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Ciao" è entrLa parola si è diffusa per il mondo a seguito delle migrazioni degli italiani, ed è entrata

come saluto informale anche nel lessico di numerose altre lingue, quasi sempre unicamente per il
commiato. Questa sezione elenca alcuni casi in cui la parola "ciao" o parole derivate da essa sono
entrate nel lessico informale di altre lingue.[5]

 albanese: çao/qao;
 bosniaco: ćao[6];
 bulgaro: чао (čao, più usato nel commiato);
 ceco: čau (sia nell'incontro sia nel commiato)[7];
 esperanto: ĉaŭ (più usato nel commiato; raramente nell'incontro);
 estone: tšau (sia nell'incontro sia nel commiato);
 francese: ciao o tchao (nel commiato);
 giapponese: チャオ (chao, sia nell'incontro sia nel commiato) o チャオチャオ (chao chao,
raramente usato nel commiato);
 interlingua: ciao (nel commiato);
 lettone: čau (sia nell'incontro sia nel commiato) [7];
 lituano: čiau (più usato nel commiato; raramente nell'incontro);
 macedone: чао (čao, nel commiato);
 maltese: ċaw (nel commiato); anche ċaw ċaw (nel commiato);
 nahuatl moderno: jao, anche se usato molto molto raramente.
 portoghese: tchau (nel commiato); in Portogallo, si usa anche chau chau; in Brasile, si usa anche la
forma diminutiva tchauzinho[8];
 romeno: ciao o raramente ciau (più usato nel commiato; raramente nell'incontro);
 russo: чао (čao, nel commiato); si usa anche uno scherzoso чао-какао;
 serbo e croato: ћао o ćao (sia nell'incontro sia nel commiato), usato anche ћаос о ćaos;
 slovacco: čau (più usato nel commiato; raramente nell'incontro);

ato nella lingua italiana solo nel corso del Novecento. Deriva infatti dal termine veneto (più
specificLa parola si è diffusa per il mondo a seguito delle migrazioni degli italiani, ed è entrata
come saluto informale anche nel lessico di numerose altre lingue, quasi sempre unicamente per il
commiato. Questa sezione elenca alcuni casi in cui la parola "ciao" o parole derivate da essa sono
entrate nel lessico informale di altre lingue.[5]

 albanese: çao/qao;
 bosniaco: ćao[6];
 bulgaro: чао (čao, più usato nel commiato);
 ceco: čau (sia nell'incontro sia nel commiato)[7];
 esperanto: ĉaŭ (più usato nel commiato; raramente nell'incontro);
 estone: tšau (sia nell'incontro sia nel commiato);
 francese: ciao o tchao (nel commiato);
 giapponese: チャオ (chao, sia nell'incontro sia nel commiato) o チャオチャオ (chao chao,
raramente usato nel commiato);
 interlingua: ciao (nel commiato);
 lettone: čau (sia nell'incontro sia nel commiato) [7];
 lituano: čiau (più usato nel commiato; raramente nell'incontro);
 macedone: чао (čao, nel commiato);
 maltese: ċaw (nel commiato); anche ċaw ċaw (nel commiato);
 nahuatl moderno: jao, anche se usato molto molto raramente.
 portoghese: tchau (nel commiato); in Portogallo, si usa anche chau chau; in Brasile, si usa anche la
forma diminutiva tchauzinho[8];
 romeno: ciao o raramente ciau (più usato nel commiato; raramente nell'incontro);
 russo: чао (čao, nel commiato); si usa anche uno scherzoso чао-какао;
 serbo e croato: ћао o ćao (sia nell'incontro sia nel commiato), usato anche ћаос о ćaos;
 slovacco: čau (più usato nel commiato; raramente nell'incontro);

amente veneziano) s'ciao ([ˈst͡ʃao]), proveniente dal tardolatino sclavus, traducibile come "[sono
suo] schiavo".[2] Si trattava di un saluto assolutamente reverenziale, variamente attestato nelle
commedie di Carlo Goldoni in cui viene pronunciato con sussiego da nobili altezzosi e cicisbei; ne
La locandiera, ad esempio, il Cavaliere di Ripafratta si congeda dagli astanti con «Amici, vi sono
schiavo», espressione usata anche da Don Roberto nella commedia La dama prudente (atto I, scena
VI).

Nonostante ciò, a partire dall'Ottocento si diffuse come saluto informale dapprima in Lombardia,
dove venne alterato assumendo la forma "ciao"[senza  fonte]. Nello stesso periodo cominciò a penetrare
nella lingua italiana, tanto che nel suo Dizionario della lingua italiana Niccolò Tommaseo
constatava – con un certo rammarico – come anche in Toscana qualcuno cominciasse ad usare la
formula "vi sono schiavo".

Fu tuttavia la forma "ciao" a fare fortuna e nel secolo successivo si diffuse in tutta la Penisola.[3][4]

Un'etimologia analoga ha il saluto informale servus diffuso nell'Europa centrale.

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