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Dalla deriva dei continenti

all’espansione del fondo oceanico

Federico Cauli, Laura Lampis, Chiara Sogus


Dal fissismo al mobilismo

Fino all’800 fissismo e catastrofismo erano le teorie più accreditate tra i filosofi naturali per
spiegare la storia della Terra e degli esseri viventi.

Il fissismo prevedeva che gli esseri viventi fossero destinati a rimanere sempre
uguali a sé stessi; analogamente in geologia si pensava che esistesse una staticità
dei rapporti geodinamici tra continenti e oceani.
Questa teoria negava quindi la possibilità di movimenti
laterali delle masse continentali, ammettendo tuttavia
quelli verticali, imputabili alla contrazione della parte
esterna del globo, che si andava raffreddando da una
massa fusa originaria.

Durante il raffreddamento, i materiali più leggeri


migrarono verso la superficie, producendo rocce ignee
e metamorfiche di tipo granitico (Sial), ricoprenti rocce
più dense di tipo basaltico, gabbrico o peridotitico
(Sima). La parte più esterna del Sial si sarebbe
increspata, formando le catene montuose per effetto
della contrazione.
🔺Fig.1, Ipotesi sull’interno della Terra (~1920),
fonte: Alfonso Bosellini, Le scienze della Terra 2E
- Zanichelli (2020)
Il catastrofismo, teoria ideata nel 1815 dal naturalista francese
Georges Léopold Cuvier, spiega, senza contraddire il dogma della
creazione, le estinzioni degli esseri viventi attraverso improvvisi e
violenti sconvolgimenti della crosta terrestre.

🔺Fig. 2, G. Léopold Cuvier (1769-


🕇1832), fonte:
https://it.wikipedia.org/wiki/Georges_Cuvier#/m
edia/File:Georges_Cuvier_3.jpg
A seguito di ogni catastrofe, delle quali il Diluvio universale
sarebbe stata l’ultima e la più grande, gli esseri viventi,
quasi del tutto annichiliti, sarebbero stati sostituiti da altri
fino alla comparsa dell’uomo sulla Terra.

Il catastrofismo fu quindi esteso ai grandi eventi geologici


quando, in seguito alla stampa delle prime carte
geografiche dettagliate, si cominciò a notare una certa
similarità e complementarità tra le coste dell’Africa e del
Sud America. Furono poi supposti eventi catastrofici per
ipotizzare un iniziale accostamento e una successiva
separazione.

🔺Fig. 2, G. Léopold Cuvier (1769-


🕇1832), fonte:
https://it.wikipedia.org/wiki/Georges_Cuvier#/m
edia/File:Georges_Cuvier_3.jpg
Le visioni fissista e catastrofista furono largamente accettate per diversi secoli fino a quando,
all’inizio dell’Ottocento, dalle osservazioni eseguite sulle specie viventi da Jean-Baptiste
Lamarck e Charles Darwin, nacque una nuova corrente di pensiero: l’evoluzionismo.

L’evoluzionismo è la teoria secondo cui gli esseri viventi mutano


lentamente e continuamente tramite la trasmissione dei caratteri
ereditari di generazione in generazione.

🔺Fig. 3, Charles Darwin (1809-🕇1882), fonte:


https://it.wikipedia.org/wiki/Charles_Darwin#/m
Le teorie evoluzionistiche influenzarono anche le scienze della Terra. Lo
Scozzese James Hutton, considerato uno dei padri fondatori della
geologia moderna, con il suo Theory of the Earth (1788), fu tra i primi a
capire che la superficie terrestre veniva continuamente modellata dagli
agenti esogeni e ad intuire che la Terra dovesse avere un’età di diversi
milioni di anni, e non i 6000 che le venivano storicamente attribuiti
interpretando il libro della Genesi.

🔺Fig. 4, James Hutton (1726-


🕇1797), fonte:
https://www.treccani.it/enciclo
pedia/james-hutton/
Sul finire dell’800 si giunse al mobilismo:

Il mobilismo, contrapponendosi al fissismo, supponeva che la crosta terrestre fosse libera di


muoversi rispetto al mantello sottostante e potesse subire traslazioni orizzontali.

Già nel 1881 Osmond Fisher ipotizzava che l’interno della Terra fosse
interessato da moti convettivi di magma liquido in risalita negli oceani e
in discesa ai loro margini. Ma fu Frank Brusley Taylor che, nei primi
decenni del Novecento, propose la prima coerente formulazione di una
deriva dei continenti in termini non catastrofici.

🔺Fig. 5, Frank B. Taylor (1860-🕇1938), fonte:


https://www.tandfonline.com/doi/abs/10.5408/0022-1368-27.2.67?journalCode=uj
ge19
Taylor immaginava un lento slittamento del blocco euroasiatico in direzione Nord-Sud: la
penisola indiana, agendo da ostacolo, avrebbe causato l’<<arricchimento>> dell’Himalaya e il
sollevamento dell’Altopiano del Pamir, mentre a Est (Malesia, Indonesia), il ripiegamento si
sarebbe sviluppato liberamente, senza ostacoli. Il fenomeno si sarebbe verificato anche nella
regione mediterranea, dove il blocco africano fungeva da massa-ostacolo.

🔺Fig. 6, Carta di Taylor


(1910), mostra la
direzione e l’entità dei
movimenti continentali
con formazione delle
catene montuose. fonte:
Alfonso Bosellini, Le
scienze della Terra 2E -
Zanichelli (2020)
La teoria della deriva dei continenti

Agli inizi del Novecento, il geofisico e meteorologo tedesco Alfred


Wegener raccolse in una teoria organica una serie di dati scientifici, in
parte già noti e discussi, che presero il nome di deriva dei continenti.

Osservando la marcata congruenza delle linee di costa in entrambi i lati


dell’Oceano Atlantico, Wegener intuì che i continenti avrebbero potuto
muoversi lateralmente e migrare sulla superficie terrestre, allontanandosi
sempre di più.
🔺Fig. 7, Alfred Wegener (1880-
🕇1930), fonte: Alfonso Bosellini,
Le scienze della Terra 2E -
Zanichelli (2020)
Circa 300 milioni di anni fa le maggiori masse
continentali del globo (Nordamerica, Groenlandia,
Sudamerica, Africa, Europa, Asia, Australia, Antartide)
erano incastrate l’una nell’altra e costituivano un
unico grande blocco di terre emerse che Wegener
chiamò Pangea (dal gr. pàn <<tutto>> e gaìa
<<terra>>).

🔺Fig. 8, Pangea Questo supercontinente era circondato da un unico grande


fonte:
Alfonso Bosellini, Le scienze della
oceano, la Pantalassa (dal gr. pàn e thàlassa <<mare>>),
Terra 2E - Zanichelli (2020) profondo almeno 3000/4000m e pavimentato da crosta
oceanica.
All’inizio del Mesozoico (200/250 mln di anni fa), verso Est si
apriva un grande golfo <<oceanico>> di forma grossomodo
triangolare, la Tetide. Questo vasto oceano interno separava la
Pangea in due grandi masse continentali, una settentrionale
detta Laurasia e una meridionale detta Gondwana. Le acque
della Tetide coprivano, in parte, anche i margini dei continenti
adiacenti e si spingevano fin dentro l’attuale regione
mediterranea.
La configurazione geografica degli inizi del Mesozoico era
relativamente nuova. Infatti, essa era il risultato
dell’assemblamento dei continenti verificatosi circa 50 mln di
anni prima, come testimoniato da diverse catene montuose
sparse nel globo (Urali, Appalachi, Massiccio Centrale francese,
Alpi Carniche).
🔺Fig. 9, Ricostruzione di Wegener delle posizioni dei continenti
nel corso dei passati 300 mln di anni. fonte:Alfonso Bosellini, Le
scienze della Terra 2E - Zanichelli (2020)
A parte la prova geomorfologica che riguardava la congruità dei margini dei
continenti, che in alcuni casi combaciavano quasi esattamente, i sostenitori di Pangea
si basavano su tre tipi di argomenti: geologici, paleontologici e paleoclimatici.
Argomenti geologici

Grandi lineamenti strutturali della crosta


terrestre e province geologiche combaciano
quasi esattamente quando si riavvicinano i
blocchi continentali, riportandoli nelle posizioni
ritenute originarie. Per esempio la regione
geologica nei pressi di São Luis in Brasile è un
blocco del cratone (cioè della parte più stabile e
antica di un continente) dell’Africa occidentale
rimasto dalla parte del Sudamerica quando i due
continenti si sono separati.
🔺Fig. 10, Cratoni e orogeni. fonte: Alfonso Bosellini,
Le scienze della Terra 2E - Zanichelli (2020)
Argomenti paleontologi
In Sudamerica, Africa, Madagascar, India e
Australia furono rinvenuti i resti fossili delle
stesse piante e degli stessi animali vissuti nel
Paleozoico. Se questi continenti fossero stati
sempre separati, bisognerebbe ammettere
l’esistenza dei «ponti continentali», per poterli
collegare. Ma la scomparsa di questi non è
sostenibile da un punto di vista geofisico: la
crosta continentale, leggera, non può sprofondare
dentro la crosta oceanica, più densa e pesante.
Per spiegare queste similarità floristiche e
faunistiche è quindi necessario ammettere
l’originaria contiguità dei continenti. 🔺Fig. 11, Fauna e flora del Gondwana prima del suo
smembramento avvenuto nel Cretaceo. fonte: Alfonso
Bosellini, Le scienze della Terra 2E - Zanichelli (2020)
La storia della Terra è dunque caratterizzata da periodi di assemblamento continentale e periodi
di «diaspora», cioè di allontanamento e dispersione di frammenti continentali più o meno
grandi.

Queste fasi hanno avuto una durata di 100/200 mln di anni. Attualmente siamo in una fase in cui
in alcune parti della Terra vi sono avvicinamento e collisione (per esempio nel Mar
Mediterraneo), in altre allontanamento (per esempio nell’Oceano Atlantico).
Argomenti paleoclimatici

Evidenze e dati sulle condizioni climatiche del passato sono forniti dalle rocce sedimentarie.
Per esempio, i depositi di carbone possono significare che un tempo la regione interessata
ospitasse una vegetazione di tipo umido tropicale.

Le tilliti, depositi di detriti di roccia trasportati dai ghiacciai, sono invece indizio di
glaciazioni. Climi aridi sono testimoniati dalla presenza di gesso, di salgemma o di arenarie
rosse di ambiente desertico.

Climi caldi tropicali sono evidenziati da rocce carbonatiche (calcari, dolomie), quali per
esempio le scogliere coralline. Altri indizi paleoclimatici sono forniti dai vari tipi di fossili,
sia vegetali sia animali.
Le dorsali oceaniche

Le dorsali oceaniche sono estesi rigonfiamenti lineari


della crosta oceanica, estesi per i quattro Oceani
(Atlantico, Pacifico, Antartico e Indiano), il mar Artico e il
mar di Norvegia per una lunghezza totale di 60.000 Km.

La zona di cresta delle dorsali (costituita da un


avvallamento chiamato fossa tettonica, valle di
sprofondamento o più comunemente Rift Valley) si trova
a 2,5-2,7 km di profondità; ai suoi due lati, il fondo
oceanico cala fino a raggiungere una profondità di 5-6 km
e una larghezza dai 500 ai 2000 km.

Le dorsali oceaniche, però, possono anche affiorare


costituendo isole vulcaniche al centro degli oceani. 🔺Fig. 12: Mappa globale rappresentante posizione e espansione dei fondi oceanici
Fonte: Alfonso Bosellini, Le scienze della Terra 2E - Zanichelli (2020)
Alcuni esempi sono l’Islanda, le Azzorre, l’isola di Pasqua
e le Galapagos.
Le rift valleys sono circondate da rilievi basaltici
molto fratturati, e sono zone di terremoti a
ipocentro poco profondo, elevato flusso di calore e
attività vulcanica effusiva. Infatti, l’attività
🔺Fig. 13: Otto profili tipici delle dorsali medio-oceaniche relative agli oceani geologica più recente si svolge lungo la fessura
Atlantico, Indiano e Pacifico, con altezze esagerate rispetto alle lunghezze di rapporto
100:1. assiale, e l’età geologica aumenta mano a mano
Fonte: Alfonso Bosellini, Le scienze della Terra 2E - Zanichelli (2020)
che ci si allontana da essa.
Struttura della crosta oceanica

Siamo in grado di ricostruire la struttura della crosta


oceanica grazie a registrazioni di onde sismiche e
studio di rocce perforate dai fondi oceanici o
provenienti dalle catene montuose (in successioni
chiamate ofioliti).

🔺Fig. 14: Ofioliti di lava a cuscino a Bargone, Comune di Casarza Ligure (da Digilands.it)
🔻Fig. 15 Struttura della crosta oceanica
Fonte: Alfonso Bosellini, Le scienze della Terra 2E - Zanichelli (2020)

🔺Fig. 16 Pillow Lava (da Wikicommons)

Perciò, la crosta oceanica (a una certa distanza dal


rigonfiamento della dorsale) appare così stratificata:

-strato 1, composto da una coltre di sedimenti.

-strato 2, o strato vulcanico, o basamento oceanico; composto


da ripetute colate magmatiche di basalti, con struttura a
cuscino (pillow lava) a cui segue un complesso di dicchi.

-strato 3, o strato oceanico, composto da gabbri derivanti dal


magma presente in una camera magmatica.

Al di sotto si trova il mantello, separato dalla discontinuità di


Moho, nel quale la velocità delle onde sismiche aumenta
bruscamente.
Come avviene l’espansione oceanica

Nel 1960, Harry H. Hess dell’Università di Princeton


propose per la prima volta la teoria del sea-floor
spreading, o espansione del fondo oceanico.
Secondo questa teoria, le dorsali medio-oceaniche
erano l’espressione superficiale dei lenti moti
convettivi nel mantello.

Il materiale del mantello sale in corrispondenza


delle dorsali oceaniche e si muove lateralmente,
allontanandosi dall’asse di tale dorsale, e lo spazio
nella fessura centrale viene riempito da nuova
crosta creatasi dal materiale proveniente
🔺Fig. 17: GIF rappresentante l’espansione oceanica (da
dall’astenosfera.
USGS.gov)
Inoltre, secondo Hess, la litosfera oceanica veniva riassorbita nel mantello incontrandosi con la crosta continentale, creando le cosiddette fosse
oceaniche. Questo spiega il perché, nonostante questi moti, il volume della Terra non aumenti in modo drastico: l’espansione dei fondi oceanici
lungo le dorsali deve essere compensata per sovrapposizione della litosfera in altri luoghi.

Una parte della crosta oceanica risale sotto forma di magma e va ad alimentare l’attività vulcanica che si svolge sulla crosta continentale; il
resto ritorna a far parte del mantello.

Il fenomeno, denominato subduzione, avviene con violenti attriti, che si manifestano tramite scosse di terremoto.

🔺Fig. 18-19: A sinistra, schema dell’espansione oceanica; a destra, schema della subduzione. Fonte: Alfonso Bosellini, Le scienze della Terra 2E - Zanichelli (2020)
Il meccanismo dell’espansione
Sotto il centro d’espansione, il mantello è composto di peridotiti, e per
via del costante processo di separazione della litosfera in corrispondenza
della dorsale, la pressione che le rocce subiscono diminuisce, ed esse
risalgono.

Questa decompressione è adiabatica (senza perdita di calore) e causa la


parziale fusione del materiale, che si infiltra nella crosta, sotto la cresta
della dorsale, in una camera magmatica ampia dai 6 ai 10 km, circondata
da roccia molto calda. Ciò innesca una compensazione isostatica che
produce l'inarcamento della zona assiale della dorsale.

Il magma peridotitico si separa per cristallizzazione frazionata originando


un fuso basaltico dal quale si forma lo strato inferiore della crosta
oceanica, composto da gabbri. Il liquido basaltico nella parte superiore
della camera magmatica, se riesce a fluire oltre la superficie, scorre lungo
i fianchi della dorsale e dà origine alla pillow lava; se rimane
🔺Fig. 20: Sezione di una dorsale oceanica, evidenziando i vari strati e la camera
intrappolato nelle spaccature del terreno dà origine a filoni verticali magmatica da cui fuoriesce la lava che si riversa sul fondo oceanico.
(dicchi stratiformi). Essi ostruiscono l’effusione del materiale, dando Fonte: Alfonso Bosellini, Le scienze della Terra 2E - Zanichelli (2020)
inizio ad un nuovo ciclo.
Prove dell’espansione oceanica

Le evidenze che supportano l’ipotesi dell’espansione dei fondi oceanici sono numerose e
comprendono :

● le anomalie magnetiche dei fondi oceanici


● l’età dei sedimenti magnetici
● l’elevato flusso di calore in corrispondenza delle dorsali oceaniche
● il rapporto età-profondità della crosta oceanica
● le faglie trasformi
● i punti caldi
Le anomalie magnetiche dei fondi oceanici

Esistono luoghi sulla terra in cui i valori del campo magnetico si discostano dai
valori teorici. Queste variazioni che possono essere sia negative sia positive,
sono dette anomalie magnetiche.

Le anomalie magnetiche che si riscontrano sui fondi oceanici sono bande


parallele in cui il campo magnetico è alternativamente maggiore o minore del
2% circa del campo magnetico terrestre. Queste bande hanno ampiezza
variabile da 1 a 100 km e sono simmetriche tra loro rispetto alla cresta della
dorsale
🔺 figura 21: anomalie magnetiche. fonte: Alfonso Bosellini,
Le scienze della Terra 2E - Zanichelli (2020)

🔺figura 22: confronto anomalie magnetiche dei fondi oceanici e anomalie


magnetiche delle aree continentali. fonte: Alfonso Bosellini, Le scienze
della Terra 2E - Zanichelli (2020)
Nel 1963 due geofisici inglesi, F.J. Vine e D.H. Matthews,
formularono una brillante ipotesi che spiegava queste
anomalie nel contesto dell’espansione del fondo
oceanico. Il meccanismo base è l’acquisizione da parte
della lava basaltica di magnetizzazione termoresidua
durante il raffreddamento.

Le lave magnetizzatesi in epoche in cui la direzione del


campo magnetico era la stessa di quella attuale
producono un'anomalia positiva, il loro magnetismo
fossile si somma a quello attuale. Le lave magnetizzatesi
inversamente producono un’anomalia negativa , il loro
magnetismo fossile è contrario a quello attuale

Poiché un analisi dei profili magnetici effettuati nel


Pacifico, nell'Atlantico e nell’ Antartico ha dimostrato
che le anomalie possono essere correlate da un oceano
all’altro è ragionevole assumere che il processo di tali
anomalie sia unico
🔺figura 22: Anomalie magnetiche registrate nei vari oceani. fonte:
Alfonso Bosellini, Le scienze della Terra 2E - Zanichelli (2020)
Età dei sedimenti oceanici

Quando la nuova crosta oceanica esce dalla fossa centrale della dorsale su di essa
cominciano subito a piovere i gusci degli organismi planctonici, poiché questi si
sono evoluti nel tempo, lo studio dei sedimenti permette di datare i fondi
oceanici. L’età del sedimento più vecchio che è quello che giace sul basamento
basaltico ci fornisce l’età della crosta oceanica in quel punto.

🔺figura 23: Sedimenti che si accumulano sulla crosta basaltica del fondo oceanico, spostamento della crosta basaltica e
aumento dello spessore dei sedimenti accumulati. fonte: Alfonso Bosellini, Le scienze della Terra 2E - Zanichelli (2020)
I sedimenti più antichi sinora scoperti risalgono a circa 170 milioni di anni fa. Più
del 50% del fondo oceanico si è formato negli ultimi 80 milioni di anni.
Il rigenerarsi continuo della crosta oceanica risolve uno dei paradossi della
geologica :
● ci sono sempre stati oceani
● quelli attuali non contengono sedimenti di età superiore ai 160/170 milioni di
anni
● la maggior parte è più giovane di 80 milioni di anni
L’espansione oceanica è quindi documentata a partire da 160 milioni di anni fa, ma
è certo che questo meccanismo fosse già operante nelle ere precedenti :
● i fondi oceanici si sono rigenerati e allargati più volte
● i fondi oceanici hanno vagato allontanandosi e scontrandosi continuamente
Il flusso di calore nelle dorsali medio-oceaniche

In corrispondenza dell’asse delle/a :

● Dorsali medio-oceaniche il flusso di calore è sensibilmente più


elevato che nelle altre parti dell’oceano. Si può inoltre constatare che
i valori maggiori si raggruppano da entrambi i lati della crosta entro
una distanza di 150/200 km
● Dorsale medio-atlantica i valori maggiori del flusso di calore sono più
concentrati nella Rift Valley entro un raggio di 50/75 km
● Dorsale del Pacifico abbiamo una caduta dei valori del flusso di
calore che avviene gradualmente con la distanza dall’asse
🔺Figura 24 : Flusso di calore nelle dorsali oceaniche. fonte:
https://www.egeoitalia.com/files/00059/22.09.2016_geologia_e_geotermia_a_bassa_entalpia.pdf
Rapporto età-profondità della crosta oceanica

Man mano che si allontana dalla cresta della


dorsale, la crosta oceanica si raffredda e
aumenta la sua densità. Così subisce una
progressiva subsidenza per compensare il
maggior peso.

La profondità a cui la crosta si stabilizza varia


con la radice quadrata della sua età. Il tasso di
subduzione decresce, quello medio indica una
concentrazione del 3% dello spessore della
placca

Il rapporto esistente tra profondità ed età è una


logica conseguenza dell’espansione del fondo
🔺Figura 25 : Profondità media nell’ Atlantico e Pacifico, la curva nera
oceanico, è possibile stabilire l’età della crosta indica la profondità proporzionale alla radice quadrata dell’età.
semplicemente dalla profondità a cui si trova fonte: Alfonso Bosellini, Le scienze della Terra 2E - Zanichelli (2020)
Le faglie trasformi

La fenditura assiale lungo la quale si


attua l’espansione della dorsale
oceanica non è una struttura
continua. Essa è interrotta e dislocata
dalle cosiddette zone di frattura.
All’inizio si pensava che tali fratture
fossero normali faglie lungo le quali
l’asse delle dorsali era stato spostato.
Ma in tal caso le faglie avrebbero
dovuto prolungarsi entro i continenti
e i terremoti insorgere su tutta la
lunghezza, queste caratteristiche però
non erano riscontrabili
🔺figura 26:Sistema di fratture dorsale oceanica medio-atlantica. fonte: Alfonso Bosellini, Le
scienze della Terra 2E - Zanichelli (2020)
J.T. wilson un geofisico canadese nel 1956 propose che se
davvero si stava generando nuova crosta allora avrebbe
potuto esistere una nuova classe di faglie che chiamò
faglie trasformi.
Queste faglie non si prolungano entro i continenti e i
terremoti sono limitati alla parte compresa fra i due
segmenti della dorsale. Queste faglie dimostrano che
l’espansione dei fondi oceanici avviene per segmenti
separati. Ogni troncone dorsale è la sede di formazione di
un tratto di fondo oceanico ed è separato da quello
seguente dalle faglie trasformi.
Se i due tronconi fossero stati in continuità e poi fossero
stati rigettati, ai due lati della faglia il verso del
movimento sarebbe stato discorde e i due tronconi si
sarebbero dovuti allineare, invece il verso del movimento
è opposto solo nel tratto situato tra i due tronconi. Nei
🔺figura 27: Spostamenti relativi alle rocce dei fondi
tratti esterni ai due tronconi di dorsale il verso del loro oceanici lungo le faglie trasformi. fonte: Alfonso Bosellini,
movimento è concorde perciò la faglia è inattiva e diventa Le scienze della Terra 2E - Zanichelli (2020)
solo una zona di frattura
I punti caldi

Sono chiamati punti caldi o hot spot i


centri vulcanici isolati, caratterizzati
da elevato flusso termico e intensa
attività intraplacca.

Sono zone di sollevamento della


crosta e le lave a essi associate sono
diverse da quelle delle dorsali
oceaniche e quelle delle zone di
subduzione, si tratta di lave
basaltiche che contengono
percentuali più alte di metalli alcalini:
🔺figura 28: Carta con i punti caldi attivi negli ultimi 10 milioni di anni. fonte: Alfonso
Bosellini, Le scienze della Terra 2E - Zanichelli (2020)
La tratta atlantica degli schiavi africani

Sebbene il fenomeno del commercio di schiavi fosse


già presente e attestato in epoca antica, interessando
particolarmente zone come l’Africa Orientale, a partire
dal XV secolo con l’avvio dei traffici europei lungo le
coste dell’Africa subsahariana, i portoghesi
cominciarono ad esportare manodopera coatta dai
regni di Congo e Benin per impiegarla nelle
piantagioni di canne da zucchero a Capo Verde e Săo
🔺Fig. 29, Litografia rappresentante scene di
Tomé. La richiesta si fece subito crescente anche per i vita su un vascello negriero, fonte:
domini spagnoli dei Caraibi. https://ilbolive.unipd.it/index.php/it/news/
tratte-schiavi-tratta-atlantica-verso-lameric
a
Nella seconda metà del ‘600 il flusso di schiavi,
iniziò a dirigersi verso le colonie inglesi del
Nordamerica, in rapporto alla costante crescita
delle piantagioni caraibiche e alla necessità di una
maggiore produzione di cotone. Diverse compagnie
(Royal African Company, Compagnia olandese delle
Indie Occidentali) si specializzarono in questo
traffico, inserendo logiche di triangolazione
commerciale: I vascelli salpavano dai porti europei
(Bristol) carichi di beni manufatti (armi, tessuti,
alcolici), che venivano scambiati con schiavi fatti
affluire verso le coste africane in accordo con tribù
locali o catturati nei villaggi, per poi fare rotta verso
le Americhe, dove venivano venduti in cambio delle
materie prime agricole (cotone, zucchero, tabacco, 🔺Fig. 30, Cartina raffigurante la triangolazione
caffè), coltivate dagli stessi schiavi, per i mercati del commerciale della tratta negriera, fonte:
https://www.newentrymagazine.it/la-tratta-atlantica-degli-schiavi/
vecchio continente.
Segnata da crudeltà ed eccessi terribili, contestata dalla
Chiesa, intellettuali illuministi ed opinione pubblica, la
tratta venne abolita e contrastata da diversi stati, dopo
aver raggiunto il picco massimo sul finire del XVIII secolo
(si stima tra i 9 e i 12 mln di individui in totale), a partire da
Danimarca (1792), Francia rivoluzionaria (1794), Inghilterra
(1807), USA (1808) Olanda (1814) e Portogallo (1815-30).
La presa di coscienza delle responsabilità delle diverse
parti coinvolte alimentò una serie di dibattiti storici e
politici che negli ultimi anni del XX secolo portarono
all’istituzione della giornata mondiale in ricordo della
schiavitù e della sua abolizione, proclamata dall’UNESCO
nel 1998 e alla consacrazione di antichi fortini europei e 🔺Fig. 31, Cape Coast Castle, uno dei trenta
teatri commerciali della tratta, lungo le coste del Ghana o “castelli degli schiavi” in Ghana, costruito dai
del Senegal, a veri e propri luoghi della memoria. commercianti europei e sfruttato come tappa prima
della traversata atlantica. fonte:
https://visitghana.com/attractions/cape-coast-cas
tle/
Pacific Rim

Pacific Rim è un film fantascientifico


rilasciato nel 2013, scritto da Trevis
Beckham e Guillermo del Toro e
diretto da quest’ultimo.
Il film trae ispirazione dai kaijū,
giganteschi mostri tipici del cinema
giapponese, e dai giganteschi mecha
tipici di anime e manga.

🔺Fig. 32 Locandina del film (da Slashfilms.com)


Nel 2013 una misteriosa breccia appare sul fondo dell'Oceano Pacifico, in mezzo a due placche tettoniche; essa si scopre essere un portale interdimensionale, dal
quale emergono giganteschi mostri alieni, noti come Kaijū. Questi mostri cominciano ad attaccare le città, distruggendole e mietere milioni di vittime; per
fronteggiare questo pericolo, le nazioni del mondo si alleano per creare delle armi speciali: robot giganti chiamati Jaegers, controllati simultaneamente da due
piloti tramite una rete neurale.

🔺Fig. 33: Gypsy Danger si


prepara a combattere contro un
kaijū (da Pacific Rim Wiki)

Le nazioni più impegnate in questo progetto sono le nazioni del cosiddetto Pacific Rim, (l’anello del Pacifico) in quanto gli attacchi dei kaijū sono concentrati sulle
loro città costiere. All’inizio, gli Jaeger sembrano avere la meglio sui mostri; tuttavia, dopo qualche anno, i kaijū si adattano ai loro nuovi avversari, finché nel 2020,
il protagonista Raleigh e il suo fratello maggiore Yancy, mentre pilotavano il loro Jaeger, Gypsy Danger, nei mari dell’Alaska, vengono sconfitti da un kaijū di terza
categoria, che danneggia il robot e divora Yancy. Raleigh riesce comunque a sconfiggerlo, ma provato dalla perdita del fratello, si ritira dal progetto.
Cinque anni dopo, i mostri sono diventati sempre più potenti, e i governi
mondiali abbandonano il progetto Jaeger, puntando sulla costruzione di 🔻Fig. 34 locandina del film con i tre protagonisti: da sinistra a
un gigantesco muro costiero lungo il Pacifico per proteggersi dai kaijū; lo destra, Pentecost, Raleigh, Mako (da Pacific Rim Wiki)
stesso muro si rivela subito inutile quando viene distrutto da un kaijū di
quarta categoria.
Raleigh, che lavora come operaio per la costruzione della muraglia, viene
convinto dal comandante delle forze Jaeger, Pentecost, a tornare in
servizio. Cercando un pilota con cui lui abbia un legame mentale forte
quanto quello che aveva con il fratello, Raleigh fa coppia con la giovane
Mako, anche se all’inizio i due hanno difficoltà poiché Mako ha ricordi
del trauma psicologico subito da piccola, di come i suoi genitori fossero
stati uccisi da un kaijū.

La squadra di ricerca del progetto Jaeger idea un modo per vedere i


ricordi dei kaijū attraverso frammenti del loro cervello, usando la stessa
tecnologia con cui i piloti vedono le loro menti; grazie a ciò, scoprono
che i kaijū non sono semplici bestie selvatiche, ma armi biologiche
fabbricate da alieni invasori residenti dall’altra parte del portale nella
Breccia. Inoltre, questi alieni avevano già tentato di invadere la Terra nel
Triassico, rinunciando per via dell'atmosfera troppo pura, ma a causa
dell'inquinamento provocato dall'uomo l'ambiente del pianeta è ora
adatto per la loro sopravvivenza.
Nel frattempo, due kaijū attaccano Hong Kong, e nonostante
tre dei quattro Jaeger rimasti vengano mandati contro di loro, i
due mostri hanno la meglio e altri due Jaeger vengono
distrutti; i piloti fortunatamente vengono salvati dal Gypsy
Danger, dopodichè Raleigh e Mako si occupano di proteggere
lo scienziato incaricato di esaminare i ricordi dei kaijū dagli
attacchi di questi ultimi.

🔻Fig. 36 Concept art di Slattern, kaijū di quinta categoria (da Pacific Rim Wiki)
🔺Fig. 35 la Breccia nell’Oceano Pacifico (da Pacific Rim Wiki)

Dopo aver ucciso il feto di uno dei due mostri, grazie ai suoi ricordi,
scoprono le modalità di apertura della Breccia; i due Jaeger rimasti, Gypsy
Danger e Striker Eureka, si scontrano nel Pacifico con i due mostri
sopravvissuti e un terzo kaijū, il più forte mai visto. La battaglia è dura e,
per uccidere i mostri, Striker Eureka (e il suo pilota, lo stesso Pentecost) è
costretto a sacrificarsi facendosi esplodere grazie a una testata nucleare
presente in esso. Alla fine, grazie all’autodistruzione del Gypsy Danger,
Raleigh e Mako riescono a sconfiggere i mostri e far esplodere la Breccia,
uccidendo gli alieni e chiudendo il portale.
Il Magnetismo

Il magnetismo è la parte
dell’elettromagnetismo che studia i campi
magnetici.
Il magnetismo è quel fenomeno, noto sin
dall’antichità, per cui particolari minerali,
detti magneti naturali, sono in grado di
attrarre piccoli pezzi di ferro e di trasmettere
questa proprietà ad altri corpi che, avvicinati
ai primi, diventano quindi magneti artificiali;
tale capacità di attrazione, detta anch’essa
magnetismo o campo magnetico
Anche nel magnetismo si individuano due sorgenti di
campo di natura opposta che vengono
convenzionalmente definiti poli. Come due cariche
opposte si attraggono e due cariche simili si
respingono lo stesso è per i poli magnetici. Usando
come magnete di riferimento la Terra si parlerà
allora di polo nord e sud, in particolare il polo nord
geografico corrisponde al polo sud magnetico e il
polo sud geografico corrisponde al polo nord
magnetico.

Una proprietà dei magneti naturali è che essi


presentano sempre sia un polo nord che un polo
sud. Se si divide in due parti un magnete, tentando
di "separarne" i due poli, si ottengono due magneti
del tutto simili in cui ciascuno ha una coppia di poli
opposti
Oltre al magnetismo oceanico dobbiamo considerare
l'esistenza di un magnetismo terrestre. Il nostro
pianeta presenta infatti un debole magnetismo. Il Polo
Nord magnetico è spostato di circa 1.000 km da quello
geografico e si trova attualmente in territorio
canadese, gli ultimi studi dimostrano però che il polo
nord magnetico si sta spostando verso la Siberia.

Per rappresentare il campo magnetico nello spazio


attorno alla terra, si fa uso delle linee di forza. Preso
un ago magnetico, esso viene posto in più posizioni
nello spazio attorno alla terra, assumendo delle
posizioni/direzioni ben precise. Collegando tutte le
posizioni assunte dall’ago, è possibile costruire le
linee di forza. Per convenzione le linee escono dal polo
nord ed entrano nel polo sud.
Bibliografia Sitografia e immagini
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