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LE ORIGINI DEL DIRITTO COMMERCIALE

Le consuetudini dei mercanti


Le origini del diritto commerciale si possono fare risalire al XII secolo, quando nei Comuni si assisteva ad una intensa attivit economica, frenata, per, dal formalismo del diritto romano. In quel periodo gli scambi commerciali si svolgevano prevalentemente nell ambito delle corporazioni di arti e mestieri. nell ambito delle corporazioni che nel XII secolo si viene formando un primo nucleo del diritto commerciale. Le prime raccolte di consuetudini sono: - le Consuetudines di Genova; - il Constitutum usus di Pisa; - il Liber consuetudinum di Milano. Un ruolo particolare avevano le raccolte di usi delle citt marinare e tra le altre: - il Capitulare nauticum di Venezia; - le Tavole Amalfitane; - gli Ordinamenti di Trani; - il Breve Curiae Maris.

L internazionalit del diritto commerciale


Un ulteriore peculiarit era costituita dalla internazionalit del diritto commerciale, che aveva valenza oltre i confini dei singoli Paesi. Si trattava di una conseguenza del fatto che gli scambi e gli affari, venivano conclusi anche tra mercanti di Paesi diversi. Questi scambi non sarebbero stati, per, agevoli se le parti del contratto avessero dovuto applicare la regolamentazione giur idica vigente nei loro paesi di origine. Da qui la necessit di regole comuni e che fossero le pi rispondenti alle esigenze dei mercanti. L incontro di mercanti con diverse esperienze giuridiche avveniva innanzi tutto nelle fiere, che erano dei mercati in cui si riunivano periodicamente mercanti provenienti da diversi Paesi per poter stipulare contratti di acquisto e di vendita. La migliore dimostrazione dell internazionalit del diritto commerciale fornita da quanto era accaduto in Inghilterra. L Inghilterra non aveva mai recepito il diritto romano comune ed il suo ordinamento giuridico era di natura prettamente giurisprudenziale. Proprio in Inghilterra il Sovrano concedeva a 12 comuni rivieraschi (gli staple towns), una sorta di privilegio di extraterritorialit consistente nella facolt di applicare ai contratti di scambio le consuetudini commerciali e di attribuire il potere di dirimere le controversie a tribunali speciali, le pie powder courts, in cui i giudici erano mercanti.

Modifiche alla disciplina del contratto e dei mezzi di prova


Il superamento del formalismo del diritto romano rispondeva all esigenza dei mercanti di forgiare il contenuto dei contratti, specificando le singole clausole. Ai mercanti non interessava tanto l adozione di particolari formule sacramentali, interessava, invece, la determinazione delle obbligazioni che venivano assunte da ciascuna delle parti. Veniva, perci, riconosciuta la validit dei nuda pacta, accordi privi di forma, ma non di causa. Inoltre un ruolo particolare era riconosciuto ai documenti confessionali o guarentiggiati, che erano redatti da un notaio e a cui, non solo veniva riconosciuto un maggior valore probatorio, ma gli era attribuita l efficacia di titolo esecutivo e perci la facolt di avvalersene per ottenere l adempimento coattivo delle obbligazioni.

Il divieto delle usure


Il termine usura in origine individuava qualsiasi compenso che fosse dato in cambio di un mutuo, un prestito di denaro. Il divieto delle usure , veniva ribadito nel II Concilio Lateranense, in cui si sanciva rigidamente il divieto di pretendere, di richiedere e di ottenere un qualsiasi compenso per un prestito di denaro. Orientamento che trovava la sua giustificazione in un passo evangelico secondo cui date a mutuo senza ripromettervi di ricevere nulla in cambio . La ragione era molto semplice: in quel periodo chi ricorreva al mutuo era l artigiano o il lavoratore della terra, che non aveva ricavato dal proprio lavoro i mezzi necessari al proprio sostentamento e che aveva perci bisogno del prestito per sopravvivere. Pretendere di realizzare un guadagno dalla dazione a mutuo sembrava un volere speculare, un volere approfittare della miseriealtrui. Ci trovava riscontro nei principi giuridici dell epoca, nella cosiddetta giustizia commutativa, o nel principio dell equivalenza delle prestazioni. Si diceva, come chi ha dato un pezzo di pane ha diritto alla restituzione di un altro pezzo di pane della stessa quantit e dello stesso tipo, chi ha dato un fiasco di vino ha il diritto ad avere in cambio un altro fiasco di vino, cos chi ha dato in prestito del denaro ha diritto di ricevere una quanti di denaro esattamente identica a quella che ha t dato. La situazione cambiava radicalmente quando a ricorrere al mutuo era il mercante che si riprometteva di ricavare un guadagno, dall utilizzazione del denaro ricevuto in prestito. In tal caso non c era pi il desiderio di approfittare delle miserie e appariva equo riconoscere a chi col proprio denaro aveva consentito ad altri di realizzare un guadagno il diritto di partecipare alla ripartizione di quel guadagno, di ricevere un corrispettivo per quel guadagno. La diversa prospettiva non era, per, recepita n dal diritto canonico n da quello civile nei quali sopravviveva il rigido divieto delle usure. Si cercava, allora, di aggirare quel divieto nella pratica e la prima soluzione era stata quella delle gratifiche o doni, che consistevano nella restituzione, nel momento della conclusione del contratto, di una parte della somma ricevuta a mutuo, e perci nel pagamento anticipato degli interessi che veniva giustificato come una manifestazione di gratitudine. Il mutuante non avrebbe per percepire nessun ulteriore compenso se il mutuatario non avesse adempiuto alla scadenza inizialmente pattuita. Per ovviare a quest ultimo inconveniente si fece ricorso al contratto trino, che consisteva nella conclusione di tre contratti aventi differente funzione e contenuto: - una compravendita con cui il mutuatario alienava al mutuante un proprio bene per un prezzo equivalente all importo del mutuo; - una seconda compravendita, con il cui il mutuante rivendeva al mutuatario il bene in precedenza acquistato per un prezzo equi alente all importo del mutuo maggiorato v degli interessi; - un normale contratto di mutuo senza previsione di interessi. In tal modo si realizzavano gli effetti sostanziali di un mutuo garantito da pegno e con patto commissorio. Operazione che era doppiamente illecita in quanto violava non solo il divieto delle usure ma anche il divieto del patto commissorio. L operazione veniva successivamente semplificata con la mohatra, che si riduceva a due compravendite in senso inverso. Maggiore rilevanza va riconosciuto all evoluzione della dottrina e in particolare a quella dei Padri della Chiesa. Innanzitutto San Tommaso, il quale sosteneva che se il mutuatario alla scadenza non restituiva la somma ricevuto in prestito procurava un danno al mutuante che aveva dirittodi disporre di quella somma e che doveva perci essere risarcito con gli interessi moratori. San Antonino, invece, vescovo di Firenze, sosteneva che per giudicare della legittimit o meno del pagamento degli interessi occorreva fermare l attenzione alla persona del debitore, perch se il debitore era stato costretto a ricorrere al mutuo per procurarsi i mezzi per il sostentamento rimaneva valido il principio per cui non era lecito speculare, mentre se il mutuatario doveva utilizzare le somme ricevute per esercitare un attivit commerciale, si doveva riconoscere che era conforme ai principi della morale e della giustizia commutativa che egli rendesse partecipe dei guadagni anche il mutuante. Un lungo processo di legalizzazione condusse nel 1540, alla liceit degli interessi nei rapporti fra commercianti, sancita dall imperatore Carlo V, che contemporaneamente determinava la percentuale degli interessi leciti.

Il contratto di cambio
Nel primo periodo della storia del diritto commerciale, il cambio di denaro svolgeva un ruolo non trascurabile nello svolgimento dei traffici, e per, a causa del divieto delle usure, si presentava l esigenza di individuare le condizioni necessarie per poterlo distinguere dal mutuo e riconoscerne la lceit. i Venivano di conseguenza individuati tre diversi tipi di contratti di cambio: - cambium minutum: che era uno scambio fra monete differenti e che era caratterizzato dalla contestualit della conclusione e dell esecuzionedel contratto. Di conseguenza il compenso che veniva pagato al cambista costituiva il corrispettivo delle spese dallo stesso sopportate per l organizzazione e perl esercizio di quell attivit. - cambium per litteras: caratterizzato dalla distantia loci, e cio dalla condizione che il contratto doveva essere eseguito in un luogo diverso rispetto a quello in cui era stato concluso. - cambium siccum: caratterizzato dalla distantia temporis, e precisamente dal differimento della prestazione di restituzione rispetto al momento della conclusionedel contratto.

La lettera di cambio
Il cambium per litteras implicava la presenza di un documento, la littera, che conteneva, in sostanza, un riconoscimento di debito e che doveva essere redatto da un notaio. Si trattava, perci, di un documento confessionato ex causa cambi, in cui dovevano a pena di nullit essere presenti due requisiti sostanziali: - la menzione della permutatio pecuniae; - la menzione della distantia loci. Contemporaneamente il creditore ed il debitore ex causa cambi redigevano in comune una scrittura privata con cui il primo attribuiva al proprio corrispondente la legittimazione a riscuotere la prestazione ed il debitore ordinava al proprio corrispondente di pagare. Era questa la littera clausa, grazie alla quale si realizzava il trasferimento del denaro. Ben presto si presentava, per, l esigenza di semplificare l intera operazione e in particolare di superare la redazione notarile del contratto di cambio, il che avveniva con la creazione da parte dei mercanti di un nuovo tipo di documento. Nascevano in tal modo le prime lettere di cambio in cui dovevano figurare quattro soggetti e precisamente: - il creditore ex causa cambi; - il debitore; - il corrispondente del primo; - il corrispondente del secondo. E dovevano essere presenti due requisiti sostanziali: la permutatio pecuaniae e la distantia loci. Le lettere di cambio, assolvevano in origine alla funzione di strumenti di pagamento internazionale, ma si trasformavano ben presto in strumenti di credito. Un ulteriore problema era quello della prova dell avvenuto versamento della moneta, prova che in origine era fornita dalla re dazione notarile del documento. Per cercare di sopperire a questa esigenza si imponeva al creditore ex causa cambi di dichiarare sotto giuramento di aver ricevuto la pecunia, in ragione della rilevanza che all epoca aveva il giuramento.

L assicurazione
Rischi non poco rilevanti esistevano nel trasporto delle merci ed in particolare nel trasporto via mare. Da qui la necessit di escogitare strumenti giuridici che consentissero di limitare con una prestazione pecuniaria le perdite patrimoniali causate d verificarsi di eventi al dannosi. La prima forma di tutela stata costituita dal fenus nauticum, o prestito a cambio marittimo: si trattava, in sostanza, di un contratto di mutuo che veniva stipulato in occasione di una spedizione mercantile per finanziare la stessa. Il compenso che doveva essere pagato al mutuante era particolarmente elevato ma non si trattava di usura, perch costi uiva il corrispettivo del rischio che veniva corso. t Per quanto riguarda la nozione di rischio, intesa come probabilit del verificarsi di un evento futuro ed incerto causato dal fatto dell uomo o da un evento naturale, essa contemplava diverse tipologie: - il rischio economico: cio l errata previsione del risultato di un determinato affare, e in tal caso l ordinamento giuridico non accordava alcuna tutela; - il danno provocato da fatto del terzo o da un evento naturale e in tal caso il danneggiato aveva diritto di tutelarsi contro la probabilit di subire un pregiudizio : patrimoniale non dipendente dalla sua volont. Veniva di conseguenza creato il contratto di assicurazione, che venne completato con la previsione di una serie di clausole di salvaguardia: - l interesse assecurari: cio l esistenza di un rapporto giuridico fra colui che concludeva il contratto e il bene esposto al rischio, in modo che se si fosse verificato il sinistro, costui avrebbe subito un pregiudizio patrimoniale. - la franchigia: per evitare che l assicurato potesse essere indotto a provare volontariamente il sinistro per ottenere il pagamento dell indennit . Per scoraggiare tale eventualit veniva stabilito che il bene non poteva essere assicurato per una somma superiore ai 7/10 del suo valore dovendo per i residui 3/10 l assicurato restare assicuratore di se stesso. - la distinzione fra iter e viagium: nel caso di assicurazione stipulata per tutelarsi contro i rischi del trasporto via mare era necessario, per valutare l ent del rischio, it specificare la rotta della nave e il percorso. Si aggiungeva anche la distinzione fra viagium e iter al fine di stabilire che se nonostante gli opportuni accorgimenti non fosse stato possibile evitare il sinistro, lo stesso sarebbe stato coperto dall assicurazione; - l istituto dello storno: il premio doveva essere pagato contestualmente alla conclusione del contratto e per si riconosceva che se la spedizione ve niva per qualsiasi motivo annullata, il premio doveva essere restituito. - l istituto dell abbandono all assicuratore della nave e del carico: col quale si stabiliva che se fossero sorte contestazioni in merito all entit del danno causato dal sinistro e sull importo del risarcimento dovuto, l assicurato avrebbe potuto abbandonare all assicuratore il bene assicurato riscuotendo in cambio l intera indennit.

I rapporti associativi e le societ


In questo periodo, assumevano un ruolo autonomo i rapporti associativi e innanzi tutto la commenda, che secondo alcuni studiosi, in origine era un mutuo con assunzione di rischio e si trasformava in un rapporto associativo quando si accresceva la collaborazione fra capitano e mercante e si de terminavano le regole per la ripartizione delle perdite e dei guadagni. La forma tipica di associazione per l esercizio in comune dell attivit economica era costituita dalla societ, che per era diversa dalla societas del diritto romano. Solo nel XII e XIII sec. la societ acquister la sua natura. La prima forma di societ era costituita dalla societas mercatorum, nella quale mancava un patrimonio comune e l esercizio dell attivit era individuale nel senso che ciascun mercante gestiva individualmente la propria azienda sulla quale gli altri soci non avevano alcun potere di controllo,e quindi il rapporto associativo si riduceva alla partecipazione agli utili e alle perdite.

Successivamente venne a formarsi la societas mercatura (o compagnia) che poteva considerarsi come la progenitrice dell odierna societ in nome collettivo, caratterizzata dalla costituzione di un patrimonio comune a tutti i soci, ma separato da quello personale e destinato ad essere utilizzato per l esercizio dell attivit sociale. Ad essa segu la societ in accomandita caratterizzata dalla presenza di due categorie di soci, gli accomandatari e gli accomandanti, i primi a cui spettavano tutti i poteri di gestione e che erano illimitatamente responsabili, i secondi che partecipavano unicamente alla ripartizione degli eventuali u ma la cui responsabilit era limitata al solo tili, conferimento eseguito.

L organizzazione dell attivit


L attivit economica aveva bisogno per il suo esercizio di una organizzazione e perci di un complesso di beni da destinare a questo scopo. Veniva, di conseguenza, enunciata la nozione di fondaco (azienda) e le prime regole al riguardo. Venivano inoltre individuati i segni distintivi e cio la ditta, l insegna, e il marchio: - la ditta: costituiva il nome commerciale del mercante, che aveva una particolare rilevanza distintiva; - l insegna: indicava il luogo in cui veniva esercitata l attivit, che aveva una pi limitata efficacia distintiva e che poteva anche essere un indicazione di fantasia; - il marchio: veniva apposto sul prodotto dalla corporazione e adempiva ad una duplice funzione di garanzia in quanto certifcava non solo la provenienza del prodotto da i un mercante iscritto alla corporazione ma altres che lo stesso era stato realizzato con materie prime normalmente utilizzata all interno della corporazione.

LA FORMAZIONE DEGLI STATI NAZIONALI


Il secondo periodo della storia del diritto commerciale e la formazione degli Stati Nazionali
Il secondo periodo della storia del diritto commerciale inizia a partire dal XVI sec. Gli eventi storici che segnano il passaggio ad un periodo successivo della storia del diritto commerciale sono tre: - le scoperte geografiche: la scoperta dell America di Cristoforo Colombo; - la Riforma protestante; - la creazione degli Stati Nazionali. La formazione degli Stati Nazionali comportava la rivendicazione della nazionalit non solo per quanto atteneva alla struttura della societ, ma anche per l affermazione della nazionalit del diritto. Prende forma l idea di un diritto commerciale nazionale. Il primo degli ordinamenti che adotta un complesso normativo di tipo commerciale l ordinamento francese, va infatti ricordato Luigi XIV e il ministro Colbert per la riforma della disciplina del diritto commerciale: l Ordonnance du commerce, grazie alla quale la regolamentazione della materia contenuta nelle raccolte di consuetudini dei mercanti veniva trasfusa in un testo legislativo unitario.

La giurisdizione
L amministrazione della giustizia nel XVI sec. cessava di essere una prerogativa delle corporazioni, e di essere amministrata dagli stessi mercanti ed anche le controversie riguardanti i rapporti commerciali venivano assorbite dalla giurisdizione statale. Non si trattava pi di una giurisdizione separata, era una giurisdizione inserita nella giurisdizione dello Stato ma pur sempre amministrata da tribunali speciali.

Le banche nazionali
Nel secondo periodo all attivit bancaria esercitata dagli stessi mercanti, si affiancavano le banche nazionali e innanzi tutto la Banca d Inghilterra costituita essenzialmente con funzione di tesoreria, cio con lo scopo di ricevere e custodire le somme che pervenivano a qualsiasi titolo nel patrimonio dello Stato e provvedere all esecu zione dei pagamenti dovuti. Di conseguenza la Banca d Inghilterra si era trovata ben presto in possesso di rilevanti somme di denar e si prospettava l opportunit di investirle in operazioni di o concessione di credito, nasceva cos il contratto di sconto e cio quel contratto con cui il mercante cedeva alla banca propri crediti liquidi, ma non ancora esigibili, ricevendone in cambio il corrispettivo in denaro decurtato di una certa somma che costituiva il compenso della prestazione della banca e il pagament degli interessi. o Inoltre il banchiere che riceveva in deposito una somma di denaro doveva rilasciare al depositante una ricevuta un documento nominativo che veniva emesso di volta in , volta. Per accelerare queste operazioni si cominci ad emettere dei documenti di importo predeterminato ma di tagli diversi, senza indicazione del nome del creditore, nasceva in tal modo il biglietto di banca.

La cambiale
La disciplina della cambiale subiva anch essa in questo periodo delle modificazioni notevoli. Innanzi tutto, i soggetti che in origine erano quattro, e cio il debitore ex causa cambi, il creditore, il corrispondente del primo e il corrispondente del secondo, si riducevano a tre, in quanto si riconosceva che il creditore non doveva essere costretto a rivolgersi ad un proprio corrispondente per riscuot la somma menzionata nel ere documento, ma poteva anche farlo personalmente. L istituto che consentiva il perseguimento di questo risultato era la girata, e cio una dichiarazione scritta che veniva apposta sul documento cambiario e con cui il creditore attribuiva ad un terzo la legittimazione a riscuotere in suo nome e per suo conto. Un altra modifica era introdotta, sempre in Francia, con l Ordonnance du commerce, nella quale veniva sancita l abolizione del requisito della permutatio pecuniae, ragion per cui la causa dell emissione della cambiale poteva essere costituita anche da un contratto diverso da quello di cambio. In seguito all introduzione della girata e alla scomparsa del requisito della permutatio pecuniae, la cambiale cessava di essere solo strumento per pagamenti tra piazze lontane e veniva ad assumere anche la veste di documento destinato alla mobilizzazione di un credito. Infine, in questo periodo si veniva configurando in Francia la cambiale commerciale caratterizzata dalla cessione della provvista, e cio dal trasferimento, ai successivi acquirenti del titolo cambiario, del credito che l emittente della cambiale, il traente, vantava nei confronti del trattario.

Le compagnie coloniali
Con l intensificarsi dei rapporti commerciali marittimi, si rendeva necessaria l individuazione di una nuova struttura giuridica associativa che doveva soddisfare due diverse esigenze: - da un lato quella della circolabilit della partecipazione; - dall altro quella della limitazione della responsabilit dell investitore. A queste esigenze rispose la struttura associativa delle compagnie coloniali. La prima compagnia coloniale veniva ad esistenza in Olanda, con la costituzione della Compagnia Olandese delle Indie Orientali in seguito alla fusione di alcune societ di armamento. Si trattava di una compagnia privilegiata che nasceva in seguito ad un provvedimento dell autorit che attribuiva alla compagia il privilegio dello sfruttamento di n determinati territori. La partecipazione alla compagnia era aperta a tutti ed era rappresentata da un documento denominato azione, probabilmente perch conferiva al socio la legittimazione ad esercitare l eventuale azione giudiziaria contro la compagnia per far valere i propri diritti. Un ulteriore peculiarit della compagnia era costituita dalla limitazione della responsabilit di tutti i soci, che rappresentava una novit per l ordinamento giuridico dell epoca.

LE CODIFICAZIONI
La codificazione napoleonica
Il Codice Civile veniva emanato nel 1804 da Napoleone. Il Codice, subito dopo le disposizioni preliminari, era diviso in 3 libri: - primo libro: diritto di famiglia; - secondo libro: i beni e la propriet; - terzo libro: i modi di acquisto della propriet. Per quanto atteneva alla disciplina dei rapporti patrimoniali il codice era fondato su due concetti: la propriet e il contratto, come strumento di circolazione della propriet. Il Codice si proponeva di perseguire l uguaglianza giuridica dei cittadini, ma in esso si manifestava un completo disinteresse per le diseguaglianza economiche, e questo costituiva il maggior limite della codificazione. Il Codice di commercio veniva promulgato due anni dopo, nel 1806, ma aveva una minore importanza rispetto al precedete, infatti, mentre il Codice Civile aveva un carattere fortemente innovativo perch trasferiva in un testo normativo i principi della Rivoluzione, il Codice di commercio costituiva solamente la naturale evoluzione del sistema precedente, che aveva trovato una sua regolamentazione gi dell Ordinanza sul commercio di Luigi XIV.

L evoluzione del diritto commerciale. L oggettivit del sistema


Il Codice di commercio napoleonico disciplinava un diritto ormai oggettivizzato, conseguenza della sovranit e unicit dello Stato e dell uguaglianza giuridica dei cittadini. L oggettivit del criterio di applicazione della normativa comportava che l atto di commercio non solo se compiuto dal commerciante, ma anche se posto in essere da chi non era tale, dal comune cittadino, doveva essere assoggettato alla disciplina contenuta nel Codice di commercio. Il Codice del 1806, conteneva, quindi, una generale disciplina del commerciante diretta alla tutela del credito e una regolamentazione degli atti di commercio. In tal modo si formulava una diversa nozione di commerciante, che era colui che compiva professionalmente atti di commercio . I criteri fondamentali a cui si ispiravano le legislazioni dell epoca erano quelli della libert di iniziativa, della liceit della concorrenza, e della tutela del consumatore, che era considerato lo scopo dominante.

Le modificazioni alla disciplina della cambiale


La disciplina della cambiale veniva nel Codice di commercio assoggettata a numerose modifiche ed innovazioni, in quanto scompariva anche il requisito della distantia loci, e di conseguenza la cambiale perdeva la sua originaria funzione di strumento di pagamento internazionale e adempiva ad una fu nzione di credito, perch poteva essere utilizzata per ottenere credito. A sua volta la girata non serviva pi solo ad attribuire al giratario la legittimazione a pretendere la prestazione menzionata nel titolo, ma acquistava anche una funzione di garanzia, perch il girante quando apponeva la propria sottoscrizione sul titolo non solo trasferiva la cambiale al giratario, ma si obbligava nei confronti di costui e dei successivi portati ad adempiere personalmente nel caso in cui alla scadenza il trattario non avesse eseguito la prestazione.

La societ anonima
Un ulteriore novit del Codice di commercio del 1806 era la nascita della societ anonima, che poteva essere considerata come una naturale evoluzione delle compagnie coloniali. La societ anonima costituiva un tipo di societ caratterizzato dalla responsabilit limitata di tutti i soci e che contemporaneamente doveva soddisfare alcune condizioni a cominciare dall esistenza di un capitale stabile, dalla redazione di bilanci annuali e dalla pubblicit degli atti societari. Veniva prevista, inoltre, la responsabilit degli amministratori. La costituzione della societ anonima era subordinata ad una autorizzazione che doveva essere concessa caso per caso all autorit governativa ed in seguito ad una giudizio di merito che aveva un largo margine di discrezionalit. In Francia veniva, invece, sancita la regola che la costituzione della societ anonima diveniva libera anche se subordinata a osservanza di determinati requisiti legali e ll veniva assoggettata al controllo dell autorit giudiziaria, che non era per controllo di merito, ma di legalit, ed in cui non vi era alcun margine di discrezionalit, dovendo il giudice limitarsi a verificare che nell atto costitutivo e nello statuto non vi era alcuna violazione di norme imperative.

LA CODIFICAZIONE IN ITALIA
Dal risveglio nel 1700 alla formazione dello Stato Nazionale
L apporto del nostro Paese all evoluzione del diritto commerciale nel secondo periodo della sua storia si era limitato all opera della dottrina diretta essenziale a inquadrare la disciplina vigente, invece nel 1700 si assisteva ad un notevole risveglio del pensiero economico e giuridico. In questo periodo si avviva la realizzazione di un rinnovamento dell attivit economica ed innanzi tutto dell economia agraria in quanto: - venivano abolite le terre di uso comune; - si formava la propriet contadina; - si organizzava l attivit agricola in modo da realizzare un maggiore e migliore sfruttamento della terra. Nel Granducato di Toscana e nel Lombardo Veneto veniva anche sciolte le corporazioni. In quegli anni raccoglieva sempre maggiori consensi anche l idea della codificazione intesa come consolidazione legislativa del diritto vigente. Questa idea veniva attuata negli Stati Sardi e nelle Costituzioni di Carlo Emanuele II. Altrettanto avveniva nel Granducato di Toscana e nel Regno delle Due Sicilie. In seguito all invasione napoleonica, venne prospettata l esigenza di un completo rinnovamento legislativo. Di conseguenza venivano nominate dai nuovi governanti due commissioni legislative, il cui compito doveva essere quello di con sentire l introduzione nel nostro ordinamento di una codificazione che doveva rifarsi al modello francese. Rotti gli indugi, Napoleone dava disposizione che si procedesse alla traduzione dei codici francesi. Venivano di conseguenza emanati: - nel 1806: il Codice Civile di Napoleone il Grande per il Regno d Italia; - nel 1808: il Codice di commercio. Nel 1815 Napoleone veniva sconfitto a Waterloo ed in seguito al Congresso di Vienna si ricostituivano sostanzialmente gli Stati preesistenti e ritornavano al potere i vecchi governanti, i quali in alcuni casi mantenevano in vigore la legislazione napoleonica, ma in molti altri ripristinavano le norme precedenti. E quanto avveniva nel Regno di Sardegna, dove si provvide alla redazione ed emanazione delCodice di commercio Albertino nel 1842. Anche questo codice, per, aveva vita breve perch in seguito all unificazione del territorio nazionale ed alla costituzionedel Regno d Italia i governanti ritennero non opportuno estendere l applicazione della legislazione piemontese a tutto il territorio nazionale e veniva di conseguenza adottata la decisione di mantenere in vigore le norme vigente nelle diverse regioni e province e di procedere ad un completo rinnovamento legislativo che sfociava nell emana zione nel 1865 del Codice Civile e del Codice di commercio.

Il codice di commercio del 1882


L unificazione dello Stato favoriva lo sviluppo dell attivit imprenditrice e le iniziative si moltiplicavano, in questo clima si affermava l esigenza di un rinnovamento della legislazione commerciale che sfociava nel nuovo codice promulgato nel 1882, il codice Zanardelli, dal nome del Ministro Guardasigilli all epoca della sua emanazione. Il codice del 1882 si ispirava al modello francese, ma se ne discostava sotto vari profili perch teneva presenti le legislazioni pi recenti: - in tema di societ, della legge belga; - per la cambiale, della legge cambiaria tedesca.

Inoltre si ampliava l ambito del diritto commerciale facendovi rientrare nuovi tipi di atti di commercio o dettando la discip lina di istituti ignorati dalla legislazione precedente come: - la speculazione immobiliare e l attivit di costruzione edilizia; - l assegno bancario; - l assicurazione sulla vita. Inoltre nel codice del 1882 si accentuava l oggettivizzazione del diritto commerciale. In questo sistema oggettivizzato la presenza del commerciante, prima essenziale ai fini della qualificazione dell atto di commercio, perdeva la sua rilevanza dovendo far riferimento solo a requisiti oggettivi.

La dottrina: le scuole di Cesare Vivante e Alfredo Rocco


La codificazione del 1882 provocava numerosi interventi da parte della dottrina, alcuni dei quali acquistavano ben presto unnotevole prestigio internazionale, in particolare i due metodi di indagine di Cesare Vivante e Alfredo Rocco. Per il Vivante l indagine giuridica doveva partire dall esame della realt fenomenologica, da gruppi omogenei di fattispecie, al fine di individuare quali erano gli interessi in conflitto e di accertare quelli meritevoli di tutela, che normalmente coincidevano con quelli di cui erano portatori i soggetti economicamente e socialmente pi deboli. Era questo il metodo deduttivo che si preoccupava del perseguimento della giustizia sostanziale. Esattamente opposto era l orientamento del Rocco, che sosteneva la necessit di isolare nell ambito della complessiva fattispecie il profilo strettamente giuridico e di pervenire ad una puntuale interpretazione della disciplina. Era questo il metodo dogmatico, che nella preoccupazione di isolare il fenomeno giuridico finiva per per risolversi in uno strumento di tutela degli interessi costituiti.

La prima guerra mondiale e l intervento dello Stato nell esercizio dell attivit economica
Il primo conflitto mondiale provocava una grave crisi della struttura economica del Paese. Era infatti accaduto che le industrie italiane nei decenni precedenti per poter realizzare le opere necessarie al loro risanamento avevano dovuto fare ricorso a notevoli finanziamenti che erano stati concessi loro dalle banche ed a garanzia dei quali avevano costituito in pegno pacchetti azionari. In pi, in seguito allo scoppio della prima guerra mondiale le industrie per poter attivamente partecipare allo sforzo bellico erano state costrette ancora una volta a fare ricorso a finanziamenti, in cambio dei quali avevano ceduto ai loro finanziatori delle azioni. Era, pertanto, accaduto che le banche si erano trovate in possesso di ingenti pacchetti azionari, che avevano per assorbitotutta la loro liquidit. Se a tutto questo si aggiungevano le ripercussione in Europa ed in particolare nel nostro Paese della grave crisi finanziaria di Wall Street del 1929 risultava evidente l impossibilit di provvedere alla riconversione del sistema industriale ed al rilancio dell economia facendo ricorso alle ordinarie forme di finanziamento. Si rendeva, perci, necessario un intervento straordinario a cui si provvedeva con il r.d.l n1388 del 1931 con cui veniva costituito l I.M.I. (Istituto Mobiliare Italiano) e con il r.d.l. n5 del 1933 con cui veniva costituito l I.R.I. (Istituto per la Ricostruzione Industriale). Lo scopo dell I.M.I. era quello di concedere finanziamenti a medio e lungo termine (non oltre 10 anni) alla imprese che presentavano effettive possibilit di riassetto e di ripresa, lasciando alle banche il solo credito ordinario. All I.R.I. venivano, invece, trasferiti i pacchetti azionari di grandi e medie societ industriali e manufatturiere che si erano nel corso degli anni accumulati nel patrimonio delle banche, le quali ricevendone in cambio il controvalore vedevano ricostruita la loro liquidit.

La particolarit della situazione da un lato giustificava l intervento dello Stato nell esercizio dell attivit economica, dall altro costituiva una inversione di rotta rispetto al liberismo ottocentesco.

Il Codice Civile del 1942 e le opinioni della dottrina sulla sorte del diritto commerciale
Con il Codice Civile del 1942 si realizzava da un lato l unificazione formale del diritto privato perch scompariva il Codice di commercio e si aveva un testo legislativo unitario e dall altro lato l unificazione sostanziale del diritto delle obbligazioni venendo eliminata la distinzione tra contratti civili e contratti commerciali. Il tuo testo legislativo provocava un ampio dibattito in dottrina a cui partecipavano i pi autorevoli studiosi di diritto commerciale, i quali si dividevano in 3 differenti correnti: 1) la prima sosteneva che il nuovo Codice Civile era una realizzazione del regime politico vigente nel momento storico in cui era stato approvato, in q uanto traduceva in un testo normativo i principi ispiratori dell ordinamento corporativo, e quindi nella sostanza non era cambiato nulla; 2) la seconda opinione, che vedeva nel Valeri il principale sostenitore, sosteneva la necessit di riaffermare l autonomia e la specialit del diritto commerciale e proponeva l emanazione a breve scadenza di un nuovo Codice di commercio, che do veva essere impostato sulla figura dell imprenditore. 3) opposta era l opinione del Greco e della dottrina prevalente, secondo cui con la codificazione del 1942 si era realizzata una sostanziale unificazione del diritto privato, ne conseguiva perci che si poteva ancora parlare di autonomia del diritto commerciale ma solo a fini didattici e che quindi la specialit di alcuni istituti specifici non aveva particolari conseguenza sulla disciplina.

La legge n216 del 1974 e l istituzione della Consob e altre forme di intervento dello Stato nell attivit economica
La legge n216 del 1974 disponeva nell art. 1 l istituzione della Commissione nazionale per la societ e la borsa (Consob), la cui funzione era quella di realizzare un controllo pubblico sulle societ quotate in borsa. Il controllo pubblico si realizzava assoggettando i bilanci delle societ ad un controllo esterno da affidare ad una societ di revisione da scegliere tra quelle iscritte in un apposito albo creato presso la Consob. Inoltre veniva attribuito alla stessa Consob il potere di ordinare agli amministratori di rendere noti dati e notizie ritenute rilevanti e di comunicare alla Commissione il progetto di bilancio e le proposte di modifica dell atto costitutivo, di emissione di obbligazioni e di fusioni. L inosservanza di queste disposizioni comportava l irrogazione di sanzioni amministrative a carico degli amministratori della societ. Poco dopo i poteri della Consob venivano ampliati, comportando anche la possibilit di inci ere sulla vita della societ, in quanto alla Commissione veniva attribuita, la d legittimazione ad impugnare la deliberazione di approvazione del bilancio. Un ulteriore novit era la previsione delle offerte pubbliche di acquisto. Anche a questo proposito si realizzava un aumento dei poteri della Consob a cui veniva tra l altro consentito di autorizzare deroghe al divieto di aumenti e di riduzioni del capitale sociale deliberati dopo il lancio di una offerta pubblica di acquisto. L intervento dello Stato nell attivit economica e bancaria si realizzava con il supporto di altri istituti di controllo. - l Autorit garante della concorrenza e del mercato: ha un ruolo non trascurabile, avendo il potere non solo di individuare i comportamenti lesivi della libert della concorrenza irrogando eventuali sanzioni, ma anche di autorizzare eventuali deroghe; - la Banca d Italia: che detiene ampi poteri di controllo sulle imprese esercenti attivit bancaria che riguardano l autorizzazione all esercizi dell attivit, l acquisto delle o partecipazione e le fusioni.

L IMPRENDITORE
L attivit: nozione e particolare disciplina
E imprenditore, ai sensi dell art. 2082 C.c. chi esercita professionalmente un attivit economica organizzata al fine della produzione o dello scambio di beni o di servizi. Con l art. 2082 l attivit acquista per la prima volta rilevanza per l ordinamento giuridico. Infatti, mentre il Codice di commercio ruotava intorno alla nozione di atto, nel nuovo codice l attenzione si ferma sull attivit. Per quanto riguarda la nozione di attivit, da rilevare che la stessa si svolge mediante il compimento di una pluralit di atti, ma non si riduce alla loro somma, in quanto gli stessi devono essere diretti al perseguimento di una comune finalit. Va anche precisato che quando si parla di atto, non lo si deve intendere nel suo significato tecnico-giuridico ma come sinonimo di affare, che pu a sua volta essere costituito dal compimento di uno o pi atti giuridici. La distinzione fra atto ed attivit si ripercuote sulla relativa disciplina. Infatti l atto o il negozio giuridico non conformi alla legge sono, a seconda dei casi, nullo o annullabile e pu esserne chiesta la risoluzione, mentre non possibile parlare di nullit o annullabilit dell attivit, nei cui confronti sono possibili solo sanzioni amministrative o penali.

Attivit economica e attivit di mero godimento


L attivit disciplinata nell art. 2082 deve rispondere a determinate caratteristiche individuate nella stessa norma e precisamente si deve trattare: a) un attivit economica; b) diretta alla produzione o allo scambio di beni o di servizi; c) organizzata; d) esercitata professionalmente. Per quanto riguarda il concetto di attivit economica si sono alternate diverse correnti di pensiero. 1) c chi ha sostenuto che si tratterebbe di una ripetizione del requisito di attivit diretta alla produzione o allo scambio di beni o di servizi. 2) altri hanno letto nell economicit il sinonimo di lucrativit e pi esattamente il proposito di realizzare un guadagno dall esercizio dell attivit. 3) altri ancora sostengono che l attivit produttiva pu dirsi condotta con metodo economico quando svolta con modalit che consentono nel lungo periodo a l copertura dei costi con i ricavi. L economicit deve, invece, costituire una caratteristica della stessa attivit. Se ne deduce che economica l attivit produttrice di nuova ricchezza, perci economica l attivit di chi produce o concorre a produrre beni, ma anche l attivit di scambio. Non invece economica l attivit dello scrittore, dello scienziato e neppure quella dell inventore, ma soprattutto non economica l attivit di mero godimento che si riduce alla percezione di una rendita. Infine c chi ha sostenuto che una persona avvalendosi del medesimo bene possa esercitare contemporaneamente attivit di mero godimento e attivit economica. Anche questa opinione non condivisibile, perch il coltivatore di un fondo un imprenditore agricolo e la propriet della terra da parte sua costituisce solo un bene strumentale per l esercizio dell attivit economica e non integra una autonoma attivit di godimento.

Attivit di produzione o di scambio


La nozione di imprenditore dettata nell art. 2082 molto ampia, ed essa perderebbe significato se si dovesse intendere per a ttivit diretta alla produzione o allo scambio anche l attivit di chi produce per il proprio consumo. Non , perci, possibile includere fra le imprese, le imprese per conto proprio, e perci la coltivazione del fondo, finalizzata al soddisfacimento dei soli bisogni dell agricoltore o della sua famiglia. Si deve perci leggere la norma come se parlasse di attivit diretta alla produzione per lo scambio o allo scambio dovendosi da ci dedurre che il destinatario del prodotto deve essere una persona diversa dal produttore. Sono necessarie delle precisazioni per quanto riguarda i gruppi, nel cui ambito pu accadere che tutti i prodotti di una societ siano destinati ad altre societ dello stesso gruppo, in tal caso sarebbe errato dedurre si sia in presenza di una produzione per il proprio consumo. Analogo discorso vale nel caso in cui l intera produzione sia destinata ad un unico grossista che provveder a immetterla nel mercato. In conclusione per aversi produzione per lo scambio sufficiente che il destinatario del prodotto sia persona diversa dal produttore, che poi quanto tipicamente accade nell attivit di scambio.

L organizzazione
L attivit, recita l art. 2082, deve essere organizzata. La forma tipica di organizzazione costituita dall azienda, che secondo la stessa nozione contenuta nell art. 2555 C.c il complesso di beni organizzati dall imprenditore per l esercizio dell impresa. Se questa fosse nel nostro ordinamento la sola forma di organizzazione possibile, se ne dovrebbe dedurre che pur esistendo un serie di attivit che presentano tutte le a caratteristiche richieste dall art. 2082 chi le esercita dovrebbe essere escluso dal novero degli imprenditori per il solo fatto che non dispone di una azienda. La nozione di organizzazione non deve pertanto essere intesa nel suo significato tecnico -giuridico e si deve riconoscere che per la sua esistenza sufficiente lo stabile investimento di capitali o il ricorso al lavoro altrui. Vi sono inoltre delle fattispecie nelle quali non necessario n l investimento di capitali n il ricorso al lavoro altrui, essendo possibile un differimento nell esecuzione delle prestazioni. E quanto accade nelle operazioni di borsa, che si effettuano mediante la conclusione di contratti di compravendita ad esecuzione differita, ma aventi tutta la stessa data di scadenza, ragion per cui l operatore professionale di borsa pu eser itare la propria attivit mediante l assunzione di responsabilit patrimoniale, di c obbligazioni, sufficiente ad integrare il requisito dell organizzazione.

La professionalit dell imprenditore persona fisica


L ultimo requisito richiesto dall art. 2082 quello della professionalit a proposito del quale necessario distinguere a seconda che l attivit venga esercitata da una collettivit organizzata o da una persona fisica. Quando l attivit dell imprenditore persona fisica esercitata professionalmente? Devono sussistere 2 elementi: a) L ABITUALITA DELL ATTIVITA : necessario che non si tratti di atti o di contratti isolati, occasionali, ma che gli stessi vengano posti in essere con una certa frequenza o regolarit, affinch l attivit esercitata costituisca professione abituale dell imprenditore; b) L INTENTO DI LUCRO: perch chi esercita abitualmente una determinata attivit lo fa col proposito di realizzare un guadagno. Anche per l intento di lucro occorre qualche precisazione a cominciare dalla contestazione che non necessaria l effettiva r alizzazione del guadagno per qualificare e l intento di lucro, ma sufficiente il proposito di conseguirlo.

1) L intento di lucro non va riferito al singolo atto, perch l imprenditore pu decidere di vendere determinati prodotti sotto costo o di regalarne campioni, subendo perdite che sono per dirette ad acquisire clienti o ad accrescere l avviamento. 2) Lo scopo di lucro indipendente dalla successiva destinazione dei guadagni e perci esiste anche se il guadagno una volta realizzato venga destinato ad iniziative altruistiche o opere di beneficenza. 3) Va distinto il lucro in senso giuridico dal profitto economico, in quanto il primo comprende anche la remunerazione del capitale proprio investito nell esercizio dell attivit e del lavoro dello stesso imprenditore, mentre il secondo costituito dalla differenza fra il totale dei ricavi e l insieme di tutti i costi.

La professionalit dell imprenditore collettivit organizzata


La previsione statutaria di esercitare un attivit rispondente ai requisiti richiesti dall art. 2082 C.c sufficiente per le collettivit organizzate ad integrare il requisito della professionalit, anche se necessario che l attivit venga poi effettivamente esercitata. Per la collettivit organizzata si verifica un ampliamento della fattispecie in cui possibile ravvisare un imprenditore. y per quanto riguarda l abitualit: per l imprenditore persona fisica il singolo affare non sufficiente a integrare la professionalit, mancando l abitualit e restando un atto occasionale, mentre lo scopo di una collettivit organizzata pu essere costituito dal compimento di un unico affare: il caso della societas unius negotii; y per quanto riguarda lo scopo di lucro: sono necessarie alcune precisazioni dovendosi distinguere lo scopo di lucro della collettivit da quello dei singoli partecipanti. Per la societ l art. 2247 precisa: allo scopo di dividerne gli utili , da cui si deve dedurre che gli utili devono essere realizzati dalla societ e successivamente ripartiti fra i soci. Non rientrano, invece, nel novero degli imprenditore le collettivit costituite per il perseguimento solo di finalit di beneficenza o per scopi altruistici. Vi sono, infine, altre collettivit che non perseguono un proprio scopo di lucro e mirano invece a far realizzare ai soci determinati vantaggi economici. In questo caso si riconosce la presenza del requisito della professionalit, e se ne deve dedurre che rientrano nel novero de imprenditori. gli Fra queste collettivit vanno annoverate innanzi tutto le cooperative, che perseguono uno scopo mutualistico e che perci mirano a far conseguire ai soci un risparmio di spesa. A loro volta anche i consorzi con attivit esterna mirano a far realizzare direttamente ai consociati i vantaggi economici conseguenti all eliminazi ne delle o concorrenza fra i soci.

Le professioni intellettuali
Un attivit che presenta tutte le caratteristiche indicate nell art. 2082 C.c in quanto diretta a produrre servizi, richiede una organizzazione rilevante anche per l impiego di mezzi finanziari, esercitata professionalmente l esercizio di una professione intellettuale. Ai sensi dell art. 2238 C.c se l esercizio della professione costituisce elemento di una attivit organizzata in forma di impresa, si applicano anche le disposizioni del titolo II (art. 2082 e seguenti). Pertanto il medico che anche proprietario e gestore di una clinica privata imprenditore ed del pari imp renditore l ingegnere che gestisce un impresa di costruzioni. Ne consegue che non sono imprenditori l avvocato, il medico, l ingegnere quando si limitano ad esercitare la loro professione indipendentemente dall entit delle relative organizzazioni. Di fatti le professioni intellettuali sono assoggettate ad una particolare disciplina dettata da leggi speciali, le quali richiedono la presenza di specifiche condizioni per l ammissione al loro esercizio, che risultano incompatibili con la figura dell imprenditore. Va infine rilevato che agli ordini professionali attribuito dalle legge il potere di erogare sanzioni ai loro iscritti. Si tratta, in sostanza, di una serie di regole dirette a disciplinare l esercizio della professione e dettate anche a tutela dei terzi. Regole incompatibili con l esercizio dell attivit di impresa per la quale vige il principio, sancito dalla Costituzione, della libert di iniziativa.

IL PICCOLO IMPRENDITORE
L art. 2083 e la nozione di piccolo imprenditore
L art. 2083 C.c. dispone che sono piccoli imprenditori i coltivatori diretti del fondo, gli artigiani, i piccoli commercianti e coloro che esercitano una attivit professionale organizzata prevalentemente per il lavoro proprio e dei componenti della famiglia. Se si fermasse l attenzione sul valore letterale della norma se ne dovrebbe dedurre che la stessa diretta a disciplinare 4 categorie di piccoli imprenditori e che per le prime 3 si dovrebbe fare riferimento alla loro valutazione sociale e che per la quarta si dovrebbe invece adottare il criterio normativo specificato con le parole e coloro . Si tratterebbe di una evidente incongruenza non essendo pensabile che per individuare la stessa categoria di soggetti, si ado ttino nella stessa norma due diversi criteri. La conclusione che l inciso e coloro serve a specificare in quali casi nel nostro ordinamento il coltivatore diretto, l artigiano o il piccolo commerciante possono essere ritenuti piccoli imprenditori. Per quanto riguarda i componenti della famiglia, occorre chiarire che i componenti della famiglia a cui si riferisce la norma in esame non possono essere considerate tutte le persone legate all imprenditore da rapporti di parentela o affinit, si deve invece adottare un interpretazione molto restrittiva che limiti costoro al coniuge, ai discendenti ed agli ascendenti. Infine la prevalenza va riferita non solo al lavoro altrui, ma anche al capitale investito.

Il piccolo imprenditore e la legge fallimentare


Un altra norma in cui si parla di piccolo imprenditore l art. 1 legge fall., il quale nel 1 comma lo esclude dall assoggettamento alle procedure concorsuali e nel 2 comma lo individua adottando criteri completamente diversi da quelli specificati nell art. 2083 C.c. Infatti nel Codice civile si fa riferimento alle modalit di esercizio dell attivit, mentre la legge fallimentare adotta un criterio quantitativo perch dispone che tale chi in sede di accertamento dell imposta di ricchezza mobile risulta avere un reddito inferiore al minimo imponibile o in mancanza di accertamento chi risulta avere investito nell azienda un capitale non superiore a 30000. Di qui la necessit di un coordinamento fra le due norme. L evoluzione della disciplina, per, ha inciso sul contenuto di questa norma, a cominciare dalla riforma tributaria che ha abolito l imposta di ricchezza mobile, ragion per cui venuto a mancare il primo criterio indicato. Inoltre il riferimento al capitale investito stato, a causa della svalutazione monetaria, aumentato a 900000, s omma che non stata adeguata ulteriormente dal legislatore, ragion per cui la Corte Costituzionale, ha dichiarato l incostituzionalit di questa parte della norma perch creava una ingiustificata disparit di trattamento ai sensi dell art. 3 Cost.

La legge quadro sull artigianato


La legge n860 del 1956, contenente la legge quadro per le imprese artigiane, nel 1 comma dell art. 1 sanciva che artigiana a tutti gli effetti di legge l impresa che risponde ai seguenti requisiti fondamentali . Si trattava di una legge che aveva un inequivocabile carattere corporativo in quanto mirava ad applicare lo statuto soggettiv o del piccolo imprenditore, ad imprenditori che si discostavano sensibilmente dalla nozione di cui all art. 2083 C.c.

La successiva legge quadro per l artigianato, la legge n443 del 1985, contiene nell art. 2 e nel 1 comma dell art. 3 una nozione di artigianato che sembra coincidere con quell art. 2083 C.c. Di qui la necessit di chiarire la portata delle nuove disposizioni a cominciare dall art. 5 che disciplina l albo delle imprese artigiane, ed il cui: - 4 comma dispone che l iscrizione all albo costitutiva; - 7 comma: che dispone che nessuna impresa pu adottare, come ditta o insegna o marchio, una denominazione in cui ricorrano riferimenti all artigianato se essa non iscritta nell albo di cui al 1 comma. Senonch nel nostro ordinamento per l acquisto della qualit di imprenditore, e di artigiano in particolare, necessario e s fficiente l esercizio dell attivit, mentre u l iscrizione a determinati registri o albi ha un mero valore dichiarativo. Una ulteriore diversit riguarda i limiti dimensionali che secondo l art. 4 legge quadro sono sicuramente diversi da quelli previsti nell art. 2083 C.c. perch una impresa in cui possono prestare la loro opera sino a 18 dipendenti non certo tale da venire esercitata prevalentemente con il lavoro d imprenditore e dei propri familiari. ell Si tratta, in realt, di una vera e propria impresa industriale ed al limite di una media industria. L ultima singolarit quella contenuta nel 2 comma dell art. 3 legge quadro, secondo cui impresa artigiana anche quella costituita ed esercitata in forma di societ anche cooperativa e con la sola esclusione delle societ per azioni. Norma anche questa in contrasto con il 2 comma dell art. 1 della legge fallimentare, secondo cui in nessun caso sono considerati p iccoli imprenditori le societ commerciali. Nonostante ci, si deve riconoscere (come sostenuto da altri studiosi e dalla prevalente giurisprudenza) che la legge quadro riguarda solamente le particolari agevolazioni di natura tributaria, assistenziale e assicurativa, mentre per quanto attiene alla individuazione della nozione di artigiano nonch per l assoggettamento alle procedure concorsuali rimasta in vigore la disciplina precedente.

L impresa familiare
Una particolare figura di impresa quella disciplinata dall art. 230 bis C.c sulla quale va fermata l attenzione per l assonanza con la nozione di piccolo imprenditore, in quanto per espressa disposizione normativa le persone che possono collaborare con l imprenditore sono ilconiuge, i parenti fino al terzo grado e gli affini entro il secondo. Il familiare che presta in modo continuativo la sua attivit di lavoro nell impresa familiare ha diritto al mantenimento secondo la condizione patrimoniale della famiglia e partecipa agli utili realizzati ed ai beni acquistati con essi, nonch agli incrementi dell azienda, in proporzione alla quantit e alla qualit del lavoro prestato. La vera novit dell art. 230 bis, per, costituita dal potere accordato ai familiari di adottare a maggioranza le decisioni relative all impiego di utili e degli incrementi, nonch quelle inerenti alla gestione straordinaria, agli indirizzi produttivi ed alla cessazione dell impresa. E certo, comunque, che imprenditore sempre e solo il titolare dell impresa e solo a lui saranno eventualmente applicabili le norme sullo statuto dell imprenditore commerciale. Ne consegue che legittimato ad instaurare rapporti con i terzi sar sempre e solo l imprenditore anche quando deve dare attuazione alle decisioni adottate dalla , maggioranza dei familiari.

L IMPRENDITORE AGRICOLO
Le attivit agricole: coltivazione del fondo, silvicoltura ed in particolare l allevamento del bestiame e la sua autonomia
E imprenditore agricolo, ai sensi dell originaria formulazione dell art. 2135, chi esercita un attivit diretta alla coltivazione del fondo, all allevamento del bestiame, alla silvicoltura e attivit connesse. Qualche problema si presenta a proposito dell allevamento del bestiame, poich parte della dottrina e della giurisprudenza sostiene che questa attivit agricola solo se viene esercitata in funzione o in collegamento del fondo, rifacendosi a quella che era la disciplina vigente del Codice di commercio del 1882. La prima esplicita menzione che l allevamento del bestiame non subordinato alla presenza del fond contenuta nel progetto di riforma del Codice di commercio del o 1939 (progetto Asquini) nel quale veniva esclusa la commercialit della transumanza, che consisteva nel trasferimento del gregge in montagna nei mesi estivi e nel ritorno in pianura all inizio della stagione fredda. L art. 2135 stato oggetto di una recente modifica da parte del d. lgs. 228/2001, che ha notevolmente allargato l area della categoria. In particolare la scelta legislativa, ispirata all attenuazione del requisito della connessione fra attivit agricola e fondo, ha mutato sensibilmente l originaria impostazione del codice, che tale connessione valorizzava.

La nozione di bestiame, l interpretazione estensiva e analogica della norma


Rientrano nella nozione di bestiame gli animali di medio e di grosso taglio destinati a soddisfare bisogni primari dell uomo e perci i bovini, i suini, gli ovini. Non sono invece imprenditori agricoli ai sensi dell art. 2135 n gli allevatori di cavalli da corsa, n quelli di animali da pelliccia, n di cani di razza. Nonostante ci, si deve accogliere una interpretazione estensiva della norma e farvi rientrare, pur non trattandosi di bestiame, gli allevamenti di animali da cortile, e cio i conigli e il pollame perch sono anch essi destinati a soddisfare bisogni primari dell uomo. Altrettanto si deve dire a proposito dell apicoltura. Parzialmente diversa la situazione dell acquacoltura, e cio dell allevamento di pesci e di altre proteine animali in acque marine, salmastre o dolci, perch nonostante sia escluso qualsiasi riferimento al fondo si deve ritenere necessaria e sufficiente la circostanza che si tratta pur sempre di a nimali destinati a soddisfare bisogni primari dell uomo. Il problema stato, del resto, espressamente risolto dalla legge n102 del 1992, la quale sancisce nel 1 comma dell art. 2 che l attivit di acquacoltura considerata a tutti gli effetti attivit imprenditrice agricola.

Le attivit connesse
Si reputano connesse, ai sensi del 2 comma dell art. 2135, le attivit dirette alla trasformazione o all alienazione dei prodotti agricoli quando rientrano nell esercizio normale dell agricoltura. L attivit connessa agricola, solo se soddisfa determinate condizioni. - l attivit deve essere esercitata dallo stesso imprenditore agricolo: cio da persona che esercita in via primaria una delle attivit indicate nel 1 comma dell art. 2135. Non invece imprenditore agricolo chi svolge esclusivamente una attivit di alienazione o di trasformazione di prodotti agricoli; - l attivit deve essere una attivit che rientra nell esercizio normale dell agricoltura: di conseguenza se in una determinata zona agricola i produttori di olive o di uva sono soliti trasformare le prime in olio e la seconda in vino, si sicuramente in presenza di attivit connesse, mentre ci non configurabile se l attivit di trasformazione venga esercitata in una zona in cui la maggioranza degli agricoltori si limita ad alienare i prodotti del fondo. Tuttavia, va precisato che se l imprenditore agricolo una collettivit organizzata questa potr esercitare attivit connesse data l identit soggettiva, mentre sorgono delle perplessit nel caso di cooperativa o altro tipo di societ per la trasformazione di prodotti a causa della mancanza di identit soggettiva.

La modifica della nozione di imprenditore agricolo nel nuovo testo dell art. 2135
L art. 1 del d.lgs n228 del 2001 dispone: l art. 2135 C.c sostituito dal seguente e subito dopo aggiunge imprenditore agricolo chi esercita una delle seguenti attivit: - coltivazione del fondo; - selvicoltura; - allevamento di animali; - attivit connesse . Il vecchio art. 2135 parlava, invece, di allevamento del bestiame e la differenza non di scarsa rilevanza in quanto il bestiame formato da animali di grosso e medio taglio destinati a soddisfare bisogni primari dell uomo. A sua volta il 3 comma del nuovo art. 2135 recita: Si intendono comunque connesse le attivit, esercitate dal medesimo impre nditore agricolo, dirette alla manipolazione, conservazione, trasformazione, commercializzazione e valorizzazione che abbiano ad oggetto prodotti ottenuti p revalentemente dalla coltivazione del fondo o del bosco o dall allevamento di animali . La conseguenza sarebbe, stando all interpretazione letterale della norma, che l allevatore di animali da pelliccia se successivamente li trasforma, sarebbe un imprenditore agricolo e cos anche il titolare di un mobilificio che sia contemporaneamente proprietario di un bosco. Questa considerazione non pu essere di per s sufficiente, in quanto la persona fisica o giuridica che sia titolare di un grosso pastificio, non imprenditore agricolo per il solo fatto che contemporaneamente proprietario di un fondo rustico e lo coltiva. N si pu trascurare che se si dovesse accogliere una tale interpretazione della norma, la stessa giustificherebbe pi di un motivo di incostituzionalit, in quanto il grosso pastificatore sarebbe imprenditore agricolo se utilizza almeno in p arte grano proveniente da un fondo di sua propriet, mentre in mancanza del fondo sarebbe imprenditore commerciale e ci comporterebbe una violazione della parit di trattamento sancita dall art. 3 Cost., perch in realt si tratta della stessa attivit. Un ulteriore novit rispetto alla disciplina precedente quella sancita nel punto 2 dell art. 1 del d. lgs n228/2001, ai sensi del quale: si considerano imprenditori agricoli le cooperative di imprenditori agricoli ed i loro consorzi quando utilizzano per lo svolgimento dell attivit di cui all art. 2135 C.c. prevalentemente prodotti dei soci , ragione per cui verrebbe meno un ulteriore requisito dell attivit connessa, quello dell identit soggettiva. A sua volta l art. 3 del d. lgs. fa rientrare fra gli imprenditori agricoli coloro che esercitano attivit agrituristiche, anche se svolte all esterno dei beni fondiari e si dedicano all organizzazione di attivit ricreativa, culturali e didattiche, di pratica sportiva, escursionistiche finalizzate ad un migliore conoscenza del territorio: iniziative a interessanti ma che non hanno nulla in comune con la nozione di imprenditore agricolo ai fini della disciplina dei rapporti p atrimoniali.

L imprenditore ittico
L art. 2, 3 comma, del d.lgs n226 del 2001 dispone che l imprenditore ittico equiparato all imprenditore agricolo e nel precedente 1 comma definisce l imprenditore ittico come colui che esercita un attivit diretta alla cattura o alla raccolta di organismi acquatici in ambienti marini, salmastri o dolci nonch le attivit a queste connesse. Nella nozione di imprenditore ittico scompare qualsiasi riferimento al profilo essenziale dell agricoltura, la presenza e la coltivazione del fondo. Ma ancora pi singolare l elencazione delle attivit connesse contenuta nell art. 3, 1 comma, dove si precisa che sono tali quelle consistenti: a) nell imbarco di persone non facenti parte dell equipaggio in navi da pesca a scopo turistico ricreativo; b) nell attivit di ospitalit, di ristorazione, di servizi ricreativi, culturali finalizzati alla corretta fruizione degli ecosistemi acquatici e delle risorse della pesca, valorizzando gli aspetti socio-culturali del mondo dei pescatori professionisti; c) nella prima lavorazione dei prodotti del mare, nella conservazione, nella trasformazione, nella distribuzione e nella commercializzazione al dettaglio o all ingrosso. Tutto questo che c entra con l imprenditore agricolo?

Problemi causati dalla nuova disciplina e la loro soluzione


Le numerose modifiche apportate alla nozione e alla disciplina dell imprenditore agricolo hanno indotto alcuni autorevoli studiosi a sostenere che per il med e per il io grande imprenditore agricolo sono venute meno le ragione che giustificavano l assoggettamento ad uno statuto specialee che gli stessi devono a tutti gli effetti essere equiparati agli imprenditori commerciali. E stato di conseguenza sostenuto da questi studiosi che ormai solo il coltivatore diretto sottratto all applicazione dello statuto dell imprenditore commerciale, ma non in quanto agricoltore, ma perch piccolo imprenditore. Il vero problema, per, riguarda l interpretazione dell art. 1 del d.lgs n228 del 2001, che ha radicalmente modificato l art. 2135 C.c. Anche in agricoltura si assiste ad una crescente meccanizzazione che richiede notevoli investimenti per l acquisto di macchinari, e la conseguenza che l agricoltore, se non in grado di adempiere regolarmente alle proprie obbligazioni deve essere assoggettato al fallimento. In altre parole, sino a quando nel nostro ordinamento non sar introdotta una norma la quale sancisca che sono assoggettati alle procedure concorsuali tuttii cittadini o quanto meno tutti gli imprenditori e rester in vigore l attuale disciplina, sar facile dedurre che sono assoggettabili al fallimento e alle procedure concorsuali solo i medi e i grandi imprenditori commerciali.

L IMPRENDITORE COMMERCIALE
La nozione di imprenditore commerciale: individuazione per esclusione
Il Codice Civile non contiene una nozione di imprenditore commerciale. Di conseguenza per poter individuare chi nel nostro ordinamento imprenditore commerciale necessario prendere in considerazione l art. 2195 C.c. che dispone che sono soggetti all obbligo dell iscrizione nel registro delle imprese gli imprenditori che esercitano: 1) una attivit industriale diretta alla produzione di beni o di servizi; 2) una attivit intermediaria nella circolazione dei beni; 3) una attivit di trasporto per terra, per acqua o per aria; 4) una attivit bancaria o assicurativa; 5) altre attivit ausiliarie delle precedenti. Esaminando attentamente le fattispecie elencate dall art. 2195, si deve rilevare che le attivit menzionate nei numeri 3 e 4 possono essere ricondotte alla due prime categorie, in quanto si tratta di attivit dirette alla produzione di servizi o di attivit intermediarie nella circolazione dei beni. Ne consegue che le attivit sinora elencate si riducono alle prime due. Inoltre se l attivit industriale di produzione di beni o di servizi e l attivit intermediaria nella circolazione di beni vengono poste a confronto con le attivit disciplinate nell art. 2082 C.c., secondo cui imprenditore chi esercita una attivit di produzione o di scambio di beni o servizi, se ne dovrebbe dedurre che tutte le imprese sono imprese commerciali. Conclusione errata in quanto nel nostro ordinamento sono disciplinati anche i piccoli imprenditori e gli imprenditori agricol, ragion per cui la figura dell imprenditore i commerciale deve essere individuata in via negativa, nel senso che sono imprenditori commerciali tutti gli imprenditori che non siano n piccoli n agricoli.

Le attivit ausiliarie: la figura dell agente di cambio


Il punto n5 dell art. 2195 dispone che sono soggetti all obbligo dell iscrizione nel registro delle imprese gli imprenditori che esercitano altre attivit ausiliarie delle precedenti . Se si dovesse fermare l attenzione unicamente sul tenore letterale della norma se ne dovrebbe dedurre che l attivit ausiliaria deve essere esercitata a favore di un altro imprenditore, proprio perch l ausiliariet dovrebbe intercorrere fra due attivit. Se cos fosse, l unico imprenditore esercente l attivit ausiliaria sarebbe l agente di commercio in quanto nel nostro ordinamento la sola norma in cui previsto che l attivit deve essere esercitata in favore di un altro imprenditore l art. 1742 C.c. Pertanto si deve riconoscere che l ausiliariet va riferita non all attivit, ma all atto e precisamente ad atti che se compiuti abitualmente sono idonei ad integrare una attivit. Di conseguenza rientrano nella categoria tutti coloro le cui attivit sono professionalmente dirette a rendere possibile la conclusione di affari fra terzi e perci non solo l agente di commercio, ma anche il mediatore, il commissionario, lo spedizioniere e l agente di viaggi. Un attenzione particolare va riservata all agente di cambio che ai sensi della legge sulla borsa, un pubblico ufficiale e che proprio per questo motivo non pu essere imprenditore commerciale. La verit , per, che l agente di cambio svolge anche attivit di intermediazione nella conclusione dei contratti di borsa e perci un imprenditore commerciale esercente attivit ausiliaria.

I contratti differenziali e l operatore professionale


L operatore professionale di borsa, a differenza dell agente di cambio che un semplice intermediario, colui che compie abitualmente operazioni di borsa, ed stato escluso da alcuni studiosi dal novero degli imprenditori commerciali in quanto si ritenuto che non eserciti una attivit economica limitandosi a speculare sulle differenze. In sostanza gli operatori di borsa concluderebbero i contratti differenziali che sarebbero delle vere e proprie scommesse. L oggetto di questo contratto costituito dalla previsione delle oscillazioni delle quotazioni dei titoli azionari prescelti ad una scadenza predeterminata, sostenendo una delle parti che a quella data il valore della quotazione sarebbe aumentato rispetto a quello che aveva al momento della conclusione del contratto, e la controparte che sarebbe diminuito. L esecuzione del contratto avviene mediante il pagamento della differenza alla parte che aveva indicato il risultato esatto. In borsa, per, vengono normalmente conclusi contratti di compravendita di titoli azionari o obbligazionari che dovranno essere eseguiti in un momento successivo a quello della loro conclusione. Si deve pertanto riconoscere che le operazioni di borsa si svolgono mediante la conclusione e l esecuzione di contratti di compravendita e che si tratta di operazioni non occasionali, ma compiute abitualmente chi le compie esercita una attivit intermediaria nella circolazione dei beni ed imprenditore , commerciale.

L imprenditore occulto
L attivit pu essere esercitata avvalendosi dell opera di un prestanome ed in tal caso fino a quando le entrate sono sufficienti ad adempiere tutte le obbligazioni non sorgono problemi, pu, per, accadere che gli affari non vadano sempre secondo le previ ioni ed il prestanome non sia pi in grado di soddisfare i propri creditori. s Parte della dottrina e della giurisprudenza si sono domandate se sia giustificato che quando ci accade, il dominus o imprenditore occulto, dopo aver goduto dei guadagni quando gli affari andavano bene, possa poi, in caso di dissesto, non adempiere le obbligazioni contratte nel suo interesse a danno de creditori del prestanome. i I fautori della teoria dell imprenditore occulto e in particolar modo il Bigiavi hanno tratto spunto dall art. 147 della legge fallimentare, il cui 2 comma dispone che se dopo la dichiarazione del fallimento di una societ con soci illimitatamente responsabili risulta l esistenza di altri soci illimitatamente responsabili, il tribunale, dopo averli sentiti in camera di consiglio, dichiara anche il loro fallimento, e perci li assoggetta alla stessa disciplina. Il Bigiavi ha equiparato la societ palese con soci occulti all impresa occulta fra il prestanome e il dominus, cos giustificando l assoggettamento al fallimento del dominus in seguito al fallimento del prestanome. E stato per obiettato dall Ascarelli e da altri che la teoria del Bigiavi la conseguenza di un salto logico non essendo possibile equiparare la societ palese con soci occulti all impresa occulta, in quanto nel primo caso si in presenza di una societ che ha agito in tale veste e perci vi la spendita del nome, con la conseguenza che in caso di fallimento della societ, il fallimento si estende ai soci illimitatamente responsabili anche se occulti. Nel secondo si in presenza di una impresa individuale, che risponde con tutto il suo patrimonio, che coincide con quello pesonale dell imprenditore e cio del r prestanome. Inoltre Ascarelli sostiene che nel momento in cui il fallimento del prestanome viene esteso all imprenditore occulto i creditori di quest ultimo subiscono un non trascurabile sacrificio economico, in quanto vedono concorrere sul patrimonio destinato a soddisfare i loro crediti, i creditori del prestanome. Ed questa, in conclusione, la ragione per cui la teoria dell imprenditore occulto non pu essere condivisa.

LO STATUTO DELL IMPRENDITORE COMMERCIALE


La tutela dei creditori: in particolare le procedure concorsuali
Lo statuto dell imprenditore commerciale tradizionalmente costituito da 4 gruppi di norme e precisamente quelle dirette a disciplinare linsolvenza, la tenuta dei libri contabili, la pubblicit e la capacit. La disciplina dell insolvenza contenuta nel r.d. n 267 del 1942 (legge fallimentare) al quale si rinvia, in quanto alle norme sul fallimento e sulle altre procedure concorsuali. Lo scopo della procedura quello di realizzare la parit di trattamento fra tutti i creditori concorsuali (par condicio) dello stesso grado al fine di evitare che ai primi sintomi di difficolt patrimoniale dell imprenditore commerciale i singoli creditori affrettino a promuovere procedure concorsuali esecutive individuali e perci causare il fallimento dell imprenditore. Con la par condicio si realizza un duplice risultato: - da un lato quello di consentire nei limiti del possibile la conservazione dell impresa anche nell interesse dell economia generale; - dall altro assicurare la parit di trattamento a tutti i creditori pari grado.

I libri e le scritture contabili


Le scritture contabili sono disciplinate negli artt. 2214-2220 C.c. Ai sensi dell art. 2214 C.c. obbligatoriamente qualsiasi imprenditore commerciale non piccolo e qualsiasi societ commerciale devono tenere: a) il libro giornale; b) il libro degli inventari; c) le altre scritture contabili che siano richieste dalla natura e dalle dimensioni dell impresa. Vanno inoltre conservati ordinatamente per ciascun affare gli originali delle lettere, dei telegrammi e delle fatture ricevute, nonch le copie delle lettere, dei telegrammi e delle fatture spedite. Secondo l art. 2215 C.c. i libri contabili, prima di essere messi in uso, devono essere numerati progressivamente in ogni pagina, e qualora sia previso l obbligo della t bollatura o della vidimazione, devono essere bollati in ogni foglio dall ufficio del registro delle imprese o da un notaio. Il libro giornale deve indicare in ordine cronologico tutte le operazioni (attive e passive) relative all impresa (art. 2216). A sua volta il libro degli inventari deve contenere, l inventario da redigersi all inizio dell esercizio dell impresa ed alla fine di ogni anno con l indicazione e la valutazione delle attivit e delle passivit relative all impresa nonch di quelle personali dell imprenditore. Nella valutazione delle singole poste ci si deve attenere ai criteri stabiliti per il bilancio delle societ per azioni. L inventario si chiude con il bilancio e con il conto dei profitti e delle perdite i quali devono dimostrare con chiarezza e verit gli utili conseguiti o le perdite subite. Va infine rilevato che tutte le scritture devono essere tenute secondo le regole di una ordinata contabilit e perci non possono contenere spazi in bianco (che potrebbero essere riempiti in un momento successivo alterando il contenuto della contabilit) n cancellature, infine non sono consentite interlinee e riporti a margine.

Il destinatario delle annotazioni contenute nelle scritture contabili: il limitato valore probatorio
La ragione per cui si affermata l esigenza di una ordinata contabilit stata quella di poter periodicamente valutare se nell esercizio dell attivit sono stati realizzat dei i guadagni o subite delle perdite e poter tempestivamente adottare gli opportuni provvedimenti. Il principale interessato a conoscere questi dati l imprenditore commerciale, perch l unica persona che pu cercare di porvi rimedio e quella che ne s ubisce le dirette conseguenze negative, ragion per cui il destinatario delle annotazioni contenute nei libri e nelle scritture contabili lo stesso imprenditore. Ne consegue che le scritture contabili non hanno natura confessoria, le stesse hanno per una limitataefficacia probatoria. Innanzi tutto possono essere utilizzate come prova contro l imprenditore anche se tenute irregolarmente in quanto si presume che nessuno annoti nelle proprie scritture fatti e circostanze a lui sfavorevoli o che non siano conformi al vero. Inoltre possono fare prova a favore dell imprenditore in presenza di tre condizioni: - si deve trattare di un rapporto fra imprenditori commerciali, in quanto le annotazioni contenute nelle scritture del primo devono trovare riscontro in quelle dell altro; - devono essere regolarmente tenute; - possono essere invocate solo per obbligazioni che derivano da rapporti commerciali. La mancanza o la irregolare tenuta delle scritture contabili pu comportare, a quanto dispone lart. 216 della legge fallimentare, l incriminazione per bancarotta semplice o addirittura fraudolenta.

La pubblicit: il registro delle imprese


Il registro delle imprese disciplinato negli artt. 2188-2202 C.c. Sono soggetti all obbligo dell iscrizione: - tutti gli imprenditori commerciali; - le societ commerciali; - le cooperative; - gli enti pubblici che esercitano prevalentemente attivit economica. L esercizio dell attivit l unica condizione necessaria e sufficiente per essere imprenditore, mentre la pubblicit ha solo natura dichiarativa ed ha efficacia ai fini dell opponibilit ai terzi degli atti regolarmente pubblicati. Il registro delle imprese stato attuato con l art. 8 della legge n 580 del 1993 e con il relativo regolamento emanato nel 1995 ed diventato pienamente operante agli inizi del 1997. L ufficio del registro delle imprese istituito in ciascuna provincia presso la camera di commercio ed retto da un conservatore (segretario generale o altro dirigente della camera di commercio) nominato dalla giunta. L attivit dell ufficio esercitata sotto la vigilanza di un giudice delegato dal presidente del tribunale del capoluogo della provincia.

Il registro attualmente suddiviso in una sezione ordinaria ed in alcune sezioni speciali. SEZIONE ORDINARIA SEZIONI SPECIALI Sono iscritti tutti gli imprenditori commerciali per i quali l iscrizione era gi disposta Le sezioni speciali sono attualmente 2. nel Codice Civile, essi sono: In una sono iscritti gli imprenditori che secondo il Codice Civile ne erano esonerati e a) gli imprenditori commerciali individuali non piccoli; cio: b) tutte le societ, tranne la societ semplice; - gli imprenditori agricoli; c) i consorzi fra imprenditori con attivit esterna; - i piccoli imprenditori; d) i gruppi europei di interesse economico con sede in Italia; - le societ semplici. e) gli enti pubblici che hanno per oggetto esclusivo o prevalente un attivit Un altra sezione speciale riguarda le societ fra professionisti. commerciale; In questa sezione si iscrivono attualmente solo le societ fra avvocati. f) le societ estere che hanno in Italia la sede dell amministrazione o l oggetto principale delle loro attivit.

Il procedimento di iscrizione
L iscrizione eseguita su domanda dell interessato. Nel caso in cui l iscrizione sia obbligatoria e l interessato non vi provveda eseguita d ufficio. L ufficio del registro prima di procedere all iscrizione deve controllare: - che l atto o il fatto sia soggetto all obbligo di iscrizione; - l esistenza e la veridicit dell atto o del fatto; - che la documentazione sia regolare (legalit formale). Dubbio invece se l ufficio debba rilevare eventuali cause di nullit dell atto e in tal caso rifiutare l iscrizione, la dottrina prevalente lo esclude, ma si deve, per, preferire la soluzione opposta. Le iscrizioni devono essere fatte nel registro delle imprese presso la camera di commercio sita nel capoluogo della provinciain cui l impresa ha sede e per agevolare la ricerca da parte dei terzi deve essere indicato negli atti e nella corrispondenza il registro presso il quale l iscrizione avvenuta. L iscrizione eseguita senza indugio e comunque entro 10 giorni dalla data della protocollazione della domanda mediante inserimento dei dati nella memoria , dell elaboratore elettronico e messa degli stessi a disposizione del pubblico sui terminali per la visione diretta. Contro il provvedimento motivato di rifiuto dell iscrizione il richiedente pu entro 8 giorni ricorrere al giudice del registro che provvede con decreto. L inosservanza dell obbligo dell iscrizione punita con sanzioni amministrative di contenuto patrimoniale e con sanzioni indirette: esclusione del beneficio del concordato preventivo e dall amministrazione controllata.

La capacit all esercizio di una impresa commerciale


La capacit all esercizio di un attivit di impresa si acquista con la piena capacit di agire e quindi con il compimento della maggiore et. Si perde in seguito ad interdizione o inabilitazione. L esercizio di una impresa commerciale in nome e per conto di un incapace, deve essere autorizzato dal tribunale ai sensi dell art. 320 C.c 5 comma e successivo , art. 371 2 comma. Ci significa che in mancanza di autorizzazione, l eventuale impresa eserci ata dal padre in nome del minore imputata al genitore e l attivit t eventualmente svolta dal minore, pur se abbia tutte le caratteristiche oggettive proprie dell impresa non lo fa diventare imprenditore. La concessione dell autorizzazione subordinata a 3 condizioni: - che vi sia la convenienza; - che si tratti di continuazione; - che siano determinate le condizioni e le modalit di esercizio. L accertamento della convenienza deve formare oggetto di una indagine accurata. In questa prospettiva si deve sicuramente escludere la convenienza nel caso in cui gli utili, i guadagni che venivano realizzati dall impresa del dante caus erano modesti o il a rischio era troppo elevato. In secondo luogo pu essere autorizzata solo la continuazione dell esercizio dell impresa, perci non pu essere chiesta l autorizzazione ad una nuova impresa. Solo il minore emancipato pu essere dal tribunale autorizzato all esercizio di una nuova impresa commerciale ed in tal caso acquista la piena capacit. Gli artt. 424 e 425 C.c estendono agli interdetti ed agli inabilitati le disposizioni dettate per il minore.

Il procedimento per la concessione dell autorizzazione: i poteri e le responsabilit del genitore e del tutore
L autorizzazione all esercizio dell impresa commerciale deve essere concessa dal tribunale del luogo in cui l incapace ha la residenza, per, questo avviene in seguito a un d complesso procedimento che inizia con l istanza al giudice tutelare il quale deve dare il suo parere: se questo favorevole il procedimento prosegue con il ricorso al tribunale. Se invece il parere negativo il procedimento non si blocca in quanto il parere del giudice tutelare obbligatorio ma non v incolante. Si deve pertanto ritenere che il genitore o il tutore possa sempre proporre reclamo al tribunale il quale decider con decreto. In ogni caso il tribunale prima di decidere deve chiedere ed ottenere il parere del pubblico ministero . Il decreto del tribunale ha natura costitutiva, in quanto solo in seguito alla concessione dell autorizzazione alla continuazione dell esercizio dell impresa il minore diventa imprenditore commerciale. Pu peraltro accadere che l autorizzazione venga concessa nonostante la mancanza di uno o di alcuni presupposti essenziali, n tal caso si presentano numerosi problemi: i - pu accadere che pochi mesi dopo la concessione dell autorizzazione venga accertato e dichiarato lo stato di insolvenza dell imprenditore commerciale minorenne e ne venga dichiarato il fallimento: contro il quale occorre proporre regolare opposizione e l accoglimento dell opposizione produce la revoca del fallimento e contemporanea caducazione dell autorizzazione all esercizio dell impresa. - nel caso in cui il minore imprenditore rimanga in bonis: si deve, in ogni caso, procedere con azione giudiziaria per far revocare l autorizzazione, promuovendo un ordinario giudizio di cognizione che si conclude con una sentenza destinata a passare in giudicato. In un caso o nell altro si deve riconoscere che in seguito alla revoca dell autorizzazione l incapace liberato dal dovere di adempiere le obbligazioni contratte in suo nome e perci l ammontare delle relative prestazioni non pu essere fatto gravare sul suo patrimonio. In entrambi i casi si deve rilevare che gravava sul genitore o sul tutore l obbligo di promuovere l azione giudiziaria diretta a fare accertare la mancanza delle condizioni per la concessione dell autorizzazione. Egli deve, perci, rispondere del suo comportamento omissivo e si dovr di conseguenza applicare estensivamente l art. 1398 C.c.

GLI AUSILIARI DELL IMPRENDITORE


La collaborazione nell esercizio dell impresa
La rappresentanza nell esercizio di una impresa commerciale disciplinata negli artt. 2203-2213 C.c. che determinano i poteri e le responsabilit: L INSTITORE IL PROCURATORE I COMMESSI L institore un ausiliario subordinato Il procuratore un ausiliario che in base ad un I commessi si distinguono a seconda che le loro dell imprenditore che preposto all esercizio rapporto continuativo ha il potere di compiere per mansioni debbano essere esercitate all esterno o dell impresa o anche solo di un suo ramo, o di una sede l imprenditore atti pertinenti all esercizio dell impresa all interno dell azienda. Nel primo caso il potere di secondaria. ed a lui attribuito un potere di rappresentanza che rappresentanza viene loro conferito con la procura A lui spetta un generale potere di rappresentanza deve essergli conferito con una procura. che pu contenere vari limitazioni. dell imprenditore per tutti gli affari rientranti La procura quando deve essere iscritta nel registro Il 2 comma dell art. 2210 C.c. prevede alcune nell esercizio dell impresa, potere che gli viene delle imprese, deve essere redatta in forma scritta e limitazioni legali ai poteri dei commessi: attribuito per il solo fatto della preposizione institoria con sottoscrizione autenticata dell imprenditore. senza che sia necessaria una procura. Per l opponibilit ai terzi della procura, della riduzione - non possono esigere il prezzo delle merci di cui non facciano contemporaneamente la consegna; La procura , invece, necessaria nel caso in cui del suo oggetto o della revoca non risultanti dal - non possono concedere dilazioni o sconti che non l imprenditore ponga delle limitazioni ai poteri registro delle imprese vale l espresso rinvio agli artt. siano d uso, a meno che non siano stati espressamente dell institore ed in tal caso la stessa deve essere 2206 e 2207. autorizzati dall imprenditore. redatta per iscritto con sottoscrizione autenticata del Anche il procuratore tenuto a dichiarare che agisce I commessi non hanno il potere di derogare alle preponente ed essere depositata presso il in nome e per conto dell imprenditore ed in condizioni generali di contratto e alle clausole competente ufficio del registro delle imprese ai fini mancanza personalmente responsabile, nonostante stampate sui moduli dell imprenditore se non sono dell iscrizione (art. 2206 C.c.). il codice non lo dica espressamente si deve rite nere muniti di una speciale autorizzazione scritta. In mancanza di iscrizione la rappresentanza si reputa che anche nel caso del procuratore si applichi l art. generale e le limitazioni dei poteri dell institore non I commessi per gli affari da loro conclusi sono 2208 C.c. sono opponibili ai terzi se non si prova che questi le Il procuratore non , invece, tenuto ad osservare i legittimati a ricevere le dichiarazioni che riguardano conoscevano al momento della conclusione dell affare. doveri riguardanti l iscrizione nel registro delle l esecuzione del contratto, e i reclami relativi ad eventuali inadempienze contrattuali. Oltre alle limitazioni convenzionali dei poteri imprese e la tenuta della contabilit. dell institore vi sono le limitazioni legali sancite Infine agli stessi attribuita una limitata espressamente dalle norme in vigore ed in particolare rappresentanza processuale, in quanto nei limiti delle quella secondo cui l institore non pu n alienare n loro mansioni sono legittimati a chiedere ipotecare immobili, limitazioni per la cui opponobilit provvedimenti cautelari nell interesse ai terzi necessaria una esplicita autorizzazione del dell imprenditore. preponente per poterne disporre (art. 2204 Non e invece necessario che venga rilasciata la C.c.). procura ai commessi addetti alla vendite nei locali L anzidetta autorizzazione necessaria anche quando l impresa ha per oggetto l acquisto e la vendita di immobili? NO DOVENDOSI dell impresa, come risulta dall art. 2213 C.c.
RITENERE SUFFICIENTE PER LA VALIDITA DEL TRASFERIMENTO IL

TIPO DI ATTIVITA ESERCITATA.

L institore al momento della conclusione del contratto deve rendere noto alla controparte che agisce nella sua veste di rappresentante dell imprenditore, se omette la spendita del nome risponde personalmente (art.2208 C.c.) L institore ha anche la rappresentanza processuale per tutte le controversie riguardanti gli affari dell impresa da lui compiuti (art. 2204, 4 comma) Per gli atti con cui vengono successivamente limitati o revocati i poteri dell institore necessaria la forma scritta e la sottoscrizione del preponente deve essere autenticata in quanto si tratta di atti che devono essere iscritti nel registro delle imprese. Infine l institore deve per l impresa o per la sede secondaria a cui preposto, insieme con l imprenditore provvedere all esecuzione delle iscrizioni nel registro delle imprese ed alla tenuta di una chiara e regolare contabilit.

INIZIO E FINE DELL IMPRESA


L inizio e la fine dell impresa
Per individuare il momento in cui si acquista e si perde la qualit di imprenditore, possono darsi, in astratto, due risposte: 1) principio di effettivit: si diventa imprenditori con l effettivo inizio dell attivit di impresa e si smette di esserlo con la sua effettiva cessazione. 2) l acquisto o la perdita della qualit di imprenditore si ricollega a dati formali quali l iscrizione o la cancellazione del soggetto dal registro delle imprese. Nel nostro ordinamento non vi una soluzione unitaria al problema: essa infatti varia a seconda che l imprenditore sia perso fisica o una societ. na INIZIO DELL IMPRESA IMPRESE INDIVIDUALI: si applica il principio di effettivit CESSAZIONE DELL IMPRESA IMPRESE INDIVIDUALI: la fine dell impresa coincide con la dissoluzione dell apparato aziendale, in coerenza con il principio di effettivit. La cessazione, quindi, non coincide con la decisione di chiudere e la messa in liquidazione dell impresa, ma con l effettivo compimento della liquidazione del suo nucleo essenziale. SOCIETA : , l evoluzione normativa nettamente nel senso di far coincidere l estinzione della societ con la sua cancellazione dal registro delle imprese La . giurisprudenza, al riguardo, ha a lungo affermato che le societ non si estinguono con la cancellazione delle stesse dal registro delle imprese, ma rimangono in vita sino a quando residua un qualsiasi rapporto giuridico facente capo alla societ: quindi, anche un solo debito. L effetto di tale interpretazione, criticata dalla dottrina, era di non fare iniziare mai il decorso del termine annuale per il fallimento dell impresa cessata (art. 10 legge fallimentare: il termine iniziava a decorrere dal momento dell estinzione di tutti i debiti) e si favorivano cos i creditori pigri e ritardatari. Oggi il termine annuale decorre espressamente dalla cancellazione della societ dal registro delle imprese. Anche l art. 2495 C.c. fissa espressamente la coincidenza fra l estinzione della societ e la sua cancellazione dal registro delle imprese. E prevedibile, dunque, che anche la fine dell impresa, verr fatta coincidere con l estinzione della societ e cos con la predetta cancellazione.

SOCIETA : , invece, prevalente in giurisprudenza l idea che esse, a prescindere dal concreto svolgimento di un attivit, siano imprenditori fin dal momento della costituzione. Inizio dell attivit non significa necessariamente che si sia instaurato un rapporto con il primo cliente, essendo sufficiente il compimento di una serie coordinata di atti di organizzazione. PER DIVENIRE IMPRENDITORE NON E NECESSARIO AVERE COMPLETATO IL PRIMO CICLO ECONOMICO, MA E SUFFICIENTE AVERLO INIZIATO IN MODO UNIVOCO.

L AZIENDA
La nozione di azienda
L azienda definita nell art. 2555 come il complesso dei beni organizzati dall imprenditore per l esercizio dell impresa . Dalla definizione si deduce una netta distinzione tra il concetto di azienda e il concetto di impresa. Infatti quando si parla di impresa si indica l esercizio di una attivit economica diretta alla produzione o allo scambio di beni o di servizi e che , perci, diretta a produrre i suoi effetti all esterno della sfera patrimoniale dello stesso imprenditore, essendo caratterizzata dalla destinazione ad alterum. Al contrario l azienda ha una mera funzione strumentale, in quanto individua i mezzi, gli strumenti necessari per la produzione di beni o di servizi necessari all esercizio dell impresa, non ha perci alcuna rilevanza esterna. La dottrina si interrogata sulla natura giuridica dell azienda e si sono contrapposte la teoria unitaria e la teoria atomistica: - teoria unitaria: afferma la diversit del bene azienda rispetto alla semplice somma di beni che lo compongono, giungendo a equipararla alluniversalit di beni e in particolare di beni mobili, con applicazione della relativa disciplina civilistica (art. 1156, 1160 e 1170); - teoria atomistica: risolve l azienda nei singoli beni che la compongono. Per quanto riguarda gli elementi costitutivi della fattispecie azienda, l art. 2555 valorizza come elemento qualificante dell azienda la destinazione dei beni all esercizio dell impresa. Non ha influenza ai fini dell appartenenza di un bene all azienda se l imprenditore ne sia proprietario o ne disponga in forza di altro diritto reale. In astratto concepibile anche un azienda ove nessuno dei beni organizzati per l esercizio dell impresa appartenga, a titolo dipropriet o altro diritto reale all imprenditore. Ci induce a ritenere, che la nozione di bene include non solo i beni mobili, immobili e quelli immateriali (i brevetti per l invenzione) ma anche i contratti che l imprenditore ha stipulato per l esercizio dell impresa e le situazioni soggettive che ne derivano. Non per l avviamento, cio il valore aggiunto dell azienda rispetto a quello della somma dei singoli beni aziendali che consiste nella capacit d attrarre la clientela e i generare reddito: certo l avviamento un valore matrimonialmente misurabile e anche raffigurabile contabilmente, ma rappresenta una qualit dell azienda che pu anche non sussistere; Non esiste un requisito qualitativo dei beni che identificano un azienda se non quello che deriva dal significato che si inten dare al requisito dell organizzazione, nella da definizione di impresa: nel sistema del codice non vi azienda se non vi impresa.

La circolazione dell azienda: principi generali e forma


Le norme in tema di circolazione dell azienda attengono, in generale, alla sua vendita: alcune di esse si applicano anche all usufrutto e all affitto di azienda, ipotesi che vengono considerate specificamente negli artt. 2561 e 2562. Ai fini della circolazione, la nozione di azienda non si identifica con l intero complesso di beni organizzato dall imprenditore, ma pu essere ristretto a quel nucleo di attivit la cui organizzazione essenziale per l esercizio dell impresa. I contratti che abbiano per oggetto il trasferimento della propriet o del godimento dell azienda sono soggetti a unaregola di forma. L art. 2556 prevede al 2 comma che tali contratti debbano essere stipulati in forma pubblica o per scrittura privata autenticata e iscritti, a cura del notaio rogante o autenticante, nel registro delle imprese, entro 30 giorni. Questa norma va coordinata con il 1 comma, il quale, per tali contratti, si limita a prevedere la necessit della forma scritta ad probationem. La forma oggi prevista nel 2 comma dell art. 2556 non , di per s, prevista ad validitatem; in prevalenza si ritiene che essa sia richiesta per poter procedere all iscrizione nel registro delle imprese e vada considerata come specificazione della forma richiesta ad probationem nel 1 comma dello stesso art.

Il divieto di concorrenza a carico dell alienante


L art. 2557 vieta all alienante di un azienda, per un periodo di 5 anni dal trasferimento, l inizio di una nuova impresa che sia idonea a sviare la clientela dell azienda ceduta in ragione dell oggetto, dell ubicazione o di altre circostanze. La regola si applica anche: - alle aziende agricole: solo per le attivit ad esse connesse, quando rispetto ad esse sia possibile uno sviamento della clientela; - al nudo proprietario e al locatore: in caso di usufrutto e affitto di azienda. La tutela dell acquirente alla ragionevole conservazione del valore di avviamento da lui pagato in occasione dell acquisto di azienda va, per, contemperatacon il principio di evitare una lesione eccessiva della libert di iniziativa economica dell alienante. Il secondo comma dell art. 2557 C.c. dispone che: << il patto di astenersi dalla concorrenza in limiti pi ampi di quelli previsti valido, purch non impedisca ogni attivit professionale dell alienante. Esso non pu eccedere la durata di 5 anni dal trasferimento >> .

La successione nei contratti relativi dell azienda


L azienda, proprio perch organizzata per l esercizio di un impresa, normalmente caratterizzata da una rete di contratti tramite i quali beni e servizi vengono acquisiti e forniti. Per questo intuitivo che la disciplina del trasferimento dell azienda deve tenere conto dell esigenza di preservare la continuit dei rapporti negoziali tramite i quali si esplica l attivit di impresa. Tale esigenza viene perseguita dall art. 2558 attraverso una disciplina di deroga a quella ordinaria della cessione del contratto il cui perfezionamento richiede il consenso, oltre che del cedente e del cessionario, anche del contraente ceduto. Nel trasferimento, nell usufrutto e nell affitto di azienda, invece, il sistema normativo si articola nel seguento modo: y salvo diversa pattuizione nel contratto di cessione, l acquirente dell azienda non subentra nei contratti stipulati per l esercizio della stessa che abbiano carattere personale. Si tratta di contratti intuitu personae dell alienante per i quali la persona dell alienante aveva svolto, per la natura del contratto un rilievo fondamentale nella formazione della volont. Se il contratto ha natura personale, quindi, il suo passaggio all acquirente richiede: - sia l espressa previsione nel contratto di trasferimento dell azienda; - sia il successivo consenso del terzo contraente ceduto. y i contratti non personali, invece, passano all acquirente senza bisogno di apposita pattuizione e senza bisogno di assenso del terzo contraente. La tutela di quest ultimo affidata alla possibilit di recedere, entro 3 mesi dalla notizia del trasferimento dell azienda, ove sussista una giusta causa e cio una valida ragione che incida sulla fiducia nell esatto adempimento da parte dell acquirente. Il recesso ha efficacia ex nunc e provoca l estinzione del contratto.
y alcuni contratti di particolare rilievo hanno poi una disciplina specifica. Cos: - l art. 2112: in tema di rapporti di lavoro subordinato facenti capo all azienda ceduta; - l art. 36 della legge 362 del 1978 sancisce non solo la normale prosecuzione nel rapporto di locazione degli immobili aziendali, ma anche la facolt di sub locazione da parte del conduttore; - l art. 2610: sancisce la continuit del contratto di consorzio. y infine va precisato che l art. 2558 si riferisce ai contratti la cui esecuzione sia ancora in corso da entrambe le parti al momento del trasferimento dell azienda. Si applica invece la disciplina relativa ai crediti e ai debiti inerenti all azienda quando dal contratto residuino solo posizioni soggettive creditorie o debitorie.

La successione nei crediti


L art. 2559 disciplina la successione nei crediti inerenti all azienda nel caso di suo trasferimento. Secondo l opinione sostenuta dalla giurisprudenza maggioritaria, salva diversa pattuizione contrattuale l acquirente subentra nei crediti come effetto del trasferimento d azienda. L art. 2559 si occupa soprattutto di agevolare il passaggio del credito con riferimento alla sua opponibilit al debitore ceduto. Cos viene previsto che la cessione ha effetto nei confronti dei terzi dal momento in cui il trasferimento d azienda iscritto nel registro delle imprese, anche in difetto di notifica o accettazione della cessione al debitore. Ci dovrebbe comportare che, effettuata l iscrizione, il pagamento del debitore all alienante non sia da considerarsi liberat orio e che l acquirente legittimamente possa agire contro il debitore. Tuttavia l art. 2259 dispone che il pagamento effettuato in buona fede dal debitore all alienante liberatorio anche se compiuto dopo l iscrizione .

La successione nei debiti


La responsabilit verso i creditori per i debiti inerenti all azienda ceduta disciplinata dall art. 2560. Il passaggio della posizione debitoria nei rapporti interni fra alienante e acquirente un profilo liberamente disponibile f a le parti che sono libere di far passare o meno i r debiti in capo all acquirente. Nel caso in cui il contratto nulla preveda, vi contrasto in dottrina circa l applicazione del principio del passaggio automatico: tuttavia questa la soluzione preferita dalla giurisprudenza. Il legislatore, invece, si occupa espressamente della responsabilit verso i creditori, al fine di evitare che la vicenda possa dar luogo a fenomeni elusivi. Cos la liberazione dell alienante dai debiti aziendali presuppone l espressa dichiarazione in tal senso da parte di ogni singolo creditore. Inoltre a maggior tutela, viene disposta una sorta di accollo ex lege a carico dell acquirente di azienda commerciale per tutti i debiti che risultino dalle scritture contabili obbligatorie. L art. 2560, salvo per quel che riguarda i debiti da lavoro dipendente, non si applica all usufrutto e all affitto di azienda, nei quali, quindi, per i debiti pregressi vi solo la responsabilit del nudo proprietario o del locatore.

Usufrutto e affitto di azienda


Gli artt. 2561 e 2562 dettano alcuni disposizioni aggiuntive per le due fattispecie di concessione in godimento dell azienda. Al riguardo si prevede che: - usufruttuario e affittuario devono esercitare l azienda sotto la ditta che la contraddistingue; - la gestione dell azienda deve essere svolta in modo tale da non modificare la destinazione e preservarne l efficienza dell or ganizzazione e degli impianti e le normali dotazioni di scorte; - al termine del rapporto la differenza fra le consistenze di inventario iniziali e quelle finali viene regolata in denaro mentre i contratti passati all usufruttario o all affittuario tornano in capo al nudo proprietario o al locatore.

LA PROPRIETA INDUSTRIALE
Le disposizioni generali
L espressione propriet industriale comprende: i marchi e gli altri le indicazioni disegni e i modelli le invenzioni i modelli di utilit le topografie dei le informazioni nuove variet segni distintivi geografiche e le prodotti a aziendali riservate vegetali denominazioni semiconduttori d origine La protezione accordata a tali diritti di tipo dominicale, ricalca cio quella predisposta per il diritto di propriet, tenendo conto che si tratta di beni immateriali. Con il d. lgs n30 del 2005 (Codice della propriet industriale - c.p.i.) tutto il settore, con la sola esclusione del diritto d autore, stato raggruppato in un testo normativo unitario, che senza abrogare le norme del Codice Civile, ha riordinato la materia. Nell ambito della propriet industriale si distingue tra diritti titolati e diritti non titolati: - diritti titolati: si acquistano mediante brevettazione o registrazione; - diritti non titolati: si acquistano ricorrendone i presupposti di legge volta a volta indicati.

I marchi
Il marchio appartiene alla famiglia dei segni distintivi, che identificano l imprenditore e la sua azienda e servono cos a distinguere i suoi prodotti e servizi da quelli dei concorrenti. Tali segni rivestono un ruolo assai rilevante nella capacit dell imprenditore di attrarre e conservare clientela e sono oggetto di cospicui investimenti, specie di tipo pubblicitario. Il marchio certamente il segno distintivo dell impresa di maggior rilievo economico in quanto ne contraddistingue i prodotti e i servizi. Le fonti del diritto dei marchi sono composite: - gli artt. 2569 e 2574 del Codice Civile; - le norme del c.p.i. del regolamento sul marchio comunitario; - le disposizioni del marchio internazionale (Convenzioni di Parigi, Accordo e Protocollo di Madrid, e art. 17 c.p.i.). La differenza fondamentale tra marchio comunitario e marchio internazionale consiste nel fatto che il primo d luogo a un uni o brevetto valevole in tutto il territorio c comunitario, il secondo, invece, rappresenta solo un unificazione procedurale per ottenere un fascio di singoli brevetti nazionali, ciascuno soggetto all propria normativa. a

Caratteristiche e requisiti di validit del marchio


Il sistema di tutela del marchio si fonda sull attribuzione di un diritto al suo uso esclusivo in favore del soggetto che lo abbia registrato ( marchio registrato che rappresenta un diritto titolato) o in misura minore, che l abbia utilizzato in via di fatto pur senza registrarlo ( marchio di fatto che un diritto non titolato). Il marchio pu contraddistinguere sia un bene, sia un servizio e pu essere: - generale o speciale: ad Piaggio marchio generale, Vespa marchio specifico; - di fabbrica o di commercio. Il marchio pu consistere in qualsiasi segno suscettibile di essere rappresentabile graficamente e atto a distinguere i prodotti o servizi di un impresa da quelli di altre imprese. Il marchio deve essere: - lecito: non deve contenere segni contrari alla legge, all ordine pubblico o al buon costume, o lesivi di altrui diritti. In particolare, non possono essere registrati come marchi i ritratti di persona senza il consenso dell interessato, mentre pu esserlo il nome di persona diversa dal richiedente purch il suo uso non sia tale da ledere la fama, il credito o il decoro di chi ha diritto di portare tali nomi. Il consenso dell avente diritto , per, necessario qualora ci sia richiesto dall UIBM oppure si tratti di nome notorio; - vero: non deve contenere segni idonei a ingannare il pubblico, in particolare sulla provenienza geografica, sulla natura o sulla qualit dei prodotti o dei servizi; - originale: deve avere capacit distintiva del prodotto rispetto a quelli del medesimo genere. In base al requisito dell originalit si distinguono: - i marchi forti: cio significativamente distintivi, come un marchio di pura invenzione:; - i marchi deboli: in cui il nucleo del segno rimanda a parole ricollegabili al prodotto dell uso comune. - nuovo: non deve consistere esclusivamente in segni divenuti di uso comune nel linguaggio corrente o negli usi costanti del commercioe soprattutto e non deve essere confondibile con un marchio altrui precedentemente registrato o usato e neppure con un segno adottato da altrui come ditta, denominazione o ragione sociale, insegna o nome a dominio aziendale. Un importante distinzione deve farsi fra marchi ordinari e marchi celebri: - marchi ordinari: manca la novit solo se il marchio identico o simile a segni gi noti come marchi per prodotti o servizi identici; - marchi celebri o di rinomanza: sufficiente che si tragga indebitamente vantaggio dal carattere distintivo o dalla rinomanza del segno anteriore o si rechi loro pregiudizio (art. 12, 1 comma c.p.i.) La mancanza di novit del marchio viene sanata dalla tolleranza protrattasi per un periodo di 5 anni consecutivi dal titolare del marchio anteriore o dal titolare del diritto di preuso.

Registrazione e uso del marchio: gli effett i


Il marchio che presenti gli indicati requisiti di validit pu essere registrato presso l UIBM: chi senza essere in mala fede, ottiene la registrazione acquisisce il diritto esclusivo all uso del marchio su tutto il territorio nazionale. Sul presupposto dell avvenuta registrazione del marchio in ambito nazionale pu ottenersi la registrazione internazionale presso l organizzazione mondiale per la propriet industriale con sede a Ginevra. Indipendente dalla registrazione nazionale , invece, la registrazione comunitaria.

Il diritto all uso esclusivo del marchio comporta che il soggetto in cui favore stata effettuata la registrazione pu impedire a chiunque altro di porre in commercio o pubblicizzare prodotti o servizi identici che siano contraddistinti da un marchio identico o simile a quello registrato, ove tale somiglianza o affinit determini un rischio di confusione fra il pubblico. Lo stesso marchio, dunque, pu essere liberamente usato da pi imprenditori per contraddistinguere prodotti o servizidiversi e non confondibili. Tuttavia quando il marchio celebre, la possibilit di vietare ai terzi l uso di un marchio simile o identico si estende anche ai prodotti non affini, ove tale uso consenta di trarre indebitamente vantaggio dal carattere distintivo e dalla rinomanza del marchio. Il diritto di uso esclusivo derivante dalla registrazione dura 10 anni dalla data di deposito della relativa domanda ed rinnovabile per la stessa durata alla scadenza per un numero illimitato di volte.

La perdita della tutela del marchio


La tutela assicurata al titolare del marchio registrato pu venire meno per una serie di ragioni. In particolare: - la dichiarazione di nullit per difetto iniziale dei requisiti essenziali; - la volgarizzazione: che si ha quando il marchio sia divenuto tanto diffuso da indicare nel linguaggio comune il prodotto designato (es. biro); - sopravvenuta ingannevolezza del marchio; - mancato uso del marchio nei 5 anni della registrazione o per 5 anni. Questa regola oggetto di deroga per i marchi protettivi, cio i marchi simili a quello registrato o effettivamente usato che vengono registrati al solo fine di precostituire un vincolo al loro uso da parte di altri imprenditori. Tali marchi non decadono per non uso: basta pagare la tassa di registrazione.

La circolazione del marchio


Il marchio liberamente trasferibili a terzi. Pu essere oggetto di vera e propria cessione e anche della licenza di marchio che attribuisce al licenziatario il diritto di utilizzarlo per un certo periodo di tempo. Recenti innovazioni legislative hanno rimosso molti ostacoli alla trasferibilit o licenziabilit del marchio. E stato rimosso il tradizionale vincolo fra cessione dell azienda e cessione del marchio. Oggi il marchio pu essere ceduto separatamente dall azienda. Recenti riforme hanno poi ampliato la flessibilit di utilizzazione della licenza di marchio: oggi essa forma il nucleo centr di alcuni contratti come il franchising e il ale merchandising. La licenza pu essere: - totale o parziale: a seconda che riguardi l uso del marchio per tutti i prodotti o solo per una loro parte; - esclusiva o non esclusiva: a seconda che il titolare si riservi la continuazione dell uso e che il licenziatario sia unico o no.

Gli altri segni distintivi: la ditta e l insegna


Ditta e insegna sono oggetto di alcune norme specifiche nel Codice Civile. Ciascun imprenditore pu scegliere un nome con il quale indicare la propria attivit: la ditta. Essa, che pu coincidere con il marchio generale dell impresa, si distingue in: - ditta originaria: che quella prescelta dall imprenditore per il suo diretto utilizzo; - ditta derivata: che quella che passa all imprenditore in occasione di un trasferimento d azienda. In ossequio al principio della verit della ditta si richiede che in quella originaria sia presente almeno il cognome o la sigla dell imprenditore (art. 2563 Cod. Civ.). La ditta deve, obbedire, comunque al principio di novit, in forza dell art. 2564 Cod. Civ. e infatti: quando la ditta uguale o simile a quella usata da altro imprenditore e pu creare confusione per l oggetto dell impresa e per il luogo in cui esercita deve essere ta, integrata o modificata con indicazioni idonee a differenziarla . La regola si applica solo quando fra le due imprese via sia una relazione di concorrenzialit tale per cui la confusione fra le ditte possa sviare la clientela. Il criterio cronologico in base al quale si risolvono i conflitti fra pi utilizzatori della stessa ditta il preuso o l iscrizione della ditta nel registro delle imprese: quest ultimo criterio , tuttavia, temperato dalla tesi prevalente secondo cui non pu avvalersi della priorit dell iscrizione chi fosse a conoscenza dell altrui preuso. La ditta trasferibile solo insieme all azienda o a un suo ramo: - negli atti inter vivos: necessario il consenso dell alienante dell azienda; - negli atti mortis causa: l erede vi subentra salva diversa disposizione testamentaria (art. 2565 Cod. Civ.). L insegna il segno distintivo dei locali ove si svolge l attivit di impresa. Ha una minore capacit distintiva ed caratterizzata dalla pi ampia libert nella sua creazione non dovendo necessariamenteavere un contenuto denominativo e potendo essere costituita da un disegno o da un simbolo. Anche l insegna deve soddisfare il requisito della novit, ragion per cui l imprenditore non pu utilizzare come propria insegna quella gi usata da altri, ma deve differenziarla.

Le invenzioni: il brevetto
Il brevetto per invenzioni consiste nella concessione di un diritto di monopolio temporaneo (20 anni) in favore di chi abbia inventato un prodotto o un procedimento, in tal modo concorrendo al progresso tecnologico dell intera comunit. La disciplina del brevetto, oltre che nel c.p.i. contenuta negli artt. 2584-2591. Al fianco della normativa interna esistono una serie di trattati e convenzioni volte ad agevolare il riconoscimento internazionale dei brevetti rilasciati nei singoli paesi: - la Convenzione di Monaco del 1973 sul brevetto europeo ; - la Convenzione di Parigi del 1883. L art. 45 c.p.i definisce quale oggetto del brevetto le invenzioni nuove che implicano un attivit inventiva e sono atte ad avere un applicazione industrial . e I requisiti di legge per la brevettabilit di un invenzione sono: - industrialit: che indica l attitudine dell invenzione ad avere un applicazione industriale e cio a esser fabbricato o utilizzato in qualsiasi genere di industria; - novit: che si ha quando l invenzione non compresa nello stato della tecnica - originalit: che, in aggiunta al requisito della novit, indica che l invenzione deve rappresentare un significativo progresso tecnico; - liceit.

Il brevetto e i suoi effetti


Il diritto di chiedere il brevetto, e quindi di ottenere il monopolio temporaneo nello sfruttamento economico del prodotto o del procedi ento, appartiene all inventore o m come pi frequentemente accade al suo datore di lavoro. La domanda di brevetto: - pu riguardare una sola invenzione per volta; - deve essere specifica e deve contenere una sua accurata descrizione; - deve concludersi con una o pi rivendicazioni in cui sia indicato ci che si intende debba formare oggetto del brevetto. Effetto del brevetto la concessione al suo titolare del diritto di utilizzare economicamente l invenzione in esclusiva, anche tramite la sua messa in commercio, per la durata di 20 anni, non rinnovabili, dalla data di deposito della domanda. Tale effetto limitato alla rivendicazioni contenute nella domanda e per le invenzioni di procedimento, ristretto alla commercializzazione di un prodotto identico a quello realizzato con il procedimento brevettato, non estendendosi a prodotti identici, ma realizzati con altri metodi. Come il marchio, anche il brevetto trasferibile, con o senza l azienda, anche mortis causa, e di frequente oggetto di licenza di brevetto. Il brevetto si estingue per: - dichiarazione di nullit; - decadenza: in caso di mancata attuazione per un biennio o di mancato pagamento dei diritti; - rinunzia del titolare.

Il diritto di autore
Il diritto di autore riguarda la protezione legale per le opere dell ingegno di carattere creativo che appartengono alla letteratura, alla musica, alle arti figurative, all architettura, al teatro ed alla cinematrografia, qualunque ne sia il modo o la forma di espressione . Tale protezione disciplinata nel Codice Civile negli artt. 2575-2583 e dalla legge n633 del 1941 e successive modifiche. Le condizioni per l accesso alla tutela del diritto d autore si riassumono nel carattere creativo dell opera dell ingegno e derivano dalla creazione della stessa, senza che la registrazione presso la SIAE, pur obbligatoria, abbia valore costitutivo. L autore ha, sotto il profilo patrimoniale: 1) il diritto esclusivo di utilizzare l opera in ogni forma e modo, originale e derivato; 2) lo sfruttamento economico dell opera che implica la facolt di disporre del relativo diritto nei modi che sono lasciati all autonomia negoziale. Per alcuni tipi di opere il legislatore prevede particolari forme contrattuali, fra queste il contratto di edizione, della durata massima di 20 anni, con il quale l autore concede ad un editore il diritto di pubblicare a stampa l opera dell ingegno dietro corrispettivo. Accanto al diritto di sfruttamento economico l autore ha una serie di diritti morali, irrinunciabili e inalienabili, svincolati dalla cessione a terzi dei diritti patrimoniali, che consistono: - nel diritto di rivendicare la paternit dell opera; - nel diritto di opporsi a ogni modificazione e a ogni altro atto a danno dell opera. - nel diritto di ritirare l opera dal commercio indennizzando coloro che ne avevano acquistato i diritti economici, qualora concorrano gravi ragioni morali. La legge tutela il diritto d autore con sanzioni civili, penali e amministrative, punendo comportamenti quali il plagio, che concretizzano un appropriazione parziale o totale dell opera altrui.

LA CONCORRENZA FRA IMPRESE


Le fonti della normativa antitrust
Quando si pensa alla legislazione di tutela della libera concorrenza la mente va subito: - allo Sherman Act del 1890: che fu il primo esempio di legislazione antitrust; - al Trattato CE del 1957. Il Trattato CE stato a lungo l unica vera legislazione antitrust applicabile in Italia: solo con la legge n287 del 1990, stata infatti introdotta una normativa nazionale organica a tutela della concorrenza e del mercato comparabile con quelle da tempo esistenti in altri paesi e con quella comunitaria. L ambito di applicazione di tale legge residuale, limitato alla regolamentazione dei fenomeni anticoncorrenziali rilevanti sul solo mercato italiano. Quando la limitazione alla libera concorrenza tocca il mercato europeo si applica la disciplina comunitaria contenuta nel Trattato e nel regolamento CE n139 del 2004. La legge n99 del 2009 ha istituito la legge annuale per il mercato e la concorrenza: il Governo, entro 60 giorni dalla relazione annuale dell Autorit garante della concorrenza e il mercato, tenuto a presentare un disegno di legge volto essenzialmente ad adeguare la normativa alle esigenze di tutela della conco rrenza e dei consumatori annualmente segnalate dalle autorit amministrative indipendenti. Al disegno di legge va allegata una relazione che illustra lo stato di conformit dell ordinamento ai principi comunitari in tema di concorrenza.

Il controllo sui comportamenti lesivi della concorrenza


L intervento del legislatore a tutela della libera concorrenza si articola in modo molto simile nella legge 287/1990 e nel Trattato UE. Vengono innanzi tutto delineate tre categorie di comportamenti anticoncorrenziali: - le intese restrittive della libert di concorrenza; - l abuso di posizione dominante; - le operazioni di concentrazione restrittive della libert di concorrenza. All indagine, al controllo e alla repressione dei comportamenti anticoncorrenziali in Italia preposta una autorit indipendente: l Autorit garante della concorrenza e del mercato (AGCM) organo collegiale composto da 5 membri nominati dei Presidenti della Camera e del Senato. In ambito comunitario tali competenze sono attribuite alla Commissione delle Comunit europee e alle singole Autorit nazionali. I provvedimenti dell AGCM sono ricorribili innanzi al TAR (tribunale amministrativo regionale), mentre di competenza dell autorit giudiziaria ordinaria, con azione che va promossa direttamente innanzi alla corte d appello, sono le azioni volte a far dichiarare la nullit degli atti anticoncorrenziali, a conseguire il risarcimento dei danni e a ottenere i relativi provvedimenti d urgenza. I provvedimenti della Commissione dell Unione Europea sono, invece, ricorribili innanzi al tribunale di primo grado dell Unione Europea le cui decisioni sono impugnabili, dinanzi alla Corte di giustizia dell Unione Europea.

Le intese restrittive della concorrenza


L art. 2 della legge 287/1990 definisce intese gli accordi e/o le pratiche concordate tra imprese nonch le deliberazioni, anche se adottate ai sensi di disposizioni statutarie o regolamentari, di consorzi, associazioni di imprese ed altri organismi similari vietando quelle che abbiano per oggetto o per effetto di impedire, restringere o falsare in maniera consistente il gioco della concorrenza all interno del mercato nazionale o in una sua parterilevante . Del tutto analoga la formulazione dell art. 101 Trattato UE, sul quale la norma nazionale stata ricalcata. Particolare rilievo hanno le pratiche concordate, che si riferiscono al parallelismo consapevole delle imprese che uniformano i loro comportamenti sul mercato. Si tende, per, a precisare che tale condotta parallela, per poter integrare un intesa, deve essere accompagnata da elementi di fatto che la qualifichino come il frutto di una scelta consapevole delle imprese (es. organizzazione di riunioni periodiche, scambio di informazioni che generalmente dovrebbe rimanere riservate). ro Le intese non sono vietate in generale, ma solo quando impediscano, restringano o falsino in maniera consistente il gioco della concorrenzaall interno del mercato nazionale o comunitario o di una sua parte rilevante. Possono formare oggetto del divieto: - sia intese orizzontali: e cio fra imprese che operano allo stesso livello economico (es. produttori dello stesso bene); - sia intese verticali: e cio quelle tra produttore e rivenditore. Il divieto di intese pu esser oggetto di deroga. Il presupposto perch si abbia tale deroga che le intese diano luogo a miglioramenti nelle condizioni di offerta sul mercato con l effetto di comportare un sostanziale beneficio per i consumatori . Legge italiana e normativa comunitaria prevedono meccanismi differenti di applicazione di tale delega: - nel nostro ordinamento: l AGCM pu concedere le autorizzazioni in deroga, si tratta di autorizzazioni a carattere necessariamente temporaneo e revocabile; - in ambito comunitario: la Commissione UE pu anch essa emettere provvedimenti autorizzativi di ordine generale. Ove l AGCM accerti la violazione del divieto di intese pu adottare i provvedimenti necessari per rimuoverne gli effetti anticoncorrenziali ed emettere sanzioni pecuniarie nonch disporre, in caso di reiterata inottemperanza, la sospensione dell attivit di impresa fino a 30 giorni.

L abuso di posizione dominante


L art. 3 della legge 287/1990 vieta l abuso da parte di una o pi imprese di una posizione dominante all interno del mercato nazionale o di unasua parte rilevante . Di tenore simile l art. 102 del Trattato CE che precisa nella misura in cui possa essere pregiudizievole al commercio fra Stati membri, lo sfruttamento abusivo da parte di una o pi imprese di una posizione dominante sul mercato comune o di una parte sostanziale di questo . Illecito, quindi, non il raggiungimento di una posizione dominante sul mercato ma solo il suo abuso. Il concetto di posizione dominante presuppone l identificazione del mercato rilevante, cio l area in cui l impresa svolge la sua attivit, in termini geografici, in termini di prodotti e di servizi. Il legislatore nazionale e quello comunitario indicano alcuni comportamenti che costituiscono abuso. Si tratta di fattispecie analoghe a quelle previste per le intese. L abuso di posizione dominante riguarda: y l imposizione di prezzi d acquisto, di vendita ingiustificatamente gravosi; y le limitazioni o gli impedimenti alla produzione, agli sbocchi o agli accessi al mercato, allo sviluppo tecnico o al progresso tecnologico, a danno dei consumatori;

y l applicazione di condizioni discriminatorie per prestazioni equivalenti; y l imposizione di prestazioni supplementari ingiustificate.

La legge non prevede la possibilit di deroghe da parte dell AGCM al divieto dell abuso di posizione dominante. Le sanzioni irrogabili dall AGCM sono uguali a quelle previste per le intese. L AGCM, infine, pu anche sanzionare l abuso di dipendenza economica che abbia rilevanza per la tutela della concorrenza e del mercato. Si tratta di un ipotesi diversa dall abuso di posizione dominante: l abuso di dipendenza economica, infatti, prescinde dalla posizione dominante sul mercato e si riferisce solo ai rapporti intercorrenti fra imprese, identificandosi con la situazione in cui un impresa sia in grado di determinare, nei rapporti commerciali con un altra impresa, un eccessivo squilibrio di diritti e obblighi .

Le concentrazioni
L art. 6 della legge 287/1990 vieta le operazioni di concentrazione che comportino la costituzione o il rafforzamento di una posizione dominante sul mercato nazionale in modo da eliminare o ridurre in modo sostanziale e durevole la concorrenza . Il regolamento CE n 139 del 2004 dichiara incompatibili con il mercato comune le operazioni di concentrazione che ostacolino in modo significativo una concorrenza effettiva nel mercato comune o in una parte sostanziale di esso, in particolare a causa della creazione o del rafforzamento d una posizione dominante . i Cosa deve intendersi con l espressione operazioni di concentrazione? L art. 5 della legge 287/1990 indica una serie di fattispecie: y la fusione tra imprese; y l acquisizione del controllo dell insieme o di pi parti di una o pi imprese, sia tramite l acquisto di partecipazioni sociali o di elementi del patrimonio, sia mediante contratto, sia mediante qualsiasi altro mezzo. y la costituzione di un impresa comune (es. la costituzione di una joint venture). Il sistema di controllo delle concentrazioni prevede, sia in sede nazionale, sia in sede comunitaria, un obbligo di comunicazione delle operazioni di concentrazione che superino soglie quantitative indicate. A seguito della comunicazione l autorit sulla base, di una prima delibazione decide se avviare o no un istruttoria. Durante l istruttoria si compie una valutazione degli elementi che compongono l accordo di concentrazione al fine di effettuare una valutazione comparativa fra i vantaggi che l operazione comporta e il suo costo sotto il profilo concorrenziale. L art. 25 della legge 287/1990 prevede che il Consiglio dei ministri determini in linea generale e preventiva i criteri in base ai quali l AGCM pu eccezionalmente autorizzare talune concentrazioni, per rilevanti interessi generali dell economia nazionale nell ambito dell integrazione europea. Al termine dell istruttoria l operazione pu essere: - autorizzata; - autorizzata con condizioni idonee a impedire la costituzione o il rafforzamento di una posizione dominante; - vietata. Ove l operazione sia gi stata eseguita vengono impartite le misure necessarie a ripristinare le condizioni di concorrenza effettiva.

Il monopolio legale e di fatto


Nonostante sia in contrasto con i principi comunitari, possibile che per esigenze di carattere generale la legge concede a determinate imprese il monopolio per la prestazione o la produzione di certi servizi o beni. Spesso accade che la legge attribuisca in concessione esclusiva o no, l esercizio di servizi pubblici. Le norme della legge 287/1990 non si applicano al monopolista legale. In questi casi la legge si premura di porre alcuni principi vincolanti per lo svolgimento dell attivit del monopolista, volti soprattutto a evitare che egli adotti comportamenti discriminatori e lesivi dei diritti dei clienti. E pertanto, previsto che il monopolista legale: - abbia l obbligo di contrarre con chi intenda fruire delle sue prestazioni; - deve rispettare il principio della parit di trattamento sia con riferimento all adempimento nei confronti dei clienti in caso di impossibilit di eseguire per intero tutte le prestazioni promesse, sia con riferimento alle condizioni economiche e normative praticate alla clientela. Si ritiene, infine, che le regole sul monopolista legale non si applichino al monopolista di fatto: a quest ultimo, per, si applicheranno integralmente le disposizioni della legge 287/1990 e le regole comunitarie.

Il patto di non concorrenza


E possibile che la libera concorrenza subisca limitazioni per effetto dell esercizio dell autonomia negoziale. L art. 2596 stabilisce i confini entro i quali possibile porre limiti contrattuali alla libert di concorrenza che sono i seguenti: y necessit, a fini probatori, della forma scritta del patto di non concorrenza; y limitazione del patto di non concorrenza a una determinata zona o a una determinata attivit ; y durata non superiore a 5 anni, alla quale vengono ridotti tutti i patti senza limiti di tempo o quelli di durata superiore; A questi principi vi sono numerose eccezioni. Innanzi tutto vi sono regolamentazioni specifiche di patti di non concorrenza nella disciplina speciale ed il caso: - dei patti di esclusiva e di preferenza nel contratto di somministrazione; - dei patti di non concorrenza del dipendente o dell agente. In secondo luogo, dottrina e giurisprudenza tendono a non applicare l art. 2596 ai patti di non concorrenza che sianoaccessori ad un contratto, siano, cio, una clausola di un pi ampio regolamento negoziale. Discussa, infine, l applicabilit dell art. 2596 ai patti restrittivi della concorrenza che operino a livello verticale, la giurisprudenza prevalente segue la tesi per cui essi, a differenza di quelli orizzontali, siano sottratti all art. 2596.

La concorrenza sleale
Libert di concorrenza non significa che ogni condotta concorrenziale sia lecita. L imprenditore deve comunque improntare i suoi comportamenti nei confronti degli altri imprenditori ai principi generali di lealt e correttezza. Sulla spinta di esigenze da tempo avvertite su base internazionale, gli artt. 2598 e seguenti sono espressamente dedicati alla repressione degli atti di concorrenza sleale. L art. 2598 contiene un elenco delle fattispecie di concorrenza sleale. Le fattispecie elencate nell art. 2598 sono CONFUSIONE DENIGRAZIONE E APPROPRIAZIONE DI PREGI ALTRUI Compie atti di concorrenza sleale chiunque: L art. 2598 considera atto di concorrenza sleale: - usa nomi o segni distintivi idonei a produrre - la diffusione di notizie e apprezzamenti sui prodotti confusione con i nomi o i segni distintivi o sull attivit di un concorrente, idonei a legittimamente usati da altri; determinarne il discredito; - imita i prodotti di un concorrente; - l appropriazione dei pregi dei prodotti o - compie con qualsiasi altro mezzo atti idonei a creare dell impresa di un concorrente. confusione con i prodotti e con l attivit di un Le fattispecie solitamente ricondotte a queste ipotesi concorrente. sono quelle dei messaggi pubblicitari coi quali La norma tutela l interesse dell imprenditore a l imprenditore si attribuisca pregi che in realt tutti impedire che i suoi concorrenti pongano in essere atti hanno, o vanti come proprie qualit altrui. che inducano la clientela in errore sul soggetto con il Non rientra in questa categoria la pubblicit quale entrano in contatto o sui prodotti posti in comparativa, e cio quella che pone a confronto, al commercio. fine di evidenziarne la superiorit, il prodotto dell imprenditore come quello dei suoi concorrenti. Tale forma di pubblicit lecita ove condotta in modo non ingannevole e utilizzando dati effettivamente comparabili e veritieri, diversamente considerata atto di concorrenza sleale. CONTRARIETA ALLA CORRETTEZZA PROFESSIONALE I principali atti che la giurisprudenza ha sanzionato utilizzando il canone della correttezza professionale sono: - lo storno dei dipendenti e dei collaboratori di un impresa: da parte di un concorrente, quando ci avvenga con mezzi scorretti e per ledere deliberatamente l altro imprenditore; - il dumping: consistente nel praticare prezzi di vendita sotto costo al fine di espellere il concorrente dal mercato; - il boicottaggio: consistente nel rifiuto di contrattare con altri imprenditori anche qui al fine di espellerli dal mercato; - la pubblicit ingannevole o menzognera; - la violazione di altrui legittime esclusive contrattuali: ove avvenga con modalit scorrette; - la concorrenza parassitaria: che consiste nello sfruttare a proprio vantaggio gli investimenti che altra impresa ha compiuto nella programmazione e nelle scelte di mercato.

Le azioni repressive delle concorrenza sleale


Solo gli imprenditori o le associazioni professionali sono attivamente legittimati a far valere le speciali forma di tutela previste per reprimere la concorrenza sleale. Gli strumenti di tutela previsti dal legislatore sono i seguenti: y l azione di inibitoria e di rimozione degli effetti dell atto di concorrenza sleale (art. 2599 Cod. Civ.). L azione richiede solo la prova della ricorrenza degli estremi dell atto di concorrenza sleale, ma non quella del dolo o della colpa dell autore, n quella di un effettivo danno patrimoniale, essendo sufficiente il mero danno potenziale;
y l azione di risarcimento del danno: che richiede, invece, la prova del dolo o della colpa dell autore e la prova del danno patrimoniale. Nell ambito di tale azione il giudice pu disporre la sanzione della pubblicazione della sentenza, la quale ha l effetto di ripristinare una corretta informazione al mercato e giova all attore in termini di pubblicit.

I CONSORZI FRA IMPRENDITORI


Nozione e tipologia (art. 2602)
Con il contratto di consorzio pi imprenditori istituiscono un'organizzazione comune per la disciplina o per lo svolgimento di determinate fasi delle rispettive imprese. In base allo scopo del contratto di consorzio si distingue: 1. consorzio con funzione anticoncorrenziale: costituito al fine di disciplinare, limitandola, la reciproca concorrenza sul mercato fra imprenditori che svolgono la stessa attivit o attivit similari; 2. consorzio con funzione di coordinamento: costituito per lo svolgimento di determinate fasi delle rispettive imprese, al fine di ridurre i costi di gestione delle singole imprese consorziate; Sul piano civilistico, invece, bisogna distinguere fra: - consorzi con sola attivit interna: il consorzio non entra in contatto con i terzi e quindi il suo compito si esaurisce nel regolare i rapporti reciproci fra i consorziati; - consorzi destinati a svolgere anche attivit esterna: le parti prevedono l istituzione di un ufficio comune, destinato a svolgere attivit con i terzi nell interesse delle imprese consorziate.

Il contratto di consorzio
Il contratto di consorzio pu essere stipulato solo fra imprenditori. Non sono richiesti ulteriori requisiti soggettivi e perci al consorzio potr partecipare qualsiasi imprenditore, anche se svolgono attivit differenti fra loro. L art. 2603 stabilisce la forma e il contenuto del contratto: - forma : il contratto deve essere fatto per iscritto sotto pena di nullit - contenuto : esso deve indicare: 1. l'oggetto e la durata del consorzio; 2. la sede dell'ufficio eventualmente costituito; 3. gli obblighi assunti e i contributi dovuti dai consorziati; 4. le attribuzioni e i poteri degli organi consortili; 5. le condizioni di ammissione di nuovi consorziati; 6. i casi di recesso e di esclusione; 7. le sanzioni per l'inadempimento degli obblighi dei consorziati. L art. 2611 elenca i casi in cui previsto lo scioglimento dell intero contratto di consorzio: 1) per il decorso del tempo stabilito per la sua durata; 2) per il conseguimento dell'oggetto o per l'impossibilit di conseguirlo; 3) per volont unanime dei consorziati, o per deliberazione dei consorziati, se sussiste una giusta causa; 5) per provvedimento dell'autorit governativa o per altre cause previste nel contratto.

L organizzazione corsortile
Carattere strutturale essenziale dei consorzi la creazione di un organizzazione comune, cui demandato il compito di attuare il contratto assumendo e portando in esecuzione le decisioni necessarie a tal fine. La struttura organizzativa di ogni consorzio si fonda, di regola, sulla presenza: - di un assemblea, quale organo con funzioni deliberative composto da tutti i consorziati, - di un organo direttivo, con funzioni gestorie ed esecutive. Riguardo all assemblea, l art. 2606 prevede che le delibere relative all attuazione dell oggetto del consorzio sono prese col voto favorevole della maggioranza dei consorziati. Le delibere prese a maggioranza possono essere impugnate, dai consorziati, entro 30 giorni davanti all autorit giudiziaria, se non prese in conformit della legge o del contratto. Mentre, l art. 2607 richiede il consenso di tutti i consorziati per la modificazione del contratto. Entrambe le regole hanno carattere dispositivo, in quanto le parti possono disporre diversamente nel contratto. L articolazione dell organo direttivo, e le modalit di nomina, di revoca e di esercizio delle funzioni sono rimesse all autonomia contrattuale.

I consorzi con attivit esterna


Innanzitutto per i consorzi con attivit esterna previsto un regime di pubblicit legale, destinato a portare a conoscenza dei terzi i dati essenziali del consorzio che prevede l iscrizione nel registro delle imprese, da parte degli amministratori: 1) estratto del contratto di consorzio: entro 30 giorni dalla stipulazione. A tale forma di pubblicit sono soggette tutte le modificazioni del contratto; 2) situazione patrimoniale del consorzio: da redigere annualmente, seguendo le regole per la redazione del bilancio delle s.p.a; 3) l indicazione delle persone a cui vengono attribuite la presidenza, la direzione e la rappresentanza del consorzio e i rispettivi poteri. Nei consorzi con attivit esterna espressamente prevista la formazione di un fondo patrimoniale, detto fondo consortile, costituito dai contributi iniziali e successivi dei consorziati e dai beni acquistati con tali contributi. Tale fondo consortile un patrimonio autonomo rispetto al patrimonio dei singoli consorziati. Esso destinato solo a garantire il soddisfacimento dei creditori del consorzio. Infatti, fin quando il consorzio dura, i consorziati non possono chiedere la divisione del fondo e i creditori particolari dei consorziati non possono far valere i loro diritti sul fondo medesimo. L art. 2615 stabilisce quali siano le obbligazioni gravanti sul fondo consortile, distinguendoli fra: - obbligazioni assunte in nome del consorzio dai suoi rappresentanti, per queste i terzi posso far valere i loro diritti solo sul fondo consortile; - obbligazioni assunte dagli organi del consorzio per conto dei singoli consorziati, per tali obbligazioni rispondono solidalmente sia il consorziato o i consorziati interessati, sia il fondo consortile. In caso di insolvenza del consorziato interessato, il debito dell insolvente si ripartisce fra tutti gli altri consorziati in proporzione delle loro quote.

IL GRUPPO EUROPEO DI INTERESSE ECONOMICO


Caratteri generali
Il Gruppo europeo di interesse economico, Geie, un nuovo istituto giuridico predisposto dall Unione Europea per favorire la cooperazione fra imprese appa rtenenti a diversi stati membri. La disciplina del Geie fissata dal regolamento comunitario n. 2137 del 1985, direttamente applicabile in tutti gli Stati membri. Parti del contratto costitutivo del gruppo possono essere solo persone fisiche o giuridiche che svolgono un attivit economica ma, al contrario dei consorzi, non necessario che siano imprenditori. Ma necessario che ci sia: - una pluralit di persone: che esercitano attivit economica; - una diversa nazionalit: il gruppo europeo di interesse economico non pu essere utilizzato da imprese dello stesso Stato.

La disciplina
Il contratto costitutivo del Geie deve essere redatto per iscritto, pena la nullit. Nel contratto devono essere indicati, almeno: 1. la denominazione del gruppo, preceduta o seguita dall espressione gruppo europeo di interesse economico o dalla sigla Geie ; 2. la sede, che deve essere situata nell Unione Europea; 3. l oggetto; 4. il nome dei membri; 5. la durata, che pu essere anche a tempo indeterminato. Il contratto soggetto a pubblicit legale, mediante iscrizione nel registro delle imprese (pubblicit costitutiva) e successiva pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica (pubblicit dichiarativa). Solo con l iscrizione nel registro delle imprese il Geie acquista la capacit di essere titolare di diritti ed obbligazioni. L organizzazione interna e le regole di funzionamento del Geie sono in larga parte rimesse all autonomia privata. Ma, sono espressamente previsti due organi: - un organo collegiale composto da tutti i membri, - un organo amministrativo. I membri del gruppo possono adottare collegialmente qualsiasi decisione per la realizzazione dell oggetto del gruppo. Le decisioni pi importanti, specificate dall art. 17 reg. devono essere prese all unanimit. La gestione del Geie affidata ad uno o pi amministratori, nominati dal contratto costitutivo. Solo ad essi spetta la rappresentanza del gruppo verso i terzi. Se sono pi di uno, la rappresentanza spetta a ognuno di loro disgiuntamente, salvo che il contratto preveda l amministrazion congiunta. e Il Geie deve tenere le scritture contabili previste per gli imprenditori commerciali, indipendentemente dalla natura commerciale o meno dell attivit svolta. Gli amministratori redigono il bilancio, lo sottopongono all approvazione dei membri e provvedono a depositarlo nel registro delle imprese entro 4 mesi dalla chiusura dell esercizio.

In applicazione del principio che il Geie non ha lo scopo di realizzare profitti per se stesso, i profitti risultanti dall attivit del gruppo sono considerati direttamente profitti dei membri e ripartiti fra gli stessi secondo la proporzione prevista nel contratto o, nel silenzio, in parti uguali. Con lo stesso criterio i membri contribuiscono a coprire le perdite. Delle obbligazioni assunte dal Geie rispondono solidalmente ed illimitatamente tutti i membri del gruppo, anche con il proprio patrimonio. Tuttavia, la responsabilit di membri sussidiaria rispetto a quella del Geie, infatti, i creditori possono agire nei confronti dei membri soltanto dopo aver chiesto al gruppo di pagare e qualora il pagamento non sia stato effettuato entro un congruo termine. Sono cause obbligatorie di scioglimento del Geie: - la scadenza del termine; - il conseguimento o l impossibilit di conseguire l oggetto; - il venir meno della pluralit dei membri o della diversa nazionalit; - per sentenza del giudice per giusta causa. Il Geie che esercita attivit commerciale esposto al fallimento in caso di insolvenza. Ma il fallimento del gruppo non determina il fallimento dei singoli membri, bench responsabili illimitatamente. Tuttavia, i liquidatori potranno chiedere ai membri il versamento delle somme necessarie per estinguere i debiti second la proporzione o prevista in contratto, o, se non previsto, in parti uguali.

LE ASSOCIAZIONI TEMPORANEE DI IMPRESE


La collaborazione temporanea ed occasionale fra imprese
Le associazioni temporanee o raggruppamenti temporanei di imprese, dette anche joint ventures, sono forme di cooperazione temporanea ed occasionale fra imprese poste in essere per realizzare congiuntamente un opera o un affare complesso. In base a tali accordi, le imprese interessate si presentano alla controparte come imprese distinte ma collegate. Esse presentano un offerta congiunta e si obbligano congiuntamente ad eseguire l opera complessiva affidando ad una di esse, detta impresa capogruppo o capofila, il compito di gestire unitariamente i rapporti col committente e di coordinare i lavori nella fase esecutiva. Nel contempo, ogni impresa conserva la piena autonomia giuridica ed economica nel compimento della parte di opera o della specifica prestaz ione da essa direttamente assunta e risponde direttamente nei confronti del committente per la parte di propria competenza. Queste forme di cooperazione fra imprese rendono difficile il loro inquadramento nei tipi contrattuali legislativamente previsti e regolati. Secondo la giurisprudenza esse costituiscono contratti associativi innominati. Nel nostro ordinamento questi fenomeni non sono stati ancora disciplinati in maniera organica ed unitaria.

I GRUPPI
La nozione di gruppo nella legge Prodi e l interesse del gruppo
Il d.l. n26 del 1979 (legge Prodi) contenente provvedimenti urgenti per l amministrazione straordinaria delle grandi imprese in crisi, introduce una importante deroga al sistema giuridico precedente, in quanto la logica su cui imperniato il fallimento e le altre procedure concorsuali quella della tutela dei creditori, mentre con le nuove norme l attenzione si sposta sul salvataggio dell azienda cos da conservare una unit produttiva nell interesse generale dell economia. L art. 3 della legge, traccia per la prima volta la nozione legislativa di gruppo. Infatti dopo aver nell art. 1 individuato le societ che possono essere assoggettate al particolare procedimento, nel successivo art. 3 determina le societ che, nonostante la mancanza delle condizioni indicate nell art. 1, devono essere assoggettate alla stessa procedura a causa del loro collegamento con quelle di cui all ar 1. t. Nell art. 3 vengono individuate 4 fattispecie e precisamente: a) la societ che controlla direttamente o indirettamente la societ in amministrazione straordinaria; b) le societ direttamente o indirettamente controllate dalla societ in amministrazione straordinaria o della societ che le co ntrolla; c) le societ che in base alla composizione dei rispettivi organi amministrativi risultano sottoposte alla stessa direzione della societ in amministrazione straordinaria; d) le societ che hanno concesso crediti o garanzie alla societ in amministrazione straordinaria o alle societ di cui alla precedenti lettere per un importo superiore, ad 1/3 del valore complessivo della propria attivit. Dall elencazione di queste fattispecie se ne tratta la conclusione che il gruppo caratterizzato dall esistenza di: a) una DIREZIONE UNITARIA: e perci dalla presenza di una capogruppo e di alcune societ da questa controllate: b) una POLITICA DI GRUPPO e un INTERESSE DI GRUPPO: e perci un interesse comune a tutte le imprese. Interesse nel perseguimento del quale la capogruppo pu imporre ad una societ controllata il compimento di operazioni commerciali o finanziarie per la stessa pregiudizievoli ed invece favorevoli ad altra societ controllata.

I gruppi nel d.lgs. n6 del 2003, sulla riforma organica delle societ di capitali; in particolare la disciplina della respon sabilit nell art. 2497
Il d.lgs n6 del 2003, con cui si proceduto alla riforma organica della disciplina delle societ di capitali, nell art. 5 contiene le nuove norme in tema di direzione e di coordinamento di societ e ha aggiunto il CAPO IX del titolo V del libro V del Codice Civile. Le norme contenute nel capo IX si possono cos sintetizzare: a) disciplina della responsabilit; b) disciplina dell informazione; c) diritto di recesso; d) finanziamento dell attivit. In tema di responsabilit il nuovo art. 2497 sancisce che la capogruppo se agisce nell interesse imprenditoriale proprio o altrui in violazione dei principi di corretta gestione della societ controllata, direttamente responsabile: - nei confronti dei soci per il pregiudizio arrecato alla redditivit ed al valore della partecipazione sociale; - nei confronti dei creditori sociali per la lesione all integrit del patrimonio della societ. Per quanto attiene al tipo di responsabilit previsto si deve riconoscere che si tratta di responsabilit contrattuale.

Non vi responsabilit quando: - il danno risulta mancante; - il danno stato integralmente eliminato a seguito di operazioni a ci dirette (misure compensative). Il 2 comma dell art. 2497 sancisce che risponde in solido con la capogruppo chi abbia comunque preso parte al fatto lesivo, e chi ne abbia consapevolmente tratto vantaggio.

La disciplina dell informazione


Particolare attenzione dedicata nella riforma del 2003 all informazione, si tratta, per, di norme dirette a tutelare essenzialmente il pubblico dei risparmiatori e dei possibili investitori. A questi effetti la societ deve indicare la propria soggezione all altrui attivit di direzione e di coordinamento negli atti e nella corrispondenza (art. 2497 bis). Viene inoltre istituita presso il registro delle imprese una apposita sezione nella quale devono essere iscritte la capogruppo e le societ che ne sono soggette. Gli amministratori che omettono l iscrizione nell apposita sezione del registro delle imprese o l indicazione negli atti e nella corrispondenza della societ, sono responsabili dei danni che la mancata conoscenza di tali fatti abbia causato ai soci o ai terzi. Inoltre sempre ai fini dell informazione del pubblico sancito che la societ controllata deve esporre, in apposita sezione della nota integrativa, un prospetto riepilogativo dei dati essenziali dell ultimo bilancio dell impresa che esercita su di essa attivit di direzione e di coordinamento . In pi gli amministratori devono indicare nella relazione alla gestione: - i rapporti intercorsi con chi esercita l attivit di direzione con le altre societ che vi sono soggette; - l effetto che tale attivit ha avuto sull esercizio dell impresa sociale e sui suoi risultati (4 e 5 comma dell art. 2497 bis). Sempre ai fini dell informazione del pubblico disposto che le decisioni di societ soggette ad attivit di direzione quando sono influenzate dalla capogruppo, devono essere analiticamente motivate (art. 2497 ter).

Il diritto di recesso e i finanziamenti dell attivit


L art. 2497 quater integra le cause di recesso del socio disciplinate nell art. 2437 C.c. nell ipotesi in cui la societ sia assoggettata ad attivit di direzione e di coordinamento. In particolare la norma prevede tre fattispecie e precisamente: a) quando la capogruppo ha deliberato una trasformazione che consente l esercizio di attivit che alterino le condizioni economiche e patrimoniali della societ soggetta ad attivit di direzione e di coordinamento; b) quando a favore del socio sia stata pronunciata, condanna di chi esercita attivit di direzione e di coordinamento, in tal caso il diritto di recesso pu essere esercitato soltanto per l intera partecipazione del socio; c) all inizio ed alla cessazione dell attivit di direzione e di coordinamento, quando non si tratta di societ con azioni quotate in mercati regol mentari e ne deriva a un alterazione delle condizioni di rischio dell investimento. Infine l art. 2497 quinquies dispone che ai finanziamenti effettuati a favore della societ da chi esercita attivit di direzione o da altri soggetti ad essa sottoposti si applica l art. 2467, secondo cui: il rimborso dei finanziamenti dei soci a favore della societ postergato rispetto alla soddisfazione degli altri creditori, e se avvenuto nell anno precedente la dichiarazione di fallimento della societ, deve essere restituito . Equiparandosi i finanziamenti effettuati dalla capogruppo a quelli dei soci.

I CONTRATTI DI IMPRESA
Contratti di impresa e norme di tutela della parte debole: i contratti del consumatore
La principale linea evolutiva delle regole sui contratti di impresa certamente quella che mira a riportare su un piano di e uilibrio la relazione contrattuale fra q l imprenditore e la sua controparte debole. La disciplina dei singoli contratti contrappone all imprenditore (visto come contraente forte) la sua controparte (cliente) considerata meritevole di protezione in quanto tale e non solo in quanto consumatore. La disciplina generale dei contratti con i consumatori ha dato origine ad una copiosa legislazione speciale, che forma oggetto, in attuazione d delega contenuta nella ella legge n229 del 2003, del Codice del Consumo. L art. 39 Cod. cons. pone l importante clausola generale per cui tali attivit devono essere improntate al rispetto dei principi di buona fede, di correttezza e di lealt valutati anche alla stregua delle esigenze di protezione delle categorie dei consumatori. La nozione di consumatore viene ritagliata dall art. 3, 1 comma che definisce il consumatore come la persona fisica che agisce per scopi estranei all attivit imprenditoriale, commerciale, artigianale o professionale eventualmente svolta . Alla nozione di consumatore viene contrapposta la nozione di professionista, e cio della persona fisica o giuridica che agisce nell esercizio della propria attivit imprenditoriale, commerciale, artigianale o professionale, ovvero un suo intermediario . Le regole di protezione del consumatore si articolano su vari piani: - sul piano della determinazione del contenuto del contratto; - sul piano della formazione della volont; - sul piano della corretta esecuzione del contratto.

Determinazione del contenuto del contrat to


Gli artt. 33 e seguenti Cod. cons. riproducono la normativa sulle clausole vessatorie introdotta nel Cod. Civ. e prevedono la nullit delle clausole che, malgrado la buona fede, determinino a carico del consumatore un significativo squilibrio dei diritti e degli obblighi derivanti dal contratto . Si sottraggono a tale nullit le clausole: a) che riproducono disposizioni di legge; b) che attengono all oggetto del contratto o all adeguatezza del corrispettivo economico dei beni o dei servizi, purch chiare e comprensibili ; c) che sono state oggetto di trattativa individuale, a eccezione di quelle indicate nell art. 35, 2 comma Cod. cons. L art. 33 Cod. cons. elenca una serie di clausole che sino a prova contraria, si presumono vessatorie e che ricorrono assai frequentemente nei moduli e formulari usati dagli imprenditori. La tutela del consumatore in materia trova poi, ulteriore presidio: a) nel principio generale della necessaria redazione in modo chiaro e comprensibile delle clausole scritte; b) nella previsione che l inefficacia delle clausole opera soltanto a vantaggio del consumatore e pu essere rilevata d ufficio dal giudice; c) nell introduzione dell azione inibitoria a favore delle associazioni rappresentative dei consumatori al fine di ottenere dal giudice una pronuncia che inibisca al professionista l uso di condizioni generali di contratto vessatorie ovvero atti e comportamenti lesivi degli interessi dei consumatori e degli utenti.

Infine l art. 49 della legge n99 del 2009 introduce nell art. 140 bis Cod. cons.. anche nel nostro ordinamento la disciplina delle class action, cio di quella azione, assai diffusa negli USA che consente a ciascun danneggiato dai comportamenti di un impresa di agire nell interesse collettivo di coloro che si trovano nell identica situazione per ottenere condanna al risarcimento dell intero danno subito in favore di tutti i soggetti lesi. Iniziata l azione, ciascun appartenente alla classe pu partecipare all azione con un semplice atto di adesione, anche senza farsi assistere da uno specifico difensore. Il tribunale valuta in via preliminare l ammissibilit dell azione in base ai criteri previsti dall art. 140 bis, 6 comma: ove la situazione sia positiva il tribunale determina: a) le caratteristiche della classe: cio i criteri in base ai quali si identificano i diritti tutelati e i soggetti che possono aderirvi; b) le modalit di pubblicit e il termine perentorio entro il quale devono pervenire gli atti di adesione. La sentenza che decide l azione di classe vincola tutti gli aderenti.

Formazione della volont


La legge tutela anche i consumatori con riguardo alla fase prenegoziale, in cui mediante la propaganda pubblicitaria, le imprese forniscono consigli per gli acquisti o provocano i bisogni dei consumatori indirizzando le loro scelte. Le regole di protezione del consumatore prevedono: a) la possibilit per l AGCM, di inibire la continuazione ed eliminare gli effetti della pubblicit ingannevole e comparativa illecita . Viene ritenuta ingannevole qualsiasi pubblicit che in qualunque modo, idonea a indurre in errore le persone fisiche e giuridiche alle quali rivolta a causa del suo carattere ingannevole, possa pregiudicare il loro comportamento economico . b) il divieto, menzionato nel Cod. Cons. di pratiche commerciali scorrette dei professionisti a danno dei consumatori. In particolare sono vietate le condotte contrarie alla diligenza professionale che, per la loro ingannevolezza o aggressivit, siano idonee a falsare in misura rilevante il comportamento economico del consumatore medio. c) il riconoscimento del jus penitenti (diritto di recesso). Questo diritto, che ricorre anche nella disciplina specifica di numerosi contratti di impresa consiste nella possibilit per il consumatore di recedere dal contratto entro il termine di 10 giorni decorrenti da momenti diversi a seconda delle tipologie contrattuali.

La corretta esecuzione del contratto


Sul piano della corretta esecuzione del contratto la disciplina specifica riguarda la vendita dei beni di consumo, anche se in realt essa si applica anche ai contratti di permuta e somministrazione nonch a quelli di appalto e di opera: 1) viene definito il concetto di conformit del bene a quello pattuito nel contratto (art. 129 Cod. Cons.); 2) viene specificata e ampliata la gamma dei diritti del consumatore a fronte dell inadempimento del fornitore, prevedendosi, oltre ai tradizionali rimedi della disunione del prezzo e della risoluzione del contratto, anche quello della riparazione o sostituzione senza spese del bene (art. 130 Cod. Cons.). Il difetto di conformit va denunciato entro 2 mesi dalla sua scoperta, ma la denuncia non neppure necessaria se il vizio riconosciuto o occultato. Il fornitore resta comunque responsabile di ogni vizio che si manifesti nei 2 anni successivi alla consegna, con la presunzione relativa che i vizi manifestatisi nei 6 mesi dalla consegna fossero gi esistenti.

I contratti fra imprese. Abuso di dipendenza economica


Il disequilibrio dei rapporti di forze fra le parti nei contratti di impresa non si manifesta soltanto nella relazione imprenditore-consumatore. In misura rilevante esso ricorre anche nei rapporti fra imprenditori e, di recente, il legislatore intervenuto per porre regole correttive a tutela dell impresa debole: esse sono contenute nella legge 192 del 1998 che disciplina la fattispecie della subfornitura e dell abuso di dipendenza economica. L art. 9 della legge 192 del 1998 vieta l abuso da parte di una o pi imprese dello stato di dipendenza economica nel quale si trova, nei suoi e n loro riguardi, ei un impresa cliente o fornitrice. La dipendenza economica viene ravvisata nella situazione in cui un impresa sia in grado di determinare, nei rapporti commerciali con un altra impresa, un eccessivo squilibro di diritti e obblighi . L abuso pu realizzarsi, precisa la legge, anche nel rifiuto di contrattare, nell imposizione di condizioni gravose, nell interruzione arbitraria delle relazioni commerciali in atto. La sanzione dell abuso duplice: - la nullit del patto tramite il quale si realizza; - il risarcimento del danno derivante dal comportamento abusivo. La legge, inoltre, accorda alla parte che subisce l abuso l azione inibitoria.

Contratto di subfornitura
Il contratto di subfornitura definito come il contratto con il quale un imprenditore si impegna a effettuare per conto di una impresa committente lavorazioni su prodotti semilavorati o su materie prime forniti dalla committente medesima, o si impegna a fornire all impresa prodotti o se rvizi in conformit a progetti esecutivi, conoscenze tecniche e tecnologiche, modelli o prototipi forniti dall impresa committente (art. 1, 1 comma della legge 192 del 1998). Il subfornitore privo di alcun potere contrattuale significativo nei confronti del committente ed dunque il soggetto nei cui confronti, tipicamente, pu ricorrere la figura della dipendenza economica. Fra le varie norme di tutela del subfornitore si segnalano: y la previsione della forma scritta, a pena di nullit, del contratto di subfornitura nonch dei singoli ordini di fornitura in caso di contratto a esecuzione continuata o periodica; y la necessit che il contenuto del contratto sia determinato in modo chiaro e preciso; y la disciplina sui termini di pagamento che devono essere fissati con chiarezza nel contratto per quanto riguarda la decorrenza, che comunque non pu eccedere i 90 giorni dalla consegna del bene o dall esecuzione della prestazione; y la nullit di una serie di clausole e patti contrattuali come: a) le clausole che autorizzano la modifica unilaterale del contratto da parte del committente; b) quelle che autorizzano nei contratti a esecuzione continuata o periodica il recesso senza congruo preavviso; c) quelle che prevedono il trasferimento di diritti di privativa industriale o intellettuale del subfornitore in favore del committente senza congruo preavviso; y la limitazione della responsabilit del subfornitore solo al funzionamento e alla qualit della parte o dell assemblaggio dalui prodotti o del servizio da lui fornito.

Il commercio elettronico
Nell attuale sviluppo delle tecniche di comunicazione a distanza un ruolo peculiare ha assunto l uso delle reti informatiche per contattare la clientela d impresa e stipulare contratti. Il mezzo utilizzato divenuto cos importante da designare un settore dell attivit commerciale: l e-commerce o commercio elettronico. L adozione di questa tecnica comporta l applicazione delle regole di tutela dei consumatori previste per tutti i contratti a distanza o negoziati fuori dai locali commerciali. Il legislatore ha affrontato, di recente, la regolamentazione del commercio elettronico: 1) Ha reso compatibile lo strumento del commercio elettronico per la stipulazione di quei contratti per i quali prevista la forma scritta ad validitatem, introducendo la firma digitale e disciplinando in generale: il documento informatico e i pagamenti informatici. 2) Ha regolato l invio dell ordine, applicando all e-commerce le norme sulla conclusione dei contratti precisando che: - all ordine del bene o del servizio deve seguire una ricevuta del prestatore che riepiloghi le condizioni e le informazioni essenziali sul contratto; - l ordine e la ricevuta si considerano pervenuti quando le parti alle quali sono indirizzati hanno la possibilit di riceverli.

L esatto adempimento delle obbligazioni pecuniarie nei contratti d impresa


Una significativa manifestazione della specialit della disciplina dei contratti di impresa costituita dal d. lgs. n231 del 2002 che attua la direttiva CE relativa ai ritardi di pagamento nelle transazioni commerciali. In questa materia si prevista una normativa di tutela dell imprenditore largamente derogativa del diritto comune. In base a essa: - gli interessi moratori decorrono dal giorno successivo al termine pattuito per il pagamento, e in difetto di apposita pattuizione, in via automatica decorsi i termini indicati nell art. 4, 2 e 3 comma; - la misura degli interessi moratori fissata dall art. 5 in un saggio pi gravoso di quello legale, pur se derogabile dalla parti; - a tutela delle imprese deboli sono poste significative limitazioni all autonomia negoziale delle parti: termini superiori a quelli legali per la decorrenza degli interessi moratori ed sancita la nullit di ogni accordo sulla data di pagamento o sulle conseguenze del ritardato pagamento ove questo risulti gravemente iniquo in danno del creditore.

I TITOLI DI CREDITO
L incorporazione del diritto nel titolo
In qualsiasi sistema economico avanzato si avverte l esigenza di istituti e di regole che garantiscano la circolazione dei beni nel modo pi sicuro e rapido possibile. La disciplina dei titoli di credito serve proprio ad adempiere questa funzione con riguardo ai diritti di credito e, pi in generale, i diritti derivanti da posizioni contrattuali. Tramite lo strumento dei titoli di credito, la circolazione dei crediti viene anzitutto emancipata dalle regole comuni del Co dice Civile che rendono incerta la posizione dell acquirente, e poi modellata sulla disciplina della circolazione dei beni mobili, tradizionalmente pi attenta alla tutela della certezza e della stabilit degli acquisti. Il meccanismo tramite il quale si realizza il cambiamento di disciplina viene descritto come incorporazione del diritto di credito in un documento: il titolo di credito. In tal modo il diritto di credito diviene inscindibilmente legato al documento che lo incorpora. Proprio in ragione di tale connessione tra titolo e diritto si parla di diritto cartolare. Per comprendere i vantaggi dell incorporazione del diritto nel titolo occorre distinguere:
DISCIPLINA DELLA CESSIONE DEL CREDITO : DISCIPLINA DELLA CIRCOLAZIONE DEI BENI MOBILI :

ispirata al rigoroso rispetto del principio di derivativit dell acquisto: il cessionario lo acquista se e solo se, il cedente ne era il titolare.

consente di divenire proprietari del titolo di credito, anche a non domino, tramite il possesso qualificato conseguito in buona fede.

Dall incorporazione derivano i principali tratti caratterizzanti della disciplina dei titoli di credito sono principalmente due: - la letteralit: perch la lettera del titolo identifica in via esclusiva il contenuto del diritto cartolare; - l autonomia: perch il diritto cartolare immune dalle eccezioni che il debitore avrebbe potuto opporre ai precedenti titolari: cio un diritto autonomo.

Documenti di legittimazione, titoli impropri e strumenti finanziari


La descrizione dei tratti caratterizzanti i titoli di credito consente di tracciare subito la distinzione con alcuni istituti a essi vicini, quali: - il documento di legittimazione: (art. 2002) quello che serve solo a identificare l avente diritto alla prestazione . Appartengono a tale categoria una serie di documenti che vengono emessi in occasione della stipulazione di determinati contratti (biglietti di viaggio, scontrini di deposito). A differenza dei titoli di credito, essi non sono destinati alla circolazione e non incorporano il diritto alla prestazione in essi indicata; - i titoli impropri: (art. 2002): sono invece i documenti che consentono il trasferimento del diritto senza l osservanza delle forme proprie della cessione . In essi il trasferimento del diritto menzionato nel titolo non sottoposto alla regole formali previste per la cessione dei crediti (e cio alla necessit della notifica della cessione al debitore ceduto per evitare che questi paghi con effetto liberatorio al creditore cedente). Poich il trasferimento del titolo improprio produce gli effetti sostanziali della cessione del credito, il possessore del tiolo non vanta un diritto autonomo e letterale. - gli strumenti finanziari: si identificano non solo i titoli di credito di massa (azioni, obbligazioni, titoli di Stato) ma anche posizioni contrattuali non incorporate in titoli.

La formazione del titolo di credito: creazione, emissione, trasmissione, rapporto fondamentale e rapporto cartolare
Il procedimento di formazione del titolo di credito si apre con la cosiddetta creazione. Il secondo passaggio del procedimento di formazione del titolo di credito l emissione. Con essa si intende l atto con il quale l emittente si priva della disponibilit del titolo in favore del cosiddetto primo prenditore. All emissione pu seguire poi la trasmissione del titolo e cio la sua circolazione fra successivi prenditori.
RAPPORTO FONDAMENTALE = il rapporto sottostante fra emittente e primo prenditore o fra i successivi prenditori, che rappresenta la giustificazion causale e

dell emissione e della trasmissione. RAPPORTO CARTOLARE = il rapporto che si affianca al rapporto fondamentale mediante l incorporazione del diritto nel titolo CONTRATTO DI RILASCIO = il contratto in forza del quale la prestazione derivante dal rapporto fondamentale diviene oggetto del rapporto cartolare . Una volta emesso il titolo con il contratto di rilascio, per, il diritto pu essere esercitato solo a mezzo del titolo: il debitore non pu essere chiamato a rispondere in base al rapporto fondamentale, ma esclusivamente in forza di quello cartolare. Solo il venire meno di tale rapporto, con la restituzione del titolo di credito all emittente, render di nuovo possibile azionare nei suoi confronti il diritto derivante dal rapporto fondamentale (azione causale).

La circolazione dei titoli di credito: p ropriet e legittimazione


Il titolo di credito naturalmente destinato alla circolazione. Basilare la distinzione fra i due concetti centrali nella teoria della circolazione dei titoli di credito: PROPRIETA DEL TITOLO DI CREDITO LEGITTIMAZIONE ALL ESERCIZIO DEL DIRITTO IN ESSO INCORPORATO per propriet del titolo si intende proprio il diritto soggettivo definito all art. 832 C.c La legittimazione indica, appunto, la situazione soggettiva che consente di di godere e disporre del documento. esercitare il diritto incorporato nel titolo nei confronti del debito che lo ha re emesso: essa spetta, secondo la formula dell art. 1992: al possessore di un titolo di credito purch sia legittimato alle forme prescritte dalle legge (il cosiddetto possessore legittimo) forme che variano a seconda che si tratti di titoli al portatore, all ordine o nominativi.

Il trasferimento della propriet dei titoli di credito


Per il trasferimento della propriet dei titoli di credito occorre distinguere tra: ACQUISTO A NON DOMINO DELLA PROPRIETA L art. 1994 dispone che: chi ha acquistato in buona fede il possesso di un titolo di credito, in conformit delle norme che ne disciplinano la circolazione, non soggetto a rivendicazione . L art. 1994 richiede, quindi, che si tratti di possesso qualificato (cio legittimo). Ci significa che l acquisto a non domino non si perfeziona se il possesso non accompagnato dalle forme che la legge richiede per la legittimazione all esercizio del diritto e che differiscono a seconda che si tratti di titoli al portatore, all ordine o nominativi. ACQUISTO A DOMINO DELLA PROPRIETA La risposta della giurisprudenza prevalente nel senso che il trasferimento della propriet dei titoli di credito non sfugga alla regole generali: la propriet del titolo si trasmette e si acquista per effetto del consenso delle parti legittimamente manifestato (cosiddetto principio consensualistico) (art. 1376). A questa tesi si contrapposte la posizione della dottrina secondo cui necessario il conseguimento del possesso qualificato del titolo per l acquisto della sua propriet.

La circolazione della legittimazione : i titoli al portatore, all ordine, e i titoli nominativi


Le regole sulla circolazione all esercizio del diritto incorporato nel titolo e sul suo trasferimento sono alla base della principale distinzione fra i titoli di credito, quella fra titoli al portatore, titoli all ordine e titoli nominativi.
 I titoli al portatore (art. 2003 e seguenti) sono quelli in cui la legittimazione si trasferisce con la consegna del titolo. Per l esercizio del diritto sufficiente la sola presentazione del titolo da parte del possessore. La normativa anti-riciclaggio ha poste regole limitative al trasferimento e al pagamento dei titoli al portatore di valore superiore a un determinato importo (oggi fissato in 12500 euro), prescrivendo l uso di strumenti e la partecipazione di soggetti qualificati per identificare acquirenti e percettori del pagamento.  I titoli all ordine (art. 2008 e seguenti) sono quelli in cui la legittimazione si trasferisce con la consegna del titolo e la girata. Per l esercizio del diritto necessario il possesso del titolo in base ad una serie continua di girate.

La girata una dichiarazione apposta sul titolo di credito con la quale l attuale portatore (il girante) ordina al debitore emittente di eseguire la prestazione incorporata nel titolo in favore di altro soggetto (il giratario). Non sono necessarie formule particolari, anzi, il legislatore riconosce nei titoli all ordine la validit della cosiddetta girata in bianco, e cio quella che non contiene l indicazione del giratario. Pure valida la girata al portatore. La girata non pu essere condizionata: la condizione si ha per non apposta (art. 2010), la girata parziale, invece, nulla. Esistono, poi, alcune girate speciali: - la girata per l incasso o per procura: (art. 2013) conferisce al giratario solo il diritto di incassare il titolo quale rappresentante del girante; - la girata a titolo di pegno o in garanzia: (art. 2014) , invece, quella che attribuisce al giratario il pegno sul diritto ivi incorporato: il giratario, quindi, fa valere la posizione di creditore pignoratizio. Acquista, pertanto, il diritto cartolare in modo autonomo ed immune dalle eccezioni che l emittente poteva opporre al girante.
 I titoli nominativi (art. 2021 e seguenti) sono quelli in cui la legittimazione si trasferisce mediante la consegna e la duplice annotazione del nome dell acquirente sul titolo e sul registro dell emittente: per l esercizio del diritto necessario che il portatore del titolo nominativo sia il soggetto in cui favore vi l intestazione sul titolo e sul registro dell emittente.

Due sono i modi previsti dalla legge per la circolazione della legittimazione: y il cosiddetto transfer: pu avvenire in due forme: - su iniziativa dell alienante: il quale pu chiedere all emittente l annotazione sul registro o l intestazione del titolo a favore di un diverso soggetto esibendo il documento e provando la propriet identit e capacit di disporre tramite certificazione notarile; - su iniziativa dell acquirente: il quale pu chiedere all emittente l annotazione sul registro e l intestazione del titolo in suo favore, esibendo il documento e provando il proprio diritto mediante un atto autentico. y il trasferimento mediante girata (art. 2023): in questo caso il cedente appone sul titolo una girata, che deve essere data, indicare il nome del giratario, e la cui sottoscrizione deve essere autenticata da un notaio o da un agente di cambio. Il giratario possessore del titolo in forza di una serie continua di girate ha il diritto di ottenere l annotazione del trasferimento nel registro dell emittente. Solo con tale annotazione si completa la fattispecie di circolazione della legittimazione con effetto anche nei confronti dell emittente. Sono ammissibili anche la girata per procura e quella in garanzia, purch piene ed autenticate.

La costituzione di diritti e vincoli sul credito cartolare


Il credito incorporato in un titolo pu essere oggetto di contratti volti alla costituzione di diritti o di vincoli reali differenti dalla propriet. Tali diritti e vincoli, per poter essere validi e opponibili, devono risultare dal titolo. La regola generale che esprime questo principio l art. 1997: il pegno, il sequestro, il pignoramento e ogni altro vincolo sul diritto menzionato in un titolo di credito o sulle merci da esso rappresentate non hanno effetto se non si attuano sul titolo . La norma viene interpretata nel senso che, senza attuazione sul titolo, il vincolo non ha alcun effetto anche fra le parti che l hanno pattuito. Le forme di attuazione del vincolo o di costituzione dei diritti variano a seconda della legge di circolazione del titolo. - per i titoli al portatore sufficiente la consegna del documento: l annotazione sul titolo del tipo di vincolo non in s necessaria, essa, per, impedisce che un successivo acquirente possa in buona fede acquisirne la propriet libera da vincoli. - per i titoli all ordine, il pegno si costituisce mediante la consegna e l apposizione della girata a titolo di pegno. - per i titoli nominativi, diritti e vincoli debbano essere annotati sia sul titolo sia sul registro dell emittente.

L esercizio del diritto cartolare: legittimazione attiva e legittimazione passiva


L esercizio del diritto cartolare presuppone necessariamente la presentazione del titolo al debitore da parte del possessore legittimo: la sua situazione soggettiva viene definita legittimazione attiva all esercizio del diritto. La legittimazione passiva , invece, la posizione soggettiva del debitore. L art. 1992, 2 comma dispone che: il debitore che, senza dolo o colpa grave, adempie la prestazione nei confronti del possessore, liberato anche se questi no il n titolare del diritto . L art. 1992, 2 comma, quindi, esige la dimostrazione che il debitore abbia pagato al non titolare per effetto di dolo o colpa grave. Il vero titolare (per esempio il derubato) deve dimostrate che il debitore ha pagato pur avendo prove certe del difetto di ti olarit del legittimato, o pur potendo, con t l ordinaria diligenza, ottenere tali prove.

L autonomia del diritto cartolare: le eccezioni reali


Quando, per, il debitore pu non effettuare la prestazione in suo favore? Quali eccezioni pu sollevare per evitare l e secuzione della prestazione? Il legislatore disciplina la materia nell art. 1993. In base a questa norma si distinguono due tipi di eccezioni: ECCEZIONI REALI: possono essere opposte dal debitore a qualsiasi portatore del ECCEZIONI PERSONALI : possono essere opposte solo a un determinato portatore del titolo titolo Le eccezioni reali attengono all essenza stessa del diritto cartolare, esse sono: Rientrano in questa categoria anzitutto le eccezioni derivanti dal rapporto - le eccezioni di forma: vale a dire quelle che si fondano sulla violazione delle regole fondamentale che da origini al rilascio del titolo di credito. Esse sono 2: attinenti ai dati e alle indicazioni formali; - le eccezioni fondate sul contesto letterale del titolo: vale a dire quelle che - eccezione di dolo (exceptio doli): le eccezioni opposte al possessore del titolo che derivano dal contrasto fra la pretesa creditoria azionata e ci che invece risulta dalla lo abbia acquistato intenzionalmente a danno del debitore medesimo . lettera del titolo. - eccezione di difetto di propriet del titolo di credito: il debitore pu rifiutare il - l eccezione di falsit della firma; pagamento al ladro del titolo di credito, o a chi lo abbia acquistato a non domino in - l eccezione di difetto di capacit al momento dell emissione del titolo; mala fede, oppure ancora in base a un contratto nullo o annullabile - l eccezione di difetto di rappresentanza al momento dell emissione del titolo: - l eccezione di mancanza delle condizioni necessarie per l esercizio dell azione .

Titoli astratti e titoli causali


Si definiscono causali quei titoli di credito nei quali il rapporto fondamentale che da luogo all emissione unico e specifico e risulta dal contesto letterale del titolo. Gli esempi sono molteplici: le azioni di societ per il contratto di societ per azioni, la polizza di carico per il contratto di trasporto marittimo. Si definiscono astratti, quei titoli nei quali il rapporto fondamentale che d luogo alla loro emissione variabile e non desumibile dalla lettera del titolo: esempi classici sono la cambiale o l assegno bancario. La distinzione fra le due categorie incide sulla disciplina delle eccezioni opponibili dal debitore si ritiene infatti che nei titoli causali il debitore possa opporre a ogni : possessore del titolo le eccezioni che derivano dalla disciplina legale del contratto che ha dato origine all emissione del titolo,. Si individuano, peraltro, nell ambito dei titoli causali quelli a causalit debole nei quali il legame con il rapporto fondamentale tipico non incide significativamente sul regime delle eccezioni opponibili.

La perdita involontaria del titolo: l ammortamento


Il legislatore ha previsto una regolamentazione articolata, per quanto riguarda l ipotesi in cui il portatore legittimo subisca la perdita involontaria del possesso del titolo, nei casi cio di distruzione, smarrimento o sottrazione. y Per i titoli al portatore si ha che: - il possessore di un titolo deteriorato, identificabile ma non idoneo a circolare, pu ottenere dall emittente un titolo equivalente (art. 2005); - il possessore che provi la distruzione del titolo pu ottenere dall emittente un duplicato o un titolo equivalente (art. 2007); - il possessore che abbia smarrito il titolo, ovvero al quale sia stato sottratto o che ancora non riesca a provare la sua distruzione, pu ottenere la prestazione solo dopo il decorso del termine di prescrizione per l esercizio del diritto cartolare. Il debitore, prima di tale termine, si libera se paga al possessore del titolo, salvo che conosca il vizio del possesso.
y Per i titoli all ordine o nominativi la legge prevede una particolare procedura detta ammortamento, che si articola nel seguente modo: - il possessore del titolo smarrito, sottratto o distrutto pu chiedere al presidente del tribunale di pronunciare l ammortamento del titolo indicandone i requisiti di , identificazione. Esperiti gli opportuni accertamenti il presidente pu disporre con decreto l ammortamento del titolo, salvo che entro 30 giorni dalla pubblicazione del decreto nella Gazzetta Ufficiale non vi sia opposizione. Il decreto di ammortamento va notificato al debitore.

- il detentore del titolo, previo deposito dello stesso presso la cancelleria del tribunale, pu proporre opposizione contro il decreto di ammortamento citando in giudizio innanzi al tribunale che lo ha pronunziato chi ha proposto il ricorso per l ammortamento e il debitore. A seguito dell opposizione si apre un processo ordinario che ha per oggetto l accertamento in capo all opponente della propri t del titolo, se l opposizione accolta il e titolo sar reso all opponente, se respinta spetter al ricorrente.

LA DEMATERIALIZZAZIONE DEI TITOLI DI CREDITO


La fattispecie
La principale evoluzione dell istituto dei titoli di credito il fenomeno della loro dematerializzazione. La dematerializzazione risponde all esigenza, via via crescente, di superare l utilizzazione del documento cartaceo per l esercizio e la circolazione dei diritti incorporati in alcuni titoli di credito, in particolare quelli di massa, come le azioni, le obbligazioni, i toli del debito pubblico. Si cos ritenuto pi appropriato alle esigenze dei traffici prevedere un sistema (cosiddetta gestione accentrata) che affidasse alle evi enze di registrazioni contabili o d scritturali tenute da soggetti qualificati (intermediari) il ruolo che prima era svolto dal documento. Gli strumenti finanziari nel sistema di gestione accentrata vengono disindividualizzati: si identificano solo per indicazione della loro quantit su un conto intestato a un determinato oggetto. L intestatario del conto tenuto dall intermediario nel quale sono registrati gli strumenti finanziari legittimato a disporne tramite operazioni di giro da un conto a un altro, nonch a esercitare i diritti a essi inerenti.

Le fonti normative
Nel nostro ordinamento la disciplina della gestione accentrata dei titoli di credito di massa fu introdotta con la legge n289 del 1986 che istituiva, come unico gestore autorizzato, la Monte Titoli s.p.a. Oggi venuto meno il monopolio legale di Monte Titoli e la disciplina della gestione accentrata contenuta in diversi luoghi: - il TUF negli artt. 80 a 90 regola, in generale, la gestione accentrata di strumenti finanziari; - il d. lgs. 213/1998 negli artt. 28 a 46 prevede la dematerializzazione integrale degli strumenti finanziari negoziati o destinati alla negoziazione sui mercati regolamentati; - il reg. congiunto di Banca d Italia e Consob del 2008, negli artt. 9 a 40 disciplina la gestione accentrata e la dematerializzazione degli strumenti finanziari. Proprio da esso conviene trarre la definizione dei due istituti con i quali nel nostro ordinamento si realizza la dematerializzazione. Si deve distinguere infatti fra: - la gestione accentrata o gestione semplice: riguarda gli strumenti finanziari esistenti per i quali la dematerializzazione attiene solo alla loro circolazione; - la gestione accentrata in regime di dematerializzazione o gestione dematerializzata: riguarda gli strumenti finanziari in cui il documento non viene neppure a esistenza.

L oggetto della dematerializzazione


L art. 80, 1 comma TUF nel definire l oggetto della gestione semplice si limita a fare generale riferimento agli strumenti finanziari, la cui definizione contenuta nell art. 1, 2 comma TUF. L art. 28, 1 comma del d. lgs. 213/1998 definisce l oggetto della gestione dematerializzata negli strumenti finanziari negoziati o destinati alla negoziazione sui mercati regolamentati In attuazione dei poteri attribuiti in materia alla Banca d Italia e alla Consob l ambito di applicazione oggettivo della gestione accentrata fissato nel seguente modo: y al sistema di gestione semplice sono ammessi i seguenti strumenti finanziari, purch liberamente trasferibili: - le azioni di societ e in genere i titoli rappresentativi di capitale di rischio negoziabili sul mercato dei capitali; - le obbligazioni e gli altri titoli di debito negoziabili sul mercato dei capitali; - le quote di fondi comuni di investimento;

- i titoli normalmente negoziati sul mercato monetario; - qualsiasi altro titolo negoziato; - gli altri valori mobiliari indicati nell art. 1, 1comma-bis TUF. Tale ammissione avviene su base volontaria: l emittente stipula, se ritiene, il relativo contratto con la societ di gestione.
y nel sistema di gestione dematerializzata sono obbligatoriamente immessi tutti gli strumenti finanziari sopra menzionati che siano negoziati o destinati alla negoziazione nei mercati regolamentati italiani nonch alcuni di essi qualora rispettino le condizioni fissate dall art. 16, comma 3 reg. demat. Possono, inoltre, essere ammessi su base volontaria, anche strumenti finanziari privi dei requisiti per l immissione obbligatoria. In questo caso basta la volont dell emittente e non richiesta alcuna volont del titolare, che non pu sottrar al regime di dematerializzazione. si

I soggetti e la struttura dell operazione


Il sistema di gestione accentrata caratterizzato dalla necessaria presenza e partecipazione di vari soggetti: - la societ di gestione: cio il soggetto che presta il servizio di gestione accentrata. In origine riservata alla Monte Titoli s.p.a., oggi tale attivit pu esser svolta da ogni societ per azioni in possesso di una serie di requisiti fissati nel regolamento e dal Ministero dell Economia; - gli intermediari: cio i soggetti che appartengono alle categorie elencate nel regolamento e che sono gli unici che possono aderire al sistema di gestione accentrata immettendovi gli strumenti finanziari di terzi e propri; - gli emittenti: cio i soggetti che emettono gli strumenti finanziari immessi nel sistema; - i titolari degli strumenti finanziari: cio i soggetti che, aventi diritto sugli strumenti finanziari, li affidano agli intermediari. La struttura negoziale e giuridica della gestione accentrata complessa: essa, poi, varia a seconda del tipo e dell oggetto della gestione accentrata. In primo luogo, presso la societ di gestione viene aperto un conto per ciascun emittente, con separata evidenza degli strumenti finanziari immessi nel sistema a relativa descrizione delle loro caratteristiche. Inoltre, sempre presso la societ di gestione vengono aperti per ogni intermediario aderente conti separati nei quali gli str umenti finanziari sono registrati distintamente per ciascuna speciale. In secondo luogo, presso gli intermediari vengono accesi conti di pertinenza dei singoli clienti e nei quali vengono registrati i singoli strumenti finanziari di ciascuno. Nel sistema di gestione dematerializzata il meccanismo giuridico di immissione non passa attraverso il deposito dei titoli n presso l intermediario, n presso la societ di gestione. Lo strumento finanziario, infatti, si risolve in una posizione creditoria o in una posizione contrattuale complessa, la cui amministrazione viene affidata, con un contratto riconducibile allo schema del mandato, dal cliente all intermediario. Quest ultimo a sua volta, con apposito contratto con la societ di gestione, immette gli strumenti finanziari nel sistema. Nella gestione semplice, invece, l immissione avviene attraverso lo schema del contratto di deposito di titoli in amministrazione presso gli intermediari ammessi al sistema. Nel contratto di deposito, con clausola specificamente approvata per iscritto, il cliente pu dare la facolt all intermediario di sub depositare la societ di gestione gli strumenti finanziari. A fronte del deposito presso l intermediario viene acceso il conto intestato al depositante dove verranno registrati tutti gli strumenti finanziari che questi depositer presso quel determinato intermediario.

Sui conti della societ di gestione, peraltro, non vi alcuna indicazione del soggetto titolare degli strumenti finanziari, in quanto essi sono registrati per quantit e specie in capo agli intermediari. La societ di gestione, infatti, tiene i titoli in deposito regolare alla rinfusa, cio senza alcuna separazione o specificazione relativa al titolo depositato o al suo titolare.

La circolazione degli strumenti finanziari in gestione accentrata


Gli strumenti finanziari vengono trasferiti mediante le cosiddette operazioni di giro da un conto a un altro. Le operazioni di giro si svolgono nel seguente modo. Il cliente che intenda trasferire strumenti finanziari ad altro soggetto comunica tale ordine al suo intermediario. Quest ultimo, eseguita l operazione d comunicazione alla societ di gestione, indicando anche l intermediario del beneficiar del trasferimento. io La societ di gestione registra tale operazione a debito del conto intestato all intermediario che ha comunicato l ordine di disposizione e a credito di quello dell intermediario del beneficiario del tradferimento. La societ di gestione, infine, d comunicazione agli intermediari delle avvenute registrazioni e questi provvedono alle corr ispondenti annotazioni nei conti intestati ai loro clienti. Tali registrazioni, nella maggior parte dei casi, riguardano operazioni che avvengono sui mercati regolamentati a opera dei v intermediari: in questo caso le comunicazioni ari vengono effettuate alla societ di gestione da parte della cosiddetta stanza di compensazione, che trasmette i saldi giornaliere degli strumenti finanziari. L operazione di giro in quanto tale non sufficiente a determinare il trasferimento della propriet degli strumenti fin anziari: sempre necessario che vi sia, alla base, un valido contratto a ci idoneo. L intestatario del conto acceso presso un intermediario sul quale sia registrata una determinata quantit di strumenti finanz iari, non pu non esserne il soggetto legittimato a esercitarne i diritti inerenti: una situazione analoga alla scissione fra propriet e legittimazione nei titoli di credito. Il problema del trasferimento della propriet degli strumenti finanziari in gestione accentrata va quindi impostato negli stessi termini dei titoli di credito. Per la gestione dematerializzata l art. 32, 2 comma del d. lgs. 213/1998 prevede, infatti, con formula che riecheggia quella dell art. 1994 Cod. Civ. che colui il quale ha ottenuto la registrazione in suo favore, in base a titolo idoneo e in buona fede, non soggetto a pretese o azioni da partedi precedenti titolari . Per la gestione semplice, l art. 86, 2 comma TUF, prevede che il trasferimento effettuato produce gli effetti propri del trasferimento secondo la disciplina legislativa della circolazione degli strumenti finanziari . Ci vale a dire che trova applicazione l art. 1994 che dispone che chi ha acquistato in buona fede strumenti finanziari secondo le modalit previste dall art. 86, 2 comma TUF non soggetto a rivendicazione .

I vincoli sugli strumenti finanziari in gestione accentrata


Anche la costituzione dei vincoli sugli strumenti finanziari in gestione accentrata attuata mediante il sistema delle registrazioni in conto. In particolare l art. 34 del d. lgs. 213/1998 prevede che essi si costituiscono unicamente con le registrazioni in apposito conto tenuto dall intermediario . Il secondo comma dell articolo introduce la possibilit di costituire un vincolo sull insieme degli strumenti finanziari in essi registrati : si tratta del riconoscimento normativo del cosiddetto pegno rotativo, e cio di quel particolare tipo di pegno in cui, a parit di valore, possibile sostituirne loggetto senza che ci comporti la costituzione di un nuovo vincolo. Per la gestione semplice, l art. 87, 2 comma TUF aggiunge, per gli strumenti finanziari nominativi, che deve comunque procedersi ad annotazione del vincolo nel registro dell emittente.

L esercizio dei diritti inerenti agli strumenti finanziari in gestione accentrata


Nel sistema di gestione accentrata l esercizio dei diritti inerenti agli strumenti finanziari oggetto di una disciplina articolata. In via generale, l esercizio dei diritti spetta al titolare del conto presso l intermediario nel quale essi sono registrati. Normalmente, l esercizio dei diritti patrimoniali forma oggetto di mandato da parte del cliente all intermediario presso il quale acceso il conto. Per i diritti non patrimoniali, lo strumento che legittima di fronte all emittente per il loro esercizio la certificazione che viene rilasciata all intermediario. Per l intervento nelle assemblee di societ per azioni stato previsto che l intermediario rilasci, invece, una comunicazione. Le modalit con le quali gli intermediari rilasciano le certificazioni sono specificate nel reg. demat. tra esse vanno ricordate: - la necessaria specificit della richiesta della certificazione o della comunicazione; - il rilascio della certificazione rende indisponibili le corrispondenti quantit di strumenti finanziari fino al esercizio del diritto o sino alla sua restituzione all intermediario; - la certificazione non pu essere trasferita a pena di nullit dei relativi atti di disposizione; - con riguardo a particolari diritti, il deposito della comunicazione sostituisce il deposito dell azione; - lo smarrimento, la distruzione o la sottrazione delle certificazioni autorizzano il legittimato a richiedere l emissione di un duplicato. In questo sistema, vi , quindi, un duplice livello di legittimazione per esercitare i diritti inerenti agli strumenti finanziari in gestione accentrata. Il primo livello attiene alla legittimazione a richiedere all intermediario la certificazione che va ravvisato nella situazione di intestazione del conto. Il secondo livello attiene alla legittimazione all esercizio dei diritti nei confronti dell emittente, che consiste nel possesso della certificazione. Per quanto riguarda le eccezioni opponibili dall emittente al legittimato, l art. 33 d. lgs. 213/1998 per gli strumenti finanziari in gestione dematerializzata, prevede che l emittente pu opporre al soggetto in cui favore avvenuta la registrazione sul conto soltanto le eccezioni personali al soggetto stesso e quelle comuni a tutti gli altri titolari degli stessi diritti . Riguardo alle eccezioni reali, invece, la dematerializzazione pone qualche problema di compatibilit con l elenco dell art. 1993, 1 comma: in particolare dubbio se e quale rilevanza abbiano, in mancanza del titolo, le eccezioni fondate sul contesto letterale dello stesso . Deve, infine, ritenersi che trovi applicazione il principio dell inopponibilit delle eccezioni fondate sui rapporti con i precedenti legittimati, salvo che nei confronti di chi abbia acquistato gli strumenti finanziari agendo intenzionalmente a danno del debitore.

Uscita degli strumenti finanziari dal sistema di gestione accentrata


Gli strumenti finanziari possono in due diversi casi uscire dal sistema di gestione accentrata: - per scelta del soggetto che li ha immessi su base volontaria; - per perdita dei requisiti fissati dalla legge per l immissione nel sistema.

I TITOLI DI CREDITO CAMBIARI


L assegno: funzione e struttura
L assegno uno dei principali strumenti attraverso i quali un soggetto pu utilizzare somme di cui dispone presso una banca al fine di effettuare un pagamento: la normale funzione dell assegno , quindi, quella di strumento alternativo alla moneta per l adempiment di obbligazioni pecuniarie. o Sotto il profilo strutturale possono distinguersi due forme principali di assegno: - l assegno bancario: ha la struttura di delegazione di pagamento. Un soggetto (traente) ordina ad altro soggetto (trattario) che deve essere necessariamente una banca, di pagare una somma determinata di denaro all ordine del soggetto indicato nel titolo o al portatore (prenditore); - l assegno circolare: ha, invece, struttura di promessa di pagamento. Con esso, infatti, la banca emittente promette di pagare una somma determinata di denaro a favore del soggetto indicato nel titolo: essa, quindi, a differenza di quanto avviene nell assegno bancario, tenuta al pagamento verso il prenditore del titolo.

L emissione dell assegno e i suoi requisiti formali


ASSEGNO BANCARIO I requisiti formali dell assegno bancario sono fissati dall art. 1 l. ass. Essi sono: a) la denominazione di assegno bancario; b) l ORDINE incondizionato di pagare una somma determinata; c) il nome del trattario; d) l indicazione del luogo di pagamento; e) l indicazione della data e del luogo di emissione dell assegno; f) la sottoscrizione del traente. La sottoscrizione dell assegno deve contenere il nome e il cognome o la ditta di chi si obbliga. E ammessa l emissione dell assegno tramite rappresentante. Il falsus procurator risponde come se avesse firmato in nome proprio. L emissione dell assegno bancario presuppone l esistenza della convenzione di assegno: si tratta dell accordo in forza del quale la banca consegna al proprio cliente il libretto degli assegni, lo autorizza a emetterli e, in presenza di fondi disponibili, si impegna a pagarli. L emissione dell assegno presuppone altres l esistenza di fondi disponibili presso la banca sulla quale tratto. Fondi disponibili non sono solo quelli risultanti da rapporti cosiddetti attivi, ma anche quelli derivanti da operazioni di concessione di credito da parte della banca (apertura di credito o anticipazione bancaria). La mancanza di fondi disponibili non rende invalido l assegno e le obbligazioni che ne derivano a carico del traente. ASSEGNO CIRCOLARE Per quanto riguarda l assegno circolare, possono emettere assegni circolari solo le banche a ci autorizzate dalla Banca d Italia, dette banche, inoltre, devono prestare una cauzione proporzionale all ammontare dei titoli emessi sulla quale, in caso di mancato pagamento, i portatori dei titoli hanno privilegio speciale. La banca pu emettere l assegno solo per somme che siano disponib presso di ili essa al momento dell emissione. Ci significa che la banca deve acquisire da chi richiede l emissione del titolo la cosiddetta provvista, che pu consistere nel versamento della somma corrispondente o nell autorizzazione all addebito sul conto corrente del richiedente. L assegno circolare invalido se non contiene gli elementi essenziali previsti dall art. 83 l. ass. e cio: a) la denominazione di assegno circolare; b) la PROMESSA incondizionata di pagare a vista una somma determinata; c) l indicazione del prenditore, cio del beneficiario; d) l indicazione del luogo e della data di emissione; e) la sottoscrizione della banca emittente. A differenza dell assegno bancario, necessaria l indicazione specifica del prenditore: ci esclude che l assegno circolare possa essere emesso al portatore.

La circolazione dell assegno


1) L assegno bancario al portatore circola con la semplice consegna del documento; 2) L assegno bancario all ordine e quello circolare si trasferiscono mediante girata. La girata dell assegno non pu essere condizionata n parziale, la condizione si ha per non apposta e la girata parziale nulla. L assegno bancario pu essere girato: - al traente o ad altro girante (girata di ritorno) senza che ci impedisca la successiva circolazione del titolo; - alla banca trattaria: purch non sia solo per l incasso, vale come quietanza di pagamento. Nell assegno circolare, invece, la girata all emittente estingue il titolo. E ammessa la girata in bianco che permette al portatore del titolo di riempirla con il proprio nome o di altra persona, di girarlo in bianco o a persona determinata o di trasmetterlo a un terzo. Unici requisiti della girata sono: - la firma del girante; - la sua collocazione sull assegno o sul cosiddetto foglio di allungamento. Propria dell assegno per la funzione di garanzia della girata, per effetto della quale il girante risponde, nei confronti di tutti i giratari successivi, del pagamento dell assegno, diventando cos, assieme al traente, obbligato in via di regresso, per il caso di mancato pagamento da parte del trattario. Per indicare la gerarchia delle obbligazioni incorporate nel titolo si parla di grado e si dice che la responsabilit di regresso sussiste, oltre che nei confronti dell ultimo portatore, verso tutti gli obbligati di regresso di grado successivo al proprio. Tale responsabilit pu essere esclusa tramite l apposizione: a) della clausola senza garanzia che elimina la responsabilit nei confronti di tutti i successivi giratari; b) della clausola non all ordine che, se aggiunta da un girante, non esclude la circolazione cartolare ma evita la responsabilit del girante verso gli altri eventuali giratari successivi.

L avallo
Il pagamento di un assegno pu essere garantito in forma cartolare con lo strumento dell avallo. Tale garanzia, che pu esser prestata da chiunque eccetto che dal trattario, viene costituita con l approvazione sull assegnoo sul foglio di allungamento della formula <<per avallo>> o altra equivalente seguita dalla firma del garante. Se non indicato il soggetto per il quale prestato, l avallo si intende dato per il traente. L obbligazione dell avallante autonoma da quella dell avallato, sicch essa sopravvive a ogni vizio dell obbligazione garan tita, con l unica eccezione di quello di forma. L avallante che paghi l assegno acquista i diritti che dallo stesso derivano contro l avallato e gli altri obbligati di grado anteriore.

Il pagamento dell assegno


ASSEGNO BANCARIO Nell assegno bancario obbligati al pagamento sono soltanto il traente ed eventualmente i giranti e gli avallanti. In nessun caso il trattario pu essere obbligato al pagamento. La banca, quindi, non ha alcun obbligo nei confronti del portatore del titolo, lo ha, a titolo contrattuale, verso il proprio cliente che ha tratto l assegno qualora ci sia avvenuto regolarmente. Conseguentemente la banca che non paghi l assegno bancario non pu essere citata in giudizio dal portatore del titolo, ma solo dal proprio cliente per ottenere il risarcimento del danno da inadempimento contrattuale. Nella prassi tuttavia frequente che, alla presentazione di un assegno per l incasso presso una banca diversa da quella trattaria, la banca negoziatrice chieda alla trattaria, su sollecitazione del portatore, il cosiddetto benefondi o la conferma che l assegno sia coperto, che cio presso la banca trattaria via sia provvista adeguata. L assegno sempre pagabile a vista, anche in caso di sua postdatazione. L assegno va presentato per il pagamento entro i termini previsti dall art. 32 l. ass e cio 8 o 15 giorni dalla data di emissione a seconda che il luogo di pagamento sia o no nello stesso comune di emissione. Se la banca trattaria rifiuta il pagamento il portatore legittimo del titolo ha azione di regresso contro il traente, nonch contro i giranti e gli altri obbligati. La loro responsabilit solidale e il portatore pu agire contro ciascuno senza dover seguire un ordine particolare. L azione contro i giranti e gli altri obbligati di regresso diversi dal traente subordinata all assolvimento di due condizioni: - che l assegno sia stato presentato per il pagamento nei termini; - che il mancato pagamento sia constatato con il cosiddetto protesto, cio un atto di pubblico ufficiale che attesti la tempestivit della prestazione e il mancato pagamento. L assegno titolo esecutivo che, in caso di mancato pagamento, autorizza il portatore ad agire direttamente in via di esecuzione forzata contro gli obbligati senza doversi procurare un titolo di fonte giudiziale. Per quanto riguarda i termini di prescrizione: nell assegno bancario l azione contro il traente, i giranti e gli altri obbligati si prescrive in 6 mesi dallo spirare del termine di presentazione e l azione di regresso fra i vari obbligati dopo 6 mesi dal pagamento da parte dell obbligato. ASSEGNO CIRCOLARE All assegno circolare si applicano le stesse norme previste per il pagamento dell assegno bancario. Anche nel caso di assegno circolare, peraltro, la prassi conosce la richiesta del cosiddetto beneemissione al fine di verificare se l assegno presentato sia stato regolarmente emesso per l importo indicato. Le regole particolare in tema di pagamento dell assegno circolare riguardano il termine di presentazione che fissato in 30 giorni dalla data di emissione e la prescrizione dell azione contro l emittente, fissata nel termine di 3 anni.

La tutela dell esatto pagamento


La diffusa utilizzazione dell assegno come strumento solutorio fa s che l errato pagamento dello stesso espone il traente e il girante al rischio di un doppio esborso perch fa rimanere in vita l obbligazione che, con l assegno, si confidava di estinguere. Al fine di ridurre tale rischio, sono previste sia regole di responsabilit per la banca trattaria, sia clausole particolari che possono essere apposte sull assegno. Per quanto riguarda la responsabilit della banca: Tra le clausole particolari che possono essere apposte sull assegno si segnalano: y la banca che paga l assegno tenuta, secondo il metro della diligenza - l assegno non trasferibile: deve essere pagato o accreditato sul conto del prenditore. Questi non pu girarlo se non a una banca per l incasso e le eventuali professionale di cui all art. 1176, 2 comma Cod. Civ. a: girate si hanno per non scritte. a) controllare l autenticit della firma di traenza; - l assegno sbarrato: l assegno nel quale il traente o il portatore oppongono due b) verificare l assenza di alterazioni del titolo; sbarre parallele sulla faccia anteriore dello stesso. c) identificare il prenditore. Si distingue tra: y la banca sar responsabile in caso di mancata o negligente verifica della firma di - sbarramento generale: se nessun nome apposto fra le due sbarre, oppure vi traenza con lo specimen o in caso di mancata rilevazione di alterazioni le quali apposta la sola dicitura di banchiere, l assegno pu esser pagato dal trattario solo a siano percepibili con un accorto esame, sia pur a vista e senza l uso di una qualsiasi banca o a un proprio cliente. apparecchiature sofisticate; - sbarramento speciale: se fra le due sbarre apposto il nome di un banchiere y ancora pi grave considerata la responsabilit collegata al pagamento l assegno pu essere pagato solo al banchiere indicato, o se questi il trattario, a un dell assegno non trasferibile a persona diversa dal prenditore o dal banchiere suo cliente. giratario per l incasso, da una parte della giurisprudenza configurata come responsabilit oggettiva.

L azione causale e di arricchimento


Decorsi i sei mesi rimangono comunque fattibili l'azione causale e l'azione di arricchimento. L'azione causale quella legata al rapporto che ha dato causa all'emissione dell'assegno (poggiato su una fattura, un contratto, etc.) fattibile utilizzando l'assegno semplicemente come prova sulla cui base ottenere in sede giudiziaria un provvedimento esecutivo, tipicamente un decreto ingiuntivo. L art. 58, 2 comma l. ass., specifica che il possessore che eserciti l azione causale deve preventivamente depositare l assegno presso la cancelleria del giudice e adempiere a tutte le formalit necessarie per conservare al debitore contro il quale agisce le azioni di regresso. L'azione di arricchimento , invece, quella fatta contro il traente o il girante per cercare di ottenere il rimborso della somma della quale tali soggetti si sono indebitamente arricchiti a danno del beneficiario (o portatore).

L ammortamento
In caso di smarrimento, sottrazione o distruzione dell assegno bancario o circolare il legislatore autorizza il portatore del titolo a farne denunzia al trattario e a promuovere la procedura di ammortamento. La disciplina dell ammortamento si compone di una prima fase che si introduce con un ricorso al presidente del tribunale, il quale, esperiti gli opportuni accertamenti, pronuncia il decreto di ammortamento che, notificato al traente e al trattario, viene pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale. Entro 15 giorni da tale pubblicazione il detentore dell assegno pu, con atto di citazione, fare opposizione al decreto aprendo cos la seconda fase del procedimento in cui si accerta se il detentore abbia validamente acquistato la titolarit dell assegno e del diritto in esso incorporato. L assegno non trasferibile non suscettibile di ammortamento: la sua non trasferibilit consente al prenditore di ottenere un duplicato denunziando al traente e al trattario lo smarrim ento, la sottrazione o la distruzione. Per l assegno circolare non trasferibile dopo 20 giorni dalla denunzia il prenditore ne pu ottenere il pagamento.

La cambiale: struttura, emissione e requisiti di forma


La cambiale normalmente obbedisce all esigenza di differire nel tempo il pagamento di una somma di denaro, quindi di concedere credito. Basta infatti notare che: - alla cambiale pu esser apposta una scadenza; - il traente pu prevedere in alcuni casi che si producano interessi; - la girata della cambiale al trattario non estingue il titolo che pu dunque essere rimesso in circolazione. La cambiale pu assumere due forme: - la cambiale tratta: ha struttura identica a quella dell assegno bancario. Con essa, infatti, un soggetto (il traente) ordina ad altro soggetto (trattario) di pagare una somma di denaro in favore del portatore del titolo; - il vaglia cambiario o pagher cambiario: come l assegno circolare, incorpora invece la promessa dell emittente di pagare una somma di denaro al portatore del titolo. I requisiti formali della cambiale sono: - la denominazione di cambiale o di vaglia cambiario o pagher; - l ordine o la promessa incondizionati di pagare una somma determinata di denaro; - l indicazione del trattario o dell emittente completa di dati anagrafici o del codice fiscale; - l indicazione della scadenza, del luogo di pagamento, del soggetto all ordine del quale deve farsi il pagamento, della data e d luogo di emissione. el In ordine alla data di scadenza va precisato che pu esser posta: a vista, a certo tempo vista, a certo tempo data o a giorno fisso. - la sottoscrizione del traente o dell emittente. A differenza dell assegno, l art. 14 l. camb. disciplina espressamente la fattispecie della cambiale in bianco. La norma regola l ipotesi dell emissione di una cambiale priva di alcuni suoi elementi in base a un cosiddetto accordo di riempimento e che venga completata in sua violazione. La legge si preoccupa di tutelare il terzo che sia venuto in possesso di un titolo riempito in difformit dagli accordi. Viene cos sancita l inopponibilit di tale violazione al portatore che non l abbia acquistata in mala fede o colpa grave. Si ritiene, inoltre, che la disciplina dell art. 14 l. camb. si applichi anche alla cambiale incompleta la quale entri in circolazione priva di elementi essenziali contro la volont del debitore o senza un accordo di riempimento. Identica all assegno la disciplina formale dell emissione a mezzo rappresentante e del falsus procurator.

La circolazione della cambiale


La cambiale un titolo all ordine che circola mediante girata. Le regole sulla struttura, la funzione e gli effetti della girata sono fissate negli artt. 15-25 l. camb. in modo sostanzialmente analogo a quello per gli assegni. I profili essenziali della girata della cambiale sono: a) la circostanza che non pu emettersi cambiale al portatore e la girata al portatore vale come girata in bianco; b) la girata fa assumere al girante la responsabilit in via di regresso per l accettazione e il pagamento della cambiale; c) la girata ha quale effetto di trasferire al giratario in via autonoma tutti i diritti incorporati nel titolo; d) il giratario pu esercitare tali diritti legittimandosi in base al possesso del titolo e a una serie continua di girate.

L art. 23 l. camb. prevede la girata in garanzia o in pegno, la quale conferisce al portatore, a titolo di garanzia di un credito verso il girante, la possibilit di esercitare tutti i diritti inerenti al titolo, ma non quello di girare ulteriormente il titolo se non per procura. La girata per l incasso regolata in modo analogo a quello gi visto per l assegno. E possibile che le parti scelgano di trasferire la cambiale tramite una cessione di diritto comune. In tal caso il cessionario subentra in tutti i diritti cambiari, ma resta soggetto alle eccezioni che sarebbero state opponibili al cedente; lo stesso effetto ha la girata della cambiale posteriore al protesto per mancato pagamento o al termine per levare il protesto (cosiddetta girata tardiva).

L avallo e le altre forme di garanzia del credito cambiario


Sostanzialmente identica a quella dell assegno la disciplina dell avallo. Alcune forme di cambiale, tuttavia, si caratterizzano per le particolari garanzie che assistono l obbligazione di pagamento. E il caso della: - cambiale tratta garantita dalla cessione del credito derivante da forniture con il trasferimento della cambiale si realizza l automatico trasferimento del credito : cosiddetto di provvista che il traente vanta verso il trattario. Tale clausola va annotata sul titolo e la cessione va notificata al trattario per rendergliela opponibile. Condizioni per l uso di questo strumento sono: a) che la tratta sia non accettabile o comunque non accettata; b) che il credito di provvista derivi da fornitura di merci; c) che la cessione avvenga a favore di una banca. - cambiale ipotecaria: il pagamento del titolo assistito da ipoteca, la cui valida costituzione richiede, oltre all iscrizione nei registri immobiliari, l annotazione sulla cambiale. Con la girata della cambiale si trasferisce anche la garanzia ipotecaria.

Accettazione e pagamento della cambiale


A differenza dell assegno, ove vi il divieto di accettazione del trattario, nella tratta tale istituto specificamente regolato. Con l accettazione, apposta sulla cambiale con la parola <<visto>>, <<accettato>> o con la mera sottoscrizione del trattario sulla faccia anteriore del titolo, il trattario si obbliga al pagamento della cambiale diventando obbligato in via diretta. L accettazione deve essere accompagnata dalla menzione sul titolo dei dati anagrafici del trattario o del suo codice fiscale. La cambiale pu essere presentata per l accettazione al trattario fino alla sua scadenza: si tratta di una facolt e non di un obbligo o di un onere. Tuttavia, il traente pu, peraltro, vietare la presentazione del titolo per l accettazione (tratta non accettabile). Come l assegno, anche la cambiale un titolo di presentazione: per ottenere il pagamento va presentata al debitore nel giorno in cui essa pagabile o in uno dei 2 giorni feriali successivi. Il portatore non tenuto a ricevere il pagamento anticipato.

L azione diretta e l azione di regresso


Nella cambiale, a differenza dell assegno, le obbligazioni incorporate nel titolo si differenziano non solo per il grado, ma anche per la loro natura, diretta o di regresso. Il portatore della cambiale ha azione diretta nei confronti degli obbligati principali che: - nella tratta accettata sono: l accettante e i suoi avallanti; - nel pagher cambiario sono: l emittente e i suoi avallanti. L azione si prescrive nel termine di 3 anni dalla scadenza della cambiale.

Le azioni che il portatore del titolo pu promuovere contro gli altri obbligati cambiari (traente, giranti e loro avallanti) sono di regresso. L azione di regresso pu essere svolta non solo in caso di mancato pagamento, ma anche prima della scadenza in caso di mancat accettazione, in caso di fallimento o a situazione di incapienza del trattario. La responsabilit di regresso solidale e il portatore libero di scegliere se esercitare tale azione in via congiunta o disgiunta.

L azione causale e l azione di arricchimento


Alle stesse condizioni previste per l assegno, il portatore della cambiale pu esercitare l azione causale. Lo stesso dicasi, in caso di perdita delle azioni cambiarie, per l azione di arricchimento.

Le cambiale finanziarie
Lo strumento cambiario utilizzato nell ambito del finanziamento delle imprese nella forma delle cambiali finanziarie. Strutturate secondo il modello del pagher cambiario esse incorporano la promessa di pagamento di un impresa, con scadenza non inferiore a 3 mesi e non superiore a un anno dalla data di emissione. Soggette al requisito di un valore nominale unitario minimo, nella disciplina le cambiale finanziarie sono quasi completamente parificate a quelle ordinarie. La disciplina speciale delle cambiali finanziarie, infatti, si risolve: - nella necessit di indicare, a pena di nullit, il nome di cambiale finanziaria nel titolo; - nell indicazione dei proventi a favore del prenditore in qualunque forma pattuiti; - nell obbligatoriet della clausola senza garanzia in sede di circolazione del titolo.

LA CRISI DI IMPRESA
Profili generali
Il dissesto di un attivit economica si riflette inevitabilmente su tutti coloro i quali hanno rapporti con l impresa. In primo luogo, i dipendenti e collaboratori che vanno incontro alla perdita del posto di lavoro e del reddito che ne deriva. In secondo luogo, i creditori dell imprenditore: se questi non pi in condizione di soddisfarli regolarmente, essi dovrannoregistrare una perdita. La legge, quindi, si preoccupa di cercare di minimizzare le conseguenze della crisi sul sistema economico nel suo complesso. Cos, per quanto riguarda, l imprenditore, si prende in considerazione non tanto il fatto dell inadempimento, ma soprattutto lo stato di insolvenza e cio l incapacit di adempiere regolarmente le proprie obbligazioni. Qualora si verifichi una tale situazione, sono previste particolari procedure che riguardano l intero patrimonio dell imprend itore: esse tendono a ridurre la perdita sociale assicurando parit di trattamento fra tutti i creditori e definendo la crisi in tempi il pi possibile veloci. L espressione procedure concorsuali significa appunto che esse riguardano l intero patrimonio (cosiddetta massa attiva) dell imprenditore e sono destinate al soddisfacimento di tutti i suoi debiti (cosiddetta massa passiva).

La riforma
La disciplina delle procedure concorsuali era contenuta inizialmente nella legge fallimentare del 1942. La legge fallimentare del 42 stata modificata: - dapprima, per gli interventi pi urgenti, con il d.l. 35/2005; - in seguito, con la riforma organica contenuta nel d. lgs. 5/2006. Nella relazione illustrativa al d. lgs. 5/2006 si legge che la nuova disciplina vuole essere maggiormente orientata a cercare di conservare le componenti positive dell impresa nella quale confluiscono interessi economici e sociali ulteriori rispetto a quelli dell imprenditore. La nuova impostazione dovrebbe imprimere una maggiore competitivit al nostro sistema economico, da u lato, incentivando nuove iniziative grazie all alleggerimento n delle conseguenze in caso di esito negativo, e dall altro consentendo ai creditori un maggiore e pi veloce recupero del valo residuo delle imprese in crisi. re La riforma ha, tuttavia, mostrato rilevanti zone d ombra: - in primo luogo, la riforma non ha affatto reso organico il sistema della crisi di impresa. A seconda delle dimensioni e dell oggetto dell impresa, infatti, si applicano procedure diverse; - in secondo luogo, la riforma non ha affrontato alcuni argomenti di estremo rilievo: a) le misure di allerta e prevenzione al fine di far emergere il pi rapidamente possibile le situazioni di difficolt; b) la disciplina dell insolvenza dei gruppi di societ; c) tutta la materia penale che continua a essere impostata sulla base delle ormai abrogate disposizioni civilistiche.

Il concordato preventivo: nozione e presupposti


Il concordato preventivo era una procedura concorsuale che precludeva la dichiarazione di fallimento nonostante la sussistenza dello stato di insolvenza qualora l imprenditore insolvente: - presentasse determinati presupposti soggettivi di meritevolezza (es. la regolare tenuta della contabilit, l assenza di recidiva); - avesse offerto ai suoi creditori, il pagamento integrale dei crediti assistiti da diritti di prelazione, e almeno il 40% dei crediti chirografari. Il concordato era soggetto all approvazione dei creditori, sulla base di una doppia maggioranza sia per teste sia per importodei crediti e all omologazione del tribunale. La riforma ha profondamente modificato presupposti, disciplina e natura del concordato preventivo. Il legislatore ha cercato di strutturare una procedura snella e flessibile idonea a costruire una cornice giuridica adeguata per gli accordi tra debitore e creditori finalizzati a prevenire o a risolvere una situazione di insolvenza.

Il contenuto della proposta e l ammissione della procedura


L iniziativa spetta all imprenditore (solo agli imprenditori commerciali soggetti al fallimento) che si trovi in stato di crisi. A differenza del passato, quindi, non necessario che sia gi insolvente, ma sufficiente che si trovi in pericolo di insolvenza. Non invece pi richiesto alcun requisito di meritevolezza dell imprenditore. Ricorrendo lo stato di crisi, il debitore pu proporre ai suoi creditori un concordato preventivo sulla base di un piano che pu prevedere anche: a) RISTRUTTURAZIONE DEI DEBITI e SODDISFAZIONE DEI CREDITI attraverso qualsiasi forma, anche mediante cessione dei beni, accollo o altre operazioni straordinarie; b) ATTRIBUZIONE DELLE ATTIVITA DELLE IMPRESE INTERESSATE DALLA PROPOSTA DI CONCORDATO A UN ASSUNTORE ; c) SUDDIVISIONE DEI CREDITORI IN CLASSI e TRATTAMENTI DIFFERENZIATI TRA CREDITORI APPARTENENTI A CLASSI DIVERSE . Rispetto al passato non sono, quindi, pi necessarie n il pagamento in denaro dei creditori, n la corresponsione di una percentuale minima, n il pagamento integrale di tutti i creditori privilegiati. La domanda di ammissione alla procedura si presenta al tribunale del luogo ove l impresa ha la sua sede principale, con ricorso al quale devono essere allegati: a) una RELAZIONE aggiornata sulla situazione patrimoniale, economica e finanziaria della societ; b) uno STATO ANALITICO DELLE ATTIVITA e l ELENCO NOMINATIVO DEI CREDITORI; c) l ELENCO DEI TITOLARI DEI DIRITTI REALI O PERSONALI su beni di propriet o in possesso del debitore; d) il VALORE DEI BENI e i CREDITORI PARTICOLARI degli eventuali soci illimitatamente responsabili. Il piano concordatario e la documentazione allegata devono, inoltre, essere corredati dalla relazione di un professionista il quale attesti la veridicit dei dati aziendali e la fattibilit del piano. La domanda di concordato va comunicata al pubblico ministero. Il tribunale, dopo avere eventualmente concesso al debitore un termine non superiore a 15 giorni per apportare integrazioni al piano e produrre nuovi documenti, procede a verificare la domanda e il piano e a sentire il debitore in camera di consiglio. a) Se ritiene che non sussistano i presupposti di cui agli artt. 160 1 e 2 comma, e 161 l. fall. dichiara inammissibile la proposta con decreto non soggetto a reclamo, e su istanza del creditore o del pubblico ministero, dichiara il fallimento del debitore. b) Se, invece, i presupposti di ammissibilit del concordato sussistono il tribunale, sempre con decreto non soggetto a reclamo, dichiara aperta la procedura.

Con il provvedimento di ammissione, il tribunale delega un giudice alla procedura, nomina il commissario giudiziale, ordina la convocazione dei creditori per la votazione e stabilisce la somma di denaro che il debitore, entro 15 giorni, deve depositare in cancelleria in misura pari di regola al 50% (ma di regola mai inferiore al 20%) delle spese che si presumono necessarie per l intera procedura. Anche dopo l ammissione della procedura il debitore conserva l amministrazione dei suoi beni e l esercizio dell impresa, ma soggetto alla vigilanza d commissario el giudiziale. Il commissario giudiziale, se accerta che il debitore ha 1) occultato o dissimilato parte dell attivo; 2) dolosamente omesso di denunciare uno o pi crediti; 3) esposto passivit insussistenti o commesso altri atti di frode; 4) compiuto atti non autorizzati a norma dell art. 167 l. fall. deve riferirne immediatamente al tribunale, il quale apre d ufficio il procedimento per la revoca dell ammissione al concordato. Lo stesso accade se, in qualunque momento, risultata che mancano i presupposti prescritti per l ammissibilit al concordato. A seguito dell ammissione del debitore al concordato i creditori non possono iniziare n proseguire azioni esecutive individuali, le prescrizioni rimangono sospese, le decadenze non si verificano e i creditori non possono acquisire diritti di prelazione. Prima dell adunanza dei creditori vanno compiute una serie di operazioni preliminari. Una su tutte la predisposizione da parte del commissario di una relazione particolareggiata sulle cause del dissesto, sulla condotta del debitore e sulla proposta concordataria.

La deliberazione dei creditori


Il concordato si intende approvato dai creditori se all adunanza, che viene presieduta dal giudice delegato, riporta il voto favorevole dei creditori che rappresentino la maggioranza dei crediti ammessi al voto. Dopo l inizio delle operazioni di voto la proposta di concordato non pu pi essere modificata. Ove siano previste diverse classi di creditori, ciascuna vota separatamente e il concordato approvato se, oltre alla maggio ranza sul totale dei crediti ammessi al voto, riporta anche quella nel maggior numero delle classi. Si tiene conto non solo dei voti espressi all adunanza, ma anche di quelli pervenuti per telegramma o per lettera o per telefax o per posta elettronica nei 20 giorni successivi alla chiusura del verbale dell adunanza. Sono in ogni caso esclusi dal voto: - il coniuge del debitore, i suoi parenti e affini fino al quarto grado; - i cessionari o aggiudicatari dei loro crediti da meno di un anno prima della proposta di concordato.

L omologazione
Se sono raggiunte le maggioranze prescritte si apre la fase di omologazione. 1) il giudice delegato riferisce al tribunale il quale fissa un udienza in camera di consiglio per la comparizione delle parti e del commissario giudiziale, disponendo che il provvedimento venga pubblicato a norma dell art. 17 l. fall. Debitore, commissario, eventuali creditori dissenzienti e qualsiasi interessato devono costituirsi almeno 10 giorni prima dell udienza fissata depositando una memoria contenente: - le eccezioni processuali e di merito non rilevabili d ufficio; - l indicazione dei mezzi istruttori e dei documenti prodotti. Nello stesso termine il commissario giudiziale deve depositare il proprio parere motivato.

L esame del tribunale alquanto limitato. a) Se non sono proposte opposizioni, infatti, il tribunale deve limitarsi a verificare la regolarit della procedura e l esito della votazione e, in caso positivo, omologa il concordato con decreto motivato non soggetto a gravame. b) Se, al contrario, sono state proposte opposizioni, il tribunale provvede con decreto motivato provvisoriamente esecutivo. Il tribunale, se respinge il concordato, su istanza del creditore o su richiesta del pubblico ministero, dichiara il fallimento del debitore. Il tribunale provvede con decreto motivato che viene comunicato al debitore e al commissario, che provvede a darne notizia ai creditori, ed pubblicato e affisso. Il decreto soggetto a reclamo avanti la Corte di appello, la quale pronuncia in camera di consiglio.

Gli effetti, la risoluzione e l annullamento


Con l omologazione, che deve intervenire entro 6 mesi dalla presentazione del ricorso la procedura di concordato si chiude ed esso diviene obbligatorio per tutti i , creditori anteriori al decreto di ammissione alla procedura. Il concordato preventivo pu essere: - risolto in caso di inadempimento; - annullato in caso di comportamento fraudolento del debitore. La risoluzione, peraltro, pu essere chiesta entro un anno dalla scadenza del termine fissato per l ultimo adempimento previsto dal concordato solo da ciascun creditore ed subordinata all accertamento di un inadempimento di non scarsa importanza.

La composizione stragiudiziale dell insolvenza


Non di rado nella pratica vengono perseguite soluzioni stragiudiziali della crisi di impresa, soprattutto di quelle di rilevanti dimensioni, per rimediare ai difetti delle tradizionali procedure concorsuali. Le composizioni stragiudiziali delle crisi di grande imprese vedono in posizione di protagonisti i creditori finanziari, e in particolare, le banche. Si tratta dei soggetti che pi hanno da perdere dal fallimento. Sono stati, cos, frequenti piani di salvataggio che normalmente prevedono: a) una moratoria per i debiti preesistenti, magari accompagnata da un piano di ammortamento; b) un significativo taglio ai tassi di interesse; c) la concessione di nuova finanza. Ci permette all impresa di continuare nell attivit e pagare quei creditori che non abbiano aderito alla convenzione. In alcuni casi questi piani sono coronati da successo, in altri casi il tentativo non andato a buon fine e l esito finale stato il fallimento. La riforma venuta incontro alle esigenze della prassi, regolamentando la materia e introducendo due nuovi istituti; a) gli accordi di ristrutturazione dei debiti: si tratta di accordi tra il debitore e i creditori rappresentanti almeno il 60% del totale dei crediti con il quale vengono rimodulati i crediti dei contraenti. Questo accordo pu essere depositato insieme con i documenti indicati nell art. 161 l. fall. per ottenerne l omologazione. Insieme a essi va depositata anche una relazione redatta da un esperto sull attuabilit del piano di ristrutturazione e sulla sua idoneit ad assicurare il regolare pagamento dei creditori estranei. b) i piani di risanamento della esposizione debitoria dell impresa e di riequilibrio della sua situazione finanziaria: si tratta, in questo caso, di piani che devono aver per obiettivo non solo il risanamento dell impresa, ma anche il riequilibrio della sua situazione finanziaria.

FALLIMENTO: STRUTTURA ED EFFETTI


La dichiarazione di fallimento: la competenza
Competente a dichiarare il fallimento il tribunale del luogo ove si trova la sede principale dell impresa (art. 9 l. fall.). Normalmente per accertarla si far ricorso alle risultanze del registro delle imprese. Tuttavia, qualora la sede legale non coincida con quella effettiva prevale quest ultima, identificata nel luogo in cui vengono assunte le decisioni direttive riguardanti l impresa. In ogni caso, qualora il fallimento venga dichiarato da tribunale incompetente, i suoi effetti vengono conservati e la procedura prosegue avanti quello compete nte. Qualora il fallimento venga dichiarato da pi tribunali, il procedimento prosegue avanti a quello competente che si pronunciato per primo. La legge fallimentare affronta il tema delle imprese che operano in pi Stati in un ottica marcatamente nazionalista prevedendo che l imprenditore possa essere dichiarato fallito in Italia anche se la sede principale delle sua impresa sia all estero e ivi egli sia gi stato dichiarato fallito: tale regola trova conferma nell art. 9 della legge n218 del 1995 sul diritto internazionale privato italiano. Per quanto riguarda i paesi dell Unione Europea il regolamento comunitario del 2000 ha stabilito: - la competenza dello Stato membro in cui si trova il centro principale degli interessi del debitore; - l automatico riconoscimento di tale sentenza negli altri Stati membri e l applicazione alla procedura della legge dello Stato ove la sentenza stata emessa. Negli altri Paesi dell Unione ove l impresa aveva una dipendenza possibile l apertura di procedure secondarie per i beni ivi collocati.

I presupposti soggettivi
Non tutti gli imprenditori sono soggetti a fallimento. Ne sono anzitutto esenti gli imprenditori agricoli. Tradizionalmente erano esenti da fallimento i piccoli imprenditori commerciali. Con la correzione intervenuta con il d. lgs. 169/2007 il legislatore ha individuato alcuni parametri quantitativi il cui mancato raggiungimento esclude la soggezione a fallimento degli imprenditori commerciali. In base all art. 1, 2 comma, l. fall. non sono soggetti alle disposizioni del fallimento e sul concordato preventivo gli imprenditori commerciali, i quali dimostri di possedere congiuntamente i seguenti requisiti: a) un attivo patrimoniale di ammontare complessivo annuo non superiore 300 mila euro nei 3 esercizi antecedenti la data di deposito della istanza di fallimento o dall inizio dell attivit se di durata inferiore; b) ricavi lordi per un ammontare complessivo annuo non superiore a 200 mila euro nei medesimi esercizi; c) ammontare di debiti anche non scaduti non superiore a 500 mila euro al momento dell esame della richiesta di fallimento. Esenti dal fallimento sono anche gli enti pubblici territoriali che esercitino in via non prevalente un impresa. Sono invece sottoposti a procedure alternative al fallimento: - gli enti pubblici economici e i soggetti operanti in settori cosiddetti sensibili dell ordinamento (bancario, finanziario, assicurativo) soggetti a liquidazione coatta amministrativa; - le grandi imprese, soggette ad amministrazione straordinaria.

Poich l unico criterio di imputazione dell impresa quello della spendita del nome, soggetto a fallimento soltanto colui nel nome del quale l attivit viene svolta, anche nel caso in cui si tratti di semplice prestanome. Per fallire, non necessario essere attualmente imprenditore: sufficiente esserlo stato. L art. 10 l. fall. prescrive che l imprenditore che ha cessato per qualunque causa l esercizio dell impresa pu essere dichiarato fallito entro un anno dalla cancellazione dal registro delle imprese, se l insolvenza si manifestata anteriormente alla medesima o entro l anno successivo. Per gli imprenditori individuali e collettivi non iscritti nel registro delle imprese il termine annuale decorre dal momento in cui la cessazione effettiva dell attivit d impresa portata a conoscenza dei terzi con mezzi idonei.

I presupposti oggettivi
Viene dichiarato fallito l imprenditore che si trova in stato di insolvenza , situazione che si manifesta con inadempimenti od altri fatti esteriori, i quali dimostrino che il debitore non pi in grado di soddisfare regolarmente le proprie obbligazioni . L insolvenza, quindi, non un fatto, ma uno stato che non coincide necessariamente con uno o pi inadempimenti delle proprieobbligazioni, ma si sostanzia nell incapacit di soddisfarle regolarmente. Non di per s insolvente l imprenditore il cui stato patrimoniale presenti un eccedenza di passivit rispetto alle attivit n, viceversa, l insolvenza pu escludersi in caso di surplus delle attivit sulle passivit. In entrambi i casi, infatti, possibile che attivit e passivit abbiano scadenze fra loro non allineate. Cos se l attivo supera il passivo, ma le passivit sono a vista o a breve termine mentre le attivit consistono in immobilizzazioni, evidente che l imprenditore non sar in grado di soddisfare regolarmente le proprie obbligazioni perch gli manca la liquidit necessaria. Precisamente, per insolvenza si intende l incapacit di ottenere credito: fino a quando l imprenditore in grado di procurarsi credito e cos soddisfare i suoi creditori con obblighi di pagamento e rimborso allineati ai suoi flussi di cassa, l insolvenza esclusa.

La legittimazione a chiedere il fallimento


Il fallimento pu essere dichiarato: a) su richiesta dello stesso debitore; La richiesta del debitore non ricorre frequentemente nella pratica. Il legislatore sanzione come ipotesi di bancarotta semplice l aggravamento del dissesto per effetto della mancata richiesta del proprio fallimento. b) su ricorso di uno pi creditori; Il ricorso del creditore insoddisfatto presenta l ipotesi pi frequente e costituisce l ultima spiaggia per chi vanta pretese nei confronti dell imprenditore, provocando la liquidazione concorsuale dell intero suo patrimonio. Con la riforma stata abrogata l ipotesi della dichiarazione d ufficio da parte del tribunale. c) su istanza del pubblico ministero. L istanza del pubblico ministero pu essere presentata: - quando l insolvenza risulta nel corso di un procedimento penale, o dalla fuga, irreperibilit, latitanza dell imprenditore, dalla chiusura dei locali dell impresa, dal trafugamento o dalla diminuzione fraudolenta dell attivo da parte dell imprenditore; - quando l insolvenza risulta dalla segnalazione proveniente dal giudice che l abbia rilevata nel corso di un procedimento civile.

L istruttoria prefallimentare e la sentenza di fallimento


Il procedimento giudiziale per la dichiarazione del fallimento si svolge in camera di consiglio ed specificamente regolato nell art. 15 l. fall. con particolare attenzione al diritto di difesa del debitore, che deve essere appositamente convocato. Il tribunale pu emettere i provvedimenti cautelari o conservativi a tutela del patrimonio o dell impresa oggetto del provvedimento, essi hanno efficacia limitata alla durata del procedimento e vengono confermati o revocati dalla sentenza che dichiara il fallimento o revocati con il decreto che rigetta l istanza. Qualora il tribunale ritenga non sussistente gli estremi per la dichiarazione di fallimento provvede con decreto motivato di rigetto. Altrimenti il fallimento viene dichiarato con sentenza provvisoriamente esecutiva che, oltre ad adeguata motivazione deve contenere: a) la nomina del giudice delegato e del curatore; b) l ordine al fallito di depositare entro 3 giorni bilanci e scritture contabili; c) la fissazione dell udienza in cui si proceder all esame delle domande e alla formazione dello stato passivo; d) l assegnazione ai creditori e ai terzi che vantano diritti reali o personali su cose in possesso del fallito del termine pere ntorio di 30 giorni prima dell adunanza dei creditori per la presentazione in cancelleria delle domande di insinuazione (art. 16 l. fall.).

Le impugnazioni
Il regime delle impugnazioni diversificato a seconda che si tratti di provvedimento negativo o positivo. Contro il decreto di rigetto solo chi ha richiesto il fallimento pu proporre reclamo alla corte d appello, la quale decide in camera di consiglio dopo avere sentito il reclamante e il debitore. Qualora la corte d appello accolga il reclamo, non pu dichiarare il fallimento, ma deve rimettere d ufficio gli atti al tribunale perch provveda. Contro la sentenza dichiarativa di fallimento, pu, invece, essere proposto reclamo avanti la corte d appello entro 30 giorni . Il reclamo non sospende gli effetti della sentenza impugnata ma la corte d appello, pu, quando ricorrono gravi motivi, sospendere, in tutto o in parte, o temporaneamente la liquidazione dell attivo. L eventuale revoca della dichiarazione di fallimento ha effetto solo nel momento in cui la relativa sentenza passata in giudicato e non retroagisce. Restano, pertanto, salvi gli effetti degli atti legalmente compiuti dagli organi fallimentari.

Gli organi del fallimento


Il fallimento richiede una pluralit di organi:

il TRIBUNALE Salvo che non sia diversamente disposto, contro i decreti del tribunale pu essere esposto reclamo alla corte di appello, che provvede in camera di consiglio. Il procedimento analiticamente regolato nell art. 26 l. fall. Al tribunale che ha dichiarato il fallimento spetta, inoltre, la competenza a decidere su tutte le azioni che derivano dal fallimento. Il tribunale che ha dichiarato il fallimento investito dell intera procedura fallimentare , provvede alla nomina e alla revoca o sostituzione degli organi della procedura quando non prevista la competenza del giudice delegato. Decide le controversie relative alla procedura che non sono di competenza del giudice delegato, nonch i reclami contro i provvedimenti di quest ultimo.

Il GIUDICE DELEGATO Contro i decreti del giudice delegato pu essere proposto reclamo al tribunale, che provvede in camera di consiglio: il termine per il reclamo di 10 giorni e decorre dalla notificazione o dalla comunicazione o dal compimento delle formalit pubblicitarie previste dalla legge. La vigilanza del giudice delegato sulla regolarit della procedura si fonda sulle conoscenze che gli giungono dalle relazioni che periodicamente devono essergli consegnate dal curatore. Il giudice delegato non dirige pi le operazioni del fallimento, ma si limita a esercitare funzioni di vigilanza e di controllo sulla regolarit della procedura. Svolge, inoltre, una serie di altre mansioni le pi rilevanti sono elencate nell art. 25 l. fall. Attualmente la mansione pi importante del giudice delegato quella relativa alla formazione dello stato passivo, cio all accertamento dei crediti nonch dei diritti reali e personali vantati nei confronti del fallito. Tra gli altri poteri del giudice delegato sono particolarmente incisivi quelli: a) di autorizzare l esecuzione degli atti conformi al programma approvato dal comitato dei creditori; b) di emettere i provvedimenti urgenti per la conservazione del patrimonio; c) di decidere sui reclami proposti dal

Il CURATORE Il curatore ha l amministrazione del patrimonio fallimentare sotto la vigilanza del giudice delegato e del comitato dei credito. E tratteggiato nella legge come il manager della procedura al quale spetta il compito di conservare, gestire, realizzare i beni compresi nel patrimonio fallimentare e di curare poi la ripartizione del ricavato tra i creditori. La nomina del curatore spetta al tribunale ed riservata in favore di: a) avvocati, dottori commercialisti, ragionieri e ragionieri commercialistici; b) studi professionali associati o societ tra professionisti. Non possono essere nominati curatore: - il coniuge, i parenti e gli affini entro il quarto grado del fallito; - i creditori di questo; - chi ha concorso al dissesto dell impresa durante i 2 anni anteriori alla dichiarazione di fallimento; - chiunque si trovi in conflitto di interessi con il fallimento. Il curatore pu essere autorizzato dal comitato dei creditori a farsi coadiuvare da uno o pi tecnici o da altre persone retribuite, compreso lo stesso fallito: pu inoltre essere autorizzato a delegare ad altri specifiche operazioni. In sede di adunanza per l esame dello stato passivo, i creditori presenti che rappresentano la maggioranza dei crediti ammessi possono chiedere la

Il COMITATO DEI CREDITORI Per quanto riguarda la responsabilit, ai componenti del comitato dei creditori si applica l art. 2407, 1 e 3 comma che regola la responsabilit dei sindaci nelle s.p.a. L azione di responsabilit pu essere proposta da parte del curatore, e il giudice delegato, con decreto di autorizzazione ad agire, sostituisce i componenti del comitato dei creditori nei confronti dei quali ha autorizzato l azione. In sede di adunanza per l esame dello stato passivo, i creditori presenti che rappresentano la maggioranza dei crediti ammessi possono effettuare nuove designazioni in ordine ai componenti del comitato dei creditori, indicando al tribunale le ragioni della richiesta e un nuovo nominativo. Nella stessa sede i creditori che rappresentano la maggioranza di quelli allo stato ammessi, indipendentemente dall entit dei crediti vantati, possono stabilire che ai componenti del comitato dei creditori sia attribuito, oltre al rimborso spese, un compenso per la loro attivit, in misura non superiore al 10% di quello liquidato al curatore. Il comitato dei creditori vigila sull operato del curatore, ne autorizza gli atti ed esprime pareri nei casi previsti dalla legge motivando le proprie deliberazioni. Particolarmente importante la

fallito o da ogni altro interessato contro sostituzione del curatore indicando al gli atti di amministrazione del curatore. tribunale le ragioni della richiesta e un nuovo nominativo. Il tribunale, valutate le ragioni della richiesta di sostituzione del curatore, provvede alla nomina del soggetto designato dai creditori. Il curatore pu, inoltre, essere revocato in qualsiasi momento dal tribunale su proposta del giudice delegato o del comitato dei creditori o anche d ufficio. L azione di responsabilit contro il curatore revocato proposta dal nuovo curatore, previa autorizzazione del giudice delegato o del comitato dei creditori. Linea guida del curatore il programma di liquidazione che costituisce l atto di pianificazione e di indirizzo in ordine alle modalit e ai termini previsti per la realizzazione dell attivo , va predisposto ogni 60 giorni dalla redazione dell inventario e sottoposto all approvazione del comitato dei creditori. Il programma approvato comunicato al giudice delegato che autorizza l esecuzione degli atti a esso conformi. Il curatore deve adempiere ai doveri del proprio ufficio, imposti dalla legge o derivanti dal programma di liquidazione, con la diligenza richiesta dalla natura dell incarico e deve tenere un registro, preventivamente vidimato da almeno un componente del comitato dei creditori, nel quale vanno annotate giorno per giorno le operazioni relative alla sua amministrazione.

funzione di autorizzare gli atti di straordinari amministrazione del curatore. E convocato dal presidente per le deliberazioni di competenza o quando sia richiesto da un terzo dei suoi componenti. Le sue deliberazioni sono prese a maggioranza nel termine massimo di 15 giorni dalla data in cui la richiesta pervenuta al presidente. Il comitato e ogni suo componente possono ispezionare in qualunque momento le scritture contabili e i documenti della procedura e hanno diritto di chiedere notizie e chiarimenti al curatore e al fallito. Il comitato composto da 3 o 5 membri scelti tra i creditori, in modo rappresentare in misura equilibrata quantit e qualit dei crediti. La nomina avviene da parte del giudice delegato entro 30 giorni dalla sentenza di fallimento, sentiti il curatore e i creditori.

Il compenso del curatore stabilito con decreto, dal tribunale su relazione del giudice delegato secondo le tariffe stabilite in apposito decreto ministeriale. Entro 60 giorni dalla nomina il curatore deve presentare al giudice delegato una relazione particolareggiata sulle cause e circostanze del fallimento e sul comportamento e sulle responsabilit. Ogni 6 mesi successivi alla presentazione della relazione, il curatore deve, inoltre, redigere un rapporto riepilogativo delle attivit svolte, con indicazione di tutte le informazioni raccolte dopo la prima relazione, accompagnato dal contro della sua gestione. Copia del rapporto trasmessa al comitato dei creditori, unitamente agli estratti conto dei depositi postali o bancari relativi al periodo.

Gli effetti del fallimento


La dichiarazione di fallimento comporta una serie di effetti che incidono sia sull attivit, sia sui soggetti coinvolti, sia su alcune operazioni compiute prima della sentenza. EFFETTI PER L IMPRESA EFFETTI PER IL FALLITO EFFETTI PER I CREDITORI La scelta dell affittuario va effettuata dal curatore - dal punto di vista degli effetti personali, con la La dichiarazione di fallimento con la conseguente mediante una procedura competitiva ai sensi dell art. riforma sono stati introdotto notevoli snellimenti alla apertura del concorso tra i creditori significa anzitutto 107 l. fall., tenendo conto oltre che dell ammontare disciplina che stata adeguata ai principi costituzionali che: del canone offerto anche delle garanzie prestate e e alla Convenzione europea sui diritti dell uomo. y salva diversa disposizione di legge, dal giorno della dell attendibilit del piano di prosecuzione delle La corrispondenza diretta al fallito persona fisica non dichiarazione di fallimento nessuna azione esecutiva o attivit imprenditoriali, avuto riguardo alla deve pi essere consegnata direttamente e cautelare individuale pu essere iniziata o proseguita conservazione dei livelli occupazionali. integralmente al curatore, la legge si limita a stabilire sui beni compresi nel fallimento. Un alternativa alla continuazione provvisoria l affitto un obbligo del fallito di consegnarli quella riguardante i y ogni credito e ogni diritto reale o personale, vantato dell azienda, che pu essere disposto dal giudice rapporti compresi nel fallimento. nei confronti del fallito, deve essere accertato secondo delegato anche prima della presentazione del Al fallito non pi vietato di allontanarsi dalla le norme stabilite nella legge fallimentare. programma di liquidazione quando appaia utile al fine residenza senza il permesso del giudice delegato, ma Ai creditori concorsuali si contrappongono quelli della pi proficua vendita dell azienda o di sue parti. solo imposto di comunicare al curatore ogni posteriori alla dichiarazione di fallimento. cambiamento della propria residenza o del proprio Se si tratta di soggetto il cui titolo proviene dall attivit

Primo effetto della dichiarazione di fallimento il blocco dell attivit di impresa. L art. 90 permette la continuazione provvisoria dell esercizio dell impresa. Tuttavia, poich i creditori concorsuali corrono dei rischi, la continuazione dell impresa pu essere disposta solo se dalla sua interruzione possa derivare un danno grave e purch non arrechi pregiudizio ai creditori. Durante il periodo provvisorio, il curatore deve: a) almeno ogni 3 mesi convocare il comitato dei creditori per informarlo sull andamento della gestione e perch si pronunci sull opportunit di continuarla; b) ogni semestre, o comunque alla conclusione del periodo di esercizio provvisorio, presentare un rendiconto dell attivit mediante deposito in cancelleria. Qualora il comitato si esprima per l interruzione, il giudice delegato deve ordinarne la cessazione.

domicilio. Sono stati, infine, aboliti il pubblico registro dei falliti e la perdita del diritto di voto alle elezioni politiche e amministrative. Gli effetti del fallimento per il fallito possono distinguersi in patrimoniali, personali e penali. - gli effetti patrimoniali si sostanziano: a) nel privare il fallito dell amministrazione e della disponibilit dei beni (cosiddetto spossessamento) b) nella perdita della capacit processuali per le liti attive e passive, comprese quelle in corso; c) nell inefficacia rispetto ai creditori, qualora eseguiti dopo la dichiarazione di fallimento, degli atti e dei pagamenti compiuti dal fallito, dei pagamenti ricevuti dal fallito nonch delle formalit necessarie per rendere gli atti opponibili ai terzi. - per quanto riguarda gli effetti penali, la dichiarazione di fallimento costituisce elemento necessario per integrare la fattispecie di diverse figure di reato individuate nel titolo VI della l. fall. Tra queste vanno ricordate la bancarotta semplice e quella fraudolenta nonch il ricorso abusivo al credito.

legittimamente posta in essere dal curatore essi, sono preferiti ai creditori concorrenti e vanno soddisfatti in prededuzione. Se invece si tratta di soggetti il cui titolo proviene da atti del fallito, il loro diritto non opponibile ai creditori concorrenti ed essi potranno far valere le loro pretese nei confronti del fallito solo dopo la chiusura della procedura. Riguardo ai crediti opera la cosiddetta cristalizzazione in base alla quale: a) i crediti si considerano scaduti alla data del fallimento; b) quelli non pecuniari concorrono secondo il loro valore alla data del fallimento; c) gli interessi convenzionali e legali sono sospesi. A un regime particolare soggetto colui che sia contemporaneamente creditore e debitore del fallito. Anche se il credito nei confronti del fallito non sia ancora scaduto, il creditore ha diritto di effettuare la compensazione, evitando cos di dover pagare l intero suo debito e ricevere il pagamento del credito in cosiddetta moneta fallimentare.

EFFETTI SUGLI ATTI PREGIUDIZIEVOLI AI CREDITORI Dagli effetti del fallimento pu derivare per i creditori uno stimolo ad assicurarsi una posizione preferenziale prima che il fallimento sia dichiarato: ottenere il pagamento, iscrivere un ipoteca, acquistare diritti nei confronti del debitore prima che scatti la regola dell inefficacia relativa. Lo stesso debitore, nel tentativo di fronteggiare i creditori pi insistenti, pu compiere atti di disposizione lesivi del suo patrimonio o che alterano la par condicio tra i suoi creditori. Per neutralizzare il possibile assalto alla diligenza delle controparti pi astute, la legge fallimentare prevede che, a determinate condizioni, vengono reputati inefficaci rispetto ai creditori concorrenti gli atti compiuti entro un certo termine (cosiddetto periodo sospetto) anteriore alla dichiarazione di fallimento.

Atti inefficaci di diritto


Rientrano nella categoria degli atti inefficaci di diritto, una serie di atti, qualora compiuti nei 2 anni anteriori alla dichiarazione di fallimento: - gli atti a titolo gratuito, esclusi i regali d uso e gli atti compiuti in adempimento di un dovere morale o a scopo di pubblica utilit, in quanto la liberalit sia sproporzionata al patrimonio del donante; - i pagamenti anticipati di crediti che scadono il giorno della dichiarazione di fallimento o successivamente.

Atti soggetti ad azione revocatoria


In alcune ipotesi il curatore pu agire in giudizio chiedendo la revoca di determinati atti. L inefficacia in questi casi non opera di diritto, ma conseguenza della sentenza di revoca emessa dal tribunale. Il curatore pu anzitutto esercitare l azione revocatoria ordinaria, cio l azione prevista nel Codice Civile (art. 2901) con la quale il creditore pu chiedere che vengano dichiarati inefficaci nei suoi confronti gli atti di disposizione del debitore pregiudizievoli alle sue ragioni. Perch l azione venga accolta il curatore dovr dimostrare: a) che l atto di disposizione era pregiudizievole per le ragioni dei creditori concorrenti; b) che tanto il debitore quando il beneficiario dell atto erano a conoscenza di tale pregiudizio, che viene ravvisato nell avere provocato o aggravato il dissesto. In secondo luogo, il curatore pu esercitare l azione revocatoria fallimentare, che si differenzia da quella ordinaria non soltanto per un minore onere probatorio a carico del curatore, ma soprattutto per il diverso fine perseguito. La disciplina dell azione revocatoria fallimentare prescinde in ogni caso dalla prova che l atto sia stato pregiudizievole per le ragioni dei creditori e si distingue a seconda che l atto in questione sia normale o anormale. Sono considerati dalla legge atti anormali, in base all art. 67, 1 comma, l. fall.: - gli atti a titolo oneroso in cui le prestazioni eseguite o promesse dal fallito sorpassano di oltre un quarto ci che a lui stato dato o promesso; - gli atti estintivi di debiti pecuniari scaduti ed esigibili non effettuati con denaro o altri mezzi normali di pagamento; - i pegni, le anticresi e le ipoteche costituiti per debiti preesistenti. In tutti questi casi l onere della prova a carico del curatore si limita alla dimostrazione che l atto sia stato compiuto nel periodo sospetto nel quale la legge presume che gi sussisteva lo stato di insolvenza. Si reputano, invece, atti normali, in base all art. 67, 2 comma, l. fall.: - i pagamenti di debiti liquidi ed esigibili; - gli atti a titolo oneroso e quelli costitutivi di un diritto di prelazione per debiti. In queste ipotesi il periodo sospetto di 6 mesi e la revoca interviene solo se il curatore dimostra che il terzo conosceva lo stato di insolvenza del debitore. Ai sensi dell attuale 3 comma dell art. 67 l. fall. non sono soggetti all azione revocatoria: a) i pagamenti di beni e servizi effettuati nell esercizio dell attivit d impresa nei termini d uso, espressione che sembra alludere ai pagamenti che siano effettuati non solo con mezzi normali, ma anche nei tempi pattuiti e in pendenza del normale esercizio dell impresa; b) le rimesse effettuate su un conto corrente bancario, purch non abbiano ridotto in maniera consistente e durevole l esposizione debitoria del fallito nei confronti della banca; c) le vendite a giusto prezzo di immobili a uso abitativo, destinati a costituire l abitazione principale dell acquirente o di suoi parenti e affini entro il terzo grado; d) gli atti, i pagamenti e le garanzie concesse su beni del debitore purch posti in essere in esecuzione di un piano che appaia idoneo a consentire il risanamento della esposizione debitoria dell impresa e ad assicurare il riequilibrio della sua situazione finanziaria; e) gli atti, i pagamenti e le garanzie posti in essere in esecuzione del concordato preventivo e dell accordo omologatoai sensi dell art. 182 bis; f) i pagamenti dei corrispettivi per prestazioni di lavoro effettuate da dipendenti ed altri collaboratori del fallito; g) i pagamenti di debiti liquidi ed esigibili eseguiti alla scadenza per ottenere la prestazione di servizi strumentali all accesso alle procedure concorsuali di amministrazione controllata e di concordato preventivo.

Prima della riforma, in mancanza di una norma specifica sulla rilevanza del decorso del tempo riguardo alla possibilit di esercitare l azione revocatoria fallimentare, si riteneva che a questa si applicasse lo stesso termine di prescrizione previsto per l azione revocatoria ordinaria (5 anni) con decorrenza per, non dalla data del compimento dell atto, ma dalla dichiarazione di fallimento. Con la riforma tale sistema stato cambiato: le azioni revocatorie disciplinate nella legge fallimentare non possono essere promosse decorsi 3 anni dalla dichiarazione di fallimento e comunque non dopo 5 anni dal compimento dell atto.

Effetti sui rapporti pendenti


Per quanto riguarda gli effetti dei contratti pendenti, la legge fallimentare distingue a seconda che via stata o no la continuazione provvisoria dell impresa: - in caso positivo: i contratti pendenti proseguono, salvo che il curatore non intenda sospenderne l esecuzione o sciogliergli; - in caso negativo: si applicano gli artt. 72 e seguenti l. fall., i quali a seconda delle diverse figure contrattuali prevedono: a) lo scioglimento automatico del contratto; b) il subingresso automatico del curatore; c) la sospensione del rapporto fino a che il curatore non decida se subentrare o sciogliere il contratto. Salvo che non si tratti di rapporto specificamente regolato dagli artt. 72-bis e seguenti l. fall. se un contratto ancora ineseguito o non compiutamente eseguito da entrambe le parti quando, nei confronti di una di esse, dichiarato il fallimento, l esecuzione del contratto rimane sospesa finch il curatore, con l autorizzazione del comitato dei creditori dichiara di subentrare nel contratto in luogo del fallito o di sciogliersi dal medesimo. I casi di scioglimento di diritto sono quelli dei: - dei contratti di borsa a termine su merci o titoli; - delle operazioni indicate nell art. 203 TUF; - dell associazione in partecipazione; - del conto corrente ordinario e di quello bancario mandato in caso di fallimento del mandatario; - della commissione e dell appalto. Si ha infine subingresso automatico del curatore nei casi: - della locazione di immobili; - dell affitto d azienda; - dell assicurazione contro i danni, in ipotesi di fallimento dell assicurato; - del contratto di edizione; - della vendita riserva dalla propriet in ipotesi di fallimento del venditore; - del factoring in ipotesi di fallimento dell imprenditore; - del leasing in caso di fallimento del concedente. In s il fallimento non costituisce giusta causa di risoluzione del contratto di lavoro subordinato, per esso, tuttavia, prevista in diverse leggi speciali una disciplina ad hoc particolarmente articolata in quanto la tutela dei dipendenti deve combinarsi con la cessazione dell attivit.

IL PROCEDIMENTO FALLIMENTARE E IL FALLIMENTO DELLE SOCIETA


L accertamento del passivo e dei diritti reali mobiliari
In sede fallimentare ogni creditore per partecipare al concorso deve preliminarmente far accertare il suo diritto (cosiddetta verifica dei crediti). Oggetto della verifica il diritto di concorrere: non pertanto sufficiente dimostrare di essere creditore del fallito, ma altres necessario ch e il titolo su cui il credito si fonda sia opponibile alla massa dei creditori. Il provvedimento sulla domanda di insinuazione nel passivo fallimentare ha efficacia meramente endofallimentare: costituisce, cio, il presupposto necessario e sufficiente per partecipare al concorso, ma al di fuori di esso privo di effetti. Bench privo di valore di giudicato, tuttavia, il decreto o la sentenza con la quale il credito stato ammesso al passivo costituisce prova scritta idonea per ottenere un ingiunzione di pagamento contro il debitore una volta chiuso il fallimento. Dopo la fase necessaria innanzi al giudice delegato che si svolge con rito sommario, l eventuale opposizione ai provvedimenti del giudice delegato innanzi al tribunale non ha pi la struttura di un giudizio ordinario a cognizione piena e la decisione viene assunta con decreto non reclamabile in appello, ma solo ricorribile per cassazione. Al procedimento di verifica sono soggetti, oltre ai diritti di credito vantati verso il fallito, anche i diritti reali e pers onali, mobiliari e immobiliari, su cose in suo possesso.

La fase di verifica avanti il giudice delegato


Il curatore, sulla base delle scritture contabili del fallito e delle altre notizie disponibili, deve compilare un elenco dei cr editori e dei titolari di diritti reali e personali su beni mobili e immobili e inviargli un avviso per raccomandata comunicando, oltre all invito a partecipare al concorso, la data fissata per l esame dello stato passivo e quella entro cui la domanda va p resentata (art. 92, 1 comma, l. fall.). Le domande dei creditori e dei titolari di diritti reali mobiliari vanno depositate nel termine perentorio di almeno 30 giorni prima dell udienza fissata per l esame dello stato passivo e devono indicare: - i dati anagrafici dei richiedenti; - la somma del credito; - le eventuali ragioni di prelazione; - i documenti giustificativi.

L omessa o incerta indicazione dei dati identificativi della procedura e del ricorrente, della somma o del bene richiesto, delle ragioni di fatto e di diritto della domanda provoca l inammissibilit del ricorso. Se le carenze riguardano, invece, l indicazione del titolo di prelazione o del bene su cui questa viene esercitata, il credit o considerato chirografario. L esame delle domande di ammissione al passivo affidato in via principale al curatore, il quale deve formare gli elenchi separati dei creditori e dei titolari di diritti su beni e depositare il progetto di stato passivo nella cancelleria del tribunale 15 giorni prima dell udienza. I creditori, i titolari di diritti su beni e il fallito possono esaminare il progetto e presentare osservazioni scritte e documenti integrativi fino all udienza. All udienza il giudice delegato pu sentire il fallito e procedere ad atti di istruzione: il giudice decide con decreto succintamente motivato. Viene cos formato lo stato passivo nel quale vengono indicati i crediti e le pretese che il giudice delegato ritiene di accogliere con la specificazione degli e ventuali diritti di prelazione. Lo stato passivo dichiarato esecutivo con decreto del giudice delegato. Il curatore tenuto ad informare tutti i creditori dell esito della domanda.

Le domande tardive
La nuova disciplina delle domande tardive contenuta nell art. 101 l. fall. In linea generale tutte le domande depositate dopo il termine di 30 giorni prima dell udienza fissata per la verifica dello stato passivo sono considerate tardive. Inoltre, non sono pi ammissibili domande tardive decorso il termine di 12 mesi dal deposito dello stato passivo, prorogabile a 18 solo in caso di procedure particolarmente complesse. Decorso tale termine la domanda tardiva ammesso solo provando la non imputabilit del ritardo. Con la dichiarazione tardiva non possono farsi valere crediti gi esclusi dal giudice delegato n elementi accessori o integrativi del credito ammesso dei quali non si era tempestivamente chiesta la verifica.

I gravami contro lo stato passivo


Nei confronti dello stato passivo possono proporre opposizione avanti il tribunale tutti i creditori e i titolari di diritti esc lusi o ammessi con riserva per contestare l esclusione o la riserva e ottenere la modifica dello stato passivo. I creditori, i titolari di diritti ammessi e il curatore possono, invece, impugnare l insinuazione di altri crediti. Infine, curatore, creditori e titolari di diritti, decorsi i termini per opposizione e impugnazione, possono chiedere la revocazione del provvedimento di ammissione o di rigetto qualora esso sia stato determinato da falsit, dolo, errore essenziale di fatto oppure mancata conoscenza di documenti decisivi. Per tutte le ipotesi di gravame il procedimento unico ed regolato nell art. 99 l. fall. Le impugnazioni hanno la forma del procedimento in camera di consiglio e si propongono con ricorso entro il termine di 30 giorni dalla comunicazione o, in caso di revocazione, dalla scoperta del fatto o del documento. Il ricorso deve contenere gli elementi indicati all art. 99, 2 comma l. fall. e, in particolare, a pena di decadenza, le eccezioni processuali e di merito non rilevabili d ufficio, nonch l indicazione specifica dei mezzi di prova di cui il ricorrente intende avvalersi e dei documenti prodotti. All udienza il tribunale, sentite le parti, assume anche d ufficio i mezzi di prova. Il tribunale provvede, entro 60 giorni dall udienza o dalla scadenza dell eventuale termine per il deposito di memorie, con decreto che impugnabile solo con il ricorso in cassazione.

L amministrazione del patrimonio fallimentare


Il curatore deve anzitutto provvedere a prendere possesso dei beni e delle attivit compresi nel patrimonio fallimentare: una fase regolamentata negli artt. 84-90 l. fall. nel cui ambito

assume particolare importanza la redazione dell inventario. Successivamente il curatore deve occuparsi della conservazione dei beni al fine di procedere poi alla loro vendita forzata nell interesse dei creditori. Le linee guida dell amministrazione del patrimonio del curatore devono essere delineate nel programma di liquidazione.

Le vendite fallimentari
L approvazione del programma di liquidazione segna il momento a partire dal quale il curatore pu procedere alla realizzazione dell attivo. La riforma ha introdotto numerose modifiche in tema di modalit di vendita dei beni del fallimento, soprattutto al fine di co nsentire una realizzazione dell attivo rapida e proficua. In particolare il curatore ha acquistato maggiore autonomia nella scelta dei modi dell alienazione dei beni non dovendo pi seguire le regole previste in tema di esecuzione forzata dal Codice di Procedura Civile. In linea generale, il curatore procede alla liquidazione dell attivo in esecuzione del programma di liquidazione tramite procedure competitive : quindi il legislatore non pone procedimenti predefiniti, richiedendo soltanto che la vendita sia il frutto di una gara e che venga assicurata adeguata pubblicit della vendita ai possibili interessati. Per i beni immobili e gli altri beni iscritti nei pubblici registri, prima del completamento delle operazioni di vendita deve esserne data notizia ai creditori ipotecari e privilegiati. La vendita dei beni pu essere sospesa dal curatore nel caso in cui pervenga un offerta migliorativa di almeno 1/10 del prezzo offerto. L art. 108 l. fall. prevede il potere del giudice delegato, su istanza del fallito, del comitato dei creditori o di altri interessati, di sospendere le operazioni di vendita se ricorrono gravi e giustificati motivi o per evitare vendite a prezzo notevolmente inferiore a quello di mercato. L art. 105 l. fall. prevede un articolata disciplina della vendita dell azienda. La legge tende ad agevolare tali tipologie di vendita con varie disposizioni. In particolare: y la liquidazione dei singoli beni pu essere disposta solo quando risulta prevedibile che la vendita in blocco dell intero complesso aziendale non consenta una maggiore soddisfazione dei creditori;

y si ammettono, in sede di consultazioni sindacali, soluzioni flessibili in ordine alla sorte dei rapporti di lavoro ; y nella cessione di azienda si esclude, salvo diverso accordo, la responsabilit dell acquirente per i debiti precedenti al trasferimento; y la cessione dei crediti aziendali ha effetto nei confronti dei terzi dall iscrizione del trasferimento nel registro delle imp rese; y prevista la continuit di privilegi e garanzie in favore del cessionario; y il curatore pu utilizzare, per realizzare l effetto del trasferimento, strumenti diversi dalla cessione, come il conferiment o in societ di nuova costituzione; y l acquirente pu anche pagare il prezzo mediante accollo di debiti, purch non sia alterata la graduazione dei crediti, cio l ordine e la misura del pagamento dei creditori concorrenti.

La ripartizione dell attivo


L intera procedura fallimentare finalizzata alla ripartizione fra i creditori del ricavato dalla vendita forzata dei beni e delle attivit compresi nel patrimonio concorsuale. Al riguardo sono stabilite regole sostanziali e procedurali. Dal punto di vista sostanziale l art. 111 l. fall. indica l ordine di graduazione nei riparti: 1) al primo posto viene il pagamento dei cosiddetti crediti prededucibili, cio di quelli cos qualificati da una disposizione di legge e di quelli sorti in occasione o in funzione delle procedure concorsuali previste dalla legge. Si tratta, in sostanza, delle spese relative a l funzionamento della procedura e di quelle assunte in pendenza di un eventuale precedente concordato preventivo non andato a buon fine; 2) al secondo posto viene il pagamento dei crediti ammessi con prelazione (crediti privilegiati); 3) all ultimo posto viene il pagamento dei crediti chirografari, in proporzione all ammontare per cui ciascuno stato ammesso nello stato passivo.

Il progetto di riparto predisposto autonomamente dal curatore. Il giudice delegato non pu apportarvi modifiche, ma si limita ad ordinarne il deposito in cancelleria e a disporre che tutti i creditori ne siano avvisati. I creditori, entro 15 giorni, possono proporre reclamo nelle forme di cui all art. 26 l. fall. Decorso tale termine, il piano di riparto dichiarato esecu tivo dal giudice delegato. Contro il decreto di esecutivit ammesso reclamo avanti al giudice delegato, successivamente sono possibili il reclamo avanti il tribunale ai sensi dell art. 26 l. fall. e il ricorso per cassazione. Prima della ripartizione finale, il curatore deve presentare al giudice il rendiconto della sua gestione, la cui approvazione avviene in contradditorio con i creditori e ogni interessato.

La cessazione del fallimento: i casi di chiusura diversi dal concordato


Il fallimento si chiude nei seguenti casi: 1) se nei termini stabiliti nella sentenza dichiarativa non sono state presentate domande di insinuazione; 2) quando le ripartizioni raggiungono l intero ammontare dei crediti ammessi; 3) quando compiuta la ripartizione finale dell attivo; 4) quando la procedura non possa essere utilmente continuata per insufficienza di attivo, cio quando non possono essere soddisfatti neppure in parte n i crediti concorsuali n quelli prededucibili e le spese di procedura. Particolare il caso del concordato. Il decreto di chiusura emanato dal tribunale su istanza del curatore, del debitore o d ufficio ed reso pubblico nelle forme previste per la sentenza dichiarativa di fallimento. Il decreto che dichiara la chiusura della procedura reclamabile. Con la chiusura cessano gli effetti del fallimento sul patrimonio del fallito e le conseguenti incapacit personali e decadon o gli organi della procedura. Una delle principali novit della legge fallimentare riguarda gli effetti d ella chiusura del fallimento: l introduzione dell istituto dell esdebitazione (valido solo per le persone fisiche) finalizzato a consentire al debitore di chiudere definitivamente le sue pendenze e avviare eventualmente nuove iniziative. In linea generale, con la chiusura del fallimento i creditori possono agire contro il fallito per il pagamento dei crediti non soddisfatti. Tuttavia, l art. 142 l. fall. ammette il fallito persona fisica al beneficio della liberazione dai debiti residui nei confronti dei cr editori concorsuali non soddisfatti solo a condizione che: a) abbia cooperato lealmente con gli organi della procedura; b) non abbia in alcun modo ritardato la procedura; c) non abbia violato le norme relative alla gestione della sua corrispondenza; d) non abbia beneficiato di altra esdebitazione nei 10 anni precedenti la richiesta; e) non abbia distratto l attivo o esposto passivit inesistenti; f) non sia stato condannato per bancarotta fraudolenta. L esdebitazione, cio la dichiarazione di inesigibilit nei confronti del fallito dei crediti concorsuali non soddisfatti, pronunciata dal tribunale con il decreto di chiusura del fallimento o

nell anno successivo su ricorso del debitore. In certi casi il fallimento pu essere riaperto. Ci avviene qualora non sia stata dichiarata l esdebitazione, nei casi di chiusura per ripartizione finale o per insufficienza di attivo, su is tanza del debitore o di qualunque creditore, se risulti che nel patrimonio del fallito esistano attivit in misura tale da rendere utile la riapertura o quando il fallito offra garanzia di pagare almeno il 10& dei crediti vecchi e nuovi.

Il concordato fallimentare
Un caso particolare di chiusura della procedura quello del concordato. Si tratta di una forma di chiusura basata sull accordo tra debitore e creditori approvato dal tribunale e che ha come effetto la sistemazione definitiva della posizione debitoria del fallito (esdebitazione) tramite il pagamento in percentuale o dilazionato dei creditori chirografari e quello integrale dei creditori privilegiati. La domanda di concordato pu essere proposta dal fallito, o anche da uno o pi creditori o da un terzo. Il fallito non pu presentare domanda di concordato prima del decorso di un anno dalla dichiarazione di fallimento o dopo 2 anni dal decreto che rende esecutivo lo stato passivo. Per quanto riguarda il contenuto della proposta: a) la proposta di concordato pu prevedere la suddivisione dei creditori in classi, sottoposte a trattamenti differenziati, con l unico limite di non alterare l ordine delle cause legittime di prelazione; b) concesso ampia autonomia ai proponenti in ordine al contenuto e alle modalit di pagamento dei debiti; c) possibile prevedere il soddisfacimento parziale dei creditori muniti di diritto di prelazione, purch in misura non inferiore a quella realizzabile dalla vendita del bene oggetto della prelazione; d) all assuntore possono essere ceduti, oltre ai beni, anche le azioni della massa, purch autorizzate dal giudice delegato. Per quanto riguarda il procedimento concordatario, vi intervengono gli organi della procedura e i creditori. In particolare: y il giudice delegato deve preliminarmente acquisire il parere del curatore in ordine ai presumibili risultati della liquidazione ed alle garanzie offer te. Secondariamente, il giudice delegato acquisisce il parere favorevole del comitato dei creditori e ordina che la proposta venga comunicata ai creditori, informandoli che la mancata risposta sar considerata come voto favorevole. E , quindi, il comitato dei creditori a esprimere un parere decisivo sulla convenienza del concordato.

y in caso di suddivisione dei creditori per classi la proposta va sottoposta al giudizio del tribunale che verifica il corretto utilizzo dei criteri di cui all art. 124, 2 comma lett. a) e b) l. fall. per la formazione e il trattamento delle classi; y in caso di pluralit di proposte, spetta al comitato dei creditori scegliere quella da sottoporre alla votazione dei creditori; y alla votazione dei creditori, attuata con il meccanismo del silenzio-assenso, partecipano i creditori dell elenco provvisorio per il caso di proposta presentata prima della formazione dello stato passivo, altrimenti partecipano i creditori ammessi allo st ato passivo. Il voto spetta a tutti i creditori ammessi al passivo , anche con riserva, salvo: - il coniuge, i parenti e gli affini del fallito ; - le societ controllanti o controllate del fallito; - coloro che abbiano acquistato un credito concorsuale nei confronti del fallito dopo l apertura del concorso. Sono privi del diritto di voto anche i creditori privilegiati. y per l approvazione sufficiente il voto favorevole dei creditori che rappresentino la maggioranza dei crediti ammessi al voto. Ove siano previste diverse classi di creditori, inoltre richiesto che, nel maggior numero delle classi, la proposta riporti il voto f avorevole dei creditori che rappresentano, in ciascuna di esse, la maggioranza dei crediti ammessi al voto.

y una volta effettuata la votazione, il curatore presenta al giudice delegato una relazione sul loro esito e quest ultimo, se la proposta stata approvata, dispone che il curatore ne dia immediata comunicazione al proponente, affinch richiede l omologazione del concordato, al fallito e ai creditori dissenzienti, e contestualmente fissa un termine per la proposizione di eventuali opposizioni, e per il deposito da parte del comitato dei creditori di una relazione motivata col suo parere definitivo. La relazione redatta e depositata dal curatore nei 7 giorni successivi. Se nel termine fissato non vengono proposte opposizioni, il tribunale verificata la regolarit della procedura e l esito della votazione, omologa il concordato con decreto motivato non soggetto a gravame. In caso di opposizioni, invece, il tribunale provvede con decreto motivato dopo avere assunto i mezzi istruttori richiesti dalle part i o disposti d ufficio. Divenuto definitivo il decreto di omologazione, il tribunale dichiara chiuso il fallimento.
Il concordato ha effetti positivi sia per i creditori, sia per il debitore : - per i creditori: un trattamento migliore rispetto a quello che otterrebbero dalla liquidazione fallimentare; - per il debitore: consente di procurarsi automaticamente l esdebitazione, in quando dopo l omologazione egli liberato per la percentuale che eccede quella promessa e accettata. Dopo l omologazione il giudice delegato, il curatore e il comitato dei creditori sorvegliano l adempimento del concordato sec ondo le modalit stabilite nella sentenza di omologazione. Il concordato pu essere: - risolto: su istanza di qualunque creditore, se le garanzie promesse non vengono costituite o il fallito non adempie regolarmente gli obblighi derivanti dal concordato; - annullato: su istanza di un creditore o del curatore, se si scopre che il debitore aveva dolosamente esagerato il passivo o sottratto una parte rilevante dell attivo.

Il fallimento delle societ


La disciplina del fallimento tuttora strutturata sul modello dell imprenditore individuale. Nella moderna economia, tuttavia, la gran parte degli imprenditori soggetti a fallimento di tipo societario. Per quanto riguarda la legittimazione a richiedere il fallimento, sembra prevalente la tesi che la pone in capo agli amminist ratori, ma non manca chi nelle societ di persone la riconosce ai soci e nelle societ di capitali all assemblea straordinaria. In base all art. 147 l. fall. il fallimento della societ che abbia soci a responsabilit illimitata produce anche il fallimento per sonale di costoro (cosiddetto fallimento in estensione). Questi ultimi falliscono anche se non sono imprenditori e a prescindere dalla ricorrenza o no di uno stato di insolvenza personale: titolo necessario, ma anche sufficiente, per il loro fallimento, la partecipazione alla societ in qualit di soci illimitatamente responsabili. Altro quesito riguardava il termine entro il quale poteva essere dichiarato l ex-socio. L art. 147, 2 comma, l. fall. stabilisce che il socio il cui rapporto sociale o la cui responsabilit illimitata sia venuta meno, non pu essere dichiarato fallito trascorso un anno dal compimento delle formalit necessarie per rendere noti ai terzi gli atti da cui deriva la cessazione della societ. In tal caso il fallimento in estensione possibile solo se l insolvenza attenga, in tutto o in parte, a debiti esistenti alla data della cessazione della responsabi lit illimitata. Prima che ne sia dichiarato il fallimento, i soci illimitatamente responsabili devono essere convocati in camera di consiglio per essere messi in grado di esercitare il diritto di difesa. Qualora risulti l esistenza di altri soci illimitatamente responsabili dopo la dichiarazione di fallimento della societ, il tribunale pronunzia il fallimento dei medesimi dopo averli sentiti in camera di consiglio. E il caso del socio occulto di societ palese.

L art. 147. 4 comma, l. fall. sancisce, poi, la fallibilit della societ occulta: se dopo la dichiarazione di fallimento di una impresa individuale, risulti che essa rif eribile a una societ di cui il fallito socio illimitatamente responsabile, viene dichiarato il fallimento della societ e degli altri soci.

LE ALTRE PROCEDURE CONCORSUALI


La liquidazione coatta amministrativa: nozione e ambito di applicazione
Per alcune categorie di imprese, in considerazione della loro rilevanza per l interesse pubblico, il fallimento sostituito o affiancato dalla liquidazione coatta amministrativa. Per quanto riguarda i presupposti oggettivi, non sempre lo stato di insolvenza il presupposto oggettivo per l apertura della procedura, talvolta, come nel settore bancario, esso sostituito dalla previsione di perdite patrimoniali di eccezionale gravit. La liquidazione coatta amministrativa pu essere disposta anche per irregolarit nell amministrazione o per violazioni delle disposizioni legislative, amministrative o statutarie che presentino carattere di eccezionale gravit.

Per quanto riguarda lo scopo, mentre il fallimento finalizzato al soddisfacimento dei creditori concorsuali, la finalit della liquidazione coatta amministrativa l interruzione dell attivit di un operatore, matrimonialmente o gestionalmente, non sano. La natura amministrativa della procedura si riflette anche nell identificazione dei soggetti competenti a disporla e che ne dirigono lo svolgimento: il ruolo dell autorit giudiziaria solo eventuale ed ridotto alla dichiarazione dello stato di insolvenza.

Lo svolgimento della procedura


Il provvedimento che dispone la liquidazione coatta amministrativa pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale ed comunicato per l iscrizione all ufficio del registro delle imprese, in quanto atto amministrativo impugnabile avanti al TAR. Gli organi della procedura consistono: - in 1 o 3 commissari liquidatori: che nell esercizio delle loro funzioni assumono la qualit di pubblici ufficiali e svolgono funzioni analoghe a quelle del curatore fallimentare; - in un comitato di sorveglianza composto da 3 o 5 membri: scelti tra esperti della materia, possibilmente creditori. L autorit amministrativa che sovraintende allo specifico settore assume funzioni direttive e di vigilanza che riassumono quelle proprie del tribunale del giudice delegato nel fallimento. Dalla data del provvedimento si applicano le norme sugli effetti patrimoniali del fallimento per il fallito e per i creditori e quelle sui rapporti pendenti. Se si tratta di societ o persona giuridica, cessano anche le funzioni dei rispettivi organi. L eventuale insolvenza viene accertata sempre in sede giudiziale con sentenza e ci pu avvenire sia prima che dopo la messa in liquidazione coatta amministrativa. Peculiarit della liquidazione coatta amministrativa rispetto al fallimento che lo stato passivo viene formato d ufficio dal commissario liquidatore sulla base delle scritture contabili dell impresa e delle eventuali comunicazioni ricevute dai creditori ai quali deve essere inviato un avviso di quanto risulta a loro credito dalla documentazione reperita. Non vi bisogno, quindi, n di una formale domanda dell interessato n dell intervento del giudice. Lo stato passivo diviene esecutivo con il suo deposito presso la cancelleria del tribunale del luogo ove la sede principale dell impresa. Il commissario ha ampi poteri per la liqu idazione dell attivo. In tema di ripartizione dell attivo vale la graduazione prevista nel fallimento. Prima dell ultimo riparto il commissario deve sottoporre il bilancio finale della liquidazione con il conto della gestione e il piano di riparto tra i creditori, accompagnati da una relazione del comitato di sorveglianza, all autorit di vigilanza. Questa autorizza il deposito di detti documenti nella cancelleria del tribunale e liquida il compenso del commissario. Dell avvenuto deposito data notizia mediante pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale. Entro 20 giorni gli interessati possono proporre, con ricorso al tribunale le loro contestazioni. Anche nella liquidazione coatta amministrativa possibile la chiusura per concordato. La proposta di concordato deve essere previamente autorizzata, su parere del commissario e sentito il comitato di sorveglianza, dall autorit di vigilanza. Non prevista la votazione dei creditori. Quindi, una volta che la proposta autorizzata sia stata depositata nella cancelleria del tribunale e pubblicata si apre la fase dell omologazione. Il tribunale decide sentito il parere dell autorit e tenuto conto delle eventuali opposizioni presentate dagli interessati e ntro 30 giorni dal deposito della proposta.

Banche e intermediari mobiliari


In caso di liquidazione coatta amministrativa i clienti delle banche e societ di intermediazione mobiliare fruiscono di una specifica tutela costituita dai sistema di garanzia dei depositanti e dai sistemi di indennizzo degli investitori. Ogni banca, a pena di revoca dell autorizzazione all esercizio dell attivit ( art. 96 quater TUB) deve aderire a un sistema di garanzia dei depositanti. Si tratta di sistemi mutualistici che vengono alimentati con risorse fornite dalle banche e sono destinati a intervenire in caso di dissesto della banca per effettuare il rimborso dei crediti relativi ai fondi acquisiti dalle banche con obbligo di restituzione.

Un analogo meccanismo di tutela previsto nell art. 59 TUF per i servizi di investimento tramite i sistemi di indennizzo degli investitori. Al rimborso sono ammessi solo i crediti rappresentati da somme di denaro e da strumenti finanziari derivanti da operazioni di investimento vantati nei confronti di banche, societ di intermediazione mobiliare e intermediari finanziari, il tetto di rimborso per ciascun investitore fissato in 20000 euro. Infine, in entrambi i settori, alla liquidazione coatta amministrativa, si aggiunge altra procedura denominata amministrazione straordinaria, che pu essere disposta dal Ministro dell Economia, su proposta dell autorit di vigilanza, in presenza degli stessi presupposti della liquidazione coatta amminis trativa privi, per, del requisito dell eccezionalit della gravit.

L amministrazione straordinaria delle gran di imprese


L amministrazione straordinaria una procedura concorsuale (che non ha nulla a che vedere con la procedura tipica del settore bancario e finanziario) disciplinata nel d. lgs. 270/1999 con finalit conservative del patrimonio produttivo, mediante prosecuzione, riattivazione o riconversione delle attivit imprenditoriali. E riservata alle imprese anche individuali, soggetti alle disposizioni sul fallimento che: a) abbiano non meno di 200 dipendenti, compressi quelli in cassa integrazione, da almeno un anno; b) abbiano debiti per un ammontare complessivo non inferiore ai 2/3 tanto del totale dell attivo dello stato patrimoniale che dei ricavi provenienti delle vendite e dalla prestazioni dell ultimo esercizio; c) siano insolventi; d) presentino concrete prospettive di recupero dell equilibrio economico. L accertamento dei presupposti della procedura avviene in due stadi. I primi tre requisiti vengono riscontrati immediatamente dal tribunale che, in caso positivo, dichiara con sentenza lo stato di insolvenza: l assenza di uno dei primi due requisiti porter alla dichiarazione di fallimento. Il quarto, invece, verificato dopo un cosiddetto periodo di osservazione in esito al quale il tribunale decide se decretare l apertura della procedura di amministrazione straordinaria, oppure, in caso negativo, dichiarare il fallimento. A differenza della liquidazione coatta amministrativa il fondamento dell amministrazione straordinaria non consiste nella natura del soggetto imprenditore o nella sua appartenenza a un settore economico sensibile, ma soltanto nelle sue dimensioni calibrate sulla forza lavoro impiegata e sulla massa debitoria.

La fase preliminare di osservazione


L insolvenza dichiarata con sentenza dal tribunale. Il tribunale deve coinvolgere il Ministro dello sviluppo economico gi nella fase istruttoria e in quella della scelta del commissario giudiziale e la sentenza deve essergli immediatamente comunicata. Non viene nominato un curatore, ma 1 o 3 commissari giudiziali. Sul presupposto che provvisoriamente l esercizio dell impresa continua, nella sentenza viene stabilito se la gestione lasci ata all imprenditore insolvente o affidata al commissario. Compito del commissario la predisposizione in breve termine di una relazione sulle cause dell insolvenza con una valutazione motivata sull esistenza delle condizioni di recupero dell equilibrio economico. Tale relazione va depositata nella cancelleria del tribunale e trasmessa al Ministro il quale formula un parer e in ordine all ammissione alla procedura di amministrazione straordinaria.

Ogni altro interessato pu depositare in cancelleria osservazioni scritte. Sulla base di relazione, parere e osservazioni il tribunale decide se ammettere l impresa all amministra zione straordinaria oppure dichiararne il fallimento. L ammissione all amministrazione straordinaria subordinata alla presenza di concrete prospettive di recupero dell equilibrio economico tramite: a) cessione dei complessi aziendali sulla base di un programma di prosecuzione dell impresa di durata non superiore a un anno; b) ristrutturazione economica e finanziaria dell impresa sulla base di un programma di risanamento di durata non superiore a 2 anni oppure qualora si tratti di societ operanti nel settore dei servizi pubblici essenziali, cessione dei complessi di beni e contratti sulla base di un programma di prosecuzione dell e sercizio dell impresa di durata non superiore a un anno finalizzato alla cessione. In caso di valutazione negativa viene dichiarato con decreto il fallimento al quale si applicano le norme ordinarie. In caso positivo, viene dichiarata aperta la procedura di amministrazione straordinaria. In entrambe le ipotesi il decreto reclamabile avanti la corte d appello.

La procedura di amministrazione straordinaria


Con l apertura della procedura il commissario giudiziale viene sostituito da 1 o 3 commissari straordinari di nomina ministeriale. Il ministero vigila sul suo svolgimento. Il Ministro provvede alla nomina di un comitato di sorveglianza, composto da 3 o 5 soggetti che ha funzioni consultive e di vigilanza. Il commissario straordinario pubblico ufficiale per quanto attiene all esercizio delle sue funzioni e ha la gestione dell impresa e l amministrazione de i beni dell imprenditore insolvente. Richiedono l autorizzazione ministeriale solo: a) gli atti di alienazione e di affitto di aziende; b) gli atti di alienazione e di locazione di beni immobili, di costituzione di diritti reali su medesimi, di alienazione di beni mob ili in blocco. Il commissario revocabile in ogni tempo dal Ministro. Effetti dell apertura della procedura sono: y la conferma del divieto di iniziare o proseguire azioni esecutive individuali gi conseguente alla dichiarazione di insolvenza; y la possibilit del commissario di sciogliersi o di subentrare in qualsiasi contratto pendente che sino alla scelta continua ad avere esecuzio ne; y l applicazione delle norme fallimentari relative all inefficacia e alla revoca degli atti pregiudizievoli ai creditori. Lo svolgimento della procedura caratterizzato dalla continuazione dell esercizio dell impresa e dall esecuzione del programma di recupero che viene predisposto, entro 60 giorni dall apertura dell amministrazione straordinaria, dal commissario straordinaria sotto la vigilanza del ministero, in modo da salvaguardare l unit operativa dei complessi aziendali, tenuto conto degli interessi dei creditori. L attuazione del programma di recupero disciplinata negli artt. 61 e seguenti d. lgs. 270/1999.

Al riguardo viene previsto che il valore delle aziende e dei rami di azienda da vendere debba essere preventivamente determinato da uno o pi esperti nominati dal commissario, i quali devono tener conto della redditivit, anche negativa, all epoca della stima e nel biennio successivo. L acquirente deve impegnarsi per almeno un biennio a proseguire le attivit imprenditoriali e a mantenere per il medesimo periodo i velli occupazionali stabiliti all atto della vendita. Le modalit di soddisfacimento dei creditori concorsuali sono differenziate a seconda del tipo di programma di recupero: - con quello di risanamento: il soddisfacimento delle pretese dei creditori avviene con il ritorno in bonis dell imprenditore; - con quello di cessione: la ripartizione dell attivo tra i creditori avviene in sede giudiziali tramite i riparti parziali, a cadenza quadrimestrale, e il riparto finale secondo le regole proprie del fallimento.

La conversione e la cessazione dell amministrazione straordinaria


La prosecuzione della procedura di amministrazione straordinaria subordinata all esistenza di concrete prospettive di recupero dell equilibrio economico: qualora queste vengano meno, in qualsiasi momento, il tribunale con decreto dispone la conversione della procedura in fallimento. Si ha invece chiusura della procedura: a) qualora nel termine previsto nella sentenza dichiarativa dell insolvenza non siano state presentate domande di ammissione al passivo; b) se l imprenditore abbia recuperato la capacit di soddisfare regolarmente le proprie obbligazioni; c) con il passaggio in giudicato della sentenza che approva il concordato. In caso di programma di cessione la procedura si chiude altres: d) qualora i creditori ammessi allo stato passivo siano stati pagati integralmente; e) quando compiuta la ripartizione finale dell attivo.

La disciplina dei gruppi


Particolare nell amministrazione straordinaria la disciplina dei gruppi di societ. La sottoposizione ad amministrazione straordinaria di un impresa facente parte di un gruppo (procedura madre) comporta l attrazione alla procedura speciale delle altre imprese insolventi del gruppo: a) che abbiano concrete prospettive di recupero dell equilibrio economico; b) qualora risulti opportuna la gestione unitaria dell insolvenza in quanto idonea ad agevolare il raggiungimento degli obiettivi della procedura. Ai fini della procedura si considerano come appartenenti al gruppo: a) le imprese che controllano direttamente o indirettamente la societ sottoposta alla procedura madre; b) le societ direttamente o indirettamente controllate dall impresa sottoposta alla procedura madre; c) le imprese che, per la composizione degli organi amministrativi o sulla base di altri elementi, risultano soggette a una dire zione comune a quella dell impresa sottoposta alla procedura madre. L accertamento dei presupposti e delle condizioni per l ammissione all amministrazione straordinaria spetta al tribunale del luogo ove ha sede l impresa di gruppo. Altre conseguenze dell estensione di gruppo dell amministrazione straordinaria sono le seguenti: y il commissario giudiziale, quello straordinario e il curatore dell impresa dichiarata insolvente possono presentare contro gli amministratori e i sindaci delle societ del gruppo non sottoposte alla procedura la denunzia del sospetto di gravi irregolarit e possono esserne nominati amministratori giudiziali;

y il periodo sospetto per l esercizio dell azione revocatoria fallimentare nei confronti di societ del gruppo aumentato: ove normalmente di un anno diventa di 5, ove di 6 mesi diventa di 3 anni; y nei casi di direzione unitaria delle imprese del gruppo, gli amministratori delle societ che ne hanno abusato rispondono in solido con gli amministratori della societ dichiarata insolvente dei danni da questi cagionati.

L amministrazione straordinaria delle grandissime imprese


In occasione del dissesto di importanti societ il legislatore intervenuto prevedendo per le imprese con particolari requisiti dimensionali, una serie di deroghe alle disposizioni

dell amministrazione straordinaria. In questo ambito si applicano le norme del d. lgs. 270/1999 ma la disciplina stata ulteriormente frammentata dal decreto Alitalia emanato in occasione dell insolvenza del noto vettore aereo. Possono accedere a questa variante dell amministrazione straordinaria le imprese insolventi che abbiano i seguenti requisiti: a) lavoratori subordinati, compresi quelli in cassa integrazione, non inferiori a 500 da almeno un anno; b) debiti per un ammontare complessivo non inferiore a 300 milioni di euro. La richiesta di ammissione alla procedura va richiesta direttamente al Ministro dello sviluppo economico senza passare attraverso la fase giudiziale preliminare. La legittimazione esclusiva a presentarla spetta all imprenditore. Il Ministro, valutati i requisiti previsti dalla legge, decreta l ammissione immediata alla procedura e nomina il commissario straordinario. Il decreto di ammissione comporta lo spossessamento del debitore e l affidamento al commissario della gestione dell impresa e dell amministrazione dei beni dell insolvente. Contestualmente alla richiesta al Ministro, il debitore deve anche presentare ricorso per la dichiarazione dello stato di insolvenza al tribunale in cui si trova la sede principale dell impresa. Il tribunale deve provvedere con sentenza entro 15 giorni dalla comunicazione del decreto ministeriale di apertura della procedura. Dopo la dichiarazione dello stato di insolvenza il ministero pu autorizzare il commissario a compiere oper azioni di cessione e di utilizzo di beni, di aziende o di rami di aziende dell impresa finalizzata alla ristrutturazione o alla salvaguardia del valore economico e produttivo totale o parziale dell impresa o del gruppo. Entro 180 giorni dalla nomina, il commissario deve presentare il programma di ristrutturazione o di cessione. Contestualmente al programma, che va presentato al Ministro per l autorizzazione, il commissario deve anche presentare al giudice delegato una relazione particolareggiata delle cause di insolvenza accompagnata dallo stato analitico ed estimativo delle attivit e delle passivit. Qualora il Ministro non autorizzi il programma il tribunale, sentito il commissario, dispone la conversione della procedura i n fallimento.

La disciplina per le imprese operanti nel settore dei servizi pubblici essenziali
Per le imprese operanti nel settore dei servizi pubblici essenziali il decreto Alitalia ha stabilito due rilevanti deroghe: y con la prima deroga, stata sospesa solo per le operazioni effettuate entro il 30 giugno 2009, cio solo per il caso Alitalia,, l applicazione di parte della disciplina a tutela della concorrenza e del mercato. Con disposizione di dubbia legittimit costituzionale, le operazioni di concentrazione realizzate nell ambito della procedura sono state definite a priori come rispondenti a interessi generali e, in quanto tali, esclude dalla necessit dell autorizzazione dell AGCM.

y con la seconda deroga, si sancito che l ammissione all amministrazione straordinaria non comporta, per un periodo di 6 mesi dalla data di ammissione, il venir meno dei requisiti per il mantenimento delle eventuali autorizzazioni, certificazioni, licenze, concessioni o altri titoli p er l esercizio e la conduzione delle relative attivit svolte.

Il concordato

Peculiare di questa procedura la disciplina del concordato. Questi gli aspetti salienti: y la legittimazione a proporlo spetta al commissario, il quale pu prevederlo gi nel programma di ristrutturazione;

y la proposta concordataria pu prevedere: - la suddivisione in classi dei creditori; - trattamenti differenziati fra creditori appartenenti a classi diverse; - la ristrutturazione dei debiti e la soddisfazione dei creditori attraverso qualsiasi forma tecnica o giuridica; - l attribuzione a un assuntore (cio a un soggetto che si obbliga a effettuare il pagamento dei creditori nei termini stabiliti) delle attivit delle imprese interessate alla proposta di concordato. y la possibilit di un unica proposta di concordato per pi societ del gruppo; y la proposta di concordato va pubblicizzata nelle forme indicate dal giudice delegato e comunque, in Gazzetta Ufficiale. Il giudice delegato fissa il termine ent ro il quale il debitore, i creditori e ogni altro interessato possono svolgere osservazioni sull elenco dei creditori formato dal commissario. y le operazioni di accertamento del passivo vengono interrotte e sostituite da una procedura nella quale il giudice delegato forma gli elenchi dei creditori ammessi, di quelli ammessi con riserva, e di quelli esclusi, con indicazione dei relativi importi e delle cause di prelazione. Gli elenchi, depositati presso la cancelleria del tribunale, sono dichiarati esecutivi con decreto del giudice delegato, vengono comunicati dal commissario ai creditori con raccomandata e sono soggetti a pubblicit. y il giudice delegato dispone le modalit e i termini della votazione. Il concordato approvato se riporta il voto favorevole della maggioranza dei crediti ammessi al voto. Si considerano assenzienti i creditori che nel termine previsto non fanno pervenire il proprio voto, o che non si legittimano al voto. y il tribunale approva il concordato senza svolgere alcun sindacato di merito riguardante la convenienza della proposta, ma controllando solo la sussistenza della maggioranza dei voti favorevoli. y la sentenza che approva o respinge il concordato pubblicata nelle forme previste dalla legge, produce effetti nei confronti di tutti i creditori. y la procedura si chiude con il passaggio in giudicato della sentenza che approva il concordato.

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