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Psicobiologia

Che cos’è la psicobiologia?


 Il termine deriva dal greco psyché (anima), bios (vita) e logos (scienza) = scienza che studia
la vita dell’anima. In altri termini la psicobiologia è la branca delle neuroscienze che studia
le basi biologiche del comportamento.
Che cosa sono le neuroscienze?
 Il termine deriva dall’inglese “neurosciences”, neologismo coniato nel 1962 dal
neurofisiologo americano Francis O.Shmitt.
Cos’è il comportamento?
 È qualsiasi cosa che una persona dice o fa. Distinguiamo due tipi di comportamenti:
Comportamenti OVERT (manifesti) -> possono essere osservati, registrati da persone diverse
da chi emette il comportamento (es. battere le mani, gridare, sputare etc.);
Comportamenti COVERT (personali, interni)-> non direttamente osservabili (es. pensare,
provare emozioni)-
Tutti questi iniziano a partire da una risposta a stimoli interni o esterni.

Il Sistema Nervoso
Rappresenta l’unità morfo-funzionale, cioè l’unità sia anatomica che funzionale caratterizzata da
un tessuto biologico altamente specializzato nel trasmettere-ricevere, controllare-elaborare gli
stimoli interni ed esterni del corpo, per mezzo di segnali bioelettrici, permettendo in definitiva a un
organismo vivente di relazionarsi con il proprio ambiente.
Il sistema nervoso è alla base di tutte le nostre funzioni muscolari, sensoriali, psicologiche,
cognitive ed emotive.
[Tutto è movimento, tutte le nostre comunicazioni con l’esterno sono mediate dal movimento.
Tutti gli output che restituiamo all’esterno sono movimento.]
Il sistema nervoso si divide in sistema nervoso centrale e periferico:
- il sistema nervoso centrale (SNC) è la divisione del sistema nervoso situata all’interno della
scatola cranica e della colonna vertebrale;
- il sistema nervoso periferico (SNP) è la divisione del sistema nervoso situata al di fuori della
scatola cranica e della colonna vertebrale, comprende i nervi e i gangli spinali.
Le cellule del sistema nervoso
Vengono classificate in neuroni e cellule gliali.
Le cellule gliali vengono distinte in : Astrociti, classica forma stellata; microglia; oligodendrociti,
cellule di Schwann.
Il prototipo neurone è formato essenzialmente da tre parti:
un corpo cellulare, soma, centro metabolico del neurone. È presente il nucleo e tutti gli organuli e
organelli dispersi nel citoplasma ed è rivestito da una membrana con doppio strato fosfolipidico,
nota come membrana cellulare;
dal corpo cellulare si diramano le arborizzazioni dentritiche, brevi collegamenti attraverso i quali i
neuroni stabiliscono dei contatti sinaptici con altri neuroni;
il cono di emergenza rappresenta la zona di giunzione, di collegamento tra il corpo cellulare e
l’assone del neurone.
L’assone è un prolungamento del neurone standard e serve a far in modo che l’impulso nervoso si
propaghi nei terminali assonici/ bottoni terminali. Gli assoni del sistema nervoso centrale sono
ricoperti da una sostanza Mielina, formata dal 80% di lipidi e il 20% di proteine, e che serve ad
isolare elettricamente il neurone, fa in modo che l’impulso nervoso si propaghi più rapidamente.
Sia gli assoni che i bottoni terminali sono ricoperti da una membrana plasmatica allo stesso modo
della membrana cellulare che ricopre il corpo cellulare.
A livello dell’assone sono presenti alcune interruzioni note come “nodi di Ranvier”, in onore dello
scienziato. Il potenziale di azione non si propaga lungo tutto l’assone in modo continuo, ma
“saltella” da un nodo di ranvier a quello successivo. Questo movimento si chiama “conduzione
saltatoria del potenziale d’azione”.
Un neurone rilascia delle sostanze chimiche a seguito della stimolazione elettrica che poi vanno ad
agire sul neurone post-sinaptico. La sinapsi è lo spazio compreso tra due neuroni adiacenti
attraverso i quali comunicano, si parte da una segnalazione elettrica, in genere il potenziale
d’azione ha orignine nel cono di emergenza, si propaga lungo l’assone, raggiunge i bottoni
terminali, favorendo il rilascio di alcune molecole note come “neurotrasmettitori” che a loro volta
si vanno a legare al neurone post-sinaptico e causano un nuovo potenziale d’azione che si
trasmette lungo un altro neurone e via dicendo.
Corpo cellulare-assone-sinapsi.

La storia delle neuroscienze


La parola neuroscienze è di recente origine. Lo studio del cervello, Tuttavia, antico quanto la
scienza stessa. Storicamente, Gli scienziati che si sono dedicati alla comprensione del sistema
nervoso provenivano da diverse discipline: biologia, psicologia, fisica, chimica, matematica. la
rivoluzione delle neuroscienze avvenne quando questi scienziati si resero conto che il modo
migliore per tentare di capire come lavorava il cervello derivava da un approccio interdisciplinare,
una combinazione di metodiche tradizionali per ottenere una nuova sintesi, una nuova
prospettiva. Oggi le persone coinvolte in un’indagine scientifica sul sistema nervoso considerano
se stessi neuroscienziati. Inizieremo l'avventura con un breve viaggio attraverso le neuroscienze.
Che cosa hanno pensato gli scienziati del cervello nelle varie epoche? Chi sono i neuroscienziati
oggi, e in che modo si avvicinano allo studio del cervello?
La preistoria
È noto come il sistema nervoso - il cervello, il midollo spinale, i nervi del corpo - riveste
un'importanza cruciale per la vita e ci permette di sentire, muoverci, pensare. Come si è arrivati a
questa considerazione? Alcune testimonianze suggeriscono che persino i nostri antenati preistorici
si resero conto che il cervello è cruciale per la vita. I documenti archeologici abbondano di
testimonianze di teschi di ominidi, risalenti a un milione di anni fa, recanti segni di lesioni craniche
fatali, presumibilmente inflitte da altri ominidi. La cosa molto interessante è che gli scienziati e
soprattutto gli antropologi si sono resi conto che questi crani non solo presentano delle ferite con
l'intento di uccidere, ma anche dei fori praticati nel cranio con lo scopo di curare le persone. Infatti
Il cranio mostra segni di guarigione dopo l'operazione, a indicare che la procedura veniva eseguita
sui soggetti vivi e non si trattava di un vero rituale condotto dopo la morte. Questo procedimento
prende il nome di trapanazione. Lo scopo esatto di questa operazione non è chiaro, forse si
praticava per liberare un demone che si pensava fosse presente all'interno del corpo della
persona, o più semplicemente per alleviare un mal di testa. Infatti scritti dei medici dell'Antico
Egitto, dati almeno 5000 anni fa, sono indicativi di come essi (i medici del tempo) già fossero bene
a conoscenza di molti sintomi di un danno cerebrale.
In ogni modo è anche bene accertato che gli Egizi erano convinti che la sede dell'anima e della
memoria (ma più in generale del mente, delle nostre funzioni cognitive ed emotive), fosse il cuore
e non il cervello. Per questo motivo tutti gli egizi che, dopo la morte venivano sottoposti al
processo di mummificazione (soprattutto i faraoni appartenenti ai più alti ranghi sociali),
preservavano attentamente mentre il resto del corpo per la vita dopo la morte, ad eccezione del
cervello che, in quanto considerato inutile veniva svuotato attraverso le narici, ed era poi gettato
via! L'unico organo che restava all’interno del corpo era il cuore, perché gli Egizi credevano che
nell’aldilà l’anima dovesse passare diverse prove prima di poter arrivare nell’aldilà. In particolare,
l’ultima prova consisteva nella psicostasia, ossia nella pesatura del cuore: c’era questa bilancia a
due braccia dove da una parte veniva posto il cuore, mentre sull’altro era inserita una piuma; se il
cuore pesava più di una piuma allora la persona non era degna di accedere all’oltretomba e il suo
cuore veniva sbranato. In realtà non tutti gli Egizi ignoravano l’importanza del sistema nervoso, e
del cervello in particolare. Infatti Edwin Smith, un egittologo che ha collezionato vari reperti, aveva
la copia di un papiro del 1700 a.C. che risale al 3500 a.C., che ha conservato addirittura fino alla
sua morte. Successivamente la figlia ha donato la sua copia pur riconoscendone l'importanza.
Questo papiro costituisce la prima testimonianza in cui vengono descritti 48 casi clinici di malattie
del sistema nervoso (come ad esempio i traumi cranici), quali erano le complicazioni, i sintomi,
nonché indicazioni terapeutiche. In questo estratto del papiro è riportato un caso di afasia.

[Si parla di afasia se è presente una difficoltà nel linguaggio, sia di comunicazione che di
riproduzione. Quando invece la difficoltà riguarda il linguaggio scritto, si parla di dislessia.] Quindi,
avevano anche localizzato la sede della lesione cerebrale che aveva causato questo disturbo al
livello della produzione linguistica.

La concezione del cervello nell’antica Grecia


Passiamo adesso all'Antica Grecia, cosa
ne pensavano gli antichi Greci del
sistema nervoso, del cervello? Il nostro
libro di testo si apre con questo
estratto dell'opera di Ippocrate “Sul
mare sacro”. Queste sono tutte cose
che adesso diamo per scontato, ma
dobbiamo pensare che stiamo parlando del 460 a.C. e che Ippocrate (allora conosciuto come il
padre della medicina) aveva già localizzato a livello del nostro cervello anche il gusto, la paura, la
follia, il panico. Quindi il cervello rappresenta l'organo della percezione ed è anche la sede
dell'intelligenza.
Comunque, questa visione non fu accettata la tutti. Il filosofo greco Aristotele aderì alla credenza
che fosse il cuore il centro dell'intelletto. Quale funzione riservava Aristotele al cervello? egli
proposte chiesto servisse per il raffreddamento del sangue surriscaldato dal cuore in ebollizione. Il
temperamento razionale proprio degli uomini, quindi, veniva spiegato mediante la grande capacità
di refrigerazione del cervello. Infatti, ci sono ancora delle espressioni di derivazione aristotelica
che utilizziamo del linguaggio comune: “essere di buon cuore” oppure “dal cuore duro”, cioè una
persona che tende a non esprimere le proprie emozioni; in più in inglese esiste l’espressione
“learning by heart”, che letteralmente vuol dire apprendere con il cuore, però gli Inglesi la
intendono come imparare a memoria. Quindi il cuore è sede dell’intelletto ma anche sede della
memoria.
Passiamo alla Bibbia: né nel Vecchio Testamento né nel Nuovo si fa esplicitamente riferimento al
cervello. Il cuore invece, come tanti altri organi, viene citati spesso, ed è inteso come la sede della
passione; il fegato come la sede del coraggio (tutt’ora si dice: “quella persona ha del fegato” per
dire coraggioso), e lo stomaco e le viscere invece come sede della pietà. Quindi all’interno della
Bibbia non è presente alcun riferimento al nostro cervello.
Arriviamo ad Erofilo, che nel 350 a.C. viene riconosciuto come il padre della neuroanatomia,
perché ha identificato i nervi spinali, ha capito che il cervello comunicava con il resto del corpo e
che il corpo comunicava con il cervello attraverso i nervi spinali; notò pure che ogni regione del
corpo è collegata da diversi gruppi di nervi e non ad un singolo nervo, salvo alcune eccezioni.
La concezione del cervello durante l’Impero Romano
La figura più importante all'interno della medicina Romana fu il medico e scrittore greco Galeno, il
quale abbracciò la concezione ippocratica della funzione del cervello. In quanto medico dei
Gladiatori, egli dovette essere testimone delle sfortunate conseguenze di lesioni spinali e cerebrali.
In ogni caso, le opinioni di Galeno sul cervello
furono probabilmente influenzate più che altro
dalle sue accurate ispezioni di animali. La figura
è uno schizzo che rappresenta l’encefalo di una
pecora, uno dei soggetti prediletti da Galeno.
Sono evidenti due porzioni di dimensioni
maggiori: il cervello anteriormente e il cervelletto posteriormente. Proprio come noi saremo
capaci di comprendere la funzione delle mani e piedi a partire dalla loro costituzione, Galeno cercò
di dedurre la funzione di encefalo e cervelletto dalla loro struttura. In che modo? Conficcando un
dito in un cervello dissezionato di recente: si rileva come il cervelletto abbia una consistenza
piuttosto solida, mentre l'encefalo è più tenero. Data questa osservazione, Galeno suggerì che
l'encefalo dovesse essere il recipiente delle sensazioni e che il cervelletto dovesse comandare i
muscoli. Perché propose questa distinzione? Egli si rese conto che, per costituire la memoria, le
sensazioni devono essere state impresse nel cervello. Naturalmente questo doveva avvenire nella
porzione morbida del cervello, ossia l'encefalo. Dunque, per quanto improbabili come
ragionamento, le deduzioni di Galeno non erano lontane dall'essere verosimili. L'encefalo, Infatti,
si occupa principalmente della sensazione e della percezione, mentre il cervelletto è
primariamente il centro di controllo del movimento. Inoltre, l'encefalo è il magazzino della
memoria. Questo non è l'unico esempio nella storia delle neuroscienze in cui conclusioni esatte in
linea di principio sono state raggiunte attraverso presupposti sbagliati.
Un'altra cosa che fece Galeno fu quella di scoprire i
ventricoli cerebrali: sezionando questi cervelli si rese
conto che il cervello all'interno presenta alcune cavità e
queste cavità prendono il nome di ventricoli. Inoltre
scoprì che queste cavità erano piene di un liquido. Per
dare una spiegazione a tutto questo riprese una teoria
che era stata proposta da Ippocrate: la Teoria Umorale
(che, storicamente parlando, rappresenta la prima teoria
dei tratti di personalità, nonché delle patologie di
personalità). Al centro ci sono i quattro elementi : Aria,
Terra, Fuoco e Acqua. I quattro liquidi erano: il flegma, il
sangue, la bile gialla e la bile nera. La bile nera che
corrisponde alla terra ed è contenuta nella milza, presenta due caratteristiche cioè fredda e secca.
Il sangue è contenuto nel cuore, corrisponde all'aria ed è umido e caldo. Infine abbiamo il flegma
che corrisponde all’acqua, è contenuto all'interno della testa e che appunto ha due caratteristiche:
è umido ed è freddo. In base a questa teoria umorale possiamo distinguere quattro diversi
temperamenti: temperamento sanguigno, collerico, malinconico e flemmatico. A seconda della
proporzione di questi liquidi vi è la prevalenza di un temperamento piuttosto che dell’altro. Quindi
in questo senso Galeno ha descritto proprio le caratteristiche legate ad ognuno di questi
temperamenti. Questa idea di Galeno che faceva convergere le funzioni cerebrali nei ventricoli è
prevalsa per almeno 1500 anni.
Un'altra cosa importante è che Galeno pensava che i nervi fossero cavi all'interno e che il liquido
raggiungeva il cervello proprio attraverso i nervi: le sensazioni venivano registrate e i movimenti
avviati a partire dallo spostamento degli umori da o verso i ventricoli del cervello attraverso i nervi,
che si riteneva fossero tubi vuoti, come i vasi sanguigni.

La concezione del cervello dal Rinascimento al XIX secolo


Leonardo Da Vinci ha ''semplicemente'' caratterizzato meglio i ventricoli cerebrali attraverso delle
illustrazioni. Inizialmente lo ha fatto basandosi sull'osservazione. In un secondo momento ha preso
della cera fusa, ha riempito in questo modo il cervello di alcuni bovini, rimuovendo infine il
cervello. In questo modo è riuscito ad ottenere un calco dei ventricoli cerebrali e servendosi di
quest’ultimo ha poi disegnato dettagliatamente i ventricoli cerebrali.
Un maggior numero di dettagli venne aggiunto alla struttura del cervello dal grande
neuroanatomista Andrea Vesalio durante il Rinascimento. Tuttavia, la teoria sulla funzione
ventricolare del cervello rimase essenzialmente inalterata.
L’artista Michelangelo riteneva che il cervello fosse il più grande dono di Dio (deduzioni queste
che sono state fatte a partire dal 1990).
E’ come se Dio fosse contenuto all'interno del cervello,
del quale sono rappresentate la maggior parte delle
strutture cerebrali: il lobo frontale, il cranio, il
cervelletto e così via. C'è chi ha interpretato questa
raffigurazione come Dio che dona l'intelletto ad Adamo.
[Si è arrivati a questa conclusione grazie al contributo di
un ricercatore, Frank Lynn Meshberger, che nel 1990 ha
sovrapposto le immagini del dipinto di Leonardo con
quello del cervello e ha trovato questi diversi punti di contatto.]
Comunque, il concetto della teoria ventricolare di Galeno venne rafforzato all'inizio del XVII
secolo, quando degli Inventori francesi iniziarono a sviluppare congegni meccanici controllati
idraulicamente. Questi congegni avvalorarono la nozione che il cervello fosse simile a una
macchina nelle sue funzioni: sembrava possibile che i fluidi spinti dai ventricoli attraverso i nervi
fossero letteralmente pompati, inducendo il movimento degli arti. Dopotutto, i muscoli non si
gonfiano quando vengono contratti?
Uno dei principali sostenitori di questa teoria fluido-meccanica per spiegare la funzione del
cervello fu il filosofo e matematico francese Cartesio. [Con Cartesio parliamo di dualismo: Noi
siamo res cogitans e Res Extensa. La res cogitans (la mente, ossia pura coscienza) è priva di
estensione e non può essere suddivisa; la res extensa è estesa nello spazio, e la nostra estensione
materiale è proprio rappresentata dal corpo.] Comunque, mentre gli credeva che questa teoria
potesse offrire una spiegazione del cervello e del comportamento animale, non poteva neppure
supporre che rendesse conto di tutto l'insieme dei comportamenti umani. Egli riteneva che,
diversamente dagli altri animali, gli uomini possono essere un intelletto e un'anima donati da Dio.
Pertanto, Cartesio propose che i meccanismi del cervello controllassero sono le componenti del
comportamento umano che più assomigliavano a quelle degli animali. Le capacità mentali
unicamente umane esistevano all'esterno del cervello, nella “mente”. Cartesio era convinto che la
mente fosse un'entità spirituale che riceveva sensazioni e comandava i movimenti mediante la
comunicazione con la macchina-cervello attraverso la ghiandola pineale, oggi conosciuta come
epifisi. Ancora ai giorni nostri c'è chi ritiene che esista un dilemma mente-cervello e che, in un
modo o nell'altro, la mente umana sia qualcosa di distinto dal cervello. Diversamente, la moderna
ricerca neuroscientifica avvalora un'altra conclusione: la mente gode di una base fisica, che è il
cervello.
Per fortuna, durante il XVII e XVIII secolo altri scienziati si discostano dalla visione di Galeno che
faceva convergere le funzioni cerebrali sui ventricoli e iniziarono a esaminare la sostanza cerebrale
più da vicino. Essi osservarono, per esempio, che il tessuto cerebrale era suddiviso in due parti: la
sostanza grigia e la sostanza bianca.
Per sostanza o materia grigia
s'intende l'insieme dei corpi dei
neuroni presenti nel SNC. La
definizione di "grigia" deriva in
realtà dal voler forzatamente
differenziare questa parte del
tessuto nervoso dalla
controparte bianca. In anatomia
la sostanza bianca è data dagli
assoni dei neuroni, riuniti in
fasci, (sia ascendenti che
discendenti) che uniscono l'encefalo e il midollo spinale. I fasci appaiono bianchi a causa del
rivestimento dato dalla mielina.
Inoltre un progresso importante in neuroanatomia è stata l'osservazione che, per qualsiasi
individuo, poteva essere identificata la stessa retribuzione generale di protuberanze(detti giri) e
avvallamenti (detti solchi e fessure) sulla superficie del cervello. [Fondamentalmente giri e fessure
servono per economizzare gli spazi, fare in modo che sia presente un più ampio numero di neuroni
e cellule gliali in uno spazio ristretto.] Questa distribuzione, che introduceva una ripartizione del
cervello in lobi, era la base per l'ipotesi secondo cui differenti funzioni potevano essere localizzate
su diverse prominenze del cervello. Il campo era ora spianato per l'era della localizzazione
cerebrale.
 Curiosità: di che colore è il cervello umano?
Quando è vivo, il cervello è molto vascolarizzato: è dotato di sangue ossigenato che gli fa assumere
un colore rossastro, roseo. Chiaramente però il sangue non prende diretto contatto con il cervello
perchè i due ambienti sono incompatibili. Non a caso quando si ha ad esempio un ictus
emorragico, oppure la rottura di un trombo, si causano dei danni irreparabili nel nostro cervello.
Tutto questo per dire che da vivo non appare grigio, poi invece quando non è più vivo e viene
estratto appare nei suoi classici colori, ovvero grigia la parte più esterna e bianca quella più
interna, che è mielinizzata.

La concezione del cervello nel diciannovesimo secolo


Forniamo qui un riassunto dello stato di conoscenze del sistema nervoso alla fine del XIX secolo:

- Lesioni al cervello possono sovvertire le sensazioni, i movimenti e il pensiero e causare la morte;


- Il cervello comunica con il corpo attraverso i nervi;
- Il cervello è costituito da diverse parti ben identificabili che, probabilmente, presiedono a funzioni
differenti;
- Il cervello opera come una macchina e segue le leggi della natura.

Di seguito analizzeremo quattro concetti chiave maturati durante il XIX secolo.

1) I nervi come fili


Nel 1751 Benjamin Franklin pubblicò un trattato intitolato “Experiments and Observations on
Electricity”, che annunciava un nuovo fenomeno elettrico sino ad allora incompreso. Sul volgere
del secolo, lo scienziato italiano Luigi Galvani e il biologo tedesco Emilio Du Bois-Reymond
dimostrarono che i muscoli possono essere indotti a contrarsi in modo involontario quando i nervi
vengono stimolati elettricamente, è che il cervello stesso è capace di generare elettricità. Questa
scoperta rimpiazzò finalmente la concezione che i nervi comunicassero con il corpo mediante il
movimento dei fluidi. Il nuovo concetto era che i nervi fossero “fili” che conducevano segnali
elettrici al e dal cervello. [curiosità: Galvani arrivò a questa conclusione conducendo degli
esperimenti sulle rane. Suo nipote, Giovanni Aldini, usa le stesse tecniche non solo per gli animali
ma anche per gli esseri umani: egli organizzava degli “spettacolini” e Mary Shelley, che in quel
periodo si trovava a Londra, assistette a questi spettacoli/dimostrazioni scientifiche, dai quali prese
spunto per scrivere Frankenstein.]
Un aspetto anatomico curioso è che esattamente subito prima che i nervi entrino nel midollo
spinale, le fibre si dividono in due branche o radici. La radice dorsale entra attraverso la porzione
posteriore del midollo spinale, mentre la radice ventrale entra da quella anteriore. Il fisico
scozzese Charles Bell testò la possibilità che le due radici spinali portassero informazioni differenti
tagliando ogni radice separatamente e osservando le conseguenze negli animali di laboratorio. Egli
trovò che solo la recisione delle radici ventrali causava una paralisi muscolare. Successivamente
François Magendie (un fisiologo francese) fu in grado di dimostrare che le radici dorsali veicolano
informazioni sensitive al midollo spinale. Bell e Magendie conclusero che, all'interno di ogni nervo,
esisteva una mescolanza di molti fili, alcuni dei quali conducevano informazioni al cervello e al
midollo spinale (fibre sensitive), mentre altri inviavano informazioni verso i muscoli (fibre
motorie). In ogni fibra nervosa sensitiva e motoria la trasmissione è rigidamente unidirezionale. I
due tipi di fibre sono riuniti insieme in un fascio per la maggior parte della loro lunghezza, ma si
separano anatomicamente quando entrano o escono dal midollo spinale.
2) La localizzazione di funzioni specifiche
Se funzioni differenti sono localizzate entro radici spinali diverse, allora forse è anche vero che
differenti funzioni sono localizzate in differenti regioni del cervello. Nel 1811 Bell propose che
l'origine delle fibre motorie fosse il cervelletto e la destinazione delle fibre sensitive fosse il
cervello. Come si potrebbe verificare questa ipotesi? Un modo potrebbe essere di usare lo stesso
approccio che Bell e Magendie avevano impiegato per identificare le funzioni del midollo spinale:
distruggere queste regioni del cervello e testare i deficit sensitivi e motori. Questo approccio, che
richiedeva la sistematica distruzione delle regioni del cervello per determinarne la funzione, è
detto metodo di ablazione sperimentale. Nel 1823 lo stimato fisiologo francese Marie-Jean-Pierre
Flourens applicò questo metodo su una grande varietà di animali, in particolare uccelli, per
dimostrare che il cervelletto era davvero coinvolto nella coordinazione del movimento. Egli giunse
anche alla conclusione che il cervello fosse coinvolto nella sensazione nella percezione, come Belle
e Galeno avevano suggerito prima di lui.
E che dire a proposito di tutte quelle protuberanze sulla superficie del cervello? Anch’esse
presiedevano a funzioni differenti? Questa idea affascinò un giovane studente di medicina
austriaco, Franz Joseph Gall. Convinto che le protuberanze sulla superficie del cranio riflettessero
rigonfiamenti sulla superficie del cervello, nel 1809 Gall propose che la propensione per certi tratti
della personalità (come la generosità, la riservatezza e la mania distruttiva) potesse essere
correlata alle dimensioni della testa.
Per avvalorare questa ipotesi Gall e i suoi seguaci raccolsero e
misurarono con precisione i crani di centinaia di persone
rappresentative dell’esteso corollario dei tipi di personalità
esistenti, che andava da quello di grande talento a quello di
pazzo e criminale. Questa nuova “scienza”, che mette in
relazione la struttura della testa con i tratti di personalità,
venne chiamata frenologia. Uno degli accaniti critici della
frenologia fu Flourens, e i suoi motivi di critica erano solidi:
- La forma del cranio non è in relazione con la forma del
cervello;
- Flourens dimostrò, tramite selettive ablazioni sperimentali,
come particolari tratti della personalità non fossero limitati
alle porzioni del cervello indicate dalla frenologia;
- Flourens sostenne anche che tutte le regioni del cervello
Partecipavano equamente a tutte le funzioni cerebrali
(conclusione che più tardi si dimostrò errata).
La questione fu risolta da Paul Broca, un neurologo francese al quale venne presentato un
paziente che era in grado di comprendere il linguaggio ma non riusciva a parlare. Dopo la morte
dell'uomo, nel 1871, Broca esaminò attentamente il suo cervello e trovò una lesione nel lobo
frontale sinistro. Basandosi su questo caso e su diversi altri casi simili a questo, Broca concluse che
questa regione del cervello umano fosse specificamente responsabile della produzione del
linguaggio parlato. Rapidamente seguiranno degli esperimenti eseguiti su animali che offrirono un
solido supporto sperimentale alla localizzazione cerebrale:
- il neurologo scozzese David Ferrier ripetè questi esperimenti sulle scimmie e nel 1881,
dimostrò che è la rimozione della stessa regione del cervello causava la paralisi dei muscoli;
- il fisiologo tedesco Hermann Munk, utilizzando l'ablazione sperimentale, provò che il lobo
occipitale del cervello era specificamente necessario per la visione.
In conclusione, oggi sappiamo che nel cervello esiste una suddivisione dei compiti molto chiara, per
cui aree differenti presiedono a funzioni differenti. La grande differenza con la frenologia consiste
nel fatto che, diversamente dai frenologi, gli scienziati odierni necessitano di una solida evidenza
sperimentale prima di attribuire una funzione specifica a una porzione del cervello. Comunque
sembra che Gall abbia avuto, almeno in parte, la giusta intuizione.
 Curiosità: Cesare Lombroso, il padre della criminologia era d’accordo con la l’assunto
secondo il quale le caratteristiche morfologiche di una determinata persona potevano
determinare le sue qualità psichiche. Per questo motivo si concentrava in modo particolare
sullo studio del cervello criminale e sulle malattie mentali.

Approfondimento: l’AFASIA
Nel suo studio, Broca inizia ad ipotizzare come funzioni diverse del cervello potevano essere
localizzate in parti specifiche del cervello. A proposito di questo ha parlato di quella che oggi è
nota come afasia di Broca.
Una persona affetta di afasia di Broca è in grado di comprendere a pieno il linguaggio però ha
difficoltà a produrre il linguaggio.
Successivamente un altro studioso ovvero Wernicke (studiando pazienti con lesioni cerebrali) si
rende conto che una lesione in quest’altra area (immagine di seguito) causava deficit nella
comprensione del linguaggio, quindi l’esatto contrario con quello che succedeva con una lesione
nell’area di Broca.

In questo caso le persone erano in grado di produrre il linguaggio ma avevano un deficit nella
comprensione linguistica (non capiscono quello che viene detto e danno risposte a caso).
Tuttavia, ci si rese conto che queste aree sono connesse tra di loro tramite un fascio di fibre, il
fascicolo arquato. Da ciò si deduce che è molto importante andare a caratterizzare non solo le
singole aree, ma anche le connessioni esistenti tra queste aree, proprio perché, ad esempio, in
questo caso si parla di afasia quasi completa nel senso che va ad inficiare sia le capacità di
produzione che di comprensione linguistica.
Il paziente non riuscendo a comprendere ciò che gli viene detto tende a ripetere.
Differenze tra quadro afasico e DSA: ciò che distingue un quadro afasico da un disturbo specifico
dell’apprendimento (dsa) è che in quest'ultimo si parla di deficit di sviluppo, nel caso dell’afasia,
invece, deve essere successo un qualcosa che ha scatenato successivamente i problemi di
comprensione e/o produzione linguistica (una lesione cerebrale che capita in modo accidentale,
un ictus cerebrale, la presenza di un tumore cerebrale. La maggior parte dei casi sono dati da
ictus). Ai tempi odierni è rarissimo trovare casi di afasia pura, nel senso che poi si accompagna
anche ad altri deficit, così come è raro trovare esclusivamente lesioni all’area di Broca e di
Wernicke e quindi di conseguenza si va a complicare il quadro clinico.
COSA FANNO GLI PSICOLOGI CON I SOGGETTI AFASICI?
I pazienti possono essere a conoscenza o meno di essere affetti di afasia. Quindi, l’intervento non
si struttura solo da un punto di vista puramente neuropsicologico, ma anche su un piano emotivo,
più prettamente psicologico, che implica il sostegno familiare e via dicendo. Per quanto riguarda
l’intervento neuropsicologico, il neuropsicologo è chiamato a valutare, quantificare il deficit e
fornire indicazioni a chi si occuperà di riabilitazione linguistica (nel 90% dei casi sarà un logpedista
ad occuparsene.

PLASTICITÀ CEREBRALE
Un concetto molto importante è quello di plasticità cerebrale, infatti il nostro cervello è in grado di
riorganizzarsi. Ad esempio, i meccanismi di apprendimento e memoria sono basati sulla
formazione di nuove sinapsi. Inoltre, quando perdiamo il funzionamento di una specifica area
cerebrale il nostro cervello è in grado di compensare in parte questa perdita. E’ proprio per questo
motivo che il cervello viene considerato plastico, nel senso che non varia il numero di neuroni (che
non vanno incontro ad una divisione cellulare nel cervello adulto, tranne in alcuni rari casi, in cui ci
sono delle aree in cui si vanno a formare dei nuovi neuroni), quello che cambia sono le
connessioni tra i neuroni. Si ha un passaggio quindi dal Locazionismo al Connettivismo.
Nell’ambito della Neuroanatomia, negli anni 60-70 venne condotto un esperimento: se dovessimo
tagliare una falange del dito ad uno scimpanzé, a livello della rappresentazione cerebrale di quella
specifica parte del corpo, avverrebbe il fenomeno dell’arto fantasma, però da un punto di vista
strutturale/ funzionale alcune aree del cervello deputate a svolgere altre funzioni tendono ad
assumere quella funzione oramai mancante, per cercare di compensare quel “vuoto”. Ecco perchè
si parla di plasticità cerebrale.
Giornata Nazionale di Afasia 2017
https://youtu.be/4O5s3zwZF2Y (da vedere, molto interessante!)
AFASIA FLUENTE E NON FLUENTE

 Gli afasici fluenti hanno un eloquio relativamente produttivo, riescono infatti a generare una ventina di
parole al minuto con frasi composte da 5-6 elementi; dispongono inoltre di una prosodia e di
un'intonazione della frase relativamente normali. Generalmente non sembrano rendersi conto dei
propri deficit. Il loro linguaggio è caratterizzato dalla presenza contemporanea di parole appropriate e
di parole prive di nesso; le frasi, spesso lunghe, non seguono le regole della sintassi e sono rese
imprecise dall'utilizzo frequente di perifrasi; tuttavia, nei casi più gravi, l'afasico fluente riesce a
produrre soltanto parole senza senso, generando un linguaggio completamente vuoto. Le afasie fluenti
sono causate da lesioni parietali temporali dell'emisfero sinistro. L’afasia di Wernicke è fluente.
 Gli afasici non-fluenti sono caratterizzati da una scarsa produzione verbale spontanea, riescono a
produrre soltanto parole isolate o frasi molto brevi composte da 2-3 elementi, riducendo l'espressione
in alcuni casi a una stereotipia o a una formula verbale; hanno inoltre una prosodia ed un'intonazione
della frase fortemente rallentate e anormali. Utilizzano strutture sintattiche molto semplici: impiegano
pochi verbi, a volte neanche coniugati, ed usano uno stile telegrafico, cioè non utilizzano particelle
come articoli, preposizioni e pronomi. Spesso, accorgendosi delle difficoltà nella comunicazione, i
pazienti si scoraggiano e rinunciano all'eloquio o compensano le necessità con il linguaggio non
verbale. Le afasie non fluenti sono causate da lesioni frontali dell'emisfero sinistro. L’afasia di Broca è
non-fluente.

Grado di consapevolezza dell’afasia


Il grado di consapevolezza sia in Broca che in Wernicke può non essere presente.
Esempio: nel 2010 fu invitata al festival di Sanremo la prima vincitrice, Nilla Pizzi, che a causa di un precedente
ictus aveva sviluppato un quadro di afasia, ed è palese il fatto che lei non sia consapevole di questo deficit:
infatti, come mostra il seguente video, la donna non mostra segni di disagio di fronte ad un pubblico così vasto
e ad un palco così importante, iniziando discorsi e interrompendo quelli delle altre persone con un certo
grado di naturalezza.
https://www.youtube.com/watch?v=RzjwQV_y-1c [È rarissimo trovare delle forme pure di afasia soprattutto
nella pratica clinica, pertanto in questo video è presente prevalentemente un quadro di Afasia di BROCA, ma
con qualche problema anche di comprensione.]

RIABILITAZIONE E CONSAPEVOLEZZA
La mancanza di consapevolezza della malattia comporta una mancata comprensione del perché si stia facendo
una riabilitazione, perciò a volte si deve lavorare anche sulla consapevolezza.
A tal proposito, il logopedista deve avere delle conoscenze psicologiche, così come il neuropsicologo deve
avere delle conoscenze logopediche, poiché ,occupandosi appunto della valutazione del linguaggio, va ad
indicare quali specifiche componenti linguistiche sono compromesse e quali preservate, per impostare il piano
terapeutico che poi seguirà il logopedista. Perciò si può notare come si abbraccia bene il concetto di
interazione di equipe nella riabilitazione neuropsicologica.

MEMORIA E AFASIA
La memoria dipende sempre dal tipo di afasia e se la lesione ha riguardato o meno anche i magazzini di
memoria.
PATTERN E AREE CEREBRALI
In Nilla Pizzi il canto e le capacità di lettura erano rimasti intatti, e la donna è riuscita addirittura a rispettare i
tempi della canzone con un’intonazione perfetta. Questo dimostra come le facoltà di lettura possono essere
preservate in un quadro di afasia, ma non è necessariamente così, poichè ci sono delle afasie che vanno ad
intaccare sia le capacità di produzione sia quelle di scrittura.
Il fatto che queste capacità si sono preservate nella cantante dimostra che esistono pattern, reti di neuroni,
quindi più aree che controllano la stessa funzione (es. aree primarie, aree associative che mettono insieme
diversi tipi di informazioni), ma fondamentalmente il pattern del canto è diverso rispetto a quello della
produzione del linguaggio parlato.

-L'Alzheimer colpisce soprattutto la memoria. Osserviamo il video di questa ex ballerina affetta di Alzheimer:
https://www.youtube.com/watch?v=ME3ideMOJws
Si può vedere come la Signora riesca ancora a ricordare la coreografia di una danza che ballava da giovane.
All'inizio è emersa la paura di non riuscire a ricordare la sequenza dei movimenti poi in realtà muovendo solo
le braccia è riuscita a ricordare perfettamente tutto. Come mai? Questo ci fa supporre che tipi di memorie
diverse sono collocate in strutture o regioni o aree del cervello diverse. La memoria motoria è maggiormente
controllata da una determinata parte del cervello rispetto alla memoria episodica relativa al richiamo di
episodi di vita.

Domande e risposte tra docente ed alunni:


• La memoria procedurale non è intaccata nell'Alzheimer? In realtà è intaccata ma nelle fasi terminali
della patologia.
• L'afasia è stata riscontrata anche negli animali o solo negli umani? E' difficile rispondere perché il
linguaggio è presente solo negli esseri umani come codice comunicativo, quindi è difficile da caratterizzare a
livello degli animali.
• La ballerina prima di ascoltare il brano sarebbe stata in grado di ricordarlo da solo, oppure è qualcosa
che si è sbloccato nella sua testa grazie all'ascolto? Possono succedere entrambe le cose. Bisogna tenere in
considerazione che nell'Alzheimer ci sono i momenti di lucidità, ma in questo caso il ricordo è stato guidato
dall'ascolto del brano.
Nell'Alzheimer tende a sparire prima la memoria a breve termine, poi non riescono a formare nuovi ricordi e
restano intatti i ricordi precedenti, successivamente intaccherà anche quest'ultima, poi la memoria
procedurale quella motoria e via dicendo...

3) L’evoluzione del sistema nervoso


Nel 1859, il biologo inglese Charles Darwin pubblicò “On the origins of species”. In quest'opera fondamentale
egli articolò la teoria dell'evoluzione, secondo cui le specie dei vari organismi si sono evolute da un antenato
comune. Secondo la sua teoria, le differenze tra le specie nascono da un processo che Darwin denominò
selezione naturale. Per cui se alcuni tratti rappresentano un vantaggio per la sopravvivenza, sarà più probabile
che la prole riesca a sopravvivere e a riprodursi, aumentando così la probabilità che i tratti vantaggiosi
vengano trasmessi alla generazione successiva. Nel corso di molte generazioni, questo processo ha condotto
allo sviluppo delle caratteristiche che distinguono le specie attuali: le pinne delle foche, le zampe dei cani, le
mani dei procioni e così via. Darwin incluse anche il comportamento tra le caratteristiche ereditabili
suscettibili di evoluzione. Per esempio egli notò che molte specie di mammiferi mostrano la stessa reazione
quando sono spaventate: le papille si dilatano, il battito cardiaco accelera, i peli si rizzano. Questo accade
tanto per gli uomini quanto per i cani. Dal momento che il comportamento riflette le attività del sistema
nervoso, possiamo inferire che i meccanismi cerebrali che sono alla base di questa reazione di paura appaiono
simili, se non identici, in tutte le specie. L'ipotesi che il sistema nervoso di specie diverse si sia evoluto a partire
da progenitori comuni e possa avere simili i meccanismi di funzionamento, è il fondamento logico necessario
per correlare agli esseri umani gli esperimenti condotti sugli animali. In effetti, numerosi particolari sulla
conduzione di uno stimolo elettrico lungo le fibre nervose vennero compresi inizialmente nel calamaro, ma
oggi sappiamo che essi possono essere parimenti applicati agli esseri umani. Attualmente la maggior parte dei
neuroscienziati impiega modelli animali per cercare di comprendere i processi dell'uomo.
D'altra parte, molti tratti comportamentali sono altamente specifici per l'ambiente normalmente occupato da
una specie. Per esempio, le scimmie che si dondolano da un ramo all'altro sono dotate di una vista molto
acuta, mentre i ratti che si aggirano furtivamente nelle gallerie sotterranee hanno un senso della vista
alquanto scarso. Gli adattamenti all'ambiente si riflettono nelle modificazioni della struttura e delle funzioni
del cervello in ciascuna specie.

Esempio: schizofrenia nei gemelli monozigoti


Osservando dei gemelli omozigoti si può notare come non siano del tutto identici. Guardiamo la Figura 1,9:
essa ritrae due gemelli identici, però uno è un soggetto schizofrenico l'altro è un soggetto normale. Le
farfalline al centro del cervello sono i ventricoli celebrali ed hanno un ruolo chiave a livello della schizofrenia.
Infatti, nel soggetto A sono più grandi e, nonostante i gemelli abbiano lo stesso materiale generico, uno ha
sviluppato la malattia, l'altro no. Questo fa capire quanto sia importante l'ambiente nel modulare quella che
può essere una predisposizione genetica a sviluppare una particolare patologia. Nella schizofrenia si sono
accorti che ci sono delle piccolissime variazioni genetiche che rappresentano i fattori di rischio per lo sviluppo
della schizofrenia, e perché si sviluppino come malattia deve intervenire l'ambiente. Le variabili ambientali
giocano un ruolo di primaria importanza nel modulare la normalità o la patologia. Questo dimostra che
l'esperienza plasma il nostro cervello continuamente: ogni volta che apprendiamo si formano nuove sinapsi,
quindi si va a rimodellare il cervello. A seguito di ciò è nata la genetica del comportamento, che si occupa di
stimare quanto un comportamento sia geneticamente determinato oppure sia modulato dall'ambiente ed in
che misura le componenti genetiche ed ambientali interagiscono per determinare la comparsa di un
determinato fattore comportamentale e la possibile patologia.
Nel caso dei gemelli omozigoti, essi hanno sì lo stesso patrimonio genetico, ma non condividono le esperienze
in modo identico: l'ambiente non è il medesimo, ogni individuo occupa un preciso e determinato spazio,
tempo. Quindi esistono anche tra i gemelli delle micro differenze provenienti dalle stimolazioni ambientali.
Proprio per queste caratteristiche i gemelli monozigoti vengono spesso usati per capire l'incidenza dei fattori
ambientali e genetici.

4) Il neurone
Agli inizi del 1800 furono apportati dei miglioramenti al microscopio che offrirono agli scienziati una prima
opportunità per esaminare i tessuti animali ad alto ingrandimento. Così, nel 1839, lo zoologo tedesco Theodor
Schwann enunciò quella che sarebbe stata battezzata teoria cellulare: tutti i tessuti sono costituiti da unità
microscopiche chiamate cellule. Benchè le cellule del cervello fossero già state identificate e descritte, era
rimasta ancora irrisolta la controversia riguardante la possibilità che una singola “cellula nervosa” fosse
effettivamente l’unità funzionale di base del cervello. Le cellule nervose, normalmente, sono dotate di un
certo numero di sottili prolungamenti, o processi, che si estendono dal corpo cellulare centrale. Inizialmente,
gli scienziati non furono in grado di stabilire se i prolungamenti provenienti da differenti cellule fossero
comunicanti come i vasi sanguigni all’interno del sistema circolatorio. Se questo fosse stato vero, allora la
“rete nervosa” che connette tra loro le varie cellule nervose avrebbe potuto rappresentare l’unità elementare
delle funzioni cerebrali. [continua nel cap 2: da pag 24 a 27]

Le neuroscienze oggi [sbobine da 3 a 5]

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