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Nell'articolo ''significato, riferimento e stereotipi'' Hilary Putnam mette in luce il suo obbiettivo

polemico: il descrittivismo. Tuttavia, a differenza di Kripke,il filosofo enfatizza aspetti legati a


questioni di carattere cognitivo ed estende la versione anti-descritivista anche ai nomi di genere
naturale. In particolare, Putnam si propone di confutare due tesi, che considera peculiari della
concezione tradizionale del significato. La prima tesi è che conoscere il significato di un termine
equivale a trovarsi in un certo stato psicologico. Questo sembra porsi in contrasto con
l'antipsicologismo di Frege, che si impegna a confutare l'idea lockiana per cui il significato di un
temine equivale al nostro stato psicologico quando utilizziamo la parola. Infatti, secondo Frege,
il senso di un termine è possesso comune di molti: comprendere il significato di una parola
equivale ad afferrare entità astratte, il cui senso è oggettivo. Tuttavia, Putnam afferma che il
processo mediante il quale i parlanti associano un significato ad un termine può essere definito
come un atto cognitivo e dunque psicologico. La seconda tesi descrittivista che il filosofo si
propone di confutare è quella secondo cui un parlante, quando comprende una certa parola,
afferra un determinato contenuto, che coincide con l'estensione di tale parola, ossia ciò a cui
quest'ultima si riferisce nel mondo. In altre parole, l'estensione di un termine può essere definita
come tutto ciò che nel mondo soddisfa le condizioni che il parlante associa alla parola quando la
utilizza. Tali condizioni costituiscono un concetto nella mente del parlante, che coincide con
l'intensione. Per quanto riguarda i nomi propri, l'estensione coincide con il riferimento, cioè
l'oggetto a cui il nome proprio si riferisce; nel caso di un predicato essa coincide con l'insieme
degli oggetti che soddisfano tale predicato. La concezione tradizionale del significato è
compatibile con il fatto che ci possano essere dei termini che hanno la stessa estensione, ma
diversa intensione. Viceversa, se assumiamo come vere le due tesi sopracitate, possiamo
concludere che l'intensione di una parola determina la sua estensione e dunque non può accadere
che vi siano termini con la stessa intensione ma con estensioni diverse. Putnam si propone di
confutare quest'ultimo punto, tentando di dimostrare che, se due termini sono associati alla stessa
intensione, non è detto che abbiano necessariamente la stessa estensione. In tal modo falsifica la
tesi descrittivista per la quale il riferimento dei nostri nomi dipende da ciò che pensiamo quando
li usiamo, arrivando a concludere che ''i significati non sono nella testa del parlante''. Attraverso
l'esperimento mentale di Terra Gemella, Putnam dimostra che l'estensione di una parola non
dipende dall'intensione che il parlante associa quando la utilizza. Ad esempio, il fatto che la
parola acqua abbia una certa estensione, non è legata al fatto che il parlante vi associa una certa
intensione quando usa tale parola. Se escludiamo questa ipotesi, da cosa è determinato il
riferimento del nome acqua o di altri termini di genere naturale? Analogamente a Kripke, Putnam
sostiene che vi sia una sorta di ''battesimo iniziale'', un ''evento introduttivo'', in cui, per una
qualche ragione, ad una certa sostanza -o meglio, un suo campione paradigmatico- viene
associato un nome . A partire da tale evento, quel termine continuerà a riferirsi ad ogni oggetto
avente le stesse proprietà essenziali ( come la struttura chimica) di quel campione
paradigmatico. In seguito, tutti gli usi successivi di tale termine rimangono collegati, ossia
continuano a riferirsi allo stesso termine, in quanto i parlanti utilizzano il medesimo nome per
riferirsi all'oggetto a cui il parlante si riferiva nel battesimo iniziale. Da ciò possiamo dedurre che
in parte è la realtà stessa a fissare il riferimento di termini di genere naturale come ad esempio
''acqua'': l'estensione è determinata dalla natura degli oggetti stessi a cui quei termini si
riferiscono, indipendentemente da ciò che conoscono i parlanti. Parte dello scontro tra
descrittivisti e anti descrittivisti si gioca attorno alla questione di cosa significhi essere parlanti
competenti di una determinata lingua. Secondo Putnam, non è necessario, per essere considerati
parlanti competenti, conoscere a fondo le caratteristiche specifiche che contraddistinguono un
determinato genere naturale. Prendiamo come esempio la parola ''oro'': utilizzare correttamente
questo termine non equivale necessariamente ad acquisire il metodo scientifico per stabilire se di
fatto un oggetto è oro, ma significa acquisire quelle caratteristiche che gli oggetti che
appartengono all'estensione del termine ''oro'' generalmente possiedono (colore, durezza etc) e
per mezzo dei quali vengono identificati dai parlanti. Dunque è sufficiente, secondo Putnam, che
i parlanti acquisiscano lo stereotipo dell'oro, ossia l'insieme delle caratteristiche che a livello
sociale lo qualificano e lo identificano come tale. Naturalmente, lo stereotipo è meno ricco,
preciso ed esaustivo rispetto alle conoscenze derivabili scientificamente e può essere anche in
parte sbagliato come nel caso preso in esame (l'oro chimicamente puro è quasi bianco).
L'estensione dei termini, secondo Putnam, non è dunque fissata individualmente, cioè dallo stato
psicologico dell'individuo che acquisisce il termine, ma socialmente, dal corpo linguistico
collettivo. A questo proposito, Putnam introduce il concetto di ''divisione del lavoro linguistico'',
per il quale all'interno di una comunità sono presenti persone dalle competenze superiori in
determinati ambiti, che garantiscono che ad un certo termine sia associata la corretta estensione.
Ad esempio, la divisione del lavoro implica che vi siano dei parlanti che hanno una maggiore
interazione con l'oro rispetto ad altri e questo porta come conseguenza linguistica il fatto che vi
siano dei parlanti competenti riguardo all'oro. Su questa linea si muove anche Kripke, per cui
l'uso competente dei nomi propri non è più amputabile alla mente di chi utilizza una determinata
parola ma al corpo linguistico collettivo. Prendiamo come esempio il nome ''Aristotele'': l'uso
corretto di tale nome non è legato ad un insieme di informazioni ad esso associate ma al fatto
che il parlante abbia ereditato il termine nella catena causale giusta. Risulta naturale pensare che
siano propri i parlanti competenti a fissare, nel cosidetto ''battesimo iniziale'', i riferimenti per
certi termini, che vengono poi tramandati come operazione sociale ai parlanti, nelle forme più
''leggere'' degli stereotipi, i quali consentiranno comunque la corretta identificazione degli
oggetti. La competenza linguistica riguardo ad una determinata parola dipende proprio dalla
presenza all'interno della società di parlanti esperti riguardo ad un determinato ambito. Se
prendiamo in considerazione ancora una volta la parola ''oro'', il fatto che esista, all'interno della
comunità linguistica, un individuo competente in materia, che sappia determinare con sicurezza
l'estensione di tale parola, fa sì che anche gli altri parlanti utilizzino il termine ''oro'' in modo
corretto. La maggior parte dei generi naturali implica una dicotomia tra parlanti esperti e non
esperti in quanto sono quei termini che presuppongono tantissima ricerca scientifica. Prendiamo
ora in considerazione una parola come ''virus'', che si può considerare emblematica in quanto la
distanza tra parlanti competenti e non in quest'ambito può arrivare ad essere piuttosto
considerevole. Si può arrivare ad affermare che parlanti esperti e non esperti parlino due lingue
differenti? Secondo Putnam, tutta la comunità linguistica possiede le competenze minime per
poter parlare in modo competente di virus: anche se un parlante poco esperto affermasse di non
conoscere pressochè nulla riguardo alla parola virus, si può riferire a quest'ultima, esattamente
come potrebbe fare un esperto virologo. La diversità di competenza linguistica non implica il
fatto che i due parlanti non si possano capire, come se si trattasse di due lingue differenti.
Indipendentemente dal tipo di informazioni che le due categorie di parlanti possiedono, essi
comunicano tra loro riferendosi entrambi alla parola ''virus''. Secondo Putnam, perchè una parola
venga usata correttamente, è sufficiente che vi sia una comunità di parlanti che abbia una
competenza specifica riguardo ad un determinato genere naturale e non è necessario, ai fini della
comunicazione, che vi sia una diffusione di tale competenza anche ai parlanti meno esperti.
Prendiamo in considerazione una parola come ''elettrone'': pochi esperti conoscono le loro
proprietà fisiche, eppure è un termine che viene utilizzato anche nel linguaggio ordinario. Il
punto è che il significato è indipendente dalle nostre concettualizzazioni e dunque, anche se
scoprissimo che quelli che pensavamo essere gatti sono in realtà dei robot, per Putnam
dovremmo continuare a chiamarli gatti. Ciò che è importante è che il riferimento venga
mantenuto costante, a prescindere dalle credenze. La tesi della divisione del lavoro linguistico
afferma che vi sono alcuni generi naturali le cui caratteristiche sono note solamente ad una parte
della società che acquisisce i termini e il cui utilizzo da parte degli altri parlanti della comunità
dipende da una cooperazione strutturata tra questi ultimi e i parlanti esperti. Per chiarire questo
concetto Putnam utilizza un esempio in cui prende in considerazione la parola ''olmo'' e la parola
''faggio''. Molti parlanti utilizzano questi due termini ignorando quasi totalmente le specie di
alberi che essi denotano, ma questo non si può dire di tutti i parlanti. Infatti, sarebbe insensato
introdurre la distinzione tra queste due specie se non vi fossero alcuni individui specializzati, che
sono in grado di distinguere gli olmi dai faggi attraverso criteri attendibili. I parlanti meno esperti
devono accettare l'autorità di quelli più esperti: se vi fosse qualcuno, sapendo solamente che
''olmo'' e ''faggio'' sono nomi di alberi, che rifiutasse di prestare fede a ciò che potrebbe dirgli ad
esempio un botanico riguardo a queste due specie, il suo uso delle parole ''olmo'' e ''faggio''
risulterebbe abbastanza ambiguo. Prendiamo ora in considerazione una parola come ''zinco'' e
supponiamo di non saper distinguere quest'ultimo dal nichel. Ciononostante, siamo consapevoli
che qualche parlante esperto sia in grado di distinguere i due metalli e il nostro modo di
utilizzare la parola ''zinco'' è condizionata da questa consapevolezza. Putnam afferma che i
cosiddetti esperti possono avere criteri differenti, a seconda del paese e della comunità in cui
vivono, per quanto riguarda la classificazione dei generi naturali. Prendendo ancora una volta
come esempio la parola ''oro'', gli esperti di un determinato paese possono affermare che
qualcosa è oro osservando la sua stabilità in acqua regia, altri esperti possono utilizzare un altro
test e ciononostante la comunicazione tra di essi può essere proficua, purchè i due test siano in
accordo. Non c'è ragione di affermare che uno di questi test coincida con il ''significato'' della
parola ''oro''. Di fatto, la comunità stessa può passare da un test ad un altro senza che nessuno se
ne accorga, perchè un esperto può non sapere che quasi tutti sono passati ad un nuovo test. A
questo punto,qualcuno potrebbe obbiettare che questo spiega solamente come gli esperti
utilizzano una determinata parola. Putnam afferma che il problema non si presenta perchè è
sufficiente consultare l'esperto locale. Dunque, possiamo concludere che il linguaggio sia
un'attività essenzialmente cooperativa, non individualistica. A questo proposito, Putnam afferma
che l'errore della concezione aristotelica consisteva proprio nel fatto di aver suggerito che tutto
quello che è necessario per l'utilizzo di un linguaggio è immagazzinato nella mente degli uomini.
A suo avviso, nessun linguaggio reale funziona in questo modo. In conclusione, il riferimento è
fissato socialmente e non determinato da condizioni che si trovano nella mente degli uomini.
Quali possono essere i vantaggi di una visione che considera il linguaggio come un'attività
essenzialmente sociale? Partiamo dal presupposto che nessun parlante conosce in modo
esaustivo il significato delle parole appartenenti al lessico di una lingua. Se prendiamo una
parola come ''elettrone'', possiamo sicuramente affermare che la nostra conoscenza riguardo a
tale parola sia molto differente rispetto a quella di uno scienziato. Il fatto che il linguaggio sia
qualcosa di condiviso da una comunità di parlanti ci permette di intenderci anche riguardo a
questioni di cui non sappiamo assolutamente nulla. Se il linguaggio fosse un'attività
individualistica, in cui il riferimento del nome è fissato dallo stato psicologico del parlante, allora
non potremmo intenderci sulla parola ''elettrone'' in quanto i concetti, le immagini, le credenze
connesse alla parola ''elettrone'' sono differenti in ciascun parlante.Inoltre, la divisione del lavoro
linguistico, per cui un certo individuo può dirsi un parlante esperto in un determinato ambito,
costituisce una garanzia per tutta la comunità linguistica. Ad esempio, se un individuo non sa
nulla riguardo alla parola ''oro'', non significa che egli debba cessare di parlarne in quanto può
rivolgersi ad un parlante esperto (uno scienziato per esempio) e capire a cosa questa parola si
riferisce, imparando qualcosa di nuovo. Per un descrittivista l'estensione di una parola come
''oro'' dipende dalle informazioni che si trovano nella mente del parlante ed è totalmente
svincolata sia da come stanno le cose nel mondo reale sia dal ruolo della società. Al contrario,
per un anti descrittivista come Putnam la società gioca un ruolo chiave nel determinare
l'estensione di una determinata parola: se voglio conoscere l'estensione della parola ''oro'' è
sufficiente che mi rivolga ad un parlante esperto in materia. Anche la realtà offre un contributo
considerevole: per conoscere l'estensione dell'acqua può essere sufficiente basarsi sulla sua
natura e sulle sue proprietà essenziali. Un'altra caratteristica che gioca a favore di una concezione
del linguaggio in cui l'aspetto sociale è centrale è la possibilità, per un parlante, di scoprire la
giusta estensione delle parole che utilizza. Per esempio, un individuo può introdurre un certo
termine di genere naturale sulla base di una determinata teoria; se quest'ultima dovesse rivelarsi
sbagliata il termine in questione continua a riferirsi alla teoria che il parlante ha scoperto essere
vera, non a quella che aveva prima. In conclusione, possiamo affermare che i parlanti esperti
hanno una funzione regolativa per la comunità linguistica in quanto, anche grazie al loro
contributo, i restanti membri della società possono utilizzare le parole riferendosi alla giusta
estensione.

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