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Durante il Medioevo, periodo in cui la Chiesa aveva una grande influenza sulla società e sul
potere, i pensieri e gli atteggiamenti nei confronti delle persone omosessuali erano differenti
rispetto a quelli odierni.
Innanzitutto, l’omosessualità è, in sintesi, l’attrazione emozionale e sessuale nei confronti di
una persona dello stesso sesso.
Quando ancora il paganesimo faceva parte della vita dei Romani, la sodomia era considerata
un qualcosa di normale e praticato, ma con l’arrivo del cristianesimo, questo
comportamento non è più stato ben visto dalla società cristiana.
Nel medioevo:
Nel corso del Medioevo, la Chiesa ha giudicato i rapporti omosessuali come “atti contro
natura” ritenendo che il rapporto uomo-donna fosse un valore normativo. Secondo l’articolo
Sodoma: persecuzioni, affetti, pratiche sociali di Umberto Grassi emerge di come, nonostante
la Chiesa sia contro l’omosessualità, non ci sia alcuna testimonianza esplicita che descrive il
rapporto omosessuale come perversione, ma solamente delle interpretazioni di testi che
possono alludere a ciò.
La prima fonte in cui i rapporti omosessuali vengono connotati sfavorevolmente sono le
opere di Platone, importante filosofo greco e allievo di Socrate, dove soprattutto nel suo
ultimo dialogo Le leggi, esprime in modo efferato le sue disapprovazioni nei confornti della
sodomia.
Le principali fonti nella Bibbia che affrontano il tema dell’omosessualità in chiave negativa
sono ad esempio la Lettera ai Romani di Paolo di Tarso nel nuovo Testamento. In questo
scritto l’autore afferma che i maschi, lasciando il naturale rapporto con la femmina, inizino a
provare attrazione negli altri maschi, compiendo così atti vergognosi. Inoltre San Paolo
sostiene che la sodomia sia la conseguenza di un castigo di Dio. Ciò è dato dall’idea che
l’uomo sia ignorante, non riconosca l’autorità divina e non abbia rispetto nella fedeltà
cognugale, rifiutando anche di fare figli; di conseguenza Dio lo punì con il desiderio sessuale,
che portò a guerre e disordini. Inoltre l’apostolo nella Lettera ai Romani affermò che
l’attività sessuale è legittima solo se per scopi procreativi e se praticata all’interno della
cornice del matrimonio.
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alla parte fisica dell’uomo. Nonostante ci fosse una discreta apertura mentale su questi
argomenti, l’omosessualità era comunque ritenuta un atteggiamento inopportuno.
Sempre nell’epoca cristiana, dove la religione influenzava oltremodo il pensiero della società,
la rinuncia al sesso, o per lo meno la capacità di controllare l’istinto, veniva associata alla
libertà umana.
Tra i Padri della Chiesa fu Agostino d’Ippona uno fra quelli che condannarono con maggiore
impetuosità i crimini contro natura. Egli riteneva che “i delitti contro natura, devono essere
condannati comunque e sempre, anche se tutti i popoli li commettessero”. Definí la sodomia
come “abuso di loro stessi”, e riteneva che quando la natura da Dio creata veniva oltraggiata
in tal modo, anche il rapporto tra Dio e l’uomo veniva compromesso.
Per Agostino il vincolo coniugale fungeva da esempio di amicizia, dove la solidarietà e la
fedeltà tra uomo e donna era non solo un rispetto delle gerarchie, ma anche rispetto nei
confronti del matrimonio, pianificato da Dio fin dalle origini.
Sebbene l’autore sembrasse a favore dell’unione matrimoniale, era inorridito dall’unione
degli sposi solo per soddisfare i loro desideri sessuali. Per questo condannava tali decisioni
nominandole come atti vergognosi, indicando l’astinenza da parte della coppia come rimedio
al peccato.
Come già ritrovato ne La Lettera ai Romani di Paolo di Tarso, anche negli scritti di Agostino
sono presenti i pensieri inerenti al desiderio sessuale come punizione divina dovuta alla
disubbedienza a Dio. Il peccato dunque non era una volontà dell’uomo, ma esso è stato
trasmesso nelle generazioni tramite il coito. Infatti Agostino era convinto che se Adamo ed
Eva non avessero mangiato il frutto proibito non avrebbero mai potuto provare il piacere
sessuale puro, e dare così il via a generazioni di peccatori. L’unico rapporto sessuale
concesso in paradiso era unicamente quello al fine di procreare, sempre se svolto all’interno
del matrimonio. Di conseguenza la sodomia i cui rapporti sono unicamente a scopo di
piacere, sono stati per secoli condannati dalla Chiesa, tanto da essere ritenuti emblema della
condizione decaduta dell’umanità e l’incarnazione della sua natura più bassa e ripugnante.
Provvedimenti del concilio:
Oramai il cristianesimo era diventato religione ufficiale dell’impero. Da qui ne derivò la
necessità di creare una raccolta di norme e di leggi che tutti i fedeli erano obbligati a seguire.
Sebbene il cristianesimo fu stata una religione a lungo perseguitata, dopo aver acquisito
potere ed esser diventato religione di Stato, esso compie la medesima azione, condannando
le altre forme di pensiero, opinione e tutto ciò che differisca dalle sue credenze.
C’era inoltre un maggiore controllo e sempre più severità nel rispetto delle norme inerenti al
divieto sulla pratica della pederastia, ovvero il rapporto sessuale tra un adulto e un giovane.
Ci furono anche restrizioni sull’unione di un uomo e una donna, ad esempio il Concilio di
Cartagine svolto nel 407 ha stabilito il divieto di potersi sposare una seconda volta dopo il
divorzio. Anche il concubinato è stato messo più volte in dicussione. Infatti, mentre alcuni
Padri della Chiesa approvavano, se pur con fatica, la convivenza senza il matrimonio, altri
erano convinti del contrario. Col primo Concilio di Toledo si giunse alla conclusione che solo
all’uomo sposato non era concessa la possibilità di mantenere una concubina. Mentre, ad un
uomo celibe, ovvero non ancora sposato, gli era concessa la possibilità di tenerne una, ed
era caldamente consigliato di passare a nozze.
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Tra il III e IV secolo, è stato creato il Codex, ovvero una prima raccolta di leggi. Più
precisamente il corpus iuris civilis, o chiamato anche Il Digesto giustinianeo. Esso inizia con
una riflessione del giurista Ulpiano, dove emergono l’ordine sociale, l’unione tra maschio e
femmina, la prochreazione dei figli e la loro educazione (tutte cose che ritroviamo ancora in
maniera abbastanza presente nel ventunesimo seocolo alla base della nostra società).
Il codice giustinianeo contribuí alla scelta delle condanne per il peccato della sodomia. Infatti
per la prima volta nel diritto romano venne esplicitata la condanna per gli atti omosessuali.
Questo dimostra soprattutto che il legame tra potere politico e spirituale, ovvero la Chiesa,
sia molto stretto.
I sodomiti, coloro che compiono rapporti sessuali con lo stesso sesso, erano sottoposti a
torture atroci e crudeli: molti venivano sottoposti al supplizio capitale inflitto con la spada,
altri venivano semplicemente esiliati dalla comunità. Ma la condanna più frequente era
l’evirazione, ossia la castrazione.
Giovanni Malala, storico bizantino del V-VI secolo, scrisse delle testimonianze su queste
pratiche. Narrava infatti di come avveniva l’evirazione di un sodomita nell’impero bizantino.
Nonostante non ci fosse la condanna a morte, a seguito di questo operato, numerosi uomini
morivano di conseguenza.
La stessa punizione veniva inflitta a coloro che praticavano la pederastia.
Giustiniano oltraggiò la sodomia in alcune delle sue novelle. In una egli la associò alla
bestemmia, ovvero ad un grave peccato. Per di più, giustificando la pena di morte, affermava
che non solo l’anima del peccatore subiva la dannazione eterna, ma che questi
comportamenti scaturivano addirittura carestie e pestilenze sulle città. Così scrivendo,
Giustiniano metteva ancora più in cattiva luce gli omosessuali e poneva la società spaventata
contro di loro.
Il papato:
Tra il IX-XV secolo il papato acquistò molto potere fino ad affermarsi pienamente all’inerno
della Chiesa. In poco tempo naquero scontri tra il papato e l’impero dato che entrammbi
aspiravano al potere assoluto.
La Chiesa, molto gelosa dei suoi beni, si impegnava a far si che quest’ultimi non fossero
portati via dalle famiglie di chierici. All’interno della comunità cristiana inoltre, era presente
una forte gerarchia. Tutti questi superbi atteggiamenti però causarono una richiesta di
rinnovamento all’interno della Chiesa da parte dei fedeli. Uno di loro, Pier Damiani, scrisse
una lettera a papa Leone IX. Questa lettera prese il nome di Liber Gomorrihanus. Essa riporta
una cruda denuncia nei confronti della sodomia tra il clero, mettendo in evidenza una serie
di peccati, ritenuti ugualmente punibili con l’espulsione a vita dal corpo ecclesiastico, come
per esempio la masturbazione, sia praticata autonomamente sia in comune, il sesso e la
penetrazione anale. Leone IX non accolse la sua richiesta in quanto riteneva che solo chi
praticava abitualemnte la sodomia dovesse essere punito con l’espulsione dagli ordini.
I monasteri:
Nel periodo tra il X-XI secolo, i monasteri erano sottoposti a un sovrappopolamento
costante. Questo era soprattutto dovuto all’oblazione infantile. Molte famiglie nobili
donavano ai conventi i loro bambini quando ancora erano piccoli e incapaci di decidere da
soli. Le famiglie le definivano scelte strategiche in quanto nella maggior parte dei casi
evitavano il frantumarsi dei possedimenti familiari dovuti a un eventuale matrimonio del
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figlio. Inoltre, un altro motivo per cui liberarsi di un figlio, poteva essere ritenuto
conveniente nel caso in cui il giovane fosse fisicamente o mentalmente inabile.
Per metter fine al sovraffollamento, i monaci benedettini decisero di porre dei limiti di età
per l’ingresso nel monastero, che copriva la fascia tra i cinque e i dodici anni.
Nei monasteri c’era il cntinuo timore che gli adolescenti potessero avere rapporti tra di loro
o con adulti, per questo le strutture erano studiate al fine di separare le varie generazioni e
soprattutto per avere una maggiore vigilanza sui ragazzi.