alcoholus 30ch. A questa
miscela venivano aggiunti 0,5 ml di acqua distillata e le provette furono tenute in un luogo
scuro a temperatura ambiente per 30 minuti. Quindi, la proporzione di sangue e acqua è
1:1. Dopo il trattamento, i campioni di sangue erano centrifugati, il fluido sopranatante era
rimosso ed i fondelli cellulari erano seccati in un incubatore a 90°C per 12 ore. Le differenze
tra pesi secchi e pesi umidi dei fondelli cellulari fornivano il peso dell’acqua intracellulare dei
globuli rossi.
EVIDENZE DI EFFETTI DELLE ALTE DILUIZIONI 75
I nostri esperimenti hanno dimostrato che gli eritrociti prelevati dai pesci ai
quali era stato iniettato l’etanolo avevano incluso più acqua di quelli dei pesci
normali, indicando un aumento di permeabilità. La permeabilità in vitro
all’acqua è stata significativamente aumentata con Mercurius corrosivus 30ch
e Nux vomica 30ch rispetto agli eritrociti trattati con la soluzione di controllo. I
globuli rossi ottenuti da pesci pre-trattati con Nux vomica 30ch hanno incluso
più acqua nei trattamenti in vitro di quelli dei pesci pre-trattati con Alcoholus
30ch.
Poiché le acquaporine sono responsabili principalmente del trasporto d’acqua
attraverso la membrana citoplasmatica dei globuli rossi, si ipotizza che i medi-
camenti dinamizzati come Mercurius corrosivus 30ch e Nux vomica 30ch ab-
biano agito su queste proteine ed abbiano facilitato l’influsso d’acqua nella cel-
lula (Sukul et al., 2003).
Sommario
mento, sono modelli che non implicano sacrificio di animali e che possono es-
sere facilmente usati per testare di effetti biologici dei medicamenti dinamizza-
ti.
In sintesi, si è dimostrato che la Nux vomica dinamizzata ha ridotto significa-
tivamente l’introduzione di etanolo nei ratti ed ha reversibilizzato i cambia-
menti degenerativi indotti dall’etanolo nei plessi nervosi adrenergici delle val-
vole atrioventricolari dei ratti. Cina dinamizzata, Calcarea fluorica e Thuja oc-
cidentalis hanno ridotto l’infezione da Trichinella spiralis nel topo albino. Ci-
na dinamizzata ha anche ridotto l’infezione da Dirofilaria immitis nei cani. Le
alte diluizioni non hanno ucciso i parassiti nematodi direttamente, ma hanno
probabilmente avuto un effetto mediato dal sistema immunitario degli animali
trattati.
In esperimenti elettrofisiologici, Arnica montana, Hypericum perforatum e
Arsenicum album somministrati sulla lingua hanno modificato la velocità di
scarica dei neuroni ipotalamici laterali in gatti anestetizzati. Arnica montana
30ch, Hypericum perforatum 200ch e Arsenicum album 30ch, somministrati
per via orale, hanno modificato la frequenza di scarica dei neuroni della cortec-
cia frontale media di ratti svegli. Nux vomica dinamizzata ha aumentato
l’attività dei neuroni ipotalamici laterali nei ratti alcolisti, mentre acqua distilla-
ta, Nux vomica tintura madre ed etanolo 20% l’hanno ridotta.
Natrum muriaticum 30ch e 200ch, applicati sulla lingua di ratti albini tenuti a
dieta ipersalina, hanno prodotto effetti inibitori sui neuroni ipotalamici laterali,
mentre l’acqua distillata ha mostrato un effetto eccitatore sugli stessi neuroni.
Phosphorus 200ch ha prodotto effetti inibitori sui neuroni ipotalamici di ratti
che avevano ricevuto Natrum muriaticum 30ch, una dose al giorno per 18 gior-
ni, mentre anche qui l’acqua distillata ha prodotto effetti eccitatori.
Agaricus muscarius 12ch, somministrato per via orale al topo, ha aumentato i
livelli di acido diidrossifenilacetico (metabolita della dopamina) e di acido 5-
idrossiindolacetico (metabolita della serotonina) nell’ipotalamo del topo, indi-
cando che in questi casi si verifica un aumento della trasmissione nelle aree
dopaminergiche e serotoninergiche del sistema nervoso.
Tutti questi risultati indicano che i neuroni ipotalamici e corticali giocano un
importante ruolo nel mediare l’azione terapeutica delle potenze omeopatiche.
A livello fitoterapico, Arsenicum album 199ch e Kali iodatum 200ch hanno
ridotto la degenerazione dei frutti del guava e del mango. Cina 1000ch, appli-
cato con uno spray fogliare, ha ridotto la malattia parassitaria delle radici delle
piante, causata da parassiti nematodi. Lo stesso rimedio ha aumentato la difesa
naturale nelle piante ed ha quindi ridotto l’infezione da parassita.
Sono stati osservati gli effetti delle alte diluizioni in test in vitro su organi
isolati, colture cellulari e persino macromolecole proteiche. Cloruro di mercu-
EVIDENZE DI EFFETTI DELLE ALTE DILUIZIONI 77
Abbiamo già notato nel primo capitolo (sezione 4) che i medicinali omeopatici
dinamizzati sono preparati in etanolo in fase idroalcoolica, di solito in etanolo
90%, e che in genere i medici omeopati li prescrivono dalla trentesima potenza
in su.26 Abbiamo anche notato che queste potenze hanno effettivamente delle
azioni cliniche, che ci sono evidenze di una efficacia su animali e piante e che
ci sono anche differenze di efficacia tra le potenze preparate con diversi meto-
di. In particolare, abbiamo notato che anche le potenze preparate con acqua pu-
ra sono efficaci, benché siano meno stabili nel tempo.
Veniamo ora ad esaminare le ipotesi sulla natura fisica dei medicinali dina-
mizzati. Il principio attivo è costituito da molecole del rimedio in questione o
da qualcos’altro? Pare ovvio che quando una soluzione o sospensione di qual-
siasi sostanza in un solvente è progressivamente diluita, la diluizione dovrebbe
contenere sempre meno molecole del principio attivo presente all’inizio.
La massa di una mole di una sostanza, ad esempio Natrum muriaticum, speci-
ficata dalla sua formula chimica (in questo caso NaCl), si ottiene sommando le
masse in unità atomiche di tutti gli atomi che compongono la formula espri-
mendo il risultato (“peso molecolare”) in grammi. Una mole di una sostanza è
la quantità in grammi che contiene un numero di molecole (o di altre strutture
fondamentali) corrispondente al numero di Avogadro e precisamente 6.022 x
1023. Avogadro formulò la sua ipotesi nel 1812 e l’ipotesi fu confermata nel
1909 dal classico esperimento di Giambattista Perrin e successivamente da altri
fisici (Alberty e Silbey, 1995; Vemulapalli, 1997). Perciò, Hahnemann, quando
propose di utilizzare medicamenti altamente diluiti, non poteva sapere che le
sue potenze medicinali effettivamente superavano in molti casi il numero di
Avogadro.27
Ad esempio, se un rimedio è diluito successivamente con il solvente nella
proporzione di 1:100 per 12 volte, cioè fino alla dodicesima potenza, la sua di-
luizione è di 1024 volte e la sua concentrazione (partendo da una soluzione 1
mole/litro) è di 10-24 moli/litro. Poiché il numero di Avogadro per qualsiasi so-
stanza è di 6.022 x 1023/moli, le potenze dalla 12a centesimale in poi, ottenute
26
In Francia e in Germania, in realtà, si usano prevalentemente le potenze inferiori alla 30ch.
27
Perché la scoperta di Avogadro fu postuma a quella di Hahnemann.
80 CAPITOLO 3
partendo da una mole di qualsiasi sostanza, non dovrebbero contenere più al-
cuna molecola del principio attivo. Se poi la diluizione è preparata, come spes-
so è il caso, da una quantità di sostanza inferiore ad una mole, il numero di di-
luizioni centesimali necessarie per arrivare alla virtuale assenza di molecole at-
tive è ancora minore di 12. In sintesi, per la legge formulata da Avogadro, tutte
le alte potenze di un medicinale omeopatico contengono solo le molecole del
mezzo diluente, cioè acqua ed etanolo.
Ci sono molte ipotesi ed esperimenti che hanno tentato di svelare i misteri
delle basi fisiche dei medicamenti dinamizzati. Tutte le ipotesi sono basate sul-
le caratteristiche e sulle proprietà delle molecole del mezzo diluente. Questi la-
vori sono già stati precedentemente analizzati (Rubik, 1989; Jacobs e Mosko-
witz, 1996; Sukul, 1997).
L’ipotesi prevalente, proposta già da Barnard (1965), sostiene che durante il
processo di succussione si formerebbero dei polimeri che si pensa possano as-
sumere configurazioni specifiche secondo la natura chimica della sostanza di-
sciolta. Callinan (1986) ha proposto che l’energia vibrazionale delle molecole
d’acqua venga molto aumentata, rispetto allo stato fondamentale, dalla succus-
sione. Gli effetti cumulativi di questa energia potrebbero influenzare
l’aggregazione di molecole d’acqua e portare a delle configurazioni di aggrega-
ti stabili, detti cluster o clatrati. Secondo Sharma (1984 e 1986), la risonanza
dei doppietti di elettroni di non-legame nei gruppi -OH di diverse molecole del
diluente contribuirebbe alle basi fisiche dei rimedi dinamizzati. Differenti mez-
zi di diluizione e di triturazione (acqua, etanolo, lattosio), usati nel dinamizzare
i rimedi omeopatici, hanno in comune la presenza di gruppi -OH nelle loro mo-
lecole.
Abbiamo detto che le molecole d’acqua possono formare, attorno alle mole-
cole o alle particelle di un rimedio, dei cluster, detti anche clatrati (Wei et al.,
1991). Anagnostatos et al. (1991 e 1993) hanno ipotizzato che le molecole di
una sostanza poste al centro dei clatrati, rappresentati come dei gusci di mole-
cole d’acqua, vengano rimosse per l’effetto della forza generata dalla succus-
sione. I clatrati liberi (o vuoti) rimangono tali e vengono immediatamente cir-
condati da molecole d’acqua. Con la succussione, anche le molecole della so-
stanza che sono state rimosse vengono circondate da molecole d’acqua e si ge-
nerano nuovi clatrati. Tutte queste strutture formate da molecole d’acqua po-
trebbero portare il messaggio delle molecole di rimedio, anche quando queste
ultime diminuiscono nel corso di successive diluizioni e succussioni.
Oltre a queste teorie, sono stati condotti vari esperimenti sui mezzi di dilui-
zione per scoprire le basi fisiche di un rimedio dinamizzato. Di seguito sono
presentati i risultati ottenuti con analisi spettroscopiche di potenze omeopati-
che.
BASI FISICHE DEI MEDICAMENTI IN ALTE DILUIZIONI 81
Orbita
di precessione
stesso modo e con lo stesso diluente, è probabile che le due preparazioni messe
a confronto contengano la stessa quantità di ossigeno disciolto.
I nuclei con i numeri di spin maggiore di 1/2, come il deuterio, hanno mo-
menti elettrici quadripolari e brevi tempi di rilassamento spin-lattice. Le veloci-
tà di rilassamento R1 ed R2 sono espresse come reciproco dei tempi di rilassa-
mento T1e T2, cioè come 1/T1 e 1/T2, rispettivamente.
Nell’esperimento RMN, come si è detto, una popolazione di nuclei è spinta
da un livello di energia ad un altro livello per l’applicazione di una radiazione
elettromagnetica di appropriata frequenza. Questa è la fase di eccitazione. Alla
sospensione della radiazione, i nuclei tornano all’equilibrio per il fenomeno del
rilassamento spin-lattice, perché l’eccesso di energia passa dagli spin nucleari
al lattice circostante sotto forma di calore. Il processo di rilassamento richiede
campi magnetici che siano fluttuanti all’appropriata frequenza. I campi domi-
nanti originano dai momenti magnetici dei protoni delle molecole che sono in
movimento nella soluzione. Questa è l’interazione dipolo-dipolo. La velocità
del rilassamento dipolo-dipolo dipende dalla frequenza e dalla forza dei campi
magnetici fluttuanti. Tali campi magnetici, a loro volta, dipendono da tre fatto-
ri:
1 - la distanza tra i nuclei coinvolti,
2 - il tempo effettivo di correlazione, Tc del vettore che unisce i nuclei,
3 - la natura stessa dei nuclei.
dei solventi organici. In pratica, il TMS può essere usato come riferimento ri-
spetto al quale si misura lo spostamento chimico: questa sostanza è tenuta in un
capillare sigillato e immerso nel campione. Altre sostanze di riferimento per le
soluzioni acquose sono il DSS, l’acetonitrile ed il diossano (Silverstein et al.,
1981).
28
Come riportato nella nota alla tabella 3 (capitolo2), mentre etanolo 90% è una normale
soluzione idroalcolica al 90% di etanolo, Alcoholus 30ch è il medesimo etanolo preparato
omeopaticamente e in particolare diluito e dinamizzato per 30 volte secondo il metodo
centesimale. I medicamenti omeopatici hanno nomi latini.
88 CAPITOLO 3
tro RMN AMX-400 funzionante alla frequenza di 61.4 MHz a 22°C. Le misure
sono state fatte in molteplici esperimenti e in tempi diversi.
Piuttosto che i protoni, abbiamo preferito scegliere i nuclei di deuterio per va-
rie ragioni. Il deuterio (2H) è un nucleo quadripolare che ha un piccolo momen-
to quadripolare di valore 1. Il rilassamento quadripolare dipende
dall’interazione del momento elettrico quadripolare con un gradiente di campo
elettrico. Poiché in questo caso il momento quadripolare del deuterio è piccolo,
l’interazione è piccola ed il rilassamento è lento. Come tutti i nuclei quadripo-
lari, il rilassamento del 2H è sensibile al c. Abbiamo già descritto il c, che
consiste nel tempo medio di rotazione attorno al proprio asse o, approssimati-
vamente, il reciproco della velocità di rotazione in soluzione delle componenti
molecolari oggetto di studio.
Le molecole che ci interessano in questo caso sono l’acqua (H2O) e l’etanolo
(CH3CH2OH). I valori T1 dell’OH dell’acqua e di OH, CH2 e CH3 dell’etanolo
sono stati misurati dagli spettri ed elaborati con un computer. Alcuni esempi di
spettri di medicamenti dinamizzati sono riportati in Fig. 9.
La componente idrossilica dell’etanolo (OH) ha il più alto spostamento chi-
mico del picco (numero tra parentesi), seguita dall’idrossile dell’acqua (OH),
dal metilene (CH2) e dai gruppi metilici (CH3) (Tab. 4).
I quattro gruppi chimici dei diversi medicamenti testati e dei loro mezzi di-
luenti mostrano particolari variazioni nei loro spostamenti chimici del picco e
nei loro valori di T1. In alcuni casi le variazioni sono molto piccole e quasi in-
significanti, mentre in altri casi sono ampie. Le variazioni sono state osservate
non solo in medicamenti diversi, ma anche in diverse potenze dello stesso me-
dicamento. Ciò è particolarmente evidente nel caso di potenze di Cina e di Nux
vomica (Tab. 4). Sia gli spostamenti chimici che i valori T1 di diversi medica-
menti mostrano delle notevoli variazioni, con riferimento ai gruppi idrossilici
dell’acqua e dell’etanolo.
BASI FISICHE DEI MEDICAMENTI IN ALTE DILUIZIONI 89
Etanolo 90%
Alcoholus 30 (succusso)
Fig. 9. Alcuni spettri RM del 2H della soluzione di etanolo 90%, di Alcoholus 30ch (non
succusso), di Alcoholus 30ch (succusso), di Nux vomica 30ch (non succussa), di
Nux vomica 30ch (succussa), ottenuti con uno spettrometro RMN AMX-400, a
61.4 MHz a 22°C.
Tab. 4 - Tempo di rilassamento spin-lattice (T1) del deuterio (2H) per quanto riguarda
l’etanolo 90% e medicamenti omeopatici dinamizzati in etanolo 90%. Tra pa-
rentesi sono riportati gli spostamenti chimici in ppm. Le misure sono state ef-
fettuate con uno spettrometro RMN AMX-400, a 61.41 MHz e a 22°C. A par-
te il controllo con etanolo 90% che è stato messo all’inizio, i medicamenti
omeopatici sono stati poi inseriti secondo l’ordine alfabetico. Sono riportate
potenze omeopatiche preparate con sonicazione per 30 secondi o per cinque
minuti, ad ogni passaggio di diluizione. Lo Iodium 29ch è stato preparato sen-
za succussione, ma con irradiazione ultravioletta ad ogni passaggio di dilui-
zione. Tutte le altre potenze omeopatiche sono state preparate con succussio-
ne manuale. Alcune potenze sono state degassate per 1 ora per rimuovere
l’ossigeno disciolto. Tutti i medicamenti menzionati, incluse le tinture madri,
erano in etanolo 90%.
Etanolo Acqua
Fig. 10. Legami covalenti () e legami idrogeno () in e tra molecole di etanolo ed ac-
qua.
Haseba et al. (1993) hanno riportato che il movimento termico delle molecole
d’acqua è maggiore nell’etanolo sonicato piuttosto che in quello non sonicato.
Questi ricercatori hanno misurato i valori T1 del deuterio (2H) di molecole
d’acqua (2HO2H/-O2H) in acqua pura e in soluzioni di etanolo in fase idroal-
coolica. Ovviamente, il moto termico delle molecole d’acqua in medicamenti
dinamizzati, preparato mediante succussione o sonicazione, può cambiare e
quindi possono cambiare i valori di T1. Le molecole paramagnetiche come
l’ossigeno disciolto riducono fortemente i valori T1 a causa dei grandi campi
magnetici associati con la componente paramagnetiche delle lattice (Dyer,
1994). Questa potrebbe essere la ragione per cui in Tab. 4 si osservano dei va-
lori di T1 ridotti nell’etanolo 90% degassato rispetto all’etanolo 90% normale
in tre nuclei su 4 misurati (OH dell’acqua, OH e CH3 dell’etanolo).
Il Phosphorus 32ch (degassato) e il Phosphorus 32ch normale mostrano un
simile effetto di riduzione del T1 in tre nuclei su 4 misurati. Tuttavia, la situa-
BASI FISICHE DEI MEDICAMENTI IN ALTE DILUIZIONI 93
zione è inversa nel caso di Kali nitricum 30ch (degassato), che ha valori di T1
maggiori rispetto a Kali nitricum 30ch (sonicato, non degassato). Quindi, rima-
ne dubbio il ruolo dell’ossigeno disciolto nell’alterare il parametro T1 in questi
esperimenti. Inoltre, se è vero che l’ossigeno disciolto può essere considerato
un fattore che potenzialmente altera le misure, va però detto che nel nostro ca-
so si confrontano soluzioni di controllo e di rimedio che hanno teoricamente la
stessa concentrazione di ossigeno.
La Tab. 4 mostra differenze tra i medicamenti dinamizzati ed il loro mezzo
diluente anche per ciò che concerne gli spostamenti chimici del picco RMN
(valore tra parentesi), indicando l’esistenza di diversi effetti di schermatura del-
la nube elettronica sui nuclei di deuterio. Nelle molecole lineari come
l’etanolo, un importante contributo alla schermatura di un protone è l’effetto
paramagnetico dovuto alla circolazione di elettroni attorno agli atomi di carbo-
nio e ossigeno. Il grado di schermatura elettronica dipende chiaramente dalla
densità elettronica attorno al protone: quanto più alta è la densità elettronica at-
torno al protone tanto maggiore è la schermatura e quindi il campo magnetico
(alto valore di ) a cui il protone assorbe nell’indagine spettroscopica RMN
(Dyer, 1994). I gruppi idrossilici dell’acqua e dell’etanolo partecipano sia
all’auto-assemblaggio delle stesse molecole, sia all’associazione inter-
molecolare attraverso i legami idrogeno. I protoni nei legami idrogeno, partico-
larmente nell’auto-assemblamento, hanno mostrato una grande capacità di resi-
stere alla schermatura dell’ambiente elettronico (Bovey, 1969). Pertanto, le dif-
ferenze degli spostamenti di picco osservate confrontando i medicamenti di-
namizzati con i loro mezzi di diluizione a riguardo del nucleo di deuterio, come
riportato in Tab. 4, possono essere attribuite ai diversi tipi di associazione di
auto-assemblaggio ed associazione inter-molecolare nell’acqua e nell’etanolo.
La Tab. 4 mostra anche che alcune tinture madri, come Agaricus muscarius
(o TM), Cantharis vesicatoria , Cina , hanno tre picchi invece di quattro. In
tutti questi casi, i picchi idrossilici (OH) dell’etanolo e dell’acqua si sono so-
vrapposti. La posizione precisa del segnale protonico nell’idrossile dipende dal
tempo che il protone passa associato ad una data molecola di etanolo. In un da-
to periodo di tempo, lo stesso protone idrossilico può essere attaccato a diverse
molecole di etanolo. La velocità di cambiamento chimico (trasferimento proto-
nico) nell’etanolo puro è relativamente lenta, ma essa è notevolmente aumenta-
ta dalla presenza di sostanze di natura acida e/o basica. Nelle tinture madri, la
presenza di varie sostanze di origine vegetale potrebbe aver causato tale au-
mento di scambi chimici e lo spostamento dei picchi, fino alla sovrapposizione
con quelli dell’acqua. La sovrapposizione di due picchi idrossilici è stata os-
servata anche in medicamenti dinamizzati come Agaricus muscarius 1000ch,
Cantharis vesicatoria 200ch e Nux vomica 1000ch (Tab. 4). Anche in questi
casi si è prodotto un cambiamento fisico-chimico della soluzione che favorisce
94 CAPITOLO 3
un rapido scambio chimico dei protoni fra due specie idrossiliche (d’acqua e/o
etanolo), che alla fine si traduce in una singola linea di risonanza.
Altri Autori hanno effettuato misure RMN su potenze omeopatiche. Deman-
geat et al. (1992) hanno riportato un aumento del tempo di rilassamento del
protone (T1) a 4 MHz in alte diluizioni di soluzioni saline (NaCl 0.9%) di mi-
scele di silice/lattosio, rispetto ad un controllo di sola soluzione salina. Abel et
al. (2001) hanno ottenuto spettri 1H RMN e calcolato valori di T1 di potenze di
Sulphur, da D4 a D30, e di Betula 30ch a 300 e 500 MHz e non hanno trovato
differenze negli spettri e nei valori T1 fra le potenze omeopatiche ed i controlli.
Milgrom et al. (2001) hanno studiato i tempi di rilassamento T2 spin-spin di
Nitricum acidum dinamizzato e non dinamizzato e non hanno trovato differen-
ze fra le diverse soluzioni nel T2.29
29
Un altro tentativo di trovare delle caratteristiche modifiche negli spettri di potenze
omeopatiche con RMN, pubblicato nel 2004, ha dato risultati negativi (Anick DJ. High
sensitivity 1H-NMR spectroscopy of homeopathic remedies made in water. BMC
Complement Altern Med. 2004;4:15).
BASI FISICHE DEI MEDICAMENTI IN ALTE DILUIZIONI 95
Simmetrica Asimmetrica
Vibrazioni
di stiramento (stretching)
Vibrazioni
di piegamento (bending)
= C/
dove C e sono rispettivamente la velocità della luce e la lunghezza d’onda in
centimetri.
L’energia di un quanto di radiazione elettromagnetica è correlata direttamente
con la sua frequenza. Tanto più alta è la frequenza della radiazione tanto mag-
giore sarà la sua energia, secondo la formula:
E = h·
dove h è la costante di Planck.
Le molecole assorbono la radiazione in “pacchetti” di energia ognuno dei
quali è pari a:
E = h
L’assorbimento avviene solo quando la radiazione fornisce esattamente il
giusto “pacchetto” o quanto di energia che è in grado di modificare il livello di
energia del composto colpito dalla radiazione. Ogni stato del composto è carat-
terizzato da uno o più numeri quantici e la differenza di energia tra questi stati
(E) è correlata alla frequenza (della luce attraverso la costante di Planck
(h). Una molecola può assorbire solo una certa particolare frequenza di radia-
zione, se esiste nella molecola un’energia di transizione di grandezza pari a: E
= h
Etanolo 90%
Trasmittanza della luce (%)
Nux vom 30
in etanolo 90% (non succusso)
Nux vom 30
in etanolo 90% (succusso)
Fig. 12 - Spettri all’infrarosso (IR) di etanolo 90%, Nux vomica 30ch (non succussa) e
Nux vomica 30ch (succussa) in etanolo 90%, ottenuti con uno spettrometro IR
(Hitachi, modello 260-10). Lo spessore della cella di misura era 0.5 millimetri
e la temperatura 20°C (riprodotta, con modifiche e autorizzazione, da Sukul
et al.: Nux vomica 30 prepared with and without succussion shows antialco-
holic effect on toads and distinctive molecular association. Br. Hom. J. 2001;
90: 79-85. Copyright © 2001 by Nature Publishing Group).
30
Questa misura non va confusa con la frequenza di un’onda che equivale invece al numero
di cicli di un’onda che avvengono in un secondo (Hz).
98 CAPITOLO 3
differenze tra loro per quanto riguarda la lunghezza d’onda ed il numero di on-
de per cm-1 delle bande OH e CH.
Tab. 5 - Spettri di assorbimento nell’infrarosso di etanolo 90% e Nux vomica 30ch suc-
cussa e non succussa ottenuti con un uno spettrometro IR (Hitachi, modello
260-10). I valori in parentesi indicano le intensità dell’assorbimento (%).
stiramento del gruppo C-H è diversa nel rimedio rispetto a quella dello stesso
gruppo nell’etanolo 90%, indicando un cambiamento del legame idrogeno nel
rimedio anche rispetto a questa posizione della molecola.
31
Recentemente, gli autori di questo testo hanno confermato queste osservazioni in un lavoro
apparso nellalettteratura internazionale referenziata: Sukul NC, Ghosh S, Sukul A,
Sinhababu SP. Variation in fourier transform infrared spectra of some homeopathic
potencies and their diluent media. J Altern Complement Med. 2005 Oct;11(5):807-12. In
breve, spettri nell’infrarosso con trasformazione di Fourier (FTIR) di Nux vomica 30ch,
Lycopodium 30ch, Santonin 30ch, Cina 30ch, Cina 206ch, Cina 1006ch, del loro diluente
etanolo 90% e Alchoholus 30ch sono differenti gli uni dagli altri e dfferenti rispetto al
diluente etanolo 90% per quanto riguarda il numero delle bande 2, della loro lunghezza
d’onda e della forma dello spettro nel range di 2000-1000 cm-1 a 20 gradi C. Gli autori
attribuiscoono le differenze al differente numero di legami idrogeno ed allaloro forza di
legame. Nello stesso lavoro si riferisce che delle pastiglie di bromuro di potassio (KBr)
impregnate con la potenza omeopatica ritengono la capacità di dare degli spettri FTIR
caratteristici.
BASI FISICHE DEI MEDICAMENTI IN ALTE DILUIZIONI 101
Etanolo 90%
Alcoholus 30c
Trasmittanza della luce (%)
Lycopodiun 30c
3.3. Termoluminescenza
Si è già detto che le potenze omeopatiche sono preparate in acqua o in una mi-
scela d’acqua ed etanolo. Perciò, al fine di comprendere le basi fisiche di una
potenza omeopatica, conviene approfondire la conoscenza della struttura
dell’acqua e delle miscele idro-etanoliche.
Le proprietà fisiche dell’acqua allo stato liquido non sono completamente co-
nosciute (Bruscolini e Casetti, 2001). Tuttavia, si possono formulare alcune
ipotesi sugli aspetti fisici dell’acqua che potrebbero giustificare la presenza di
informazioni di un medicinale in diluizioni ultra-alte.
L’acqua è composta da un atomo di ossigeno e due atomi di idrogeno;
l’ossigeno ha sei elettroni, due dei quali sono usati nei legami covalenti con
l’idrogeno. Nell’ossigeno esiste un doppietto di elettroni di non legame ed at-
trae degli ioni caricati positivamente, come l’idrogeno, con la possibile forma-
zione di legami idrogeno tra diverse molecole d’acqua. Diversamente
dall’acqua, l’etanolo può formare legami idrogeno solo ad un estremo della
molecola.
Nei risultati dei test in vitro, di cui si è riferito nel capitolo 2, abbiamo notato
che l’acqua pura può servire come efficace mezzo diluente per le potenze
omeopatiche, ma che in presenza di etanolo l’efficacia di queste potenze è più
stabile nel tempo. Perciò, il principale ruolo giocato dall’etanolo è quello di
BASI FISICHE DEI MEDICAMENTI IN ALTE DILUIZIONI 103
Testa polare
dove:
- A è una sostanza con un atomo di idrogeno (H) legato
- B è un’altra sostanza che si lega all’idrogeno di A con dei ponti idrogeno
(···).
I calcoli dei contributi delle diverse energie di interazione dei complessi for-
mati con legami idrogeno suggeriscono che la componente elettrostatica sia di
solito dominante, con un piccolo ma significativo contributo del trasferimento
di carica. Si pensa che i legami idrogeno più forti siano primariamente elettro-
104 CAPITOLO 3
statici, ma che i legami molto deboli abbiano una relativamente ampia compo-
nente di trasferimento di carica (Connors, 1987).
Poiché la componente elettrostatica è la forza dominante nel legame idroge-
no, la succussione o agitazione meccanica potrebbe contribuire all’aumento di
questa forza elettrostatica, rendendo più forte il processo di associazione inter-
molecolare.
Questo è uno dei possibili ruoli giocati dalla succussione o dalla sonicazione
durante il processo di dinamizzazione di un medicinale omeopatico.
Fig. 15 - Rappresentazione della struttura di una molecola d’acqua con le due paia di
elettroni non condivisi dell’atomo di ossigeno.
Allo stato liquido, circa il 50% delle molecole d’acqua sono impegnate in 4
legami idrogeno, 30% in 3 legami e frazioni più piccole partecipano a 1, 2 e 5
legami (Ladany e Skaf, 1993). I legami idrogeno sono più deboli di quelli co-
valenti: l’energia richiesta per rompere un legame idrogeno nell’acqua liquida
è circa 20 KJ/mol, rispetto ai 348 KJ/mol del legame covalente C-C.
A temperatura ambiente, l’energia termica di una soluzione acquosa (cioè
l’energia cinetica del movimento di tutti gli atomi e delle molecole) è dello
stesso ordine di grandezza di quella necessaria per rompere i legami idrogeno
(Nelson e Cox, 2000). È difficile stabilire il tempo di durata del legame idroge-
no (τHB), perché le molecole sono soggette a velocissimi movimenti vibrazio-
nali che possono far apparire un legame rotto, quando invece il legame è solo
distorto dal suo equilibrio geometrico. A temperatura ambiente, il tempo di du-
rata di un legame idrogeno (τHB) è stato stimato attorno a 0.8 picosecondi (La-
dany e Skaf, 1993, e bibliografia ivi riportata). I legami idrogeno si rompono e
si riformano continuamente. La forza di questo legame dipende
dall’orientamento e dalla posizione degli altri atomi legati e non legati. Vi è un
influenza reciproca tra i legami covalenti ed i legami idrogeno: quanto più forte
è il legame OּּH, tanto più debole è il legame covalente O–H. L’indebolimento
del legame covalente rappresenta un buon indicatore dell’energia del legame
idrogeno (Grabowski, 2001). Ogni legame idrogeno formato aumenta coopera-
tivamente la capacità delle altre molecole di formare altri legami idrogeno. La
rete è praticamente completa alle comuni temperature ambientali, quando quasi
tutte le molecole sono collegate per almeno un legame. I legami che si rompo-
no probabilmente si riformano preferenzialmente nella stessa posizione (Ti-
khonov e Volkov, 2002). La dissociazione completa del cluster è un evento ra-
ro che avviene solo una volta ogni 1016 volte che si rompe il legame idrogeno,
in tempi dell’ordine di una volta ogni 24 ore. Perciò i cluster possono persistere
per tempi molto più lunghi (Higo et al., 2001).
La struttura basata sui legami idrogeno trasporta a notevole distanza informa-
zioni riguardo ai soluti ed alle superfici con cui le molecole d’acqua sono in
contatto. L’effetto è sinergico, direzionale ed espansivo. Inoltre, l’effetto di tra-
sporto informazionale è rinforzato da effetti di polarizzazione e dal trasferi-
mento inter-molecolare risonante dell’energia vibrazionale O–H, mediato dalle
interazioni dipolo-dipolo e dai legami idrogeno (Woutersen e Bakker, 1999).
Poi, il riorientamento di una molecola induce corrispondenti movimenti nelle
molecole vicine.
Le relative proporzioni dei differenti polimeri d’acqua sono in equilibrio di-
namico con le specifiche configurazioni geometriche: si ritiene che tale confi-
gurazione geometrica dinamica dei cluster d’acqua conferisca in modo collet-
tivo la specificità ad un medicinale omeopatico. Quando in soluzione è presen-
te l’etanolo, il tempo di riassociazione del legame idrogeno non dipende dalla
BASI FISICHE DEI MEDICAMENTI IN ALTE DILUIZIONI 107
di molecole d’acqua attraverso gli spazi tetraedrici lasciati vuoti dagli sposta-
menti delle altre molecole, lungo distanze di circa 3.3 Angstrom.
Le dinamiche dell’acqua mostrano numerosi comportamenti cooperativi, ap-
parentemente casuali o, meglio, caotici, che sono difficili da determinare esat-
tamente. Tuttavia, all’interno di queste complesse dinamiche si possono identi-
ficare dei movimenti semplici che sono funzionalmente importanti, come i rio-
rientamenti delle molecole, i salti di protoni e gli spostamenti negli spazi te-
traedrici, che consentono le suddette proprietà di trasporto dell’acqua (Agmon,
1996).
Usando tecniche spettroscopiche, si è dimostrato che la carica defettiva in ac-
qua è localizzata nella forma di semplici ioni acquosi a lunga emivita e cioè la
molecola approssimativamente simmetrica e planare H3O+ (catione idronio) e
quella lineare OH- (anione idrossido). Questi sono gli ioni capaci di trasportare
le cariche nel mezzo acquoso. Pertanto, il passaggio che limita la velocità del
trasporto di protoni nel liquido potrebbe essere non tanto il salto del protone da
una molecola all’altra attraverso i legami idrogeno, quanto la continua forma-
zione e rottura di legami idrogeno nel guscio di solvatazione formato dalle mo-
lecole d’acqua attorno a detti ioni. Questa è la base del modello della “diffu-
sione strutturale”, che è stato sviluppato in dettaglio per lo ione H3O+. In ac-
cordo con l’originale descrizione di Grotthus (salti di protoni da un atomo di
ossigeno a quello vicino), sarebbe questa struttura di solvatazione a migrare
lungo le catene di ioni idronio e idrossido delle molecole d’acqua e non le par-
ticelle stesse (Tuckerman et al., 1995, e bibliografia ivi riportata).
Sia l’acqua, sia l’etanolo sono solventi polari con cui gli ioni interagiscono
fortemente causando notevoli modificazioni della struttura locale e delle dina-
miche delle molecole circostanti. Le simulazioni indicano che la rete dei lega-
mi idrogeno dell’acqua è perturbata in vicinanza di cationi monovalenti. In par-
ticolare, il numero di legami idrogeno per molecola di solvente in vicinanza
degli ioni Na+ è significativamente più piccolo che nel solvente puro (Ladany e
Skaf, 1993). Secondo i modelli di Frank e Wen (1957) e di Bokris e Saluja
(1972), citati da Dutta (1997), attorno agli ioni si formano due strati di moleco-
le d’acqua, coordinate con lo ione e tra loro:
- lo strato più vicino è formato da molecole d’acqua coordinate di solvatazione
(SCW)32: esse sono come “congelate” nella forma del guscio di solvatazio-
ne attorno allo ione e si muovono insieme ad esso durante i suoi movimenti
attraverso la soluzione;
- altre molecole d’acqua sono coordinate ma non partecipano alla solvatazione
(NSCW)33: queste ultime, benché presenti in vicinanza dello ione e con esso
coordinate, non sono legate rigidamente e non vengono trascinate nei mo-
vimenti dello ione.
32
SCW: Salvational Coordinated molecules of Water.
33
NSCW: Non-Solvational Coordinated molecules of Water.
BASI FISICHE DEI MEDICAMENTI IN ALTE DILUIZIONI 111
Sommario
Capitolo 4
Sia il movimento dei fluidi, sia le reazioni biochimiche, sia i controlli fisiologi-
ci negli organismi viventi mostrano comportamenti che hanno alcuni aspetti
casuali (random), altri molto ordinati e periodici, altri solo apparentemente di-
sordinati, ma che nascondono dinamiche complesse.
Esistono dei buoni modelli matematici per lo studio dei sistemi complessi,
che mostrano oscillazioni irregolari generate da equazioni differenziali non-
lineari. Sia i modelli teorici, sia gli studi sperimentali di questi sistemi mostra-
no che la storia temporale (dinamica) di un sistema complesso è sensibile alle
condizioni iniziali ed alle piccole perturbazioni, così che il suo comportamento
futuro è impredicibile. L’impredicibilità non dipende dalla mancanza di infor-
mazioni sullo stato attuale, ma è teoricamente insuperabile. Le traiettorie che
descrivono la posizione della velocità di due sistemi dinamici, anche se ini-
zialmente vicine ed apparentemente parallele, nel tempo divergono esponen-
zialmente l’una dall’altra: questo caratteristico comportamento è chiamato caos
deterministico. Un parametro con andamento lineare o regolare può ad un certo
punto manifestare una discontinuità, detta biforcazione (Steeb e Louw, 1986).
Alcuni modelli teorici hanno individuato proprietà non-lineari persino
nell’acido desossiribonucleico (DNA), la molecola che codifica l’informazione
ereditaria (Daniel e Latha, 2000). I fenomeni caotici sono stati studiati nelle re-
ti neurali e nelle cellule. I modelli non lineari sono stati applicati allo studio
delle condizioni patologiche che risultano dalla instabilità di sistemi di control-
lo fisiologici (Thangavel et al., 2000, e bibliografia ivi citata). Ovviamente, è il
cervello che ha attratto gli studi più avanzati in questo campo. Alla luce di dati
clinici e di ricerche sperimentali mirate alle basi neurologiche della coscienza,
è stato dimostrato che il cervello funziona in gran parte processando le infor-
mazioni in modo non-lineare e parallelo e che molteplici meccanismi intracor-
ticali e cortico-ipotalamici sono coinvolti in molti cambiamenti intramodali
dell’attenzione (Smythies, 1997).
Nella medicina convenzionale, il trattamento è, nella maggior parte dei casi,
malattia-specifico e/o organo-specifico. L’omeopatia, invece, tratta il paziente
come entità unica, tentando di mobilitare le capacità auto-organizzative nella
direzione di un migliore stato di salute. Per questo alcuni scienziati hanno so-
stenuto che le risposte dei pazienti ai rimedi omeopatici si conformino agli
schemi dei sistemi complessi e non-lineari (Shepperd, 1994; Bellavite e Signo-
rini, 2002). Infatti, una minima dose di una potenza omeopatica appare capace
di innescare dei cambiamenti prolungati e ad ampio raggio sullo stato fisico e
mentale di un paziente. Questo tipo di risposta è suggestivo del concetto di
non-linearità, perché il risultato è sproporzionatamente grande rispetto alla pic-
122 CAPITOLO 4
Capita con una certa facilità che i pazienti affetti da malattie croniche non ri-
spondano ai rimedi omeopatici, anche se scelti appropriatamente. Ciò, fra
l’altro, può essere parzialmente responsabile dei controversi risultati degli studi
clinici su medicinali omeopatici in malattie croniche. La mancata risposta in
questi casi è attribuita alle condizioni di resistenza patologica dei pazienti,
chiamate “miasmi”. Secondo la tradizione omeopatica, tali condizioni possono
essere corrette applicando dei rimedi “anti-miasmatici”.
I miasmi sono stati discussi dettagliatamente in un precedente libro (Sukul
1997). Secondo i principi omeopatici, le malattie croniche originano da miasmi
come la psora, la sicosi e la sifilide.
Il principale dei tre miasmi è la psora, la cui espressione primaria consiste in
un’eruzione pruriginosa della pelle. Hahnemann non diede alcuna spiegazione
sulla natura patologica dei miasmi in sei stessi. Invece noi ora proponiamo
un’ipotesi che concerne le basi biologiche della psora.
La psora è dermatologicamente rappresentata da una sensazione di ‘prurito e
solletico cutanei’. Una stimolazione relativamente leggera, prodotta con qual-
cosa che sfiora la superficie cutanea, produce solletico e prurito. In alcuni casi
si possono identificare sulla pelle, mediante accurata mappatura, dei punti di
maggior sensibilità. Come i punti dolorosi, i punti pruriginosi sono localizzati
prevalentemente in quelle regioni più ricche di terminazioni sensitive formate
da nervi con fibre amieliniche. La sensazione di prurito persiste insieme al do-
lore urente nelle prove in cui sono bloccate le fibre mieliniche e la conduzione
avviene solo tramite le fibre amieliniche di tipo C. Il prurito, come il dolore, è
abolito dalla sezione dei fasci nervosi spinotalamici. Il prurito si manifesta solo
in pelle, occhi e certe mucose, ma mai nei tessuti viscerali profondi. Sappiamo
anche che la stimolazione cutanea delle aree corrispondenti a infiammazioni
124 CAPITOLO 4
menzionato che le molecole di etanolo hanno un’ampia parte non polare che
tende a preservare le strutture dell’acqua. La struttura tridimensionale degli ag-
gregati molecolari dell’acqua porterebbe l’informazione farmacodinamica delle
molecole medicamentose da cui il medicinale è stato originato mediante il pro-
cesso di diluizione e dinamizzazione. Quindi, l’acqua può formare
un’innumerevole varietà di configurazioni strutturali attraverso i legami idro-
geno rafforzati dalla succussione o dalla sonicazione e stabilizzati dall’etanolo.
Il fatto che diverse soluzioni omeopatiche producano diversi effetti biologici
suggerisce che la molecola d’acqua, come le proteine e gli acidi nucleici, sia
capace di servire da molecola informazionale quando assemblata con altre mo-
lecole.
Nell’acqua liquida a temperatura ambiente, i legami idrogeno si rompono e si
riformano continuamente. Abbiamo già menzionato nel capitolo 3 che la disso-
ciazione dei legami idrogeno e la loro riassociazione avviene attraverso gli
stessi gruppi O–H. L’ipotesi quindi è che diversi polimeri dell’acqua rimanga-
no in un equilibrio dinamico di configurazioni geometriche specifiche, rappre-
sentanti un particolare medicamento.
ESTERNO
Proteina di
trasporto Acquaporina Ligando Canale operato Recettore
Teste polari Ioni, nutrienti da recettore
Acqua Ligando
Acidi grassi non polari
Le molecole lipidiche del doppio strato sono anfotere, nel senso che hanno
nella loro struttura delle parti idrofobiche (non polari) e delle parti idrofiliche
(polari). Le due facce del doppio strato lipidico contengono, da una parte e
dall’altra, le teste idrofiliche delle molecole lipidiche. Perciò le estremità idro-
filiche sono esposte all’ambiente acquoso che bagna l’esterno della cellula ed
al citoplasma acquoso dell’interno. I terminali idrofobici si incontrano
nell’interno della membrana, dove non vi sono che poche molecole d’acqua. I
principali lipidi della membrana citoplasmatica sono fosfolipidi, come la fosfa-
tidilcolina e la fosfatidiletanolamina. Le molecole fosfolipidiche hanno due
acidi grassi attaccati alla testa polare fosforilata.
Nei procarioti, i fosfolipidi sono i soli lipidi di membrana, mentre negli euca-
rioti la membrana cellulare contiene anche colesterolo (negli animali) o altri
steroli (nelle piante).
La membrana non è una struttura statica, in quanto i lipidi e le proteine si
muovono sul piano della membrana con un processo di diffusione laterale.
Nella membrana ci sono diverse proteine, alcune sulla superficie esterna, al-
tre in quella interna, altre infine attraversano tutta la membrana. In generale, le
porzioni delle proteine idrofobiche e prive di carica sono localizzate all’interno
della membrana, mentre le porzioni idrofiliche, dotate di cariche elettriche, so-
no localizzate sulla superficie. Alcune di tali proteine contengono lipidi (lipo-
132 CAPITOLO 4
34
Dettagli nel testo originale: ci sono quattro tipi di ATPasi con funzioni di trasporto. Il tipo P è
presente sulla membrana citoplasmatica delle cellule eucariote e di quelle procariote.
Queste ATPasi hanno due tipi di subunità proteiche: alfa e beta. La subunità alfa è
essenziale ed alcuni suoi aminoacidi vengono fosforilati durante il trasporto. Le ATPasi
sono responsabili del trasporto di sodio, potassio, calcio e protoni. I batteri usano la ATPasi
di tipo P per pompare fuori dalla cellula i metalli pesanti per loro tossici (come il cadmio
134 CAPITOLO 4
Molecole d’acqua
Fig. 17 - Molecole d’acqua su una superficie idrofilica (-) formanti uno strato più spes-
so e meno denso con atomi di ossigeno (O) che sporgono all’esterno della su-
perficie.
4.7.7. Le acquaporine
Le acquaporine sono glicoproteine trans-membrana che permettono il passag-
gio dell’acqua o di piccoli soluti, ma bloccano il passaggio di ioni, per preveni-
re la dissipazione del potenziale di membrana (Borgnia et al., 1999; Engel et
al., 2000). Benché l’acqua possa passare la membrana cellulare per diffusione,
esistono molte evidenze, raccolte negli ultimi decenni, che nei tessuti in cui
136 CAPITOLO 4
H20
(a) Veduta del poro dall’alto (b) Veduta laterale del poro
Extracellulare
Intracellulare
Fig. 18 - L’acquaporina, proteina-canale per l’acqua. (a) Veduta del poro dalla super-
ficie extracellulare; (b) veduta laterale del canale; (c) veduta delle sei eliche
trans-membrana del monomero d’acquaporina. Il motivo asparagina-
prolina-alanina (NPA) dopo la seconda e dopo la quinta ansa si ripiega
all’interno della membrana per formare il canale dell’acqua.
h) Le acquaporine in patologia
Per quanto riguarda i modelli di patologia in cui sono state studiate le acqua-
porine, va notato, ad esempio, che il topo geneticamente privo di AQP5 (topo
knockout AQP5 -/-) è caratterizzato da un aumento della broncocostrizione
stimolata dall’acetilcolina e da un aumento a della resistenza al flusso polmo-
nare con diminuzione della compliance dinamica. Ma et al. (1999) hanno an-
che dimostrato che la produzione di saliva stimolata dalla pilocarpina è ridotta
35
Approfondimenti sperimentali e bibliografici: il sistema renina-angiotensina gioca un
importante ruolo nell’espressione delle acquaporine e quindi nella regolazione del trasporto
d’acqua nel peritoneo (Imai et al., 2001). L’incubazione del tessuto parotideo di ratto con 10
μM di epinefrina ha causato un transitorio ma spiccato aumento della presenza di AQP5
sulla membrana apicale, con un massimo ad un minuto. Questo effetto della epinefrina è
stato ottenuto anche con fenilefrina (alfa1-agonista), ma non con la clonidina (alfa2-
agonista) o con il salbutamolo (beta-agonista). Esso è poi inibito dalla fentolamina
(antagonista degli alfa-adrenorecettori), ma non dal propranololo (antagonista dei beta-
adrenorecettori). Il risultato suggerisce che l’epinefrina, agendo sui recettori adrenergici
alfa1, induce un traffico di AQP5 dalle membrane intracellulari alla membrana apicale,
innescando il rilascio di calcio libero dai depositi intracellulari attraverso il messaggero
inositolo-1,4,5-trifosfato. L’acetilcolina, che agisce sui recettori muscarinici M3 nel tessuto
parotideo di ratto, ha indotto la traslocazione di AQP5 dalle membrane intracellulari alla
membrana citoplasmatica, aumentando la concentrazione citosolica di calcio (Ishikawa et
al., 1999, e bibliografia ivi riportata). Badaut et al. (2000) hanno osservato nel ratto una
localizzazione cellulare comune dei recettori muscarinici colinergici e dell’acquaporina 4
(AQP4) a livello cerebrale e precisamente nella corteccia, nel corpo calloso e nelle cellule
ependimali. Gli Autori hanno suggerito una correlazione funzionale tra i recettori muscarinici
e la AQP4. La risposta muscarinica colinergica può influenzare molti canali dell’acqua e
canali ionici. Nei ratti, la AQP4 dei vasi cerebrali è implicata nella regolazione del trasporto
dell’acqua tra il sangue ed il cervello (Kobayashi et al., 2001). La protein-chinasi e la
dopamina diminuiscono la permeabilità dell’acqua attraverso la fosforilazione della serina-
180 e ciò è dovuto probabilmente ad un effetto di cancello sul canale stesso (Zelenina et al.,
2002). Krane et al. (2001) hanno osservato che l’espressione della AQP5 nel polmone del
topo si trova sulle cellule di tipo I ma anche nelle cellule alveolari di tipo II, nella trachea e
nell’epitelio bronchiale.
142 CAPITOLO 4
di più del 60% nel topo knockout AQP5 -/-. La pilocarpina è un agonista dei
recettori colinergici.
In patologia umana, la distribuzione intracellulare di molecole di AQP5 è
anormale nelle ghiandole salivari dei pazienti con la sindrome di Sjögren. Tale
malattia è caratterizzata da infiltrazione infiammatoria linfocitaria nelle ghian-
dole salivari e lacrimali, causante una ipofunzione ghiandolare e quindi sec-
chezza della bocca e della congiuntiva (Steinfeld et al., 2001).
Nelle malattie con aumento della ritenzione renale d’acqua, l’espressione to-
tale e di membrana della AQP2 è aumentata (Deen et al., 2000). Alterazioni nel
metabolismo dell’acqua sono presenti in stati patologici come il diabete insipi-
do, la sindrome da inappropriata secrezione di ormone antidiuretico, lo scom-
penso cardiaco, la cirrosi e la gravidanza (Schrier et al., 2001).
Una cattiva regolazione delle acquaporine, specialmente della AQP2, potreb-
be essere responsabile di alcune patologie del bilancio idrico ed elettrolitico.
Ad esempio, la mancanza o il difetto funzionale della AQP2 si trova nel diabete
insipido primario. Una ridotta espressione di membrana è stata descritta in va-
rie patologie associate con difetti della concentrazione delle urine come il dia-
bete insipido nefrogeno, la poliuria post-ostruttiva, lo scompenso renale acuto e
cronico. All’opposto, in condizioni in cui si ha ritenzione idrica come nello
scompenso cardiaco congestizio, nella gravidanza e nell’eccesso di ormone an-
tidiuretico, i livelli di espressione della AQP2 ed il sito bersaglio apicale della
membrana citoplasmatica sono aumentati, suggerendo che tale proteina abbia
un ruolo nello sviluppo della ritenzione idrica (Kwon et al., 2001).
Membri della famiglia delle acquaporine sono implicati in numerosi processi
fisiologici e patologici (Borgnia et al., 1999; King et al., 2000). L’induzione
del diabete mellito nell’animale da esperimento è stata accompagnata da un si-
gnificativo aumento di AQP2, p-AQP2 e AQP3 (Nejsum et al., 2001). Il canale
per l’acqua costituito da AQP1 è espresso in modo eterogeneo nelle cellule tu-
morali di animali da esperimento e nel loro apparato vascolare e sappiamo che
il livello di espressione è determinato non solo dall’origine cellulare del tumore
stesso, ma anche dalla localizzazione del tumore nell’animale che lo ospita
(Endo et al., 1999).
È stato suggerito che la manipolazione dell’espressione delle acquaporine po-
trebbe avere un ruolo terapeutico in vari processi patologici (Connolly et al.,
1998) regolando il trasporto d’acqua mediato da queste proteine. Di conse-
guenza, gli agenti che modificano la funzione delle acquaporine avranno un si-
gnificativo potenziale terapeutico (Beitz e Schultz, 1999).
MECCANISMO D’AZIONE DEI MEDICAMENTI DINAMIZZATI 143
Abbiamo già detto in precedenza che una sola molecola di ligando può attiva-
re un solo recettore, ma alla fine può causare l’entrata di migliaia di ioni attra-
verso l’apertura dei canali o la sintesi di migliaia di molecole di un messaggero
intracellulare da parte di un enzima attivato (Nelson e Cox, 2000). Quindi, an-
che poche molecole d’acqua strutturate e legate ad un recettore possono inizia-
re eventi biochimici che si amplificano enormemente all’interno della cellula.
In questa visione, i cluster organizzati d’acqua non funzionano come ligandi
recettoriali specifici in senso stretto, ma come una chiave “master” da cui
prendono forma altri cluster capaci di interagire con tutti i tipi di ligandi e con i
loro recettori.
riduucente
Terminale
Fig. 20 - Una parte di catena lineare dell’amilosio, fatta di residui di D-glucosio, mostra
i gruppi OH esposti per il legame idrogeno con le molecole d’acqua.
148 CAPITOLO 4
36
Vanno segnalati inoltre i proteoglicani, tra le principali macromolecole complesse che
costituiscono la sostanza fondamentale dei tessuti connettivi, noti per la capacità di legare
grandi quantità di acqua all’interno delle proprie strutture altamente ramificate. Sotto questa
prospettiva, l’acqua associata ai proteoglicani potrebbe assumere una funzione non solo nel
mantenimento della struttura, ma anche nel trasferimento di informazioni bologicamente
significative e farmacologiche.
MECCANISMO D’AZIONE DEI MEDICAMENTI DINAMIZZATI 149
Sin dall’inizio della vita sulla terra, gli organismi hanno incontrato vari tipi di
sostanze chimiche nel loro ambiente. È oggi da tutti accettato che la vita sia
originata in un ambiente acquoso, nei primi mari, laghi o stagni. Le molecole
primordiali che diedero origine alle prime forme di vita erano zuccheri, alcoli,
aminoacidi e, ovviamente, acqua. Le sorgenti di energia erano essenzialmente
basate sulla fermentazione, perché nell’atmosfera non c’era ossigeno libero.
Nella atmosfera riducente la respirazione era anaerobica, con formazione di
anidride carbonica (CO2).
La fermentazione dello zucchero da parte dei lieviti porta alla formazione di
etanolo e di CO2 ed al rilascio di energia. L’enzima alcol-deidrogenasi è pre-
sente in molti organismi, incluso l’uomo, che sono capaci di catabolizzare
l’etanolo. Nel fegato, questo enzima catalizza l’ossidazione dell’etanolo, sia
quello ingerito sia quello prodotto dai microrganismi intestinali, con la conco-
mitante riduzione del NAD+ a NADH. Alcuni vertebrati marini fermentano il
glucosio ad etanolo e CO2 per generare ATP.
Quindi, è probabile che, in un ambiente primitivo, delle molecole di etanolo
abbiano stabilizzato strutture di molecole d’acqua formando dei particolari ag-
gregati nell’acqua liquida. I microrganismi primordiali potrebbero avere svi-
luppato un meccanismo capace di sentire la presenza dell’acqua, specificamen-
te di quella strutturata, e di orientarsi in relazione ad essa. Questo sarebbe stato
un meccanismo adattativo capace di aiutarli a trovare la via per raggiungere la
colonia di eterotrofili anaerobi sui quali vivere.
Già nelle prime forme di vita, le sostanze chimiche utili fornivano energia per
sostenere la vita, mentre le sostanze chimiche dannose stimolavano risposte di-
fensive. Uno dei più pressanti problemi della vita acquatica è sempre stato
quello di mantenere il bilancio osmotico rispetto al proprio ambiente. Inoltre,
gli organismi incontravano altri organismi che potevano comportarsi da preda-
tori oppure da patogeni. Naturalmente, gli organismi hanno sviluppato dei
meccanismi di difesa contro questo tipo di pericolo. Negli organismi inferiori,
150 CAPITOLO 4
Sommario
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Indice generale
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Salus Infirmorum è una Società Editoriale senza fini di lucro costituita nel
1996, il cui obiettivo è diffondere informazioni scientifiche sulle medicine na-
turali e in particolare sull’omeopatia. Per quanto riguarda quest’ultima,
l’Editore è convinto che il benessere di molte persone e il progresso futuro di
questo metodo terapeutico dipendano essenzialmente da una corretta cono-
scenza e pratica della vera omeopatia hahnemanniana. Cosciente che si parla
tanto di omeopatia, ma si fa ancora poco per dare una giusta informazione al
Pubblico e per mettere i medici nella condizione di impadronirsi del metodo
omeopatico corretto e integrale, l’Editore ha deciso di tradurre e di pubblicare
libri, sia di tipo divulgativo che di tipo scientifico, dei principali Autori che ab-
biano dato un significativo contributo allo sviluppo di tale disciplina medica.
Questa Editrice per precisa scelta di indipendenza culturale non ha alcuno
Sponsor, né le sue pubblicazioni hanno conflitti di interesse di alcun genere.
Quest’opera è un originale contributo alla letteratura sulle basi scientifi-
che dell’omeopatia, di notevole interesse anche alla luce della crescente
diffusione di questa disciplina medica nel sistema sanitario. Il libro è
unico nel suo genere, perché spazia dalla biologia molecolare alla clini-
ca, dalla fisica atomica alla tecnica farmaceutica, senza dimenticare di
fare riferimento ai principi tradizionali e classici enunciati dai primi
Maestri omeopatici. In particolare, qui si affronta la questione più “in-
credibile”: come è possibile un’azione farmacologica di soluzioni diluite
al punto da non contenere più dosi ponderali di molecole del principio
attivo?
Il testo, dopo un’ampia e documentata presentazione, si svolge in
quattro capitoli:
- Nel primo sono descritti i modi per preparare i rimedi omeopatici e
per conservarli.
- Il secondo capitolo tratta delle evidenze cliniche ottenute a soste-
gno delle alte diluizioni nell’uomo, unitamente ad esperimenti di
laboratorio fatti su animali, piante e tessuti o cellule.
- Il terzo capitolo descrive le caratteristiche fisiche dei medicamenti
in diluizioni ultra-alte, così come sono evidenziate mediante la ri-
sonanza magnetica nucleare e gli spettri all’infrarosso.
- Nel quarto capitolo vengono discussi i possibili meccanismi
d’azione delle alte diluizioni sui sistemi viventi.
Rivelare i misteri dell’omeopatia, questo importante sistema terapeuti-
co, è una sfida non solo per il biologo ma anche per il fisico e per il
chimico. La ricerca scientifica sull’omeopatia aprirà certamente nuove
strade per il benessere dell’umanità.
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