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CAPITOLI LIBRO LUIGI CREDARO

. Capitolo 4. Le modalità e le forme delle verifica e della valutazione sono molte. Le caratteristiche
strutturali della maggior parte degli strumenti usati per la rilevazione dei dati valutativi sono tali da rendere
poco affidabili le informazioni così che molto spesso può risultare compromessa l’efficacia delle decisioni
assunte sulla loro base. Se si prendono in esame le prove verbali orali, rappresentate dalle interrogazioni,
dal dialogo, dal colloquio o da altri strumenti, molto spesso la costatazione di sufficienza delle prestazioni
collettive, non garantisce che tutti posseggono davvero tutte le abilità-obiettivo perseguite e verificabili. La
questione è diversa se parliamo del tema classico che rappresenta di frequente una traccia non del tutto
strutturata che non consente, come le prove orali tradizionali, di cogliere almeno gran parte delle abilità
che invece si dovrebbero sottoporre a controllo proprio con quel tipo di prova e per tutti gli allievi. La
struttura di questi strumenti valutativi è fonte di innumerevoli errori di valutazione, essendo caratterizzata
da stimoli aperti e risposte aperte, essa veicola il giudizio ad essere poco affidabile ed a non rispecchiare
fedelmente le reali competenze degli allievi e a dipendere esclusivamente dalle caratteristiche soggettive di
chi corregge le prove. Questi limiti strutturali producono effetti tra i più diffusi e studiati. Vi sono gli effetti
di alone, di contrasto, di stereotipia. Altri ancora sono: l’effetto della profezia che si autoverifica o effetto
Pigmalione e quello della distribuzione forzata dei risultati formativi. È proprio dall’analisi del grado di
validità dei giudizi valutativi espressi dai docenti impiegando le prove tradizionali di accertamento del
profitto che si è sviluppata la docimologia. Sin dalle sue prime indagini svolte in Francia nel 1922, Henri
Pieron è stato considerato il padre della docimologia. I cardini concettuali attorno ai quali è venuta
sviluppandosi la ricerca docimologica sono rappresentati dalla validità e dalla attendibilità delle rilevazioni. I
principi di base con i quali è possibile catalogare gli strumenti di accertamento delle conoscenze possedute
dagli allievi sono molti. Nella più diffusa pratica valutativa attuale risultano rilevanti quelli fondati sulla
tipologia delle prestazioni richieste, cosi che gli strumenti vengono distinti in prove orali e scritte, anche in
rapporto al momento in cui vengono impiegati, adottando come criterio di riferimento generale la durata di
un periodo unitario di formazione, come per esempio un anno scolastico. Si hanno, cosi, prove iniziali o
d’ingresso e finali o d’uscita. I criteri di distinzione posso essere davvero tanti. La prova di verifica non è
altro che un artificio, uno stratagemma, impiegato per sollecitare manifestazioni riguardo le abilità e le
competenze raggiunte o possedute dagli allievi; una classificazione rigorosa e utile alle prove di verifica
deve tener conto delle caratteristiche formali sia delle sollecitazioni, che con esse si offrono agli allievi, sia
delle tipologie di risposta che si richiedono. Dalla qualità degli stimoli e dalle risposte deriverà gran parte
del grado di validità e di attendibilità dei dati e delle informazioni che si assumeranno utilizzando una certa
prova. Espletare una prova di accertamento del profitto è una delle procedure per fare in modo che la
prova sia in grado di far cogliere il possesso di quei requisiti cognitivi che di fatto si vogliono conoscere,
quindi la determinazione degli obiettivi della verifica.

Capitolo 5. Le prove di accertamento delle conoscenze tradizionali hanno, come abbiamo visto, il grave
limite di costringere sia l’allievo sia il docente a compiere una mediazione troppo soggettiva, con la
conseguenza che una certa prestazione può venir giudicata più o meno soddisfacente non solo da docenti
diversi ma persino dallo stesso docente in momenti diversi. Invece, prove che presentano tanto gli stimoli
quanto le risposte ben chiuse, evitano di incorrere in tali errori interpretativi. L’esito comprensivo del
giudizio sarà quindi considerabile come oggettivo o almeno di alta intersoggettività. Possono dirsi allora
prove oggettive quelle prove che consentono di predeterminare, rispetto al momento della loro
somministrazione, senza dar adito alla pur minima ambiguità interpretativa, l’esattezza della risposta. Le
prove vengono definite oggettive anche perché a tutti i soggetti, cui la prova viene somministrata, si
richiede l’esecuzione delle stesse prestazioni, di rispondere quindi alle medesime domande, formulate nello
stesso modo e nello stesso tempo. Le prove oggettive, che vengono somministrate ai soggetti, presentano
una serie di quesiti, stimoli chiusi, , ciascuno dei quali avente almeno due risposte chiuse e si chiede loro di
scegliere quelle ritenute esatte. Queste prove sono denominate anche prove strutturate di conoscenza,
perché al momento della loro somministrazione presentano strutturalmente definite sia le domande (item,
quesiti) che le risposte. Si possono distinguere i vari tipi di item a seconda dei modi in cui viene presentato il
quesito: vero/falso, complementari, corrispondenze, scelte multiple una o a due soluzioni esatte. Le
procedure e i criteri da seguire per l’elaborazione delle prove oggettive sono molto diverse a seconda se si
stabilisca di costruire per assolvimento delle funzioni valutative interne della singola classe o scuola, oppure
per rilevazioni campionarie relative a più scuole. Quando si elabora una prova oggettiva, i primi punti di
riferimento che vengono in mente sono l’ambito o gli ambiti disciplinari per i quali si vuole compiere la
verifica. Le caratteristiche degli allievi contribuiscono a definire il livello complessivo di difficoltà che la
prova deve presentare. A seconda delle necessità si potranno definire anche specifiche aree di competenze
oppure sub-aree disciplinari. Una volta definita l’area disciplinare specifica, si potrà procedere alla verifica
degli obiettivi analitici. Per i test di verifica è consigliabile organizzare il curricolo o suddividere l’intera
esecuzione curricolare di riferimento in unità didattiche o moduli omogenei e circoscritti. In questo modo
risulterà più agevole il lavoro da compiere.

-. Capitolo 7. La somministrazione delle prove è un momento delicato ed importante, infatti somministrare


le prove in un ambiente inadeguato, per esempio, sarebbe simile all’aver costruito uno strumento assai
poco valido ed attendibile. Per tale motivo è utile seguire le seguenti istruzioni: informare gli allievi sulla
prova; spiegare le finalità della prova; chiarire l’utilità dei “voti”, ovvero i risultati; distribuire il test;
illustrare il test; fare esempi alla lavagna; indicare l’azione da seguire in caso di cambio di risposta;
informare sulla presenza o meno delle penalizzazioni; comunicare il tempo concesso; far comprendere che
non è possibile interagire con i compagni. Per quanto riguarda la correzione, essa consiste nella semplice
operazione di riscontro della esattezza o meno delle risposte date da ciascun allievo a ogni quesito e vi sono
vari modi per correggere: attraverso un personal computer o manualmente attraverso apposite griglie di
correzione. Il punteggio complessivo di ogni test si otterrà sommando i punteggi parziali riportati alle
singole prestazioni che a loro volta si calcoleranno moltiplicando il numero delle risposte esatte riscontrate
in ogni gruppo di item dello stesso tipo, con il relativo peso o punteggio attribuitogli preliminarmente. Tale
punteggio assegnato subito dopo la correzione della prova viene detto “punteggio grezzo”, per indicare che
occorre compiere ulteriori elaborazioni per poter ricavare altre preziose informazioni. A seconda dei dati
che si vogliono ricavare dal punteggio, distinguiamo due tipi di prove: 1) Prove con punteggi riferiti a un
criterio, quando l’insegnante desidera sapere se ciascuno e tutti gli studenti posseggono quelle competenze
ritenute indispensabili al proseguimento dell’attività didattica. Scopo della prova sarà allora verificare chi e
quanti sono sotto o sopra quella determinata soglia (o standard o criterio assoluto): gli obiettivi posti a
controllo diventano dunque il criterio con il quale misurare o paragonare le singole prestazioni. 2) Prove
con punteggi riferiti a norme, quando l’interpretazione dei dati valutativi privilegia l’andamento
complessivo di tutte le prestazioni considerate. La valutazione di una prova dipenderà, allora, dai risultati
conseguiti dal gruppo nel suo insieme. Lo standard di riferimento sarà allora relativo al valore assunto dalle
prestazioni di tutti i soggetti testati. I punteggi vengono ad acquisire così un valore dipendente da quello
medio dell’intero campione esaminato, cioè dalla norma delle prestazioni del gruppo: quello che si vuole
sapere in questo caso è la situazione di una data prova all’interno dell’andamento di tutte le prestazioni
considerate.

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