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Oggi dobbiamo completare l ‘argomento che abbiamo aperto ieri: la cinetica e

le variazioni della cinetica che possono verificarsi quando somministriamo


almeno due farmaci ad uno stesso organismo. Normalmente noi, come
abbiamo visto ieri, possiamo prevedere la cinetica di un farmaco, uno solo,
perché ne possiamo studiare le caratteristiche attraverso i parametri che
abbiamo visto, vale a dire, la biodisponibilità, la capacità di distribuirsi, la
capacità di raggiungere delle concentrazioni plasmatiche sufficienti, di
permanere all’ interno dell’ organismo per un certo periodo di tempo, la
capacità poi di essere eliminato cioè, ricapitolando, la clearance, la
biodisponibilità e il volume di distribuzione. Ci sono delle condizioni, però,
come dicevo prima, che molto spesso ci troviamo a dover affrontare una
polifarmacoterapia e questo significa che ci possono essere delle
interferenze tra la cinetica di un farmaco e quella di un altro farmaco. Queste
interferenze, quindi, possono determinare delle modificazioni ai risultati che
noi ci aspettiamo dalla somministrazione di quei farmaci in quel individuo.
Sostanzialmente una variazione della cinetica comporta una successiva
variazione della dinamica del farmaco cioè una variazione dell’azione che i
farmaci vanno a svolgere sull’ individuo. Le interferenze nelle varie fasi della
cinetica sussistono non perché i farmaci reagiscono tra di loro ma perché
interagiscono con il loro substrato con la materia vivente in cui sono stati
somministrati; c’è un unico caso in farmacologia di interazione in fase cinetica
cioè di interazione molecola-molecola: questo è il caso dell’antidotismo. L
‘antidotismo è quella interazione chimica che avviene tra una molecola e
un'altra molecola allo scopo di formare una terza molecola con delle
caratteristiche chimiche diverse da quelle due precedenti; l’antidotismo è
utilizzato molto spesso per risolvere dei problemi, molto spesso dei problemi
tossici derivanti dall’ azione di un farmaco in un organismo ed è quello che,
ripeto, riguarda l’ interazione molecola-molecola. Noi, invece, ci occuperemo
delle interazioni evidenziate nella parte centrale di questo lucido (riferendosi
alla slide) ovvero le interazioni che avvengono tra farmaco e organismo
ricevente il farmaco di cui, la presenza di un altro farmaco, modifica
eventualmente le caratteristiche che permettono al primo farmaco di poter
avere una cinetica prevista. Quindi non c’è un interazione molecola-molecola
ma una interazione molecola- sostanza ricevente. Le interazioni,
chiaramente, possono verificarsi in tutte e quattro le fasi della cinetica: quindi,
ci può essere un’interazione tra due farmaci e un organismo ricevente a
livello dell’ assorbimento, della distribuzione, del metabolismo e dell’
escrezione. Questo significa che almeno uno di due farmaci presenti
nell’individuo può avere una cinetica modificata a causa dell’altro farmaco.
E quali sono le conseguenze che ne derivano? Sicuramente una
modificazione dell’azione farmacologica successiva nel senso di o aumento
dell’ azione farmacologica o diminuzione della stessa ; quindi, significa che
eventualmente laddove io conosco queste interazioni posso eventualmente
anche sfruttarle perché posso passare dall’azione di un farmaco non
sufficiente ad un’azione terapeutica qualora io somministro allo stesso
soggetto un farmaco che possa andare a modificare la cinetica del primo e a
renderlo magari maggiormente biodisponibile, giusto per fare un esempio; o
posso, al contrario, modificare gli effetti tossici o effetti collaterali derivanti
dalla somministrazione del primo farmaco in seguito alla somministrazione
del secondo farmaco purché questo possa modificare eventualmente la
clearance del primo farmaco. Quindi in questo caso, io sfrutto le interazioni
cinetiche per migliorare lo scopo terapeutico in quel determinato soggetto.
Quindi, le due componenti derivanti da queste due interazioni sono o un
miglioramento dell’effetto terapeutico o un’eliminazione degli effetti tossici .Ci
può essere anche un altro caso quello dell’ insorgenza di effetti tossici che si
verifica quando inavvertitamente si somministrano due farmaci ad uno stesso
soggetto e non si sa che essi possono interagire tra di loro, cioè che possono
interferire l’ uno nella cinetica dell’ altro. E questo si verifica quando
somministro dosi che normalmente vengono utilizzate per farmaci da soli ma
che possono poi in associazione a dosi di un altro farmaco determinare
magari un aumento della quota libera della quota dei due farmaci e questo
può determinare un maggiore arrivo del farmaco al tessuto bersaglio
determinando così un effetto tossico di deposito. Sicuramente le
modificazioni che avvengono nella cinetica dei farmaci prevedono dei
cambiamenti anche nella dinamica dei farmaci stessi; ma è pur vero che in
determinati casi la dinamica del farmaco cioè gli effetti di quel farmaco sull’
organismo possiamo modificarla usando l’uno o l'altro farmaco, queste sono
le interazioni nella dinamica cui, pur non essendo argomento mio,
accenneremo almeno in parte e vi ricordo parliamo di dinamica e modifiche
della dinamica. Quindi, sia sotto l’aspetto dinamico che sotto quello cinetico,
la presenza di due o più farmaci può determinare la modificazione di quello
che è l’effetto finale delle sostanze prese in considerazione sull’organismo.
Torniamo ora alla cinetica e in particolare all’ assorbimento esterno del
farmaco nell’ambito della sua stessa cinetica che abbiamo detto è quel
momento fondamentale di inizio della cinetica del farmaco in cui esso deve
attraversare una serie di barriere per entrare nell’organismo e per arrivare al
circolo sanguigno: se magari parliamo di un profarmaco, che necessita per
l’attivazione di un primo metabolismo , come per esempio per un farmaco
somministrato per via orale che a livello gastrico ha bisogno di una prima
modificazione -che si chiama attivazione- per poter essere resa disponibile
per la seconda fase dell’assorbimento (assorbimento interno) e però questo
farmaco viene somministrato insieme ad un altro farmaco, un antiacido per
esempio, che altera il pH dello stomaco, il primo farmaco non sarà assorbito
come doveva, quindi, quella biodisponibilità prevista per il farmaco utilizzato
in monoterapia viene ad essere modificata. Stessa cosa dicasi se parliamo di
farmaci che somministrati per os possono subire a livello della bocca dei
processi di complessazione con altre sostanze formando composti più grandi
in termini di peso molecolare dando origine all’impossibilità di essere
assorbite nelle strutture del tratto gastro-intestinale; per esempio, come
avviene in un obeso che è anche portatore di scompenso cardiaco dove
associamo un farmaco ipolipidemizzante con un farmaco tipico dello
scompenso, il digitalico; tra i due si possono formare dei complessi
macromolecolari per cui il farmaco digitalico non viene assorbito
correttamente per cui varia la biodisponibilità prevista per digossina per quel
digitalico. Oppure altri casi di farmaci assorbiti a livello intestinale dove la
semplice alterazione della normale omeostasi intestinale, come l’utilizzo di un
semplice antibiotico, può determinare un’ alterazione dell’assorbimento del
farmaco a livello dei villi intestinali semplicemente perché magari quel
farmaco ha breve residenza nel tratto intestinale e quindi viene assorbito di
meno. Quindi la biodisponibilità e la fase di assorbimento di un farmaco può
essere modificata allorquando si modifichino le strutture di assorbimento
dell’organismo o le condizioni chimico-fisiche del farmaco affinché il farmaco
possa essere assorbito attraverso una specifica via. Quindi, la
biodisponibilità, AUC , cambia nel tempo, in senso di aumento della
biodisponibilità o di diminuzione della biodisponibilità, a seconda di quale sia
l’ assorbimento dei farmaci in quel determinato soggetto. Qui è un po’
riassunto quello che abbiamo detto, cioè se io somministro un farmaco per
via orale e dò anche il carbone vegetale attivo o la colestiramina- che sono
due sostanze adsorbenti cioè adsorbono tutto ciò che c’è in quel organismo
(forse intende nel tratto gastro-intestinale) – , il farmaco verrà adsorbito e non
entrerà nel circolo sanguigno. Altro esempio: se dò delle tetracicline (le
tetracicline devono essere attivate nello stomaco prima di essere assorbite) e
somministro anche degli antiacidi, si modifica il pH dello stomaco e
l’assorbimento non avviene.

Fase successiva della cinetica: distribuzione ,cioè passaggio del farmaco


dal circuito sanguigno ai tessuti bersaglio. E’ importante il legame che i
farmaci istituiscono con le proteine del plasma (glicoproteine, albumine, ecc.)
perché questo legame riduce la quota libera del farmaco a livello plasmatico
e lo rende meno suscettibile di essere distribuito nei tessuti d’azione. Quindi,
più è forte il legame di un farmaco con le proteine plasmatiche, meno viene
distribuito, meno ha capacità di svolgere azione farmacologica viceversa per
un legame debole. Ora, se io somministro ad uno stesso soggetto due
farmaci, uno prima l'altro dopo, questi possono competere per il legame alle
proteine plasmatiche- nel senso che tra i due si può sviluppare una sorta di
competizione in termini d ‘affinità alle proteine plasmatiche- e laddove sia
stato somministrato un afrmaco A prima di un farmaco B e il farmaco B abbia
una maggiore affinità di legame per le proteine plasmatiche rispetto al
farmaco A, quello (farmaco B) tenderà a spiazzare il farmaco A dal legame
con le proteine plasmatiche e a legarsi esso stesso alle proteine; quindi,
questo che significa( e l’ abbiamo visto anche ieri quando abbiamo trattato la
distibuzione)? Che la quota libera del farmaco A risulterà aumentata e quindi
maggiore la sua distribuzione a livello dei tessuti come pure sarà maggiore l’
insorgenza di effetti non più terapeutici ma tossici del farmaco: quindi, può
dare origine, da un lato, ad un aumento dell’attività farmacologica terapeutica
e, dall’ altro, anche ad un aumento dell’attività , quindi, bisogna conoscere
questa interferenza e regolarsi di conseguenza con le dosi di farmaco che si
vanno a somministrare sia di A che di B. Per esempio, qui è fatto l’ esempio
del fenilbutazone , un antinfiammatorio semplice, in associazione con un
farmaco anticoagulante. Che succede? Che il fenilbutazone ha una capacità
di legame alle proteine plasmatiche maggiore di un dicumarolo: quindi,
laddove si somministra una terapia antiaggregante in associazione ad una
terapia anticoagulante(come nei casi di infarto del miocardio), è probabile che
il fenilbutazone possa spiazzare l’ anticoagulante dal legame con le proteine
plasmatiche e renderlo maggiormente disponibile nella parte acquosa del
plasma, ciò significa che esso può essere veicolato maggiormente a livello
dei tessuti ed è quello che sostanzialmente si verifica in questo grafico dove il
warfarin a livello plasmatico, a dosi terapeutiche ,raggiunge una certa
concentrazione, ma se arriva il fenilbutazone dall’ esterno, le concentrazioni
libere di quel farmaco (del warfarin) tendono ad aumentare. Questo significa?
Che quando io somministro quel tipo di terapia, il warfarin aumenterà la quota
disponibile. Però qui abbiamo un problema: cioè regolarsi con la quota libera
del farmaco in modo da evitare fenomeni emorragici quindi bisogna regolarsi
con le quote sia di fenilbutazone sia di anticoagulante in modo tale che ci sia
sempre il fenomeno della competizione ma che questo non porti a degli effetti
collaterali . Un’ interazione piuttosto simile a questa è quella cui è soggetta lo
stesso dicumarolo, lo stesso anticoagulante orale però in presenza di altri
farmaci: cioè, il dicumarolo, warfarin, può avere un fenomeno di competizione
per il legame alle proteine plasmatiche in presenza di un antinfiammatorio,
però, in presenza di un sedativo o, per esempio, di un analgesico oppure di
un altro farmaco che vediamo qui in alto, può dare delle interferenze diverse
da quelle precedenti ma, comunque, delle interferenze che riguardano la
cinetica e che possono modificare l’azione finale di questo anticoagulante.
Esistono in farmacologia due fenomeni: della farmacoinduzione e della
farmacorepressione. Sono due fenomeni, l’ uno opposto all’ altro, con
risultato, in termini di azioni farmacologiche, più o meno simili tra di loro e poi
vi spiego da che dipendono.
La farmacoinduzione è un interferenza cinetica che si stabilisce tra due
farmaci e l’ organismo che riceve questi due farmaci nella fase di
metabolizzazione dei due farmaci. L’ interferenza comporta, ad opera di un
secondo farmaco, la modifica della quota degli enzimi del citocromo P450
che utilizza il primo farmaco per svolgere i suoi processi di metabolizzazione.
Quindi, tornando all’ esempio del warfarin e all’esempio di un sedativo in
associazione al warfarin, si verifica che il sedativo è capace di indurre il
metabolismo del warfarin in modo da aumentare la quota di enzimi disponibili
che metabolizzano quel anticoagulante il quale, normalmente, da un
processo proprio di trasformazione, dà origine a dei metaboliti inattivi; quindi
se viene aumentata la capacità degli enzimi di metabolizzare quel warfarin si
troveranno una maggiore quantità di metaboliti inattivi e, quindi, la capacità
terapeutica del warfarin risulta essere diminuita perché s’ è aumentato il
processo di trasformazione, quindi sono aumentate le quote di metaboliti
inattivi. Quindi, farmacoinduzione in questo caso con diminuzione dell’azione
farmacologica. Ovviamente qualcosa l’operatore deve farla: quindi, se si trova
in presenza di una inefficacia dell’azione anticoagulante dl warfarin o proverà
ad aumentare le dosi di warfarin o potrà fare un'altra cosa ovvero sospendere
l agente induttore: quindi sospendendo l agente induttore il warfarin riprende
la sua azione farmacologica terapeutica. Al contrario nel caso precedente se
uno non conosce l interazione specifica, può trovarsi di fronte ad una
situazione in cui, somministrata una data terapia, invece trovarsi di fronte ad
effetti antitrombotici ,ha eventi trombotici. Quindi, l induzione è interferenza
cinetica operata da un farmaco A su un farmaco B di cui si aumenta un
processo di trasformazione a carico degli enzimi del citocromo P450: il
risultato finale può essere la formazione di metaboliti attivi o di metaboliti
inattivi ( nel caso del warfarin sono metaboliti inattivi, ma in questo caso qui in
fondo… per esempio se sto somministrando ad un soggetto un antibiotico per
esempio il cloramfenicolo - contro i Gram negativi ,di uso abbastanza
corrente- ma lo somministro in un paziente diabetico che utilizza
ipoglicemizzanti orali, tra i due ci può essere lo stesso fenomeno di induzione
cosi come c ‘era precedentemente tra un analgesico e il warfarin, però con
una conseguenza diversa dal caso precedente : cioè, il cloramfenicolo,
inducendo la metabolizzazione della tolbutamide ,per esempio- che è un
ipoglicemizzante orale- può aumentare la quota di metaboliti attivi che si
formano dalla tolbutamide e quindi dare, come effetto finale, un aumento dell
azione farmacologica utile oppure insorgenza di effetti ipoglicemici –poi
dipende dalle concentrazioni…-. Quindi, uno stesso fenomeno, quello di
induzione, e, come vedremo tra un attimo, quello di repressione, sono dei
fenomeni che possono determinare l’ aumento o la diminuzione dell’ azione
dei farmaci che vengono indotti o repressi in funzione della quota di metaboliti
attivi o inattivi che vengono formati nel processo di trasformazione del
farmaco che viene indotto . Quindi, l’ induttore mette solo in moto il
meccanismo, l’ indotto è quello che poi produce realmente l effetto che sarà
un effetto utile o dannoso a seconda di metaboliti che si formeranno che
rispecchia quello che è il normale metabolismo di quel farmaco qualora non
fosse presente l induttore. Chiaro il concetto? Quindi, le circostanze variano
ma il fenomeno rimane lo stesso: aumento delle capacità metaboliche dell’
organismo da parte di un farmaco su un altro farmaco.
La farmacorepressione . La farmacorepressione è il fenomeno opposto a
quello della induzione ma con lo stesso risultato laddove si parla di metaboliti
attivi e metaboliti inattivi. Ce ne sono tantissimi di esempi: il fenilbutazone che
riduce la trasformazione della difenilidantoina - un farmaco antiaritmico- con
rischio di tossicità da difenilidantoina. Perché rischio di tossicità? perchè la
difenilidantoina da un processo normale di metabolizzazione produce dei
metaboliti inattivi; quindi, chiaramente, reprimendo la formazione di metaboliti
inattivi, la difenilidantoina si rende maggiornante disponibile a livello
plasmatico con una concentrazione plasmatica maggiore o per tempi più
prolungati e quindi si può dare origine all’insorgenza di effetti collaterali .
Oppure -un altro esempio- gli inibitori delle monoamminossidasi (farmaci
semplici) che in associazione ad alcuni vasocostrittori nasali oppure
addirittura in associazione ad un alimentazione specifica, rigida, ricca di
elementi quali tiramina o, comunque, elementi che possono produrre un
effetto a livello vasale, possono generare delle crisi ipertensive per eccessiva
azione dei farmaci inibitori delle monoamminossidasi ( poi vedremo
successivamente quali monoamminossidasi sono se le A o le B ); in ogni
caso, basta una semplice alimentazione specifica perché si possa verificare
un fenomeno di repressione della trasformazione di farmaci ,come questi
inibitori, per dare origine a effetti collaterali nel caso specifico la crisi
ipertensiva. Quindi riteniamo questi due concetti della farmacoinduzione e
repressione come dei concetti che avvengono a carico del sistema del
citocromo P450 con l’ aumento delle quote metabolizzanti disponibili da parte
dei farmaci per essere trasformate , nel caso dell induzione e con la
diminuzione di queste quote, nel caso della repressione . Sia nell’ uno che
nell’ altro caso, noi possiamo registrare degli aumenti o delle diminuzioni dell’
azione farmacologica in funzione dei metaboliti che si formano. Il concetto è
semplicissimo. Quindi questa era la fase di trasformazione . Quindi
assorbimento: formazione magari di complesso o variazione del pH; fase di
distribuzione con legame farmacoproteico importante; fase di
metabolizzazione con fenomeni di induzione e repressione e ora fase di
eliminazione . Quali sono secondo voi le condizioni per cui un farmaco in
presenza di un altro farmaco può vedere modificata la propria clearance?
Perché per esempio un farmaco A somministrato per via orale, che
normalmente ha una cleareance di 5 litri all’ ora( dico cosi per dire ),in
presenza di un farmaco B, questa clearance può essere o aumentata o
diminuita ? Quali possono essere secondo voi queste condizioni per cui si
dovrebbe verificare questo effetto? STUDENTE: la cosa più semplice è che il
farmaco B interviene direttamente sulla clearance, cioè che interviene su di
essa proprio come azione primaria del secondo farmaco. PROF: allora siamo
partiti da un farmaco A che viene escreto attraverso le urine e un farmaco B
che modifica la clearance. Tu dici che modifica la clearance … è giusto !
certamente! Perché la clearance è un , non è una funzione! è indicativa però
di una funzione… quindi in questo caso cosa fa ? che cos’è che è modificato
dal farmaco B? Per esempio, un farmaco può agire sulla filtrazione renale e
modificare quindi il processo di filtrazione che utilizza l’altro farmaco.
Facciamo un esempio di un farmaco che modifica la filtrazione renale di un
altro farmaco: qual è il caso più semplice di questo fenomeno? Un diuretico.
Quindi, un farmaco A associato ad un diuretico probabilmente vedrà la
propria escrezione renale aumentata dalla presenza del farmaco diuretico.
Quindi, in questo caso, come diceva lui (riferendosi allo studente), la
clearance del farmaco A sarà aumentata. Maggiore volume plasmatico sarà
depurato dal farmaco A nella stessa unità di tempo in rapporto alla
presenza /assenza (in questo caso dalla presenza) del diuretico. Quale può
essere il caso opposto? S: L’ antidiuretico! P: Va be’! L’ antidiuretico…
l’antidiuretico è un po’ strano come concetto ...però sì! Diciamo
l’antidiuretico! O meglio una condizione della funzione renale! Quindi magari
una condizione patologica che può essere un’ insufficienza renale, una
nefropatia di qualsiasi genere. Faccio io adesso un'altra domanda a voi.
Secondo voi il mezzo all’ interno del quale un farmaco si trova ad essere
escreto è importante per modificare l’ escrezione di quel farmaco A oppure
no? Sì! Il pH delle urine, nel caso stessimo parlando ancora del farmaco
escreto per via renale, diventa importante perché il farmaco può essere
maggiormente o minormente escreto e allora ,se io aumento il pH rendendo
cosi alcalino il mezzo, di quali farmaci secondo te aumento l’escrezione? Dei
farmaci acidi. Al contrario, i farmaci basici vengono aumentati di escrezione
qualora il pH del mezzo si abbassi. Queste sono le condizioni elementari per
cui un farmaco vede modificata la propria clearance in presenza di un altro
farmaco. Ci sono poi delle altre condizioni: per esempio, quelle che
riguardano la via biliare o quelle che riguardano le altre vie di escrezione?
Non dimentichiamo che le vie escretive di un farmaco sono pressappoco tutte
le vie introduttive che noi conosciamo con delle differenze di quantità
chiaramente. Questo è per quanto riguarda le quattro fasi, le quattro
interferenze principali nella fase cinetica. S: Non c’è anche qualche farmaco
che agisce sui carriers, come per esempio il farmaco probenecid? P: Sì!
Infatti il probenecid varia la clearance di tanti altri farmaci perché soprattutto
agisce sui processi renali che utilizzano i carriers di trasporto dei farmaci
basici o acidi. Quindi, abbiamo concluso questo argomento delle interferenze
cinetiche.

Ora, introduciamo la dinamica e diciamo qualcosina anche sulle interazioni


della dinamica che, ripeto, non è argomento che riguarda me ma mi sembra
giusto completare l’argomento in questo modo. Giusto un breve accenno all’
azione farmacologica perché penso che verrà ripresa.
La definizione di dinamica: è l’insieme delle azioni che il farmaco svolge
sulla materia vivente una volta che viene messo a contatto con essa, cioè
indica le modificazioni che subisce la materia, che possono essere utili o
dannose. Per fare questo, però, il farmaco ha bisogno di essere a contatto
con la materia vivente e quali sono le strutture che mettono a contatto il
farmaco con la materia vivente? I recettori dei farmaci, che sono le proteine
plasmatiche, in primis, ma anche però quelli specifici, successivamente,
ovvero quelli legati ai meccanismi di trasduzione specifici . Immaginiamo che
i farmaci possano avere un solo recettore o più di un recettore in funzione di
quella che è la selettività e la specificità di intervento su quel recettore;
quindi, possono attivare, per esempio, facciamo il caso eclatante della
noradrenalina, tutti i sottotipi di recettori del sistema adrenergico (alfa 1 alfa2
beta e cosi via) oppure attivare un solo tipo di quel sottogruppo di recettori o
disattivarlo : ad esempio, la prazosina, che si comporta come farmaco che
per adesso chiamiamo disattivatore ma in realtà è un antagonista, solo del
tipo uno di quel insieme di recettori sensibili alla noradrenalina. Quindi,
l’affinità è importante per il determinismo dell’ azione dei farmaci la quale si
può espletare in due modalità: una modalità che risponde alla legge del
tutto o nulla e una modalità che risponde alla legge della dose-
proporzionalità. Che significa? Che, nel primo caso, legge del tutto o nulla,
un farmaco svolge attività farmacologica quindi dà effetto farmacodinamico
solo se raggiunge concentrazioni plasmatiche tali da poterlo supportare
quindi esistono delle concentrazioni-soglia per quel farmaco che se quel
farmaco riesce a superare può dare origine ad attività mentre al di sotto di
queste concentrazioni plasmatiche l ‘azione non la osserviamo: quindi, se
diamo 1 mg di sostanza probabilmente non osserviamo niente, cosi pure se
somministriamo quantità superiori alla dose limite per l azione farmacologica
probabilmente noi l aumento farmacologico non lo osserveremo. Quindi, l’
azione o c’è o non c’è. Al contrario, la legge della dose-proporzionalità se io
somministro 1 mg di farmaco ottengo un azione 1, se io somministro 10mg di
farmaco ottengo un azione 10: ciò significa che esiste una diretta
proporzionalità tra la dose del farmaco e l ‘azione che ne scaturisce . Questa
dose proporzionalità può essere di tipo lineare : cioè significa, come nell
esempio che v’ ho fatto prima, se somministro 1 mg di farmaco ottengo un
azione1, se somministro 10 mg dello stesso farmaco ottengo un azione 10,
se somministro 100mg ottengo un azione 100 e quindi, un andamento
lineare laddove mettiamo in correlazione le dosi con l azione farmacologica.
Oppure può avere degli andamenti diversi che si chiamano curve specifiche
della dose-azione del farmaco, curve che ora vado a rappresentare sulla
lavagna, curve che sono non linea retta ma a S italica oppure a parabola
oppure a linea retta cioè significa che esiste la dose-proporzionalità tra la
quantità di farmaco che io vado a somministrare ma non è una
proporzionalità diretta… cioè per alcune dosi, il farmaco aumenta di una certa
intensità della propria azione, per altre dosi, aumenta di un coefficiente
diverso da quello precedente .( si cerca il gesso per disegnare le curve sulla
lavagna… gesso non gesso… se ci sta disegno, se no boh… S: facciamolo
con paint!..P: ma io non lo so fare …poi alla fine si trova il gesso e disegna a
disegnare sulla lavagna grafici cui fa continuo riferimento nella spiegazione
che segue). Allora sull’ asse delle ordinate viene messo l’effetto, l’intensità
dell’ azione farmacologica, mentre sulle ascisse, la dose del farmaco
somministrato. Allora, la legge della proporzionalità diretta descrive una
curva retta che parte dal punto in cui è stato somministrato il farmaco e
procede in maniera retta, costante, con un rapporto costante tra la dose
somministrata e l’azione che ne deriva. L’ altra curva -che è questa qui- è una
curva che è, comunque una curva di dose proporzionalità, ma che, se vedete,
-questi sono gli intervalli di dose- c’è un momento in cui l ‘ intensità dell’
azione farmacologica aumenta fortemente con un piccolo aumento della
concentrazione delle dosi di farmaco e poi, successivamente, man mano
che si procede con la somministrazione del farmaco, l’ intensità dell’ azione
rimane più o meno costante, cioè, dobbiamo aumentare fortemente le
quantità di farmaco per poter avere un azione farmacologica,( al contrario di
quanto avveniva nel primo tratto della curva cioè quando noi abbiamo iniziato
la terapia con quel farmaco). Nell ‘altra curva, invece, -che si chiama ‘S’
italica- la condizione più o meno è simile alla precedente ma soltanto per
alcuni tratti : vale a dire il tratto in cui l’azione del farmaco risulta essere
molto forte è, ad esempio, questo tratto della curva che è il tratto ascendente;
per cui in quel range di dosi, noi possiamo avere piccole variazioni e
possiamo avere forti aumenti di attività; viceversa, in questo altro intervallo di
dosi noi possiamo avere grossi aumenti di dosi e basse intensità
farmacologica; nell’ altro intervallo- che io ho disegnato qui
maccheronicamente -,con questa curva ci ritroviamo nella condizione dell’
inizio , cioè aumenti grossi di dose ma scarsa affinità farmacologica o per lo
meno mantenimento dell’ attività farmacologica costante. Dunque, la curva a
‘S’ italica, come pure la curva a parabola, identifica un range di dosi utili da
poter utilizzare per ottenere effetti benefici in quel paziente e, quindi,
eventualmente da poter sottolineare quella che è la zona maneggevole di un
farmaco( la zona maneggevole è quella zona all’interno della quale un
farmaco può essere utilizzato ad effetto terapeutico e non ad effetto tossico:
se io continuassi ad esempio ad aumentare le quantità di farmaco con una
curva tipo questa probabilmente osserverei anche effetti collaterali, laddove l
‘aumento delle quantità superi quella disponibilità di recettori per poter
svolgere azione terapeutica e non tossica ). Questo per le curve di intensità in
funzione della dose .
Però, l’azione del farmaco è anche funzione del tempo dal momento in cui
introduciamo il farmaco nell’ individuo. Abbiamo detto l’ altra volta che la via
endovenosa dà la massima biodisponibilità subito, quindi, l’azione del
farmaco compare subito, se utilizziamo, invece, una via diversa da quella
endovenosa la biodisponibilità sarà varia e chiaramente varierà anche l
‘azione del farmaco; però, in linea generale se la rapportiamo al tempo che
passa dalla introduzione, a prescindere dal tipo di via utilizzata, l’azione del
farmaco ha un tipico andamento che è quello della curva a campana -che è
questa qui (la disegna) -dove viene posta in relazione l’ azione farmacologica
in funzione del tempo che passa dalla introduzione di un farmaco
nell’organismo. Quindi, supponiamo che il farmaco venga somministrato in
questo punto, a prescindere dalla via, l’ azione del farmaco avrà questo
andamento : cioè un andamento che vedrà una prima fase che è una fase di
latenza per l’ insorgenza dell’azione del farmaco, che può essere anche
prossima allo zero se il farmaco è somministrato per via endovenosa oppure
può essere di alcuni minuti o di un tempo relativamente lungo se il farmaco
viene somministrato per una via diversa da quella endovenosa . Fatto è che
dal momento in cui introduco il farmaco c’è sempre un periodo durante il
quale io non osservo attività ; a questo periodo man mano che passa il tempo
segue un aumento dell’attività farmacologica fino ad arrivare ad un periodo in
cui l ‘azione del farmaco arriva alla sua massima intensità (adesso qui
rappresentata nel grafico dal punto 8 al punto 11; in quel intervallo di tempo l’
azione del farmaco sarà massimale). Questo significa che, ritornando un
attimo alla cinetica, che quel farmaco avrà raggiunto le concentrazioni
plasmatiche e tissutali in equilibrio tra di loro che però sono di ordine
massimo. Così quel farmaco avrà interagito con il numero massimo di
recettori disponibili per poter svolgere attività farmacologica.
Successivamente poi, al punto 11, voi vedete che l’azione del farmaco inizia
a diminuire in corrispondenza (vedete che sono le fasi della cinetica ) della
metabolizzazione ed eliminazione fino a scomparire eventualmente fino a
quando il farmaco non venga reintrodotto secondo quella che è la relativa
emivita nello stesso soggetto . Quindi, dove lo si reintroduce, si raggiunge
quella quota dello steady state tale da mantenere l azione farmacologica
costante senza farla diminuire . Quindi, la relazione azione-tempo ha un
andamento a campana : tempo di latenza, tempo di incremento, massimo
dell’ attività, diminuzione dell’ attività farmacologica . Questo è quello previsto
per un qualsiasi farmaco che viene somministrato ad un soggetto e ha quindi
il suo percorso. Ma, ritornando un attimo alle circostanze in cui l’azione può
variare, quando è presente un altro farmaco nello stesso individuo ci possono
essere le interferenze di cui dicevamo all’inizio. Cioè, quest’azione prevista
con questo andamento previsto( che insorge in un certo tempo, che ha un
certo tipo di intensità e, poi, per un altro tempo scompare), viene ad essere
modificato o addirittura ci sono le condizioni per fare in modo che l’azione
farmacologica non venga espletata per niente . Due sono le circostanze di
interferenza farmacodinamica (quindi tra farmaci nella condizione dello
svolgimento dell’azione farmacologica) : le condizioni sono di antagonismo e
sinergismo queste sono le due condizioni generali. Non stiamo qui a
puntualizzare il discorso dei recettori, dell’affinità… abbiamo appena
accennato qualcosa. Queste due condizioni di interferenza si svolgono
esclusivamente attraverso le azioni di almeno due farmaci verso i recettori
specifici per uno o per tutti e due i farmaci .
Che cos’è un antagonismo tra due farmaci? E’ quell’ interferenza dinamica
che si svolge tra due farmaci ed uno stesso recettore( un elemento
importante affinchè ci siano le interferenze dinamiche- non dimentichiamolo -
sono i recettori. Le cinetiche avevano bisogno di altre cose per poter
avvenire, le dinamiche hanno bisogno di recettori.) L’antagonismo è quella
forma farmacodinamica che si svolge tra due farmaci che hanno azioni di
segno opposto : quindi se un farmaco A ha azione +3 e un farmaco B ha
azione -2 la risultante sarà pari a 1 . Questo significa che il -2 ha ridotto il +3.
Perché eventualmente il farmaco -2 ha interferito con quelli che sono i siti di
legame del farmaco +3 allo stesso recettore . Interferito che significa? Che il
farmaco antagonista è quello che lega il recettore ma che non è capace di
attivarlo ma è capace di occupare lo spazio che viceversa occuperebbe il
farmaco che noi chiamiamo invece agonista e che invece attiva il recettore.
Quindi quel +3 ,in questo caso è l ‘agonista, il-2 è l’antagonista. Il risultato +1
comunque è derivante da una certa capacità di blocco da parte del -2 e dal
fatto che quel +3 può svolgere ancora attività. Possiamo anche trovare che la
risultante di questa azione non sia +1 ma zero qualora il farmaco B anziché
avere una potenza e una selettività pari a -2 ce l’avesse pari a -3,cioè,quando
abbiamo farmaci bloccanti totali. Ovviamente, l’ azione può essere reversibile
o irreversibile . Reversibilità: perché un blocco di una struttura è reversibile?
Perché se aumento la quota del farmaco che attiva quel recettore, il blocco
operato dall’antagonista scompare; quindi, evidentemente, l’azione portata
dall’agonista può ritornare anche se a volte con un’ intensità non certo pari a
quando non era presente il farmaco antagonista. Fatto è che, aumentando le
concentrazioni dell’agonista, il blocco diventa reversibile, quindi,
l’antagonismo è reversibile . Ci sono invece dei casi in cui il blocco operato
dal farmaco antagonista, per delle modificazioni che subisce la struttura
ricevente cioè il recettore, è permanente a meno che non intervengano dei
sistemi o di risintesi dei recettori o di digestione del farmaco che opera il
blocco antagonistico : questo è il caso dell ‘antagonismo di tipo irreversibile.
L’antagonismo di tipo irreversibile è quello che si instaura tra due farmaci di
cui l antagonista blocca il recettore che utilizza il farmaco agonista in maniera
più o meno permanente, a meno che non intervengano delle situazioni di
rimozione . Ora, nell ambito delle varie forme di antagonismo, esistono quelle
di tipo competitivo e quelle di tipo non competitivo cioè tra i due farmaci,
agonista e antagonista, ci sono delle forme di competizione per il legame allo
stesso recettore oppure non ci sono. Nell’ambito dell’ antagonismo
competitivo, questa forma di competizione si può svolgere tra il farmaco
agonista e il farmaco antagonista; ma, nell’ ambito del antagonismo di tipo
non competitivo (ad esempio, questo qui di tipo funzionale), questo
fenomeno dell’antagonismo può verificarsi perché i farmaci possono anche
non aver a che fare l’uno con l'altro per quanto riguarda i recettori di
interesse: nel senso che l ‘antagonismo competitivo si deve svolgere tra due
farmaci e uno stesso recettore comune a tutti e due i farmaci, un
antagonismo non competitivo può anche svolgersi tra due farmaci che
attivano o disattivano recettori completamente diversi tra loro. Facciamo
l’esempio cosi ci capiamo: un antagonismo non competitivo si chiama anche
funzionale perché è svolto da due farmaci che, pur attivando recettori diversi,
si comportano in maniera antagonistica l’uno rispetto all’altro perché questi
recettori controllano la stessa funzione su un determinato organo ma in
maniera opposta . Ad esempio, se noi parliamo di farmaci che agiscono sulla
contrattilità cardiaca, sulla muscolatura cardiaca, e parliamo di farmaci tipo
l’adrenalina e l’acetilcolina, parliamo di farmaci che attivano le loro specifiche
terminazioni nervose sul cuore che comportano un’attività cardiaca opposta
l’una rispetto all’altra: l’adrenalina ,ad esempio, a livello cardiaco produce un
aumento della frequenza cardiaca, l’acetilcolina produce una diminuzione
della frequenza cardiaca . Non c’è dubbio che l’adrenalina agisce a questo
livello attivando le terminazioni nervose adrenergiche , l’acetilcolina agisce a
quello stesso livello attivando però le terminazioni nervose colinergiche :
entrambi, quindi, sono degli attivatori di funzione e non sono quindi degli
antagonisti diretti (gli antagonisti li abbiamo definiti come delle sostanze che
l’una rispetto all’altra, una accende l’altra spegne, ) tuttavia questi farmaci si
comportano in maniera opposta l’una rispetto all’altra sulla stessa funzione .
l’adrenalina attiva i propri recettori e dà un aumento della frequenza ,
l’acetilcolina attiva i propri recettori che danno una diminuzione della
frequenza ,quindi, come risultato finale, tra i due c’è un antagonismo
funzionale che non è certo di competizione perché i recettori adrenergici e i
recettori colinergici sono completamente diversi . Nell’ambito
dell’antagonismo non competitivo diverso da quello funzionale , ci può essere
un altro tipo di antagonismo che è l’antagonismo di tipo depolarizzante . Che
cos’è? E’ una forma di spegnimento dell’azione farmacologica portata da un
farmaco agonista di un certo recettore da parte di un altro farmaco che è
altrettanto agonista di quel recettore . Qui, è riportato l’esempio
dell’acetilcolina e della succinilcolina . L’acetilcolina è un mediatore fisiologico
del sistema colinergico il quale per poter avere una certa attività ha bisogno
di attivare i propri recettori , per esempio, del tipo muscarinico, mentre la
succinilcolina è ,come l’acetilcolina , un attivatore dei recettori di tipo
muscarinico . Qual è la differenza tra i due e perché si verifica un
antagonismo tra questi due farmaci? In realtà si tratta di due attivatori quindi
l’uno dovrebbe addirittura attivare l’effetto dell’altro . La differenza è che la
succinilcolina è un attivatore dei recettori muscarinici ma con un’attivazione a
sequenza il che significa che questo farmaco attiva sempre il recettore M1
dell’acetilcolina per un tempo relativamente breve , lo disattiva, lo riattiva di
nuovo, lo disattiva e lo riattiva. Quindi, la succinilcolina è un farmaco
attivatore del recettore ma in maniera fascicolata diciamo, in maniera ripetuta
per cui a livello per esempio di una certa funzionalità di quel recettore ,
questo recettore sarà stressato nella sua funzionalità: mentre una molecola di
acetilcolina lo attiva e lo disattiva e niente di più , una molecola di
succinilcolina ha questo ciclo ripetuto per cui ad un certo punto, quel
recettore risulterà desensibilizzato all’azione dell’acetilcolina che è il
mediatore fisiologico. Quindi tra i due farmaci agonisti si sviluppa una sorta di
antagonismo che in questo caso si chiama di tipo depolarizzante perché la
succinilcolina depolarizza continuamente la membrana su cui è posto questo
recettore tanto da renderlo non disponibile per l’attacco dell’acetilcolina. E
queste sono le forme di antagonismo.
L’altra condizione, e poi qui ci fermiamo, è quella di sinergismo. Il
sinergismo è un’interazione farmacodinamica tra due azioni dello stesso
segno. Che cosa ne deriva da questa interazione dello stesso segno?
Sicuramente ne può derivare un aumento dell’attività farmacologica ma ne
può derivare anche un aumento della comparsa di effetti tossici dipendente
dalle quantità di farmaco che entrano in gioco. Il sinergismo, come
l’antagonismo, è una condizione che si verifica soltanto tra farmaci e recettori
o tra farmaci , recettori e quelle strutture che rientrano nel pathway
trasduzionale del farmaco . Facciamo degli esempi e come vedete questi
possono essere di diverso tipo; i più ricorrenti nella pratica clinica sono quelli
di somma o di potenziamento. Che cos’è il sinergismo con somma? Il
sinergismo con somma : se somministriamo un farmaco ad un soggetto e
questo ha un’azione +1, somministriamo il secondo farmaco che ha
un’azione +3 alla fine osserviamo in quel soggetto un’azione pari a +4 dovuta
alla somma matematica delle singole azioni ;la somma matematica deriva dal
fatto che i due farmaci si sono comportati esattamente allo stesso modo sulle
strutture target su cui agiscono. Ad esempio, qui è riportato l’esempio
dell’ampicillina e di una penicillina G per quanto riguarda l’azione antibiotica
sui batteri Gram + . che fanno la penicillina G e l’ampicillina? Sono due beta-
lattamine e agiscono tutte e due esattamente con lo stesso meccanismo e
cioè inibizione della formazione del peptidoglicano della parete batterica in
modo tale che i batteri possano avere questo effetto di rottura della parete e
di morte , battericida. Quindi se uno di questi due antibiotici ammazza 5
batteri, la somministrazione del secondo antibiotico ne ammazzerà 4 e quindi
avremo un’attività battericida su 9 batteri. Il sinergismo con
potenziamento,invece, è quello che si svolge tra due farmaci che agiscono
uno su di un recettore e l’altro su una tappa diversa dello stesso sistema di
trasduzione attivato dallo stesso recettore del primo farmaco. Ad esempio, se
io somministro a un soggetto la noradrenalina, per quanto riguarda l’attività
sul sistema nervoso centrale io immagino produca un’attività eccitatoria; se io
ad un certo soggetto somministro la cocaina mi produrrà probabilmente la
stessa attività eccitatoria ; se io li somministro entrambi, il fenomeno
eccitatorio sarà aumentato di una x, quindi produrrà una ipereccitazione
questa cosa ma non perché la cocaina agisce come la noradrenalina anzi
agisce in maniera tale su una fase della degradazione del neurotrasmettitore
che è una fase che diciamo può essere associata alla fase su cui agisce la
noradrenalina in termini di eccitabilità del sistema nervoso. Quindi la
noradrenalina agisce sui recettori specifici, la cocaina invece impedisce che
questo neurotrasmettitore venga degradato, quindi che permanga per più
tempo nello spazio intersinaptico e che possa essere utilizzato con tempi più
prolungati quindi producendo dei potenziali d’azione maggiorati rispetto a se
io usassi la noradrenalina da sola o solo la cocaina. Gli altri sinergismi sono
poco presenti in farmacologia e sono quello degradativo ovvero quello della
comparsa di un effetto comunque aumentato rispetto a quelli che si
osservano quando si somministrano le sostanze da sole ma di una entità più
bassa rispetto a quella che può essere la somma matematica delle singole
attività . Allo stesso modo il sinergismo con inversione può addirittura essere
considerato una forma di antagonismo inverso cioè da un’azione per esempio
di +3 o +4 portata da due farmaci addirittura si può osservare una riduzione
dell’effetto farmacologico molto spesso perché come in questo caso la
ergotamina può addirittura svuotare tutti gli store di deposito dell’adrenalina e
produrre degli effetti negativi anziché degli effetti positivi quando l’adrenalina
è somministrata ai soggetti . Quindi, l’azione dei farmaci è conosciuta per
alcune molecole ma può avere anche delle modificazioni …è conosciuta
perché si conosce l’insorgenza in rapporto alla via di somministrazione ,
l’intensità e cosi via…può avere però delle modifiche che possono essere
dettate dalla presenza nello stesso soggetto di almeno un altro farmaco, il
quale farmaco può interferire con quelli che sono i processi specifici cui fa
capo il primo farmaco per esempio e modificarne sia la trasduzione sia la
funzione qualora questo recettore sia coinvolto in azioni biologiche . Si parla
di antagonismo e si parla di sinegismo come delle interazioni
farmacodinamiche che possono verificarsi o perché i farmaci agiscono sullo
stesso recettore o perché agiscono su recettori diversi ma certamente ma
con delle azioni che sono opposte nel caso dell antagonismo e con delle
azioni dello stesso segno nel caso del sinergismo.

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