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dell’arte
nel Medioevo
Studi in onore
di Mario D’Onofrio
Campisano Editore
IL POTERE DELL’ARTE
NEL MEDIOEVO
Studi in onore
di Mario D’Onofrio
a cura di
Manuela Gianandrea
Francesco Gangemi
Carlo Costantini
Campisano Editore
Il volume è stato in parte pubblicato
con il contributo del Magnifico Rettore,
Sapienza Università di Roma
In copertina,
Bamberg, Cattedrale, Cavaliere
da W. Boeck, Der Bamberger Meister,
Tübingen 1960, tav. 28
Progetto grafico
Gianni Trozzi
© copyright 2014 by
Campisano Editore Srl
00155 Roma, viale Battista Bardanzellu, 53
Tel +39 06 4066614 - Fax +39 06 4063251
campisanoeditore@tiscali.it
www.campisanoeditore.it
ISBN 978-88-98229-30-7
Indice
Alessio Monciatti
131 Dalla “Theotokos” alla “Sponsa Christi”. Il portale laterale
di Santa Maria in Trastevere e l’icona della Clemenza
Alessandro Zuccari
L’ITALIA MERIDIONALE
155 Giraletti marsicani. Qualche aggiunta
alla scultura abruzzese del Duecento
Walter Angelelli
163 Disegni inediti tardosettecenteschi
della Cappella Palatina di Palermo
Maria Giulia Aurigemma
181 Per la ricostruzione della parete settentrionale
del presbiterio della Cappella Palatina a Palermo
Beat Brenk
193 Portali scolpiti nella Basilicata normanno-sveva
Lara Catalano
207 I monumenti funebri di Francesco della Rath
e di Giacomo Martono nella cattedrale di Caserta Vecchia
Eleonora Chinappi
219 Urbs Venusina nitet tantis decorata sepulchris:
note su una storia di presenze e assenze
Luisa Derosa
235 I telamoni di Castel del Monte e i loro modelli
Marina Falla Castelfranchi
243 Una committenza imperiale nel Regno di Sicilia:
l’apparato scultoreo di Castel Maniace a Siracusa
Francesca Tota
L’ORIENTE BIZANTINO
261 Marmi costantinopolitani a Cipro
Claudia Barsanti
273 Exaltation and Ecstasy between Byzantium and Early Islam
Gianclaudio Macchiarella
289 Bessarione, dall’impero bizantino al papato di Roma:
7
un documento inedito sulla sua eredità
INDICE
Simona Moretti
299 Focus sul pallio di San Lorenzo
Andrea Paribeni
313 Bibliofilia bizantina. Il fondo Olinto Valenti
nella Biblioteca dell’Accademia dei Lincei
Silvia Pedone
9
Alessia Trivellone
INDICE
IL POTERE DELL’IMMAGINE E DELLA PAROLA
QUESTIONI DI ICONOGRAFIA
635 Dignitas moritur? Lo scheletro e la corona
Stefania Macioce
647 L’iconografia di Abyssus nella decorazione dei pulpiti
medievali dell’area campano-laziale
Melania Marrocco
659 Riuso e significato simbolico: porta come Cristo,
architrave come Pietro
Arturo Carlo Quintavalle
683 Il sogno di Pasquale I: un affresco staccato
e un problema d’iconografia
Lucinia Speciale
695 La mano di Dio: una nuova lastra della recinzione
preantelamica della cattedrale di Parma
Carlotta Taddei
705 L’affresco della Déesis nell’abside della chiesa di San Zaccaria
a Caulonia: ipotesi per una diversa interpretazione semantica
Roberto Tollo
725 Reading the display of sculpture on the façade
of the narthex of San Marco in Venice
William Tronzo
11
945
INDICE
La Madonna del cancelliere Rolin: l’aletheia di Jan Van Eyck
Vincenzo Bilardello
959 Giovanni Albino e la politica filo-romana
degli Aragonesi alla luce di una xilografia “sallustiana”
dell’Hypnerotomachia Poliphili
Stefano Colonna
969 Il Capys Silvius di Masolino e la Porta federiciana di Capua
Anna Delle Foglie e Adolfo Parente
989 Un ingegnoso prete di provincia, gli oggetti dispersi
e il tesoro nascosto
Stefano Marconi
1007 Il drago di Gregorio XIII, la peste e i Turchi
Stefano Pierguidi
1015 In favore di Mariotto di Nardo
Sergio Rossi
1027 L’araldica lirico-astratta di Mathieu
Antonella Sbrilli
MARIO D’ONOFRIO:
TRACCE DI UN PERCORSO UMANO E SCIENTIFICO
1039 Con Mario nell’Istituto di Storia dell’arte dell’Università
di Roma fra gli anni Sessanta e Settanta
Valentino Pace
1051 Ritorno in Armenia
Francesco Gandolfo
1055 Mario D’Onofrio: una storia dell’arte tranquilla
Xavier Barral i Altet
1061 Il professor D’Onofrio
Manuela Gianandrea, Carlo Costantini
1069 Gli studi principali di Mario D’Onofrio
449
sua posizione al centro del Mediterraneo, dei paesi musulmani d’Africa,
di Spagna e di Levante e quelli cristiano di occidente. La città vantava
tegia militare 33. La nave in questione era lunga circa 40 metri e larga cir-
ca 7, la cui chiglia era generalmente in legno di quercia, mentre il fa-
sciame era composto da tavole in legno di pino o faggio. L’impermea-
bilizzazione era data dal «calafataggio», imbevendo di pece fibre di ca-
napa o stoppa e inserendole tra il fasciame. La propulsione, invece, po-
teva avvenire sia a remi sia a vela. Il dromone più diffuso era una nave
bireme, cioè dotata di due file sovrapposte di remi su ciascun fianco,
generalmente con 25 banchi di voga per fila, e poteva contenere circa
200 uomini, tra ciurma, soldati pronti per il combattimento, il capitano
e gli altri ufficiali che permanevano sul ponte di coperta 34.
Quando il vento era favorevole si procedeva navigando a vela, fissa-
ta alle estremità dell’albero centrale. Essa poteva essere rettangolare,
anche detta «alla quadra», oppure triangolare «alla latina» (in realtà
corruzione linguistica dell’espressione «alla trina»), più capaci di strin-
gere il vento 35.
La direzione della rotta veniva data, in mancanza di un timone vero
e proprio, da due pale disposte obliquamente sui fianchi della poppa,
azionate mediante cordami o cavicchi 36. A causa della conformazione
lunga e stretta, inoltre, a bordo non c’era spazio per immagazzinare
grosse riserve di cibo e acqua, pertanto non permetteva una lunga per-
manenza a largo 37. Il dromone, rispetto alla liburna, aveva le fiancate
più basse e l’assenza dello sperone subacqueo, cioè il tipico rostro ro-
mano 38 (fig. 3).
La galea 39 soppiantò lentamente il dromone a partire dal XII secolo.
Imbarcazione di origine bizantina, essa era adatta per le ricognizioni co-
stiere e per le operazioni militari. Dal punto di vista morfologico, era
caratterizzata da una lunghezza che variava tra i 40 e i 45 metri, come il
dromone ma, rispetto a quest’ultimo, anche da una sottigliezza di circa
5 metri, risultando snella e veloce proprio come un pesce (galeos, in gre-
co significa pesce spada). Lo scafo, inoltre, aveva bordi bassi ed era pri-
vo di ponte di copertura per quasi l’intera lunghezza, eccettuate solo le
zone estreme della poppa e della prua. Ciò, da un lato, alleggeriva la na-
ve, dall’altro costringeva gli uomini a stare perennemente allo scoperto
e ad agire in uno spazio molto angusto. A poppa trovavano posto l’al-
loggio degli ufficiali e il ponte di comando, mentre la prua era munita
di un lungo sperone non subacqueo, come invece era il rostro delle na-
451
I NORMANNI E IL MARE. NOTAZIONI SULLA FLOTTA, SUGLI ARSENALI E SULLE BATTAGLIE
3. Galea normanna con vela alla latina
455
cune zone franche sicure, le luminarie erano impiegate nella navigazio-
457
sua flotta in Sicilia, alla volta di Palermo, nel luglio del 1071, con l’in-
tento di attaccarla dal mare. Qui, coadiuvato dalla flotta di Ruggero, il
NOTE
1
W. Cohn, Die Geschichte der sizilischen Flotte 1060-1266, Aalen 1978; M. Tangheroni,
Commercio e navigazione nel Medioevo, Roma-Bari 1996.
2
Infatti, come scrive il poeta Guglielmo di Puglia, al momento del loro arrivo in Italia me-
ridionale, nei primi anni dell’XI secolo, i Normanni non si interessarono subito di naviga-
zione: Guglielmo di Puglia, La geste de Robert Guiscard, a cura di M. Mathieu, Palermo
1961, III, v. 132, p. 170, Istituto Siciliano di studi Bizantini e Neoellenici. Testi e monumen-
ti, 4. Si veda anche M. A. Bragadin, Le navi, le loro strutture e attrezzature nell’alto medioe-
vo, in La navigazione mediterranea nell’Alto Medioevo, Settimane di Studio del Centro
Italiano di Studi sull’Alto Medioevo, XXV (Spoleto 14-20 aprile 1977), Spoleto 1978, pp.
389-408.
3
Per un quadro storico generale si rimanda a F. Chalandon, Storia della dominazione nor-
manna in Italia ed in Sicilia, Alife 1999-2002: I, 8, pp. 225-247 (Sicilia); I, 14, pp. 426-439 e
II, 4, pp. 178-187 (Nord Africa); I, 12, pp. 352-353 (Prima Crociata); II, 14, pp. 473-499
(Terza Crociata).
4
Cfr. L. Musset, La Tapisserie de Bayeux, La-Pierre-Qui-Vire 1989, scena 38, pp. 196-199;
scena 39, pp. 200-203; scena 40, pp. 204-205.
5
É. Ridel, Les navires de la conquête. Construction navale et navigation à l’époque de
Guillaume le Conquérant, Cully 2010, pp. 18-21; Musset, La Tapisserie..., scena 39-39, pp.
200-201. Sull’Arazzo di Bayeux viene rappresentata anche una terza tipologia di imbarcazio-
ne: piccola, probabilmente di tipo germanico, con pochi uomini a bordo. La Ridel ipotizza
che essa fosse destinata a piccole tratte e che fosse stata utilizzata durante la traversata della
Manica per trasportare viveri e altri beni di prima necessità Cfr. Ridel, Les navires..., pp. 12-
15. Per il riferimento iconografico di veda: Musset, La Tapisserie..., scena 38, pp. 198-199.
6
Ridel, Les navires..., pp. 23-27; Musset, La Tapisserie..., scene 38-39, pp. 196-203.
7
Ivi, scene 39-40, pp. 202-203.
8
Bragadin, Le navi..., p. 390.
9
Nei porti bizantini pugliesi e calabresi si trovavano numerosi e differenti tipi di imbar-
cazioni, da quelle per fini propriamente commerciali, a quelle utilizzabili per il combatti-
mento. Anche se la concentrazione di navi non doveva essere significativa, le autorità greche
459
ne avevano munito i principali porti in modo tale da garantire non solo la difesa dell’estesa
e vulnerabile fascia costiera, ma anche da intraprendere azioni offensive contro i nemici
461
par P. Charles-Dominique, Paris 1995, p. 344.
29
Anche gli altri porti pugliesi di Brindisi, Otranto e Taranto, che del resto vantavano una
diresse verso Palermo, salendo su una galea: «et lo Duc Robert, (...), estoit salli en la galèe;
laquelle estoit acompaingnié de x gat et xi autres nez». Ivi, VI, 14, p. 277. Per l’assedio di
Trapani il Guiscardo si servì di «splendentes galeas». Cfr. Goffredo Malaterra, De rebus ge-
stis..., III, 11, pp. 62-63. In età Ruggeriana le menzioni nelle fonti si fanno più frequenti. Ad
esempio, Al Nuwayri, scrittore musulmano, racconta che Ruggero II mandò in aiuto a Rafì
ibn Makan, della tribù berbera di Dahmân, 24 galee, a Gabés, in Tunisia. Cfr. An Nuwayri,
Biblioteca arabo-sicula, a cura di M. Amari, Torino-Roma 1880, cap. 48, ad annum 511 (5
maggio 1117-23 aprile 1118), p. 184; Amari, Storia..., III, 2, p. 370. Nel 1147, Ruggero partì
alla volta del Nord Africa con 250 galee. Cfr. Ibn Al Atir, Biblioteca arabo-sicula..., cap. 35,
ad annum 543 (22 maggio 1148-10 maggio 1149) pp. 119-121.
40
Bragadin, Le navi..., pp. 398-399; Cohn, Die Geschichte..., pp. 92-95; R. H. Dolly, The
Warships of the Later Roman Empire, in “Journal of Roman Studies”, 38, 1948, pp. 47-53; D.
P. Waley, Combined Operations in Sicily, A.D. 1060-78, in “Papers of the British School at
Rome”, 9, 1954, pp. 118-125.
41
Bragadin, Le navi..., p. 400.
42
Tangheroni, Commercio e navigazione..., pp. 196-198.
43
Bragadin, Le navi..., pp. 400-401.
44
Goffredo Malaterra, De rebus gestis..., II, 45, p. 52: commeatibus et caeteris quae expe-
ditioni congruebant apparatis; si trattava in genere di botti con vino e acqua, di barili con ci-
bi essiccati o salati, carne e pesce, legumi, sacchi di biscotti, cioè pagnotte ben cotte, frutta
secca. Solo lo scalo lungo la rotta poteva assicurare derrate fresche: Tangheroni, Commercio
e navigazione..., pp. 237-239.
45
Cohn, Die Geschichte..., pp. 95-96.
46
Usata contro i Veneziani a Durazzo: Guglielmo di Puglia, La geste..., V, vv. 156-157,
p. 244. A differenza di quella altomedievale, la trireme romana era caratterizzata da tre ordi-
ni di remi, uno sull’altro. Cfr. Bragadin, Le navi..., pp. 400-401.
47
Ibidem.
48
Nel 1061, al momento del primo sbarco in Sicilia, i gatti facevano parte della flotta ara-
ba. Cfr. Goffredo Malaterra, De rebus gestis..., II, 8, pp. 31-32. Durante lo sbarco di Roberto
il Guiscardo a Palermo nel 1071, invece, il Duca salì su una galea accompagnata da «x gat et
xi autres nez».Amato di Montecassino, Storia de’ Normanni..., VI, 14, p. 277. Goffredo
Malaterra, racconta che nel 1081, durante la battaglia di Durazzo, i Veneziani incendiarono
una nave normanna, «quam cattum nominant». Cfr. Goffredo Malaterra, De rebus gestis...,
III, 26, pp. 72-73. Il cattus viene menzionato anche da Alberto da Aquisgrana in occasione
della Crociata, verso la fine del XII secolo, aggiungendo con ovvia esagerazione che era in
grado di trasportare mille uomini: Albert of Aachen, Historia Ierosolimitana..., XII, 17,
p. 849. I gatti vengono nominati anche negli Annales Pisani, nell’anno 1136, al momento del-
l’attacco ad Amalfi da parte dei Pisani: «Rogerius, Sicilie rex, cum septem milia militum et
sexaginta galeis et gattis et navibus cum multitudine peditum Salerni permanentes, civitates
captas succurrere non audente». Cfr. B. Marangone, Annales Pisani, in M. Lupo Gentile (a
cura di), R.I.S., VI, 2, ad annum 1136, p. 9; C. Manfroni, Storia della marineria italiana, I,
Livorno 1897, p. 456; Waley, Combined Operations..., pp. 120-121.
49
Le navi da carico erano fondamentali per il supporto di una flotta da guerra. Roberto il
Guiscardo, nel 1084, contro i Veneziani a Durazzo: «Duxit praeterea naves oneraria qua-
rum/lex erat, has et equis sumptuque replevit et armi set variis rebus, quas aequoris exigit
usus». Guglielmo di Puglia, La geste..., V, vv. 147-149, p. 244. Grazie ai ritrovamenti dell’ar-
cheologia subacquea, il mare di Marsala ha restituito un relitto arabo-normanno di notevole
importanza. Gli studi sono ancora in corso, tuttavia, dal dissabbiamento marino, sono emer-
si 15 metri di struttura a fasciame, anfore e frammenti di terracotta risalenti al XII secolo. Si
tratta probabilmente di una feluca, un’imbarcazione bassa e veloce, utilizzata per la pesca o
per il commercio. Cfr. C. Mocchegiani Carpano, Archeologia subacquea. Note di viaggio nel-
463
l’Italia sommersa, Roma 1986, p. 160.
50
Cohn, Die Geschichte..., pp. 91-92; Bragadin, Le navi..., pp. 402-407.
quista normanna. Diversità e identità nel Mezzogiorno (1030-1130), Atti delle XVI Giornate
normanno-sveve (Bari, 5-8 ottobre 2004), a cura di G. Musca, Bari 2006, pp. 109-150, in par-
ticolare p. 140.
69
Una volta raggiunta la sponda siciliana, i Normanni rispedirono indietro le imbarcazio-
ni. Cfr. Goffredo Malaterra, De rebus gestis..., II, 10, p. 32; Amato di Montecassino, Storia
de’ Normanni..., V, 15, p. 236.
70
Ivi, VI, 13, pp. 275-276; Goffredo Malaterra, De rebus gestis..., II, 45, pp. 52-53;
Guglielmo di Puglia, La geste..., III, vv. 187-204, p. 174; Romualdo Guarna, Romualdi
Salernitani Chronicon..., p. 188.
71
Amato di Montecassino, Storia de’ Normanni..., V, 15, p. 248-255; Goffredo Malaterra,
De rebus gestis..., II, 40, pp. 48-49; Guglielmo di Puglia, La geste..., II, vv. 522-528, p. 160;
Lupus Protospatarius, Ignoti civis..., 1, V, p. 153.
72
Goffredo Malaterra, a differenza di Guglielmo di Puglia e di Amato di Montecassino,
afferma che la flotta normanna era capitanata da Ruggero, venuto in soccorso del fratello.
Goffredo Malaterra, De rebus gestis..., II, 43, p. 50; Guglielmo di Puglia, La geste..., III, vv.
111-141, pp. 170; Amato di Montecassino, Storia de’ Normanni..., V, 27, pp. 248-250.
73
Guglielmo di Puglia, La geste..., III, vv. 136-137, pp. 170.
74
Ivi, III, vv. 235- 236, p. 176.
75
Goffredo Malaterra, De rebus gestis..., II, 36, pp. 46-47; Amato di Montecassino, Storia
de’ Normanni..., VI, 13-17, pp. 275-278; Guglielmo di Puglia, La geste..., III, vv. 225-254, pp.
176-178: Le galee musulmane coperte di feltri rossi e gialli evocherebbero i versi del poeta
siciliano Ibn Hamdis (1053-1133). Cfr. Biblioteca arabo-sicula..., III, 2, p. 355.
76
Ai successi già citati, seguirono altri vittoriosi assedi anfibi, tra cui quello di Salerno nel
1076, di Taormina nel 1079, di Bari nel 1129, di Amalfi nel 1131 e di Napoli nel 1137. Per
Salerno: Goffredo Malaterra, De rebus gestis..., III, 4, pp. 58-59; Amato di Montecassino,
Storia de’ Normanni..., VIII, 14, p. 354; Guglielmo di Puglia, La geste..., III, vv. 425-441, pp.
186-188. Per Taormina: Goffredo Malaterra, De rebus gestis..., III, 15. Per Bari: Romualdo
Guarna, Romualdi Salernitani Chronicon..., p. 216. Per Amalfi: Alessandro di Telese,
Alexandri Telesini abbatis..., II, 8-9, p. 27. Per Napoli: Falcone di Benevento, Chronicon
Beneventanum, a cura di E. D’Angelo, Firenze 1998, 1134.2.1, p. 169.
77
Tangheroni, Commercio e navigazione..., pp. 198-199.
78
Bragadin, Le navi..., p. 396.
79
Nell’assedio di Trapani, del 1076, è ricordato un raid per fare bottino di bestiame:
Goffredo Malaterra, De rebus gestis..., III, 11, p. 63.
80
Goffredo Malaterra, De rebus gestis..., III, 15, p. 66: «Comes, Tauromenium obsidens,
viginti duobus castellis vallavit [...] et navalibus copiis a procinctu maris cingens, ut nullo la-
tere pateret aditus ad castrum [Tauromenii], volentibus hostibus aliquid intoducendi vel
educendi».
81
Ivi, IV, 2, pp. 85-86; Rogers, Latin Siege Warfare..., p. 99.
82
Alessandro di Telese, Alexandri Telesini abbatis..., II, 9, p. 27.
83
Ibn Abi Dinar, Biblioteca arabo-sicula, raccolta da M. Amari, III, Palermo 1998, pp. 661-
662; Ibn El Athir, Biblioteca arabo-sicula..., II, p. 364. Per il quadro storico generale si veda:
Chalandon, Storia della dominazione..., II, 4, pp. 178-187.
84
At Tigani, Biblioteca arabo-sicula..., II, p. 496-497; Ibn Abi Dinar, Biblioteca arabo-sicu-
la..., II, p. 293.
85
Ibn Abi Dinar, Biblioteca arabo-sicula..., III, pp. 659-661.