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glottodidattica
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Capitolo 1
Lingue e linguaggi: modelli generali
di funzionamento
1. LINGUA E LINGUAGGIO
1.1 Definizioni e caratteristiche
La lingua è la forma specifica, concreta e storicamente determinata dei sistemi di co-
municazione. Un’accezione diversa e più ampia ha invece il concetto di linguaggio che è l’in-
sieme di tutti i fenomeni di comunicazione (anche non verbali) che si manifestano non sol-
tanto nel mondo umano.
Le caratteristiche fondamentali delle lingue umane sono:
— la discretezza: la lingua è costitutivamente caratterizzata da elementi separati (conso-
nanti e vocali), dotati di significati diversi gli uni dagli altri;
— la ricorsività: tale carattere consiste nell’uso di un numero limitato di fonemi (cioè suo-
ni con funzione distintiva, ad esempio “palco” e “talco”) che, privi di significato se presi
isolatamente, sono tuttavia in grado di creare parole nuove, frasi diverse, quindi infiniti
segni (cosiddetto processo di semiosi) con valori espressivi differenti;
— la dipendenza dalla struttura (cfr. 1.2).
Nessun altro linguaggio possiede tali proprietà, esclusive della specie umana. Si tratta di si-
stemi di comunicazione la cui funzione è trasmettere informazioni.
Soffermiamoci ancora un po’ sul carattere della ricorsività.
Il funzionamento della ricorsività prevede regole precise e inderogabili al fine di poter or-
ganizzare proposizioni semplici e proposizioni complesse. Se si parte da una frase sem-
plice come: “Mio fratello gioca a pallavolo”, e s’inserisce successivamente un qualsiasi altro
verbo, si può con facilità trasformare la frase da semplice a complessa:
“Mio padre mi ha comunicato che / mio fratello gioca a pallavolo”.
Tale frase può naturalmente essere ampliata aggiungendo un altro verbo, che darà luogo ad
un’ulteriore proposizione:
“Mia madre è a conoscenza che / mio padre mi ha comunicato che / mio fratello gioca a pallavolo”.
È possibile costruire un periodo ancora più lungo e complesso, come: “I miei vicini di casa
sostengono che / mia madre è a conoscenza che / mio padre mi ha comunicato che / mio fra-
tello gioca a pallavolo”. Si è potuto constatare che risulta possibile comporre, in teoria, fra-
Elementi di glottodidattica
(Contatto/Canale)
(Mittente) → (Messaggio) → (Destinatario)
(Codice)
(Contesto/Referente)
È molto importante capire che questi elementi esistono comunque sempre, dove si dia co-
municazione, in ogni sua forma. Ora, secondo Roman Jakobson, a ciascuno di questi sei fat-
tori corrisponde, per dir così, una “funzione linguistica”, o “funzione del linguaggio”; anche
le funzioni esistono sempre, ma si tratta di vedere quale sia la “funzione predominante”, per-
ché da essa dipende la struttura che la comunicazione assume e il carattere del messaggio.
Dice Jakobson: «La diversità dei messaggi non si fonda sul monopolio dell’una o dell’altra
funzione, ma sul diverso ordine gerarchico fra di esse». Possiamo dunque complicare il no-
stro schema aggiungendo ai fattori del linguaggio le funzioni linguistiche.
(Contatto/Canale)
Fatica
(Mittente) → (Messaggio) → (Destinatario)
Emotiva Poetica Conativa
(Codice)
Metalinguistica
(Contesto)
Referenziale
Schema 2 - Fattori della comunicazione linguistica e Funzioni del linguaggio (schema di Jakobson)
guardo a quello di cui parla; al messaggio (2) corrisponderà la funzione detta “poetica”,
giacché (come recita la quinta delle Tesi di Praga) «…il principio organizzatore dell’arte, in
funzione del quale essa si distingue dalle altre strutture semiologiche, è che l’intenzione vie-
ne diretta non sul significato ma sul segno stesso. Il principio organizzatore della poesia con-
siste nel dirigere l’intenzione sull’espressione verbale»; al destinatario (3) corrisponde la
funzione detta “conativa”, che mira appunto a persuadere, a muovere il destinatario del
messaggio; al contesto (4), o referente della comunicazione, corrisponderà la funzione “re-
ferenziale” (detta anche “cognitiva”) che mira appunto ad informare, a far conoscere il con-
testo; al canale fisico (5), o contatto, corrisponderà la funzione cosiddetta “fàtica”, che mira
a verificare che il canale esista e funzioni (come quando al telefono si dice: “Pronto…”, op-
pure, per proporre un esempio meno scontato, quando sui nostri teleschermi, in un ango- 7
lo, appare il logo del canale che trasmette); infine, al codice (6) corrisponderà la funzione
cosiddetta “metalinguistica”, quando cioè la comunicazione linguistica riflette su se stes-
sa e mittente e destinatario verificano se il codice della loro comunicazione è davvero co-
mune (“Che vuoi dire?”).
state studiate con molta attenzione dalla linguistica (soprattutto dalla “pragmatica” e dalla
“linguistica testuale”) oltre che dalla filosofia.
— perlocutori, cioè atti con il dire qualcosa (l’esito concreto dell’azione comunictiva sull’in-
terlocutore).
Austin distingue inoltre tra atti linguistici diretti, in cui la forza attribuita all’enunciato vie-
ne fatta derivare dal suo significato letterale, e atti linguistici indiretti, in cui la forza illo-
cutoria deriva dalla modalità non verbale di comunicazione.
Su questa scia J. Searle nel saggio Che cos’è un atto linguistico? (1973) sostiene che:
«L’unità della comunicazione linguistica non è, come è stato generalmente supposto, il sim-
bolo, la parola, la frase o anche l’enunciato del simbolo, della parola o della frase, ma è piut-
tosto la produzione dell’enunciato nell’esecuzione dell’atto linguistico che costituisce
l’unità fondamentale della comunicazione linguistica. Più precisamente, la produzione 11
dell’enunciato della frase sotto certe condizioni costituisce l’atto illocutivo e l’atto illocuti-
vo è l’unità minima della comunicazione linguistica. Eseguire degli atti illocutivi significa
impegnarsi in una forma di comportamento governata da regole».
Per Searle le regole possono poi essere distinte in:
— costitutive, vale a dire che istituiscono e regolano un’attività la cui esistenza è logica-
mente dipendente da quelle regole;
— normative, che regolano un’attività già esistente, la cui esistenza è logicamente indipen-
dente dall’esistenza di quelle regole.
Egli ipotizza che la semantica possa essere considerata come una “serie di sistemi di rego-
le costitutive” e che gli atti illocutivi siano atti eseguiti secondo questo insieme di regole co-
stitutive.
La tipologia linguistica
2. LA CLASSIFICAZIONE TIPOLOGICA
Soffermeremo l’attenzione in particolare sulla classificazione tipologica, che nacque all’ini-
zio dell’Ottocento, contemporaneamente a quella genealogica, non raggiungendo allora,
però, dei risultati altrettanto sicuri. Oggi, invece, la tipologia linguistica costituisce uno dei
settori di ricerca più vivaci della linguistica contemporanea.
La tipologia linguistica, come accennavamo, propone una classificazione delle lingue non
Capitolo 2 - La tipologia linguistica
C2 È in grado di comprendere senza sforzo praticamente tutto ciò che ascolta o legge.
Sa riassumere informazioni tratte da diverse fonti, orali e scritte, ristrutturando in
un testo coerente le argomentazioni e le parti informative. Si esprime spontanea-
mente, in modo molto scorrevole e preciso e rende distintamente sottili sfumature
di significato anche in situazioni piuttosto complesse.
Livello avanzato C1 È in grado di comprendere un’ampia gamma di testi complessi e piuttosto lunghi e
ne sa ricavare anche il significato implicito. Si esprime in modo scorrevole e spon-
taneo, senza un eccessivo sforzo per cercare le parole. Usa la lingua in modo flessi-
bile ed efficace per scopi sociali, accademici e professionali. Sa produrre testi chia-
ri, ben strutturati e articolati su argomenti complessi, mostrando di saper control-
lare le strutture discorsive, i connettivi e i meccanismi di coesione.
B2 È in grado di comprendere le idee fondamentali di testi complessi su argomenti sia
concreti sia astratti, comprese le discussioni tecniche nel proprio settore di specializ-
zazione. È in grado di interagire con relativa scioltezza e spontaneità, tanto che l’inte-
razione con un parlante nativo si sviluppa senza eccessiva fatica e tensione. Sa produr-
re testi chiari e articolati su un’ampia gamma di argomenti e esprimere un’opinione su
un argomento d’attualità, esponendo i pro e i contro delle diverse opzioni.
Livello intermedio B1 È in grado di comprendere i punti essenziali di messaggi chiari in lingua standard
su argomenti familiari che affronta normalmente al lavoro, a scuola, nel tempo li-
Capitolo 3 - La linguistica educativa
bero ecc. Se la cava in molte situazioni che si possono presentare viaggiando in una
regione dove si parla la lingua in questione. Sa produrre testi semplici e coerenti su
argomenti che gli siano familiari o siano di suo interesse. È in grado di descrivere
esperienze e avvenimenti, sogni, speranze, ambizioni, di esporre brevemente ragio-
ni e dare spiegazioni su opinioni e progetti.
A2 Riesce a comprendere frasi isolate ed espressioni di uso frequente relative ad ambiti di
immediata rilevanza (ad es. informazioni di base sulla persona e sulla famiglia, acqui-
sti, geografia locale, lavoro). Riesce a comunicare in attività semplici e di routine che ri-
chiedono solo uno scambio di informazioni semplice e diretto su argomenti familiari e
abituali. Riesce a descrivere in termini semplici aspetti del proprio vissuto e del proprio
ambiente ed elementi che si riferiscono a bisogni immediati.
Livello elementare
A1 Riesce a comprendere e utilizzare espressioni familiari di uso quotidiano e formu-
le molto comuni per soddisfare bisogni di tipo concreto. Sa presentare se stesso/a
e altri ed è in grado di porre domande su dati personali e rispondere a domande
analoghe (il luogo dove abita, le persone che conosce, le cose che possiede). È in gra-
do di interagire in modo semplice purché l’interlocutore parli lentamente e chiara-
mente e sia disposto a collaborare.
3. LA DIVERSITÀ LINGUISTICA, RICCHEZZA D’EUROPA: IL RAPPORTO MAALOUF
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Nell’ambito delle riflessioni sull’interculturalità e sul plurilinguismo appare prezioso un do-
cumento del 2008, noto come rapporto Maalouf, il cui titolo integrale era Una sfida saluta-
re. Come la molteplicità delle lingue potrebbe rafforzare l’Europa. Il testo è stato elaborato da
un gruppo di intellettuali provenienti da diversi Paesi, presieduto dallo scrittore Amin Ma-
alouf e costituitosi su iniziativa della Commissione Europea. Appare notevolmente interes-
sante leggerne un ampio stralcio.
«I principi. Va da sé che la molteplicità delle lingue impone vincoli, pesa sul funzionamen-
to delle istituzioni europee e ha un costo in termini di denaro e di tempo. Questo costo di-
venterebbe anche proibitivo se si volesse attribuire a decine di lingue tutto il posto che i loro
locutori potrebbero legittimamente rivendicare.
Al cospetto di questa sovrabbondanza, si è facilmente tentati di lasciare che s’affermi una
situazione di fatto in cui una sola lingua, l’inglese, occuperebbe nei lavori delle istituzioni
europee un posto preponderante, due o tre altre lingue riuscirebbero a mantenere, ancora
per qualche tempo, una presenza declinante, mentre la grande maggioranza delle nostre
lingue avrebbe soltanto uno statuto simbolico e non sarebbe quasi mai utilizzata nelle riu-
nioni comuni.
Un’evoluzione di questo tipo non ci sembra auspicabile.
Perché sarebbe contraria agli interessi economici e strategici del continente e di tutti i suoi
cittadini, di qualunque lingua materna; e anche perché sarebbe contraria allo spirito stesso
del progetto europeo, per diversi motivi.
I - Il rispetto della nostra diversità linguistica non è soltanto il riconoscimento di una real-
tà culturale prodotta dalla storia. È il fondamento stesso dell’idea europea quale è emersa
dalle macerie dei conflitti che hanno segnato il diciannovesimo secolo e la prima metà del
ventesimo.
Se la maggior parte delle nazioni europee si sono costruite sulla base delle loro lingue iden-
titarie, l’Unione europea può costruirsi soltanto sulla base della sua diversità linguistica.
Questo, dal nostro punto di vista, è particolarmente confortante. Il fatto che un sentimento
d’appartenenza comune sia fondato sulla diversità linguistica e culturale è un potente anti-
doto contro i fanatismi in cui spesso sono degenerate le affermazioni identitarie in Europa
e altrove, ieri come oggi.
Nata dalla volontà di popoli diversi, che hanno liberamente scelto di unirsi, l’Unione euro-
pea non ha né la vocazione né la capacità di cancellare la loro diversità. Il suo compito sto-
rico è invece quello di salvaguardare, armonizzare, pacificare e far fruttificare questa diver-
sità, e pensiamo che possa darsi i mezzi per assolvere questo compito.
Crediamo anzi che sia in grado di offrire all’umanità intera il modello di un’identità fonda-
ta sulla diversità.
II - L’Europa s’interroga oggi sulla sua identità e sulla possibilità di definirne il contenuto
senza procedere per esclusioni e rimanendo aperta al mondo. Pensiamo che una riflessio-
Elementi di glottodidattica
ne sulla sua diversità linguistica le permetta di affrontare questa delicata questione nel modo
più costruttivo, più sereno e più sano.
L’identità dell’Europa non è né una pagina bianca, né una pagina già scritta e stampata. È
una pagina che stiamo scrivendo.
Esiste un patrimonio comune, artistico, intellettuale, materiale e morale, di una ricchezza
inaudita, con pochi equivalenti nella storia umana, che generazioni su generazioni hanno
costruito e che merita di essere preservato, riconosciuto, condiviso. Ogni europeo, ovunque
viva, di qualunque origine sia, deve poter far proprio questo patrimonio e riconoscerlo come
suo, senza alcuna arroganza ma con legittima fierezza.
Tuttavia, il nostro patrimonio non è un catalogo chiuso. Ogni generazione ha il dovere di ar-
ricchirlo, in tutti i campi, nessuno escluso, secondo la sensibilità di ciascuno e in funzione 19
delle diverse influenze che, ai nostri giorni, provengono da ogni angolo del pianeta.
Quanti fanno il loro ingresso in Europa — e possiamo includere in questa formulazione per-
sone di svariate provenienze: immigrati, cittadini dei nuovi Stati membri, e anche i giovani
europei di ogni paese che cominciano a scoprire la vita — devono essere costantemente as-
secondati in questa loro duplice aspirazione: appropriarsi del patrimonio comune e appor-
tarvi il loro contributo.
III - Se per l’Europa è indispensabile incoraggiare la diversità delle espressioni culturali, al-
trettanto indispensabile è affermare l’universalità dei valori essenziali. Sono due aspetti di
uno stesso credo senza il quale l’idea europea perderebbe il suo senso. La ragion d’essere
dell’impresa europea che ha preso avvio all’indomani della seconda guerra mondiale con-
siste nell’adesione a certi valori. Valori a cui spesso hanno dato forma pensatori europei, ma
che si sono anche sviluppati, in larga misura, come salutare reazione a eventi sanguinosi e
nefasti della storia europea stessa. […]
Essenzialmente, l’idea europea ci sembra poggiare su due esigenze inseparabili: l’universa-
lità dei valori morali comuni e la diversità delle espressioni culturali; di questa, in partico-
lare, la diversità linguistica costituisce, per ragioni storiche, una componente primaria, ol-
tre ad essere, come cercheremo di dimostrare, un magnifico strumento d’integrazione e d’ar-
monizzazione.
L’orientamento proposto. Alla luce di questi principi, abbiamo cercato una via di soluzio-
ne che sia al tempo stesso ambiziosa e realistica.
Ambiziosa, perché l’obiettivo da raggiungere non è quello di “ritardare l’ineluttabile”, ma, al
contrario, quello di affermare durevolmente la diversità linguistica nella vita degli europei
- cittadini, popoli e istituzioni; ambiziosa, perché la soluzione dovrebbe poter operare indi-
pendentemente dal numero di lingue considerate e anche perché non si tratta semplicemen-
te di trovare un accordo che non nuoccia all’integrazione europea, si tratta di aprire una via
che permetta di compiere progressi significativi in direzione dell’integrazione europea.
Vogliamo però procedere in modo realistico. Nel corso delle nostre discussioni, abbiamo
sempre tenuto presente che la nostra riflessione non avrebbe alcun senso se non portasse
a proposte concretamente applicabili. Naturalmente, non ci sono soluzioni semplici a pro-
blemi tanto complessi, ma è importante fissare una rotta.
L’orientamento che suggeriamo si articola in due idee, che sono in verità le due facce di una
stessa proposta:
Capitolo 3 - La linguistica educativa
A - Nelle relazioni bilaterali tra i popoli dell’Unione europea l’uso delle lingue dei due popo-
li dovrebbe prevalere su quello di una terza lingua.
Questo implica che per ciascuna lingua europea esista, in ogni paese dell’Unione, un grup-
po significativo di locutori competenti e fortemente motivati. […]
B - Perché questi contingenti di locutori possano essere formati, l’Unione europea dovreb-
be farsi promotrice dell’idea di lingua personale adottiva.
L’idea è quella di incoraggiare ogni cittadino europeo a scegliere liberamente una lingua di-
stintiva, diversa dalla sua lingua identitaria e anche dalla sua lingua di comunicazione in-
ternazionale.
Così come la concepiamo, la lingua personale adottiva non sarebbe per nulla una seconda
lingua straniera, bensì, in qualche modo, una seconda lingua materna.
Studiata intensamente, parlata e scritta correntemente, questa lingua sarebbe integrata nel
percorso scolastico e universitario e nel curriculum professionale di ogni cittadino europeo.
[…]».
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Capitolo 4
La linguistica testuale
— le congiunzioni esplicative, le quali introducono una parte del testo che contiene una
spiegazione di quanto detto in precedenza (infatti, cioè ecc.); conclusive, le quali intro-
ducono una frase che rappresenta la conseguenza logica di quanto detto in precedenza
(perciò, pertanto ecc.); avversative, che esprimono una contrapposizione rispetto alle
affermazioni precedenti (ma, tuttavia ecc.); temporali, che segnalano le coordinate tem-
porali di un fatto (allorché, finché, appena ecc.);
— i pronomi personali e dimostrativi (egli, loro ecc.; questo, quello ecc.), che consentono
di dare inizio a una nuova frase evitando le ripetizioni;
— i verbi, che attraverso alcuni tempi e modi consentono di collegare le parti di un testo
(occorre sottolineare, tornando all’argomento su esposto ecc.).
La coerenza Un testo deve essere unitario e deve svolgere un argomento in maniera ordi-
nata e completa, usando una lingua adeguata alla situazione comunicativa. Gli elementi de-
vono susseguirsi secondo principi di causalità, di contemporaneità, di successione tempo-
rale, utilizzando le forme grammaticali che consentono di conseguire tali effetti.
“Ho trascorso un fine settimana al mare perché mi sono divertito” è un messaggio incoeren-
22 te e nel complesso incomprensibile, a differenza del messaggio “Mi sono molto divertito nel
fine settimana perché sono stato al mare”, in cui risulta chiaro il nesso causa-effetto.
Anche la scelta del lessico incide sulla coerenza logica di un testo. In una dichiarazione pos-
siamo scrivere “Il Sottoscritto dichiara di aver ottemperato agli obblighi militari”, ma par-
lando con un amico diremo “Ho già fatto il servizio militare”, altrimenti il nostro discorso
sarà poco chiaro, se non addirittura ridicolo.
L’informatività Il testo deve contenere elementi già conosciuti da chi lo produce, ma non
ancora noti a chi lo riceve. Il grado di informatività è strettamente connesso sia al contenu-
to sia alla forma del messaggio. Ha un alto grado di informatività, ad esempio, l’articolo di
cronaca di un giornale, poiché esso ha la funzione di illustrare al lettore i fatti accaduti, sen-
za alcun commento o interpretazione da parte di chi scrive. Un tipo di linguaggio ancora più
stringato è quello pubblicitario, che produce testi estremamente concisi, i quali risultano
più efficaci nel catturare l’attenzione del destinatario rispetto a messaggi più estesi.
La situazionalità Un testo è comunicativo quando si colloca in una situazione adeguata. L’av-
viso “Vietato attraversare i binari” ha senso soltanto se è esposto in una stazione ferroviaria.
Se fosse posto in un altro contesto, per esempio, in un negozio non significherebbe nulla.
4. LE TIPOLOGIE TESTUALI
Elementi di glottodidattica
tinui in base ai diversi tipi di liste su cui tali testi si fondano. L’approccio di Kirsch e Mosen-
thal è utile per comprendere somiglianze e differenze fra i diversi tipi di testi non continui.
Il secondo metodo di classificazione fa riferimento alle descrizioni abituali del formato di
questo tipo di testi. Ed è in base a questo secondo approccio che è stata definita la classifi-
cazione dei testi non continui in PISA.
Testi continui I tipi di testo corrispondono a modi standard di classificare i testi continui
in base al loro contenuto e all’intento dell’autore.
I testi narrativi sono testi nei quali le informazioni riguardano le proprietà degli oggetti
nel tempo.
Le domande tipiche alle quali rispondono i testi narrativi sono: “quando?”, o anche, “in che ordine?”.
I testi informativi sono testi nei quali l’informazione è presentata sotto forma di concetti 25
o costrutti mentali compositi, o attraverso gli elementi in cui tali concetti o costrutti posso-
no essere analizzati. Questi testi forniscono una spiegazione di come questi elementi costi-
tutivi siano integrati in un unicum dotato di proprio significato e spesso rispondono a do-
mande del tipo: “come?”.
I testi descrittivi forniscono informazioni circa le proprietà degli oggetti nello spazio. Essi
rispondono in primo luogo a domande del tipo: “che cosa?”.
I testi argomentativi presentano proposizioni che riguardano le relazioni fra concetti o con
altre proposizioni. I testi argomentativi rispondono spesso a domande del tipo: “perché?”.
Una sottocategoria importante dei testi argomentativi è quella dei testi persuasivi.
I testi di istruzioni (detti anche testi conativi) sono testi che forniscono indicazioni su che
cosa fare.
In tale categoria rientrano testi che contengono procedure, regole, regolamenti e statuti che
regolano determinati comportamenti.
I documenti o atti ufficiali sono testi costruiti per standardizzare e conservare l’informazione.
Tali testi possono essere connotati da caratteristiche testuali e grafiche altamente formalizzate.
L’ipertesto è un insieme di caselle di testo collegate fra loro in modo tale che si possa frui-
re delle singole unità secondo sequenze diverse e che chi legge possa ricostruire le informa-
zioni seguendo diversi percorsi di lettura.
Testi non continui I testi non continui sono organizzati diversamente dai testi continui e
richiedono quindi un diverso approccio di lettura. […]
I grafici sono rappresentazioni iconiche di dati. Sono utilizzati per sostenere le argomenta-
zioni scientifiche e anche in riviste o giornali per presentare informazioni numeriche e ta-
bellari in formato iconico.
Le tabelle sono matrici a righe e colonne. Generalmente tutte le voci di ciascuna riga e di
ciascuna colonna presentano proprietà comuni, e le intestazioni delle righe e delle colonne
fanno parte integrante dell’informazione del testo. Tipi comuni di tabelle sono gli orari, i fo-
gli di calcolo, i moduli d’ordinazione e gli indici.
Le figure spesso accompagnano descrizioni tecniche (quali ad esempio quelle che illustrano
i componenti di un elettrodomestico), testi informativi e istruzioni (quali ad esempio, quelle
che spiegano come montare un elettrodomestico). È utile distinguere le figure che illustrano
procedure (come fare qualcosa) da quelle che illustrano processi (come funziona qualcosa).
Le mappe sono testi non continui che indicano le relazioni geografiche fra luoghi fisici. Esistono
numerosi tipi di mappe. Le carte stradali indicano le distanze e i percorsi fra determinati luoghi.
Capitolo 4 - La linguistica testuale
Le carte tematiche indicano le relazioni fra il territorio e le sue caratteristiche sociali o fisiche.
I moduli sono testi strutturati e formattati con i quali si chiede al lettore di fornire deter-
minate informazioni. Molte organizzazioni utilizzano moduli per raccogliere dati. I moduli
spesso contengono risposte strutturate o pre-codificate. Dichiarazioni dei redditi, moduli
per richiedere il permesso di soggiorno, moduli per richiedere il visto, domande di assun-
zione e questionari sono esempi tipici di questo tipo di testi.
I fogli informativi forniscono informazioni anziché richiederle come i moduli. Essi presen-
tano le informazioni in forma sintetica e strutturata, in un formato che consente al lettore di
localizzarle facilmente e velocemente. I fogli informativi possono contenere diversi tipi di te-
sto, o anche elenchi, tabelle, figure e utilizzare una grafica sofisticata (titoli, caratteri, rientri
e cornici), accorgimenti utili per sintetizzare ed evidenziare le informazioni. Orari, listini dei
prezzi, cataloghi e programmi costituiscono un esempio di questo tipo di testi non continui.
Gli annunci e le pubblicità sono documenti che invitano il lettore a fare qualcosa, come, ad esem-
pio, comprare un prodotto o un servizio, partecipare ad una manifestazione o ad una riunione,
eleggere un candidato ad una carica pubblica ecc. Il fine di tali documenti è quello di convincere
26 il lettore. Essi offrono qualcosa e richiedono, allo stesso tempo, di prestare attenzione e di fare
qualcosa. Pubblicità, inviti, convocazioni, avvisi e annunci sono esempi di questo tipo di testo.
Le ricevute e i buoni servono a certificare che il possessore è autorizzato a usufruire di determi-
nati servizi. Le informazioni che contengono devono essere sufficienti a dimostrarne la validità.
Biglietti e fatture sono esempi di questo tipo di testi.
I certificati sono testi che attestano la validità di un accordo o di un contratto. In essi è il
contenuto più che l’aspetto grafico a essere formalizzato. Solitamente richiedono la firma
di una o più persone autorizzate e abilitate a certificare la validità delle dichiarazioni con-
tenute nel documento.
Garanzie, certificati scolastici, diplomi, contratti ecc. sono documenti con tali caratteristiche».
Va sottolineato che, come si legge in Le competenze in lettura, matematica e scienze degli stu-
denti quindicenni italiani. Rapporto Nazionale PISA 2009 realizzato dall’INVALSI, in PISA
2009 è stato adottato un nuovo framework in cui «pur mantenendo una continuità di fondo
con il precedente, si tenta di dare conto dei cambiamenti avvenuti in questo periodo nei con-
testi d’uso e nelle caratteristiche dei testi scritti, in particolare dando spazio e riconosci-
mento alla ormai ampia diffusione dei testi in formato digitale».
5. I TESTI LETTERARI
5.1 Il testo narrativo
Un testo narrativo è un testo in cui viene narrata una storia, cioè una serie di vicende che
si snodano nel tempo e ruotano intorno a uno o più personaggi.
I testi narrativi sono stati storicamente suddivisi in generi e sottogeneri, qui di seguito vi-
sualizzati.
poema epico-cavalleresco
poema epico
Testi narrativi in versi poema eroicomico
novella in versi
fiaba
favola
bozzetto
leggenda
novella d’ambiente
novella del terrore
novella comico-satirica
novella o racconto novella psicologica
novella fantastica
novella di fantascienza
racconto poliziesco
Testi narrativi in prosa
Elementi di glottodidattica
romanzo d’avventura
romanzo storico
romanzo d’ambiente
romanzo sociale
romanzo borghese
romanzo romanzo filosofico
romanzo d’appendice
romanzo psicologico
romanzo autobiografico
romanzo fantastico
romanzo epistolare
Ogni testo narrativo, qualunque sia il suo sottogenere di appartenenza, presenta general-
mente la stessa struttura narrativa, che si articola in cinque momenti: 27
1. situazione iniziale;
2. esordio della vicenda (complicazione e rottura dell’equilibrio iniziale);
3. evoluzione della vicenda attraverso un suo miglioramento o peggioramento;
4. conclusione della vicenda e ricomposizione dell’equilibrio;
5. situazione finale.
Esistono due modi fondamentali per narrare una storia: in base all’ordine naturale degli
eventi, cioè riferendo gli eventi secondo l’ordine in cui si sono verificati nella realtà, oppu-
re in base a un ordine artificiale, che ne modifica la successione reale, presentando prima
gli eventi che, cronologicamente o logicamente, verrebbero dopo. Si distinguono pertanto
due diversi piani narrativi: la fabula (o storia), che rispetta l’ordine naturale degli eventi,
e l’intreccio (o narrazione), che invece li dispone secondo la scelta arbitraria dell’autore.
La presentazione dei personaggi può avvenire attraverso tre modalità fondamentali e ri-
correnti:
— il personaggio è presentato dal narratore, con taglio sostanzialmente oggettivo;
— il personaggio è presentato da un altro personaggio, con taglio soggettivo;
— il personaggio si presenta da sé.
La costruzione del personaggio, tuttavia, non si esaurisce con la presentazione, ma si realiz-
za durante l’intero corso della narrazione mediante un processo di caratterizzazione, per cui
una serie di elementi che emergono dalle vicende stesse, dal giudizio di altri personaggi o
del narratore stesso, conferisce al personaggio un’identità progressivamente più definita. Na-
turalmente i personaggi di un testo narrativo, durante lo svolgimento dei fatti, non restano
isolati, ma si relazionano agli altri, dando vita a un vero e proprio sistema dei personaggi,
all’interno del quale ognuno di essi ricopre un determinato ruolo, più o meno importante.
A seconda del ruolo che hanno, i personaggi di un testo narrativo si distinguono in:
— personaggi principali;
— personaggi secondari;
— comparse.
Oltre ad avere un ruolo, i personaggi ricoprono, nell’ambito della vicenda narrata, anche una
specifica funzione, in base alla quale si possono riconoscere:
— il protagonista (o eroe o soggetto) che si pone al centro della narrazione anche quando
Capitolo 4 - La linguistica testuale
ma interagisce con essa (si pensi a un castello abbandonato in un racconto dell’orrore) op-
pure una funzione simbolica se viene utilizzato per esprimere un’idea o un concetto in re-
lazione alla situazione narrativa e ai personaggi. Gli stessi luoghi intervengono spesso in
funzione della caratterizzazione psicologica di questi ultimi, riflettendone un modo d’esse-
re o rappresentandone una particolare situazione emotiva.
Soffermiamo ora l’attenzione sulla figura del narratore. Il narratore può relazionarsi ai fat-
ti che narra in modi diversi, in base ai quali è:
— un narratore esterno (o eterodiegetico), quando non prende parte ai fatti che racconta,
ma, quale voce narrante, li riferisce dall’esterno utilizzando la terza persona.
Il narratore esterno può:
— manifestare la propria presenza nella storia attraverso interventi utili a cucire i vari 29
fatti narrati o a commentare avvenimenti e vicende (I grado);
— rimanere nascosto dietro le vicende che si limita a raccontare, evitando commenti,
spiegazioni, interpretazioni; è questo il narratore esterno impersonale, tipico dei ro-
manzi naturalisti francesi e veristi italiani (II grado);
— un narratore interno (o omodiegetico), quando coincide con uno dei personaggi della vi-
cenda e, quale io narrante, racconta in prima persona i fatti ai quali partecipa o ha par-
tecipato, in veste di personaggio principale o secondario oppure come semplice testimo-
ne.
Il punto di vista (o focalizzazione) attraverso cui vengono raccontate le vicende può
essere di tre tipi:
— focalizzazione interna, quando il narratore interpreta il punto di vista di uno dei per-
sonaggi da un’angolatura inevitabilmente ristretta e limitata;
— focalizzazione esterna, quando il narratore è spettatore esterno dei fatti che raccon-
ta e pertanto si limita a registrarli senza aggiungere giudizi né fornire informazioni
su quanto accade: il punto di vista, in questo caso, è oggettivo;
— focalizzazione zero, quando il narratore è onnisciente e quindi sa tutto, compreso gli
antefatti della storia, i sentimenti e i pensieri più nascosti dei suoi personaggi; la sua
ottica è illimitata.
Per riferire le parole o i pensieri dei suoi personaggi, il narratore può scegliere tra diverse
tecniche, che utilizzerà a seconda delle esigenze o in base all’effetto da conseguire:
— discorso diretto, quando il narratore cede la parola al personaggio riportandone tra vir-
golette («…») quanto dice e collocandosi momentaneamente in secondo piano;
— discorso diretto libero, quando il narratore riporta le parole dei personaggi adoperando
le virgolette, ma non i verbi dichiarativi;
— discorso indiretto, quando il narratore riporta indirettamente le parole del personaggio,
inserendole nel tessuto narrativo come frasi dipendenti da un verbo dichiarativo (dico-
no che…, commentò che… ecc.);
— discorso indiretto libero, quando il narratore riporta le parole del personaggio indiretta-
mente, ma senza utilizzare verbi dichiarativi per introdurle; tale metodo fonde i pregi
del discorso diretto e di quello indiretto, consentendo di conservare la spontaneità del
primo e la continuità narrativa del secondo. Il discorso indiretto libero segna dunque
una sorta di “collaborazione” tra narratore e punto di vista del personaggio (si pensi a
Capitolo 4 - La linguistica testuale
poema epico
poema epico-cavalleresco
genere epico-narrativo poema eroicomico
poemetto mitologico
novella in versi
lirica propriamente detta
lirica amorosa
Testi poetici
lirica elegiaca
genere lirico
lirica religiosa
lirica civile o patriottica
lirica giocosa o burlesca
poemetto didascalico
genere didascalico poema didattico-allegorico
sermone in versi
Va altresì considerato che il valore vincolante di questa classificazione si mantenne tale solo
fino al Settecento: a partire dal XIX secolo, infatti, la cultura romantica rivendicò l’assoluta
libertà creativa del poeta e abolì, insieme con ogni precettistica, la teoria stessa dei generi
letterari, alla quale ancora oggi si conferisce una validità puramente descrittiva, non certo
normativa.
Il carattere distintivo di ogni testo poetico è costituito dal fatto, immediatamente visibile, di
essere composto in versi.
I versi non sono tutti uguali, possono essere lunghi come nelle poesie-racconto di Cesare
Elementi di glottodidattica
tragedia
commedia
Testi teatrali farsa
sacra rappresentazione
melodramma
Appositamente concepito per essere rappresentato, il testo teatrale presenta delle caratte-
ristiche specifiche che lo differenziano notevolmente da qualunque altro tipo di testo. Man-
ca, nel testo teatrale, il narratore, manca l’Io soggettivo del poeta, mancano descrizioni o
racconti di quanto avviene o è avvenuto: lo sviluppo dell’intera vicenda è affidato alle bat-
tute dei personaggi attraverso le quali sarà possibile discernere anche i loro tratti psicolo-
gici, i fatti anteriori all’inizio della rappresentazione o i legami tra i vari avvenimenti. L’azio-
ne teatrale, in definitiva, non rispecchiando affatto i caratteri di un testo narrativo-descrit-
tivo, si propone piuttosto come una mimesi del reale, vale a dire come una diretta riprodu-
zione della realtà nel momento stesso in cui si svolge la vicenda.
I personaggi teatrali rivestono indubbiamente un ruolo di fondamentale importanza: in to-
tale assenza di un narratore che agevoli loro il compito, essi devono infatti raccontare e svi-
luppare la vicenda rappresentata esclusivamente attraverso la propria parola e le proprie
azioni. Ma come nasce il personaggio teatrale? Le prime, fondamentali indicazioni vengono
fornite dallo stesso autore del testo teatrale, il quale, attraverso le battute di dialogo e le di-
dascalie, offre efficaci suggerimenti sul carattere, la cultura, la condizione sociale, i senti-
menti e altri aspetti dei vari personaggi. Spetterà poi all’attore, sotto le attente direttive del
regista, dare vita al personaggio in questione, connotandolo, pur nel rispetto dell’idea di
base delineata dall’autore, in maniera originale e irripetibile.
Riguardo al ruolo ricoperto dal personaggio teatrale, è possibile individuare, come nel ro-
manzo o nella novella, un protagonista, che è appunto il personaggio principale, quello in-
torno al quale ruota l’intera vicenda, e che può essere affiancato da personaggi comprimari
Capitolo 4 - La linguistica testuale
e personaggi secondari (i quali avranno, a seconda dei casi, la funzione di aiutanti e di anta-
gonisti), fino a giungere alle semplici comparse.
Il testo teatrale si divide generalmente in atti e scene. Gli atti sono, in sostanza, le diverse
parti in cui è articolato il testo. Il loro numero varia in base al genere drammatico: nelle com-
medie e nelle tragedie antiche o di ispirazione «classica» se ne contano generalmente cin-
que; due o tre (ma esiste anche l’atto unico) sono gli atti del dramma borghese, mentre il te-
atro contemporaneo ha sostanzialmente abolito qualunque suddivisione, rivendicando una
rinata esigenza di libertà (come nel teatro delle origini). Ciascun atto viene poi suddiviso in
scene, che cambiano a seconda dell’entrata o dell’uscita di uno o più personaggi; il loro nu-
mero può variare a piacimento dell’autore: è chiaro che la presenza di uno scarso numero
di scene denoterà un testo teatrale fondamentalmente statico, viceversa, scene numerose
saranno tipiche di un testo teatrale mutevole e dinamico.
Dal punto di vista letterario, come accennavamo in apertura, gli elementi fondamentali del
testo teatrale sono due: le didascalie e le battute di dialogo.
Le didascalie sono, in sostanza, delle sintetiche indicazioni che l’autore fornisce sul luogo e
32 il tempo in cui si sviluppa la vicenda o sul modo in cui i personaggi entrano oppure escono
dalla scena, si muovono, sono vestiti, parlano. Le battute di dialogo occupano la quasi tota-
lità del testo stesso. Alle parole dei personaggi, infatti, è affidato lo svolgersi integrale dell’in-
tera vicenda: il racconto dei fatti presenti e passati, la delineazione del carattere e dei sen-
timenti relativi ai personaggi, gli avvenimenti non rappresentati direttamente in scena.
In base al numero di persone che pronunciano le battute e alla maniera in cui esse vengo-
no pronunciate, è possibile distinguere vari tipi di battute di dialogo:
— dialogo: rappresenta, senza dubbio, il tipo di battuta più frequente e si realizza tra due
personaggi che si alternano a parlare;
— concertato: è un dialogo tra tre o più personaggi;
— duetto: indicato anche con l’espressione «botta e risposta», è un dialogo dall’andamen-
to incalzante e serrato che si svolge tra due personaggi, i quali generalmente si scambia-
no idee contrastanti circa un argomento o un episodio;
— soliloquio: è il «pensiero» del personaggio che, rimasto solo sulla scena, espone ad alta
voce le proprie idee perché il pubblico possa venirne a conoscenza;
— monologo: è ancora la riflessione intima del personaggio che questa volta non è solo, ma
appartato sulla scena e si rivolge direttamente al pubblico, mentre i rimanenti personag-
gi rimangono in silenzio;
— tirata: è, solitamente, un discorso relativo a qualcosa di importante circa fatti avvenuti
in passato o commenti di determinati eventi o azioni e per recitare il quale il personag-
gio chiede esplicitamente che si faccia silenzio;
— a parte: è un commento (segnalato sul testo da una didascalia e posto fra parentesi) che
il personaggio fa sull’argomento trattato, estraniandosi per un momento dalla rappre-
sentazione stessa (gli altri personaggi, infatti, non lo sentono) e rivolgendosi solo allo
spettatore;
— fuori campo: sono delle battute affidate a un personaggio non direttamente coinvolto
nell’azione scenica, ma incaricato di intervenire “fuori scena” a interloquire con i perso-
naggi o a commentare la vicenda in atto.
Soffermiamoci, infine, sui concetti di tempo teatrale e spazio scenico. Il concetto di tem-
po teatrale comprende tanto la durata della rappresentazione (il tempo effettivo in cui si
snoda lo spettacolo) quanto la durata temporale dell’azione rappresentata nel testo (l’arco
di tempo in cui si immagina siano avvenuti i fatti). È chiaro che le due dimensioni tempora-
li appena descritte non possono coincidere realmente: basti pensare che spesso un testo te-
atrale racconta vicende che si pensano avvenute nell’arco di mesi e anni o, in qualche caso,
addirittura secoli, mentre una rappresentazione scenica dura, al massimo, qualche ora.
A questo punto, viene spontaneo chiedersi quali siano i meccanismi capaci di assestare ef-
ficacemente questa sfaldatura tra tempo teatrale e tempo reale. Gli accorgimenti messi in
atto coinvolgono tanto il testo scritto quanto la rappresentazione scenica. Nel primo caso,
Elementi di glottodidattica