Sei sulla pagina 1di 39

IL CASO DI ALVARO

PRESENTAZIONE DEL CASO CLINICO

1. GENERALITÀ

Alvaro è un uomo di 50 anni. È sposato da 25 anni con Adriana, 48 anni,


casalinga, e ha due figli: Riccardo di 24 anni, elettricista, e Alessia, 21 anni,
operaia. Vivono entrambi ancora in famiglia.
Lavora da 10 anni come magazziniere in una ditta.
È un uomo semplice, con un modesto livello di cultura. Ha conseguito la
licenza media, dopo aver ripetuto un anno, e poi ha subito iniziato a lavorare,
sempre in qualità di operaio.
Viene da una famiglia numerosa e di modeste condizioni economiche e
sociali: il padre è deceduto da 15 anni, la madre, molto anziana, abita nello stesso
condominio di Alvaro. È l’ultimo di quattro fratelli: due sorelle molto più anziane
di lui e un fratello di 10 anni più grande.
Alvaro è dedito quasi esclusivamente al lavoro e alla famiglia. Non ha
hobby particolari e non ama particolarmente uscire e frequentare persone, al di
fuori della sua famiglia.

2. IL PRIMO COLLOQUIO

Alvaro arriva in consultazione, inviato dallo psichiatra che lo ha in cura da


poco.
È una persona umile, semplice e, forse anche per effetto di una folta barba
brizzolata, sembra molto più anziano di quanto non sia.
È molto agitato e comunica di avere qualche difficoltà a parlare dei suoi
problemi, anche se ritiene indispensabile affrontare le sue difficoltà per risolverle,
una volta per tutte.
Inizia, raccontando che è quasi un anno che si assenta regolarmente dalla
ditta dove lavora, presentando certificati medici. Il motivo di questi periodi di
assenza è legato alla presenza di fortissima ansia e angoscia al pensiero di andare
sul posto di lavoro.
«Alle 4 del mattino, quando suona la sveglia per andare al lavoro, mi
accorgo di avere paura… Mi ritrovo ogni mattina a vivere un incubo, che, piano
piano, durante la giornata, se non avviene niente di negativo, provo a digerire,
ma non sempre ce la faccio».
Alla richiesta di specificare la causa di questa paura, Alvaro racconta che,
circa due anni or sono, sono iniziate delle “allusioni” nei suoi confronti: «allusioni
che io ho sempre cercato di smorzare dentro di me, di razionalizzare, di vivere
come uno scherzo, ma che, comunque, non ho mai cercato di chiarire con chi me
le proponeva.

1
Il mio pensiero ha iniziato a concentrarsi totalmente su queste allusioni e
ho iniziato a sospettare un complotto nei miei confronti. Tiravo avanti, scherzavo,
cercavo di non pensarci, finché un giorno, circa un anno fa, mi sono state
espresse esplicitamente da due colleghi delle domande inerenti la mia sessualità,
con allusioni circa una mia presunta omosessualità….Questo non ha fatto altro
che confermare i miei sospetti: analizzare questi fatti è molto difficile, l’unica
soluzione logica per me è quella di un complotto nei miei confronti.
Da lì sono seguite, sempre da parte di quei due colleghi, continue
battutine, riferimenti alla mia non normalità, vezzeggiativi e modalità
effemminate di rivolgersi a me….Ora tutto questo potrei, con qualche sforzo,
leggerlo su un piano scherzoso, vederlo come un loro modo di fare per sfottermi e
giocare, ma la domanda che mi pongo continuamente è: “Perché proprio a
me?”….così ho iniziato a mettermi in discussione, ad osservare il mio
comportamento, il mio modo di fare, il mio modo di parlare con gli altri,
chiedendomi se fosse stato il mio comportamento a far pensare di me queste
cose».
Alvaro racconta di essersi anche rivolto al capo-settore, per lamentarsi di
queste battute e provocazioni, ma di non aver ottenuto molto: crede che questo
abbia peggiorato la situazione e che abbia ulteriormente rivolto l’attenzione di
tutti su di sé.
«Oramai, in ditta, mi sento al centro dell’attenzione negativa di tutti….Io
vorrei scomparire, passare inosservato».
Alvaro riferisce di aver parlato della situazione, in famiglia, solo con la
moglie, ma di non essersi sentito capito: la moglie, a suo dire, è una persona molto
concreta, poco avvezza a riflessioni e a ragionamenti profondi, che quindi ha
minimizzato la situazione e lo invita continuamente a non assentarsi dal lavoro,
prospettando scenari di rivendicazione e pericolo rispetto a queste sue assenze.
Alvaro, non sentendosi capito e non sapendo più come gestire la
situazione, si rivolge al suo medico di base, che gli consiglia una visita
psichiatrica. Lo psichiatra che lo segue gli ha prescritto una cura farmacologica a
base di ansiolitici e neurolettici a basso dosaggio.
Alvaro non è soddisfatto: non vuole prendere psicofarmaci e lamenta
fastidi provocati dalla terapia che comunque assume.
Vuole accelerare i tempi e smettere con i farmaci il prima possibile.
Quando lo psichiatra gli consiglia una psicoterapia, lui è molto contento e chiama
immediatamente per un appuntamento.
Alvaro comunica di essere molto fiducioso rispetto ad un lavoro
psicologico sui suoi problemi: vuole capire, ha una gran voglia di approfondire la
conoscenza di sé e crede che questa strada possa portarlo ad una soluzione
definitiva dei propri problemi.

3. STORIA DI VITA

Alvaro è l’ultimo di 4 figli: ha due sorelle molto più grandi di lui e un


fratello di 10 anni più grande.
Alvaro non ha mai avuto un buon rapporto né con i suoi genitori, né con i
fratelli. Parla molto della sua infanzia e ne parla in termini negativi, lamentando

2
una scarsezza per quanto riguarda affetto, comprensione, dialogo: «…l’amore che
non ho mai avuto, il dialogo che mi è stato sempre negato, i complimenti che non
mi sono mai stati fatti, il senso della vita che non mi è stato fatto conoscere…
Quanto avrei voluto avere un’infanzia felice!».
Alvaro riferisce che suo padre è stato un padre molto autoritario, che ha
sempre preteso molto dai suoi figli e che non si è mai risparmiato giudizi pesanti e
aggressioni verbali. La madre, anch’essa descritta come fredda e distaccata, ha
sempre protetto il più piccolo dei suoi figli dal padre e dai fratelli ed entrambi i
genitori lo hanno escluso da responsabilità e decisioni.
«Sono sempre stato succube delle decisioni dei miei genitori: padre
“padrone” e madre “matrona”. Ricordo continui litigi tra di loro e con i miei
fratelli, mentre io ero tenuto in disparte….Escluso da ragionamenti, discussioni,
confronti in famiglia, le decisioni e le scelte che mi riguardavano venivano fatte
dai miei genitori….Protetto sempre da mia madre, la personalità forte di mio
padre mi spaventava…Io ero sempre succube, non coinvolto e protetto, non mi
sono mai ribellato…”Era tanto buono da piccolo!” mia madre ancora ripete
queste parole».
Anche con i fratelli, non ci sono mai stati buoni rapporti: «il rapporto con i
fratelli è stato molto superficiale, perché ognuno pensava per sé, ad eccezione di
una mia sorella, la più giovane delle due, che ogni tanto mi faceva qualche
regalino….Di mio fratello, 10 anni più grande di me, ho tristi ricordi, perché mi
picchiava e mi derideva in presenza dei suoi e dei miei amici: ancora non riesco a
spiegarmi questo suo comportamento che mi feriva moltissimo».
Alvaro racconta che la sua infanzia è stata dettata anche da modestissime
condizioni economiche, che hanno limitato le sue possibilità e hanno condizionato
anche i suoi rapporti con gli altri: «Ricordo che fino a 6 o 7 anni dormivo insieme
ai miei genitori, perché, avendo casa piccola e pochi soldi, non c’era posto per un
altro letto…Mi sentivo inferiore agli altri miei coetanei e guardavo loro con una
certa invidia: avrei voluto avere i giocattoli che avevano gli altri, io non ne ho
mai avuti di nuovi…tutti avevano la bicicletta, io non l’ho mai avuta».
Rispetto ai rapporti con i suoi coetanei, Alvaro riferisce: «Sin da bambino
ho cercato sempre di socializzare con i miei simili, ma ho sempre avuto nei loro
confronti un senso di invidia e, nello stesso tempo, un senso di ammirazione…Nel
gioco spesso ero succube o gregario… mi sentivo inferiore. Per aggirare questo
ostacolo, spesso giocavo con bambini molto più piccoli di me, così riuscivo a
condurre il gioco e a sentirmi superiore».
Terminata la Scuola Media, a 15 anni, perché ripetente, Alvaro va subito a
lavorare. «Ancora ho impresse nella mente le parole di mio padre: “Chi non è
adatto per studiare, non è adatto nemmeno per lavorare”».
Anche nei confronti dei colleghi di lavoro, Alvaro prova invidia e si sente
inferiore: «Guardavo i colleghi di lavoro con una certa invidia, perché li vedevo
più intelligenti di me, anche perché, anche se mi impegnavo nel lavoro, più di
tanto non riuscivo a fare».
Crescendo, Alvaro inizia ad avere problemi anche nei confronti dell’altro
sesso: «Mi sentivo inferiore perché io rimanevo molto timido, specialmente con le
ragazze. I miei amici avevano un modo di fare più sicuro e spontaneo e io li
guardavo con invidia e cercavo di copiare nel possibile i loro comportamenti».

3
La timidezza di Alvaro e la sua poca esperienza con le ragazze fanno sì
che alcuni amici iniziano a prenderlo in giro, mettendo in discussione la sua
eterosessualità. Alvaro si sente sicuro rispetto alla propria eterosessualità, però
non accetta tali accenni e il fatto di non avere successo con le donne lo mette un
po’ in allarme rispetto alla propria normalità.
A 19 anni Alvaro conosce Adriana, la sua attuale moglie, e si fidanza.
Dopo aver fatto il militare, ritorna al lavoro e «cominciarono per me degli anni
felici, anche se di sacrificio. Comperai insieme alla mia fidanzata un
appartamento che, piano piano, con qualche anno, ci siamo sistemati e si
cominciava a parlare di matrimonio…la risposta positiva a quel pensiero fisso
che mi tormentava».
A 26 anni Alvaro sposa Adriana. Dopo 10 mesi nasce il primo figlio e,
dopo 3 anni, la figlia femmina. «Ora in me quei pensieri negativi erano quasi del
tutto scomparsi».
Seguono anni in cui Alvaro cambia spesso lavoro, un po’ per cause esterne
a lui, un po’ a causa del ciclico ripresentarsi di forti sensazioni negative rispetto al
dubbio che i colleghi potessero mettere in discussione la sua eterosessualità, il suo
essere uomo.
«Intanto i miei figli crescevano ed io cercavo di dare loro il meglio di me
stesso…ma mia moglie iniziava a preoccuparsi perché con tutti i miei
cambiamenti di lavoro, sentiva mancare una sicurezza, una stabilità. Così 10 anni
or sono trovai lavoro alla XXXXX, dove tuttora lavoro, con la ferma decisione di
non cambiare più».
Durante i primi anni del suo nuovo lavoro, Alvaro si trova bene. Poi, anche
lì, si ritrova ad affrontare allusioni e battute rispetto alla sua presunta
omosessualità: così va in crisi. Inizia a presentare continui certificati medici per
assentarsi dal posto di lavoro ed è a questo punto della sua vita che decide di
affrontare una volta per tutte il suo problema e chiede aiuto.

4. ELENCO DEGLI INDICATORI

Dalla storia di vita del paziente e dai primi colloqui emergono degli
elementi che risultano essere particolarmente significativi:

- Paura che gli altri pensino che sia omosessuale

È il problema principale riferito da Alvaro. Sin da ragazzino, questa


preoccupazione è al centro dei suoi pensieri e dei suoi rapporti con gli altri.
«Il mio problema non è assolutamente quello di non credere nella mia
normalità sessuale, perché io in quella ci credo fermamente. Piuttosto il mio
problema è: perché certe persone mettono in dubbio questa mia normalità? È una
vita che mi pongo questa domanda senza ottenere risposte adeguate!».
Alvaro afferma con vigore la propria eterosessualità e, ad un attento
approfondimento sul tema, confermato anche da accertamenti diagnostici, non
sembra emergere alcun problema di identità sessuale.
Piuttosto, quello che emerge è una forte paura di essere creduto
omosessuale dagli altri, di non essere considerato un “vero uomo”, tanto da

4
arrivare a ipotizzare complotti, a esaminare con attenzione comportamenti,
sguardi, parole degli altri, alla ricerca di qualche segnale allusivo rivolto a lui.
Questa paura influenza anche il comportamento, nonché l’umore di
Alvaro, che evita attentamente comportamenti, frasi o gesti che possano creare
dubbi negli altri, fino ad arrivare a chiudersi in un isolamento silenzioso e
prudente, al fine di scongiurare qualsiasi possibilità di essere frainteso.

- Sforzo per dare agli altri un’immagine positiva di sé

Altro elemento rilevante emerso dai colloqui con Alvaro è il suo continuo
impegno per offrire un’immagine positiva di sé agli altri.
Teme molto il giudizio altrui, soprattutto di certe persone che lui giudica
forti e decise.
Questo lo porta, sin da giovane, a costruirsi un’immagine da presentare
agli altri, finalizzata ad evitare giudizi negativi e ad eludere possibili allusioni
sulla sua sessualità.
«Per conquistare le simpatie degli altri, mi sono sempre mostrato
scherzoso, estroverso, pieno di vitalità…è un carattere costruito solo per
rapportarmi agli altri, in maniera tale che non traspaiano certe mie paure e
complessi di inferiorità…Quel comportamento scherzoso e goliardico era dato
solamente per creare un’immagine di Alvaro tale da distogliere negli altri quella
immagine di me che mi creava paure ed insicurezze».
Alvaro non si sente di aderire all’immagine che offre agli altri («Questa
immagine che mi sono costruito, non mi appartiene»), ma sente la necessità di
ottenere a tutti i costi il giudizio positivo degli altri: «Il giudizio degli altri sulla
mia persona conta moltissimo per me: se è positivo, BENE!, se è negativo,
CRISI!».

- Scarsa autostima

Alvaro riconosce di avere una scarsissima stima di sé. Associa questa


mancanza alle carenze dell’infanzia.
«I miei genitori mi hanno generato fisicamente, ma avrei avuto piacere se
mi avessero anche aiutato a formarmi con un’impostazione caratteriale più
definita, più forte, più decisa, nel rispetto e fiducia della mia persona».
Si sente spesso inferiore agli altri, per quanto riguarda capacità,
intelligenza, simpatia, ma soprattutto sente un grosso scarto con quelle personalità
che Alvaro giudica forti, decise, sempre pronte alla risposta. Teme questo tipo di
persone, perché non si sente alla loro altezza, sente di non poter affrontare ad armi
pari una conversazione, sente di non essere in grado di reagire a eventuali loro
provocazioni.
Alvaro attribuisce questa percepita inferiorità all’infanzia: «io non sono
cresciuto con esperienze che avrebbero potuto farmi maturare di più. Mia madre
mi ha sempre preservato da esperienze forti, soprattutto nei confronti di mio
padre, allo scopo di “tenerlo buono”, di evitare ulteriori litigi in famiglia. Io non
ho mai reagito, ero succube di loro…Credo che l’iperprotezione di mia madre nei
miei confronti e la mia sudditanza nei confronti di mio padre mi abbiano bloccato

5
in una sorta di stasi passiva: non so confrontarmi con gli altri e reagire di
conseguenza».
Alvaro si percepisce inadeguato, carente e deve trovare una spiegazione a
questa sensazione: o si tratta di retaggi di un’infanzia infelice, o sono gli altri che
non lo giudicano bene, o, infine, la sua inferiorità deve essere spiegata da qualche
patologia concreta.
«Ultimamente mi sto chiedendo se io non soffra di qualche deficienza
mentale dalla nascita: certo che il confronto e le mie capacità dialettiche con gli
altri non è che siano dei migliori!...Fatico molto ad accettarmi e mi chiedo spesso
se la mia è una malattia oppure se gli altri ce l’hanno con me. La mia battaglia è
su due fronti: con gli altri e con me stesso».

ASSESSMENT

1. SINTOMATOLOGIA

Dai primi colloqui svolti con Alvaro emergono chiaramente dei sintomi,
che è possibile descrivere, suddividendoli in 3 aree principali:

- Area emotiva:

Da un punto di vista emotivo, è da rilevare in Alvaro un UMORE


tendenzialmente DEPRESSO. Alvaro tende a reagire depressivamente di fronte
ad eventi anche solo marginalmente frustranti e a generalizzare tale vissuto. Nella
percezione del paziente, tale tratto si traduce in sensazioni di stanchezza,
debolezza, si sente spesso triste, svogliato e poco ottimista rispetto alla possibilità
di un cambiamento.
Altro aspetto emotivo rilevante è la presenza di forte ANSIA, presente
soprattutto quando le cose non vanno come lui si aspetta: Alvaro è ansioso
specialmente in situazioni caratterizzate dalla mancanza di certezze, alle quali si
aggrappa per essere tranquillo.
Tale ansia è presente sia in forme generalizzate, sia legata a PAURE
specifiche. In particolare, Alvaro esprime la propria paura degli altri, del loro
giudizio, di sentirsi deriso e additato, oltre, ovviamente, alla paura di essere messo
in discussione rispetto al suo essere uomo, alla sua sessualità.
Sono poi presenti una serie di paure specifiche, determinate da stimoli
caratterizzati da connotazioni di incertezza: nello specifico, Alvaro dice di temere
anche i più piccoli imprevisti, come ad esempio un guasto in casa, e di essere
spesso disturbato da dubbi relativi la possibilità di aver causato danni a qualcuno,
senza volerlo: ad esempio, dice di pensare spesso alla paura di aver investito
qualcuno con la macchina, senza accorgersene.
Un altro sintomo rilevante è quello relativo alla presenza di
PREOCCUPAZIONI PER LA PROPRIA SALUTE: Alvaro è piuttosto attento
alle variazioni del proprio status e tende ad attribuirsi disturbi fisici al minimo
segnale da parte del proprio corpo. Tale attenzione si estende anche alla

6
funzionalità fisica e psichica, tanto che monitora di frequente funzioni come
memoria, concentrazione, potenza sessuale.

- Area comportamentale:

A livello comportamentale, ciò che caratterizza essenzialmente la


sintomatologia del paziente è una sostanziale tendenza all’EVITAMENTO, alla
rinuncia, fino ad arrivare, in situazioni di particolare stress, al blocco di ogni
azione.
Alvaro è paralizzato dalle sue paure, soprattutto dalla paura di essere
giudicato e teme che ogni suo comportamento, ogni suo atteggiamento, ogni sua
parola, possa essere male interpretata dagli altri. Arriva quindi a monitorare ogni
sua mossa, a prevedere le possibili reazioni altrui, fino ad arrivare ad una
insicurezza tale da preferire l’assenza di iniziative, l’isolamento, l’evitamento di
ogni situazione di confronto.
Quando non evita, il comportamento di Alvaro è caratterizzato da estrema
RIGIDITÀ: è eccessivamente controllato, non naturale, meticoloso e preciso.
Nulla è lasciato al caso.

- Area cognitiva:

A livello cognitivo, la sintomatologia di Alvaro si esprime attraverso


modalità di PENSIERO RIGIDO e DICOTOMICO, con scarsa flessibilità ed
elasticità.
Tale rigidità si riflette sui contenuti del pensiero del paziente, che sono
caratterizzati sostanzialmente da:

- rigorosa autocritica
- negazione per sé della possibilità di commettere errori
- eccesso di riflessione e tendenze ruminatorie
- visione negativa di sé
- tendenza ad interpretare in assenza di certezze.

2. ANALISI FUNZIONALE

Allo scopo di approfondire ulteriormente la sintomatologia del paziente,


viene inserita l’Analisi Funzionale. Propongo, sin da subito, la tabella a 5 colonne,
dall’Antecedente al Fine dell’Azione.
Alvaro non ama particolarmente tale strumento: è riflessivo, prolisso nei
suoi approfondimenti e nei suoi ragionamenti. Pertanto, vive come riduttivo
l’impiego schematico di tale modello.
Spiego ad Alvaro l’importanza di scendere nel particolare delle singole
sequenze comportamentali al fine di comprenderne meglio caratteristiche,
funzioni e finalità ed insisto nel lavorare con tale strumento almeno rispetto alle
situazioni che maggiormente caratterizzano i suoi disturbi.
Scegliamo dunque alcune sequenze tipiche e ci lavoriamo prevalentemente
insieme.

7
Alla fine, Alvaro riesce a prendere dimestichezza con tale strumento,
anche se la produzione autonoma di analisi funzionali è limitata.

Fine
Antecedente Pensiero Emozione Azione
dell’azione

Verrà un
meccanico Valuto la
ad gravità
aggiustarlo del danno
Non funziona
Spero non e , se Evitare che
un
venga posso, venga Fabrizio e
macchinario Ansia (8)
Fabrizio, aiuto a mi prenda in
nel mio
quello che ripararlo, giro
reparto
mi fa anche se
l’occhiolino non mi
e ride di compete
me

Lo saluto
per
primo,
oppure
Un facchino faccio
Questo si
mi viene a finta di Evitare che mi
fa vedere
salutare non sfotta e
dagli altri Ansia (6)
presso la mia averlo accelerare il suo
che mi
postazione a visto, allontanamento
sfotte
lavoro oppure
taglio
corto
qualsiasi
discorso
Perché mi
Andando al
segue così
lavoro in Rallento
da vicino?
macchina, un Rabbia (8) un po’ Verificare le sue
Cerca di
collega mi è Ansia (7) per farlo intenzioni
mettermi
dietro con la passare
in
sua
imbarazzo?

Fine
Antecedente Pensiero Emozione Azione
dell’azione

8
Una collega, al Mostrare
Si sta Faccio
mio passaggio, indifferenza
rivolgendo Ansia (6) finta di
dice una frase e forza di
a me niente
volgare carattere

Un collega mi Ansia (7) Rispondo


Sono tutti Non dargli
rivolge prontamen
d’accordo, soddisfazion
direttamente te, con un
ce l’hanno e, mostrarmi
una battuta tono
con me indifferente
volgare scherzoso

Un collega mi Mi guardo Vedere se


chiama e, intorno altri hanno
Ora tutti con sentito e se
tutto
rideranno, discrezion stanno
effemminato, Ansia (8)
c’è un e ridendo
con mossette Imbarazzo
tacito
incluse, mi (8)
accordo tra
comunica un
di loro
lavoro che
devo fare

Cerco di
capire di
cosa
stanno
Staranno
parlando, Non essere
Più persone parlando di
se preso in giro
parlano tra di me? Lo Ansia (7)
possibile, sotto gli
loro devo
mi occhi
sapere!
avvicino o
chiedo a
qualcun
altro
Entro in
discussion Non dare
Devo stare
e adito a dubbi
attento,
Si parla di marginalm sul mio
potrei Ansia (8)
sesso ente, con conto,
mostrare le
un tono mostrarmi
mie paure
scherzoso disinvolto

Una collega
dice a voce
Si sta
alta: “Di veri Mostrarmi
rivolgendo Ansia (6) Sorrido
uomini non se indifferente
a me
ne trovano
più!”

Fine
Antecedente Pensiero Emozione Azione
dell’azione
Certe Rabbia (7) Sorrido e

9
Al parcheggio persone ce Non farmi
aziendale mi è l’hanno con vedere
stato alzato il me e sono sdrammati arrabbiato,
tergicristallo al centro zzo non cadere
posteriore delle loro nella
della macchina beffe provocazione

Continuano Evitare di
Faccio
Vengo ancora a aizzare chi
finta di
chiamato con il non mi provoca e
Rabbia (7) niente,
diminutivo rispettarmi di attirare
non
“Alvi” ea l’attenzione
rispondo
provocarmi generale

Questo mi
saluta ad
Saluto ad alta Far finta di
alta voce Imbarazzo
voce da parte niente e
per attirare (7) Rispondo
di qualche nascondere
l’attenzione Ansia (7) al saluto
collega di le mie
degli altri Rabbia (8)
lavoro emozioni
sulla mia
inferiorità

In una
discussione sul
matrimonio,
un collega dice Far finta di
È Ansia (7)
che se dovesse Non niente, non
un’allusione Imbarazzo
venir meno la interven avallare
rivolta a (7)
potenza go ipotesi su di
me Rabbia (8)
sessuale, ci me
sono altre cose
che legano la
coppia

3. INDIVIDUAZIONE DELLA STRUTTURA


MOTIVAZIONALE MULTILIVELLO

La quantità di dati accumulati è tale da rendere possibile l’inizio di un


movimento eziologico retrogrado, che possa condurre all’individuazione della
Struttura Motivazionale Multilivello (SMM) di Alvaro.
Si sceglie di partire dall’elemento maggiormente significativo per il
paziente, quello che l’ha spinto a chiedere aiuto: la paura che gli altri possano
pensare che sia omosessuale.
La descrizione di tale sintomo è generica e indifferenziata: è pertanto
necessario approfondire quali ne siano gli aspetti più fastidiosi per Alvaro, quelli
che egli giudica insopportabili, opprimenti, intolleranti, quelli che costituiscono
un inciampo nel suo funzionamento normale.

10
Alvaro afferma che, di fronte a tale paura, quello che lo allarma di più non
è tanto la messa in discussione della sua sessualità, quanto il non capirne il
motivo.
«Il mio problema non è assolutamente quello di non credere nella mia
normalità sessuale, perché io in quella ci credo fermamente. Piuttosto il mio
problema è: perché certe persone mettono in dubbio questa mia normalità? È una
vita che mi pongo questa domanda senza ottenere risposte adeguate!».
Alvaro non accetta il fatto di non sapere la causa dei dubbi nei suoi
confronti: «Mi sono sempre comportato bene con tutti, sono leale, onesto…perché
pensano questo di me? Perché proprio io? Credevo di essermi fatto degli amici,
di potermi fidare dei miei colleghi, avevo delle certezze, ero tranquillo, non me lo
aspettavo…come posso stare tranquillo? Di chi mi posso fidare? Lo pensano tutti,
è un complotto? Oppure è un pensiero isolato che riguarda solo alcuni? Perché
lo pensano? Cosa ho fatto per farglielo pensare?»
Alvaro rimugina molto alla ricerca di qualche risposta: quello che lo mette
in crisi è l’assenza di certezze, il non sapere, la mancanza di potere su
quest’aspetto e quindi la sua imprevedibilità.
Approfondendo il discorso, allargando ad altri ambiti, si rileva la presenza
di queste componenti anche in altre situazioni: Alvaro non tollera l’assenza di
certezze.
Altre sue paure sono improntate su questo: il pensiero di aver investito
qualcuno con la macchina («come posso essere certo che non sia successo e non
me ne sia accorto?»), il continuo timore che possa accadere qualche imprevisto a
lui o alla sua famiglia o che si rompa qualcosa.
L’intolleranza delle situazioni prive di certezze giustifica anche la
tendenza di Alvaro ad interpretare: quando non sa, compensa interpretando.
Anche molti dei suoi evitamenti sembrano far capo a questa intolleranza:
«tendo sempre ad evitare situazioni in cui sia messo alla prova, dove c’è la
possibilità di sbagliare, dove si rischia, tutto deve essere prevedibile e certo.
Ecco, tutto per me deve essere prevedibile e certo!».
Approfondisco ancora, invitando il paziente ad individuare cosa viene
prima dell’allarme generato dall’esposizione alle allusioni altrui rispetto alla sua
sessualità, alla mancanza di chiarezza rispetto ai pensieri dei suoi colleghi, alla
mancanza di conoscenza e limpidezza di certe situazioni.
Alvaro risponde: «Prima della crisi, mi sentivo tranquillo, avevo
abbassato la guardia: credevo che l’ambiente di lavoro in quella ditta, oramai,
fosse sicuro. Avevo le mie certezze e pensavo di essere in grado di prevedere
possibili attacchi, che collegavo a eventuali mie precise mancanze o disattenzioni.
Il fatto di verificare che così non è, mi ha fatto ripiombare nell’incertezza più
totale, nel terrore, in una sensazione assoluta di impotenza».

Dalle riflessioni fatte con il paziente, sembra possibile ipotizzare che


Alvaro teme e non sopporta l’incertezza, l’imprevisto, il dubbio. Pertanto,
arriviamo alla seguente definizione circa il suo Interesse Prioritario di 5° Livello:
Avere la garanzia che il mondo sia PREVEDIBILE, CONOSCIBILE e
SICURO.

11
Si deve ora capire perché, per Alvaro, è così importante che il mondo
abbia caratteristiche di prevedibilità e sicurezza. Si sa che teme l’incertezza e
l’imprevisto, ma perché li teme?
Pongo ad Alvaro una serie di domande:
- Cosa c’è di positivo in un mondo prevedibile e sicuro?
- Cosa c’è di negativo nell’incertezza?
- Se si ha la sensazione di incertezza, di dubbio, cosa va perduto?
- Se non ci sono imprevisti cosa è presente?
Alvaro risponde che un mondo prevedibile e sicuro è garanzia per lui di
controllo su di sé: se il mondo è sicuro, allora a lui non può capitare niente, allora
lui può essere tranquillo rispetto al suo benessere. L’incertezza equivale a non
tranquillità e, quindi, ad assenza di funzionamento ottimale.
Il dubbio, l’imprevisto, l’incertezza rischiano di trovarci impreparati, di
non essere in grado di poter contare su un funzionamento adeguato delle nostre
potenzialità. L’assenza di imprevisti, di pericoli fa sì che noi possiamo essere
tranquilli e possiamo contare su tutte le nostre funzioni e quindi possiamo stare
bene. La possibilità di imprevisti, di eventi inattesi e di pericoli ci costringe ad un
continuo monitoraggio delle nostre funzioni.
Alvaro vorrebbe che il mondo fosse sicuro e prevedibile, perché altrimenti
vede minacciata la sua funzionalità psichica e fisica. È alla continua ricerca di
prove rispetto a tale funzionalità: ogni segnale fisico, anche minimo, viene
considerato allarmante e mette in atto azioni di verifica e di miglioramento delle
proprie funzioni. In particolare, monitora funzioni come la memoria e la
concentrazione («ho smesso di fumare, ma non l’ho fatto perché il fumo fa male
alla salute, ma perché avevo sentito dire che il fumo offusca la memoria.
Sentendomi già in deficit da questo punto di vista, da un giorno all’altro, ho
smesso….cerco di leggere e di scrivere molto, per allenare la mia concentrazione
e per non perdere l’abitudine»), la potenza sessuale («ogni tanto, considerando
che le occasioni con mia moglie sono sempre più ridotte, devo controllare che
vada tutto bene dal punto di vista del funzionamento sessuale»). Inoltre, va a
fondo, finché non è tranquillo circa la causa sicura, di ogni sintomo fisico, anche
marginale.
Sembra plausibile ipotizzare che l’Interesse Prioritario di 4° Livello di
Alvaro sia relativo a mantenere un buon livello di FUNZIONALITÀ PSICO-
FISICA.

Proseguendo la marcia eziologica, è ora importante capire perché per


Alvaro è così importante la propria funzionalità psico-fisica.
Sottopongo il paziente ad una serie di domande per conoscere il livello
sottostante, quello che determina l’importanza per Alvaro della sua funzionalità.
T.: quali sono le conseguenze che si attende dal mantenimento di un buon
livello di funzionalità?
A.: se tutto funziona bene, se sono concentrato, se ho il possesso delle mie
facoltà, allora sono tranquillo, mi sente più forte
T.: perché è importante questa tranquillità e questo sentirsi forte?
A.: se sono tranquillo e mi sento più forte, riesco a mascherare meglio le
mie paure ed insicurezze, riesco ad evitare che si manifestino.

12
T.: quali sono le conseguenze negative di una sensazione di mancanza di
funzionalità?
A.: perderei sicurezza, darei e avrei di me un’immagine di persona debole,
uscirebbero fuori tutte le mie inferiorità.
T.: Cosa prova quando ha dimostrazione di funzionalità?
A.: mi rassicuro, mi sento forte, sento di poter tirare fuori gli aspetti
migliori di me.
T.: Cosa prova quando sente di non funzionare bene?
S.: delusione, rabbia, paura di non poter esprimere le mie potenzialità.
T.: Cosa spera di ottenere attraverso un funzionamento ottimale?
A.: se è tutto a posto sono in grado di affermare me stesso, di proiettare
un’immagine di me positiva, che non faccia trapelare le mie insicurezze e lacune.
T.: Cosa cerca di evitare dunque?
A.: la dimostrazione della mia inferiorità, che questa venga fuori in come
mi presento, in quello che faccio. Se funziono bene, posso stare attento ed evitare
che questo accada.

Dalle risposte di Alvaro è possibile dedurre quale possa essere la


motivazione per cui è per lui importante mantenere un buon livello di funzionalità
psico-fisica: Alvaro vuole avere un’IMMAGINE POSITIVA. Questo è il suo
Interesse Prioritario di 3° Livello.

Perché è così importante per Alvaro riuscire ad avere un’immagine


positiva? Cosa teme, se non ci riesce? Cosa sente minacciato?
Proseguendo l’indagine, Alvaro afferma: «per me conta molto l’immagine
positiva che riesco a trasmettere. Anche da ragazzo non ho mai avuto un
carattere forte, mi sono sempre sentito inferiore. Così, per mantenere un rapporto
con i miei coetanei, ho sempre adottato una strategia di socializzazione
goliardica, scherzosa, ironica, per dare un’immagine positiva di me. Lo sforzo di
essere sempre scherzoso, disponibile, estroverso, pieno di vitalità e quindi di
avere un’immagine che appariva più positiva, era ripagato dal riuscire a
conquistare le simpatie degli altri».
«Lo scopo finale del mio modo di agire, delle mie conversazioni, del mio
pormi in relazione con gli altri è sempre stato ottenere un loro giudizio positivo,
quella sorta di stima che ho sempre preteso da tutti».
Gli sforzi di Alvaro per avere un’immagine positiva, un’immagine di
persona disponibile, aperta, simpatica, pronta, generosa sono volti ad avere la
STIMA DEGLI ALTRI, ad ottenere il loro giudizio positivo: questo risulta
essere il suo Interesse Prioritario di 2° Livello.

L’indagine eziologica prosegue alla ricerca dei motivi per cui è così
importante per Alvaro ottenere la stima da parte degli altri: perché ne teme tanto il
giudizio negativo?
Cos’è che rende così desiderabile il loro apprezzamento e così
insopportabile la loro disistima?
Alvaro spiega che la stima altrui è fondamentale per poter accettare se
stesso, per potersi stimare, per poter credere di valere.

13
«Raggiungere la stima degli altri mi permette di accettare di più me
stesso, di sentirmi alla pari».
«Riuscire ad avere il giudizio positivo degli altri è per me motivo
d’orgoglio, mi crea più stima in me stesso».
«La mia crescita psicologica è stata sempre caratterizzata da questa
formula: “ALVARO È COME GLI ALTRI PENSANO CHE SIA ALVARO”.
Quindi, per poter credere di essere una persona che vale, ho sempre dovuto far
riferimento al giudizio degli altri e all’immagine di me che questo mi rimandava,
appagandomi e facendomi sentire più sicuro di me».
«La possibilità dell’assenza della stima altrui mi sconvolge, mi fa paura,
mi mette di fronte alla mia debolezza, alla mia inferiorità, a tutte le mie lacune e
anormalità».
Nelle parole di Alvaro è possibile riconoscere quale possa essere la zona di
massimo valore per lui, l’area di massimo investimento, la “causa prima”, quella
da cui muove tutta la sua Struttura Motivazionale. L’Interesse Prioritario di 1°
Livello della struttura di Alvaro è AVERE VALORE.

Individuati gli Interessi Prioritari, è necessario procedere alla


identificazione dei Criteri di ogni livello della struttura.
Spiego ad Alvaro il concetto di Criterio come quello strumento che
consente alla persona di conoscere il mondo in termini di presenza/assenza di
minacce o opportunità rispetto all’Interesse Prioritario, e la differenza tra Criteri
Normativi e Criteri Operativi.
Invito il paziente a provare a lavorare sul rintracciamento di entrambe le
tipologie di Criteri su ognuno dei livelli della sua struttura.
Alvaro, come rispetto all’analisi funzionale, non si trova molto bene a
lavorare su di sé con schemi precostituiti: i suoi lavori a casa sono molto ricchi e
completi, ma molto liberi. Preferisce lavorare su concetti ampi e scrivere senza
limiti, a fiume, buttando giù i suoi ragionamenti così come arrivano pian piano
alla sua consapevolezza.
Mi sembra perciò utile aiutarlo e lavorare insieme sull’individuazione dei
criteri. Con il mio aiuto, Alvaro riesce bene a riconoscere quali sono i suoi criteri
principali e arriviamo ad una struttura sufficientemente articolata e dettagliata.

Interesse
Criteri Normativi Criteri Operativi
Prioritario
5° livello:  Deve essere tutto  Imprevisti

14
prevedibile e sicuro
 Non devono
MONDO esserci imprevisti
 Non devono  Sorprese
PREVEDIBILE, accadere incidenti
 Dubbi
CONOSCIBILE e  Non devono
esserci incertezze  Incidenti
SICURO  Devo sapere  Rotture
 Non devono
esserci dubbi
 Devo essere sano
 Devo funzionare
 Segnali fisici di
bene:
4° livello: malattia
- Devo avere buona memoria
FUNZIONALITÀ - Devo avere una buona  Segnali di
capacità di concentrazione malfunzionamento
PSICOFISICA - Devo avere potenza
sessuale
 Prestazioni scadenti
 Devo monitorare i
miei sintomi fisici
 Devo essere
simpatico
 Devo avere la
risposta pronta
3° livello:  Devo essere
altruista e generoso  Battute
AVERE  Devo essere  Allusioni
UN’IMMAGINE disponibile, ascoltare
e dare consigli  Provocazioni
POSITIVA  Devo essere  Conversazioni sul
indifferente alle sesso
provocazioni
 Devo evitare
discorsi sul sesso
 Devo pesare bene
le mie parole

Interesse
Criteri Normativi Criteri Operativi
Prioritario
2° livello:  Devono avere un  Complotti
giudizio positivo su di

15
me
 Devono
considerarmi:
- devono chiedermi pareri
- devono chiedermi consigli
 Devono darmi  Battute
AVERE LA STIMA importanza:
 Allusioni
DEGLI ALTRI - devono darmi ragione nelle
discussioni  Critiche
- non devono prendermi in
giro
- non devono ridere di me
 Devono farmi
partecipe dei loro
scherzi

 Devo essere
stimato dagli altri
 Devo essere
normale
 Critiche
 Devo avere
1° livello: rispetto per me  Attacchi
stesso  Paura
AVERE VALORE
 Devo essere
 Mancanza di
onesto e leale
decisione
 Devo essere forte e
deciso
 Devo dedicarmi
alla mia famiglia

16
Interesse Prioritario di CRITERI:
5° livello:
Non devono esserci imprevisti
MONDO
Non devono accadere
PREVEDIBILE incidenti
E SICURO
Non devono esserci incertezze

Deve essere tutto prevedibile


e sicuro

Devo sapere

Non devono esserci dubbi

CONSEGUENZE
SINTOMATOLOGICHE
ansia
tendenza ad interpretare
evitamenti
comportamenti rigidi e controllati
paure

Interesse Prioritario di CRITERI:


4° livello:

FUNZIONALIT
À Devo essere sano
PSICOFISICA
Devo funzionare bene

Devo monitorare i miei

sintomi fisici

CONSEGUENZE
SINTOMATOLOGICHE
ansia
comportamenti di controllo
monitoraggio funzioni psicofisiche
preoccupazioni per la salute

17
Interesse Prioritario di CRITERI:
3° livello:
Devo essere simpatico
IMMAGINE Devo avere la risposta pronta
POSITIVA Devo evitare discorsi sul sesso
Devo essere altruista e
generoso
Devo essere disponibile,
ascoltare e dare consigli
Devo essere indifferente alle
provocazioni
Devo pesare bene le mie
parole

CONSEGUENZE
SINTOMATOLOGICHE:
ansia
evitamenti
comportamenti rigidi e controllati
paure

Interesse Prioritario di CRITERI:


2° livello:

STIMA Devono avere un giudizio


DEGLI ALTRI positivo su di me

Devono considerarmi

Devono darmi importanza

Devono farmi partecipe dei


loro scherzi

CONSEGUENZE
SINTOMATOLOGICHE:
ansia
eccessivo adeguamento alle
aspettative altrui
tendenza ad isolarsi

18
Interesse Prioritario di CRITERI:
1° livello:
Devo essere stimato dagli altri
AVERE
Devo essere normale
VALORE
Devo avere rispetto per me
stesso

Devo essere onesto e leale

Devo essere forte e deciso

Devo dedicarmi alla mia


famiglia

CONSEGUENZE
SINTOMATOLOGICHE:

umore depresso
scarsa stima di sé
autocritica

4. DIAGNOSI DMS-IV

Ad Alvaro è stato somministrato il test MMPI. Esso ha dato i seguenti


risultati:

L F K Hs D Hy Pd Mf Pa Pt Sc Ma Si
43 49 66 64 79 71 63 47 46 64 57 38 58

Dalla raccolta dei dati e dai risultati del MMPI di Alvaro è possibile
giungere alla seguente diagnosi clinica:

ASSE I Ansia Sociale


ASSE II - Disturbo Evitante di Personalità
- Tratti ossessivi di personalità
ASSE III Nessun disturbo
ASSE IV Nessun problema
ASSE V VGF = 60 (attuale)

19
5. CONCETTUALIZZAZIONE DEL CASO

Analizzando tutti i dati risultati dalla fase di assessment, è possibile ora


riflettere in generale su quanto emerso, allo scopo di giungere ad un assetto
ordinato degli elementi rintracciati, attraverso cui procedere alla fase più
espressamente terapeutica.
Alvaro è cresciuto in una famiglia modesta: ultimo di quattro figli, tutti
molto più grandi di lui, Alvaro sente di non essere stato molto considerato e di
aver avuto rapporti superficiali con i fratelli e di sudditanza con i genitori.
Questo ha causato in Alvaro un rapporto con se stesso imperniato su una
scarsissima stima di sé, sull’insicurezza, sulla ricerca continua di considerazione e
stima da parte degli altri, «dell’amore che non ho avuto, del dialogo che mi è stato
negato, dei complimenti che non mi sono mai stati fatti».
Alvaro ancora si chiede se la percepita mancanza di stima da parte della
famiglia sia dovuta a colpe dei suoi genitori o al fatto di non averla meritata:
«Ancora ho impresse nella mente le parole di mio padre: “Chi non è adatto a
studiare, non lo è neanche per lavorare”…forse avrei voluto più fiducia da parte
sua? O forse questa fiducia non l’ho saputa meritare io?».
Queste carenze hanno accentuato in Alvaro l’interesse al VALORE per se
stesso, la conferma che l’errore è stato dei genitori e non suo, l’annullamento del
dubbio che prova circa il suo essere persona che non vale e quindi che non ha
potuto meritare la stima da parte di chi, per primo, doveva dimostrargliela.
Alvaro è una persona semplice e insicura e la sua ricerca di valore non può
prescindere dal confronto con l’altro. Non è sufficientemente forte da credere nel
proprio valore intrinseco senza misurarlo con il giudizio degli altri. Così si
accentua in lui il bisogno della STIMA DEGLI ALTRI con cui viene a contatto,
in particolare di coloro che lui giudica personalità forti e decise, come quella di
suo padre.
«La stima di me, dato che non mi è stata inculcata, l’ho sempre acquisita
di riflesso, rapportandomi con gli altri»
«Perché cerco la stima di personalità più forti della mia? Perché le
collego alla personalità di mio padre. La loro approvazione è l’approvazione di
mio padre».
Alvaro non si conosce e anche la conoscenza di sé è subordinata a quello
che gli altri pensano di lui: «La mia crescita psicologica è stata sempre
caratterizzata da questa formula: “ALVARO È COME GLI ALTRI PENSANO
CHE SIA ALVARO”.
Alvaro, nelle sue riflessioni rispetto alla ricerca del giudizio positivo altrui,
si incentra molto sul paragone con quello che non ha avuto in famiglia: «La
ricerca dell’approvazione altrui penso sia quella ricerca istintiva e primitiva di
dialogo, confronto, risposte mai avuti dai miei genitori nell’infanzia».
Nei suoi compiti a casa, Alvaro produce molto materiale su questo tema.

Copio letteralmente una tabella che Alvaro ha realizzato per riassumere le


sue riflessioni:

20
INFANZIA ETÀ ADULTA
Paura di essere punito
Paura di sbagliare
Esasperazione di piccoli problemi
Cercare complimenti dagli altri
Fare qualcosa di buono senza essere
gratificato

Giudizio negativo da parte dei miei Esasperazione dell’importanza del giudizio


genitori positivo degli altri
Non essere al centro dell’attenzione
Sentirmi sempre al centro dell’attenzione,
anche negativa, degli altri

È ovvio come Alvaro giustifichi la propria ricerca di stima da parte degli


altri e la consideri fondamentale per ottenere la stima di sé che non ha mai avuto.
È anche ovvio però che il giudizio altrui non è sufficiente per raggiungere
tale scopo.
Alvaro sente che tale metodo non funziona mai del tutto. Ha bisogno di
influire sul giudizio che gli altri hanno di lui, ha bisogno di costruirsi
un’immagine che sia positiva per sé e funzionale all’ottenimento di stima:
un’IMMAGINE POSITIVA da trasmettere e in cui credere.
Ma anche tale stratagemma non funziona. L’immagine che Alvaro
costruisce su se stesso e in cui per un po’ crede, comincia a scricchiolare e questo
avviene per due motivi:

1) L’imporsi tale immagine fa sì che Alvaro attribuisca ai suoi


atteggiamenti caratteristiche di non naturalezza e ciò lo porta ad un vissuto più
radicale e più profondo: il senso di falsità. Alvaro convive con l'intuizione di non
essere come appare: si sente perennemente in difetto, non dà valore alle cose che
fa e meno ancora ai giudizi sociali che riceve. In presenza di altri, si sente
vincolato all'esigenza primaria di risultare inappuntabile, normale o addirittura
ipernormale. Il prezzo che paga per soddisfare tale esigenza è elevato. Di solito,
egli riesce a dare un'immagine di sé conforme alle aspettative e alle norme sociali,
ma al prezzo di un formalismo che lo irrigidisce, riduce la sua spontaneità e gli
impedisce di essere autentico. Il problema è che quell'esigenza è perpetuamente
animata dalla paura di poter crollare agli occhi degli altri, vale a dire di
smascherarsi, di agire comportamenti del tutto inadeguati e inopportuni. Il tenere
sotto controllo questa paura impone una tale tensione che lo stare con gli altri
diventa una pena.

21
2) Gli eventi accaduti in ditta e le allusioni nei suoi confronti mettono
in crisi l’immagine che Alvaro si è costruito ed iniziano in lui enormi dubbi:
l’immagine non funziona e non nasconde a sufficienza le mie lacune o non mi
appartiene del tutto e quindi io sono realmente solo quello lacunoso e inferiore?
«Non comprendo se gli altri capiscono o fraintendono il mio comportamento!».

Alvaro sente che l’immagine che si è imposto non funziona: ha preso


spunto da se stesso, ma è mirata a prendere in considerazione solo gli aspetti
positivi; pertanto non sente che gli appartiene del tutto e non gli garantisce né la
stima degli altri, né la propria.
Come supplire a questa carenza della sua immagine?
Alvaro si risponde con la convinzione che, se la sua immagine non
funziona, se ha dei limiti, questi sono limiti fisici e/o di funzionamento fisico e
psichico.
«Se non riesco ad avere un’immagine positiva di me, allora è possibile che
mi manchi qualcosa, che io soffra di qualche deficit mentale o fisico».
«Mi sento vulnerabile fisicamente e psicologicamente: la malattia fisica o
mentale dà l’opportunità di giudicare, di fare supposizioni, di trovare
motivazioni».
«Sento messe in discussione la mia intelligenza, il mio modo di funzionare,
la mia salute fisica e il mio funzionamento mentale».
Alvaro accentua, pertanto, la sua attenzione sul suo corpo e la sua mente,
allo scopo di mantenere un buon livello di funzionamento fisico e psichico. Se
limiti ci sono, secondo Alvaro, devono essere fisici o di funzionamento mentale,
per cui deve stare attento a recuperare, a compensare, a lavorare sul
miglioramento da questo punto di vista.
Ma anche questo stratagemma non funziona del tutto: non è possibile
controllare e influire così direttamente sulla propria salute e funzionalità, almeno
non come Alvaro pretende.
Pertanto, Alvaro, impossibilitato ad agire al 100% sulla possibilità di
aderire alla sua immagine positiva e sulla possibilità di accaparrarsi sempre la
stima altrui, sposta l’attenzione da sé: la causa della sua disfunzionalità, del suo
non aderire del tutto ad un’immagine positiva, della mancanza della stima da parte
di tutti, è spostata sull’incertezza del mondo.
Se non è possibile controllare la funzionalità, l’immagine che abbiamo, la
stima altrui e la propria, allora è possibile mirare a garantirsi un mondo
prevedibile e sicuro. Se la realtà che si vive è conoscibile, prevedibile e sicura,
allora non esistono imprevisti, problemi, limiti che non si possano affrontare.
La ricerca di certezze nel mondo di Alvaro lo costringe a pretendere
prevedibilità e sicurezza in tutto ciò con cui entra in contatto.
Ma tale certezza è, ovviamente, impossibile: Alvaro si scontra
continuamente con l’incertezza e l’imprevedibilità della realtà in cui vive.

22
INTERVENTO TERAPEUTICO

1. OBIETTIVI DEL TRATTAMENTO

Considerando la sintomatologia e l’assetto motivazionale emersi dalla fase


di assessment, è possibile individuare alcuni obiettivi terapeutici:

 L’obiettivo primario dell’intervento terapeutico con Alvaro è stato quello di


intervenire sugli aspetti più allarmanti della sua sintomatologia allo scopo di
attenuarne l’intensità. Alvaro arriva in terapia attanagliato dalla sua ansia,
dall’angoscia e dalla paura. Si assenta frequentemente e per lunghi periodi dal
posto di lavoro e, quando va a lavorare, assume un atteggiamento distaccato:
non parla quasi con nessuno, pesa parole, sguardi, gesti, sia suoi sia dei
colleghi. È eccessivamente attento a possibili segnali di pericolo dagli altri e il
suo essere tra persone è divenuto intollerabile e penoso per lui. Pertanto, prima
di intervenire causalmente sui suoi disturbi, si ritiene utile dotare Alvaro di
strumenti di gestione dei suoi sintomi, al fine di migliorare, anche se
parzialmente, la sua qualità di vita e di favorire l’alleanza terapeutica. Lo
scopo è quello di creare un terreno di maggiore tranquillità, in cui sia più
facile per Alvaro affrontare il lavoro più profondo e causale volto alla
risoluzione dei suoi problemi.

 Insieme all’attenuazione della sintomatologia, sembra utile porsi l’obiettivo di


intervenire sull’intolleranza dell’incertezza. Essa infatti risulta essere, a livello
causale, alla base di tutta la sintomatologia di Alvaro: i suoi evitamenti, la sua
ansia, la sua tendenza interpretativa e le sue paure sono rette da questo forte
interesse ad avere la certezza. È pertanto da qui che sarà utile iniziare a
lavorare, allo scopo di accompagnare gli interventi sulla sintomatologia di
Alvaro, ma anche per incominciare ad incrinare la sua complessa Struttura
Motivazionale.

 Instaurata una maggiore libertà dai sintomi e intaccati i livelli superficiali della
SMM, sarà poi indispensabile porsi l’obiettivo di ristrutturare i livelli più
profondi della Struttura Motivazionale di Alvaro. Il 3°, il 2° e il 1° Livello
della SMM di Alvaro risultano essere intimamente e fortemente connessi: si
sceglie quindi di affrontarli insieme.
Questo sembra vantaggioso per due motivi:

- la loro stretta connessione renderebbe complicato dividerli


concettualmente e affrontarli separatamente. Ne risulterebbe un
appesantimento del lavoro. Si ritiene invece che trattarli insieme
sarebbe più agevole e funzionale, anche ai fini di un alleggerimento dei
nessi causali tra di loro;

- Alvaro è una persona semplice e di modeste basi culturali: ama


lavorare sulla sua struttura motivazionale, ma fa fatica a concentrarsi
sui dettagli e sull’assetto schematico della stessa. Nel corso della fase

23
di assessment, di fronte all’analisi funzionale e al lavoro sui criteri, ha
avuto delle difficoltà dovute alla parcellizzazione di concetti che lui
comprende molto bene, ma sui quali preferisce lavorare più in
generale, avendone una visione d’insieme.

Si sceglie quindi di assecondare questa esigenza di Alvaro, per favorirne


l’apprendimento.

2. INTERVENTI SULLA SINTOMATOLOGIA

Da quando sono state fatte allusioni più esplicite su di lui a lavoro, Alvaro
è entrato in crisi: si assenta frequentemente e per lunghi periodi dal lavoro e,
quando è presente in ditta, vive le ore lavorative come un vero e proprio tormento:
«Mi ritrovo ogni mattina a vivere un incubo…Mostro una reazione di indifferenza
sul piano apparente nei loro confronti, ma dentro, in ogni cosa, ho sempre una
sensazione di rabbia, di ribellione e paura che questi si inventino cose nuove nei
miei confronti per provocarmi».
Anche il suo comportamento con i colleghi ha risentito di questo:
«in me è avvenuta una chiusura caratteriale e comportamentale, per cui il
rapporto con i miei colleghi è molto marginale, basato solamente su saluti o
discorsi inerenti il lavoro…Con certe persone sto molto attento a quello che dico
e all’atteggiamento che ho, cerco di essere molto formale…Ho la tendenza a
misurare bene le parole degli altri e a scrutare i loro pensieri o allusioni, per
vedere se sono diretti a me…Quando parlo con qualcuno, ripenso sempre a
quello che ho detto per vedere se nel mio discorso sia trapelata qualche mia
lacuna o incertezza o insicurezza…Delle volte al lavoro mi dà fastidio se
qualcuno mi saluta ad alta voce, perché in questo vedo un doppio significato e mi
sento al centro dell’attenzione: preferirei passare inosservato!».
È evidente come una forte ansia, un elevato bisogno di certezze, una
pesante messa in atto di comportamenti di evitamento e protettivi imperniano la
vita di Alvaro.
Pertanto, la prima fase della terapia è stato volta a ridurre la pervasività e
la gravità della sintomatologia e a dotare il paziente di strumenti di gestione della
stessa, allo scopo di creare le condizioni che potessero meglio favorire un lavoro
più profondo e causale.
Tale fase ha compreso diverse azioni terapeutiche che possono essere
elencate come segue:

 Interventi psicoeducativi

Nella prima fase della terapia è sembrato utile inserire delle conoscenze a
fini psicoeducativi, allo scopo di favorire la costruzione di un terreno comune di
confronto tra me e il paziente, in cui condividere nozioni e visioni rispetto alla
spiegazione da dare ai suoi sintomi.
Innanzitutto, è stato inserito il concetto di ansia normale e ansia
patologica: l’ansia è uno strumento o un limite a seconda dell’uso che ne
facciamo e del modo in cui la viviamo. Spiego ad Alvaro che l’ansia normale

24
consiste in una risposta fisiologica ad una sollecitazione interna o esterna. Tale
risposta è funzionale, perché informa su pericoli e minacce e rende possibile
l’attivazione di risorse nella ricerca di soluzioni adeguate. L’ansia patologica,
invece, è una risposta inappropriata, in quanto irrealistica o eccessiva, a
preoccupazioni esistenziali o relative all’ambiente. L’ansia normale amplifica le
capacità operative dell’individuo, mentre l’ansia patologica le disturba e influisce
quindi negativamente sulle prestazioni.
Spiego altresì ad Alvaro che la risposta, nell’ansia patologica, è
inappropriata se analizzata da un punto di vista quantitativo e se confrontata alla
reazione che sarebbe normale avere vista la stimolazione. In realtà,
approfondendo il sistema di valutazioni che sottostà alla reazione emotiva,
possiamo vedere la totale congruità di quella reazione con la valutazione che si è
fatta dello stimolo. Infatti, le nostre reazioni e la loro intensità non sono casuali,
ma sono in tutto e per tutto giustificate dalla valutazione cognitiva degli stimoli ai
quali esse seguono.
Tali conoscenze sono inserite allo scopo di correggere la convinzione di
Alvaro circa la sua ansia: egli associa la presenza di forte ansia a sue incapacità di
reagire positivamente agli eventi. L’informazione fornita lo spinge invece a
ricercare le cause delle sue reazioni emotive in una errata modalità di valutare gli
stimoli che lo toccano: l’ansia diminuisce, non imparando a reagire con più forza
alle stimolazioni, ma discriminando con maggiore correttezza gli stimoli
allarmanti da quelli che in realtà non lo sono.
Seguendo su questa strada, inserisco un’altra importante informazione a
scopo psicoeducativo: i sintomi ansiosi sono alimentati dalle valutazioni
negative sui sintomi stessi: più si valuta negativamente la presenza di ansia e
delle manifestazioni fisiologiche associate, più questa valutazione aumenterà sia
la probabilità di presenza delle stesse sia la loro intensità. Alvaro ritiene che
manifestare questi sintomi sia imbarazzante, inadeguato, ma in particolar modo
teme che sentirsi in difficoltà possa essere causa di scherno e critica. Pertanto,
cerca di tenere sotto controllo tali sintomi e, soprattutto, le loro manifestazioni: gli
spiego che questo non fa altro che aggravare la sua sintomatologia.
Per di più, oltre al controllo diretto sulla manifestazione dei suoi sintomi,
Alvaro mette in atto una serie di evitamenti e di comportamenti protettivi che gli
forniscono la sensazione di essere al sicuro, proteggendo lo scopo primario
dell’immagine positiva: Alvaro parla poco, sta attento a quello che dice, sta in
disparte, si assenta. Spiego ad Alvaro che, in realtà, gli evitamenti e i
comportamenti protettivi volti alla difesa della propria immagine positiva
alimentano la valutazione negativa di sé e quindi l’ansia associata. Questo
aspetto sarà ulteriormente approfondito nella fase più prettamente terapeutica: lo
scopo di inserire questa informazione a questo livello è quello di mettere in
discussione la sensazione di Alvaro circa l’irrinunciabilità dei meccanismi
protettivi che mette in atto, al fine di favorire in lui l’accoglienza positiva di
tecniche volte a ridurre la pervasività e la gravità della sintomatologia.

 Tecniche di fronteggiamento dei sintomi

25
La sintomatologia di Alvaro è attiva quando entra in contatto con
l’incertezza: quando incontra degli stimoli che giudica minacciosi rispetto al suo
mondo prevedibile e sicuro, scattano dei pensieri automatici che non riesce a
controllare con la ragione. Tali pensieri automatici producono una forte ansia, che
Alvaro deve assolutamente attenuare attraverso evitamenti o comportamenti
protettivi.
Sembra quindi utile inserire degli strumenti che gli consentano:

1) di interrompere l’automatismo sintomatico

2) di sostituire i pensieri disfunzionali con pensieri funzionali

3) di modificare l’attivazione comportamentale

4) di gestire l’ansia.

Per quanto riguarda il primo obiettivo (di interrompere l’automatismo


sintomatico), è sembrato vantaggioso invitare Alvaro ad utilizzare le conoscenze
acquisite nella fase di assessment con lo scopo di aumentare la sua
metacognizione. L’obiettivo è quello di favorire in Alvaro una VISIONE
DALL’ALTO dei propri problemi, uno sguardo distaccato e consapevole che gli
consenta di calare nelle situazioni specifiche le conoscenze generali che egli ha
acquisito circa gli scopi e le convinzioni che regolano la sua modalità di agire e di
conoscere. Tale visione è funzionale a riconoscere i meccanismi che mette in atto
nel momento in cui sono agiti. Questo sguardo consapevole spezza di per sé
l’automatismo: infatti, anche se ancora non si hanno gli strumenti per creare
un’alternativa allo svolgersi automatico della sequenza disfunzionale, tuttavia la
consapevolezza della stessa e delle cause che la producono, ne diminuisce il
potere, la funzione e la sensazione derivata di incontrollabilità. Tale
consapevolezza calata sulla specificità dell’azione è la premessa indispensabile
per sottoporre l’automatismo a revisione critica, per iniziare a non esserne travolti
ma a pilotarlo, fino a poterlo rimandare e infine ad annullarlo.

Il secondo obiettivo (di sostituire i pensieri disfunzionali con pensieri


funzionali) è ottenuto attraverso la considerazione degli errori di ragionamento
nelle valutazioni degli stimoli e favorendo la produzione di pensieri alternativi che
sostengano Alvaro nelle situazioni ansiogene. Sono pertanto prese ad esempio le
analisi funzionali del paziente, allo scopo di produrre pensieri funzionali nelle
situazioni che Alvaro considera più minacciose.

26
Antecedente Pensiero Emozione Azione Fine
dell’azione
Saluto ad alta Imbarazzo (7) Rispondo al Far finta di
voce da parte di Questo mi saluta Ansia (7) saluto niente e
qualche collega ad alta voce per Rabbia (8) nascondere le
di lavoro attirare mie emozioni
l’attenzione degli
altri sulla mia
inferiorità

PENSIERO
ALTERNATIVO:

Mi saluta perché
mi rispetta e ci
tiene a salutarmi

Antecedente Pensiero Emozione Azione Fine


dell’azione
Andando al Rabbia (8) Rallento un Verificare le
lavoro in Perché mi segue Ansia (7) po’ per farlo sue intenzioni
macchina, un così da vicino? passare
collega mi è Cerca di mettermi
dietro con la sua in imbarazzo?

PENSIERO
ALTERNATIVO:

Facciamo la
stessa strada per
andare al lavoro:
può capitare di
incontrarsi

Antecedente Pensiero Emozione Azione Fine


dell’azione
Più persone Ansia (7) Non essere
parlano tra di Staranno Cerco di preso in giro
loro parlando di me? capire di sotto gli occhi
Lo devo sapere! cosa stanno
parlando, se
PENSIERO possibile, mi
ALTERNATIVO: avvicino o
chiedo a
Non è qualcun altro
assolutamente
detto che stanno
parlando di me e,
se anche fosse, è
così importante?

27
Alvaro prende dimestichezza con questo esercizio e produce molti pensieri
alternativi più funzionali dei precedenti, cercando di basare le sue alternative su
valutazioni razionali e distaccate delle situazioni che man mano gli si presentano.
Non sempre è in grado di anticipare le conseguenze e di ricercare prove
alternative, ma si allena frequentemente e con costanza e ciò produce effetti
significativi sulla gestione delle situazioni per lui ansiogene e sulla diminuzione
della risposta ansiosa.

Per quanto riguarda il terzo obiettivo (modificare l’attivazione


comportamentale) sono state adottati due approcci:

 ADDESTRAMENTO ALL’ASSERTIVITÀ, con lo scopo di


ampliare i comportamenti e le abilità sociali e abbandonare i
comportamenti protettivi e gli evitamenti. Spiego ad Alvaro la
differenza tra comportamenti passivi, aggressivi ed assertivi, ci
soffermiamo sui diritti assertivi e propongo simulate per mettere in
pratica le conoscenze trasmesse. Alvaro inizia anche a sperimentare
gradatamente la propria affermatività, sostenendo l’eventualità di
risposte negative da parte dell’altro, astenendosi dalla compiacenza e
tollerando la possibilità di critiche e battute.

 ESPOSIZIONI GRADUALI: ciò che il paziente ha compreso sui


suoi comportamenti ha la necessità di essere confermato nella realtà
sociale. È stata, pertanto, programmata una serie di esperimenti
comportamentali, volti ad attenuare gli evitamenti e i comportamenti
protettivi di Alvaro:

- esposizione ad argomenti riguardanti il sesso


- esposizione ai colleghi con personalità forte
- esposizione alle battute e alle allusioni.

Alvaro non è riuscito ad esporsi da subito a tutte le situazioni


programmate. Tale obiettivo è comunque rimasto aperto durante tutto
il percorso terapeutico e, aumentando la sua consapevolezza e
diminuendo la rigidità della sua SMM, Alvaro è riuscito ad esporsi con
successo a tutte le situazioni stabilite.

L’ultimo obiettivo (gestire l’ansia) è stato affrontato, insegnando ad


Alvaro una semplice tecnica di rilassamento: il RILASSAMENTO
PROGRESSIVO di JACOBSON.
La scelta di tale tecnica è stata motivata dal limitato grado di
consapevolezza corporea del paziente: Alvaro non ha mai fatto sport, è
visibilmente rigido e impacciato e, a domanda, risponde di non aver mai neanche
pensato alla possibilità di agire direttamente sulla muscolatura per rilassarsi.
Lo scopo è quello di imparare a sentire il livello di tensione per acquisire
poi l’abilità di gestirlo.

28
Alvaro impara ad utilizzare tale tecnica e a praticarla allo scopo di gestire i
suoi sintomi ansiosi.
Da rilevare che, una volta raggiunta una buona capacità di rilassamento,
Alvaro, per un periodo, ha intensi dolori muscolari: consultato uno specialista,
scopre che i dolori sono l’effetto del raggiunto rilassamento dopo anni di forte
tensione. I dolori passano presto e Alvaro può finalmente concedere un po’ di
riposo alla sua muscolatura.

Grazie all’introduzione di tali tecniche, Alvaro è in grado di avere


strumenti efficaci per la gestione e l’attenuazione dei sui sintomi. Questo gli
consente di riprendere il lavoro, di riuscire a garantire una presenza costante e,
soprattutto, di vivere l’ambiente lavorativo come meno pericoloso e angosciante.
Questi risultati costituiscono una buona premessa per il lavoro successivo
di ristrutturazione.

3. RISTRUTTURAZIONE COGNITIVA EZIOLOGICA della


STRUTTURA MOTIVAZIONALE MULTILIVELLO

Il lavoro di Ristrutturazione Cognitiva Eziologica della SMM di Alvaro ha


seguito una strada semplificata per non appesantire troppo il paziente con un
lavoro eccessivamente approfondito e concettualmente complicato.
Alvaro è una persona semplice, di modesta cultura e, pur capendo molto
bene gli approfondimenti rispetto alle sue motivazioni, ai suoi interessi e modalità
di agire, ha sempre prediletto, durante il percorso, riflessioni generali e di ampio
respiro, ed ha sempre avversato ogni parcellizzazione dei concetti sui quali
lavorare.
Si sceglie quindi di assecondare questa propensione di Alvaro, allo scopo
di favorire una maggiore adesione all’approfondimento e alla revisione del suo
assetto motivazionale.
La SMM di Alvaro è complessa, ma si ritiene possibile suddividerla in due
raggruppamenti:

 Il primo comprende i livelli 5 e 4. Essi sono i più immediatamente


adiacenti alla sintomatologia e sono connessi concettualmente, perché
rappresentano gli strumenti con cui Alvaro pensa di garantirsi gli
interessi ai livelli più profondi.

 Il secondo comprende i livelli 3, 2 e 1. Essi sono i più profondi, i più


stabili e sono intimamente collegati da un punto di vista dei significati
e dei nessi causali. Rappresentano le cause profonde della
sintomatologia di Alvaro.

Si decide dunque di affrontare la ristrutturazione, lavorando separatamente


su questi due raggruppamenti: il più profondo e stabile, che comprende le cause
radicate, e il più superficiale e suscettibile di squilibri, che comprende gli
strumenti di tutela del primo e le cause prossime della sintomatologia.

29
Il lavoro di ristrutturazione parte quindi dal primo raggruppamento: quello
che comprende i livelli 5 e 4.
Essi hanno in comune lo strumento del controllo, volto a garantirsi delle
certezze: la certezza di un mondo prevedibile, conoscibile e sicuro e quindi la
certezza della propria funzionalità psichica e fisica.
Si sceglie quindi di lavorare sulla ristrutturazione dell’INTERESSE alla
CERTEZZA.
Si invita Alvaro a considerare che tutta la sua sintomatologia:
evitamenti
tendenza ad interpretare
paura di non avere una funzionalità ottimale
preoccupazione per la propria salute
paura che gli altri lo credano omosessuale

non è retta dalla certezza delle sue convinzioni circa le sue paure, ma è
retta dall’intolleranza dell’incertezza:
 evita situazioni in cui non può avere certezze
 interpreta quando non conosce
 ha paura di non funzionare, non perché ha segnali di mal funzionamento, ma
perché non ha la certezza del funzionamento
 si preoccupa per la propria salute, non perché è malato, ma perché non ha la
certezza di non esserlo
 ha paura del giudizio altrui, perché pretende la certezza di essere giudicato
come desidera

Tutta la sintomatologia del paziente (evitamenti, reazioni emotive, paure,


ansia) non è presente perché Alvaro ha la certezza delle sue valutazioni, del suo
malfunzionamento, della malattia, del giudizio negativo altrui, ma perché Alvaro
non tollera di non possedere la certezza delle sue valutazioni, di funzionare
perfettamente, di essere sano, di essere giudicato bene.
Pertanto, spiego ad Alvaro che non si allarma, e quindi reagisce con i suoi
sintomi, in presenza di segnali concreti di pericolo, ma che la minaccia da lui più
fortemente percepita è relativa all’assenza della certezza. Egli ha sviluppato una
convinzione di questo tipo:

ASSENZA di CERTEZZE = MINACCIA

E questo, ignorando la presenza o meno di minacce concrete alle cose


importanti che egli tutela: dove non c’è certezza, c’è pericolo, a prescindere dai
segnali allarmanti o rassicuranti che Alvaro ha rispetto alle sue paure.
Invito Alvaro a riflettere sul fatto che il suo sistema protettivo non è
basato sulla PRESENZA di PERICOLI, ma sull’INTOLLERANZA
dell’INCERTEZZA, sul non accettare di non avere la certezza dell’assenza
del pericolo.
Questo significa che, adottando tale sistema, Alvaro non ha alcun
fondamento razionale, alcuna prova, o sintomo, che giustifichi le sue paure e
preoccupazioni.

30
Alvaro risponde non a minacce dirette, ma alla mancanza di certezza circa
l’assenza di minacce, quindi le sue reazioni non sono legate alla concretezza di un
pericolo, o lo sono solo accidentalmente.

Proseguo la riflessione, invitando Alvaro a ragionare su un ulteriore punto:


chi non accetta l’incertezza, quando si accorge di non riuscire a raggiungere la
certezza desiderata ritiene che il problema sia suo, perché non si applica
abbastanza o perché è incapace. Questo implica la convinzione che la certezza
assoluta sia raggiungibile:

Se non ho certezze dipende da me



Se dipende da me significa che la certezza è raggiungibile

Se la certezza è raggiungibile allora dipende da me



Se non ho certezze è colpa mia

Faccio notare ad Alvaro come tali convinzioni siano errate e disfunzionali:


non prendono affatto in considerazione la possibilità dell’irraggiungibilità della
certezza assoluta e quindi della mancanza di controllo/potere su tale
irraggiungibilità.
Esse, inoltre, producono un calo dell’autostima e un aumento
dell’autosvalutazione e del senso di colpa. Questo, finché non si giunge ad
un’adeguata consapevolezza, non fa altro che incrementare il bisogno di certezze
e rinnovarne la ricerca, in un circolo vizioso difficilmente invertibile.

Proseguendo su questo ragionamento, riflettiamo sul fatto, quindi, che se


Alvaro ha paura dell’incertezza è anche perché la considera una dimostrazione
delle sue incapacità.
Questo produce la costruzione di un illusorio controllo, separando
nettamente l’ambiente minaccioso, perché incerto, da un luogo psicologico e
fisico su cui si ipotizza di avere un controllo totale.
È ovvio come si tratti di un’illusione e di una continua ricerca. Essa
provoca in Alvaro 3 tipi di processi:

1) percettivi: “Sto attento”. Alvaro opera una continua scansione


dell’ambiente, alla ricerca di minacce e possibilità vantaggiose. Spiego al
paziente, però, che tale scansione adopera un’attenzione selettiva, per cui
la sua percezione sarà orientata a cogliere nell’ambiente solo quello che i
propri criteri normativi rendono possibile cogliere. Non si tratta dunque di
una scansione realistica di pericoli e minacce e quindi non lo protegge
efficacemente.

2) cognitivi: “Ci penso sempre”. Alvaro subisce una vera e propria


fissazione cognitiva sul pericolo, pena il rischio di venire sopraffatto.
Questo lo porta a valutare positivamente la preoccupazione e il continuo

31
rimuginio, perché funzionali a proteggerlo. Spiego ad Alvaro che i
processi di pensiero, così condizionati, lo tranquillizzano solo
apparentemente, quietando in lui l’esigenza di comprendere e di non
distogliere l’attenzione dal problema. In realtà, non fanno altro che
sequestrare le sue capacità cognitive in ruminazioni fine a se stesse, che
non portano da nessuna parte.

3) comportamentali: “Evito”. Il rifugiarsi in un illusorio luogo controllabile,


tenendo fuori l’ambiente minaccioso perché incerto, porta Alvaro ad
evitare tutte le situazioni in cui avverte la sensazione di incertezza.
L’impossibilità di raggiungere certezze, se non illusoriamente, fa sì che
l’evitamento sia pressoché totale: evita quando non ha certezze e, pur
affrontando situazioni dove avverte certezza e possibilità di controllo,
queste sono illusorie: pertanto evita ogni contatto con l’ambiente reale,
ossia non filtrato dall’illusione di controllo.

Invito Alvaro a riassumere insieme tutti i punti affrontati: ne deriva la


presa d’atto che, considerata l’impossibilità di giungere alla totale certezza, il
sistema difensivo di Alvaro è sempre in allarme, sia in presenza di pericoli reali,
sia in loro assenza.
La strategia difensiva di Alvaro, volta a proteggersi con energia dalle
minacce, in realtà, non è efficace: se il sistema è sempre in allarme, non sarà
possibile distinguere la presenza di pericoli reali e attivare risorse per fronteggiarli
adeguatamente.
Alvaro è molto colpito da tale riflessione: egli credeva che la pretesa della
certezza fosse un perfezionamento della sua capacità di proteggersi, mentre scopre
che in realtà ne è un limite.

Di fronte a tale evidente carenza nella sua auto-protezione, Alvaro


acconsente facilmente ai miei inviti ridefinitori.
Suggerisco ad Alvaro di sostituire la sua ricerca di certezza con la ricerca
del massimo grado di PREVEDIBILITÀ possibile, accettando di non essere
onnipotente e di mantenere un certo livello di incertezza e di dubbio.

Il lavoro sul primo raggruppamento di interessi della SMM di Alvaro si


conclude, approfondendo l’interesse a mantenere un buon livello di
FUNZIONALITÀ PSICOFISICA.
Riconduco il paziente al lavoro appena concluso sulla certezza. Chiarisco
che la certezza gli serve anche per avere sicurezze rispetto alla propria
funzionalità:

CERTEZZA = garanzia di controllo su di sé

INCERTEZZA = minaccia al suo funzionamento

Abbiamo già visto come sia impossibile raggiungere tale certezza e come
sia illusoria la sensazione di controllo che ne deriva. Aggiungo che non è possibile
avere assenza di sintomi e prove certe di funzionalità.

32
Pertanto invito Alvaro a ridefinire tale interesse in virtù delle nuove
acquisizioni. Non ritengo fondamentale ritoccare eccessivamente la definizione
dell’interesse: mantenere un buon livello di funzionalità psichica e fisica è un
interesse legittimo.
Il lavoro si è concentrato quindi, come già descritto, sul rapporto causale
che tale livello ha con quello sovrastante, ossia con l’interesse ad avere la garanzia
di un mondo prevedibile e sicuro e sull’obiettivo di ridurre la spinta alla
realizzazione dell’interesse, attraverso anche l’attenuazione della rigidità dei
criteri.
Alvaro accetta di buon grado tale lavoro, che lo porta a importanti
considerazioni:

 l’organismo è perfetto nella sua funzione autoprotettiva

 il corpo ci manda precisi segnali quando è presente una


disfunzione, un danno, o uno stile di vita inappropriato

 il continuo monitoraggio non solo è superfluo, ma a volte


dannoso, in quanto, sopravvalutando ogni segnale anche minimo,
si rischia di livellare i segnali fisici, alzando la soglia della
minaccia e non considerando adeguatamente i reali indizi di
disturbo

 la perfetta salute e la totale funzionalità non esistono:


l’organismo ha un funzionamento dinamico e suscettibile di
continue instabilità.

Alvaro si adegua a tali considerazioni e comprende l’importanza di vivere


il suo rapporto con il proprio corpo e le sue funzioni in maniera più consapevole, a
contatto con i propri limiti e recuperando l’umiltà di essere umano.

Il lavoro di ristrutturazione prosegue affrontando il secondo dei


raggruppamenti in cui si è deciso di suddividere la SMM di Alvaro: quello che
comprende i livelli 3, 2 e 1.
Essi rappresentano le cause più profonde della sintomatologia del paziente
e, in uno sguardo d’insieme, riguardano l’interesse di Alvaro ad avere
un’immagine positiva in modo tale da procacciarsi la stima degli altri, fonte di
conferme circa il proprio valore.
Presupposto di tali interessi è un’AUTOVALUTAZIONE NEGATIVA.
Si è già visto come Alvaro abbia una scarsa stima di sé, ma, approfondendo tale
aspetto con lui, si evince come essa non sia confermata da altro che non sia una
sensazione di inferiorità e di scarse capacità.
Mi sembra quindi utile approfondire concetti relativi alla valutazione di sé.
Insieme ad Alvaro, definiamo l’AUTOVALUTAZIONE come la
valutazione relativa al proprio potere rispetto ad uno scopo: è positiva quando
si valuta la presenza di potere su uno scopo (o la si presume) e negativa quando se
ne valuta l’assenza (o la si presume). È chiaro come Alvaro si riconosca nella
definizione di autovalutazione negativa.

33
Data questa definizione, invito il paziente a riconoscere in sé alcune
caratteristiche che sono tipiche in presenza di un’autovalutazione negativa.
Insieme ad Alvaro individuiamo le seguenti:

 Vulnerabilità: Alvaro è sensibile alle critiche, ai giudizi, ai commenti su


di sé da parte degli altri. Tale vulnerabilità si traduce in un’estrema
sensibilità nei confronti della critica negativa, per cui Alvaro coglie in
senso negativo frasi ambigue, battute umoristiche, modi di dire, in
sostanza, tutto ciò che può essere vissuto da lui come una diminuzione in
termini di immagine e di potere da parte degli altri.
 Bisogno di approvazione: Alvaro, sensibile alle svalutazioni, è attratto da
quelle situazioni che lo incoraggiano o comunque che non lo criticano.
Questo lo porta a ricercare l’apprezzamento degli altri sopra ad ogni cosa,
al fine di sentirsi al riparo da possibili svalutazioni e critiche.
 Assunzione di atteggiamenti conformistici : la vulnerabilità di Alvaro lo
porta a ricercare strenuamente l’approvazione altrui. Per garantirsi tale
approvazione ricorre dunque a comportamenti e atteggiamenti improntati
sul conformismo, adeguandosi eccessivamente alle percepite aspettative
altrui.

Una tabella ci aiuta a comprendere meglio tali concetti:

AUTOVALUTAZIONE NEGATIVA
“Ho scarso potere interno rispetto ai miei scopi”

“Mi aspetto dagli altri “Non sono “Devo smentire le mie


valutazioni negative” autosufficiente” convinzioni negative su
di me”

Ricerca della stima degli Ricerca dell’aiuto degli Ricerca di valutazioni


altri altri positive dagli altri

STIMA ALTRUI IPERVALUTATA

Tendenza al conformismo Dipendenza dagli altri

Invito Alvaro a riflettere circa l’illusorietà di questa “nicchia”: se


apparentemente lo protegge da critiche e svalutazioni, lo “incastra” in un processo
graduale di disabilità psico-sociale, tanto da correre comunque i rischi che cerca
di evitare, pagando per di più un costo maggiore in termini di difesa della propria
immagine auto ed etero - riferita.

34
Consiglio ad Alvaro di riflettere, infatti, sul fatto che l’evitamento delle
frustrazioni e delle valutazioni negative non può essere raggiunto sempre,
quindi avrà comunque un risultato negativo agli occhi degli altri.
Spiego al paziente che tale risultato negativo avviene per dei motivi ben
precisi:

- tendenza ad attenersi alle richieste altrui in modo meticoloso. Alvaro


assume atteggiamenti conformistici al fine di procacciarsi il giudizio positivo
altrui.

- evitamento dell’esposizione per evitare aggressioni, allusioni, rifiuti, critiche,


tanto da arrivare ad una sorta di isolamento.

- paura di essere smascherato. Alvaro mira ad evitare che gli altri lo


conoscano bene. Teme le relazioni profonde, perché possono indurlo ad aprirsi e a
scoprire le sue lacune e insicurezze. Quindi evita contatti coinvolgenti, relazioni
strette, interazioni prolungate. In virtù di questo, gli altri possono avere di Alvaro
un’immagine di superficialità.

Faccio notare ad Alvaro che le conseguenze delle tendenze descritte sono


proprio quelle lui cerca con energia di evitare. Infatti, se una persona risulta
essere socialmente superficiale, non disponibile, evitante, allora gli altri
saranno restii a fidarsi e tenderanno a valutarlo negativamente. Intorno a lui
si genera un contesto di solitudine non voluta.
L’isolamento sociale e le valutazioni negative, lungi dal produrre
consapevolezza circa l’influenza dei propri atteggiamenti protettivi sulle stesse,
costituiscono al contrario un ulteriore stimolo per indurre Alvaro a svalutarsi e a
sentirsi svalutato e a riproporre gli stessi strumenti per contrapporsi a ciò che teme
sempre più.
Si instaura pertanto un circolo vizioso difficile da invertire.

AUTOVALUTAZIONE NEGATIVA

Ricerca
dell’approvazione altrui
Valutazioni negative
degli altri

Comportamenti compiacenti
Evitamenti

35
Superficialità
Invito Alvaro a ridefinire tali interessi, seguendo tre percorsi fondamentali:

1) Accettazione di sé: la strada verso l’autovalutazione positiva passa


attraverso l’accettazione.
Rifletto con Alvaro sul fatto che tutta la sua struttura motivazionale è volta
a dimostrare a se stesso di valere qualcosa. Spiego che il valore di una persona
non è un concetto che possa essere subordinato ad altri: il valore non dipende
dalla stima che riusciamo ad ottenere, né tanto meno dal raggiungimento di
obiettivi più o meno importanti.
Il valore è dato all’uomo in quanto tale.
Il valore di un uomo gli deriva dalla realizzazione delle proprie
potenzialità, dall’espressione di sé.
Per giungere a questo, è indispensabile conoscersi e accettare se stessi in
quanto tali.
Spiego ad Alvaro che, d’altronde, l’autostima è un concetto che si riferisce
proprio a questo aspetto: essa non consiste in un atteggiamento di superiorità, non
si ottiene autoimponendosi una forza e un ottimismo che non si possiedono.
Piuttosto essa coincide con una conoscenza profonda di noi stessi, tale da
consentirci la nostra piena accettazione.
Accettazione di sé non significa rassegnazione, ma assunzione delle
proprie responsabilità: chi si conosce, accetta se stesso anche come essere umano
fallibile, ma nella tensione al superamento dei propri limiti.
Solo così si può arrivare ad una sensazione positiva di valore, che non
pretenda assenza di errori, di limiti e di debolezze, ma che li integri, accettandoli
come possibili in un cammino gratificante lungo la strada del progresso.

2) Bilanciamento tra valutazione di sé e valutazione degli altri.


Mi soffermo con il paziente a riflettere sulla stima degli altri, la cui
presenza è da lui ipervalutata e per questo in pericolo e fragile.
Spiego ad Alvaro che l’interesse ad ottenere la stima altrui non è di per sé
erroneo: ciò che è disordinato nella sua struttura a questo livello è da rinvenire in
due aspetti:

 Alvaro fa dipendere la propria valutazione di sé dalla


valutazione altrui.

 Alvaro, per ottenere la stima degli altri si crea un’immagine


che non gli appartiene.

Invito Alvaro a riflettere sul fatto che la sua valutazione di sé, la sua
autostima sono assolutamente in disequilibrio rispetto all’importanza assegnata al
giudizio altrui.
Infatti, facendo dipendere la propria autostima dalla stima degli altri, si
sminuisce il valore conoscitivo apportato dalle proprie valutazioni su di sé.
Per di più, pilotando la stima altrui attraverso la costruzione di
un’immagine da far valutare, è ostacolata la possibilità di confrontare le
proprie valutazioni con quelle degli altri.

36
Incoraggio Alvaro a considerare la valutazione degli altri per il suo
fondamentale contributo nel fornire dati esterni e, dunque, non soggetti alle
strategie di perseguimento dei propri scopi.
La stima altrui ha un importante valore informativo e critico, che ci
protegge dal rischio di distorsioni e autoinganni.
Pertanto, la valutazione degli altri va assolutamente considerata, ma
bilanciandola equamente con la valutazione di sé derivante dall’attività ideativa
interna.

3) Iniziativa, indipendenza, coinvolgimento


Come ultima tappa del lavoro di ristrutturazione, rivolgiamo l’attenzione
sull’immagine positiva che Alvaro pretende di avere.
Invito Alvaro a sostituire tale immagine, condizionata dal “dover essere
per gli altri”, con una maggiore espressione di sé. Non più ostacolata dal dover
ottenere il placet altrui, la personalità di Alvaro può ora avere libero sfogo.
In particolare, incoraggio Alvaro a:

 Prendere iniziative “libere” che prescindano da giudizi e spinte altrui

 Sviluppare l’indipendenza dalle aspettative, impegnandosi per il


conseguimento di obiettivi, anche minimi, ma che non comportino il
confronto con l’altro e quindi lo scontrarsi con le sue aspettative

 Aprirsi fiduciosamente all’altro, esprimendo le proprie emozioni in


modo spontaneo e spensierato

 Esprimere se stesso, le proprie caratteristiche, le attitudini, i desideri,


in una riscoperta degli stessi, volta a poter avvertire la propria
personalissima forza e a incoraggiare fiducia nelle proprie peculiarità.

4. DURATA DELLA TERAPIA E RISULTATI

La terapia di Alvaro è durata circa un anno e mezzo.


Alvaro è giunto in terapia con una scarsa mentalità psicologica ed una
ridotta capacità introspettiva e alla fine del percorso questi due valori sono
risultati differenti. Il paziente in poco tempo ha mostrato capacità di tener presenti
le trappole della sua struttura motivazionale e un autentico spirito auto
terapeutico.
A distanza di un anno e mezzo dall’inizio della terapia Alvaro è sereno
perché si sente libero dalla schiavitù degli evitamenti, dalla forte ansia e dai
pensieri disfunzionali.
Agisce con libertà e prova piacere nell’intraprendere nuove attività
sapendo che sperimenterà una leggera ansietà anticipatoria ma che questa presto
andrà via perché lui sa come rasserenarsi. Sa parlarsi.
In particolare, Alvaro ha ottenuto i seguenti risultati:

37
 Maggiore tolleranza dell’incertezza con conseguente attenuazione di
evitamenti e comportamenti protettivi
 Il rapporto con gli altri è vissuto più alla pari e con minore
preoccupazione
 Aumento di autostima
 Capacità di espressione di sé

Lascio alle parole di Alvaro la capacità di esprimere il cambiamento che


avverte in se stesso:
«Ora le cose sono cambiate: sto imparando a rispettare me stesso, sto
imparando ad accettarmi, ma soprattutto sto cercando di socializzare non con
una doppia immagine di Alvaro, ma con un Alvaro sincero nei confronti di se
stesso e con un Alvaro che cerca di maturare nel rispetto di se stesso e degli altri»
«Ora sto cercando di lasciare agli altri i loro pensieri e i loro giudizi e
considerazioni. Sto cercando di non dipendere più dagli altri ma di rispettare di
più me stesso, di rafforzarmi e soprattutto di vedere gli altri come persone non
superiori a me, ma ognuno con i propri limiti, i propri difetti, i propri pregi»
«Il prossimo mese compirò 52 anni e ho voglia di recuperare questi anni
che mi sono quasi sfuggiti di mano, questi anni che penso di non aver vissuto fino
in fondo.
Questi nuovi anni, invece, li vorrei dedicare a me stesso, a mia moglie, ai
miei figli, alle persone a me care, a godermi la giornata fino in fondo, con le mie
preoccupazioni e le mie gioie…guardarmi in faccia e dirmi finalmente: LA VITA
È BELLA!».

È evidente, nelle parole di Alvaro, la sensazione di liberazione che prova:


non è più attanagliato dalla rigidità della propria struttura e si sente libero di
esprimere finalmente se stesso.

La maggiore libertà di esprimere se stesso, nel rispetto delle proprie


capacità e attitudini, ha avuto un esito imprevisto: Alvaro ha iniziato a scrivere
poesie in dialetto maceratese.
Questa passione e il coraggio nelle proprie potenzialità l’hanno portato a
proporre le poesie ad un editore locale, che le ha pubblicate in un libro.
Questo libro è stata l’occasione per conoscere nuova gente, per ampliare
gli ambiti sociali in cui muoversi: ora Alvaro ha una ricca vita di relazioni, è
impegnato settimanalmente in una rubrica alla radio locale e scrive per un mensile
edito in dialetto.
La sua vita è finalmente gratificante e piacevole.
Nel libro, c’è anche una poesia a me dedicata:

LA DOTTORESSA
Ci sta ‘na dottoressa tanto vraa
de quelle che…non te vatte lu martellu,
no je ‘nteressa lu core o lu rispiru
però, a la fine, tu camini drittu!

Drendo l’ambulatoriu non c’ha ‘na medicina,


de li rappresendandi mango la puzza,

38
li ragghi, le lastre, non te li segna mai.
Essa te li fa…e tu non te reddai!

Bbella e simbatica adè, co’ l’occhi virbi,


te ‘bbocca drendo e tu non ce fai casu.
“Trentatré” non te lo chiede mai,
solo ‘na cosa chiede: ‘gna che t’affidi a Essa!

Tante orde ce devi ji a troalla,


troppe orde li soliti discurzi,
tante jornate pare ch’è sprecate,
ma se fadiga asseme e tu non te ne ‘ccurghi!

Du’ passi avanti e uno arreto farrai


essa a puntellà quilli palitti justi
A casa, tanto te farra scrie
Eppo, quando ce rvai, te dice Essa le cose juste.

Te fa lu vistitellu su misura
Jornu per jornu te se lu ‘mbastisce
le paure tue più lontano vidi, cunisci te stesso
e Essa piano piano te lu finisce!

Eppo, le visite sempre più lasche adè


te dice: “adesso camini vè da sulu?”
Je dico: “sci…adesso va vè
E posso caminà vene da sulu!”

Solo ‘na cosa te vurrio da dì:


ti si ‘lleata a la chetichella come se non jssi fatto gnè
Te dico questo dottoressa:
jornu per jornu…sto a caminà co’ te!

39

Potrebbero piacerti anche