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Iliade, libro III - A.

Baricco, Omero, Iliade


Elena
Come una schiava, io quel giorno stavo in silenzio, nelle mie stanze,
costretta a tessere su una tela color sangue le imprese dei Troiani e degli
Achei in quella dolorosa guerra combattuta per me. D’un tratto vidi
Laodice, la più bella delle figlie di Priamo, entrare e gridarmi “Corri, Elena,
vieni a vedere laggiù, Troiani e Achei... erano tutti nella pianura, e
stavano per scontrarsi, avidi di sangue, e adesso stanno in silenzio, gli uni
davanti agli altri, con gli scudi appoggiati al suolo e le lance piantate a
terra... Si dice che abbiano cessato la guerra, e che Paride e Menelao
combatteranno per te: tu sarai il premio del vincitore”. Mi coprii con un
velo bianco splendente e corsi verso le mura, ancora con le lacrime agli
occhi. Quando arrivai sul torrione delle porte Scee vidi gli anziani di Troia,
radunati lì a guardare ciò che accadeva nella pianura. [...]
Poi, fu il duello. Ettore e Ulisse disegnarono per terra il campo su cui i
duellanti avrebbero combattuto. Poi misero in un elmo le tessere della
fortuna, e dopo averle scosse, Ulisse, senza guardare, estrasse il nome di
chi avrebbe avuto diritto a scagliare per primo la lancia mortale. E la sorte
scelse Paride. I guerrieri si sedettero tutt’intorno. Vidi Paride, il mio nuovo
sposo, indossare le armi: prima le belle gambiere, allacciate con fibbie
d’argento; poi la corazza, sul petto; e la spada di bronzo, borchiata
d’argento e lo scudo, grande e pesante. Si pose sul capo lo splendido
elmo: la lunga criniera ondeggiava al vento e faceva paura.
Infine prese la lancia, e la strinse in pugno. Di fronte a lui, Menelao, il mio
vecchio sposo, finì di indossare le sue armi. Sotto gli occhi dei due
eserciti, avanzarono uno verso l’altro, guardandosi con ferocia. Poi si
fermarono. E il duello iniziò. Vidi Paride scagliare la sua lunga lancia. Con
violenza si conficcò nello scudo di Menelao, ma il bronzo non si squarciò, e
la lancia si ruppe e cadde a terra. Allora Menelao sollevò a sua volta la
lancia e la scagliò con forza enorme contro Paride. Centrò in pieno lo
scudo e la punta mortale lo squarciò, e andò a infilarsi nella corazza
colpendo di striscio Paride, al fianco. Menelao estrasse la spada e gli balzò
addosso. Lo colpì con violenza sull’elmo, ma la spada si spezzò. Lui
imprecò contro gli dei e poi con un balzo afferrò Paride dalla testa,
stringendo tra le mani lo splendido elmo chiomato. E iniziò a trascinarlo
via così, verso gli Achei. Paride sdraiato, nella polvere, e lui a stringergli
l’elmo in una morsa micidiale e a trascinarlo via. Finché la cinghia di cuoio
che teneva fermo l’elmo sotto il mento si ruppe, e Menelao si trovò in
mano l’elmo, vuoto. Lo alzò al cielo, si voltò verso gli Achei e roteandolo
in aria lo gettò in mezzo ai guerrieri. Quando si voltò di nuovo verso
Paride, per finirlo, si accorse che era scappato, scomparendo tra le file dei
Troiani.
Stavano tutti guardando giù, verso la piana. Nessuno mi vide. Andai nelle
stanze di Paride e lo trovai là. Una donna che l’amava l’aveva fatto entrare
a Troia, da una porta segreta, e l’aveva salvato. La vecchia prese un
sedile e lo mise proprio davanti a lui. Poi mi disse di sedermi. Io lo feci.
Non riuscivo a guardarlo negli occhi. Ma gli dissi: “Così sei scappato dalla
battaglia. Vorrei che tu fossi morto là, ucciso da quel guerriero magnifico
che è stato il mio primo marito. Tu che ti vantavi di essere più forte di
lui... Dovresti tornare là, e sfidarlo ancora, ma sai benissimo che sarebbe
la tua fine”. E mi ricordo che Paride, allora, mi chiese di non fargli del
male con le mie offese crudeli.
Lui era l’uomo che in quel momento tutti, laggiù nella pianura, stavano
cercando. Era l’uomo che nessuno, né Acheo né Troiano, avrebbe aiutato
o nascosto, quel giorno. Era l’uomo che tutti odiavano, come si odia la
nera dea della morte.

Alessandro Baricco - Omero, Iliade

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