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Il Soft Power e gli approcci conseguenti

Soft power: emulazione e cooptazione

“un paese può raggiungere i suoi scopi in politica


internazionale perché altri paesi – che ammirano i suoi
valori, emulano il suo esempio, aspirano al suo stesso
livello di prosperità e apertura – desiderano seguirlo. In tal
senso, nel campo della politica internazionale è importante
anche stabilire le priorità e attrarre gli altri, e non solo
costringerli a cambiare minacciandoli con la forza militare o
le sanzioni economiche. Il soft power – far sì che gli altri
vogliano gli stessi risultati cui miriamo noi – coopta le
persone anziché forzarle.”
(Nye, 2005, p.8)

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Obiettivi internazionali: come perseguirli?
• si può minacciare con la forza di un intervento armato, o prevedere
delle sanzioni economiche, come nella dimensione del comando e
della coercizione
• usare il potere economico per fornire incentivi, tentando forme di
induzione
• agire sulle preferenze definendo le priorità determinando l’agenda
setting;
• Fare appello all’attrazione, fedeltà o riconoscenza, ai valori, alla
cultura, alle politiche che si professano comuni, al fine di convincere
gli altri che sia giusto agire per preservarli, giungendo infine alla
cooptazione.
• Se uno stato riesce a persuadere gli altri a seguire i propri obiettivi
senza ricorrere a minacce esplicite o a forme di scambio, se, quindi, il
“comportamento è determinato da un’attrazione percepibile ma
intangibile” (Nye, 2005, p.10), allora il soft power può definirsi in
azione.

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Fonti di Soft Power
Internazionale Domestico
• Rispetto per le leggi internazionali, • Cultura
norme, regimi e altre istituzioni o Coesione sociale
o Qualità della vita
• Fiducia nella cooperazione e riluttanza o Liberismo
nel risolvere i problemi unilateralmente o Opportunità
o Tolleranza
• Rispetto per i trattati internazionali e per o Stile di vita
gli impegni dettati dalle alleanze
• Istituzioni politiche
• Volontà di sacrificare l ’ interesse o Democrazia
nazionale a breve termine per o Costituzionalismo
contribuire con soluzioni multilaterali ai o Liberismo/Pluralismo
problemi internazionali o Burocrazia governativa
effettivamente funzionante
• Apertura economica

Gallarotti G.M. (2010), Cosmopolitan power in international Pagina 4


politics: a synthesis of realism, neoliberalism and
constructivism, New York, Cambridge University Press.
Tre volti del potere relazionale (Nye, 2012)
1. Volto pubblico. Un attore ricorre a minacce e ricompense
per modificare il comportamento degli altri, contrastando
spesso le preferenze iniziali. Gli attori ‘subordinati’ hanno una
percezione diretta di tale forma di potere, e pertanto sono
coscienti che un attore specifico sta esercitando potere su di
loro.
2. Volto nascosto. Un attore agisce in modo da limitare le
scelte strategiche di un altro: questi potrebbe anche non
accorgersi dell’azione costrittiva dell’altro, così come
potrebbe esserne consapevole e accettare in ogni caso tale
situazione.
3. Volto invisibile. Un attore riesce a modellare convinzioni,
percezioni e preferenze dell’altro: questo il più delle volte non
ne è consapevole, e in tal modo non riesce a riconoscere chi
detiene l’effettivo potere (cfr. Nye, 2012, p. 18).

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Il soft power. Alcune critiche

• Il legame inespresso con i classici delle scienze


sociali (ad esempio Gramsci, Weber)
• Il situazionismo argomentativo ‘geografico’: è un
concetto statunitense?
• La mancanza di una definizione operativa: ad
esempio, quali sono le vere risorse ‘tangibili’?
• Il nodo del controllo statale: in uno stato
democratico, la produzione culturale è autonoma
dagli obiettivi politici
• Come si misurano i risultati?

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Il potere nelle relazioni internazionali (Barnett,
Duval, 2005)
1. Il potere come una relazione di interazione di diretto
controllo di un attore su di un altro (compulsory
power);
2. il potere come controllo che gli attori esercitano
indirettamente sugli altri attraverso relazioni diffuse di
interazione (institutional power);
3. il potere come la costituzione delle capacità dei
soggetti in una relazione diretta e strutturale
(structural power);
4. il potere come costruzione di soggettività socialmente
diffusa nei sistemi di significato e significazione
(productive power).

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Productive power
• Il productive power è “la costituzione di tutti i soggetti
sociali mediante vari poteri sociali attraverso sistemi di
conoscenza e di pratiche discorsive di ampio e
generico scopo sociale” (Barnett, Duval, 2005, p. 55).
• I discorsi, quindi, entrano a far parte delle relazioni
internazionali, poiché definiscono quanto accade nella
pratica quotidiana, determinando azioni e possibilità.
• Più ci si allontana dal potere diretto, più emergono forme
che coinvolgono la rappresentazione e la costruzione di
significati.
• Chi riesce a imporre i propri significati esercita una
forma di potere che affianca e legittima il potere
coercitivo (Castells, 2009).

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Identità e RI

• “I modelli identitari che emergono dalla


condivisione delle idee (…) costituiscono delle
strutture sociali che affiancano le strutture
materiali definite dalle polarità e danno loro un
senso.” (Buzan, 2009, p. 22)
• Ad esempio: cosa cambia se uno stato è
definito come ‘rogue state’, ‘potenza in ascesa’,
‘grande potenza’, ‘stato fallito’?
• Cfr. il caso cinese: la retorica ufficiale
sull’affermazione internazionale passa da
‘ascesa pacifica’ a ‘percorso di sviluppo
pacifico’.

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Le narrazioni strategiche: una prima definizione

• Le narrazioni strategiche sono necessarie per capire la


costruzione delle identità e dei comportamenti a queste
correlati (Miskimmon, O’Loughlin, Roselle, 2013): la
struttura narrativa delle vicende delle relazioni
internazionali ne determina i protagonisti e le azioni a
questi permesse.
• Le narrazioni strategiche contribuiscono a spiegare il
tentativo di costruzione di un’immagine nazionale
attrattiva, nella quale alcuni elementi simbolici
considerati significativi vengono isolati e sfruttati per
capitalizzare l’attenzione delle opinioni pubbliche e
definire la propria posizione tra pari (nation branding).

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Narrazioni strategiche: alcune caratteristiche

• L’ordine è il prodotto di una narrazione in termini


strumentali del passato, del presente e delle
aspirazioni future, in cui spesso gli attori si
scontrano seguendo l’asse dicotomico
‘buoni/cattivi’.
• Le narrazioni sono multiple e in conflitto tra loro.
• Le narrazioni smettono di funzionare quando
vengono meno le condizioni che le rendono credibili
(plausibili, comunicabili, intellegibili).
• Le narrazioni costituiscono l’esperienza degli
affari internazionali.

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A partire dal soft power. Approcci conseguenti

Mead (2005) elabora una tripartizione basata sulla natura


delle risorse
1.Sharp power: ‘pratico e non sentimentale’, si identifica
nel potere militare. È un elemento statico perché risponde
a una versione tradizionale delle RI.
2.Sticky power: il potere economico crea delle relazioni
attrattive ma vischiose; tuttavia l’interdipendenza
economica ridurrebbe i conflitti.
3.Sweet power: simile al soft power, si basa sull’attrattività
dei valori. Non tutti ne percepiscono la gravità (es. i diritti
umani o le politiche di genere). Le risorse sono: cultura,
ruolo nel mondo (presenza nelle istituzioni internazionali e
di sicurezza), politiche migratorie e diritti umani.

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Cosmopolitan Power (Gallarotti, 2010)
• Esiste una relazione biunivoca tra il potere e le
linee teoriche delle RI: l’hard power risponde a un
approccio realista; il soft power risponde ad
approcci neoliberali, istituzionalisti e costruttivisti.
• Il cosmopolitan power riassume gli approcci
tradizionalmente utilizzati nella definizione del
potere e li sintetizza in virtù di una continua
integrazione tra dimensioni materiali e immateriali,
in modo da suscitare “affetto” e “ammirazione” per
generare l’allineamento delle preferenze.
• Si sfruttano le dimensioni materiali e quelle
domestiche e internazionali connesse con i valori,
la cultura e le azioni.

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Cosmopolitan power
L’utilizzo congiunto di hard power e soft power è
costitutivo del potere stesso (cfr. Nye e l’idea di smart
power). I principi fondamentali di questa forma di
potere sono:
1.ottimizzare il potere assoluto e quello relativo,
mediando, quindi, tra il potere proprio dello stato e la
necessità di adeguarsi al potere delle strutture.
2.Il potere nazionale non è innato, né fisso, ma deriva
dalle interazioni ed è pertanto definito dal contesto
sociale.
3.L’obiettivo di uno stato è la stabilizzazione della
sicurezza (anarchia come fattore determinante).

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Il social power (Van Ham, 2010)

• Il social power riconduce il potere all’abilità di uno


stato di determinare quanto sia legittimo, e pertanto
‘normale’ e consentito, nelle relazioni
internazionali.
• Questa forma di potere, molto fluida e dai percorsi
non prevedibili, si muove entro i binari imposti dalla
comunicazione e dalla relazione: le risorse non
sono ‘date’ e obiettive, ma occorre sempre valutare
come queste siano percepite e utilizzate dagli attori
internazionali.
• Si manifesta in ogni ambito che interessa il normale
svolgimento della vita internazionale: relazioni
sociali, istituzioni, discorsi, media.
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Social power/1
• Si manifesta nella specificità della relazione:
“così come una pistola segretamente chiusa in un
cassetto senza che nessuno ne sappia niente non
è una minaccia di forza credibile, il social power è
contingente all’interazione, alla comunicazione, alle
relazioni e alle istituzioni” (Van Ham, 2010, p. 3).
• Opera attraverso il convincimento
relazionale che interessa l’agenda setting, il
framing, la diplomazia pubblica e il nation e
place branding.

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Social power/2
• Il social power può essere utilizzato dagli attori più
disparati, ma non può essere modellato dai singoli,
poiché questo risente di grandi, e tendenzialmente
stabili, segmenti interpretativi, influenzati e plasmati
dalle culture, dalle tradizioni, dalle logiche dei media,
dalle istituzioni, così come dalle tendenze del momento.
• La ‘normalità’, nelle RI, varia secondo le contingenze e i
periodi storici.
• Per ‘normalità’, secondo Van Ham (2010), si deve
intendere quanto si può ricondurre alla conoscenza
comune, riferendosi quindi a tutti quei fatti socialmente
condivisi, intersoggettivi, che non possono essere
intaccati dai singoli individui

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Il Social Power come strumento competitivo/1

• Il cittadino medio acquista conoscenza delle RI dal


discorso dei media (second hand reality): passano
attraverso i media la strutturazione delle questioni in
termini di gerarchia e rilevanza e le cornici interpretative
attraverso le quali si interroga la realtà.
• Questo contesto non è univoco: così come ci si può
apertamente opporre all’hard power, si può contestare lo
stesso social power, proponendo nuove narrazioni,
oppure delegittimando quelle dell’avversario.
• Il social power, quindi, è un fenomeno che si adatta alla
competizione, poiché tale è il processo che conduce
verso l’imposizione di nuovi standard, o che interessa la
promozione o difesa di norme e valori.

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Il Social Power come strumento competitivo/2

• Il processo di ribaltamento delle narrazioni è


reso difficile dalla connotazione dello spazio nel
quale queste prendono forma: la quasi totalità
delle questioni politiche è già normata; i
potenziali nuovi valori devono farsi spazio in
un’arena sovraffollata, o approfittare degli
accadimenti improvvisi (es. l’undici settembre).
• Il ruolo dei media va inteso in due modi (idea di
‘sfera mondiale di contestazione discorsiva’
Chong, 2007):
1. Presidiare il proprio spazio mediatico contro le
ingerenze informative degli altri;
2. Politiche per influenzare lo spazio mediale degli altri.

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