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CAPITOLO 8

Il capitolo si apre con l'immagine di don Abbondio che era tranquillamente seduto sul suo seggiolone. La
calma della scena, in cui il curato è colto in un momento di pace dopo il trambusto e le preoccupazioni dei
due giorni precedenti, questa parte iniziale prepara il lettore alle fasi successive del racconto, ricche di colpi
di scena e di intrighi.
Il primo intrigo è costituito dal matrimonio "per sorpresa", fallito per l'inaspettata capacità di reazione
dimostrata da don Abbondio. Il fallimento dei piani stabiliti caratterizza anche il secondo intrigo: i bravi che
trovano vuota la casa di Lucia e disturbati dall'arrivo di Menico, si danno alla fuga; il ragazzo, a sua volta, si
affretta, alla ricerca di qualcuno. Se, nella prima parte, domina il silenzio, in quella successiva prevale il
suono delle campane che mette tutti in allarme, determinando un movimento dei gruppi: Agnese e
Perpetua si precipitano verso la canonica; i bravi prendono la strada che conduce fuori dal villaggio; gli
"invasori" hanno lasciato la casa del curato, badando a mettersi in salvo; molti abitanti si sono svegliati e
accorrono al campanile per avere notizie. L'interesse del narratore è concentrato sulla gente del paese di
cui si raccontano gli spostamenti caotici. Don Abbondio però invita tutti a tornare a casa poiché il pericolo
era scampato. Menico informa Agnese, Lucia e Renzo che in casa ci sono i bravi così che i tre seguano il
consiglio di padre Cristoforo che li attende nella chiesa del convento. Successivamente Lucia ed Agnese si
recheranno con una sua lettera di raccomandazione a Monza: saranno ospitate in un convento; Renzo con
altra lettera si recherà a Milano presso il convento dei cappuccini. Comincia così il viaggio di dispersione dei
tre.

Questo capitolo è un capolavoro alterna parti dialogiche a parti descrittive di stati d’animi. Persone e
luoghi. Fra i protagonisti è la luce lunare che accomuna tutte e cinque le sequenze, illuminando i sopraccigli
folti di don Abbondio, la piazza in cui si raduna la folla, la barba candida del padre Cristoforo, il lago e la scia
resa argentata della barca che trasporta i fuggitivi.
Altro elemento fondamentale è anche il suono, che gioca un ruolo importantissimo nel capitolo: il contrasto
rumore-silenzio determina gran parte degli effetti: come per lo scricchiolìo del passo del bravo nella casa
ormai abbandonata di Lucia, per il lacerante rintocco della campana a martello, o per il tonfo misurato dei
remi, che fa da contrappunto ai segreti pensieri di Lucia. Altamente musicale è l’ "Addio", dove il Manzoni
ricorda la sua vena liricao.
Emerge poi lo spirito religioso dell’autore nella considerazione che ha per padre Cristoforo, capace di una
totale rinuncia di sé, e che culmina nella preghiera di perdono per il nemico, e quella ben più umana e
commovente di Lucia, che è poi la possibilità di superare ogni contrasto, ogni dolore della vita, perchè
riconduce tutto alla luce di Dio.
E' questa la sostanza del celeberrimo finale, lo "Addio monti sorgenti", dove la religiosità si risolve tutta nel
pianto di Lucia, pianto per l'abbandono del paese, per il destino incompiuto di sposa e di madre, per le
sofferenze che attendono Renzo a lei negato da un destino ostile; legame alla terra natale, amore, dolore: i
valori eterni di cui è sostanziata la vita dell'uomo, quei pochi che danno un vero senso alla vita. Il pianto è
una altissima preghiera.

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