Sei sulla pagina 1di 4

Ancor prima che la nozione moderna di museo esistesse, sin dalla preistoria, esistevano in tutte le civiltà dei

luoghi addetti alla conservazione della memoria, in cui venivano custoditi oggetti appartenenti sia alla sfera
sacrale che funeraria di una specificità civiltà. ALCUNI ESEMPI:
— LA GROTTA DELLA RENNA IN FRANCIA, dove è stato possibile fare nuove scoperte sull'uomo di
Neaderthal. Nella grotta sono stati trovati oggetti in pietra collegabili alla pratica artistica, come pigmenti e
spatole per spalmarli.
— A Nimrud (impero Assiro) esisteva l'EZIDA, cioè una piccola stanza come se fosse un piccolo tempio
dedicata al Dio della scrittura, in cui sono state trovate tavolette scritte, una vera e propria biblioteca che
conservava testi di natura amministrativa e sacra.
— Come apprendiamo da Pausania, nel V sec. a.C ad ATENE ALL’INTERNO DEI PROPILEI, c'era una
parte dedicata alla pinacoteca, dove furono trovati dipinti su tavole di cera, mentre secondo altri erano tavole
di legno, secondo altri ancora erano affreschi, ed era un luogo aperto a tutti i cittadini dal V secolo a.C.
— Anche nella STOA’ DELL’AGORA’ (città bassa) erano conservati dei dipinti che rappresentavano la
battaglia di Maratona (490 a.C.). In epoca ellenistica, i faraoni già possedevano collezioni di oggetti che
potevano seguirli nelle sepolture oppure essere tramandati alle generazioni successive.
— Con l'arrivo in Egitto di Tolemeo Sotèr (un greco) quindi dopo l’impero di Alessandro Magno, si fusero le
tradizioni greca ed egiziana e venne fatto creare, nel 306 a.C, il MOUSEION AD ALESSANDRIA e con questa
costruzione vuole dedicare un tempio alla conoscenza e all’arte, ovviamente anche un modo per affermare la
propria potenza. Il Mouseion conservava delle arti nobili, ad esempio: pitture, sculture, pietre dure come
camei, intagli e medaglie, quindi un tesoro di opere selezionate e anche a volte commissionate da un potere
politico. Poco dopo questa struttura, già centro d’arte, formazione e ricerca, fu ampliato da Demetrio Fàler che
fu cacciato da Atene, infatti proprio a lui si deve la BIBLIOTECA DI ALESSANDRIA. La biblioteca di
Alessandria, considerata un grande tempio del sapere, fu però distrutta IV d.C, e abbiamo soltanto delle
descrizioni ed una costruzione parziale, in cui vediamo come erano collocati i papiri: rotoli che presentavano
delle lettere per essere collocati. Oggi la biblioteca di Alessandria è rinata alla fine del 900, grazie ad una
struttura caratterizzata da tendaggi che filtrano la luce del giorno, con un richiamo all’antichità faraonica, per
le dimensioni gigantesche e le colonne dai capitelli a fior di loto.
— Nel mondo romano, la volontà di collezionare e mostrare l’arte, si fa giorno tra l’elitè dell’età
repubblicana, con CICERONE. Anche se egli era molto amante d’arte, ha scritto un’opera in cui criticava il
mercato dell’arte e il collezionismo con una cattiva fede ben visibile, ma si mostra i coerente nelle lettere ad
Attico in cui descrive il suo gusto per l’allestimento di opere d’arte per dare una narrazione alla collezione.
Con Cicerone, si parla di programma iconografico, che troviamo con Plinio e con Ateneo di Naucrati.
— Questo legame dell’uomo con la propria collezione, lo ritroviamo anche in Giappone con lo SHOSO-IN nel
VIII° d.C, cioè un museo \ tesoretto che conserva nel 756, tutti i manufatti connessi dell’imperatore e di sua
moglie dell’VIII°, che vissero gran parte di questo secolo considerato un periodo molto felice per il Giappone,
denominato il periodo ‘TEN PIO’. Questo museo è considerato il più antico del mondo, e conserva 9.0000
oggetti e sono mostrati una volta all’anno al museo nazionale di Nara, capitale sacra del Giappone, e lo Shoso-
in è costruito lì vicino, la cui struttura è quella del VIII secolo perché il Giappone c’è una nozione di
patrimonio che consiste nel restaurare con nuovi materiali però rispettando il disegno, la pianta e i metodi di
fabbrica tradizionali, quindi il tempio costruito come se fosse una palafitta in legno, è stato sempre
ripristinato. Si presenta come una capanna fatta di tronchi, con un pavimento rialzato, non molto grande infatti
è una stanza unica, in cui sono collocati degli oggetti: legati allo stile di vita imperiale, regali di corte, regali
degli ambasciatori e quindi anche estranei al Giappone.
IL TESORO ALL’INTERNO DELLA CHIESA \ CATTEDRALE:
Questa nozione di tesoro che consente la sua apertura ad un pubblico, è sempre stata un privilegio destinata ad
una precisa categoria di persone ben determinata, infatti non tutti potevano vedere l’integralità delle reliquie o
opere d’arti all’interno delle collezioni reali. Nel Medioevo europeo, esisteva il collezionismo dei tesori nelle
chiese o nelle cattedrali, quindi all’interno di un luogo sacro, e questi oggetti sono considerati da POMIAN i
veri antenati dei musei. Lui considera questi oggetti, scelti e raccolti volutamente, portatori di un certo valore
simbolico, quindi senso —> semioforo (oggetto portatore di un senso), quindi cambia per lui il senso in base
al luogo in cui è posto. Un esempio è l’ABAZIA DI SAINT DENIS che fu ricostruita da Surger, abate che ha
vissuto nel XII° secolo e divenne questo luogo, per suo volere, il luogo di sepoltura dei re di Francia, al cui
interno dedica uno spazio proprio al tesoro sacro della corona. All’interno del tesoro conserva: i reliquiari, gli
arredi liturgici, ma anche vasi in pietre dure e gemme risalenti all’antichità classica, ad esempio: un vaso di
porfido, montato su dei piedi di aquila e sormontato da una struttura argentea dorata rappresentante la testa e
le ali dell’aquila, in uno stile risalente alla fine del romanico e l’inizio del gotico. La presenza di questo vaso
all’interno di questo tesoro, simboleggia il voler prendere l’autorità che conferisce l’antichità classica e di
costruirsi delle radici a partire da un passo riconosciuto come glorioso, ed inoltre, si tratta a livello simbolico
di far passare questa eredità classica ma pagana, attraverso un processo di trasformazione e sia religiosa ma
anche politica. Il simbolo dell’aquila è sempre stato legato all’imperatore. Abbiamo una grande fortuna
perchè sono stati ritrovati gli scritti dell’abate Surger, una fonte incredibile perchè sono scritti autobiografici
in cui emerge la sua personalità: un uomo colto, conoscitore d’arte ed erudito d’arte classica, conosceva
molto bene sia il latino e sia il greco. Attraverso i suoi scritti, emerge la sua intenzione: voleva legittimare la
sua collezione, e dare un’idea di bello che a sua volta sia il riflesso nella grandezza divina; lui vedeva la
perfezione di Dio, riflessa attraverso l’arte. Sperava quindi, che la loro contemplazione quindi potesse elevare
lo spirito. Quest’idea però va controcorrente con il dogma dell’epoca della chiesa che condanna l’accumulo di
beni terresti, anche se nel frattempo la chiesa stessa incoraggia il dono di oggetti di grade valore e realizzati in
materiali pregiati al tesoro della chiesa, quindi c’è un doppio gioco di scoraggiare la realizzazione ma anche di
incoraggiare il dono alla chiesa. L’incoraggiamento veniva esercitato per avere la disponibilità di materiali
preziosi e l’autorità che ne conferisce il valore economico, artistico e di grande valore simbolico, che non può
esserci se non c’è la divulgazione della conoscenza, e quindi i tesori vengono fatti visitare organizzando
un’attesa presso i fedeli \ pellegrini, per favorire la visione di tale rarità che va a nutrire l’autorità politica,
morale, spirituale che hanno gli oggetti.

QUAL E’ LA DIFFERENZA TRA IL TESORO DELLA CATTEDRALE ED UNA RACCOLTA CHE SI


TROVA IN UN AMBIENTE NON SACRO (STUDIOLO)? : Presentano un intento ed una funzione
completamente diversa. Il tesoro della cattedrale presenta una funzione sacra, veniva mostrato al pubblico per
questo tipo di funzione, mentre la raccolta all’interno dello studiolo non presentava più una funzione sacra,
ma bensì dedita allo studio e al raggiungimento di uno stato più elevato di conoscenza.

LO STUDIOLO:
Abbiamo poche conoscenze sul collezionismo Medievale, ma quello che possiamo appurare è il rapporto
anbiguo con l’antichità classica, perché da una parte c’è una tendenza al patrimonio dei secoli pretendenti
alla cristianizzazione, e lo possiamo vedere attraverso la renovasti o dell’epoca carolò già, oppure attraverso
il regno di Federico di Svevia che si fa promotore di uno stile classico ripristinano il legame con l’antichità,
però d’altra parte c’è una politica di riuso del materiale ovvero le spolia che diventano merce di commercio.
In realtà se volgiamo arrivare ad una nozione di tutela e di custodia di patrimonio, arriviamo nell’ambito
trevigiano perchè un notaio nel 1335 scrisse il
primo documento inerente ad una collezione italiana, che in realtà è una biblioteca, in ci c’è un grande numero
di testi classici, in cui si trovano oggetti classici: bronzetti, statue ricopiate ispirate all’antico. Questo
documento rivela quindi l’esistenza a Venezia e vicinanze, un ricco commercio d’arte. Fra 300 e 400 si
elabora un modello culturale che fa entrare il patrimonio in un’altra era, che incentra la sua attenzione sul
mondo classico e sull’antichità, e a partire da questo tipo di attenzione, nasce l’idea di un luogo che sia
concepito non solo per mostrare ma anche per conservare e la contemplazione delle opere d’arte. Il modello
sembra nuovo, ma non lo è, e arriva dallo studio di testi classici (è un’idea ripristinata dalla Grecia e dalla
Roma antica) ed è proprio questo confronto con l’antico che deve avvenire attraverso lo studio di classici in
silenzio ed in solitudine che nasce l’esigenza di un luogo a ciò dedicato: LO STUDIOLO. In questo luogo
all’inizio del 400 troviamo uno spazio delimitato nell’ambiente, abbastanza colmo di libri, letture antiche
(confronto antico - moderno) ed il supporto visivo di oggetti anch’essi legati ai secoli passati.
Quindi, queste testimonianze materiali del passato, vengono collocate all’interno dello spazio della
conoscenza dell’antichità per favorire la sua conoscenza, e instaurarne un dialogo. Non si accontentano più di
uno studio teorico attraverso i testi, ma vanno alla ricerca di REALIA, quindi oggetti che possano avere un
legame, per la loro produzione, materialità, iconografia, con l’antichità. Un esempio è l’opera ‘LO
STUDIOLO DI SAN GIROLAMO’ che si trova a Capodimonte, che consente di vedere la concezione dello
studiolo. Lo studiolo è uno scriptorum, un luogo solitario e diventerà anche un topus letterario, ad esempio
Petrarca che descrive proprio una volontà di vita solitaria che sia dedicata alla contemplazione, quasi
nostalgica, di un epoca definita da lui ‘un paradiso perduto’. Gli oggetti che troviamo all’interno dello
studiolo, sono: monete antiche quindi, numismatica antica, perchè grazie alla rappresentazione su di esse degli
imperatori, è possibile collocare cronologicamente gli avvenimenti storici. ‘San Girolamo nello studio’ viene
ripreso anche da Antonello da Messina, che ritrae lo studiolo come scriptorium all’interno di uno spazio che
ne la conferisce sacralità. Vediamo quindi, un ambiente raccolto, chiuso su se stesso, in cui si attinge alla
conoscenza in modo autonomo ed in solitudine. Questo studiolo è solo uno dei modi all’interno del 400 per
concepire la nozione di patrimonio che si va a costruire. In ambito fiorentino, un’umanista: BRACCIOLINI, va
a raccogliere all’interno del suo studiolo una serie di teste marmoree antiche, questo per stimolare
l’immedesimazione nell’antichità classica, quindi questo riferimento all’antichità diventa l’elemento
principale della cultura umanistica e artistica.

Una collezione molto importante che ebbe un’influenza su tutta la penisola durante l’umanesimo, è quella di
PAOLO GIOVIO, perchè la sua collezione è l’archetipo delle collezioni principesche del secolo successivo.
Giovio (1483-1552) vescovo, storico e scrittore biografo che rappresenta la perfetta incarnazione
dell’umanista, e visse gli anni d’oro del rinascimento e ne è una delle figure più rappresentanti. Giovio,
presenta all’interno della sua raccolta una serie di elementi che ritroveremo all’interno delle future collezioni
principesche e reali. ‘Un uomo incomincia a collezionare ritratti di uomini illustri, e subito la sua mente
sogna un museo in cui la sua collezione formi una sinossi universale degli uomini che hanno fatto la
storia’, disse Giovio, ed è una citazione molto importante perchè egli fa una distinzione non scontata
all’epoca, tra museo e collezione e nelle fonti rinascimentali non ha l’eccezione del museo odierno, ma già
distingue la collezione materiale di quello che ha, con il museo che è un luogo ideale di contemplazione d’arte
e di storia, perchè per lui l’arte non è correlata al piacere singolo del bello, ma deve essere utile. Da questo,
derivano le famose SERIE GIOVIANE: una collezione di ritratti di uomini che sono stati scelti per il loro
ruolo nella storia universale. Ci sono nomi antichi ma anche moderni, in un certo senso, quindi sono
raffigurate: persone legate al mondo politico europeo ed extraeuropeo tipo Soliman; personalità letterarie tipo
Dante; e ambito intellettuale e filosofico, tipo Pico della Mirandola. DA DOVE PROVIENE QUESTA
CONOSCENZA PROFONDA DI GIOVIO? Egli nella sua vita ha viaggiato molto, e nasce come
fiorentino ma studia a Roma, presso la Curia, tutti gli studi storici, filosofici, linguistici, ha insegnato anche
queste materie e quindi è stato un profondo conoscitore della storia antica e contemporanea a lui. Attraverso la
sua serie di ritratti, si nota la sua attenzione verso la
propria epoca perchè ne è un testimone molto attento, visse degli eventi molto importanti tipo il Concilio di
Trento, ma anche il sacco di Roma, quindi ha la percezione della storia in movimento. Attraverso questa
consapevolezza, vuole dare una narrazione alla storia e come supporto alla narrazione non solo scrive, ma ha
bisogno di un supporto visivo: le immagini. Presenta una mentalità molto aperta universalmente, e vuole
raccogliere all’interno del suo museo che allestisce in una villa sul lago di Como che dedica interamente alla
collezione, e prende il nome greco di Museion (tempio delle muse), e pone qui la sua serie di ritratti di
uomini illustri che presenta anche una cura documentaria che è di grandi merito. Per gli uomini illustri del
passato, chiede all’artista di far riferimento ai busti scultorei giudicati più fedeli alla fisionomia, mentre per i
contemporanei, fa eseguire i ritratti chiedendo alle famiglie i tratti fisionomici; vuole una galleria che sia il
riflesso più fedele della storia. Nonostante il luogo sia poco accessibile, la galleria divenne famosissima ancor
prima che lui morisse, infatti in tutta Italia furono richieste le copie di questa galleria. La più famosa serie di
copie è costituita da 240 dipinti, ed è la serie gioviana degli Uffizi della corte medicea, e funziona insieme ad
un’altra serie custodita nella biblioteca ambrosiana. PERCHÉ’ CONSERVARE UNA SERIE CHE
RAFFIGURA LA STORIA UNIVERSALE PRESSO LA CORTE MEDICEA? Perchè
anche lì la conoscenza è potere, quindi si vuole legittimare il potere attraverso la storia. Per ogni serie, i ritratti
presentano una didascalia per identificar senza margine di errore il personaggio, ma esiste anche la
caratteristica fondamentale senza cui la serie gioviana è solo un seguito di immagine, ed é il documento
redatto da Giovio stesso su pergamena, ed è ‘l’ELOGIA’ che va letto insieme alla contemplazione, come se
fosse un cartello ed una chiave di lettura. COME VENIVA PRESENTATI QUESTI RITRATTI? Non
abbiamo incisioni per l’interno del museo, ma dalle testimonianze e dall’allestimento delle serie copiate,
erano appesi uno accanto all’altro e sotto, come se fosse un cartello, c’era l’elogio su pergamena.

Potrebbero piacerti anche