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Riassunto filosofia

Che cos’è la mente?


I filosofi contemporanei che hanno cercato di definire la mente l’hanno fatto
cercando di risolvere il problema corpo-mente.
La filosofia si chiede cosa sia la mente e non cosa sia il cervello perché questo
già lo sappiamo dato che esistono più scienze che si occupano di questo
oggetto: le scienze hanno bisogno di un oggetto definito, con dei confini precisi.
La filosofia invece si occupa di quegli oggetti che non si lasciano circoscrivere
in un ambito scientifico.

De nizioni da vocabolario:
- Organo dell’attività intellettiva: sinonimo—> cervello, ingegno
- Attenzione, pensiero: es. rivolgere la mente a qualcosa, fare mente locale
- Memoria: es. tenere a mente
- Intenzione, proposito: es. si è messo in mente di fare questa cosa
- Insieme delle funzioni e dei processi psichici consapevoli e inconsci

Etimologia:
Il termine mente deriva dal latino mens, che copre l’area semantica del termine
greco νοῦς. Il νοῦς per i greci era una parte, una funzione della ψυχή (psiche).

Quando nasce contrapposizione tra mente e corpo?


Nasce nel VI secolo a.C. e non nasce nemmeno in ambito filosofico: questa
contrapposizione e relazione era il nucleo centrale dei misteri orfici, che erano
pratiche religiose, non espressioni filosofiche.

Quando iniziamo a parlare di loso a?


La filosofia ha origine con Talete; secondo lui c’è un αρχή, un principio da cui
hanno origine tutte le cose, e secondo lui era l’acqua.
Cominciamo a parlare di filosofia quando abbiamo l’esigenza di una
giustificazione razionale: questa è la differenza tra l’arte e la filosofia. Anche
l’arte ci dà un’immagine del mondo e si interroga su questioni che
comprendono l’essere umano, ma non ha l’obbligo di dare una giustificazione
razionale.
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Il problema corpo-anima nella loso a greca


Platone accolse il dualismo che era presente nei misteri orfici, ma il problema
era appunto come conciliare i due aspetti di corpo e mente/anima. Risolve
questo problema affermando che ciò che diceva Parmenide (ovvero l’essere è e
non può non essere e il non essere non è e non può essere) poteva essere
considerato valido ma soltanto per quanto riguarda il mondo delle idee, il
mondo intellegibile, perché il mondo delle idee è il mondo dell’essere che non
può non essere, mentre il mondo sensibile è un misto tra l’essere e il non essere
e prevale il divenire.
Il dualismo dell’orfismo quindi cadeva a pennello per Platone perché egli
poteva dire che il corpo appartiene al mondo sensibile e quindi è soggetto al
divenire, invece la nostra anima appartiene al mondo intellegibile e quindi è
immortale. Per questo motivo Platone definì il corpo il carcere dell’anima:
l’anima è imprigionata in un corpo che è soggetto al divenire—> la morte del
corpo è quindi la liberazione dell’anima.
Platone spiegò la struttura dell’anima con il mito della biga alata (nel Fedro
dove Platone sta parlando dell’amore—>l’amore è qualcosa che riguarda
l’anima): l’anima è come una biga trainata da due cavalli, uno bianco e uno
nero. Quello bianco è il cavallo impulsivo, che ha coraggio; quello nero è
quello attratto dalla materialità, da tutto ciò che è piacere corporeo e quindi
cerca di trascinare in basso la biga. Il cavallo bianco rappresenta l’anima
irascibile (impulsiva), il cavallo nero rappresenta l’anima concupiscibile (che
presiede a tutto ciò che è materiale), e poi la biga rappresenta l’anima
razionale, ovvero il νοῦς.
Queste funzioni si distinguono sulla base di una valutazione etica: l’anima
concupiscibile occupa il livello più basso, l’anima irascibile ha un livello
superiore e l’anima razionale è l’apice.

Aristotele era l’allievo preferito di Platone ma non lo nominò come suo


successore perché si rese conto che per troppi aspetti non era in linea con il
pensiero della sua scuola (nominò Speusippo).
Per Aristotele tutta la realtà è composta da due fattori combinati tra loro:
materia e forma. Queste due componenti costituiscono un sinolo significa con
tutto, tutto intero—> non si può separare la forma dalla materia.
La forma è ciò che rende qualcosa quello che è.
La forma per Aristotele è sostanza.
Aristotele dice che anche l’essere umano è fatto di materia e forma: la materia è
il nostro corpo, la forma è l’anima. L’anima è ciò che ci rende quelli che siamo.
Dato che non può esserci la stessa forma per ogni oggetto—>Aristotele propone
una tripartizione dell’anima:

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• Anima vegetativa= è l’anima che compete al mondo vegetale e che consente


tutte le funzioni base della vita
• Anima sensitiva= quella degli animali (e comprende anche l’anima
vegetativa)
• Anima razionale= è l’anima dell’uomo, la quale svolge tutte le funzioni
dell’anima vegetativa e sensitiva, ma in più è dotata di νοῦς, ovvero del
pensiero, della capacità di pensare.

Il problema corpo-anima nella loso a cristiana

Con il declino dell'impero romano e l'avvio del medioevo gran parte dei testi
antichi sono andati perduti, e i pensatori cristiani avevano a disposizione un
dialogo di Platone e le opere logiche di Aristotele, ma quest'ultimo si perse un
po’. Quella che resta è la filosofia di derivazione platonica e neoplatonica che si
prestava facilmente a conciliarsi con il pensiero cristiano perché suggerisce
l'idea di un'anima che sopravvive al corpo, e questo coincide con il messaggio
evangelico che promette la vita eterna.
Intorno al XIII secolo, grazie alla mediazione araba, venne riportato in
occidente il pensiero di Aristotele. Tommaso D’Acquino riprese l'intuizione
aristotelica secondo cui c'è un'unità profonda dell'essere umano e ripropone il
concetto dell'anima come forma del corpo. Egli privilegia l'impostazione
aristotelica rispetto a quella platonica perché constatava che ognuno di noi non
si percepisce come è duplice, noi ci percepiamo nella nostra unità e ci risulta
che l'aspetto psicologico è un tutt'uno con l'aspetto corporeo. Per questo egli
venne condannato.

Dall’anima alla mente: Galileo Galilei


Con l'avvento dell'umanesimo il focus dell'attenzione si sposta sulla creatura,
sul creato. Questa attenzione nei confronti del creato genera una maggiore
ricerca nei confronti della natura, la quale viene indagata proprio per scoprirne i
meccanismi—> e così si arriva alla nuova scienza di Galileo Galilei.
Con Galileo abbiamo la nascita della prima scienza autonoma: egli sostiene che
la filosofia della natura abbia un suo oggetto e un suo metodo particolari, infatti
l’oggetto consiste negli aspetti misurabili e quantificabili della realtà. La base di
questa nuova scienza è meccanicistica: significa che tutti i fenomeni della
natura si possono interpretare e spiegare in base a due soli concetti, l’estensione
e il moto locale.

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Cartesio
Cartesio era molto attirato dalla nuova scienza, e voleva conciliare la nuova
visione della natura con la sua fede, per questo motivo non poteva relegare
l'essere umano solo nell'ambito fisico. Per questo motivo distinse due sostanze.
La sostanza per Cartesio è tutto ciò che sussiste di per sé e non ha bisogno di
altro per esistere. Solo Dio è sostanza.
• Res extensa= quella sul piano materiale
• Res cogitans= quella che costituisce il pensiero, la parte spirituale
Cartesio riconosce l'esistenza di una res cogitans perché, pur dubitando di tutto,
sia perché i sensi ci ingannano sia per l'introduzione dell'ipotesi del genio
maligno, per cui siamo perennemente ingannati anche da noi stessi, egli si rende
conto che anche mentre ci inganniamo pensiamo, quindi il pensiero esiste
sicuramente. In seguito arrivare a riconoscere di avere anche un corpo (che
coincide con la res extensa).
Cartesio non vuole usare il termine anima perché è un termine ambiguo ed
equivoco che è stato usato sia per indicare l'insieme delle funzioni vitali, sia per
indicare la parte razionale: di conseguenza introduce il concetto di “mens”, la
quale riguarda gli aspetti cognitivi e intellettuali; non gli aspetti vitali perché
quelli fanno parte della res extensa.
L’anima è stata ridotta alla mente.
Cartesio ribadisce che mente e corpo sono due realtà distinte e separate:
Elisabetta di Boemia gli scrisse una lettera in cui gli chiese conto di questo,
ovvero di come fosse possibile che l'anima sia in relazione con un corpo che è
esteso e occupa spazio. Egli rispose che è vero che l'anima è incorporea però ha
la sua sede nella ghiandola pineale.

Critica del dualismo: monismo materialista


Il dualismo è stato fortemente criticato perché non è in grado di spiegare quelle
che sono le esperienze elementari della nostra vita di tutti i giorni e il primo a
teorizzare una posizione materialista fu La Mettrie. Era un medico militare e
aveva osservato che c'è un rapporto molto stretto tra gli stati psicologici e gli
stati fisici. Egli iniziò a teorizzare un monismo materialista: non è vero che ci
sono due componenti negli esseri umani, c'è solo il corpo. Secondo lui l’anima
o la mente non c’è.
Il pensiero contemporaneo però preferisce parlare di fisicalismo: per cui anche
la mente rientra nell'ambito della fisica.
Ci sono diversi tipi di fisicalismo:
• Riduzionismo= sostiene che gli eventi mentali esistono ma sono riducibili a
eventi cerebrali

• Teoria dell’identità= dice che gli eventi mentali sono identici agli eventi
cerebrali
• Eliminativismo= secondo cui né la mente né gli stati mentali esistono
• Epifenomenismo= sostiene che gli stati mentali esistono, però sono solo
degli epifenomeni degli stati cerebrali (epifenomeno è per esempio il calore
che produce il computer quando funziona; non ha nessun potere causale sul
funzionamento del computer esattamente come gli epifenomeni non hanno
nessuna rilevanza nel funzionamento del cervello)

Noi siamo uno o due? Questo è il problema che va affrontato: siamo uno ma ci
sentiamo due, siamo due ma ci sentiamo uno.
Nel Novecento sono due i grandi tentativi di soluzione messi in atto da due
correnti principali: il comportamentismo filosofico e il funzionalismo.

Comportamentismo psicologico
La psicologia come scienza empirica nacque con il laboratorio di Wundt nel
1879, ma anche ad Harvard con James, medico che capì che c’è qualcosa che va
oltre alle funzioni degli organi e così iniziò ad occuparsi di psicologia: iniziò
poi a ritenere che sia necessario indagare anche un po’ il contesto, fornito dalla
filosofia, perciò poi passò alla cattedra di filosofia e fondò il pragmatismo.
Watson fu il fondatore del comportamentismo e andando alla ricerca di un
elemento che potesse essere oggetto di esperienza oggettiva di osservazione egli
concluse che quello che noi possiamo studiare non è l’attività mentale, ma solo
la sua manifestazione empirica, ovvero il comportamento.
I comportamentisti non sostengono che la mente non ci sia, ma sostengono che
sia una scatola nera (black box) a cui non possiamo arrivare, non possiamo
sapere cosa ci sia dentro.
Il comportamentismo psicologico dà origine al comportamentismo filosofico.

Comportamentismo loso co
Ryle (scrisse “il concetto di mente” del 1949) parte dall’assunto del dualismo
cartesiano per cui ogni essere umano ha sia un corpo che una mente.
Puntualizza che per rimanere in linea con Cartesio bisogna dire che ogni essere
umano è sia un corpo sia una mente. C’è un’indipendenza delle due componenti
tanto è vero che l’anima può vivere a prescindere dal corpo. Secondo Ryle
quindi le persone vivono due storie parallele: una è la storia relativa al corpo,
l’altra è la storia relativa alla mente: la prima è una storia pubblica
(osservabile), la seconda è privata (è la black box, inaccessibile agli altri).
Secondo la dottrina ufficiale la black box è penetrabile solo attraverso
l’autocoscienza e l’introspezione. Questo è quello che Ryle definisce dogma
dello spettro nella macchina: lo chiama così perché Cartesio aveva parlato del
corpo come una macchina. Dentro questa macchina c'è quello che lui definisce

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uno spettro, perché non può essere afferrato da nessuna indagine scientifica. Il
dogma dello spettro nella macchina è la pretesa di affermare senza nessuna
prova empirica che esiste la mente oltre al corpo e che interagisce con
quest’ultimo.
Secondo Ryle questo è dovuto a un errore categoriale: Ryle non sta negando che
esistano gli stati mentali, ma sostiene che non esista una res, una sostanza, una
cosa che possiamo identificare come mente. L’errore è stato quello di attribuire
la categoria di sostanza a una realtà a cui non compete (es. università in realtà di
per sé non esiste ma è data dalla sommatoria di più realtà che la costituiscono).
Secondo Ryle la mente è l’insieme delle nostre disposizioni al comportamento;
la mente è l’insieme di alcune proprietà disposizionali (una proprietà
disposizionale è una proprietà di un oggetto per cui tende a comportarsi in un
certo modo in determinate circostanze). Anche gli esseri umani sono dotati di
proprietà disposizionali, ovvero in determinate circostanze tendono a
comportarsi in un determinato modo.
Come facciamo a scoprire le proprietà disposizione ali degli esseri umani?
Perché vediamo come si comportano. Secondo Ryle la mente è un termine che
utilizziamo per indicare un insieme di comportamenti e atteggiamenti, ma
quello di cui possiamo parlare sono sempre e solo eventi pubblici: tutto ciò che
sfugge all'osservazione per noi non esiste.
Perché Cartesio è caduto in un errore banale? Se Cartesio fosse stato coerente
con la sua impostazione scientifica avrebbe dovuto concludere che noi esseri
umani siamo come un meccanismo a orologeria soltanto più complicato. Per
Cartesio questa asserzione sarebbe stata ripugnante perché andava contro le sue
convinzioni morali: affermare che gli uomini siano delle macchine implica che
la macchina non è responsabile ed è per questo che Cartesio non può accettarlo
da un punto di vista etico, perché verrebbe meno il presupposto di
responsabilità.
Ryle sottolinea che il rapporto tra corpo e mente equivale al rapporto tra le
proprietà disposizionali e le loro manifestazioni comportamentali. Però non è
vero che quello che sosteniamo che si riferisca ai nostri stati mentali sia
indubitabile perché c’è anche l’autoinganno; quindi bisogna basarsi solo sul
comportamento che è l’unica cosa osservabile.
Obiezioni al comportamentismo:
• Stati mentali diversi sono compatibili con comportamenti analoghi e
comportamenti diversi sono compatibili con stati mentali analoghi
• Non è vero che il comportamento è necessariamente la manifestazione di uno
stato mentale
• In virtù del comportamentismo non siamo in grado di distinguere tra chi
prova un certo stato mentale e chi finge di provarlo
Queste lacune del comportamentismo hanno fatto sì che qualcuno ritenesse di
dover impostare il problema in modo diverso.

Funzionalismo (1)
Alan Turing ha inaugurato il funzionalismo. È considerato uno dei padri
fondatori dell’informatica perché ancora giovanissimo aveva progettato quella
che è nota come “macchina di Turing”, cioè un modello di calcolatore a
istruzioni memorizzate, antenato dell’odierno computer. Durante la seconda
guerra mondiale fu arruolato nei servizi segreti britannici per decriptare i codici
con cui erano scambiate le comunicazioni all’interno dello stato tedesco. Fu
condannato per una relazione omosessuale e si suicidò con una mela al cianuro.
Turing nel suo articolo “Calcolatori e intelligenze” (1950) si pose diverse
domande:
- Le macchine possono pensare? In fondo la sua macchina aveva fatto quello
che un essere umano non avrebbe fatto in anni. Se noi possiamo costruire
una macchina che pensa, allora l’intelligenza non è una caratteristica
specifica degli esseri umani (anche lui condivideva il presupposto cartesiano
per cui la res cogitans, ovvero il pensiero, sia il fulcro di tutto quello che non
è puro meccanicismo)
- Che cosa significa macchina?
- Che cosa significa pensare?
Ma dal momento che sia macchina che pensare sono termini ambigui,
altrettanto indefinita e incerta sarà la soluzione. Per questo Turing propone di
riformulare il problema nei termini di un gioco chiamato gioco dell’imitazione
(imitation game). —> 3 partecipanti A (donna), B (uomo) C funge da
interrogante; non vede A e B e deve porre loro delle domande per capire chi sia
l’uomo e chi la donna; A ha il compito di ingannarlo e B di dire sempre la
verità; le risposte alle domande di C devono essere dattiloscritte in modo che
non possa ottenere indizi dalla scrittura. “Se noi al posto di A o B mettiamo un
computer, riuscirà a ingannare l’intervistatore altrettanto bene quanto un essere
umano?” Se riesce in questa impresa significa che le macchine possono
pensare.
La risposta che Turing dà a questa domanda si basa su alcuni presupposti:
• L’intelligenza non corrisponde a una proprietà intrinseca di un sistema, bensì
a un comportamento e a una capacità o prestazione—> da qui
“funzionalismo”
• Perché se non è una proprietà intrinseca deve essere considerata come una
funzione che può essere espletata indipendentemente dal supporto materiale.
Se è una funziona è una funzione che può essere espletata sia su un cervello
umano che su un circuito elettrico
• Questa funzione ha a che fare con quella capacità specifica che è la
manipolazione di simboli: pensare equivale a manipolare simboli
Questi sono gli elementi paradigmatici del programma di ricerca in seguito
chiamato Artificial Intelligence.
La mente quindi diventa quella funzione che è manipolazione di simboli.

Da un punto di vista filosofico il funzionalismo viene accolto con un certo


favore perché aiuta a superare sia il dualismo sia il monismo materialista. In
ambito psicologico però la funzione mentale non può essere ridotta alla
manipolazione di simboli.

Funzionalismo (2)
Putnam ritiene che la vera domanda da porsi non è se le macchine possono
pensare, bensì come è possibile che il cervello abbia proprietà non fisiche.
Viene così a galla un elemento caratteristico del funzionalismo: il cervello.
Putnam, sulla scia del funzionalismo di Turing, ritiene che ci siano proprietà
che possono riguardare il cervello ma potrebbero ritrovarsi anche su altri
supporti materiali, e in questo modo viene posta l’analogia tra cervello e
computer e tra mente e software. Putnam intende che la mente non è altro che
l’organizzazione funzionale del cervello; inoltre secondo lui anche le proprietà
psicologiche presentano la medesima caratteristica (le proprietà funzionali
quindi sarebbero identiche alle proprietà psicologiche).
Il funzionalismo cerca di spiegare il rapporto tra mente e cervello sulla base
dell’analogia computer-mente, invece il comportamentismo tenta di rispiegare il
rapporto tra mente e corpo nel contesto dell’agire umano: il loro punto in
comune è che la mente non è altro che l’insieme di determinate proprietà
(proprietà che consentono di eseguire delle funzioni).

Naturalismo biologico
Un autore che ha criticato il funzionalismo è stato Searle, egli studiò ad Oxford
e lì tutto l’impianto generale della filosofia era dedicato all’analisi del
linguaggio ordinario: da questo lavoro sul linguaggio Searle capisce che il
linguaggio può acquisire significato perché si riferisce a qualcosa, e di
conseguenza esprime un’intenzionalità. Searle sostiene che l’intenzionalità
derivi dalla mente; in questo modo inizia ad interessarsi di filosofia della mente
e in un articolo del 1980 propone un esperimento mentale—> esperimento
della stanza cinese—> proviamo ad immaginare che io sia chiuso in una
stanza, non ho contatti con l’esterno però ho una serie di fogli con scritte delle
domande in cinese, e su altri fogli ci sono le risposte in cinese a queste
domande. Ho a disposizione un manuale in inglese che mi dà una serie di
istruzioni per cui io facendo degli esercizi alla fine sono in grado di combinare
le risposte con le domande. Searle dice:”qualcuno direbbe che io so il cinese?”
La risposta è ovviamente negativa perché non sarebbe la stessa cosa. I computer
secondo Searle fanno la stessa cosa, cioè manipolano simboli su istruzioni
ricevute.
Searle ritiene di aver dimostrato alcune cose:(intelligenza artificiale)

• I computer possono avere una sintassi ma non hanno una semantica: non sono
in grado di interpretare i simboli che manipolano
• Mentre gli stati mentali sono un prodotto del cervello, i programmi di un
calcolatore non sono prodotti dell’hardware
• Al computer manca qualunque forma di intenzionalità: il programma è
puramente formale, mentre gli stati intenzionali non sono formali perché sono
definiti nei termini del loro contenuto e non della loro forma
Quindi lo stato mentale si definisce per il suo contenuto.
I computer hanno solo la sintassi e non la semantica, gli esseri umani invece
possono avere una semantica senza avere una sintassi e questo in virtù
dell’intenzionalità.
Searle si chiede:”quali sono i presupposti che stanno alla base dell’intelligenza
artificiale?”—>i presupposti sono il comportamentismo e il dualismo: i
funzionalisti stanno, secondo Searle, commettendo gli stessi errori che hanno
fatto i comportamentisti perché dicendo che il calcolatore è intelligente dato che
si comporta come un essere umano non stanno facendo altro che riproporre una
forma di dualismo. Secondo Searle la soluzione è la dottrina che lui chiama
naturalismo biologico.
—>“Naturalismo” perché ritiene che i fenomeni mentali siano fenomeni
naturali, naturali nel senso che sono causati da processi neurofisiologici e questi
sono a loro volta proprietà del cervello: i fenomeni mentali quindi non sono
indipendenti dall’attività del sistema nervoso.
—>“Biologico” perché Searle ritiene che la base biologica sia imprescindibile a
differenza del funzionalismo che ritiene che sia secondaria.
Il termine ha anche la funzione di spiegare le due caratteristiche fondamentali
della mente umana: coscienza e intenzionalità. La coscienza per Searle consiste
in una serie di stati e processi soggettivi (vuole dire che è un’ontologia in prima
persona, non in terza) che possono essere consapevoli, qualitativi, interiori e
individuali. L’intenzionalità invece è il termine che indica le varie forma per
mezzo delle quali la mente può appartenere agli oggetti e agli stati di cose del
mondo. L'intenzione è uno stato della mente, un processo mentale che può
essere considerato sinonimo di evento di coscienza.è una proprietà di base della
mente: di essa non è possibile fornire un'indagine logica in termini di nozioni
più semplici. Searle introduce anche una questione che è la distinzione tra
razionalità teoretica e razionalità pratica (che guida la nostra azione). Searle
dice che troppo spesso la razionalità teoretica è stata considerata come forma
esclusiva di razionalità; invece la razionalità riguarda la libertà umana e il
divario fra credenze e desideri e Searle inoltre sottolinea che il suo interesse
riguarda la razionalità pratica e non quella teoretica.

Dennett: l’uomo macchina (intervista)


Dennett ha rovesciato totalmente Aristotele giungendo a negare l'esistenza
stessa dell'anima, della coscienza. Ciò che esiste sono solo i meccanismi
meccanici, materiali, che governano la nostra mente; non esiste una materia
spirituale, una res cogitans separato dai nostri corpi: esiste soltanto una res
extensa, la materia. Possiamo comprendere il nostro mondo interiore soltanto
riducendolo a parti meccaniche e materiali: perciò il dualismo cartesiano tra la
mente il corpo si risolve nel materialismo. Non esiste un problema di
irriducibilità della mente qualcos'altro, non esiste un hard problem. Il
problema della coscienza riguarda soltanto il mondo fenomenico; quando
avremo risolto i cosiddetti soft problems, ovvero gli aspetti meccanici e
tecnologici del cervello e della mente, avremo risolto anche il problema della
coscienza.

”Che significato hanno nel suo lavoro filosofico le pompe dell’intuizione?”


>> Dennett considera l'immagine della coscienza con macchina virtuale,
un'efficace pompa intuitiva e questa è una metafora tecnologica per spiegare
l'attività della mente: quando parla della coscienza come di una macchina
virtuale del cervello intende costruire un modello efficace per la comprensione
di un fenomeno fisico.
“ritiene che la mente sia effettivamente riducibile a una macchina?”
>> Gli esseri umani sono macchine complesse sofisticate, costituite da parti
meccaniche e materiali: i nostri cervelli e i nostri corpi.
“Come si risolve il problema delle caratteristiche essenziali della natura umana
come le emozioni e che ruolo hanno nella nostra vita razionale?”
>> non dà una risposta definita alla domanda ma afferma che le emozioni
giocano senza dubbio un ruolo fondamentale nelle vite degli esseri umani e che
costituiscono un elemento di estrema complessità nella comprensione dei
meccanismi che determinano l'agire cosciente degli individui. Inoltre la
psicologia cognitiva ha allontanato le emozioni dall'orizzonte dell'indagini
scientifiche producendo teorie che costituivano soltanto semplificazioni
riduttive.
“Come mai le sue idee filosofiche vengono spesso considerate addirittura
pericolose?”
>> Dennett si considera un conservatore in quanto è convinto che per
comprendere la natura del mentale non ci sia bisogno di una nuova rivoluzione
della fisica quantistica né di una rivoluzione darwiniana. Secondo lui noi siamo
delle macchine fatte di altre macchine. Le proteine di cui siamo composti sono
esse stesse delle macchine, dei meccanismi, e il cervello a sua volta è
un'immensa macchina per molti versi simile al computer.

Eliminativismo
Il filosofo americano Quine affermò che assumere l’esistenza di stati mentali
interni crea solo problemi. Questa posizione venne sostenuta da Paul e Patricia
Churchland: nella loro opera “Eliminative Materialism” riprendono l’assunto di
Quine e forniscono delle motivazioni. Dopo aver sottoposto a critiche più o
meno pertinenti quasi tutte le filosofie contemporanee e aver preso le distanze
da ogni forma di dualismo i Churchland si soffermarono sulla critica della
folk-psychology, ovvero quello’atteggiamento che attribuisce stati mentali a sé
e agli altri.
Il punto di partenza è dato da determinati assunti:
• L’attività mentale è l’attività cerebrale
• Abbiamo bisogno di capire prima come funziona il cervello e poi la mente
• Le neuroscienze richiedono di essere perciò in qualche modo guidate
nell’identificazione di ciò che deve essere spiegato
La folk-psychology è inadeguata perché fondamentalmente non è in grado di
spiegare i fenomeni mentali da un punto di vista oggettivo. Inoltre vorrebbe
suggerire delle leggi come se fosse una teoria empirica ma, se sottoposta a
un’attenta considerazione, si nota che la psicologia del senso comune fallisce
tutti gli obiettivi che normalmente ci attendiamo da una teoria scientifica con
pretese descrittive e predittive: non spiega il mentale in generale, non illustra il
funzionamento della percezione e non ha idea di come funzionino il linguaggio
e la concettualizzazione.
La psicologia del senso comune deve essere abbandonata per tre ragioni:
• Si basa su rapporti soggettivi di stati mentali sostanzialmente privi di
significato
• Si basa su prove aneddotiche e i suoi successi sono in gran parte accidentali
• Ha incontrato molti fallimenti esplicativi e predittivi e non può spiegare né gli
stati normali né i comportamenti cognitivi delle persone con danni cerebrali

Monismo anomalo: Davidson


Davidson suggerisce una teoria che si chiama monismo anomalo. L'assunto
fondamentale è che tutti gli eventi mentali interagiscono con l'ambiente fisico
che li circonda. Davidson assume poi che, quando c'è un'interazione causale, c'è
anche una legge naturale rigida che la comprende. Questo sembrerebbe
implicare l'idea che ci siano leggi psicofisiche, ovvero leggi che collegano
eventi mentali ed eventi fisici. Ma se così fosse allora il mentale sarebbe
completamente riducibile al fisico, che è proprio quello che Davidson nega.
Egli individua la via per uscire da questo conflitto nella teoria della causazione:
la causazione è una relazione estensionale tra eventi individuali. Gli eventi
mentali possono comprendere soltanto leggi fisiche, ma per generare una legge
fisica gli eventi mentali devono avere una descrizione di tipo fisico, e avere una

descrizione fisica implica essere un evento fisico: quindi tutti gli eventi mentali
sono eventi fisici.
Il monismo anomalo è articolato su due piani:
• Da un punto di vista ontologico c’è una solo realtà che è detta realtà fisica
• Da un punto di vista concettuale o epistemologico, c’è un dualismo (io posso
non sapere in che stato è il mio cervello ma posso sapere se voglio fare una
determinata cosa in quel momento)
C’è un’anomalia: il mentale, sebbene sia identico ad alcune parti del mondo
fisico, potrebbe non rientrare nelle descrizioni fornite dalle leggi della fisica,
della neurologia e della biologia. Davidson introduce un altro concetto—>
l’olismo del mentale (una caratteristica del mentale): per l’olismo del mentale
gli atteggiamenti preposizionali, ovvero che esprimono gli eventi mentali, non
possono esistere isolatamente. Non esiste uno stato mentale singolo, i nostri
stati mentali sono sempre presenti all’interno di un insieme e secondo Davidson
questo fa sì che ci sia un requisito di coerenza per quanto riguarda la nostra vita
mentale: vuol dire che nel momento in cui non abbiamo una serie di credenze e
intenzioni che presentano una forte coerenza, siamo in presenza di qualche
disturbo.
Secondo Davidson gli individui condividono una forma di razionalità
standard che li accomuna e permette loro di interagire in maniera
intersoggettiva. Egli ritiene che tutti gli esseri umani siano razionali perché
altrimenti non ci sarebbe il pensiero. Ci sono due tipi di razionalità: la
razionalità cognitiva che è quella che ci guida nelle attività di conoscenza, e la
razionalità pratica per cui decidiamo di fare qualcosa piuttosto che
qualcos’altro. Per Davidson possiamo definire razionale una creatura quando le
sue azioni sono manifestazioni di un ampio sfondo razionale che comprende
pensieri, intenzioni, desideri ed emozioni: Davidson comprende nello sfondo
razionale quello che Cartesio aveva espulso, cioè le emozioni.
Davidson ritiene che non sia da escludere la possibilità di creare una macchina
in grado di pensare nello stesso modo in cui pensa un essere umano; il punto
non è se il computer possa avere dei pensieri, ma che, per avere un solo
pensiero, una credenza o un desiderio, deve avere un enorme numero di altri
pensieri e desideri, e credenze e desideri possono esistere solo all’interno di un
ricco sistema concettuale che per il momento presentano solo gli esseri umani.
Il problema fondamentale dell'intelligenza artificiale è dato dalla mancanza di
leggi capaci di descrivere i singoli compiti di cui ogni computer è capace e di
collegare le diverse funzioni della macchina con il mondo esterno, con
l'ambiente naturale e con la realtà sociale composta dai diversi soggetti umani:
infatti ciò che è peculiare della razionalità umana è innanzitutto la sua capacità
di interagire con il mondo esterno; inoltre l’individuazione dei limiti
dell’intelligenza artificiale va posta in relazione alla distinzione tra sintassi e

semantica: un programma per computer è caratterizzato unicamente dalle sue


proprietà formali, ovvero sintattiche.

Dualismo di proprietà
Nel dualismo di Popper non ci sono due sostanze, ma ci sono delle funzioni che
interagiscono e che sono diverse. Queste funzioni che interagiscono tra di loro
sono tutte le parti che compongono l’io, ovvero la mente autocosciente (di cui
fa parte anche inconscio), l’attività del cervello ma anche la parte relativa alle
volontà, quindi alla libertà, e la parte emotiva: la concezione che ha Popper
dell'io dipende dalla declinazione di questi significati (“L’io e il suo cervello”).
Secondo Popper ognuno ha una forte percezione della propria identità: per
quanto però abbiamo come base una percezione incrollabile di unità, di questa
percezione non troviamo il corrispettivo nel nostro cervello. Secondo Popper è
questa la mente, è altro rispetto al cervello, ecco perché parla di dualismo. Il
dualismo inteso in questo modo però viola il primo principio della
termodinamica: la conservazione dell’energia. Per ovviare a questo problema
Charmens propone un dualismo naturalistico che consiste nell’affermare che
la mente è un fenomeno naturale, perciò la sua energia rientra nell’ambito della
natura.

Dualismo interazionista
Popper dice che il suo è un dualismo interazionista: vuol dire che queste due
funzioni interagiscono ed esercitano un’influenza reciproca. Questa interazione
avviene grazie al linguaggio: l’interazione tra stati fisici e stati mentali avviene
al centro del linguaggio che si trova all’interno del nostro cervello.
Popper dice che il mondo che ci circonda in realtà può essere categorizzato in
tre livelli:
• Mondo 1= mondo degli oggetti fisici e materiali
• Mondo 2= mondo degli stati mentali o psicologici che derivano
dall’evoluzione del cervello e del sistema nervoso
• Mondo 3= racchiude tutti i contenuti oggettivi di pensiero, ovvero le
creazioni dell’uomo che nascono da stati privati e soggettivi, ma che poi
acquisiscono un aspetto oggettivo.
Gli stati mentali, che appartengono al mondo 2, interagiscono con il cervello,
che appartiene al mondo 1, grazie al linguaggio, che appartiene al mondo 3.
L’io inteso come coscienza di sé, è possibile soltanto grazie all’aiuto del
linguaggio; ognuno ha preso coscienza del proprio io grazie all’immagine che
ci è stata rimandata dall’esterno. l’io ha una funzione di controllo rispetto a ciò
che è fisico e anche rispetto alla nostra fisicità.

Che cosa dice la scienza?


Le ricerche che sono state fatte sul cervello non hanno ancora portato ad una
risposta definitiva, che cosa sia la mente ancora la scienza non lo stabilisce.
Se noi adottiamo una prospettiva dualista, in genere arriviamo a concludere che
la mente, proprio per la sua soggettività irriducibile, non può essere indagata
scientificamente, viceversa, come diceva Dennett, chi non è dualista ritiene che
il compito della scienza sia quello di riuscire a dare una spiegazione oggettiva
della soggettività, dicendo che la mente non è altro che il cervello.
Per le neuroscienze, mente e coscienza sono l’effetto prodotto dalle connessioni
tra i neuroni.

Darwinismo neurale
Edelman pubblicò “Neural Darwinism” ovvero il darwinismo neurale che
rappresenta il suo impianto teorico per affrontare i problemi relativi alla mente.
Edelman afferma che la biologia rientra nel campo della ricerca quando vi
rientrano le altre scienze, ma essa non può dispensarci da un approccio
filosofico al problema del mentale: spesso infatti dietro posizioni di carattere
scientifico ci sono radici di tipo filosofico.
Edelman riconosce che gran parte delle problematiche relative al problema
corpo-mente dipendono da scelte che sono state fatte nel 1600 da Galileo e da
Cartesio: infatti con Galileo e poi con Cartesio, l’epoca moderna ha in qualche
modo rimosso la mente dalla natura, ed è durante il novecento che la fisiologia
e la psicologia hanno riportato la mente nella natura, e solo recentemente con
l’avvento delle neuroscienze il cervello e la mente sembrano essere state svelate
un po’ di più.
Edelman afferma che per essere scientifica la teoria deve assumersi il compito
di spiegare la relazione tra processi fisiologici e psicologici, e che quella da lui
proposta è nota come teoria della selezione dei gruppi neuronali e si fonda su
tre concetti chiave:
• Selezione nella fase di sviluppo= già nella fase prenatale nel feto avviene una
selezione di circuiti neuronali
• Selezione esperienziale= i circuiti selezionati si rinforzano con il ripetersi
delle esperienze, invece i circuiti che non vengono selezionati si
indeboliscono e vengono trascurati
• Rientro= c’è un continuo scambio di segnalazioni da una parte all’altra del
cervello: l’effetto finale di questo traffico rientrante è la scarica sincronizzata
di gruppi neuronali in particolari circuiti
Il numero di neuroni e di connessioni sinaptiche che essi stabiliscono indica
l’estrema complessità del cervello e lascia quindi presumere in maniera
ragionevole che esso dia origine a caratteristiche mentali come i pensieri.

Per quanto riguarda l'intelligenza artificiale Edelman sostiene che i computer


si limiteranno sempre ad essere degli artefatti e che la complessità del cervello è
irriproducibile nella sua totalità: si possono al massimo simulare artificialmente
delle parti del cervello. Oltretutto il cervello è unico e individuale mentre i
computer sono replicabili e gli mancano l'intenzionalità e la soggettività che
sono le caratteristiche fondamentali della coscienza. Le configurazioni di
risposta del sistema nervoso dipendono dalla storia individuale di ogni sistema.
Tra l'altro riconosce che non possiamo ricreare un'intelligenza artificiale al pari
del cervello perché non abbiamo gli strumenti adatti, quindi non è che la nega a
priori.

Damasio: contro il dualismo


Damasio è un medico e neurologo che ha pubblicato “L’errore di Cartesio”
(1994) e ritiene che infatti molti dei problemi che oggi affrontiamo per quanto
riguarda la mente siano derivati dall’errore di Cartesio.
Per comprendere la conoscenza dobbiamo abbandonare sia il dualismo mente-
corpo (l’errore di Cartesio) sia quello del cervello-corpo (l’errore delle
neuroscienze) perché secondo Damasio l’origine del nostro sentirci “io” si trova
nel midollo allungato.
Dopo aver assunto che tutti gli aspetti superiori della cosiddetta spiritualità,
ovvero l’intelligenza, la coscienza e la capacità di scelta, dipendono da un corpo
vivente, appare insensata la prospettiva di riuscire a ripetere queste prestazioni
in una materia (artificiale) che non sia quella modellata dall’evoluzione
biologica.
Il problema non è tanto quello che aveva indicato Edelman ma che per arrivare
alle attività che svolge un cervello umano bisogna avere un corpo umano.
Cartesio ha detto che la mente non è res extensa e questo ha avuto conseguenze
devastanti perché in questo modo le scienze naturali non si sono occupate della
mente e l’hanno estromessa dall’ambito di ricerca.
Partendo dalla medicina e dalla neurobiologia, il tentativo di Damasio è stato
quello di cercare di comprendere i meccanismi del cervello, delle mente e
dell’intelligenza (sia teoretica che pratica) dell’uomo.
Secondo Damasio la separazione netta dell’aspetto cognitivo dall’aspetto
emotivo non ha senso perché anche le emozioni influenzano l’uso della ragione:
infatti lui sostiene che dai suoi studi, risulta che i meccanismi cerebrali che sono
deputati al ragionamento e all’emozione sono contigui se non addirittura
mischiati fra loro. Infatti per esempio il processo che sta alla base delle nostre
decisioni è fortemente influenzato dagli aspetti emotivi.
Damasio è arrivato a queste conclusioni in seguito a due casi: 1) caso di Gage
(l’ha studiato ma non l’ha potuto seguire direttamente), 2) caso di Elliot
(paziente di Damasio).

—>Caso di Gage
A seguito di un incidente Gage, venne trafitto da una barra metallica lunga più
di un metro, che gli attraversò la scatola cranica, fuoriuscendo dalla sommità
della testa. Gage rimase a terra, stordito e muto ma sveglio. Egli sopravvisse
all’incidente, ma non era più lui. Prima dell’incidente era considerato dai suoi
capi il più e capace tra i dipendenti. Dopo l’incidente era bizzarro, insolente e
manifestava aspetti della personalità che erano completamente differenti
rispetto a quelli che manifestava prima dell’incidente.
>Cosa viene rilevato con questo caso?
È stato rilevato che nel cervello ci sono sistemi deputati al linguaggio, alla
percezione e alla funzione motoria, ma anche al ragionamento, e alla
dimensione personale e sociale del ragionamento.
Tramite una ricostruzione del cranio si è visto che la barra di ferro aveva
danneggiato entrambe le cortecce prefrontali e questo conferma che non c’è un
solo centro ma ci sono sistemi formati da diverse unità cerebrali interconnesse:
questo significa che la mente è il risultato dell’attività di componenti separate.
—> Caso di Elliot
Elliot dopo aver subito un intervento chirurgico volto all'asportazione di un
tumore sviluppato vicino al lobo frontale del cervello è diventato totalmente
incapace di prendere decisioni, e a ciò si accompagnava un’alterazione della
capacità di provare sentimenti. Inoltre Elliot prima dell’intervento era un buon
marito, un buon padre ma dopo la malattia è diventata una persona irascibile e
inaffidabile.

Per Damasio risulta impossibile immaginare un’intelligenza artificiale, cita tre


motivazioni: complessità del cervello, complessità dell’interazione dell’uomo
con l’ambiente, complessità intelligenza emotiva.
Damasio sostiene quello che sosteneva Popper 20 anni prima, ovvero che non
c’è un centro che si occupa di fornirci un’immagine unitaria, però c’è un’attività
concertata e lì sta la complessità.
La sua teoria biologica della mente sostiene la tesi fondamentale che corpo e
cervello formino un organismo indissolubile: pensare la mente come un
computer significa invece accettare la frattura cartesiana tra res cogitans e rex
extensa—> accusa quindi il funzionalismo di dualismo.
Insiste molto sul concetto cruciale della ragione sottolineando la differenza tra
razionalità pratica e teoretica.
Inoltre fa un riferimento importante al linguaggio come “sorgente dell’io” e
questo ci rimanda a Popper quando diceva che il centro del linguaggio è il
luogo dove avviene l’interazione tra mente e cervello.
Damasio ritiene che i processi cerebrali che determinano il linguaggio siano
riconducibili a tre gruppi di strutture interattive: il primo è costituito da una
collezione di sistemi neurali che rappresentano le interazioni non linguistiche

tra il corpo e l'ambiente, il secondo gruppo comprende un numero di sistemi


neurali localizzati nell'emisfero sinistro che rappresenta i fenomeni, le
combinazioni di fonemi e le regole sintattiche per la produzione di parola. Il
terzo gruppo ha il compito di mediare tra i primi due.
Dalle narrazioni verbali che esso può produrre, dall’abilità nell’usare le parole,
emerge la soggettività che ci caratterizza in quanto esseri umani.

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