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Il contratto di cambio
Nel primo periodo della storia del diritto commerciale, il cambio di denaro svolgeva un ruolo non trascurabile nello svolgimento dei traffici, e per, a causa del divieto delle usure, si presentava l esigenza di individuare le condizioni necessarie per poterlo distinguere dal mutuo e riconoscerne la lceit. i Venivano di conseguenza individuati tre diversi tipi di contratti di cambio: - cambium minutum: che era uno scambio fra monete differenti e che era caratterizzato dalla contestualit della conclusione e dell esecuzionedel contratto. Di conseguenza il compenso che veniva pagato al cambista costituiva il corrispettivo delle spese dallo stesso sopportate per l organizzazione e perl esercizio di quell attivit. - cambium per litteras: caratterizzato dalla distantia loci, e cio dalla condizione che il contratto doveva essere eseguito in un luogo diverso rispetto a quello in cui era stato concluso. - cambium siccum: caratterizzato dalla distantia temporis, e precisamente dal differimento della prestazione di restituzione rispetto al momento della conclusionedel contratto.
La lettera di cambio
Il cambium per litteras implicava la presenza di un documento, la littera, che conteneva, in sostanza, un riconoscimento di debito e che doveva essere redatto da un notaio. Si trattava, perci, di un documento confessionato ex causa cambi, in cui dovevano a pena di nullit essere presenti due requisiti sostanziali: - la menzione della permutatio pecuniae; - la menzione della distantia loci. Contemporaneamente il creditore ed il debitore ex causa cambi redigevano in comune una scrittura privata con cui il primo attribuiva al proprio corrispondente la legittimazione a riscuotere la prestazione ed il debitore ordinava al proprio corrispondente di pagare. Era questa la littera clausa, grazie alla quale si realizzava il trasferimento del denaro. Ben presto si presentava, per, l esigenza di semplificare l intera operazione e in particolare di superare la redazione notarile del contratto di cambio, il che avveniva con la creazione da parte dei mercanti di un nuovo tipo di documento. Nascevano in tal modo le prime lettere di cambio in cui dovevano figurare quattro soggetti e precisamente: - il creditore ex causa cambi; - il debitore; - il corrispondente del primo; - il corrispondente del secondo. E dovevano essere presenti due requisiti sostanziali: la permutatio pecuaniae e la distantia loci. Le lettere di cambio, assolvevano in origine alla funzione di strumenti di pagamento internazionale, ma si trasformavano ben presto in strumenti di credito. Un ulteriore problema era quello della prova dell avvenuto versamento della moneta, prova che in origine era fornita dalla re dazione notarile del documento. Per cercare di sopperire a questa esigenza si imponeva al creditore ex causa cambi di dichiarare sotto giuramento di aver ricevuto la pecunia, in ragione della rilevanza che all epoca aveva il giuramento.
L assicurazione
Rischi non poco rilevanti esistevano nel trasporto delle merci ed in particolare nel trasporto via mare. Da qui la necessit di escogitare strumenti giuridici che consentissero di limitare con una prestazione pecuniaria le perdite patrimoniali causate d verificarsi di eventi al dannosi. La prima forma di tutela stata costituita dal fenus nauticum, o prestito a cambio marittimo: si trattava, in sostanza, di un contratto di mutuo che veniva stipulato in occasione di una spedizione mercantile per finanziare la stessa. Il compenso che doveva essere pagato al mutuante era particolarmente elevato ma non si trattava di usura, perch costi uiva il corrispettivo del rischio che veniva corso. t Per quanto riguarda la nozione di rischio, intesa come probabilit del verificarsi di un evento futuro ed incerto causato dal fatto dell uomo o da un evento naturale, essa contemplava diverse tipologie: - il rischio economico: cio l errata previsione del risultato di un determinato affare, e in tal caso l ordinamento giuridico non accordava alcuna tutela; - il danno provocato da fatto del terzo o da un evento naturale e in tal caso il danneggiato aveva diritto di tutelarsi contro la probabilit di subire un pregiudizio : patrimoniale non dipendente dalla sua volont. Veniva di conseguenza creato il contratto di assicurazione, che venne completato con la previsione di una serie di clausole di salvaguardia: - l interesse assecurari: cio l esistenza di un rapporto giuridico fra colui che concludeva il contratto e il bene esposto al rischio, in modo che se si fosse verificato il sinistro, costui avrebbe subito un pregiudizio patrimoniale. - la franchigia: per evitare che l assicurato potesse essere indotto a provare volontariamente il sinistro per ottenere il pagamento dell indennit . Per scoraggiare tale eventualit veniva stabilito che il bene non poteva essere assicurato per una somma superiore ai 7/10 del suo valore dovendo per i residui 3/10 l assicurato restare assicuratore di se stesso. - la distinzione fra iter e viagium: nel caso di assicurazione stipulata per tutelarsi contro i rischi del trasporto via mare era necessario, per valutare l ent del rischio, it specificare la rotta della nave e il percorso. Si aggiungeva anche la distinzione fra viagium e iter al fine di stabilire che se nonostante gli opportuni accorgimenti non fosse stato possibile evitare il sinistro, lo stesso sarebbe stato coperto dall assicurazione; - l istituto dello storno: il premio doveva essere pagato contestualmente alla conclusione del contratto e per si riconosceva che se la spedizione ve niva per qualsiasi motivo annullata, il premio doveva essere restituito. - l istituto dell abbandono all assicuratore della nave e del carico: col quale si stabiliva che se fossero sorte contestazioni in merito all entit del danno causato dal sinistro e sull importo del risarcimento dovuto, l assicurato avrebbe potuto abbandonare all assicuratore il bene assicurato riscuotendo in cambio l intera indennit.
Successivamente venne a formarsi la societas mercatura (o compagnia) che poteva considerarsi come la progenitrice dell odierna societ in nome collettivo, caratterizzata dalla costituzione di un patrimonio comune a tutti i soci, ma separato da quello personale e destinato ad essere utilizzato per l esercizio dell attivit sociale. Ad essa segu la societ in accomandita caratterizzata dalla presenza di due categorie di soci, gli accomandatari e gli accomandanti, i primi a cui spettavano tutti i poteri di gestione e che erano illimitatamente responsabili, i secondi che partecipavano unicamente alla ripartizione degli eventuali u ma la cui responsabilit era limitata al solo tili, conferimento eseguito.
La giurisdizione
L amministrazione della giustizia nel XVI sec. cessava di essere una prerogativa delle corporazioni, e di essere amministrata dagli stessi mercanti ed anche le controversie riguardanti i rapporti commerciali venivano assorbite dalla giurisdizione statale. Non si trattava pi di una giurisdizione separata, era una giurisdizione inserita nella giurisdizione dello Stato ma pur sempre amministrata da tribunali speciali.
Le banche nazionali
Nel secondo periodo all attivit bancaria esercitata dagli stessi mercanti, si affiancavano le banche nazionali e innanzi tutto la Banca d Inghilterra costituita essenzialmente con funzione di tesoreria, cio con lo scopo di ricevere e custodire le somme che pervenivano a qualsiasi titolo nel patrimonio dello Stato e provvedere all esecu zione dei pagamenti dovuti. Di conseguenza la Banca d Inghilterra si era trovata ben presto in possesso di rilevanti somme di denar e si prospettava l opportunit di investirle in operazioni di o concessione di credito, nasceva cos il contratto di sconto e cio quel contratto con cui il mercante cedeva alla banca propri crediti liquidi, ma non ancora esigibili, ricevendone in cambio il corrispettivo in denaro decurtato di una certa somma che costituiva il compenso della prestazione della banca e il pagament degli interessi. o Inoltre il banchiere che riceveva in deposito una somma di denaro doveva rilasciare al depositante una ricevuta un documento nominativo che veniva emesso di volta in , volta. Per accelerare queste operazioni si cominci ad emettere dei documenti di importo predeterminato ma di tagli diversi, senza indicazione del nome del creditore, nasceva in tal modo il biglietto di banca.
La cambiale
La disciplina della cambiale subiva anch essa in questo periodo delle modificazioni notevoli. Innanzi tutto, i soggetti che in origine erano quattro, e cio il debitore ex causa cambi, il creditore, il corrispondente del primo e il corrispondente del secondo, si riducevano a tre, in quanto si riconosceva che il creditore non doveva essere costretto a rivolgersi ad un proprio corrispondente per riscuot la somma menzionata nel ere documento, ma poteva anche farlo personalmente. L istituto che consentiva il perseguimento di questo risultato era la girata, e cio una dichiarazione scritta che veniva apposta sul documento cambiario e con cui il creditore attribuiva ad un terzo la legittimazione a riscuotere in suo nome e per suo conto. Un altra modifica era introdotta, sempre in Francia, con l Ordonnance du commerce, nella quale veniva sancita l abolizione del requisito della permutatio pecuniae, ragion per cui la causa dell emissione della cambiale poteva essere costituita anche da un contratto diverso da quello di cambio. In seguito all introduzione della girata e alla scomparsa del requisito della permutatio pecuniae, la cambiale cessava di essere solo strumento per pagamenti tra piazze lontane e veniva ad assumere anche la veste di documento destinato alla mobilizzazione di un credito. Infine, in questo periodo si veniva configurando in Francia la cambiale commerciale caratterizzata dalla cessione della provvista, e cio dal trasferimento, ai successivi acquirenti del titolo cambiario, del credito che l emittente della cambiale, il traente, vantava nei confronti del trattario.
Le compagnie coloniali
Con l intensificarsi dei rapporti commerciali marittimi, si rendeva necessaria l individuazione di una nuova struttura giuridica associativa che doveva soddisfare due diverse esigenze: - da un lato quella della circolabilit della partecipazione; - dall altro quella della limitazione della responsabilit dell investitore. A queste esigenze rispose la struttura associativa delle compagnie coloniali. La prima compagnia coloniale veniva ad esistenza in Olanda, con la costituzione della Compagnia Olandese delle Indie Orientali in seguito alla fusione di alcune societ di armamento. Si trattava di una compagnia privilegiata che nasceva in seguito ad un provvedimento dell autorit che attribuiva alla compagia il privilegio dello sfruttamento di n determinati territori. La partecipazione alla compagnia era aperta a tutti ed era rappresentata da un documento denominato azione, probabilmente perch conferiva al socio la legittimazione ad esercitare l eventuale azione giudiziaria contro la compagnia per far valere i propri diritti. Un ulteriore peculiarit della compagnia era costituita dalla limitazione della responsabilit di tutti i soci, che rappresentava una novit per l ordinamento giuridico dell epoca.
LE CODIFICAZIONI
La codificazione napoleonica
Il Codice Civile veniva emanato nel 1804 da Napoleone. Il Codice, subito dopo le disposizioni preliminari, era diviso in 3 libri: - primo libro: diritto di famiglia; - secondo libro: i beni e la propriet; - terzo libro: i modi di acquisto della propriet. Per quanto atteneva alla disciplina dei rapporti patrimoniali il codice era fondato su due concetti: la propriet e il contratto, come strumento di circolazione della propriet. Il Codice si proponeva di perseguire l uguaglianza giuridica dei cittadini, ma in esso si manifestava un completo disinteresse per le diseguaglianza economiche, e questo costituiva il maggior limite della codificazione. Il Codice di commercio veniva promulgato due anni dopo, nel 1806, ma aveva una minore importanza rispetto al precedete, infatti, mentre il Codice Civile aveva un carattere fortemente innovativo perch trasferiva in un testo normativo i principi della Rivoluzione, il Codice di commercio costituiva solamente la naturale evoluzione del sistema precedente, che aveva trovato una sua regolamentazione gi dell Ordinanza sul commercio di Luigi XIV.
La societ anonima
Un ulteriore novit del Codice di commercio del 1806 era la nascita della societ anonima, che poteva essere considerata come una naturale evoluzione delle compagnie coloniali. La societ anonima costituiva un tipo di societ caratterizzato dalla responsabilit limitata di tutti i soci e che contemporaneamente doveva soddisfare alcune condizioni a cominciare dall esistenza di un capitale stabile, dalla redazione di bilanci annuali e dalla pubblicit degli atti societari. Veniva prevista, inoltre, la responsabilit degli amministratori. La costituzione della societ anonima era subordinata ad una autorizzazione che doveva essere concessa caso per caso all autorit governativa ed in seguito ad una giudizio di merito che aveva un largo margine di discrezionalit. In Francia veniva, invece, sancita la regola che la costituzione della societ anonima diveniva libera anche se subordinata a osservanza di determinati requisiti legali e ll veniva assoggettata al controllo dell autorit giudiziaria, che non era per controllo di merito, ma di legalit, ed in cui non vi era alcun margine di discrezionalit, dovendo il giudice limitarsi a verificare che nell atto costitutivo e nello statuto non vi era alcuna violazione di norme imperative.
LA CODIFICAZIONE IN ITALIA
Dal risveglio nel 1700 alla formazione dello Stato Nazionale
L apporto del nostro Paese all evoluzione del diritto commerciale nel secondo periodo della sua storia si era limitato all opera della dottrina diretta essenziale a inquadrare la disciplina vigente, invece nel 1700 si assisteva ad un notevole risveglio del pensiero economico e giuridico. In questo periodo si avviva la realizzazione di un rinnovamento dell attivit economica ed innanzi tutto dell economia agraria in quanto: - venivano abolite le terre di uso comune; - si formava la propriet contadina; - si organizzava l attivit agricola in modo da realizzare un maggiore e migliore sfruttamento della terra. Nel Granducato di Toscana e nel Lombardo Veneto veniva anche sciolte le corporazioni. In quegli anni raccoglieva sempre maggiori consensi anche l idea della codificazione intesa come consolidazione legislativa del diritto vigente. Questa idea veniva attuata negli Stati Sardi e nelle Costituzioni di Carlo Emanuele II. Altrettanto avveniva nel Granducato di Toscana e nel Regno delle Due Sicilie. In seguito all invasione napoleonica, venne prospettata l esigenza di un completo rinnovamento legislativo. Di conseguenza venivano nominate dai nuovi governanti due commissioni legislative, il cui compito doveva essere quello di con sentire l introduzione nel nostro ordinamento di una codificazione che doveva rifarsi al modello francese. Rotti gli indugi, Napoleone dava disposizione che si procedesse alla traduzione dei codici francesi. Venivano di conseguenza emanati: - nel 1806: il Codice Civile di Napoleone il Grande per il Regno d Italia; - nel 1808: il Codice di commercio. Nel 1815 Napoleone veniva sconfitto a Waterloo ed in seguito al Congresso di Vienna si ricostituivano sostanzialmente gli Stati preesistenti e ritornavano al potere i vecchi governanti, i quali in alcuni casi mantenevano in vigore la legislazione napoleonica, ma in molti altri ripristinavano le norme precedenti. E quanto avveniva nel Regno di Sardegna, dove si provvide alla redazione ed emanazione delCodice di commercio Albertino nel 1842. Anche questo codice, per, aveva vita breve perch in seguito all unificazione del territorio nazionale ed alla costituzionedel Regno d Italia i governanti ritennero non opportuno estendere l applicazione della legislazione piemontese a tutto il territorio nazionale e veniva di conseguenza adottata la decisione di mantenere in vigore le norme vigente nelle diverse regioni e province e di procedere ad un completo rinnovamento legislativo che sfociava nell emana zione nel 1865 del Codice Civile e del Codice di commercio.
Inoltre si ampliava l ambito del diritto commerciale facendovi rientrare nuovi tipi di atti di commercio o dettando la discip lina di istituti ignorati dalla legislazione precedente come: - la speculazione immobiliare e l attivit di costruzione edilizia; - l assegno bancario; - l assicurazione sulla vita. Inoltre nel codice del 1882 si accentuava l oggettivizzazione del diritto commerciale. In questo sistema oggettivizzato la presenza del commerciante, prima essenziale ai fini della qualificazione dell atto di commercio, perdeva la sua rilevanza dovendo far riferimento solo a requisiti oggettivi.
La prima guerra mondiale e l intervento dello Stato nell esercizio dell attivit economica
Il primo conflitto mondiale provocava una grave crisi della struttura economica del Paese. Era infatti accaduto che le industrie italiane nei decenni precedenti per poter realizzare le opere necessarie al loro risanamento avevano dovuto fare ricorso a notevoli finanziamenti che erano stati concessi loro dalle banche ed a garanzia dei quali avevano costituito in pegno pacchetti azionari. In pi, in seguito allo scoppio della prima guerra mondiale le industrie per poter attivamente partecipare allo sforzo bellico erano state costrette ancora una volta a fare ricorso a finanziamenti, in cambio dei quali avevano ceduto ai loro finanziatori delle azioni. Era, pertanto, accaduto che le banche si erano trovate in possesso di ingenti pacchetti azionari, che avevano per assorbitotutta la loro liquidit. Se a tutto questo si aggiungevano le ripercussione in Europa ed in particolare nel nostro Paese della grave crisi finanziaria di Wall Street del 1929 risultava evidente l impossibilit di provvedere alla riconversione del sistema industriale ed al rilancio dell economia facendo ricorso alle ordinarie forme di finanziamento. Si rendeva, perci, necessario un intervento straordinario a cui si provvedeva con il r.d.l n1388 del 1931 con cui veniva costituito l I.M.I. (Istituto Mobiliare Italiano) e con il r.d.l. n5 del 1933 con cui veniva costituito l I.R.I. (Istituto per la Ricostruzione Industriale). Lo scopo dell I.M.I. era quello di concedere finanziamenti a medio e lungo termine (non oltre 10 anni) alla imprese che presentavano effettive possibilit di riassetto e di ripresa, lasciando alle banche il solo credito ordinario. All I.R.I. venivano, invece, trasferiti i pacchetti azionari di grandi e medie societ industriali e manufatturiere che si erano nel corso degli anni accumulati nel patrimonio delle banche, le quali ricevendone in cambio il controvalore vedevano ricostruita la loro liquidit.
La particolarit della situazione da un lato giustificava l intervento dello Stato nell esercizio dell attivit economica, dall altro costituiva una inversione di rotta rispetto al liberismo ottocentesco.
Il Codice Civile del 1942 e le opinioni della dottrina sulla sorte del diritto commerciale
Con il Codice Civile del 1942 si realizzava da un lato l unificazione formale del diritto privato perch scompariva il Codice di commercio e si aveva un testo legislativo unitario e dall altro lato l unificazione sostanziale del diritto delle obbligazioni venendo eliminata la distinzione tra contratti civili e contratti commerciali. Il tuo testo legislativo provocava un ampio dibattito in dottrina a cui partecipavano i pi autorevoli studiosi di diritto commerciale, i quali si dividevano in 3 differenti correnti: 1) la prima sosteneva che il nuovo Codice Civile era una realizzazione del regime politico vigente nel momento storico in cui era stato approvato, in q uanto traduceva in un testo normativo i principi ispiratori dell ordinamento corporativo, e quindi nella sostanza non era cambiato nulla; 2) la seconda opinione, che vedeva nel Valeri il principale sostenitore, sosteneva la necessit di riaffermare l autonomia e la specialit del diritto commerciale e proponeva l emanazione a breve scadenza di un nuovo Codice di commercio, che do veva essere impostato sulla figura dell imprenditore. 3) opposta era l opinione del Greco e della dottrina prevalente, secondo cui con la codificazione del 1942 si era realizzata una sostanziale unificazione del diritto privato, ne conseguiva perci che si poteva ancora parlare di autonomia del diritto commerciale ma solo a fini didattici e che quindi la specialit di alcuni istituti specifici non aveva particolari conseguenza sulla disciplina.
La legge n216 del 1974 e l istituzione della Consob e altre forme di intervento dello Stato nell attivit economica
La legge n216 del 1974 disponeva nell art. 1 l istituzione della Commissione nazionale per la societ e la borsa (Consob), la cui funzione era quella di realizzare un controllo pubblico sulle societ quotate in borsa. Il controllo pubblico si realizzava assoggettando i bilanci delle societ ad un controllo esterno da affidare ad una societ di revisione da scegliere tra quelle iscritte in un apposito albo creato presso la Consob. Inoltre veniva attribuito alla stessa Consob il potere di ordinare agli amministratori di rendere noti dati e notizie ritenute rilevanti e di comunicare alla Commissione il progetto di bilancio e le proposte di modifica dell atto costitutivo, di emissione di obbligazioni e di fusioni. L inosservanza di queste disposizioni comportava l irrogazione di sanzioni amministrative a carico degli amministratori della societ. Poco dopo i poteri della Consob venivano ampliati, comportando anche la possibilit di inci ere sulla vita della societ, in quanto alla Commissione veniva attribuita, la d legittimazione ad impugnare la deliberazione di approvazione del bilancio. Un ulteriore novit era la previsione delle offerte pubbliche di acquisto. Anche a questo proposito si realizzava un aumento dei poteri della Consob a cui veniva tra l altro consentito di autorizzare deroghe al divieto di aumenti e di riduzioni del capitale sociale deliberati dopo il lancio di una offerta pubblica di acquisto. L intervento dello Stato nell attivit economica e bancaria si realizzava con il supporto di altri istituti di controllo. - l Autorit garante della concorrenza e del mercato: ha un ruolo non trascurabile, avendo il potere non solo di individuare i comportamenti lesivi della libert della concorrenza irrogando eventuali sanzioni, ma anche di autorizzare eventuali deroghe; - la Banca d Italia: che detiene ampi poteri di controllo sulle imprese esercenti attivit bancaria che riguardano l autorizzazione all esercizi dell attivit, l acquisto delle o partecipazione e le fusioni.
L IMPRENDITORE
L attivit: nozione e particolare disciplina
E imprenditore, ai sensi dell art. 2082 C.c. chi esercita professionalmente un attivit economica organizzata al fine della produzione o dello scambio di beni o di servizi. Con l art. 2082 l attivit acquista per la prima volta rilevanza per l ordinamento giuridico. Infatti, mentre il Codice di commercio ruotava intorno alla nozione di atto, nel nuovo codice l attenzione si ferma sull attivit. Per quanto riguarda la nozione di attivit, da rilevare che la stessa si svolge mediante il compimento di una pluralit di atti, ma non si riduce alla loro somma, in quanto gli stessi devono essere diretti al perseguimento di una comune finalit. Va anche precisato che quando si parla di atto, non lo si deve intendere nel suo significato tecnico-giuridico ma come sinonimo di affare, che pu a sua volta essere costituito dal compimento di uno o pi atti giuridici. La distinzione fra atto ed attivit si ripercuote sulla relativa disciplina. Infatti l atto o il negozio giuridico non conformi alla legge sono, a seconda dei casi, nullo o annullabile e pu esserne chiesta la risoluzione, mentre non possibile parlare di nullit o annullabilit dell attivit, nei cui confronti sono possibili solo sanzioni amministrative o penali.
L organizzazione
L attivit, recita l art. 2082, deve essere organizzata. La forma tipica di organizzazione costituita dall azienda, che secondo la stessa nozione contenuta nell art. 2555 C.c il complesso di beni organizzati dall imprenditore per l esercizio dell impresa. Se questa fosse nel nostro ordinamento la sola forma di organizzazione possibile, se ne dovrebbe dedurre che pur esistendo un serie di attivit che presentano tutte le a caratteristiche richieste dall art. 2082 chi le esercita dovrebbe essere escluso dal novero degli imprenditori per il solo fatto che non dispone di una azienda. La nozione di organizzazione non deve pertanto essere intesa nel suo significato tecnico -giuridico e si deve riconoscere che per la sua esistenza sufficiente lo stabile investimento di capitali o il ricorso al lavoro altrui. Vi sono inoltre delle fattispecie nelle quali non necessario n l investimento di capitali n il ricorso al lavoro altrui, essendo possibile un differimento nell esecuzione delle prestazioni. E quanto accade nelle operazioni di borsa, che si effettuano mediante la conclusione di contratti di compravendita ad esecuzione differita, ma aventi tutta la stessa data di scadenza, ragion per cui l operatore professionale di borsa pu eser itare la propria attivit mediante l assunzione di responsabilit patrimoniale, di c obbligazioni, sufficiente ad integrare il requisito dell organizzazione.
1) L intento di lucro non va riferito al singolo atto, perch l imprenditore pu decidere di vendere determinati prodotti sotto costo o di regalarne campioni, subendo perdite che sono per dirette ad acquisire clienti o ad accrescere l avviamento. 2) Lo scopo di lucro indipendente dalla successiva destinazione dei guadagni e perci esiste anche se il guadagno una volta realizzato venga destinato ad iniziative altruistiche o opere di beneficenza. 3) Va distinto il lucro in senso giuridico dal profitto economico, in quanto il primo comprende anche la remunerazione del capitale proprio investito nell esercizio dell attivit e del lavoro dello stesso imprenditore, mentre il secondo costituito dalla differenza fra il totale dei ricavi e l insieme di tutti i costi.
Le professioni intellettuali
Un attivit che presenta tutte le caratteristiche indicate nell art. 2082 C.c in quanto diretta a produrre servizi, richiede una organizzazione rilevante anche per l impiego di mezzi finanziari, esercitata professionalmente l esercizio di una professione intellettuale. Ai sensi dell art. 2238 C.c se l esercizio della professione costituisce elemento di una attivit organizzata in forma di impresa, si applicano anche le disposizioni del titolo II (art. 2082 e seguenti). Pertanto il medico che anche proprietario e gestore di una clinica privata imprenditore ed del pari imp renditore l ingegnere che gestisce un impresa di costruzioni. Ne consegue che non sono imprenditori l avvocato, il medico, l ingegnere quando si limitano ad esercitare la loro professione indipendentemente dall entit delle relative organizzazioni. Di fatti le professioni intellettuali sono assoggettate ad una particolare disciplina dettata da leggi speciali, le quali richiedono la presenza di specifiche condizioni per l ammissione al loro esercizio, che risultano incompatibili con la figura dell imprenditore. Va infine rilevato che agli ordini professionali attribuito dalle legge il potere di erogare sanzioni ai loro iscritti. Si tratta, in sostanza, di una serie di regole dirette a disciplinare l esercizio della professione e dettate anche a tutela dei terzi. Regole incompatibili con l esercizio dell attivit di impresa per la quale vige il principio, sancito dalla Costituzione, della libert di iniziativa.
IL PICCOLO IMPRENDITORE
L art. 2083 e la nozione di piccolo imprenditore
L art. 2083 C.c. dispone che sono piccoli imprenditori i coltivatori diretti del fondo, gli artigiani, i piccoli commercianti e coloro che esercitano una attivit professionale organizzata prevalentemente per il lavoro proprio e dei componenti della famiglia. Se si fermasse l attenzione sul valore letterale della norma se ne dovrebbe dedurre che la stessa diretta a disciplinare 4 categorie di piccoli imprenditori e che per le prime 3 si dovrebbe fare riferimento alla loro valutazione sociale e che per la quarta si dovrebbe invece adottare il criterio normativo specificato con le parole e coloro . Si tratterebbe di una evidente incongruenza non essendo pensabile che per individuare la stessa categoria di soggetti, si ado ttino nella stessa norma due diversi criteri. La conclusione che l inciso e coloro serve a specificare in quali casi nel nostro ordinamento il coltivatore diretto, l artigiano o il piccolo commerciante possono essere ritenuti piccoli imprenditori. Per quanto riguarda i componenti della famiglia, occorre chiarire che i componenti della famiglia a cui si riferisce la norma in esame non possono essere considerate tutte le persone legate all imprenditore da rapporti di parentela o affinit, si deve invece adottare un interpretazione molto restrittiva che limiti costoro al coniuge, ai discendenti ed agli ascendenti. Infine la prevalenza va riferita non solo al lavoro altrui, ma anche al capitale investito.
La successiva legge quadro per l artigianato, la legge n443 del 1985, contiene nell art. 2 e nel 1 comma dell art. 3 una nozione di artigianato che sembra coincidere con quell art. 2083 C.c. Di qui la necessit di chiarire la portata delle nuove disposizioni a cominciare dall art. 5 che disciplina l albo delle imprese artigiane, ed il cui: - 4 comma dispone che l iscrizione all albo costitutiva; - 7 comma: che dispone che nessuna impresa pu adottare, come ditta o insegna o marchio, una denominazione in cui ricorrano riferimenti all artigianato se essa non iscritta nell albo di cui al 1 comma. Senonch nel nostro ordinamento per l acquisto della qualit di imprenditore, e di artigiano in particolare, necessario e s fficiente l esercizio dell attivit, mentre u l iscrizione a determinati registri o albi ha un mero valore dichiarativo. Una ulteriore diversit riguarda i limiti dimensionali che secondo l art. 4 legge quadro sono sicuramente diversi da quelli previsti nell art. 2083 C.c. perch una impresa in cui possono prestare la loro opera sino a 18 dipendenti non certo tale da venire esercitata prevalentemente con il lavoro d imprenditore e dei propri familiari. ell Si tratta, in realt, di una vera e propria impresa industriale ed al limite di una media industria. L ultima singolarit quella contenuta nel 2 comma dell art. 3 legge quadro, secondo cui impresa artigiana anche quella costituita ed esercitata in forma di societ anche cooperativa e con la sola esclusione delle societ per azioni. Norma anche questa in contrasto con il 2 comma dell art. 1 della legge fallimentare, secondo cui in nessun caso sono considerati p iccoli imprenditori le societ commerciali. Nonostante ci, si deve riconoscere (come sostenuto da altri studiosi e dalla prevalente giurisprudenza) che la legge quadro riguarda solamente le particolari agevolazioni di natura tributaria, assistenziale e assicurativa, mentre per quanto attiene alla individuazione della nozione di artigiano nonch per l assoggettamento alle procedure concorsuali rimasta in vigore la disciplina precedente.
L impresa familiare
Una particolare figura di impresa quella disciplinata dall art. 230 bis C.c sulla quale va fermata l attenzione per l assonanza con la nozione di piccolo imprenditore, in quanto per espressa disposizione normativa le persone che possono collaborare con l imprenditore sono ilconiuge, i parenti fino al terzo grado e gli affini entro il secondo. Il familiare che presta in modo continuativo la sua attivit di lavoro nell impresa familiare ha diritto al mantenimento secondo la condizione patrimoniale della famiglia e partecipa agli utili realizzati ed ai beni acquistati con essi, nonch agli incrementi dell azienda, in proporzione alla quantit e alla qualit del lavoro prestato. La vera novit dell art. 230 bis, per, costituita dal potere accordato ai familiari di adottare a maggioranza le decisioni relative all impiego di utili e degli incrementi, nonch quelle inerenti alla gestione straordinaria, agli indirizzi produttivi ed alla cessazione dell impresa. E certo, comunque, che imprenditore sempre e solo il titolare dell impresa e solo a lui saranno eventualmente applicabili le norme sullo statuto dell imprenditore commerciale. Ne consegue che legittimato ad instaurare rapporti con i terzi sar sempre e solo l imprenditore anche quando deve dare attuazione alle decisioni adottate dalla , maggioranza dei familiari.
L IMPRENDITORE AGRICOLO
Le attivit agricole: coltivazione del fondo, silvicoltura ed in particolare l allevamento del bestiame e la sua autonomia
E imprenditore agricolo, ai sensi dell originaria formulazione dell art. 2135, chi esercita un attivit diretta alla coltivazione del fondo, all allevamento del bestiame, alla silvicoltura e attivit connesse. Qualche problema si presenta a proposito dell allevamento del bestiame, poich parte della dottrina e della giurisprudenza sostiene che questa attivit agricola solo se viene esercitata in funzione o in collegamento del fondo, rifacendosi a quella che era la disciplina vigente del Codice di commercio del 1882. La prima esplicita menzione che l allevamento del bestiame non subordinato alla presenza del fond contenuta nel progetto di riforma del Codice di commercio del o 1939 (progetto Asquini) nel quale veniva esclusa la commercialit della transumanza, che consisteva nel trasferimento del gregge in montagna nei mesi estivi e nel ritorno in pianura all inizio della stagione fredda. L art. 2135 stato oggetto di una recente modifica da parte del d. lgs. 228/2001, che ha notevolmente allargato l area della categoria. In particolare la scelta legislativa, ispirata all attenuazione del requisito della connessione fra attivit agricola e fondo, ha mutato sensibilmente l originaria impostazione del codice, che tale connessione valorizzava.
Le attivit connesse
Si reputano connesse, ai sensi del 2 comma dell art. 2135, le attivit dirette alla trasformazione o all alienazione dei prodotti agricoli quando rientrano nell esercizio normale dell agricoltura. L attivit connessa agricola, solo se soddisfa determinate condizioni. - l attivit deve essere esercitata dallo stesso imprenditore agricolo: cio da persona che esercita in via primaria una delle attivit indicate nel 1 comma dell art. 2135. Non invece imprenditore agricolo chi svolge esclusivamente una attivit di alienazione o di trasformazione di prodotti agricoli; - l attivit deve essere una attivit che rientra nell esercizio normale dell agricoltura: di conseguenza se in una determinata zona agricola i produttori di olive o di uva sono soliti trasformare le prime in olio e la seconda in vino, si sicuramente in presenza di attivit connesse, mentre ci non configurabile se l attivit di trasformazione venga esercitata in una zona in cui la maggioranza degli agricoltori si limita ad alienare i prodotti del fondo. Tuttavia, va precisato che se l imprenditore agricolo una collettivit organizzata questa potr esercitare attivit connesse data l identit soggettiva, mentre sorgono delle perplessit nel caso di cooperativa o altro tipo di societ per la trasformazione di prodotti a causa della mancanza di identit soggettiva.
La modifica della nozione di imprenditore agricolo nel nuovo testo dell art. 2135
L art. 1 del d.lgs n228 del 2001 dispone: l art. 2135 C.c sostituito dal seguente e subito dopo aggiunge imprenditore agricolo chi esercita una delle seguenti attivit: - coltivazione del fondo; - selvicoltura; - allevamento di animali; - attivit connesse . Il vecchio art. 2135 parlava, invece, di allevamento del bestiame e la differenza non di scarsa rilevanza in quanto il bestiame formato da animali di grosso e medio taglio destinati a soddisfare bisogni primari dell uomo. A sua volta il 3 comma del nuovo art. 2135 recita: Si intendono comunque connesse le attivit, esercitate dal medesimo impre nditore agricolo, dirette alla manipolazione, conservazione, trasformazione, commercializzazione e valorizzazione che abbiano ad oggetto prodotti ottenuti p revalentemente dalla coltivazione del fondo o del bosco o dall allevamento di animali . La conseguenza sarebbe, stando all interpretazione letterale della norma, che l allevatore di animali da pelliccia se successivamente li trasforma, sarebbe un imprenditore agricolo e cos anche il titolare di un mobilificio che sia contemporaneamente proprietario di un bosco. Questa considerazione non pu essere di per s sufficiente, in quanto la persona fisica o giuridica che sia titolare di un grosso pastificio, non imprenditore agricolo per il solo fatto che contemporaneamente proprietario di un fondo rustico e lo coltiva. N si pu trascurare che se si dovesse accogliere una tale interpretazione della norma, la stessa giustificherebbe pi di un motivo di incostituzionalit, in quanto il grosso pastificatore sarebbe imprenditore agricolo se utilizza almeno in p arte grano proveniente da un fondo di sua propriet, mentre in mancanza del fondo sarebbe imprenditore commerciale e ci comporterebbe una violazione della parit di trattamento sancita dall art. 3 Cost., perch in realt si tratta della stessa attivit. Un ulteriore novit rispetto alla disciplina precedente quella sancita nel punto 2 dell art. 1 del d. lgs n228/2001, ai sensi del quale: si considerano imprenditori agricoli le cooperative di imprenditori agricoli ed i loro consorzi quando utilizzano per lo svolgimento dell attivit di cui all art. 2135 C.c. prevalentemente prodotti dei soci , ragione per cui verrebbe meno un ulteriore requisito dell attivit connessa, quello dell identit soggettiva. A sua volta l art. 3 del d. lgs. fa rientrare fra gli imprenditori agricoli coloro che esercitano attivit agrituristiche, anche se svolte all esterno dei beni fondiari e si dedicano all organizzazione di attivit ricreativa, culturali e didattiche, di pratica sportiva, escursionistiche finalizzate ad un migliore conoscenza del territorio: iniziative a interessanti ma che non hanno nulla in comune con la nozione di imprenditore agricolo ai fini della disciplina dei rapporti p atrimoniali.
L imprenditore ittico
L art. 2, 3 comma, del d.lgs n226 del 2001 dispone che l imprenditore ittico equiparato all imprenditore agricolo e nel precedente 1 comma definisce l imprenditore ittico come colui che esercita un attivit diretta alla cattura o alla raccolta di organismi acquatici in ambienti marini, salmastri o dolci nonch le attivit a queste connesse. Nella nozione di imprenditore ittico scompare qualsiasi riferimento al profilo essenziale dell agricoltura, la presenza e la coltivazione del fondo. Ma ancora pi singolare l elencazione delle attivit connesse contenuta nell art. 3, 1 comma, dove si precisa che sono tali quelle consistenti: a) nell imbarco di persone non facenti parte dell equipaggio in navi da pesca a scopo turistico ricreativo; b) nell attivit di ospitalit, di ristorazione, di servizi ricreativi, culturali finalizzati alla corretta fruizione degli ecosistemi acquatici e delle risorse della pesca, valorizzando gli aspetti socio-culturali del mondo dei pescatori professionisti; c) nella prima lavorazione dei prodotti del mare, nella conservazione, nella trasformazione, nella distribuzione e nella commercializzazione al dettaglio o all ingrosso. Tutto questo che c entra con l imprenditore agricolo?
L IMPRENDITORE COMMERCIALE
La nozione di imprenditore commerciale: individuazione per esclusione
Il Codice Civile non contiene una nozione di imprenditore commerciale. Di conseguenza per poter individuare chi nel nostro ordinamento imprenditore commerciale necessario prendere in considerazione l art. 2195 C.c. che dispone che sono soggetti all obbligo dell iscrizione nel registro delle imprese gli imprenditori che esercitano: 1) una attivit industriale diretta alla produzione di beni o di servizi; 2) una attivit intermediaria nella circolazione dei beni; 3) una attivit di trasporto per terra, per acqua o per aria; 4) una attivit bancaria o assicurativa; 5) altre attivit ausiliarie delle precedenti. Esaminando attentamente le fattispecie elencate dall art. 2195, si deve rilevare che le attivit menzionate nei numeri 3 e 4 possono essere ricondotte alla due prime categorie, in quanto si tratta di attivit dirette alla produzione di servizi o di attivit intermediarie nella circolazione dei beni. Ne consegue che le attivit sinora elencate si riducono alle prime due. Inoltre se l attivit industriale di produzione di beni o di servizi e l attivit intermediaria nella circolazione di beni vengono poste a confronto con le attivit disciplinate nell art. 2082 C.c., secondo cui imprenditore chi esercita una attivit di produzione o di scambio di beni o servizi, se ne dovrebbe dedurre che tutte le imprese sono imprese commerciali. Conclusione errata in quanto nel nostro ordinamento sono disciplinati anche i piccoli imprenditori e gli imprenditori agricol, ragion per cui la figura dell imprenditore i commerciale deve essere individuata in via negativa, nel senso che sono imprenditori commerciali tutti gli imprenditori che non siano n piccoli n agricoli.
L imprenditore occulto
L attivit pu essere esercitata avvalendosi dell opera di un prestanome ed in tal caso fino a quando le entrate sono sufficienti ad adempiere tutte le obbligazioni non sorgono problemi, pu, per, accadere che gli affari non vadano sempre secondo le previ ioni ed il prestanome non sia pi in grado di soddisfare i propri creditori. s Parte della dottrina e della giurisprudenza si sono domandate se sia giustificato che quando ci accade, il dominus o imprenditore occulto, dopo aver goduto dei guadagni quando gli affari andavano bene, possa poi, in caso di dissesto, non adempiere le obbligazioni contratte nel suo interesse a danno de creditori del prestanome. i I fautori della teoria dell imprenditore occulto e in particolar modo il Bigiavi hanno tratto spunto dall art. 147 della legge fallimentare, il cui 2 comma dispone che se dopo la dichiarazione del fallimento di una societ con soci illimitatamente responsabili risulta l esistenza di altri soci illimitatamente responsabili, il tribunale, dopo averli sentiti in camera di consiglio, dichiara anche il loro fallimento, e perci li assoggetta alla stessa disciplina. Il Bigiavi ha equiparato la societ palese con soci occulti all impresa occulta fra il prestanome e il dominus, cos giustificando l assoggettamento al fallimento del dominus in seguito al fallimento del prestanome. E stato per obiettato dall Ascarelli e da altri che la teoria del Bigiavi la conseguenza di un salto logico non essendo possibile equiparare la societ palese con soci occulti all impresa occulta, in quanto nel primo caso si in presenza di una societ che ha agito in tale veste e perci vi la spendita del nome, con la conseguenza che in caso di fallimento della societ, il fallimento si estende ai soci illimitatamente responsabili anche se occulti. Nel secondo si in presenza di una impresa individuale, che risponde con tutto il suo patrimonio, che coincide con quello pesonale dell imprenditore e cio del r prestanome. Inoltre Ascarelli sostiene che nel momento in cui il fallimento del prestanome viene esteso all imprenditore occulto i creditori di quest ultimo subiscono un non trascurabile sacrificio economico, in quanto vedono concorrere sul patrimonio destinato a soddisfare i loro crediti, i creditori del prestanome. Ed questa, in conclusione, la ragione per cui la teoria dell imprenditore occulto non pu essere condivisa.
Il destinatario delle annotazioni contenute nelle scritture contabili: il limitato valore probatorio
La ragione per cui si affermata l esigenza di una ordinata contabilit stata quella di poter periodicamente valutare se nell esercizio dell attivit sono stati realizzat dei i guadagni o subite delle perdite e poter tempestivamente adottare gli opportuni provvedimenti. Il principale interessato a conoscere questi dati l imprenditore commerciale, perch l unica persona che pu cercare di porvi rimedio e quella che ne s ubisce le dirette conseguenze negative, ragion per cui il destinatario delle annotazioni contenute nei libri e nelle scritture contabili lo stesso imprenditore. Ne consegue che le scritture contabili non hanno natura confessoria, le stesse hanno per una limitataefficacia probatoria. Innanzi tutto possono essere utilizzate come prova contro l imprenditore anche se tenute irregolarmente in quanto si presume che nessuno annoti nelle proprie scritture fatti e circostanze a lui sfavorevoli o che non siano conformi al vero. Inoltre possono fare prova a favore dell imprenditore in presenza di tre condizioni: - si deve trattare di un rapporto fra imprenditori commerciali, in quanto le annotazioni contenute nelle scritture del primo devono trovare riscontro in quelle dell altro; - devono essere regolarmente tenute; - possono essere invocate solo per obbligazioni che derivano da rapporti commerciali. La mancanza o la irregolare tenuta delle scritture contabili pu comportare, a quanto dispone lart. 216 della legge fallimentare, l incriminazione per bancarotta semplice o addirittura fraudolenta.
Il registro attualmente suddiviso in una sezione ordinaria ed in alcune sezioni speciali. SEZIONE ORDINARIA SEZIONI SPECIALI Sono iscritti tutti gli imprenditori commerciali per i quali l iscrizione era gi disposta Le sezioni speciali sono attualmente 2. nel Codice Civile, essi sono: In una sono iscritti gli imprenditori che secondo il Codice Civile ne erano esonerati e a) gli imprenditori commerciali individuali non piccoli; cio: b) tutte le societ, tranne la societ semplice; - gli imprenditori agricoli; c) i consorzi fra imprenditori con attivit esterna; - i piccoli imprenditori; d) i gruppi europei di interesse economico con sede in Italia; - le societ semplici. e) gli enti pubblici che hanno per oggetto esclusivo o prevalente un attivit Un altra sezione speciale riguarda le societ fra professionisti. commerciale; In questa sezione si iscrivono attualmente solo le societ fra avvocati. f) le societ estere che hanno in Italia la sede dell amministrazione o l oggetto principale delle loro attivit.
Il procedimento di iscrizione
L iscrizione eseguita su domanda dell interessato. Nel caso in cui l iscrizione sia obbligatoria e l interessato non vi provveda eseguita d ufficio. L ufficio del registro prima di procedere all iscrizione deve controllare: - che l atto o il fatto sia soggetto all obbligo di iscrizione; - l esistenza e la veridicit dell atto o del fatto; - che la documentazione sia regolare (legalit formale). Dubbio invece se l ufficio debba rilevare eventuali cause di nullit dell atto e in tal caso rifiutare l iscrizione, la dottrina prevalente lo esclude, ma si deve, per, preferire la soluzione opposta. Le iscrizioni devono essere fatte nel registro delle imprese presso la camera di commercio sita nel capoluogo della provinciain cui l impresa ha sede e per agevolare la ricerca da parte dei terzi deve essere indicato negli atti e nella corrispondenza il registro presso il quale l iscrizione avvenuta. L iscrizione eseguita senza indugio e comunque entro 10 giorni dalla data della protocollazione della domanda mediante inserimento dei dati nella memoria , dell elaboratore elettronico e messa degli stessi a disposizione del pubblico sui terminali per la visione diretta. Contro il provvedimento motivato di rifiuto dell iscrizione il richiedente pu entro 8 giorni ricorrere al giudice del registro che provvede con decreto. L inosservanza dell obbligo dell iscrizione punita con sanzioni amministrative di contenuto patrimoniale e con sanzioni indirette: esclusione del beneficio del concordato preventivo e dall amministrazione controllata.
Il procedimento per la concessione dell autorizzazione: i poteri e le responsabilit del genitore e del tutore
L autorizzazione all esercizio dell impresa commerciale deve essere concessa dal tribunale del luogo in cui l incapace ha la residenza, per, questo avviene in seguito a un d complesso procedimento che inizia con l istanza al giudice tutelare il quale deve dare il suo parere: se questo favorevole il procedimento prosegue con il ricorso al tribunale. Se invece il parere negativo il procedimento non si blocca in quanto il parere del giudice tutelare obbligatorio ma non v incolante. Si deve pertanto ritenere che il genitore o il tutore possa sempre proporre reclamo al tribunale il quale decider con decreto. In ogni caso il tribunale prima di decidere deve chiedere ed ottenere il parere del pubblico ministero . Il decreto del tribunale ha natura costitutiva, in quanto solo in seguito alla concessione dell autorizzazione alla continuazione dell esercizio dell impresa il minore diventa imprenditore commerciale. Pu peraltro accadere che l autorizzazione venga concessa nonostante la mancanza di uno o di alcuni presupposti essenziali, n tal caso si presentano numerosi problemi: i - pu accadere che pochi mesi dopo la concessione dell autorizzazione venga accertato e dichiarato lo stato di insolvenza dell imprenditore commerciale minorenne e ne venga dichiarato il fallimento: contro il quale occorre proporre regolare opposizione e l accoglimento dell opposizione produce la revoca del fallimento e contemporanea caducazione dell autorizzazione all esercizio dell impresa. - nel caso in cui il minore imprenditore rimanga in bonis: si deve, in ogni caso, procedere con azione giudiziaria per far revocare l autorizzazione, promuovendo un ordinario giudizio di cognizione che si conclude con una sentenza destinata a passare in giudicato. In un caso o nell altro si deve riconoscere che in seguito alla revoca dell autorizzazione l incapace liberato dal dovere di adempiere le obbligazioni contratte in suo nome e perci l ammontare delle relative prestazioni non pu essere fatto gravare sul suo patrimonio. In entrambi i casi si deve rilevare che gravava sul genitore o sul tutore l obbligo di promuovere l azione giudiziaria diretta a fare accertare la mancanza delle condizioni per la concessione dell autorizzazione. Egli deve, perci, rispondere del suo comportamento omissivo e si dovr di conseguenza applicare estensivamente l art. 1398 C.c.
L institore al momento della conclusione del contratto deve rendere noto alla controparte che agisce nella sua veste di rappresentante dell imprenditore, se omette la spendita del nome risponde personalmente (art.2208 C.c.) L institore ha anche la rappresentanza processuale per tutte le controversie riguardanti gli affari dell impresa da lui compiuti (art. 2204, 4 comma) Per gli atti con cui vengono successivamente limitati o revocati i poteri dell institore necessaria la forma scritta e la sottoscrizione del preponente deve essere autenticata in quanto si tratta di atti che devono essere iscritti nel registro delle imprese. Infine l institore deve per l impresa o per la sede secondaria a cui preposto, insieme con l imprenditore provvedere all esecuzione delle iscrizioni nel registro delle imprese ed alla tenuta di una chiara e regolare contabilit.
SOCIETA : , invece, prevalente in giurisprudenza l idea che esse, a prescindere dal concreto svolgimento di un attivit, siano imprenditori fin dal momento della costituzione. Inizio dell attivit non significa necessariamente che si sia instaurato un rapporto con il primo cliente, essendo sufficiente il compimento di una serie coordinata di atti di organizzazione. PER DIVENIRE IMPRENDITORE NON E NECESSARIO AVERE COMPLETATO IL PRIMO CICLO ECONOMICO, MA E SUFFICIENTE AVERLO INIZIATO IN MODO UNIVOCO.
L AZIENDA
La nozione di azienda
L azienda definita nell art. 2555 come il complesso dei beni organizzati dall imprenditore per l esercizio dell impresa . Dalla definizione si deduce una netta distinzione tra il concetto di azienda e il concetto di impresa. Infatti quando si parla di impresa si indica l esercizio di una attivit economica diretta alla produzione o allo scambio di beni o di servizi e che , perci, diretta a produrre i suoi effetti all esterno della sfera patrimoniale dello stesso imprenditore, essendo caratterizzata dalla destinazione ad alterum. Al contrario l azienda ha una mera funzione strumentale, in quanto individua i mezzi, gli strumenti necessari per la produzione di beni o di servizi necessari all esercizio dell impresa, non ha perci alcuna rilevanza esterna. La dottrina si interrogata sulla natura giuridica dell azienda e si sono contrapposte la teoria unitaria e la teoria atomistica: - teoria unitaria: afferma la diversit del bene azienda rispetto alla semplice somma di beni che lo compongono, giungendo a equipararla alluniversalit di beni e in particolare di beni mobili, con applicazione della relativa disciplina civilistica (art. 1156, 1160 e 1170); - teoria atomistica: risolve l azienda nei singoli beni che la compongono. Per quanto riguarda gli elementi costitutivi della fattispecie azienda, l art. 2555 valorizza come elemento qualificante dell azienda la destinazione dei beni all esercizio dell impresa. Non ha influenza ai fini dell appartenenza di un bene all azienda se l imprenditore ne sia proprietario o ne disponga in forza di altro diritto reale. In astratto concepibile anche un azienda ove nessuno dei beni organizzati per l esercizio dell impresa appartenga, a titolo dipropriet o altro diritto reale all imprenditore. Ci induce a ritenere, che la nozione di bene include non solo i beni mobili, immobili e quelli immateriali (i brevetti per l invenzione) ma anche i contratti che l imprenditore ha stipulato per l esercizio dell impresa e le situazioni soggettive che ne derivano. Non per l avviamento, cio il valore aggiunto dell azienda rispetto a quello della somma dei singoli beni aziendali che consiste nella capacit d attrarre la clientela e i generare reddito: certo l avviamento un valore matrimonialmente misurabile e anche raffigurabile contabilmente, ma rappresenta una qualit dell azienda che pu anche non sussistere; Non esiste un requisito qualitativo dei beni che identificano un azienda se non quello che deriva dal significato che si inten dare al requisito dell organizzazione, nella da definizione di impresa: nel sistema del codice non vi azienda se non vi impresa.
LA PROPRIETA INDUSTRIALE
Le disposizioni generali
L espressione propriet industriale comprende: i marchi e gli altri le indicazioni disegni e i modelli le invenzioni i modelli di utilit le topografie dei le informazioni nuove variet segni distintivi geografiche e le prodotti a aziendali riservate vegetali denominazioni semiconduttori d origine La protezione accordata a tali diritti di tipo dominicale, ricalca cio quella predisposta per il diritto di propriet, tenendo conto che si tratta di beni immateriali. Con il d. lgs n30 del 2005 (Codice della propriet industriale - c.p.i.) tutto il settore, con la sola esclusione del diritto d autore, stato raggruppato in un testo normativo unitario, che senza abrogare le norme del Codice Civile, ha riordinato la materia. Nell ambito della propriet industriale si distingue tra diritti titolati e diritti non titolati: - diritti titolati: si acquistano mediante brevettazione o registrazione; - diritti non titolati: si acquistano ricorrendone i presupposti di legge volta a volta indicati.
I marchi
Il marchio appartiene alla famiglia dei segni distintivi, che identificano l imprenditore e la sua azienda e servono cos a distinguere i suoi prodotti e servizi da quelli dei concorrenti. Tali segni rivestono un ruolo assai rilevante nella capacit dell imprenditore di attrarre e conservare clientela e sono oggetto di cospicui investimenti, specie di tipo pubblicitario. Il marchio certamente il segno distintivo dell impresa di maggior rilievo economico in quanto ne contraddistingue i prodotti e i servizi. Le fonti del diritto dei marchi sono composite: - gli artt. 2569 e 2574 del Codice Civile; - le norme del c.p.i. del regolamento sul marchio comunitario; - le disposizioni del marchio internazionale (Convenzioni di Parigi, Accordo e Protocollo di Madrid, e art. 17 c.p.i.). La differenza fondamentale tra marchio comunitario e marchio internazionale consiste nel fatto che il primo d luogo a un uni o brevetto valevole in tutto il territorio c comunitario, il secondo, invece, rappresenta solo un unificazione procedurale per ottenere un fascio di singoli brevetti nazionali, ciascuno soggetto all propria normativa. a
Il diritto all uso esclusivo del marchio comporta che il soggetto in cui favore stata effettuata la registrazione pu impedire a chiunque altro di porre in commercio o pubblicizzare prodotti o servizi identici che siano contraddistinti da un marchio identico o simile a quello registrato, ove tale somiglianza o affinit determini un rischio di confusione fra il pubblico. Lo stesso marchio, dunque, pu essere liberamente usato da pi imprenditori per contraddistinguere prodotti o servizidiversi e non confondibili. Tuttavia quando il marchio celebre, la possibilit di vietare ai terzi l uso di un marchio simile o identico si estende anche ai prodotti non affini, ove tale uso consenta di trarre indebitamente vantaggio dal carattere distintivo e dalla rinomanza del marchio. Il diritto di uso esclusivo derivante dalla registrazione dura 10 anni dalla data di deposito della relativa domanda ed rinnovabile per la stessa durata alla scadenza per un numero illimitato di volte.
Le invenzioni: il brevetto
Il brevetto per invenzioni consiste nella concessione di un diritto di monopolio temporaneo (20 anni) in favore di chi abbia inventato un prodotto o un procedimento, in tal modo concorrendo al progresso tecnologico dell intera comunit. La disciplina del brevetto, oltre che nel c.p.i. contenuta negli artt. 2584-2591. Al fianco della normativa interna esistono una serie di trattati e convenzioni volte ad agevolare il riconoscimento internazionale dei brevetti rilasciati nei singoli paesi: - la Convenzione di Monaco del 1973 sul brevetto europeo ; - la Convenzione di Parigi del 1883. L art. 45 c.p.i definisce quale oggetto del brevetto le invenzioni nuove che implicano un attivit inventiva e sono atte ad avere un applicazione industrial . e I requisiti di legge per la brevettabilit di un invenzione sono: - industrialit: che indica l attitudine dell invenzione ad avere un applicazione industriale e cio a esser fabbricato o utilizzato in qualsiasi genere di industria; - novit: che si ha quando l invenzione non compresa nello stato della tecnica - originalit: che, in aggiunta al requisito della novit, indica che l invenzione deve rappresentare un significativo progresso tecnico; - liceit.
Il diritto di autore
Il diritto di autore riguarda la protezione legale per le opere dell ingegno di carattere creativo che appartengono alla letteratura, alla musica, alle arti figurative, all architettura, al teatro ed alla cinematrografia, qualunque ne sia il modo o la forma di espressione . Tale protezione disciplinata nel Codice Civile negli artt. 2575-2583 e dalla legge n633 del 1941 e successive modifiche. Le condizioni per l accesso alla tutela del diritto d autore si riassumono nel carattere creativo dell opera dell ingegno e derivano dalla creazione della stessa, senza che la registrazione presso la SIAE, pur obbligatoria, abbia valore costitutivo. L autore ha, sotto il profilo patrimoniale: 1) il diritto esclusivo di utilizzare l opera in ogni forma e modo, originale e derivato; 2) lo sfruttamento economico dell opera che implica la facolt di disporre del relativo diritto nei modi che sono lasciati all autonomia negoziale. Per alcuni tipi di opere il legislatore prevede particolari forme contrattuali, fra queste il contratto di edizione, della durata massima di 20 anni, con il quale l autore concede ad un editore il diritto di pubblicare a stampa l opera dell ingegno dietro corrispettivo. Accanto al diritto di sfruttamento economico l autore ha una serie di diritti morali, irrinunciabili e inalienabili, svincolati dalla cessione a terzi dei diritti patrimoniali, che consistono: - nel diritto di rivendicare la paternit dell opera; - nel diritto di opporsi a ogni modificazione e a ogni altro atto a danno dell opera. - nel diritto di ritirare l opera dal commercio indennizzando coloro che ne avevano acquistato i diritti economici, qualora concorrano gravi ragioni morali. La legge tutela il diritto d autore con sanzioni civili, penali e amministrative, punendo comportamenti quali il plagio, che concretizzano un appropriazione parziale o totale dell opera altrui.
y l applicazione di condizioni discriminatorie per prestazioni equivalenti; y l imposizione di prestazioni supplementari ingiustificate.
La legge non prevede la possibilit di deroghe da parte dell AGCM al divieto dell abuso di posizione dominante. Le sanzioni irrogabili dall AGCM sono uguali a quelle previste per le intese. L AGCM, infine, pu anche sanzionare l abuso di dipendenza economica che abbia rilevanza per la tutela della concorrenza e del mercato. Si tratta di un ipotesi diversa dall abuso di posizione dominante: l abuso di dipendenza economica, infatti, prescinde dalla posizione dominante sul mercato e si riferisce solo ai rapporti intercorrenti fra imprese, identificandosi con la situazione in cui un impresa sia in grado di determinare, nei rapporti commerciali con un altra impresa, un eccessivo squilibrio di diritti e obblighi .
Le concentrazioni
L art. 6 della legge 287/1990 vieta le operazioni di concentrazione che comportino la costituzione o il rafforzamento di una posizione dominante sul mercato nazionale in modo da eliminare o ridurre in modo sostanziale e durevole la concorrenza . Il regolamento CE n 139 del 2004 dichiara incompatibili con il mercato comune le operazioni di concentrazione che ostacolino in modo significativo una concorrenza effettiva nel mercato comune o in una parte sostanziale di esso, in particolare a causa della creazione o del rafforzamento d una posizione dominante . i Cosa deve intendersi con l espressione operazioni di concentrazione? L art. 5 della legge 287/1990 indica una serie di fattispecie: y la fusione tra imprese; y l acquisizione del controllo dell insieme o di pi parti di una o pi imprese, sia tramite l acquisto di partecipazioni sociali o di elementi del patrimonio, sia mediante contratto, sia mediante qualsiasi altro mezzo. y la costituzione di un impresa comune (es. la costituzione di una joint venture). Il sistema di controllo delle concentrazioni prevede, sia in sede nazionale, sia in sede comunitaria, un obbligo di comunicazione delle operazioni di concentrazione che superino soglie quantitative indicate. A seguito della comunicazione l autorit sulla base, di una prima delibazione decide se avviare o no un istruttoria. Durante l istruttoria si compie una valutazione degli elementi che compongono l accordo di concentrazione al fine di effettuare una valutazione comparativa fra i vantaggi che l operazione comporta e il suo costo sotto il profilo concorrenziale. L art. 25 della legge 287/1990 prevede che il Consiglio dei ministri determini in linea generale e preventiva i criteri in base ai quali l AGCM pu eccezionalmente autorizzare talune concentrazioni, per rilevanti interessi generali dell economia nazionale nell ambito dell integrazione europea. Al termine dell istruttoria l operazione pu essere: - autorizzata; - autorizzata con condizioni idonee a impedire la costituzione o il rafforzamento di una posizione dominante; - vietata. Ove l operazione sia gi stata eseguita vengono impartite le misure necessarie a ripristinare le condizioni di concorrenza effettiva.
La concorrenza sleale
Libert di concorrenza non significa che ogni condotta concorrenziale sia lecita. L imprenditore deve comunque improntare i suoi comportamenti nei confronti degli altri imprenditori ai principi generali di lealt e correttezza. Sulla spinta di esigenze da tempo avvertite su base internazionale, gli artt. 2598 e seguenti sono espressamente dedicati alla repressione degli atti di concorrenza sleale. L art. 2598 contiene un elenco delle fattispecie di concorrenza sleale. Le fattispecie elencate nell art. 2598 sono CONFUSIONE DENIGRAZIONE E APPROPRIAZIONE DI PREGI ALTRUI Compie atti di concorrenza sleale chiunque: L art. 2598 considera atto di concorrenza sleale: - usa nomi o segni distintivi idonei a produrre - la diffusione di notizie e apprezzamenti sui prodotti confusione con i nomi o i segni distintivi o sull attivit di un concorrente, idonei a legittimamente usati da altri; determinarne il discredito; - imita i prodotti di un concorrente; - l appropriazione dei pregi dei prodotti o - compie con qualsiasi altro mezzo atti idonei a creare dell impresa di un concorrente. confusione con i prodotti e con l attivit di un Le fattispecie solitamente ricondotte a queste ipotesi concorrente. sono quelle dei messaggi pubblicitari coi quali La norma tutela l interesse dell imprenditore a l imprenditore si attribuisca pregi che in realt tutti impedire che i suoi concorrenti pongano in essere atti hanno, o vanti come proprie qualit altrui. che inducano la clientela in errore sul soggetto con il Non rientra in questa categoria la pubblicit quale entrano in contatto o sui prodotti posti in comparativa, e cio quella che pone a confronto, al commercio. fine di evidenziarne la superiorit, il prodotto dell imprenditore come quello dei suoi concorrenti. Tale forma di pubblicit lecita ove condotta in modo non ingannevole e utilizzando dati effettivamente comparabili e veritieri, diversamente considerata atto di concorrenza sleale. CONTRARIETA ALLA CORRETTEZZA PROFESSIONALE I principali atti che la giurisprudenza ha sanzionato utilizzando il canone della correttezza professionale sono: - lo storno dei dipendenti e dei collaboratori di un impresa: da parte di un concorrente, quando ci avvenga con mezzi scorretti e per ledere deliberatamente l altro imprenditore; - il dumping: consistente nel praticare prezzi di vendita sotto costo al fine di espellere il concorrente dal mercato; - il boicottaggio: consistente nel rifiuto di contrattare con altri imprenditori anche qui al fine di espellerli dal mercato; - la pubblicit ingannevole o menzognera; - la violazione di altrui legittime esclusive contrattuali: ove avvenga con modalit scorrette; - la concorrenza parassitaria: che consiste nello sfruttare a proprio vantaggio gli investimenti che altra impresa ha compiuto nella programmazione e nelle scelte di mercato.
Il contratto di consorzio
Il contratto di consorzio pu essere stipulato solo fra imprenditori. Non sono richiesti ulteriori requisiti soggettivi e perci al consorzio potr partecipare qualsiasi imprenditore, anche se svolgono attivit differenti fra loro. L art. 2603 stabilisce la forma e il contenuto del contratto: - forma : il contratto deve essere fatto per iscritto sotto pena di nullit - contenuto : esso deve indicare: 1. l'oggetto e la durata del consorzio; 2. la sede dell'ufficio eventualmente costituito; 3. gli obblighi assunti e i contributi dovuti dai consorziati; 4. le attribuzioni e i poteri degli organi consortili; 5. le condizioni di ammissione di nuovi consorziati; 6. i casi di recesso e di esclusione; 7. le sanzioni per l'inadempimento degli obblighi dei consorziati. L art. 2611 elenca i casi in cui previsto lo scioglimento dell intero contratto di consorzio: 1) per il decorso del tempo stabilito per la sua durata; 2) per il conseguimento dell'oggetto o per l'impossibilit di conseguirlo; 3) per volont unanime dei consorziati, o per deliberazione dei consorziati, se sussiste una giusta causa; 5) per provvedimento dell'autorit governativa o per altre cause previste nel contratto.
L organizzazione corsortile
Carattere strutturale essenziale dei consorzi la creazione di un organizzazione comune, cui demandato il compito di attuare il contratto assumendo e portando in esecuzione le decisioni necessarie a tal fine. La struttura organizzativa di ogni consorzio si fonda, di regola, sulla presenza: - di un assemblea, quale organo con funzioni deliberative composto da tutti i consorziati, - di un organo direttivo, con funzioni gestorie ed esecutive. Riguardo all assemblea, l art. 2606 prevede che le delibere relative all attuazione dell oggetto del consorzio sono prese col voto favorevole della maggioranza dei consorziati. Le delibere prese a maggioranza possono essere impugnate, dai consorziati, entro 30 giorni davanti all autorit giudiziaria, se non prese in conformit della legge o del contratto. Mentre, l art. 2607 richiede il consenso di tutti i consorziati per la modificazione del contratto. Entrambe le regole hanno carattere dispositivo, in quanto le parti possono disporre diversamente nel contratto. L articolazione dell organo direttivo, e le modalit di nomina, di revoca e di esercizio delle funzioni sono rimesse all autonomia contrattuale.
La disciplina
Il contratto costitutivo del Geie deve essere redatto per iscritto, pena la nullit. Nel contratto devono essere indicati, almeno: 1. la denominazione del gruppo, preceduta o seguita dall espressione gruppo europeo di interesse economico o dalla sigla Geie ; 2. la sede, che deve essere situata nell Unione Europea; 3. l oggetto; 4. il nome dei membri; 5. la durata, che pu essere anche a tempo indeterminato. Il contratto soggetto a pubblicit legale, mediante iscrizione nel registro delle imprese (pubblicit costitutiva) e successiva pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica (pubblicit dichiarativa). Solo con l iscrizione nel registro delle imprese il Geie acquista la capacit di essere titolare di diritti ed obbligazioni. L organizzazione interna e le regole di funzionamento del Geie sono in larga parte rimesse all autonomia privata. Ma, sono espressamente previsti due organi: - un organo collegiale composto da tutti i membri, - un organo amministrativo. I membri del gruppo possono adottare collegialmente qualsiasi decisione per la realizzazione dell oggetto del gruppo. Le decisioni pi importanti, specificate dall art. 17 reg. devono essere prese all unanimit. La gestione del Geie affidata ad uno o pi amministratori, nominati dal contratto costitutivo. Solo ad essi spetta la rappresentanza del gruppo verso i terzi. Se sono pi di uno, la rappresentanza spetta a ognuno di loro disgiuntamente, salvo che il contratto preveda l amministrazion congiunta. e Il Geie deve tenere le scritture contabili previste per gli imprenditori commerciali, indipendentemente dalla natura commerciale o meno dell attivit svolta. Gli amministratori redigono il bilancio, lo sottopongono all approvazione dei membri e provvedono a depositarlo nel registro delle imprese entro 4 mesi dalla chiusura dell esercizio.
In applicazione del principio che il Geie non ha lo scopo di realizzare profitti per se stesso, i profitti risultanti dall attivit del gruppo sono considerati direttamente profitti dei membri e ripartiti fra gli stessi secondo la proporzione prevista nel contratto o, nel silenzio, in parti uguali. Con lo stesso criterio i membri contribuiscono a coprire le perdite. Delle obbligazioni assunte dal Geie rispondono solidalmente ed illimitatamente tutti i membri del gruppo, anche con il proprio patrimonio. Tuttavia, la responsabilit di membri sussidiaria rispetto a quella del Geie, infatti, i creditori possono agire nei confronti dei membri soltanto dopo aver chiesto al gruppo di pagare e qualora il pagamento non sia stato effettuato entro un congruo termine. Sono cause obbligatorie di scioglimento del Geie: - la scadenza del termine; - il conseguimento o l impossibilit di conseguire l oggetto; - il venir meno della pluralit dei membri o della diversa nazionalit; - per sentenza del giudice per giusta causa. Il Geie che esercita attivit commerciale esposto al fallimento in caso di insolvenza. Ma il fallimento del gruppo non determina il fallimento dei singoli membri, bench responsabili illimitatamente. Tuttavia, i liquidatori potranno chiedere ai membri il versamento delle somme necessarie per estinguere i debiti second la proporzione o prevista in contratto, o, se non previsto, in parti uguali.
I GRUPPI
La nozione di gruppo nella legge Prodi e l interesse del gruppo
Il d.l. n26 del 1979 (legge Prodi) contenente provvedimenti urgenti per l amministrazione straordinaria delle grandi imprese in crisi, introduce una importante deroga al sistema giuridico precedente, in quanto la logica su cui imperniato il fallimento e le altre procedure concorsuali quella della tutela dei creditori, mentre con le nuove norme l attenzione si sposta sul salvataggio dell azienda cos da conservare una unit produttiva nell interesse generale dell economia. L art. 3 della legge, traccia per la prima volta la nozione legislativa di gruppo. Infatti dopo aver nell art. 1 individuato le societ che possono essere assoggettate al particolare procedimento, nel successivo art. 3 determina le societ che, nonostante la mancanza delle condizioni indicate nell art. 1, devono essere assoggettate alla stessa procedura a causa del loro collegamento con quelle di cui all ar 1. t. Nell art. 3 vengono individuate 4 fattispecie e precisamente: a) la societ che controlla direttamente o indirettamente la societ in amministrazione straordinaria; b) le societ direttamente o indirettamente controllate dalla societ in amministrazione straordinaria o della societ che le co ntrolla; c) le societ che in base alla composizione dei rispettivi organi amministrativi risultano sottoposte alla stessa direzione della societ in amministrazione straordinaria; d) le societ che hanno concesso crediti o garanzie alla societ in amministrazione straordinaria o alle societ di cui alla precedenti lettere per un importo superiore, ad 1/3 del valore complessivo della propria attivit. Dall elencazione di queste fattispecie se ne tratta la conclusione che il gruppo caratterizzato dall esistenza di: a) una DIREZIONE UNITARIA: e perci dalla presenza di una capogruppo e di alcune societ da questa controllate: b) una POLITICA DI GRUPPO e un INTERESSE DI GRUPPO: e perci un interesse comune a tutte le imprese. Interesse nel perseguimento del quale la capogruppo pu imporre ad una societ controllata il compimento di operazioni commerciali o finanziarie per la stessa pregiudizievoli ed invece favorevoli ad altra societ controllata.
I gruppi nel d.lgs. n6 del 2003, sulla riforma organica delle societ di capitali; in particolare la disciplina della respon sabilit nell art. 2497
Il d.lgs n6 del 2003, con cui si proceduto alla riforma organica della disciplina delle societ di capitali, nell art. 5 contiene le nuove norme in tema di direzione e di coordinamento di societ e ha aggiunto il CAPO IX del titolo V del libro V del Codice Civile. Le norme contenute nel capo IX si possono cos sintetizzare: a) disciplina della responsabilit; b) disciplina dell informazione; c) diritto di recesso; d) finanziamento dell attivit. In tema di responsabilit il nuovo art. 2497 sancisce che la capogruppo se agisce nell interesse imprenditoriale proprio o altrui in violazione dei principi di corretta gestione della societ controllata, direttamente responsabile: - nei confronti dei soci per il pregiudizio arrecato alla redditivit ed al valore della partecipazione sociale; - nei confronti dei creditori sociali per la lesione all integrit del patrimonio della societ. Per quanto attiene al tipo di responsabilit previsto si deve riconoscere che si tratta di responsabilit contrattuale.
Non vi responsabilit quando: - il danno risulta mancante; - il danno stato integralmente eliminato a seguito di operazioni a ci dirette (misure compensative). Il 2 comma dell art. 2497 sancisce che risponde in solido con la capogruppo chi abbia comunque preso parte al fatto lesivo, e chi ne abbia consapevolmente tratto vantaggio.
I CONTRATTI DI IMPRESA
Contratti di impresa e norme di tutela della parte debole: i contratti del consumatore
La principale linea evolutiva delle regole sui contratti di impresa certamente quella che mira a riportare su un piano di e uilibrio la relazione contrattuale fra q l imprenditore e la sua controparte debole. La disciplina dei singoli contratti contrappone all imprenditore (visto come contraente forte) la sua controparte (cliente) considerata meritevole di protezione in quanto tale e non solo in quanto consumatore. La disciplina generale dei contratti con i consumatori ha dato origine ad una copiosa legislazione speciale, che forma oggetto, in attuazione d delega contenuta nella ella legge n229 del 2003, del Codice del Consumo. L art. 39 Cod. cons. pone l importante clausola generale per cui tali attivit devono essere improntate al rispetto dei principi di buona fede, di correttezza e di lealt valutati anche alla stregua delle esigenze di protezione delle categorie dei consumatori. La nozione di consumatore viene ritagliata dall art. 3, 1 comma che definisce il consumatore come la persona fisica che agisce per scopi estranei all attivit imprenditoriale, commerciale, artigianale o professionale eventualmente svolta . Alla nozione di consumatore viene contrapposta la nozione di professionista, e cio della persona fisica o giuridica che agisce nell esercizio della propria attivit imprenditoriale, commerciale, artigianale o professionale, ovvero un suo intermediario . Le regole di protezione del consumatore si articolano su vari piani: - sul piano della determinazione del contenuto del contratto; - sul piano della formazione della volont; - sul piano della corretta esecuzione del contratto.
Infine l art. 49 della legge n99 del 2009 introduce nell art. 140 bis Cod. cons.. anche nel nostro ordinamento la disciplina delle class action, cio di quella azione, assai diffusa negli USA che consente a ciascun danneggiato dai comportamenti di un impresa di agire nell interesse collettivo di coloro che si trovano nell identica situazione per ottenere condanna al risarcimento dell intero danno subito in favore di tutti i soggetti lesi. Iniziata l azione, ciascun appartenente alla classe pu partecipare all azione con un semplice atto di adesione, anche senza farsi assistere da uno specifico difensore. Il tribunale valuta in via preliminare l ammissibilit dell azione in base ai criteri previsti dall art. 140 bis, 6 comma: ove la situazione sia positiva il tribunale determina: a) le caratteristiche della classe: cio i criteri in base ai quali si identificano i diritti tutelati e i soggetti che possono aderirvi; b) le modalit di pubblicit e il termine perentorio entro il quale devono pervenire gli atti di adesione. La sentenza che decide l azione di classe vincola tutti gli aderenti.
Contratto di subfornitura
Il contratto di subfornitura definito come il contratto con il quale un imprenditore si impegna a effettuare per conto di una impresa committente lavorazioni su prodotti semilavorati o su materie prime forniti dalla committente medesima, o si impegna a fornire all impresa prodotti o se rvizi in conformit a progetti esecutivi, conoscenze tecniche e tecnologiche, modelli o prototipi forniti dall impresa committente (art. 1, 1 comma della legge 192 del 1998). Il subfornitore privo di alcun potere contrattuale significativo nei confronti del committente ed dunque il soggetto nei cui confronti, tipicamente, pu ricorrere la figura della dipendenza economica. Fra le varie norme di tutela del subfornitore si segnalano: y la previsione della forma scritta, a pena di nullit, del contratto di subfornitura nonch dei singoli ordini di fornitura in caso di contratto a esecuzione continuata o periodica; y la necessit che il contenuto del contratto sia determinato in modo chiaro e preciso; y la disciplina sui termini di pagamento che devono essere fissati con chiarezza nel contratto per quanto riguarda la decorrenza, che comunque non pu eccedere i 90 giorni dalla consegna del bene o dall esecuzione della prestazione; y la nullit di una serie di clausole e patti contrattuali come: a) le clausole che autorizzano la modifica unilaterale del contratto da parte del committente; b) quelle che autorizzano nei contratti a esecuzione continuata o periodica il recesso senza congruo preavviso; c) quelle che prevedono il trasferimento di diritti di privativa industriale o intellettuale del subfornitore in favore del committente senza congruo preavviso; y la limitazione della responsabilit del subfornitore solo al funzionamento e alla qualit della parte o dell assemblaggio dalui prodotti o del servizio da lui fornito.
Il commercio elettronico
Nell attuale sviluppo delle tecniche di comunicazione a distanza un ruolo peculiare ha assunto l uso delle reti informatiche per contattare la clientela d impresa e stipulare contratti. Il mezzo utilizzato divenuto cos importante da designare un settore dell attivit commerciale: l e-commerce o commercio elettronico. L adozione di questa tecnica comporta l applicazione delle regole di tutela dei consumatori previste per tutti i contratti a distanza o negoziati fuori dai locali commerciali. Il legislatore ha affrontato, di recente, la regolamentazione del commercio elettronico: 1) Ha reso compatibile lo strumento del commercio elettronico per la stipulazione di quei contratti per i quali prevista la forma scritta ad validitatem, introducendo la firma digitale e disciplinando in generale: il documento informatico e i pagamenti informatici. 2) Ha regolato l invio dell ordine, applicando all e-commerce le norme sulla conclusione dei contratti precisando che: - all ordine del bene o del servizio deve seguire una ricevuta del prestatore che riepiloghi le condizioni e le informazioni essenziali sul contratto; - l ordine e la ricevuta si considerano pervenuti quando le parti alle quali sono indirizzati hanno la possibilit di riceverli.
I TITOLI DI CREDITO
L incorporazione del diritto nel titolo
In qualsiasi sistema economico avanzato si avverte l esigenza di istituti e di regole che garantiscano la circolazione dei beni nel modo pi sicuro e rapido possibile. La disciplina dei titoli di credito serve proprio ad adempiere questa funzione con riguardo ai diritti di credito e, pi in generale, i diritti derivanti da posizioni contrattuali. Tramite lo strumento dei titoli di credito, la circolazione dei crediti viene anzitutto emancipata dalle regole comuni del Co dice Civile che rendono incerta la posizione dell acquirente, e poi modellata sulla disciplina della circolazione dei beni mobili, tradizionalmente pi attenta alla tutela della certezza e della stabilit degli acquisti. Il meccanismo tramite il quale si realizza il cambiamento di disciplina viene descritto come incorporazione del diritto di credito in un documento: il titolo di credito. In tal modo il diritto di credito diviene inscindibilmente legato al documento che lo incorpora. Proprio in ragione di tale connessione tra titolo e diritto si parla di diritto cartolare. Per comprendere i vantaggi dell incorporazione del diritto nel titolo occorre distinguere:
DISCIPLINA DELLA CESSIONE DEL CREDITO : DISCIPLINA DELLA CIRCOLAZIONE DEI BENI MOBILI :
ispirata al rigoroso rispetto del principio di derivativit dell acquisto: il cessionario lo acquista se e solo se, il cedente ne era il titolare.
consente di divenire proprietari del titolo di credito, anche a non domino, tramite il possesso qualificato conseguito in buona fede.
Dall incorporazione derivano i principali tratti caratterizzanti della disciplina dei titoli di credito sono principalmente due: - la letteralit: perch la lettera del titolo identifica in via esclusiva il contenuto del diritto cartolare; - l autonomia: perch il diritto cartolare immune dalle eccezioni che il debitore avrebbe potuto opporre ai precedenti titolari: cio un diritto autonomo.
La formazione del titolo di credito: creazione, emissione, trasmissione, rapporto fondamentale e rapporto cartolare
Il procedimento di formazione del titolo di credito si apre con la cosiddetta creazione. Il secondo passaggio del procedimento di formazione del titolo di credito l emissione. Con essa si intende l atto con il quale l emittente si priva della disponibilit del titolo in favore del cosiddetto primo prenditore. All emissione pu seguire poi la trasmissione del titolo e cio la sua circolazione fra successivi prenditori.
RAPPORTO FONDAMENTALE = il rapporto sottostante fra emittente e primo prenditore o fra i successivi prenditori, che rappresenta la giustificazion causale e
dell emissione e della trasmissione. RAPPORTO CARTOLARE = il rapporto che si affianca al rapporto fondamentale mediante l incorporazione del diritto nel titolo CONTRATTO DI RILASCIO = il contratto in forza del quale la prestazione derivante dal rapporto fondamentale diviene oggetto del rapporto cartolare . Una volta emesso il titolo con il contratto di rilascio, per, il diritto pu essere esercitato solo a mezzo del titolo: il debitore non pu essere chiamato a rispondere in base al rapporto fondamentale, ma esclusivamente in forza di quello cartolare. Solo il venire meno di tale rapporto, con la restituzione del titolo di credito all emittente, render di nuovo possibile azionare nei suoi confronti il diritto derivante dal rapporto fondamentale (azione causale).
La girata una dichiarazione apposta sul titolo di credito con la quale l attuale portatore (il girante) ordina al debitore emittente di eseguire la prestazione incorporata nel titolo in favore di altro soggetto (il giratario). Non sono necessarie formule particolari, anzi, il legislatore riconosce nei titoli all ordine la validit della cosiddetta girata in bianco, e cio quella che non contiene l indicazione del giratario. Pure valida la girata al portatore. La girata non pu essere condizionata: la condizione si ha per non apposta (art. 2010), la girata parziale, invece, nulla. Esistono, poi, alcune girate speciali: - la girata per l incasso o per procura: (art. 2013) conferisce al giratario solo il diritto di incassare il titolo quale rappresentante del girante; - la girata a titolo di pegno o in garanzia: (art. 2014) , invece, quella che attribuisce al giratario il pegno sul diritto ivi incorporato: il giratario, quindi, fa valere la posizione di creditore pignoratizio. Acquista, pertanto, il diritto cartolare in modo autonomo ed immune dalle eccezioni che l emittente poteva opporre al girante.
I titoli nominativi (art. 2021 e seguenti) sono quelli in cui la legittimazione si trasferisce mediante la consegna e la duplice annotazione del nome dell acquirente sul titolo e sul registro dell emittente: per l esercizio del diritto necessario che il portatore del titolo nominativo sia il soggetto in cui favore vi l intestazione sul titolo e sul registro dell emittente.
Due sono i modi previsti dalla legge per la circolazione della legittimazione: y il cosiddetto transfer: pu avvenire in due forme: - su iniziativa dell alienante: il quale pu chiedere all emittente l annotazione sul registro o l intestazione del titolo a favore di un diverso soggetto esibendo il documento e provando la propriet identit e capacit di disporre tramite certificazione notarile; - su iniziativa dell acquirente: il quale pu chiedere all emittente l annotazione sul registro e l intestazione del titolo in suo favore, esibendo il documento e provando il proprio diritto mediante un atto autentico. y il trasferimento mediante girata (art. 2023): in questo caso il cedente appone sul titolo una girata, che deve essere data, indicare il nome del giratario, e la cui sottoscrizione deve essere autenticata da un notaio o da un agente di cambio. Il giratario possessore del titolo in forza di una serie continua di girate ha il diritto di ottenere l annotazione del trasferimento nel registro dell emittente. Solo con tale annotazione si completa la fattispecie di circolazione della legittimazione con effetto anche nei confronti dell emittente. Sono ammissibili anche la girata per procura e quella in garanzia, purch piene ed autenticate.
- il detentore del titolo, previo deposito dello stesso presso la cancelleria del tribunale, pu proporre opposizione contro il decreto di ammortamento citando in giudizio innanzi al tribunale che lo ha pronunziato chi ha proposto il ricorso per l ammortamento e il debitore. A seguito dell opposizione si apre un processo ordinario che ha per oggetto l accertamento in capo all opponente della propri t del titolo, se l opposizione accolta il e titolo sar reso all opponente, se respinta spetter al ricorrente.
Le fonti normative
Nel nostro ordinamento la disciplina della gestione accentrata dei titoli di credito di massa fu introdotta con la legge n289 del 1986 che istituiva, come unico gestore autorizzato, la Monte Titoli s.p.a. Oggi venuto meno il monopolio legale di Monte Titoli e la disciplina della gestione accentrata contenuta in diversi luoghi: - il TUF negli artt. 80 a 90 regola, in generale, la gestione accentrata di strumenti finanziari; - il d. lgs. 213/1998 negli artt. 28 a 46 prevede la dematerializzazione integrale degli strumenti finanziari negoziati o destinati alla negoziazione sui mercati regolamentati; - il reg. congiunto di Banca d Italia e Consob del 2008, negli artt. 9 a 40 disciplina la gestione accentrata e la dematerializzazione degli strumenti finanziari. Proprio da esso conviene trarre la definizione dei due istituti con i quali nel nostro ordinamento si realizza la dematerializzazione. Si deve distinguere infatti fra: - la gestione accentrata o gestione semplice: riguarda gli strumenti finanziari esistenti per i quali la dematerializzazione attiene solo alla loro circolazione; - la gestione accentrata in regime di dematerializzazione o gestione dematerializzata: riguarda gli strumenti finanziari in cui il documento non viene neppure a esistenza.
- i titoli normalmente negoziati sul mercato monetario; - qualsiasi altro titolo negoziato; - gli altri valori mobiliari indicati nell art. 1, 1comma-bis TUF. Tale ammissione avviene su base volontaria: l emittente stipula, se ritiene, il relativo contratto con la societ di gestione.
y nel sistema di gestione dematerializzata sono obbligatoriamente immessi tutti gli strumenti finanziari sopra menzionati che siano negoziati o destinati alla negoziazione nei mercati regolamentati italiani nonch alcuni di essi qualora rispettino le condizioni fissate dall art. 16, comma 3 reg. demat. Possono, inoltre, essere ammessi su base volontaria, anche strumenti finanziari privi dei requisiti per l immissione obbligatoria. In questo caso basta la volont dell emittente e non richiesta alcuna volont del titolare, che non pu sottrar al regime di dematerializzazione. si
Sui conti della societ di gestione, peraltro, non vi alcuna indicazione del soggetto titolare degli strumenti finanziari, in quanto essi sono registrati per quantit e specie in capo agli intermediari. La societ di gestione, infatti, tiene i titoli in deposito regolare alla rinfusa, cio senza alcuna separazione o specificazione relativa al titolo depositato o al suo titolare.
L avallo
Il pagamento di un assegno pu essere garantito in forma cartolare con lo strumento dell avallo. Tale garanzia, che pu esser prestata da chiunque eccetto che dal trattario, viene costituita con l approvazione sull assegnoo sul foglio di allungamento della formula <<per avallo>> o altra equivalente seguita dalla firma del garante. Se non indicato il soggetto per il quale prestato, l avallo si intende dato per il traente. L obbligazione dell avallante autonoma da quella dell avallato, sicch essa sopravvive a ogni vizio dell obbligazione garan tita, con l unica eccezione di quello di forma. L avallante che paghi l assegno acquista i diritti che dallo stesso derivano contro l avallato e gli altri obbligati di grado anteriore.
L ammortamento
In caso di smarrimento, sottrazione o distruzione dell assegno bancario o circolare il legislatore autorizza il portatore del titolo a farne denunzia al trattario e a promuovere la procedura di ammortamento. La disciplina dell ammortamento si compone di una prima fase che si introduce con un ricorso al presidente del tribunale, il quale, esperiti gli opportuni accertamenti, pronuncia il decreto di ammortamento che, notificato al traente e al trattario, viene pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale. Entro 15 giorni da tale pubblicazione il detentore dell assegno pu, con atto di citazione, fare opposizione al decreto aprendo cos la seconda fase del procedimento in cui si accerta se il detentore abbia validamente acquistato la titolarit dell assegno e del diritto in esso incorporato. L assegno non trasferibile non suscettibile di ammortamento: la sua non trasferibilit consente al prenditore di ottenere un duplicato denunziando al traente e al trattario lo smarrim ento, la sottrazione o la distruzione. Per l assegno circolare non trasferibile dopo 20 giorni dalla denunzia il prenditore ne pu ottenere il pagamento.
L art. 23 l. camb. prevede la girata in garanzia o in pegno, la quale conferisce al portatore, a titolo di garanzia di un credito verso il girante, la possibilit di esercitare tutti i diritti inerenti al titolo, ma non quello di girare ulteriormente il titolo se non per procura. La girata per l incasso regolata in modo analogo a quello gi visto per l assegno. E possibile che le parti scelgano di trasferire la cambiale tramite una cessione di diritto comune. In tal caso il cessionario subentra in tutti i diritti cambiari, ma resta soggetto alle eccezioni che sarebbero state opponibili al cedente; lo stesso effetto ha la girata della cambiale posteriore al protesto per mancato pagamento o al termine per levare il protesto (cosiddetta girata tardiva).
Le azioni che il portatore del titolo pu promuovere contro gli altri obbligati cambiari (traente, giranti e loro avallanti) sono di regresso. L azione di regresso pu essere svolta non solo in caso di mancato pagamento, ma anche prima della scadenza in caso di mancat accettazione, in caso di fallimento o a situazione di incapienza del trattario. La responsabilit di regresso solidale e il portatore libero di scegliere se esercitare tale azione in via congiunta o disgiunta.
Le cambiale finanziarie
Lo strumento cambiario utilizzato nell ambito del finanziamento delle imprese nella forma delle cambiali finanziarie. Strutturate secondo il modello del pagher cambiario esse incorporano la promessa di pagamento di un impresa, con scadenza non inferiore a 3 mesi e non superiore a un anno dalla data di emissione. Soggette al requisito di un valore nominale unitario minimo, nella disciplina le cambiale finanziarie sono quasi completamente parificate a quelle ordinarie. La disciplina speciale delle cambiali finanziarie, infatti, si risolve: - nella necessit di indicare, a pena di nullit, il nome di cambiale finanziaria nel titolo; - nell indicazione dei proventi a favore del prenditore in qualunque forma pattuiti; - nell obbligatoriet della clausola senza garanzia in sede di circolazione del titolo.
LA CRISI DI IMPRESA
Profili generali
Il dissesto di un attivit economica si riflette inevitabilmente su tutti coloro i quali hanno rapporti con l impresa. In primo luogo, i dipendenti e collaboratori che vanno incontro alla perdita del posto di lavoro e del reddito che ne deriva. In secondo luogo, i creditori dell imprenditore: se questi non pi in condizione di soddisfarli regolarmente, essi dovrannoregistrare una perdita. La legge, quindi, si preoccupa di cercare di minimizzare le conseguenze della crisi sul sistema economico nel suo complesso. Cos, per quanto riguarda, l imprenditore, si prende in considerazione non tanto il fatto dell inadempimento, ma soprattutto lo stato di insolvenza e cio l incapacit di adempiere regolarmente le proprie obbligazioni. Qualora si verifichi una tale situazione, sono previste particolari procedure che riguardano l intero patrimonio dell imprend itore: esse tendono a ridurre la perdita sociale assicurando parit di trattamento fra tutti i creditori e definendo la crisi in tempi il pi possibile veloci. L espressione procedure concorsuali significa appunto che esse riguardano l intero patrimonio (cosiddetta massa attiva) dell imprenditore e sono destinate al soddisfacimento di tutti i suoi debiti (cosiddetta massa passiva).
La riforma
La disciplina delle procedure concorsuali era contenuta inizialmente nella legge fallimentare del 1942. La legge fallimentare del 42 stata modificata: - dapprima, per gli interventi pi urgenti, con il d.l. 35/2005; - in seguito, con la riforma organica contenuta nel d. lgs. 5/2006. Nella relazione illustrativa al d. lgs. 5/2006 si legge che la nuova disciplina vuole essere maggiormente orientata a cercare di conservare le componenti positive dell impresa nella quale confluiscono interessi economici e sociali ulteriori rispetto a quelli dell imprenditore. La nuova impostazione dovrebbe imprimere una maggiore competitivit al nostro sistema economico, da u lato, incentivando nuove iniziative grazie all alleggerimento n delle conseguenze in caso di esito negativo, e dall altro consentendo ai creditori un maggiore e pi veloce recupero del valo residuo delle imprese in crisi. re La riforma ha, tuttavia, mostrato rilevanti zone d ombra: - in primo luogo, la riforma non ha affatto reso organico il sistema della crisi di impresa. A seconda delle dimensioni e dell oggetto dell impresa, infatti, si applicano procedure diverse; - in secondo luogo, la riforma non ha affrontato alcuni argomenti di estremo rilievo: a) le misure di allerta e prevenzione al fine di far emergere il pi rapidamente possibile le situazioni di difficolt; b) la disciplina dell insolvenza dei gruppi di societ; c) tutta la materia penale che continua a essere impostata sulla base delle ormai abrogate disposizioni civilistiche.
Con il provvedimento di ammissione, il tribunale delega un giudice alla procedura, nomina il commissario giudiziale, ordina la convocazione dei creditori per la votazione e stabilisce la somma di denaro che il debitore, entro 15 giorni, deve depositare in cancelleria in misura pari di regola al 50% (ma di regola mai inferiore al 20%) delle spese che si presumono necessarie per l intera procedura. Anche dopo l ammissione della procedura il debitore conserva l amministrazione dei suoi beni e l esercizio dell impresa, ma soggetto alla vigilanza d commissario el giudiziale. Il commissario giudiziale, se accerta che il debitore ha 1) occultato o dissimilato parte dell attivo; 2) dolosamente omesso di denunciare uno o pi crediti; 3) esposto passivit insussistenti o commesso altri atti di frode; 4) compiuto atti non autorizzati a norma dell art. 167 l. fall. deve riferirne immediatamente al tribunale, il quale apre d ufficio il procedimento per la revoca dell ammissione al concordato. Lo stesso accade se, in qualunque momento, risultata che mancano i presupposti prescritti per l ammissibilit al concordato. A seguito dell ammissione del debitore al concordato i creditori non possono iniziare n proseguire azioni esecutive individuali, le prescrizioni rimangono sospese, le decadenze non si verificano e i creditori non possono acquisire diritti di prelazione. Prima dell adunanza dei creditori vanno compiute una serie di operazioni preliminari. Una su tutte la predisposizione da parte del commissario di una relazione particolareggiata sulle cause del dissesto, sulla condotta del debitore e sulla proposta concordataria.
L omologazione
Se sono raggiunte le maggioranze prescritte si apre la fase di omologazione. 1) il giudice delegato riferisce al tribunale il quale fissa un udienza in camera di consiglio per la comparizione delle parti e del commissario giudiziale, disponendo che il provvedimento venga pubblicato a norma dell art. 17 l. fall. Debitore, commissario, eventuali creditori dissenzienti e qualsiasi interessato devono costituirsi almeno 10 giorni prima dell udienza fissata depositando una memoria contenente: - le eccezioni processuali e di merito non rilevabili d ufficio; - l indicazione dei mezzi istruttori e dei documenti prodotti. Nello stesso termine il commissario giudiziale deve depositare il proprio parere motivato.
L esame del tribunale alquanto limitato. a) Se non sono proposte opposizioni, infatti, il tribunale deve limitarsi a verificare la regolarit della procedura e l esito della votazione e, in caso positivo, omologa il concordato con decreto motivato non soggetto a gravame. b) Se, al contrario, sono state proposte opposizioni, il tribunale provvede con decreto motivato provvisoriamente esecutivo. Il tribunale, se respinge il concordato, su istanza del creditore o su richiesta del pubblico ministero, dichiara il fallimento del debitore. Il tribunale provvede con decreto motivato che viene comunicato al debitore e al commissario, che provvede a darne notizia ai creditori, ed pubblicato e affisso. Il decreto soggetto a reclamo avanti la Corte di appello, la quale pronuncia in camera di consiglio.
I presupposti soggettivi
Non tutti gli imprenditori sono soggetti a fallimento. Ne sono anzitutto esenti gli imprenditori agricoli. Tradizionalmente erano esenti da fallimento i piccoli imprenditori commerciali. Con la correzione intervenuta con il d. lgs. 169/2007 il legislatore ha individuato alcuni parametri quantitativi il cui mancato raggiungimento esclude la soggezione a fallimento degli imprenditori commerciali. In base all art. 1, 2 comma, l. fall. non sono soggetti alle disposizioni del fallimento e sul concordato preventivo gli imprenditori commerciali, i quali dimostri di possedere congiuntamente i seguenti requisiti: a) un attivo patrimoniale di ammontare complessivo annuo non superiore 300 mila euro nei 3 esercizi antecedenti la data di deposito della istanza di fallimento o dall inizio dell attivit se di durata inferiore; b) ricavi lordi per un ammontare complessivo annuo non superiore a 200 mila euro nei medesimi esercizi; c) ammontare di debiti anche non scaduti non superiore a 500 mila euro al momento dell esame della richiesta di fallimento. Esenti dal fallimento sono anche gli enti pubblici territoriali che esercitino in via non prevalente un impresa. Sono invece sottoposti a procedure alternative al fallimento: - gli enti pubblici economici e i soggetti operanti in settori cosiddetti sensibili dell ordinamento (bancario, finanziario, assicurativo) soggetti a liquidazione coatta amministrativa; - le grandi imprese, soggette ad amministrazione straordinaria.
Poich l unico criterio di imputazione dell impresa quello della spendita del nome, soggetto a fallimento soltanto colui nel nome del quale l attivit viene svolta, anche nel caso in cui si tratti di semplice prestanome. Per fallire, non necessario essere attualmente imprenditore: sufficiente esserlo stato. L art. 10 l. fall. prescrive che l imprenditore che ha cessato per qualunque causa l esercizio dell impresa pu essere dichiarato fallito entro un anno dalla cancellazione dal registro delle imprese, se l insolvenza si manifestata anteriormente alla medesima o entro l anno successivo. Per gli imprenditori individuali e collettivi non iscritti nel registro delle imprese il termine annuale decorre dal momento in cui la cessazione effettiva dell attivit d impresa portata a conoscenza dei terzi con mezzi idonei.
I presupposti oggettivi
Viene dichiarato fallito l imprenditore che si trova in stato di insolvenza , situazione che si manifesta con inadempimenti od altri fatti esteriori, i quali dimostrino che il debitore non pi in grado di soddisfare regolarmente le proprie obbligazioni . L insolvenza, quindi, non un fatto, ma uno stato che non coincide necessariamente con uno o pi inadempimenti delle proprieobbligazioni, ma si sostanzia nell incapacit di soddisfarle regolarmente. Non di per s insolvente l imprenditore il cui stato patrimoniale presenti un eccedenza di passivit rispetto alle attivit n, viceversa, l insolvenza pu escludersi in caso di surplus delle attivit sulle passivit. In entrambi i casi, infatti, possibile che attivit e passivit abbiano scadenze fra loro non allineate. Cos se l attivo supera il passivo, ma le passivit sono a vista o a breve termine mentre le attivit consistono in immobilizzazioni, evidente che l imprenditore non sar in grado di soddisfare regolarmente le proprie obbligazioni perch gli manca la liquidit necessaria. Precisamente, per insolvenza si intende l incapacit di ottenere credito: fino a quando l imprenditore in grado di procurarsi credito e cos soddisfare i suoi creditori con obblighi di pagamento e rimborso allineati ai suoi flussi di cassa, l insolvenza esclusa.
Le impugnazioni
Il regime delle impugnazioni diversificato a seconda che si tratti di provvedimento negativo o positivo. Contro il decreto di rigetto solo chi ha richiesto il fallimento pu proporre reclamo alla corte d appello, la quale decide in camera di consiglio dopo avere sentito il reclamante e il debitore. Qualora la corte d appello accolga il reclamo, non pu dichiarare il fallimento, ma deve rimettere d ufficio gli atti al tribunale perch provveda. Contro la sentenza dichiarativa di fallimento, pu, invece, essere proposto reclamo avanti la corte d appello entro 30 giorni . Il reclamo non sospende gli effetti della sentenza impugnata ma la corte d appello, pu, quando ricorrono gravi motivi, sospendere, in tutto o in parte, o temporaneamente la liquidazione dell attivo. L eventuale revoca della dichiarazione di fallimento ha effetto solo nel momento in cui la relativa sentenza passata in giudicato e non retroagisce. Restano, pertanto, salvi gli effetti degli atti legalmente compiuti dagli organi fallimentari.
il TRIBUNALE Salvo che non sia diversamente disposto, contro i decreti del tribunale pu essere esposto reclamo alla corte di appello, che provvede in camera di consiglio. Il procedimento analiticamente regolato nell art. 26 l. fall. Al tribunale che ha dichiarato il fallimento spetta, inoltre, la competenza a decidere su tutte le azioni che derivano dal fallimento. Il tribunale che ha dichiarato il fallimento investito dell intera procedura fallimentare , provvede alla nomina e alla revoca o sostituzione degli organi della procedura quando non prevista la competenza del giudice delegato. Decide le controversie relative alla procedura che non sono di competenza del giudice delegato, nonch i reclami contro i provvedimenti di quest ultimo.
Il GIUDICE DELEGATO Contro i decreti del giudice delegato pu essere proposto reclamo al tribunale, che provvede in camera di consiglio: il termine per il reclamo di 10 giorni e decorre dalla notificazione o dalla comunicazione o dal compimento delle formalit pubblicitarie previste dalla legge. La vigilanza del giudice delegato sulla regolarit della procedura si fonda sulle conoscenze che gli giungono dalle relazioni che periodicamente devono essergli consegnate dal curatore. Il giudice delegato non dirige pi le operazioni del fallimento, ma si limita a esercitare funzioni di vigilanza e di controllo sulla regolarit della procedura. Svolge, inoltre, una serie di altre mansioni le pi rilevanti sono elencate nell art. 25 l. fall. Attualmente la mansione pi importante del giudice delegato quella relativa alla formazione dello stato passivo, cio all accertamento dei crediti nonch dei diritti reali e personali vantati nei confronti del fallito. Tra gli altri poteri del giudice delegato sono particolarmente incisivi quelli: a) di autorizzare l esecuzione degli atti conformi al programma approvato dal comitato dei creditori; b) di emettere i provvedimenti urgenti per la conservazione del patrimonio; c) di decidere sui reclami proposti dal
Il CURATORE Il curatore ha l amministrazione del patrimonio fallimentare sotto la vigilanza del giudice delegato e del comitato dei credito. E tratteggiato nella legge come il manager della procedura al quale spetta il compito di conservare, gestire, realizzare i beni compresi nel patrimonio fallimentare e di curare poi la ripartizione del ricavato tra i creditori. La nomina del curatore spetta al tribunale ed riservata in favore di: a) avvocati, dottori commercialisti, ragionieri e ragionieri commercialistici; b) studi professionali associati o societ tra professionisti. Non possono essere nominati curatore: - il coniuge, i parenti e gli affini entro il quarto grado del fallito; - i creditori di questo; - chi ha concorso al dissesto dell impresa durante i 2 anni anteriori alla dichiarazione di fallimento; - chiunque si trovi in conflitto di interessi con il fallimento. Il curatore pu essere autorizzato dal comitato dei creditori a farsi coadiuvare da uno o pi tecnici o da altre persone retribuite, compreso lo stesso fallito: pu inoltre essere autorizzato a delegare ad altri specifiche operazioni. In sede di adunanza per l esame dello stato passivo, i creditori presenti che rappresentano la maggioranza dei crediti ammessi possono chiedere la
Il COMITATO DEI CREDITORI Per quanto riguarda la responsabilit, ai componenti del comitato dei creditori si applica l art. 2407, 1 e 3 comma che regola la responsabilit dei sindaci nelle s.p.a. L azione di responsabilit pu essere proposta da parte del curatore, e il giudice delegato, con decreto di autorizzazione ad agire, sostituisce i componenti del comitato dei creditori nei confronti dei quali ha autorizzato l azione. In sede di adunanza per l esame dello stato passivo, i creditori presenti che rappresentano la maggioranza dei crediti ammessi possono effettuare nuove designazioni in ordine ai componenti del comitato dei creditori, indicando al tribunale le ragioni della richiesta e un nuovo nominativo. Nella stessa sede i creditori che rappresentano la maggioranza di quelli allo stato ammessi, indipendentemente dall entit dei crediti vantati, possono stabilire che ai componenti del comitato dei creditori sia attribuito, oltre al rimborso spese, un compenso per la loro attivit, in misura non superiore al 10% di quello liquidato al curatore. Il comitato dei creditori vigila sull operato del curatore, ne autorizza gli atti ed esprime pareri nei casi previsti dalla legge motivando le proprie deliberazioni. Particolarmente importante la
fallito o da ogni altro interessato contro sostituzione del curatore indicando al gli atti di amministrazione del curatore. tribunale le ragioni della richiesta e un nuovo nominativo. Il tribunale, valutate le ragioni della richiesta di sostituzione del curatore, provvede alla nomina del soggetto designato dai creditori. Il curatore pu, inoltre, essere revocato in qualsiasi momento dal tribunale su proposta del giudice delegato o del comitato dei creditori o anche d ufficio. L azione di responsabilit contro il curatore revocato proposta dal nuovo curatore, previa autorizzazione del giudice delegato o del comitato dei creditori. Linea guida del curatore il programma di liquidazione che costituisce l atto di pianificazione e di indirizzo in ordine alle modalit e ai termini previsti per la realizzazione dell attivo , va predisposto ogni 60 giorni dalla redazione dell inventario e sottoposto all approvazione del comitato dei creditori. Il programma approvato comunicato al giudice delegato che autorizza l esecuzione degli atti a esso conformi. Il curatore deve adempiere ai doveri del proprio ufficio, imposti dalla legge o derivanti dal programma di liquidazione, con la diligenza richiesta dalla natura dell incarico e deve tenere un registro, preventivamente vidimato da almeno un componente del comitato dei creditori, nel quale vanno annotate giorno per giorno le operazioni relative alla sua amministrazione.
funzione di autorizzare gli atti di straordinari amministrazione del curatore. E convocato dal presidente per le deliberazioni di competenza o quando sia richiesto da un terzo dei suoi componenti. Le sue deliberazioni sono prese a maggioranza nel termine massimo di 15 giorni dalla data in cui la richiesta pervenuta al presidente. Il comitato e ogni suo componente possono ispezionare in qualunque momento le scritture contabili e i documenti della procedura e hanno diritto di chiedere notizie e chiarimenti al curatore e al fallito. Il comitato composto da 3 o 5 membri scelti tra i creditori, in modo rappresentare in misura equilibrata quantit e qualit dei crediti. La nomina avviene da parte del giudice delegato entro 30 giorni dalla sentenza di fallimento, sentiti il curatore e i creditori.
Il compenso del curatore stabilito con decreto, dal tribunale su relazione del giudice delegato secondo le tariffe stabilite in apposito decreto ministeriale. Entro 60 giorni dalla nomina il curatore deve presentare al giudice delegato una relazione particolareggiata sulle cause e circostanze del fallimento e sul comportamento e sulle responsabilit. Ogni 6 mesi successivi alla presentazione della relazione, il curatore deve, inoltre, redigere un rapporto riepilogativo delle attivit svolte, con indicazione di tutte le informazioni raccolte dopo la prima relazione, accompagnato dal contro della sua gestione. Copia del rapporto trasmessa al comitato dei creditori, unitamente agli estratti conto dei depositi postali o bancari relativi al periodo.
Primo effetto della dichiarazione di fallimento il blocco dell attivit di impresa. L art. 90 permette la continuazione provvisoria dell esercizio dell impresa. Tuttavia, poich i creditori concorsuali corrono dei rischi, la continuazione dell impresa pu essere disposta solo se dalla sua interruzione possa derivare un danno grave e purch non arrechi pregiudizio ai creditori. Durante il periodo provvisorio, il curatore deve: a) almeno ogni 3 mesi convocare il comitato dei creditori per informarlo sull andamento della gestione e perch si pronunci sull opportunit di continuarla; b) ogni semestre, o comunque alla conclusione del periodo di esercizio provvisorio, presentare un rendiconto dell attivit mediante deposito in cancelleria. Qualora il comitato si esprima per l interruzione, il giudice delegato deve ordinarne la cessazione.
domicilio. Sono stati, infine, aboliti il pubblico registro dei falliti e la perdita del diritto di voto alle elezioni politiche e amministrative. Gli effetti del fallimento per il fallito possono distinguersi in patrimoniali, personali e penali. - gli effetti patrimoniali si sostanziano: a) nel privare il fallito dell amministrazione e della disponibilit dei beni (cosiddetto spossessamento) b) nella perdita della capacit processuali per le liti attive e passive, comprese quelle in corso; c) nell inefficacia rispetto ai creditori, qualora eseguiti dopo la dichiarazione di fallimento, degli atti e dei pagamenti compiuti dal fallito, dei pagamenti ricevuti dal fallito nonch delle formalit necessarie per rendere gli atti opponibili ai terzi. - per quanto riguarda gli effetti penali, la dichiarazione di fallimento costituisce elemento necessario per integrare la fattispecie di diverse figure di reato individuate nel titolo VI della l. fall. Tra queste vanno ricordate la bancarotta semplice e quella fraudolenta nonch il ricorso abusivo al credito.
legittimamente posta in essere dal curatore essi, sono preferiti ai creditori concorrenti e vanno soddisfatti in prededuzione. Se invece si tratta di soggetti il cui titolo proviene da atti del fallito, il loro diritto non opponibile ai creditori concorrenti ed essi potranno far valere le loro pretese nei confronti del fallito solo dopo la chiusura della procedura. Riguardo ai crediti opera la cosiddetta cristalizzazione in base alla quale: a) i crediti si considerano scaduti alla data del fallimento; b) quelli non pecuniari concorrono secondo il loro valore alla data del fallimento; c) gli interessi convenzionali e legali sono sospesi. A un regime particolare soggetto colui che sia contemporaneamente creditore e debitore del fallito. Anche se il credito nei confronti del fallito non sia ancora scaduto, il creditore ha diritto di effettuare la compensazione, evitando cos di dover pagare l intero suo debito e ricevere il pagamento del credito in cosiddetta moneta fallimentare.
EFFETTI SUGLI ATTI PREGIUDIZIEVOLI AI CREDITORI Dagli effetti del fallimento pu derivare per i creditori uno stimolo ad assicurarsi una posizione preferenziale prima che il fallimento sia dichiarato: ottenere il pagamento, iscrivere un ipoteca, acquistare diritti nei confronti del debitore prima che scatti la regola dell inefficacia relativa. Lo stesso debitore, nel tentativo di fronteggiare i creditori pi insistenti, pu compiere atti di disposizione lesivi del suo patrimonio o che alterano la par condicio tra i suoi creditori. Per neutralizzare il possibile assalto alla diligenza delle controparti pi astute, la legge fallimentare prevede che, a determinate condizioni, vengono reputati inefficaci rispetto ai creditori concorrenti gli atti compiuti entro un certo termine (cosiddetto periodo sospetto) anteriore alla dichiarazione di fallimento.
Prima della riforma, in mancanza di una norma specifica sulla rilevanza del decorso del tempo riguardo alla possibilit di esercitare l azione revocatoria fallimentare, si riteneva che a questa si applicasse lo stesso termine di prescrizione previsto per l azione revocatoria ordinaria (5 anni) con decorrenza per, non dalla data del compimento dell atto, ma dalla dichiarazione di fallimento. Con la riforma tale sistema stato cambiato: le azioni revocatorie disciplinate nella legge fallimentare non possono essere promosse decorsi 3 anni dalla dichiarazione di fallimento e comunque non dopo 5 anni dal compimento dell atto.
L omessa o incerta indicazione dei dati identificativi della procedura e del ricorrente, della somma o del bene richiesto, delle ragioni di fatto e di diritto della domanda provoca l inammissibilit del ricorso. Se le carenze riguardano, invece, l indicazione del titolo di prelazione o del bene su cui questa viene esercitata, il credit o considerato chirografario. L esame delle domande di ammissione al passivo affidato in via principale al curatore, il quale deve formare gli elenchi separati dei creditori e dei titolari di diritti su beni e depositare il progetto di stato passivo nella cancelleria del tribunale 15 giorni prima dell udienza. I creditori, i titolari di diritti su beni e il fallito possono esaminare il progetto e presentare osservazioni scritte e documenti integrativi fino all udienza. All udienza il giudice delegato pu sentire il fallito e procedere ad atti di istruzione: il giudice decide con decreto succintamente motivato. Viene cos formato lo stato passivo nel quale vengono indicati i crediti e le pretese che il giudice delegato ritiene di accogliere con la specificazione degli e ventuali diritti di prelazione. Lo stato passivo dichiarato esecutivo con decreto del giudice delegato. Il curatore tenuto ad informare tutti i creditori dell esito della domanda.
Le domande tardive
La nuova disciplina delle domande tardive contenuta nell art. 101 l. fall. In linea generale tutte le domande depositate dopo il termine di 30 giorni prima dell udienza fissata per la verifica dello stato passivo sono considerate tardive. Inoltre, non sono pi ammissibili domande tardive decorso il termine di 12 mesi dal deposito dello stato passivo, prorogabile a 18 solo in caso di procedure particolarmente complesse. Decorso tale termine la domanda tardiva ammesso solo provando la non imputabilit del ritardo. Con la dichiarazione tardiva non possono farsi valere crediti gi esclusi dal giudice delegato n elementi accessori o integrativi del credito ammesso dei quali non si era tempestivamente chiesta la verifica.
assume particolare importanza la redazione dell inventario. Successivamente il curatore deve occuparsi della conservazione dei beni al fine di procedere poi alla loro vendita forzata nell interesse dei creditori. Le linee guida dell amministrazione del patrimonio del curatore devono essere delineate nel programma di liquidazione.
Le vendite fallimentari
L approvazione del programma di liquidazione segna il momento a partire dal quale il curatore pu procedere alla realizzazione dell attivo. La riforma ha introdotto numerose modifiche in tema di modalit di vendita dei beni del fallimento, soprattutto al fine di co nsentire una realizzazione dell attivo rapida e proficua. In particolare il curatore ha acquistato maggiore autonomia nella scelta dei modi dell alienazione dei beni non dovendo pi seguire le regole previste in tema di esecuzione forzata dal Codice di Procedura Civile. In linea generale, il curatore procede alla liquidazione dell attivo in esecuzione del programma di liquidazione tramite procedure competitive : quindi il legislatore non pone procedimenti predefiniti, richiedendo soltanto che la vendita sia il frutto di una gara e che venga assicurata adeguata pubblicit della vendita ai possibili interessati. Per i beni immobili e gli altri beni iscritti nei pubblici registri, prima del completamento delle operazioni di vendita deve esserne data notizia ai creditori ipotecari e privilegiati. La vendita dei beni pu essere sospesa dal curatore nel caso in cui pervenga un offerta migliorativa di almeno 1/10 del prezzo offerto. L art. 108 l. fall. prevede il potere del giudice delegato, su istanza del fallito, del comitato dei creditori o di altri interessati, di sospendere le operazioni di vendita se ricorrono gravi e giustificati motivi o per evitare vendite a prezzo notevolmente inferiore a quello di mercato. L art. 105 l. fall. prevede un articolata disciplina della vendita dell azienda. La legge tende ad agevolare tali tipologie di vendita con varie disposizioni. In particolare: y la liquidazione dei singoli beni pu essere disposta solo quando risulta prevedibile che la vendita in blocco dell intero complesso aziendale non consenta una maggiore soddisfazione dei creditori;
y si ammettono, in sede di consultazioni sindacali, soluzioni flessibili in ordine alla sorte dei rapporti di lavoro ; y nella cessione di azienda si esclude, salvo diverso accordo, la responsabilit dell acquirente per i debiti precedenti al trasferimento; y la cessione dei crediti aziendali ha effetto nei confronti dei terzi dall iscrizione del trasferimento nel registro delle imp rese; y prevista la continuit di privilegi e garanzie in favore del cessionario; y il curatore pu utilizzare, per realizzare l effetto del trasferimento, strumenti diversi dalla cessione, come il conferiment o in societ di nuova costituzione; y l acquirente pu anche pagare il prezzo mediante accollo di debiti, purch non sia alterata la graduazione dei crediti, cio l ordine e la misura del pagamento dei creditori concorrenti.
Il progetto di riparto predisposto autonomamente dal curatore. Il giudice delegato non pu apportarvi modifiche, ma si limita ad ordinarne il deposito in cancelleria e a disporre che tutti i creditori ne siano avvisati. I creditori, entro 15 giorni, possono proporre reclamo nelle forme di cui all art. 26 l. fall. Decorso tale termine, il piano di riparto dichiarato esecu tivo dal giudice delegato. Contro il decreto di esecutivit ammesso reclamo avanti al giudice delegato, successivamente sono possibili il reclamo avanti il tribunale ai sensi dell art. 26 l. fall. e il ricorso per cassazione. Prima della ripartizione finale, il curatore deve presentare al giudice il rendiconto della sua gestione, la cui approvazione avviene in contradditorio con i creditori e ogni interessato.
nell anno successivo su ricorso del debitore. In certi casi il fallimento pu essere riaperto. Ci avviene qualora non sia stata dichiarata l esdebitazione, nei casi di chiusura per ripartizione finale o per insufficienza di attivo, su is tanza del debitore o di qualunque creditore, se risulti che nel patrimonio del fallito esistano attivit in misura tale da rendere utile la riapertura o quando il fallito offra garanzia di pagare almeno il 10& dei crediti vecchi e nuovi.
Il concordato fallimentare
Un caso particolare di chiusura della procedura quello del concordato. Si tratta di una forma di chiusura basata sull accordo tra debitore e creditori approvato dal tribunale e che ha come effetto la sistemazione definitiva della posizione debitoria del fallito (esdebitazione) tramite il pagamento in percentuale o dilazionato dei creditori chirografari e quello integrale dei creditori privilegiati. La domanda di concordato pu essere proposta dal fallito, o anche da uno o pi creditori o da un terzo. Il fallito non pu presentare domanda di concordato prima del decorso di un anno dalla dichiarazione di fallimento o dopo 2 anni dal decreto che rende esecutivo lo stato passivo. Per quanto riguarda il contenuto della proposta: a) la proposta di concordato pu prevedere la suddivisione dei creditori in classi, sottoposte a trattamenti differenziati, con l unico limite di non alterare l ordine delle cause legittime di prelazione; b) concesso ampia autonomia ai proponenti in ordine al contenuto e alle modalit di pagamento dei debiti; c) possibile prevedere il soddisfacimento parziale dei creditori muniti di diritto di prelazione, purch in misura non inferiore a quella realizzabile dalla vendita del bene oggetto della prelazione; d) all assuntore possono essere ceduti, oltre ai beni, anche le azioni della massa, purch autorizzate dal giudice delegato. Per quanto riguarda il procedimento concordatario, vi intervengono gli organi della procedura e i creditori. In particolare: y il giudice delegato deve preliminarmente acquisire il parere del curatore in ordine ai presumibili risultati della liquidazione ed alle garanzie offer te. Secondariamente, il giudice delegato acquisisce il parere favorevole del comitato dei creditori e ordina che la proposta venga comunicata ai creditori, informandoli che la mancata risposta sar considerata come voto favorevole. E , quindi, il comitato dei creditori a esprimere un parere decisivo sulla convenienza del concordato.
y in caso di suddivisione dei creditori per classi la proposta va sottoposta al giudizio del tribunale che verifica il corretto utilizzo dei criteri di cui all art. 124, 2 comma lett. a) e b) l. fall. per la formazione e il trattamento delle classi; y in caso di pluralit di proposte, spetta al comitato dei creditori scegliere quella da sottoporre alla votazione dei creditori; y alla votazione dei creditori, attuata con il meccanismo del silenzio-assenso, partecipano i creditori dell elenco provvisorio per il caso di proposta presentata prima della formazione dello stato passivo, altrimenti partecipano i creditori ammessi allo st ato passivo. Il voto spetta a tutti i creditori ammessi al passivo , anche con riserva, salvo: - il coniuge, i parenti e gli affini del fallito ; - le societ controllanti o controllate del fallito; - coloro che abbiano acquistato un credito concorsuale nei confronti del fallito dopo l apertura del concorso. Sono privi del diritto di voto anche i creditori privilegiati. y per l approvazione sufficiente il voto favorevole dei creditori che rappresentino la maggioranza dei crediti ammessi al voto. Ove siano previste diverse classi di creditori, inoltre richiesto che, nel maggior numero delle classi, la proposta riporti il voto f avorevole dei creditori che rappresentano, in ciascuna di esse, la maggioranza dei crediti ammessi al voto.
y una volta effettuata la votazione, il curatore presenta al giudice delegato una relazione sul loro esito e quest ultimo, se la proposta stata approvata, dispone che il curatore ne dia immediata comunicazione al proponente, affinch richiede l omologazione del concordato, al fallito e ai creditori dissenzienti, e contestualmente fissa un termine per la proposizione di eventuali opposizioni, e per il deposito da parte del comitato dei creditori di una relazione motivata col suo parere definitivo. La relazione redatta e depositata dal curatore nei 7 giorni successivi. Se nel termine fissato non vengono proposte opposizioni, il tribunale verificata la regolarit della procedura e l esito della votazione, omologa il concordato con decreto motivato non soggetto a gravame. In caso di opposizioni, invece, il tribunale provvede con decreto motivato dopo avere assunto i mezzi istruttori richiesti dalle part i o disposti d ufficio. Divenuto definitivo il decreto di omologazione, il tribunale dichiara chiuso il fallimento.
Il concordato ha effetti positivi sia per i creditori, sia per il debitore : - per i creditori: un trattamento migliore rispetto a quello che otterrebbero dalla liquidazione fallimentare; - per il debitore: consente di procurarsi automaticamente l esdebitazione, in quando dopo l omologazione egli liberato per la percentuale che eccede quella promessa e accettata. Dopo l omologazione il giudice delegato, il curatore e il comitato dei creditori sorvegliano l adempimento del concordato sec ondo le modalit stabilite nella sentenza di omologazione. Il concordato pu essere: - risolto: su istanza di qualunque creditore, se le garanzie promesse non vengono costituite o il fallito non adempie regolarmente gli obblighi derivanti dal concordato; - annullato: su istanza di un creditore o del curatore, se si scopre che il debitore aveva dolosamente esagerato il passivo o sottratto una parte rilevante dell attivo.
L art. 147. 4 comma, l. fall. sancisce, poi, la fallibilit della societ occulta: se dopo la dichiarazione di fallimento di una impresa individuale, risulti che essa rif eribile a una societ di cui il fallito socio illimitatamente responsabile, viene dichiarato il fallimento della societ e degli altri soci.
Per quanto riguarda lo scopo, mentre il fallimento finalizzato al soddisfacimento dei creditori concorsuali, la finalit della liquidazione coatta amministrativa l interruzione dell attivit di un operatore, matrimonialmente o gestionalmente, non sano. La natura amministrativa della procedura si riflette anche nell identificazione dei soggetti competenti a disporla e che ne dirigono lo svolgimento: il ruolo dell autorit giudiziaria solo eventuale ed ridotto alla dichiarazione dello stato di insolvenza.
Un analogo meccanismo di tutela previsto nell art. 59 TUF per i servizi di investimento tramite i sistemi di indennizzo degli investitori. Al rimborso sono ammessi solo i crediti rappresentati da somme di denaro e da strumenti finanziari derivanti da operazioni di investimento vantati nei confronti di banche, societ di intermediazione mobiliare e intermediari finanziari, il tetto di rimborso per ciascun investitore fissato in 20000 euro. Infine, in entrambi i settori, alla liquidazione coatta amministrativa, si aggiunge altra procedura denominata amministrazione straordinaria, che pu essere disposta dal Ministro dell Economia, su proposta dell autorit di vigilanza, in presenza degli stessi presupposti della liquidazione coatta amminis trativa privi, per, del requisito dell eccezionalit della gravit.
Ogni altro interessato pu depositare in cancelleria osservazioni scritte. Sulla base di relazione, parere e osservazioni il tribunale decide se ammettere l impresa all amministra zione straordinaria oppure dichiararne il fallimento. L ammissione all amministrazione straordinaria subordinata alla presenza di concrete prospettive di recupero dell equilibrio economico tramite: a) cessione dei complessi aziendali sulla base di un programma di prosecuzione dell impresa di durata non superiore a un anno; b) ristrutturazione economica e finanziaria dell impresa sulla base di un programma di risanamento di durata non superiore a 2 anni oppure qualora si tratti di societ operanti nel settore dei servizi pubblici essenziali, cessione dei complessi di beni e contratti sulla base di un programma di prosecuzione dell e sercizio dell impresa di durata non superiore a un anno finalizzato alla cessione. In caso di valutazione negativa viene dichiarato con decreto il fallimento al quale si applicano le norme ordinarie. In caso positivo, viene dichiarata aperta la procedura di amministrazione straordinaria. In entrambe le ipotesi il decreto reclamabile avanti la corte d appello.
Al riguardo viene previsto che il valore delle aziende e dei rami di azienda da vendere debba essere preventivamente determinato da uno o pi esperti nominati dal commissario, i quali devono tener conto della redditivit, anche negativa, all epoca della stima e nel biennio successivo. L acquirente deve impegnarsi per almeno un biennio a proseguire le attivit imprenditoriali e a mantenere per il medesimo periodo i velli occupazionali stabiliti all atto della vendita. Le modalit di soddisfacimento dei creditori concorsuali sono differenziate a seconda del tipo di programma di recupero: - con quello di risanamento: il soddisfacimento delle pretese dei creditori avviene con il ritorno in bonis dell imprenditore; - con quello di cessione: la ripartizione dell attivo tra i creditori avviene in sede giudiziali tramite i riparti parziali, a cadenza quadrimestrale, e il riparto finale secondo le regole proprie del fallimento.
y il periodo sospetto per l esercizio dell azione revocatoria fallimentare nei confronti di societ del gruppo aumentato: ove normalmente di un anno diventa di 5, ove di 6 mesi diventa di 3 anni; y nei casi di direzione unitaria delle imprese del gruppo, gli amministratori delle societ che ne hanno abusato rispondono in solido con gli amministratori della societ dichiarata insolvente dei danni da questi cagionati.
dell amministrazione straordinaria. In questo ambito si applicano le norme del d. lgs. 270/1999 ma la disciplina stata ulteriormente frammentata dal decreto Alitalia emanato in occasione dell insolvenza del noto vettore aereo. Possono accedere a questa variante dell amministrazione straordinaria le imprese insolventi che abbiano i seguenti requisiti: a) lavoratori subordinati, compresi quelli in cassa integrazione, non inferiori a 500 da almeno un anno; b) debiti per un ammontare complessivo non inferiore a 300 milioni di euro. La richiesta di ammissione alla procedura va richiesta direttamente al Ministro dello sviluppo economico senza passare attraverso la fase giudiziale preliminare. La legittimazione esclusiva a presentarla spetta all imprenditore. Il Ministro, valutati i requisiti previsti dalla legge, decreta l ammissione immediata alla procedura e nomina il commissario straordinario. Il decreto di ammissione comporta lo spossessamento del debitore e l affidamento al commissario della gestione dell impresa e dell amministrazione dei beni dell insolvente. Contestualmente alla richiesta al Ministro, il debitore deve anche presentare ricorso per la dichiarazione dello stato di insolvenza al tribunale in cui si trova la sede principale dell impresa. Il tribunale deve provvedere con sentenza entro 15 giorni dalla comunicazione del decreto ministeriale di apertura della procedura. Dopo la dichiarazione dello stato di insolvenza il ministero pu autorizzare il commissario a compiere oper azioni di cessione e di utilizzo di beni, di aziende o di rami di aziende dell impresa finalizzata alla ristrutturazione o alla salvaguardia del valore economico e produttivo totale o parziale dell impresa o del gruppo. Entro 180 giorni dalla nomina, il commissario deve presentare il programma di ristrutturazione o di cessione. Contestualmente al programma, che va presentato al Ministro per l autorizzazione, il commissario deve anche presentare al giudice delegato una relazione particolareggiata delle cause di insolvenza accompagnata dallo stato analitico ed estimativo delle attivit e delle passivit. Qualora il Ministro non autorizzi il programma il tribunale, sentito il commissario, dispone la conversione della procedura i n fallimento.
La disciplina per le imprese operanti nel settore dei servizi pubblici essenziali
Per le imprese operanti nel settore dei servizi pubblici essenziali il decreto Alitalia ha stabilito due rilevanti deroghe: y con la prima deroga, stata sospesa solo per le operazioni effettuate entro il 30 giugno 2009, cio solo per il caso Alitalia,, l applicazione di parte della disciplina a tutela della concorrenza e del mercato. Con disposizione di dubbia legittimit costituzionale, le operazioni di concentrazione realizzate nell ambito della procedura sono state definite a priori come rispondenti a interessi generali e, in quanto tali, esclude dalla necessit dell autorizzazione dell AGCM.
y con la seconda deroga, si sancito che l ammissione all amministrazione straordinaria non comporta, per un periodo di 6 mesi dalla data di ammissione, il venir meno dei requisiti per il mantenimento delle eventuali autorizzazioni, certificazioni, licenze, concessioni o altri titoli p er l esercizio e la conduzione delle relative attivit svolte.
Il concordato
Peculiare di questa procedura la disciplina del concordato. Questi gli aspetti salienti: y la legittimazione a proporlo spetta al commissario, il quale pu prevederlo gi nel programma di ristrutturazione;
y la proposta concordataria pu prevedere: - la suddivisione in classi dei creditori; - trattamenti differenziati fra creditori appartenenti a classi diverse; - la ristrutturazione dei debiti e la soddisfazione dei creditori attraverso qualsiasi forma tecnica o giuridica; - l attribuzione a un assuntore (cio a un soggetto che si obbliga a effettuare il pagamento dei creditori nei termini stabiliti) delle attivit delle imprese interessate alla proposta di concordato. y la possibilit di un unica proposta di concordato per pi societ del gruppo; y la proposta di concordato va pubblicizzata nelle forme indicate dal giudice delegato e comunque, in Gazzetta Ufficiale. Il giudice delegato fissa il termine ent ro il quale il debitore, i creditori e ogni altro interessato possono svolgere osservazioni sull elenco dei creditori formato dal commissario. y le operazioni di accertamento del passivo vengono interrotte e sostituite da una procedura nella quale il giudice delegato forma gli elenchi dei creditori ammessi, di quelli ammessi con riserva, e di quelli esclusi, con indicazione dei relativi importi e delle cause di prelazione. Gli elenchi, depositati presso la cancelleria del tribunale, sono dichiarati esecutivi con decreto del giudice delegato, vengono comunicati dal commissario ai creditori con raccomandata e sono soggetti a pubblicit. y il giudice delegato dispone le modalit e i termini della votazione. Il concordato approvato se riporta il voto favorevole della maggioranza dei crediti ammessi al voto. Si considerano assenzienti i creditori che nel termine previsto non fanno pervenire il proprio voto, o che non si legittimano al voto. y il tribunale approva il concordato senza svolgere alcun sindacato di merito riguardante la convenienza della proposta, ma controllando solo la sussistenza della maggioranza dei voti favorevoli. y la sentenza che approva o respinge il concordato pubblicata nelle forme previste dalla legge, produce effetti nei confronti di tutti i creditori. y la procedura si chiude con il passaggio in giudicato della sentenza che approva il concordato.