Sei sulla pagina 1di 1

Le 

notti dei fuochi del Veneto furono una sequenza di attentati avvenuti in Veneto il 31 marzo
1977, il 19 dicembre 1978, il 30 aprile 1979, organizzati da varie organizzazioni terroriste
di sinistra[1] legate all'organizzazione dei Collettivi Politici Veneti, emanazione
del Veneto dell'Autonomia Operaia e di Potere Operaio, le quali si rifacevano alle tesi della lotta
di classe e volevano attuare la rivoluzione proletaria, in Italia, sfruttando il malcontento degli
operai veneti causato dalla crisi petrolifera del 1973, colpendo però anche le forze
armate reputate complici del capitalismo. Il 1977 fu l'anno in cui lo spontaneismo raggiunse
l'apice. A Venezia la notte più drammatica fu quella del 31 marzo 1977: tutto cominciò nel
pomeriggio, con l'accalcarsi di una folla di autoriduttori presso il cinema-teatro Malibran, dove
quel giorno suonava John McLaughlin. Nei conseguenti scontri con la polizia per le calli,
volarono le molotov, e molti negozi furono danneggiati. Un gruppo si diresse verso la Strada
Nova mentre un altro verso le Mercerie. Al loro passaggio si accanirono sui grandi
magazzini Standa, Coin, la sede della CIGA, la sede de Il Gazzettino, mentre a Rialto il negozio
di Luisa Spagnoli fu completamente distrutto dalle fiamme coinvolgendo anche le case vicine.
Stessa sorte toccò all'agenzia di viaggi Melia al Ponte della Canonica, ed a un albergo presso
il Campo dei Frari nel quale furono anche esplosi dei colpi di pistola. Verso sera gli uffici
della Giunta regionale del Veneto in calle Tron furono invece colpiti con la dinamite che abbatté il
muro di cinta. Altri ordigni incendiari colpirono l'entrata del comando della Guardia di
Finanza in campo San Polo, in cui un motoscafo di servizio andò completamente bruciato.
Giunta la notte gli scontri si accentrarono prima attorno la sede del Movimento Sociale
Italiano in campo Manin, ove un carabiniere avvolto dalle fiamme di una molotov sparò ferendo
un giovane. Poi sparpagliatili dilagarono e furono colpiti gli obiettivi più vari: scuole, consolati,
sedi di aziende, oratori, sedi della Democrazia Cristiana, case di attivisti di destra, e di insegnanti
e presidi, tra cui la casa dell'anziana maestra di scuola di Franco Freda, la sede dell'Unione
italiana dei ciechi e degli ipovedenti, gli studi di 5 ginecologi (firmati "gruppo femminista 9
maggio"), case di giornalisti, associazioni artigiane, cinema, librerie, banche, perfino la porta
della Chiesa di San Giovanni in Bragora fu colpita da una molotov. A firmare le azioni le sigle più
disparate.[2]
Quanto sopra non ha nulla a che vedere con le "campagne" o "notti dei fuochi" messe in atto su
scala regionale ed interregionale dai Collettivi Politici Veneti per il Potere Operaio, che fino al
1979 si associava oltre che alle sigle "Ronde Armate Proletarie", "Proletari Comunisti
Organizzati", "Organizzazione Operaia per il comunismo", anche alla sigla del "Fronte Comunista
Combattente" e dopo il 1979 a quella del "Fronte Comunista per il Contropotere".

Potrebbero piacerti anche