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Definizioni principali

CAPITOLO 1

DEFINIZIONI PRINCIPALI

§ 1. - Membri di una macchina.

Le varie parti di una macchina, allorquando siano suscettibili di


moto relativo l'una rispetto all'altra, nella terminologia corrente della
Meccanica applicata si dicono membri della macchina. Se uno di tali
membri è, in particolare, fisso, esso costituisce il telaio della macchina
stessa.
Un membro della macchina può essere solido (biella, stantuffo di una
macchina alternativa), liquido (il lubrificante, l'acqua in una pompa), o
aeriforme (i gas in espansione all'interno del cilindro di una motore al-
ternativo).
A sua volta un membro solido può essere rigido o defor-
mabile, e se è deformabile può a sua volta essere elastico (una mol-
la), anelastico (l'asfalto sotto un compressore stradale), o flessibile
(una cinghia, una catena) se può essere disposto con il suo asse geo-
metrico secondo una linea qualsiasi senza per ciò aver necessità di do-
ver fornire lavoro esterno.
Una tale classificazione è tuttavia puramente convenzionale:
a rigore, un membro reale non può essere attribuito in modo esclusivo
ad una di queste categorie. Un membro rigido, ad esempio ha sempre
in sé una certa aliquota di elasticità, e, a seconda delle sollecitazioni cui
è sottoposto, può anche divenire anelastico. Analogamente, un mem-
bro flessibile ha pur sempre bisogno, per essere deformato, di ricevere
una certa quantità di lavoro esterno e può pure possedere una certa
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Corso di Meccanica applicata alle macchine

dose di elasticità.
La validità di questa classificazione ha, tuttavia, un senso per-
ché ci dà la possibilità di definire un modello matematico del sistema
che sia sufficientemente semplice nelle espressioni analitiche che lo de-
scrivono; in pratica, ha lo scopo di precisare le ipotesi di lavoro cui il
modello corrisponde.

§ 2. - Il moto in una macchina.

Si chiama moto libero quello di un corpo che non ha alcun


vincolo materiale con altri corpi, mentre si chiama moto vincolato
quello di un membro materialmente connesso ad altri e che è da questi
cinematicamente condizionato.
Considerati due membri di una macchina, (A) e (B), se si defi-
nisce moto diretto il moto di (A) rispetto a (B), è definito come moto
inverso (o reciproco) il moto di (B) rispetto ad (A).
Quando un membro, il cui moto è definito come quello che, in
un dato verso, fa percorrere ai suoi punti certe traiettorie, se esso, poi,
si muove invece in verso opposto, in modo che i suoi punti ripercor-
rono le medesime traiettorie, si dice che esso è in moto retrogrado.
Quando una macchina, partendo da una configurazione iniziale
dei suoi membri, dopo aver assunto configurazioni diverse, si ripresenta
dopo un certo tempo nella medesima configurazione, si dice che essa
ha compiuto un ciclo di movimento. Se al termine di ogni ciclo la
macchina non si arresta il suo moto si dice continuativo; se si arresta
per un intervallo di tempo finito prima che inizi il ciclo successivo, il
moto si dice intermittente; se durante il ciclo il suo moto si inverte, il
moto si dice alternativo.
Se cicli successivi sono compiuti secondo un’identica legge del
moto, il moto si dice periodico. In tal caso si può avere regime pe-
riodico se la variazione di energia cinetica in un tempo pari al periodo,
o ad un multiplo di questo, è nulla; mentre se l'energia cinetica si man-
tiene costante nel tempo siamo nel caso di regime uniforme (o asso-
luto).
Quando il funzionamento di una macchina non è in condizioni di
regime essa si trova in condizioni di moto vario, (generalmente un
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transitorio) situazione tipica delle fasi di avviamento o di arresto.


Quando una macchina viene considerata funzionante in assenza
di fenomeni dissipativi si dice che essa funziona in condizioni ideali;
viceversa sarà in condizioni di funzionamento reale.

§ 3. - Le coppie.

Per poter avere trasmissione


di lavoro fra due membri di
una macchina, questi devono
essere innanzitutto a contatto;
e lo sono, in generale, attra- Figura 1
verso due superfici, sagomate
in modo opportuno, che prendono il nome di superfici coniugate.
L'insieme delle due superfici coniugate, fra le quali esiste moto relativo,
ed attraverso le quali
si trasmettono le for-
ze, si definisce cop-
pia.
In una mac-
china, le coppie co-
stituiscono elemento
fondamentale per il
suo studio: in genera-
le, infatti, tutte le ni -
formazioni a ciò utili
Figura 2
si possono ricavare
proprio in corrispondenza di esse, punto di transito sia per gli sposta-
menti che per le forze, elementi costitutivi del lavoro che i membri si
trasmettono. Ed è per questo che, nelle schematizzazioni della cinema-
tica, gli elementi di collegamento fra le coppie non vengono caratteriz-
zati in modo particolare.
Si definisce coppia cinematica quella che lascia a ciascun
membro un solo grado di libertà, ossia una sola possibilità di moto
relativo; se ciò non accade, non siamo in presenza di una coppia ci-
nematica.
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Corso di Meccanica applicata alle macchine

Una coppia costituita da uno stelo prismatico e dalla guida in cui esso
scorre (fig.1) è una coppia cinematica; non è coppia cinematica (fig.2)
quella costituita da uno stelo cilindrico e dalla sua guida. In questo se-
condo caso, infatti, lo stelo oltre a poter scorrere lungo il suo asse ha
anche la possibilità di ruotare intorno ad esso; ha quindi due gradi di
libertà.

§ 4 - Classificazione delle coppie.

Se si fa riferimento al tipo dei membri che vengono in contatto


nella realizzazione di una coppia, si può fare una prima distinzione fra
coppie rigide, se entrambi i membri che formano coppia sono rigidi,
coppie rigido-flessibile, se uno dei membri è rigido e l'altro flessibile,
rigido-fluido, se si è in presenza di un fluido in contatto con un rigido,
ecc., e quindi una classificazione sulla base della "qualità" dei membri
che si trovano a
contatto.
Se, invece,
si vuole fare una
distinzione in base
alla mobilità della
coppia, ossia al
tipo di vincolo
che esse realizza-
no, si possono
distinguere le Figura 3
coppie in cui un
membro è fisso me ntre l'altro è mobile, da quelle in cui sono mobi-
li entrambi gli elementi. Si parlerà così di coppie fisse, nel primo ca-
so, e di coppie mobili nel secondo.
Dal punto di vista cinematico è più interessante la distinzione
fra:
- coppie indipendenti, (fig.1), in cui la forma stessa delle superfici co-
niugate assicurano, nel moto relativo, un solo grado di libertà (stelo
prismatico);
- coppie dipendenti, in cui la forma delle superfici coniugate non assi-
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cura, di per sé, un unico grado di libertà, ma questo viene ottenuto in-
direttamente tramite l'imposizione di ulteriori vincoli (stantuffo-cilindro
+ spinotto-biella-manovella-telaio);
- accoppiamenti di forza, (fig.3), in cui la geometria dei membri a
contatto assicura solamente un vincolo unilaterale, e quindi incompleto,
ed in cui l'azione del vincolo si può esercitare con certezza solo se esi-
ste una forza esterna agente su uno dei membri (forza di chiusura); è
questa che garantisce il permanere del contatto e quindi la reale esi-
stenza dell’accoppiamento.

§ 5. -Tipi di contatto fra le superfici di una coppia.

Caratteristica comune di tutte le coppie è la circostanza che, in


assenza di punti singolari, le loro superfici presentano sempre, nel pun-
to di contatto, un piano tangente comune ; la normale a tale piano
passante per quel punto si chiama normale di contatto.
Sulla base della natura geometrica del contatto le coppie pos-
sono presentare:
- contatti puntiformi (come nel caso dei cuscinetti a sfere);
- contatti lineari (come nel caso dei cuscinetti a rulli);
- contatti superficiali o di combaciamento (caso delle bronzine).

I primi due tipi, in effetti, esistono solamente, sia detto subito, come
semplice astrazione teorica in quanto, in generale, la deformabilità dei
materiali a contatto genera localmente una certa areola attraverso la
quale ha effettivamente luogo il contatto e sulla quale i valori di pressio-
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Corso di Meccanica applicata alle macchine

ne possono raggiungere
anche livelli elevati; i con-
tatti superficiali presenta- (r)

no invece una più estesa


distribuzione dei punti di
contatto e quindi, a parità
di forza scambiata, valori
più bassi di pressione. (r)
Un’ulteriore di-
Figura 4
stinzione può essere fatta
riferendosi ai caratteri cinematici
(r)
della coppia stessa, ovverosia al
tipo di moto relativo che si può re-
alizzare fra i due membri a contat-
to: in questo senso si possono
avere, allora, contatti di rotola- (r)

mento, contatti di strisciamento,


contatti d'urto.
Se si hanno due membri
(A) e (B) in contatto fra loro, si è
in presenza di un contatto di ro-
tolamento quando l'atto di moto Figura 5
relativo di uno dei due membri,
per es. (B), rispetto all'altro, (A), è tale per cui nel punto C di contat-
to, all'istante considerato,
si ha:
r
vC( r ) = 0 1
2
mentre rimane diversa da
zero la velocità di tutti gli
1
altri punti di (B).
L'atto di moto è, in tal ca-
2
so, un atto di moto rota-
torio intorno ad una retta
passante per il punto di (r)

contatto C e caratterizzato Figura 6


v ( r)
da un vettore ω ≠ 0 .
A seconda della giacitura di tale retta rispetto al piano tangente co-
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mune di contatto in C si può avere: rotolamento puro (fig.4), se l'as-


se istantaneo della rotazione giace su tale piano; prillamento puro
(fig.5) se l'asse istantaneo della rotazione è disposto perpendico-
larmente al piano tangente; rotolamento e prillamento (fig.6), quan-
do l'asse istantaneo della rotazione è comunque inclinato rispetto al
piano tangente: in tal caso si possono individuare separatamente la
r
componente di rotolamento (ω 2 , sul piano tangente) e la componente
r
di prillamento (ω 1 , perpendicolare al piano tangente).

Si è, invece, in
C(B)
presenza di un contatto di C(A)

strisciamento (fig.7) se è
possibile individuare sul
piano tangente comune di
(r) (r)
contattor una retta di verso- C C
re τ tale per cui, per il
punto C di contatto, si può
scrivere:
r r
v C( r) = v c( r )τ vc( r ) ≠ 0 Figura 8

ossia che la velocità del punto di contatto C nel moto relativo dei due
membri (A) e (B) giace proprio sul piano tangente comune.
Discende da questa circostanza una caratteristica del contatto di stri-
sciamento: le velocità assolute di due punti in contatto di stri-
sciamento hanno la medesima componente lungo la normale di
contatto.
Consideriamo, infatti, (fig.8) il punto di contatto C fra due membri (A)
e (B) che siano fra loro in moto relativo di strisciamento, e chiamiamo
r r
vC ,( A) e vC ,( B ) rispettivamente le velocità che ha il punto C, nel moto
assoluto dei due membri, quando lo si considera appartenente una vol-
ta ad (A) ed una volta a (B).
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Corso di Meccanica applicata alle macchine

La velocità che avrà il pun- (r)

to C nel moto relativo, per (r)


O
es. di (B) rispetto ad (A),
(r)
sarà allora data da:
r r r r
v C( r ) = v C ,( B ) − v C .( A) = v C( r)τ (r)
(r)
C

Ne segue che, se si indica Figura 7


r
con n il versore della nor- (r)

male comune di contatto, Figura 9


sarà:
( v C( r) τr × nr) nr = 0
ossia:

[(r r
) ]
r r
v C ,( B) − v C ,( A) × n n = 0

e quindi: P

(r
) (
r r r r r
v C ,( B) × n n = v C ,( A) × n n ) 0
1

n
C'
r
Il vettore v C(r ) è il vet- Figura 10
tore velocità di stri-
sciamento di C nel moto relativo di (B) rispetto ad (A ) e, se siamo in
presenza di strisciamento puro, tutti i punti di (B) avranno la medesima
velocità.
Nel caso in cui, invece, il moto relativo risulta composto con-
temporaneamente da un moto di rotolamento e da uno di striscia-
mento (fig. 9) si avrà, nel contatto la sovrapposizione delle caratteristi-
r
che cinematiche dei due moti componenti: il vettore ω , caratteristico
r
del rotolamento, ed il vettore v C(r ) , caratteristico dello strisciamento;
tutti i punti di (B) avranno, in tal caso, velocità proporzionali alla rispet-
tiva distanza dal punto che è il centro delle velocità in tale moto relati-
vo.
r
Si ha, infine, un contatto d'urto quando la v C(r ) , nell’istante in
cui in C ha inizio il contatto, ha una componente non nulla nella direzio-
ne della normale di contatto e diretta nel verso per il quale le due su-
perfici tendono ad avvicinarsi.
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Nel caso, per esempio, di un disco che, rotolando su un piano senza


strisciare, viene in contatto con un ostacolo (fig. 10) si ha che, un istan-
te prima del contatto, il suo atto di moto è una rotazione intorno al pun-
to C e quindi il punto C' che andrà in contatto con l'ostacolo avrà in
quell'istante una velocità:
r r
v C' = ω ∧ ( C '− C)
r
la quale presenta, lungo la normale di contatto, una componente v n di-
versa da zero e diretta verso l'ostacolo; tale componente, data la non
compenetrabili-tà dei corpi, deve annullarsi istantaneamente (il punto
C' diventa improvvisamente centro istantaneo di rotazione) e di qui l'ur-
to.
In realtà, poiché esiste sempre una certa deformabilità dei
r
corpi, l'annullarsi della v n avviene in un intervallo di tempo finito e
quindi anche la forza che i due corpi si scambiano durante l'urto è
grande ma anch'essa finita.
In relazione a ciascuno di questi tipi di contatto si possono
fare alcune considerazioni di natura dinamica.
Il contatto di rotolamento è quello che richiede il minor di-
spendio d’energia, ma, per il fatto che esso avviene per punti o per
linee, comporta il dover ricorrere a materiali con caratteristiche mecca-
niche elevate poiché nel contatto si manifestano carichi locali elevati.
Il contatto di strisciamento è quello che richiede la maggior
r
quantità d’energia in quanto la presenza nel contatto di una v C(r ) non
nulla è legata al manifestarsi di fenomeni dissipativi più o meno ac-
centuati ma sempre presenti (attrito asciutto o mediato).
I contatti d'urto sono quelli in cui si manifestano forze e de-
formazioni di notevole entità e sono quindi, generalmente, da evitar-
si in quanto pericolosi per la vita stessa della macchina; producono, fra
l'altro, un rapido logoramento delle parti a contatto, vibrazioni, disper-
sioni di energia, ecc..
Ciò non toglie, tuttavia, che esistono pure dei casi in cui i contatti d'urto
sono appositamente voluti, per es. in macchine come magli, battipalo, o
altre, laddove viene sfruttata proprio l'energia che, in seguito all'urto si
trasferisce dall'uno all'altro dei membri in contatto.
Conviene infine sottolineare che, poiché il contatto d'urto dà luogo ad
un accoppiamento istantaneo, esso è da escludere ai fini della at-
tuazione di un moto relativo di tipo continuativo, ricorrendo e-
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Corso di Meccanica applicata alle macchine

sclusivamente, per ciò, a coppie che presentino contatti di rotola-


mento o contatti di strisciamento.

§ 6. – Coppie superiori e coppie inferiori.

Le coppie si possono ancora distinguere in due categorie: cop-


pie elementari (o inferiori) e coppie superiori.
Le coppie inferiori sono le coppie rigide (costituite da mem-
bri rigidi), indipendenti, e le cui superfici presentano un contatto di
combaciamento.
Le loro superfici sono identiche e devono poter scorrere fra loro senza

Figura 11

deformarsi.
Possono essere solamente di tre tipi: prismatiche, rotoidali, elicoida-
li e sono raffigurate in fig.11 insieme ai simboli cui normalmente si ri-
corre per identificarle.
Esse, nel moto relativo, realizzano i tre moti rigidi elementari: tra-
slatorio, rotatorio, elicoidale. Inoltre godono della proprietà di esse-
re reciproche, ossia di poter scambiare la funzione dei due membri
che costituiscono la coppia.
Le coppie superiori sono invece tutte quelle che, mancando di
uno o più dei requisiti visti, non sono elementari: comprendono (fig.12)
coppie combacianti ma non rigide (puleggia-flessibile, palettatura di
una turbina-fluido, ecc.), coppie rigide, combacianti, ma non indi-
pendenti (snodo sferico), rigide ma non combacianti (ruote dentate
o eccentrici), in cui il contatto non è superficiale e per le quali il moto
relativo consentito non è un moto rigido elementare.
In tal caso le superfici a contatto sono ancora superfici coniugate, ma
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sono diverse per forma e caratteri geometrici, e si toccano lungo linee


variamente distribuite.
Gli elementi che costituiscono una coppia superiore non posso-
no essere scambiati senza, generalmente, alterare la funzionalità della
coppia stessa.

§ 7. - Catene cinematiche.

Si dice catena l'insieme


di due o più membri cinemati-
camente accoppiati fra loro; se
gli accoppiamenti sono ottenuti Figura 13
tutti per mezzo di coppie cine-
matiche, siano esse indipendenti o dipendenti, e sono tali per cui, fissa-

1 2

2
1 1
2

1 2

Figura 12

to uno qualsiasi dei membri della catena, ne risulta un sistema ad un sol


grado di libertà, la catena è una catena cinematica.
Se una catena cinematica è tale per cui i suoi membri presentano cia-
scuno due soli accoppiamenti con membri adiacenti, essa è una catena
cinematica semplice; se invece uno o più membri di essa presenta più
di due accoppiamenti con membri adiacenti la catena è una catena ci-
nematica composta (fig.13).
Se l'ultimo membro della catena è accoppiato con il primo membro
della stessa sia ha una catena cinematica chiusa; diversamente si ha
una catena cinematica aperta.
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Corso di Meccanica applicata alle macchine

§ 8. - Meccanismi.

Una catena cinematica chiusa è un meccanismo quando uno dei


suoi membri ha funzione di telaio ossia è un membro fisso.
Il meccanismo con il minor numero di membri, come si vedrà al
paragrafo successivo, è costituito da tre elementi rigidi (due membri
mobili ed il telaio), ed in tal caso, per poter essere idoneo alla trasmis-
sione di lavoro meccanico, dovrà necessariamente contenere una cop-
pia superiore e due inferiori; di queste ultime una dovrà essere neces-
sariamente una coppia rotoidale, l'altra potrà essere o rotoidale o pri-
smatica (ruote dentate, eccentrici a punteria, a piattello, a leva, ecc.).
In base alla disposizione degli assi di rotazione delle coppie i
meccanismi si possono suddividere in:
- meccanismi piani, quando gli assi di rotazione delle coppie sono
tutti paralleli fra loro;
- meccanismi sferici, quando gli assi di rotazione delle coppie sono
concorrenti in un punto;
- meccanismi spaziali, quando gli assi di rotazione delle coppie sono
comunque disposti nello spazio.
Tutti i meccanismi conosciuti sono classificabili, a seconda della
loro costituzione, in sei classi:

meccanismi ad aste (o a manovelle) meccanismi a rullo


meccanismi a ruote meccanismi a camme
meccanismi a vite arpionismi

Solo i meccanismi della prima colonna consentono la trasmissione di un


moto continuativo.
Il complesso di più meccanismi collegati fra loro costituiscono
una macchina.
Il collegamento fra due o più meccanismi può essere realizzato
in serie, quando il cedente del primo è anche movente del secondo; o
in parallelo, quando i diversi meccanismi abbiano in comune un unico
movente o un unico cedente. Nel collegamento in parallelo, se si ha un
unico movente il lavoro da esso trasmesso si ripartisce fra i cedenti dei
diversi meccanismi, mentre, se si ha un unico cedente, è questo che
raccoglie il lavoro che gli perviene da ciascun meccanismo.
Due meccanismi diversi si dicono cinematicamente equiva-
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lenti quando entrambi i moventi ed entrambi i cedenti hanno lo stesso


identico moto.

§ 9. -Gradi di libertà di un meccanismo piano.

Per gradi di libertà di un sistema si intende il numero minimo di


parametri che occorre in qualche modo fissare per poterne definire in
modo inequivocabile la posizione.
Se si ha a che fare con un rigido mobile su un piano (il che vuol dire
che si ipotizza che non se ne possa allontanare) la sua posizione è uni-
vocamente determinata se è fissata, rispetto ad un qualsiasi riferimento
fisso, la posizione di un suo punto e la direzione (angolo) di una retta
che gli appartiene.
Ciò vuol dire che un rigido in moto piano possiede tre gradi di liber-
tà: le due coordinate del punto e l’angolo formato dalla retta rispetto al
riferimento usato.
Se il rigido, invece, può muoversi nello spazio i suoi gradi di
libertà diventano sei; per definirne la configurazione, infatti, occorrerà
fissare, ad esempio, la posizione nello spazio di uno dei suoi punti (tre
coordinate) ed ancora tre angoli per stabilire in modo univoco la sua
orientazione.
Per un meccanismo piano, allora, se indichiamo con m il nume-
ro dei membri mobili, con i il numero delle coppie inferiori, e con s
il numero delle coppie superiori presenti, il numero dei gradi di libertà
g del meccanismo può essere calcolato con la relazione:
g = 3m − 2i − s
Infatti ogni membro mobile avrebbe, nel piano, 3 gradi di libertà, ogni
coppia cinematica inferiore toglie 2 gradi di libertà al moto relativo fra
due di essi, mentre ogni coppia superiore ne toglie uno soltanto.
Particolare attenzione occorre prestare alle coppie di puro ro-
tolamento le quali dal punto di vista del contatto andrebbero compu-
tate fra le coppie superiori: la condizione che nel punto di contatto C vi
r
sia rotolamento puro implica l'ulteriore condizione che sia v C( r) = 0 , e
ciò riduce ad 1 i gradi di libertà consentiti da questo tipo di coppia.
Pertanto è possibile, dal punto di vista pratico, o computare diretta-
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Corso di Meccanica applicata alle macchine

mente una coppia di puro rotolamento fra le coppie inferiori, oppure


attenersi alle definizioni date e decurtare poi il valore di g ottenuto di un
numero pari a quello delle coppie di rotolamento puro presenti nel
meccanismo.
Il moto di un meccanismo con g gradi di libertà è definito quan-
do è assegnata l'equazione oraria di un numero di membri pari a g.
In base alla precedente relazione si possono trarre alcune con-
clusioni circa la possibile costituzione dei meccanismi piani ad un solo
grado di libertà, e, in particolare, si può determinare quale possa esse-
re la costituzione minima di un meccanismo piano per quanto concerne
al numero dei suoi membri.
Se il meccanismo deve avere un solo grado di libertà (g =1) dovrà es-
sere:
3m − 2i − s = 1
ed inoltre, se il meccanismo deriva da una catena semplice (chiusa),
dovrà aversi pure che il numero complessivo dei vincoli sia superiore di
una unità al numero dei membri mobili, ossia dovrà aversi:
s+ i = m+1
e ciò per il fatto che, in una catena semplice, ad ogni membro mobile
corrisponde una coppia che lo collega al membro successivo, ed una

Figura 14

ulteriore coppia deve esistere per la chiusura della catena.


Considerando, allora, il caso minimo in cui il meccanismo abbia un solo
movente ed un solo cedente (m = 2), le due precedenti condizioni sono
soddisfatte per s =1 ed i = 2; se ne conclude che il meccanismo più
semplice può essere costituito (fig. 14) da due membri mobili vincolati
fra loro da una coppia superiore e da due coppie inferiori.
C'è da osservare, ancora, che esistono alcune limitazioni circa la
15
Definizioni principali

disposizione delle coppie in un meccanismo piano (fig. 15), disposizio-


ne che può far cadere in difetto la relazione data per il calcolo dei gradi

(a) (b) (c)


Figura 15

di libertà:
a) - un membro rigido non può essere connesso ai membri adiacenti
tramite due coppie prismatiche i cui assi siano paralleli: l'unica possibili-
tà di movimento compete al solo membro 2 mentre è impossibile la ro-
tazione relativa fra i membri 1 e 3;
b) - quattro membri di una catena cinematica non possono essere con-
nessi fra loro con 3 coppie prismatiche consecutive: si avrebbe un
meccanismo labile;
c) - una catena cinematica chiusa, anche se interna ad un meccanismo,
non può avere meno di due coppie rotoidali : l'angolo costante fra le
coppie prismatiche impedisce qualsiasi moto relativo della coppia ro-
toidale 4•5.
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