Documenti di Didattica
Documenti di Professioni
Documenti di Cultura
Introduzione:
• Struttura del sistema tributario italiano.
• evoluzione del gettito tributario nell’anno 2020 durante l’ondata di pandemia.
• Perché i tributi?
Entrate tributarie erariali (Stato centrale) in milioni di euro (preconsuntivo 2020; Bollettino 233 MEF = ministero
dell’economia delle finanze, gestisce la raccolta del gettito)
IRPEF principale imposta del nostro sistema tributario. Imposta sul reddito delle persone
187.436
fisiche. Ovvero l’imposta che viene utilizzata per tassare i redditi delle persone fisiche.
IRES imposta sui redditi delle società. Come suggerisce il nome, questa imposta colpisce il
33.564 reddito di società, ma anche di enti e altre organizzazioni (diverse dalle società di
persone).
Imposte Imposta sostitutiva su interessi e redditi da capitale (redditi che si formano a fronte di
252.572 8.245
dirette prestiti di denaro.)
IMU erario. L'imposta municipale unica è un'imposta del sistema tributario italiano che
3.620
viene applicata sulla componente immobiliare del patrimonio.
3.000 Assicurazioni
Totale 3.909 Registro
entrate 12.798 Altre dirette
446.79 IVA (imposta sul valore aggiunto) imposta generale, si applica a tutti gli scambi tra beni e
123.636
6 servizi tranne a quelli esenti.
6.726 Bollo
3.812 Assicurazioni
1.437 Ipoteche
Imposte 364 Tobin tax sulle transazioni finanziarie
194.224
indirette 1.898 Canone Rai
240 Tasse automobilistiche
429 Successioni e donazioni
38.993 Accise, imposte applicate su alcune tipologie di beni. (benzina, tabacchi e alcool)
9.488 Lotto e giochi (al lordo delle vincite)
7.201 Altre dirette
Entrate tributarie erariali (Stato centrale) composizione % (preconsuntivo 2020; Bollettino 233 MEF)
42.0% IRPEF
Imposte dirette 7.5% IRES
Le imposte dirette sono 1.8% Imposta sost. su interessi e redditi da capitale
quelle che si applicano o 56.5 % 0.8% IMU erario
sul reddito o sul 0.7% Assicurazioni
patrimonio. 0.9% Registro
2.9% Altre dirette
27.7% IVA
Totale
1.5% Bollo
entrate
Imposte indirette 0.9% Assicurazioni
471.622
Le imposte indirette si 0.3% Ipoteche
applicano quando c’è 0.1% Tobin tax sulle transazioni finanziarie
uno scambio di beni e 43.5 % 0.4% Canone Rai
servizi. Ovvero la 0.1% Tasse automobilistiche
transizione economica. 0.1% Successioni e donazioni
8.7% Accise
2.1% Lotto e giochi (al lordo delle vincite)
1.6% Altre dirette
Quattro imposte principali: 42.0 + 7.5 + 27.7 + 8.7 = 85.9% delle entrate complessive
Quattro imposte: 40.6 + 7.1 + 29.0 + 9.3 = 86.0% delle entrate complessive (ANNO 2019)
1
Totale Entrate tributarie erariali: 446.796 milioni di euro Totale Entrate tributarie erariali 2019: 471.979 milioni di
(preconsuntivo 2020; Bollettino 233 MEF) euro
Quanto “pesano” rispetto al PIL (valore ai prezzi di mercato di (preconsuntivo 2020; Bollettino 233 MEF)
tutti i beni e servizi finali prodotti in un anno in un paese)? Quanto “pesano” rispetto al PIL?
PIL 2020: 1.651.595 milioni di euro PIL 2019: 1.792.961 milioni di euro
Entrate tributarie = 27,05% del PIL Entrate tributarie = 26,32% del PIL
Entrate tributarie territoriali (milioni di euro e composizione %) (preconsuntivo 2020; Bollettino 233 MEF)
Totale Regioni 31.987 12.04 Addizionale regionale IRPEF
entrate 7
territoriali 19.94 IRAP
58.357 0 Quello che ne ha risentito di più
comuni 21.680 4.732 Addizionale comunale IRPEF è stata l’IRAP
16.94 IMU e IMIS
8
Entrate tributarie territoriali (milioni di euro e composizione %) (preconsuntivo 2019; Bollettino 221 MEF)
Totale Regioni 37.386 11.41 Addizionale regionale IRPEF
entrate 0
territoriali 25.16 IRAP
58.357 8 Quello che ne ha risentito di più
comuni 20.971 4.670 Addizionale comunale IRPEF è stata l’IRAP
16.30 IMU e IMIS
1
2
16,301 16,948 3.97 IMU IMIS
BOLLETTINO DELLE ENTRATE TRIBUTARIE 2020 (impatto del covid) – appendici statistiche al bollettino 226
1. Totale entrate tributarie – dati mensili
Accertamenti Consuntivo Consuntivo Preconsuntivo Variazioni assolute Variazioni %
(in milioni di euro) 2018 2019 2020 2019 – 2020 2019 – 2020
Totale Gennaio – Dicembre 463.775 471.979 446.796 - 25.183 - 5,3 %
Gennaio 35.603 36.532 37.687 1.155 3,2 %
Febbraio 31.159 30.379 32.893 2.515 8,3%
Marzo 30.276 30.517 28.300 - 2.217 - 7,3%
Aprile 31.175 31.892 24.850 - 7.042 - 22,1%
Maggio 34.798 35.642 26.001 - 9.641 - 27,0%
Giugno 35.536 35.247 36.573 1.326 3,7%
Luglio 50.544 49.846 44.644 - 5.202 - 10,4%
Agosto 43.206 38.103 40.618 2.515 6,6%
Settembre 29.586 36.557 31.932 - 4.625 - 12,7%
Ottobre 32.703 34.995 33.870 - 1.125 - 3,2%
Novembre 60.380 45.086 56.278 11.192 24,8%
Dicembre 48.810 67.185 53.150 - 14.035 - 20,9%
TOTALE ANNUO 463.775 471.979 446.796 - 25.183 - 5,3 %
1. Imposte dirette
Accertamenti Consuntivo Consuntivo Preconsuntivo Variazioni assolute Variazioni %
(in milioni di euro) 2018 2019 2020 2019 – 2020 2019 – 2020
Totale Gennaio – Dicembre 247.771 252.549 252.572 23 0.0%
Gennaio 24.931 25.390 26.219 829 3.3%
Febbraio 15.859 14.654 17.146 2.492 17.0%
Marzo 13.685 13.817 14.119 302 2.2%
Aprile 14.445 15.175 14.203 - 972 - 6.4%
Maggio 14.410 14.601 14.411 - 2.190 - 15.0%
Giugno 19.631 19.371 24.344 4.973 25.7%
Luglio 33.461 32.830 29.762 - 3.068 - 9.3%
Agosto 21.609 16.728 21.485 4.757 28.4%
Settembre 15.120 21.896 16.891 - 5.005 - 22.9%
Ottobre 16.962 18.555 17.775 - 780 - 4.2%
Novembre 36.617 20.047 31.213 11.166 55.7%
Dicembre 21.042 39.485 27.004 - 12.481 - 31.6%
TOTALE ANNUO 247.771 252.549 252.572 23 0.0%
Le imposte DIRETTE, nel complesso, non sono calate
2. Imposte indirette
Accertamenti Consuntivo Consuntivo Preconsuntivo Variazioni assolute Variazioni %
(in milioni di euro) 2018 2019 2020 2019 – 2020 2019 – 2020
Totale Gennaio – Dicembre 216.004 219.430 194.224 - 25.206 - 11.5%
Gennaio 10.672 11.142 11.468 326 2.9%
Febbraio 15.300 15.725 15.747 23 0.1%
Marzo 16.591 16.700 14.181 - 2.519 - 15.1%
Aprile 16.730 16.717 10.647 - 6.070 - 36.3%
Maggio 20.388 21.041 13.590 - 7.451 - 35.4%
Giugno 15.905 15.876 12.229 - 3.647 - 23.0%
Luglio 17.083 17.016 14.882 - 2.134 - 12.5%
Agosto 21.597 21.375 19.133 - 2.242 - 10.5%
Settembre 14.466 14.661 15.041 380 2.6%
Ottobre 15.741 16.441 16.095 - 346 - 2.1%
Novembre 23.763 25.039 25.065 26 0.1%
Dicembre 27.768 27.700 26.146 - 1.554 - 5.6%
TOTALE ANNUO 216.004 219.430 194.224 - 25.206 - 11.5%
5.a. IRPEF – ritenute dipendenti settore pubblico (cap. 1023, art. 2, 15)
Accertamenti Consuntivo Consuntivo Preconsuntivo Variazioni assolute Variazioni %
(in milioni di euro) 2018 2019 2020 2019 – 2020 2019 – 2020
Totale Gennaio – Dicembre 73.555 76.021 79.130 3.109 4.1%
3
...ma è aumentata quella versata dai dipendenti pubblici
5.b. IRPEF – ritenute dipendenti settore privato (cap. 1023, art. 3, 17, 18, 21, 25)
Accertamenti Consuntivo Consuntivo Preconsuntivo Variazioni assolute Variazioni %
(in milioni di euro) 2018 2019 2020 2019 – 2020 2019 – 2020
Totale Gennaio – Dicembre 78.800 81.425 77.163 - 4.262 - 5.2%
mentre si è ridotta quella versata da dipendenti privati
1. IVA
Accertamenti Consuntivo Consuntivo Preconsuntivo Variazioni assolute Variazioni %
(in milioni di euro) 2018 2019 2020 2019 – 2020 2019 – 2020
Totale Gennaio – Dicembre 133.577 136.863 123.636 - 13.227 - 9,7%
Gennaio 5.415 6.002 6.314 312 5,2%
Febbraio 9.357 9.647 9.608 - 39 - 0,4%
Marzo 9.800 10.070 8.651 - 1.419 - 14,1%
Aprile 9.520 9.934 6.193 - 3.741 - 37,7%
Maggio 13.614 13.969 9.568 - 4.401 - 31,5%
Giugno 9.599 9.742 7.643 - 2.099 - 21,5%
Luglio 9.927 9.921 9.100 - 821 - 8,3%
Agosto 15.138 14.977 14.059 - 918 - 6,1%
Settembre 7.958 8.211 8.712 501 6,1%
Ottobre 9.287 9.914 10.206 292 2,9%
Novembre 14.655 15.133 14.518 - 615 - 4,1%
Dicembre 19.307 19.343 19.064 - 279 - 1,4%
TOTALE ANNUO 133.577 136.863 123.636 - 13.227 - 9,7%
Il crollo del gettito dell’IVA in conseguenza del crollo dei consumi
4
1. Accisa sui prodotti energetici, loro derivati e prodotti analoghi (cap. 1409)
Accertamenti Consuntivo Consuntivo Preconsuntivo Variazioni assolute Variazioni %
(in milioni di euro) 2018 2019 2020 2019 – 2020 2019 – 2020
Totale Gennaio – Dicembre 25.457 25.440 21.256 - 4.184 - 16,4%
Gennaio 1.051 1.081 1.130 49 4,5%
Febbraio 1.962 2.041 2.037 -4 - 0,2%
Marzo 1.918 1.911 1.913 2 0,1%
Aprile 2.169 2.056 1.015 - 1.041 - 50,6%
Maggio 2.030 2.094 702 - 1.392 - 66,5%
Giugno 2.212 2.136 1.261 - 875 - 41,0%
Luglio 2.198 2.145 1.643 - 502 - 23,4%
Agosto 2.281 2.387 1.860 - 527 - 22,1%
Settembre 2.151 2.119 1.672 - 447 - 21,1%
Ottobre 2.080 2.119 2.191 72 3,5%
Novembre 2.257 2.291 3.343 1.052 45,9%
Dicembre 3.148 3.061 2.489 - 572 - 18,7%
TOTALE ANNUO 25.457 25.440 21.256 - 4.184 - 16,4%
tutti chiusi in casa... auto ferme in garage... crollo vendite di combustibili
5
CONTO ECONOMICO DELLE AMMINISTRAZIONI PUBBLICHE
Valori in milioni di euro
anno 2018 % PIL
TOTALE SPESE 854,602 48.4
Redditi da lavoro dipendente 173,362 9.8 Spesa in beni e servizi pubblici (istruzione,
Consumi intermedi 146,681 8.3 sanità, giustizia, ecc.)
Prestazioni sociali in denaro 348,794 19.8 Spesa per trasferimenti (pensioni, ecc.)
Altre spese correnti 63,665 3.6
Totale spese correnti netto interessi 731,502 41.4
Interessi passivi 64,662 3.7 Spesa per interessi sul debito pubblico
Totale spese correnti 796,164 45.1
Di cui: spesa sanitaria 115,410 6.5 Spesa sanitaria
Investimenti fissi lordi 37,602 2.1
Contributi agli investimenti 13,597 0.8
Altre spese in conto capitale 7,239 0.4
Totale spese in conto capitale 58,438 3.3 Spesa che attiva investimenti pubblici e privati
TOTALE ENTRATE 816,051 46.2
Tributarie 503,657 28.5 Pressione tributaria
Imposte dirette 248,834 14.1
Imposte indirette 253,253 14.3
Imposte in conto capitale 1,570 0.1
Contributi sociali 234,941 13.3 Contributi per il sistema pensionistico
Altre entrate correnti 75,182 4.3
Totale entrate correnti 812,210 46.0 Pressione fiscale (tributi + contributi sociali)
Entrate in conto capitale non tributarie 2,271 0.1
SALDI
Saldo primario 26,111 1.5 Indebitamento netto + interessi passivi
Saldo di parte corrente 16,046 0.9 Entrate correnti – spese correnti
Indebitamento netto - 38,551 - 2.2 Totale entrate – totale spese
PIL nominale 1,765,421 100
6
Solitamente si fa riferimento, con imposta, ad un tributo. Quest’ultimo è un termine generico che comprende imposte, tasse
e tariffe; ma c’è una differenza: nelle imposte non c’è corrispondenza tra quanto viene chiesto al singolo contribuente e i
benefici che il contribuente ottiene in cambio dal pagamento di questa come IRPEF che chiede a tutti coloro che hanno un
reddito di pagare una quota di reddito percepito ma non per finanziare qualcosa ma come tributo generale che finanzia il
settore pubblico, non c’è un particolare servizio fornito al cittadino in cambio. Invece nella tassa c’è questo legame, c’è un
nesso sia in termini generali che a livello individuale tra somma corrisposta e servizio finanziato (es. tassa rifiuti urbani, con i
soldi riscossi si finanzia la raccolta dei rifiuti), le somme sono destinate al finanziamento di determinati servizi, se ho un
appartamento più grande pago di più la tassa, una volta vi erano le tasse universitarie per utilizzare questo servizio. La tassa
di solito è obbligatoria; la tariffa in alcuni casi è obbligatoria, c’è una certa corrispondenza con il servizio ottenuto.
Soggetto passivo: soggetto nei confronti del quale si verifica il presupposto dell’imposta, e che è pertanto tenuto al
pagamento della stessa. È il soggetto che materialmente deve pagare/versare l’imposta.
Es: presupposto: esiste un reddito, che va ricondotto a un soggetto passivo, la scelta non è scontata (es: consulente-avvocato
che viene pagato dal cliente e ottiene un reddito) la norma potrebbe prevedere che l’imposta sul reddito ricada sul cliente se
la norma non lo stabilisce (potrebbe essere colui che eroga il reddito a essere il soggetto passivo), quale lato di mercato deve
essere il soggetto passivo?
Es: quando facciamo la spesa paghiamo l’IVA, il presupposto è che c’è una transazione, il soggetto passivo è il consumatore?
Si ha questa impressioni che gravi su di esso (imposta di consumo), ma l’IVA la versa il supermercato che ha la partita IVA, il
soggetto passivo è chi vende secondo le norme tributarie. Consumare è una manifestazione di capacità contributiva
(principio fondamentale che regola quanto devono versare i contribuenti, proporzionata a quanto si consuma). Allora perché
si tassa chi vende? Perché è più conveniente dal punto di vista amministrativo, il supermercato ha già una contabilità, è
meglio che venga fatto da un unico soggetto amministrato e organizzato, piuttosto che ogni cittadino vada a versare l’IVA
all’erario (aumenterebbe anche la possibilità di evadere).
Soggetto passivo non significa colui sul quale ricade il peso dell’imposta, perché nel caso del supermercato è il consumatore,
ma in questo caso il soggetto passivo è il supermercato che fa da tramite.
Base imponibile: quantificare quanto deve pagare il contribuente per una determinata imposta, espressione quantitativa del
presupposto.
In molti casi base corrisponde al presupposto, se l’IVA colpisce il prodotto finale venduto, base=presupposto come nel caso
del supermercato.
In altri casi è difficile, ad es. presupposto: reddito d’attività d’impresa, soggetto passivo: imprenditore, base imponibile: non è
facile determinarla, bisogna fare valutazioni (ammortamenti, rimanenze, crediti ad es.).
Imposta di soggiorno (comunale): presupposto: soggiornare in struttura ricettiva, soggetto passivo: l’imposta incide su colui
che soggiorna, ma il soggetto è l’albergatore che la versa al comune, base imponibile: espressa o in numeri di pernottamenti
(termini fisici, imposta sul servizio, in unità di servizio venduto, aliquota espressa in euro es. 2 euro per notte).
La base imponibile può essere espressa:
In termini fisici: l’aliquota è espressa in unità di conto (imposte specifiche o accise), queste assoggettano solo certi beni
che lo stato tassa per motivi paternalistici o per limitarne il consumo (tabacchi, combustibili, alcolici quasi esclusivamente
i superalcolici con aliquota più alta).
I termini monetari: l’aliquota è espressa in termini percentuali (imposta ad valorem come IVA e la maggior parte delle
imposte) es. IVA 10%, 22%.
Aliquota: quanto si deve pagare l’imposta per ogni unità di base imponibile. Prodotto tra i due trovo il debito d’imposta,
ovvero quanto devo pagare. Questione di Federalberghi se tenere l’aliquota in termini fisici (a notte basata sulle stelle) o se
metterla in termini percentuali sul prezzo dell’albergo. Dicono che la seconda è troppo difficile da calcolare per i comuni, ma
in realtà non è così. Gli albergatori addirittura dicono che non c’è alcun legame tra prezzo della camera e numero di stelle.
Debito d’imposta: prodotto fra base imponibile e aliquota. Quanto il soggetto passivo deve pagare.
La legge istitutiva di un’imposta deve perciò contenere 3 elementi essenziali:
1) I criteri per l’individuazione del contribuente (chi paga l’imposta). Paga l’imposta il venditore (sogg. passivo)
Soggetto passivo IVA = il venditore la versa ma la paghiamo noi.
7
Soggetto passivo IRPEF = persona fisica.
2) La definizione di base imponibile (su cosa si paga l’imposta).
3) La struttura delle aliquote (quanto si paga).
L’imposta va sempre ad applicarsi laddove c’è una transazione economica, va a creare un cuneo fiscale: il gap che l’imposta
determina tra prezzo lordo pagato dal consumatore o salario lordo pagato dal lavoratore e salario netto incassato dal
supermercato o lavoratore. Tra reddito lordo e netto, tra prezzo lordo e netto.
Imposte generali: quando il suo presupposto, e quindi i soggetti passivi riguardano una platea molto vasta di contribuenti
(tutto il territorio, la generalità dei settori economici, IVA tutti i settori merceologici anche con aliquote diverse, IRES
imposta redditi società di persone, IRPEF si applica a tutte le persone fisiche che percepiscono reddito).
Imposte speciali: colpiscono particolari soggetti o presupposti: alcuni settori merceologici, alcuni servizi o beni, sono
imposte speciali e specifiche (quelle in cui la base imponibile è espressa in termini monetari, aliquota percentuale) per es.
tabacchi è una tassa specifica e speciale perché colpisce quel settore mercelogico. L’imposta di soggiorno è specifica e
speciale perché varia da comune a comune.
Imposte dirette: Sono imposte dirette quelle che colpiscono le manifestazioni dirette (o immediate) della capacità
contributiva (il reddito o il patrimonio). In Italia, le più importanti imposte dirette sono l’Irpef (Imposta sul reddito delle
persone fisiche), l’Ires (Imposta sul reddito delle società), le imposte sostitutive sui redditi da capitale.
Imposte indirette: Sono imposte indirette quelle che colpiscono manifestazioni indirette (o mediate) della capacità
contributiva (gli scambi di beni e servizi, la quantità prodotta, la quantità venduta, il valore della produzione o il valore delle
vendite). In Italia, le più importanti imposte indirette sono l’IVA (Imposta sul valore aggiunto), le imposte di fabbricazione
(sulle quantità di benzina, zucchero, gas metano, elettricità prodotte e vendute), l’imposta di registro.
Contributi sociali: Si tratta di prelievi (non aventi natura tributaria) commisurati all’importo della retribuzione lorda da lavoro
dipendente o del reddito lordo da lavoro autonomo. I contributi sociali si compongono normalmente di due segmenti. Per
esempio, su un reddito da lavoro dipendente (l’importo della retribuzione lorda contrattuale) di 100 euro, il lavoratore
dipendente paga 8 euro e l’azienda 30 euro. Il costo del lavoro è di 130 euro, il reddito imponibile per l’imposta sul reddito
personale è di 92 euro. Con una aliquota media del 25% (ipotetica) il reddito netto del lavoratore diventa 69 euro. I contributi
sociali possono essere visti come una imposta diretta speciale che preleva 38 euro su 130 (sottrattivi) o 38 euro su 92
(additiva).
Pressione tributaria: rapporto fra entrate tributarie (cioè il complesso delle imposte dirette e indirette) e prodotto interno
lordo.
Pressione fiscale: è un numero percentuale, rapporto fra tutte le imposte dirette, indirette e contributi sociali (rapporto 0,3
cioè 30%), indica del valore di ciò che viene prodotto, quanto di questo è transitato sottoforma di pagamenti obbligatori al
settore pubblico. In Italia è circa 40%.
In base alla relazione fra base imponibile e debito di imposta si distinguono imposte:
Proporzionali: ad es. IVA è 22% l’aliquota, su 100euro pago 22 di IVA, si paga 22 ogni 100 euro. L’IVA è un’imposta
proporzionale, se pago per 300 euro pago 66, il rapporto è sempre 0,22, è costante il rapporto tra debito e base. Queste
sono le imposte proporzionali, il rapporto tra le due è costante.
Progressive: quando all’aumentare della base imponibile si paga proporzionalmente di più. Ad esempio, un individuo con
10.000€ di reddito, l’aliquota è il 30% quindi paga 3.000, un individuo con 20.000€ di reddito, paga 8.000, quindi l’imposta
è progressiva.
Regressive: all’aumentare della base imponibile, il debito aumenta in modo meno che proporzionale (il debito d’imposta
non varia al variare della base imponibile), il debito è sempre uguale al di là della base, fino al raggiungimento di una certa
soglia (ad es. i contributi sociali hanno un tetto massimo).
8
Imposte reali = si applicano a una particolare fonte di reddito o di ricchezza. (redditi da lavoro dipendente, redditi da lavoro
autonomo, redditi da capitale, prodotti, rendite finanziarie, valore degli immobili, ecc.)
Ciò che conta è l’oggetto dell’imposta (presupposto, base imponibile), e in genere ciascuna fonte di reddito o di ricchezza è
tassata separatamente, in modo proporzionale
Imposte personali = le condizioni soggettive dei contribuenti assumono un ruolo centrale. Presupposto di un'imposta
personale è il possesso di un reddito o di un patrimonio in capo a un dato soggetto. Le imposte personali ammettono perciò,
a parità di reddito o patrimonio lordo, un trattamento differenziato (debito di imposta) in funzione di particolari condizioni
del soggetto passivo (ad esempio, in funzione del numero di familiari a carico). In genere, le imposte personali sono imposte
progressive e assoggettano a tassazione il reddito complessivo dai contribuente, ottenuto sommando le diverse categorie di
reddito ricomprese nei presupposti dell'imposta.
ICI/IMU/IMUP imposta che ha avuto nel corso della storia dei momenti di personalizzazione, molto bistrattata dai politici..
9
Principio della controprestazione, per via del nesso che si presuppone debba esistere fra l’imposta che il contribuente è
chiamato a pagare e i benefici che egli ottiene in cambio sotto forma di servizi pubblici.
L’imposta si configura come una sorta di prezzo personalizzato, perché graduato in funzione dei benefici, che il
contribuente deve pagare per fruire dei servizi pubblici.
- Principio della capacità contributiva : l’equità non è più definita con riferimento ai benefici ma alla capacità di contribuire
al finanziamento della spesa pubblica.
L’imposta che il contribuente è chiamato a pagare è perciò del tutto indipendente dai vantaggi che egli ottiene dai servizi.
Poiché ciò che conta è la possibilità e la capacità di sopportare l’onere di pagare l’imposta, il principio della capacità
contributiva ha trovato espressione nelle cosiddette teorie del sacrificio.
La “capacità” di contribuire è cioè determinata da una misura (da definire) del sacrificio che il contribuente deve
sopportare per pagare l’imposta, e l’equità nella ripartizione del carico fiscale trova espressione in un criterio di
uguaglianza (da specificare) dei sacrifici imposti ai vari contribuenti.
Infine, consideriamo un riparto basato sul principio del beneficio ed uno basato su un principio misto capacità contributiva /
beneficio.
10
U = f(C) in cui C è il consumo
C = R-T in cui R è il reddito e in cui T sono le imposte. Il consumo è pari al reddito netto (perché per semplificare non
consideriamo la variabile del risparmio).
11
Supponiamo che l’individuo A «derivi» 4500 unità di utilità
dal consumo dei beni pubblici: quanto «valgono» 4500
unità di utilità in termini di minore consumo di beni privati?
La risposta è 58. Per ottenere 4500 unità di utilità
attraverso il consumo di beni pubblici, l’individuo A è disposto a rinunciare a 58 unità di reddito. Questa è la sua disponibilità
massima a pagare per i beni pubblici.
Art. 53 della Costituzione: «Tutti sono tenuti a concorrere alle spese pubbliche in ragione della loro capacità
contributiva. Il sistema tributario è informato a criteri di progressività».
Breve digressione:
12
Se X è l’indice di capacità contributiva, lo
stesso ranking non deve cambiare dopo
aver pagato l’imposta. Quindi il principio
in questo caso è stato soddisfatto
- Principio di equità verticale: Contribuenti con maggiore capacità contributiva devono contribuire di più al finanziamento
della spesa pubblica. Come vedremo, il requisito di equità verticale non richiede, di per sè, che l’imposta debba essere
progressiva (anche con un’imposta regressiva, o proporzionale, i ricchi pagano di più dei poveri). Questo principio impone
solo che le imposte pagate aumentino all’aumentare della capacità contributiva (cioè che le aliquote marginali di imposta
non siano mai negative).
- Principio di equità orizzontale: Il fisco deve trattare allo stesso modo i contribuenti che hanno uguale capacità
contributiva. È il principio di uguale trattamento di uguali. Sembra banale e ovvio. In molte situazioni concrete, non è
tuttavia semplice aderire a questo principio, perché risulta problematico definire cosa si intende per equità orizzontale.
13
Le linee di isocapacità sono lineari in questo caso, ma se è
Carichi familiari R per T = R per T = 1 R per T = 2,5 R per T = 5 R per T = 10 R per T = 20 R per T = 30
0
Nessuno 8.0 11.3 16.3 24.5 37.5 61.8 85.7
Coniuge 10.4 13.6 18.6 26.8 39.2 62.5 85.7
Coniuge e 1 figlio 12.6 15.8 20.6 28.5 40.3 63.1 85.8
Coniuge e 2 figli 14.9 18.0 22.7 29.9 41.6 64.1 86.5
Coniuge e 3 figli 17.1 20.2 24.9 31.5 42.9 65.2 87.3
Coniuge e 4 figli 25.1 28.1 31.5 27.1 48.1 70.0 91.7
Coniuge e 5 figli 27.8 30.1 33.5 39.1 49.9 71.6 93.1
14
torniamo all’Art. 53 della Costituzione: «Tutti sono tenuti a concorrere alle spese pubbliche in ragione della loro capacità
contributiva.
la progressività fa riferimento all’equità verticale ma i due concetti con coincidono perché equità verticale non implica
necessariamente progressività, l’equità verticale ci dice che chi ha maggiore capacità contributiva deve pagare di più imposte.
per definire il concetto di progressività si consideri una semplice funzione di imposta T = T(R) con R reddito (o un indice di
capacità contributiva) e T debito di imposta.
T (R )
t media = aliquota media
R
ΔT ( R )
t marg= aliquota marginale
ΔR
Due immediate implicazioni del principio della capacità contributiva:
No re-ranking ⇒ t marg ≤ 0
la distinzione tra le 3 imposte fa riferimento all’aliquota media. Quando cresce è progressiva, quando è costante l’imposta è
proporzionale, quando decresce l’imposta è regressiva. Possiamo però far riferimento all’aliquota marginale, quando
marginale è maggiore della media è progressiva, quando sono uguali è proporzionale e quando marginale è minore della
media è regressiva.
Attenzione:
Equità verticale richiede solo che T sia crescente in R
- Questo è vero per tutte le imposte progressive e proporzionali e può essere vero anche per un’imposta regressiva - Equità
verticale non implica progressività
- Regressività non implica violazione di equità verticale
Due contribuenti, A e B
l sistema tributario è proporzionale ma il sistema fiscale è progressivo ad A chiedo un prezzo superiore al costo, a B un
prezzo inferiore al costo (8000 e 4000 per il costo di 6000).
(EQUITY SONDAGGIO)
AL_5_Imposta_personale_sul_reddito
(Dispensa Giarda-Galmarini, par. 9.2)
Imposta personale sul reddito: è un particolare tributo, è il tributo principale accanto all’IVA del nostro ordinamento
tributario, tutti i sistemi tributari avanzati si basano sull’imposta delle persone fisiche e quella generale sui consumi che è
l’IVA per alcuni paesi e per altri le imposte sulle vendite al dettaglio.
Alcune questioni fondamentali:
1) Quale nozione di base-imponibile-reddito risulta più appropriata? (reddito-prodotto, reddito-entrata, reddito-consumo).
È reddito prodotto quello che deriva dalla partecipazione al settore produttivo, attività economica producendo beni e
servizi (remunerazioni dei fattori della produzione, salari, interessi, profitti); se si tiene conto solo di questo tipo di
reddito come base imponibile dell’imposta sul reddito corrisponderebbe al PIL che è il valore ai prezzi di mercato di
beni e servizi finali prodotti in un anno in una data economia, reddito=PIL, si assoggetta il reddito nazionale.
Reddito entrata è una nozione più ampia del reddito-prodotto in quanto include oltre al reddito-prodotto cioè i profitti
dati dall’attività produttiva, anche le altre tipologie di entrata che l’individuo ha (es. affitti, vincita alla lotteria, tutti i
guadagni in conto capitale cioè azioni, donazioni). Negli anni ’70 nell’IRPEF si voleva far rientrare tutto il reddito-
entrata, il grosso dell’IRPEF oggi invece è reddito da lavoro.
Reddito-consumo non significa parlare di imposta indiretta sui consumi, l’IVA ha un’aliquota standard di 22% che è
inclusa nei prezzi di ciò che si compra, si paga un’imposta indiretta per ogni transazione. L’idea è di pensare l’imposta
sul reddito in questi termini: calcolo il reddito annuale e soggetto a tassazione solo la parte di reddito destinata al
consumo escludendo la parte di reddito risparmiata, l’imposta assoggetta la parte di reddito destinata ai consumi
escludendo la parte risparmiata.
2) Come misurare e valutare le varie componenti del reddito?
3) Quale unità impositiva? L’individuo o la famiglia?
4) Con quali strumenti attuare gli obiettivi desiderati in termini di equità orizzontale, equità verticale, progressività?
5) Come misurare il grado di progressività dell’imposta e il suo impatto sulla distribuzione del reddito?
6) Quali sono le distorsioni causate dall’imposta?
7) Qual è il livello “ottimo” di progressività?
Gli strumenti della progressività: meccanismo per rendere progressiva un’imposta sul reddito. L’imposta progressiva è
quando l’aliquota media aumenta all’aumentare del reddito. Il legislatore ha un ventaglio di strumenti per rendere
progressiva un’imposta.
- Progressività per scaglioni di reddito (Figure 20 e 21)
- Progressività per deduzione o detrazione: l’imposta lineare (Figura 22)
- Scaglioni di reddito, deduzioni, detrazioni (Figura 23 e Tabella 4)
La pendenza media dei vari segmenti (0,15 - 0,2 – 0,3 – 0,6) si calcola
facendo il rapporto tra valore asse y e valore asse x). ESEMPIO: 6/40=
0,15. L’applicazione delle imposte per classi andrebbe a creare una
situazione di re-ranking, perché chi per poco (magari 1€) rientra nella
classe successiva si troverebbe a pagare molto di più rispetto a chi per
pochi euro di differenza si colloca nella classe precedente. Questo
avviene perché all’intera base imponibile viene applicata l’aliquota
relativa a quella classe di appartenenza.
(ESEMPIO: aliquota classe 1= 15% - aliquota classe 2= 30%, reddito
soggetto 1= 40 000€ - reddito soggetto 2= 40 001€)
Imposta pagata dal soggetto 1 = 6 000€
Imposta pagata dal soggetto 2 = 12 000€
figura 20: progressività per scaglioni di reddito
17
Detrazione Si applica sul valore dell’imposta da pagare.
Deduzione Si applica sul valore della base imponibile.
Flat tax Comporta che ci sia un’aliquota media unica per tutto il
segmento nell’immagine a segmenti colorati riportata sopra. La flat tax
prevede la presenza di un’aliquota marginale piatta che porta quindi
all’applicazione di un’imposta proporzionale, che però in presenza di
deduzioni o detrazioni diventa comunque progressiva. Quindi tendendo
conto di quanto appena riportato, si può affermare che la flat tax è
comunque un’imposta progressiva.
Detrazione capiente Sono previsti dei sussidi (somme di denaro) per chi
non ha reddito ed è quindi impossibilitato a pagare le imposte. Questa
funzione è lineare.
Imposta negativa Imposta lineare che paga sussidi in caso di reddito pari
a zero. Nel caso dell’immagine riportata sopra, il sussidio per chi ha reddito
pari a zero è pari a 6.
18
Proviamo ora a “combinare”
-- progressività per scaglioni di reddito e
-- progressività per detrazione di imposta o per deduzione dal reddito
caso “semplice”: detrazioni o deduzioni in somma fissa (indipendenti dal reddito)
IMPOSTA A.I. IMPOSTA B.I.
Scaglioni di reddito Aliquote marginali Scaglioni di reddito Aliquote marginali
Da o a 40 15 % Da o a 40 15 %
Da 40 a 80 30 % Da 40 a 80 30 %
Oltre 80 60 % Oltre 80 60 %
Deduzione in somma fissa = 20 Deduzione in somma fissa = 3
19
IMPOSTA A.II
Scaglioni di reddito Aliquote marginali
Da 0 a 40 15% Da 0 a 60 15%
Da 40 a 80 30% Da 40 a 100 30%
Oltre 80 60% Oltre 100 60%
Deduzione in somma fissa = 20 Detrazione in somma fissa = 3
IMPOSTA A.III
Scaglioni di reddito Aliquote marginali
Da 0 a 40 15%
Da 40 a 80 30%
Oltre 80 60%
Deduzione decrescente rispetto al reddito
Referendum
Nelle imposte “reali” detrazioni e deduzioni sono spesso funzione decrescente del reddito.
Tre modelli a confronto:
20
Detrazioni e Deduzioni “non-standard” non sono strumenti equivalenti
Esempio: imposta su due scaglioni di reddito
da 0 a 30.000: aliquota marginale 20%
oltre 30.000: aliquota marginale 40%
Due contribuenti, A e B, con uguale spesa medica: 800 euro
Reddito di A 20.000 euro, Reddito di B 40.000 euro
Di solito la percentuale delle spese detraibili è posta uguale all’aliquota del primo scaglione, in modo da corrispondere alla
deduzione piena per i contribuenti più poveri.
IRPEF 1974
32 scaglioni di reddito, con aliquote comprese tra 10 e 72% (grande gap tra aliquote min. e max.)
struttura sostanzialmente invariata fino al 1982
Seconda metà degli anni Settanta: conflitti sociali, inflazione (problema del fiscal drag), crescita della spesa e del debito
pubblico. Prima del ’74 il nostro sistema non aveva una imposta sul reddito, ma tante imposte reali.
21
Scaglioni di reddito Aliquota%
Fino a 15.000€ 23
Oltre 15.000€ E fino a 28.000€ 27
Oltre 28.000€ E fino a 55.000€ 38
Oltre 55.000€ E fino a 75.000€ 41
Oltre 75.000€ 43
Aliquote statali. Non includono l’addizionale regionale e comunale
Tabella 8: scaglioni e aliquote Irpef nel 2007 e 2008
L’irpef nel 1974 - Scaglioni di reddito e aliquote L’irpef nel 1974 - Scaglioni di reddito e aliquote
Reddito per scaglioni (in milioni di lire) Reddito per scaglioni (in milioni di lire)
Fino a 2 10% 40 50 44%
2 3 13% 50 60 46%
3 4 16% 60 80 48%
4 5 19% 80 100 50%
5 6 22% 100 125 52%
6 7 25% 125 150 54%
7 8 27% 150 175 56%
22
8 9 29% 175 200 58%
9 10 31% 200 250 60%
10 12 32% 250 300 62%
12 14 33% 300 350 64%
14 16 34% 350 400 66%
16 18 35% 400 450 68%
18 20 36% 450 500 70%
20 25 38% oltre 500 72%
25 30 40%
30 40 42%
Tab. 1 The main parameters of the personal income tax in 1979 and 2019
Marginal tax rates in 1979
Brackets in 1979 Brackets in 2019 Marginal
Million lire Euro rate
From To From To
0 3 0 9048 10%
3 4 9048 12064 13%
4 5 12064 15081 16%
5 6 15081 18097 19%
6 7.5 18097 22621 22%
7.5 9 22621 27145 25%
9 11 27145 33177 27%
11 13 33177 39209 29%
13 15 39209 45242 31%
15 17 45242 51274 32%
17 19 51274 57306 33%
19 22 57306 66354 34%
22 25 66354 75403 35%
25 30 75403 90483 36%
30 35 90483 105564 38%
35 40 105564 120644 40%
40 50 120644 150805 42%
50 60 150805 180966 44%
60 80 180966 241289 46%
80 100 241289 301611 48%
100 125 301611 377014 50%
125 150 377014 452416 52%
150 175 452416 527819 54%
175 200 527819 603222 56%
200 250 603222 754027 58%
250 300 754027 904832 60%
300 350 904832 1055638
350 400 1055638 1206443
400 450 1206443 1357249
450 500 1357249 1508054
500 550 1508054 1658860
550 1658860
23
Danimarca - - - - 3 60.8 3 59.8
Finlandia 11 - 6 - 6 55.2 5 50.9
Francia 12 65 12 56.8 6 54 6 48.1
Germania (*) ∞ 56 ∞ 53 ∞ 53.8 ∞ 44.3
Grecia 18 63 4 50 5 45 3 40
Irlanda 3 58 3 52 2 44 2 42
Italia 9 62 7 51 5 46.4 5 44.1
Lussemburgo 21 57 17 50 17 46 16 38
Norvegia 8 - 3 - 3 47.5 3 40
Paesi Bassi 9 72 3 60 4 60 4 52
Portogallo 11 50 4 40 4 40 7 42
Regno Unito 6 60 2 40 3 40 3 40
Spagna 34 66 16 56 6 48 5 45
Svezia 10 - - - 2 55.4 2 56.6
Tabella 6: numero di scaglioni e aliquote marginali massime in alcuni paesi europei
- = dato non disponibile
(*) = progressività di tipo continuo
24
Germania: Funzione di imposta (2012)
T = 0 se R ≤ 8.004 Redditi esenti
(
T ¿ 912,17
R−8.004
10.000
+1.400 )
R−8.004
10.000
SE 8.004 ≤ R ≤13.469 Parte convessa: aliquote
marginali crescenti.
(
T ¿ 228,74
R−13.469
10.000
+ 2.397
R−13.469
10.000 )SE 13.470 ≤ R ≤ 52.881
Fiscal drag Se si tengono fissi i livelli degli scaglioni, per effetto dell’inflazione, ogni anno l’imposta diventa sempre più
pesante. Questo avviene perché a causa dell’inflazione, il reddito degli individui aumenta in modo nominale, ma non in modo
reale. Per evitare questo fenomeno, bisognerebbe modificare gli scaglioni ogni anno tenendo conto dell’inflazione.
In Germania, attraverso l’utilizzo della formula matematica, è possibile superare questa problematica.
25
1983-84 A scalini 7 Flat Flat
1985 Flat/lineare 5 Flat Flat
1986-90 Flat/lineare 2 Flat Flat
1991-92 A scalini 2 Flat Flat
1993-94 A scalini 5 Flat Flat
1995-97 A scalini 5 A scalini 4 Flat
1998-00 A scalini 17 A scalini 4 Flat
2001 A scalini 22 A scalini 4 A scalini 2
2002 A scalini 22 A scalini 4 A scalini 3
2003-04 Lineare (*) 2 A scalini 4 A scalini 3
2005-06 Lineare (*) 2 Lineare (*) 2 Lineare (*) 2
2007-14 Lineare 3 Flat/lineare 3 Lineare 2
(*) deduzione invece di detrazione
Tabella 2: (V.3.2) Detrazioni Irpef: i modelli utilizzati
Irpef 1983
Struttura radicalmente modificata per contenere gli effetti del fiscal drag.
Gli scaglioni scendono a 9, con aliquote 18%-65%
Aumentano le detrazioni sui redditi medio-bassi, soprattutto quelle per lavoro dipendente. La struttura è flat/lineare.
In sintesi, la progressività si sposta dalle aliquote/scaglioni alle detrazioni.
Irpef 1986-90
Scende il livello della prima aliquota (che passa dal 18 al 12 e poi 10%), si riduce ulteriormente il numero di scaglioni (da 9
a 7); l’aliquota massima scende al 50%.
Accordo del gennaio 1989 tra governo e sindacati sulla restituzione automatica del fiscal drag.
Irpef 1993-97
crisi valutaria estate 1992; si apre la stagione delle manovre tese al risanamento finanziario.
vengono elevate le aliquote a partire dal terzo scaglione di reddito.
le spese sanitarie passano da deducibili a detraibili al 27% (in seguito 19%)
aumenta l’incidenza media dell’imposta.
Irpef 1998
Riforma Irpef inserita nel pacchetto delle riforme Visco.
5 aliquote (dal 19 al 46%)
Viene incrementata la prima aliquota; la legge delega impone il vincolo che non debbano esserci aggravi di imposta; di
conseguenza aumentano le detrazioni ma anche il numero di scalini.
26
Detrazione per lavoro dipendente decrescente a scalini (da 1.147 a 52 euro su 22 scaglioni di reddito)
Detrazione per coniuge a carico decrescente a scalini (da 546 a 422 euro su 4 scaglioni di reddito)
Detrazione per figli a carico (indipendente dal reddito, circa 150 euro per ciascun figlio)
Torniamo all’Irpef vigente per esaminare alcuni aspetti della sua struttura
Scaglioni di reddito Aliquota %
Fino a 15.000€ 23
Oltre 15.000€ e fino a 28.000€ 27
Oltre 28.000€ e fino a 55.000€ 38
Oltre 55.000€ e fino a 75.000€ 41
Oltre 75.000€ 43
Aliquote statali. Non includono l’addizionale regionale e comunale
Tabella 8: scaglioni e aliquote Irpef nel 2007-2008
Illustra la scala delle aliquote medie e marginali che deriva dalla prima
tabella (scaglioni). La curva rossa (al media) quando sale misura la
discriminazione dei redditi di tipo quantitativo, perché è una curva che fa
vedere come l’aliquota media aumenta all’aumentare del reddito; quindi,
queste 5 aliquote sono quelle fondamentali per definire la discriminazione
quantitativa del reddito. progressiva rispetto a quanto reddito si ha.
800 F
DETR = 800 – R se F =1,2,3
95+ ( F−1 ) 15
1.000 F
DETR = 1.000F – R + 1.200 se F ≥ 4 Detrazione aggiuntiva solo se “spettante”
95+ ( F−1 ) 15
28
ci sono giornate “buone”, nelle quali W=12€
e ci sono giornate “cattive”, nelle quali W= 8€
4. La probabilità che una giornata sia buona è pari al 50% (e ovviamente è cattiva al 50%) e nello svolgersi del tempo non c’è
correlazione fra giornate buone e giornate cattive
5. Lo “stato di natura”, giornata “buona” oppure “cattiva” , è appreso dal lavoratore a inizio giornata, prima di iniziare
l’attività.
Implicazioni / Osservazioni
Su un orizzonte temporale sufficientemente lungo, la remunerazione oraria attesa (in senso statistico) EW è costante ed è
pari a EW = 0.5*8 + 0.5*12 = 10
Le fluttuazioni casuali di W che il lavoratore osserva da un giorno all’altro sono da considerarsi “transitorie” , mai
“permanenti”.
W = 8 | 8 | 12| 8 | 12 | 8 | 12 | 12 | 12 | 12 | 8 | 12| 8 | 8 | 8 | 12 | 8 |
1) Lavoro lo stesso numero di ore di lavoro sia nelle giornate buone sia in quelle cattive
2) Lavoro di più nelle giornate buone, e meno in quelle cattive
3) Lavoro di più nelle giornate cattive, e meno in quelle buone
W L R ER
8 15 120
120
12 10 120
8 14 112
122
12 11 132 Un maggior livello di reddito atteso (o medio) ER dovrebbe essere sempre
8 13 104 preferito ad un livello più basso (si ricordi che nel caso che stiamo esaminando
124
12 12 144 non c’è incertezza sul livello del reddito “atteso” su un orizzonte di tempo
80 12. 100 sufficientemente esteso; c’è solo variabilità giornaliera del salario orario).
5 Se un individuo decide di lavorare un diverso numero di ore nelle giornate
125
12 12. 150 buone e in quelle cattive (non importa come, se più in quelle buone e meno in
5 quelle cattive, o viceversa) il costo opportunità medio del lavoro dovrebbe
8 12 96 aumentare all’aumentare dello scarto (varianza) fra giornate “intense” e
126
12 13 156 giornate “leggere”.
8 11 88
128 Motivo: Il costo opportunità marginale delle ore di lavoro aumenta
12 14 168 all’aumentare delle ore di lavoro (costo opportunità convesso).
8 10 80
130
12 15 180
PAGINA 46 APPUNTI
29
Ogni ora di lavoro ha un costo opportunità come costo di rinuncia al tempo libero. Il costo opportunità è una funzione
convessa delle ore di lavoro, il costo marginale di un’ora di lavoro ha un costo opportunità crescente.
C= 1/50 L³
Se si considerasse con una funzione lineare, l’incremento di lavoro è alfa (C=αL), a ogni ora aumenta di α, ogni ora in più
costa molto di più; si usa la funzione convessa perché al margine aumenta il costo C=αL³ (fig. 12).
Se lavoro 12,5 ore tutto il giorno (opzione 1) 12,5³ / 50 il costo medio è 39,06.
Per l’opzione 11 – 14 ore di lavoro, se faccio 11 ore il costo è poco più di 26, con 14 ore 55, il costo medio è 40,75; dal punto
di vista di quanto costa mettere ore di lavoro e rinunciare al tempo libero, il costo è più alto quando a parità di media
differenzio. Se faccio 10-15 ore ottengo un numero maggiore di 40,75. Più aumenta la varianza più aumenta il costo medio.
La differenza tra 39,06 e 40,75 è piccola o grande in virtù di quanto è convessa la curva e dipende dalle preferenze di ciascuno
di noi. Molto convessa se non voglio rinunciare a ore di tempo libero, poco convessa se non mi importa lavorare molto.
Ognuno ha la sua. Il grado di convessità dipende dalle preferenze individuali che determinano la scelta tra le opzioni della
tabella. Torniamo alla tabella, aggiungiamo il costo opportunità C(L) delle ore di lavoro, aggiungiamo il costo medio EC(L)
delle ore di lavoro, calcoliamo l’utilità netta U = R – C ( L ) reddito meno costo del lavoro e infine calcoliamo l’utilità netta
media EU = ER – EC(L)
W L C(L) R U EC(L) ER EU
8 15 67.50 120 52.50
43.75 120 76.25
12 10 20.00 120 100.00
8 14 54.88 112 57.12
40.75 122 81.25
12 11 26.62 132 105.38
8 13 43.94 104 60.06
39.25 124 84.75
12 12 34.56 144 109.44
80 12. 39.06 100 60.94
5
39.06 125 85.95
12 12. 39.06 150 110.94
5
8 12 34.56 96 61.44
39.25 126 86.75
12 13 43.94 156 112.06
8 11 26.62 88 61.38
40.75 128 87.25
12 14 54.88 168 113.12
8 10 20.00 80 60.00
43.75 130 86.25
12 15 67.50 180 112.50
L=11 nelle giornate cattive e L=14 nelle buone è l’opzione che meglio “media” fra il desiderio di avere più reddito e quello di
tenere al minimo la varianza di ore lavorate
30
W L C(L) R U EC(L) ER EU
8 15 67.5 120 52.50
0
43.75 120 76.25
1 10 20.0 120 100.0
2 0 0
8 14 54.8 112 57.12
8
40.75 122 81.25
1 11 26.6 132 105.3
2 2 8
8 13 43.9 104 60.06
4
39.25 124 84.75
1 12 34.5 144 109.4
2 6 4
8 12.5 39.0 100 60.94
0 6
39.06 125 85.95
1 12.5 39.0 150 110.9
2 6 4
8 12 34.5 96 61.44
6
39.25 126 86.75
1 13 43.9 156 112.0
2 4 6
8 11 26.6 88 61.38
2
40.75 128 87.25 Massimo livello di utilità
1 14 54.8 168 113.1
2 8 2
8 10 20.0 80 60.00
0
43.75 130 86.25
1 15 67.5 180 112.5
2 0 0
Ogni unità di lavoro (ora, settimana, mese, non conta l’unità di misura) è remunerata con il salario w (orario, settimanale,
mensile).
Assumiamo che i beni di consumo materiali, rappresentati dall’unica variabile C (il paniere dei beni di consumo), abbiano
prezzo P = 1
Il vincolo di bilancio del consumatore è allora uguale a (spesa) C = wL (reddito).
poiché T = H + L, cioè L = T − H, il vincolo può essere scritto come (spesa «complessiva») C + wH = wT (reddito «potenziale»)
Col reddito potenziale wT (quello che guadagnerei se lavorassi 24 ore), acquisto beni C sul mercato al prezzo P=1 e tempo
libero da me stesso al prezzo P=w.
Il secondo modo di scrivere il vincolo mostra un punto importante: il prezzo del «bene di consumo – tempo libero» è pari al
salario w:
Quanto mi costa «acquistare» un’ora in più di tempo libero? Mi costa w, il reddito (salario) cui devo rinunciare per avere
un’ora in più di tempo libero. w esprime cioè il costo opportunità del tempo libero, espresso in termini di reddito (cioè
consumo di beni materiali) cui devo rinunciare per avere un’ora in più di tempo libero.
Ricapitolando, per analizzare la decisione di offerta di lavoro L, che a sua volta determina il reddito da lavoro R = wL,
possiamo utilizzare i due vincoli di bilancio equivalenti:
32
Notare che abbiamo aggiunto una fonte di reddito F che non dipende dalle ore di lavoro. Ad esempio, F può rappresentare
reddito derivante dall’affitto di un appartamento, o redditi da interessi su obbligazioni, titoli pubblici, eccetera.
Un aumento di F determina un effetto di reddito positivo, perché l’individuo, sentendosi «più ricco», ha maggiore potere di
acquisto. Poiché abbiamo ipotizzato che sia i beni di consumo C acquistati sul mercato sia il tempo libero H sono beni
normali, un aumento di F, provocando un effetto di reddito positivo, determina un aumento sia della quantità domandata di
C sia della quantità domandata di H.
Conclusione: Un effetto di reddito positivo (negativo) determina una riduzione (aumento) dell’offerta di lavoro. Nota che
l’effetto di reddito (variazione di F) è a prezzo relativo (1 per C, w per H) costante.
Ricapitolando, per analizzare la decisione di offerta di lavoro L, che a sua volta determina il reddito da lavoro R = wL,
possiamo utilizzare i due vincoli di bilancio equivalenti:
Cosa succede se aumenta il salario w (prezzo del tempo libero) e allo stesso tempo riduciamo F in modo tale che wT+F non
vari (cioè facciamo in modo che il potere di acquisto sia costante)?
Un aumento di w determina una variazione del prezzo relativo dei due beni di consumo C e H: il tempo libero H diventa
relativamente più caro (perché maggiore è la rinuncia di reddito per ogni unità di H) e ciò conduce l’individuo a sostituire H
(che si riduce) con C (che aumenta).
Ma se il tempo libero H diminuisce, l’offerta di lavoro L aumenta. Il contrario ovviamente se il salario w si riduce.
Conclusione: Quando aumenta (diminuisce) il salario w si ha un effetto di sostituzione che determina un aumento (una
riduzione) dell’offerta di lavoro. Nota che l’effetto di sostituzione (variazione di w) è a potere di acquisto costante (è l’effetto
che abbiamo caratterizzato con l’esempio dei New York taxi drivers.
Siamo ora pronti a rappresentare la funzione di offerta di lavoro L = f(w) che mette in relazione il salario w (variabile
indipendente) con l’offerta di lavoro L (variabile dipendente).
Quando aumenta w (in assenza di compensazione sul reddito non da lavoro F) si hanno due effetti di segno opposto
sull’offerta di lavoro:
da un lato, l’aumento di w determina un effetto di reddito positivo che induce l’individuo a ridurre l’offerta di lavoro
(perché aumenta la domanda di tempo libero, che è un bene normale).
d’altro canto, l’aumento di w determina un effetto di sostituzione che induce l’individuo ad aumentare l’offerta di lavoro
(perché riduce la domanda del tempo libero, il cui prezzo relativo è aumentato).
Notare che, a differenza di quando abbiamo discusso le scelte di offerta di lavoro nell’ambito dell’esempio dei New York taxi
drivers, in questa sede non si è mai parlato di «costo delle ore di lavoro» (per il lavoratore) in termini di «fatica» o «sforzo».
33
Nel modello neoclassico, lavorare non ha costi in termini di fatica. Lavorare ha un costo in termini di rinuncia a ore di tempo
libero. (ciò ovviamente non significa che si ritenga che il lavoro non comporti fatica; del resto, è anche vero che il lavoro
spesso comporta anche soddisfazione e gratificazione).
Siamo ora pronti ad introdurre le imposte per analizzare gli effetti che esse hanno sull’offerta di lavoro.
Per individuare gli effetti delle imposte, occorre individuare gli effetti che esse hanno sul vincolo di bilancio del lavoratore-
consumatore. Come sappiamo, in assenza di imposte, il vincolo di bilancio può essere scritto in modo equivalente come:
Definizione di imposta in somma fissa: Imposta il cui debito di imposta è esogeno, cioè indipendente da qualunque tipo di
decisione economica (consumo, lavoro, risparmio, investimento, ecc.) del contribuente. Ciò non significa, attenzione, che
l’imposta in somma fissa non modifichi le scelte dei contribuenti (vedi sotto).
Questa NON è un’imposta in somma fissa, perché il debito di imposta dipende dal reddito R = wL, che è base imponibile, che
dipende dalla decisione di offerta di lavoro L.
C = (1 − t) wL + F
C + (1 − t) wH = (1 − t)wT + F
poiché riduce il reddito potenziale da wT a (1−t)wT, essa causa un effetto di reddito negativo che riduce il potere
d’acquisto del lavoratore. Questi, sentendosi «impoverito» riduce il consumo di tempo libero (che è un bene normale) e
perciò aumenta l’offerta di lavoro).
poiché riduce il prezzo del tempo libero da w a (1−t)w, essa causa un effetto di sostituzione che induce il lavoratore ad
aumentare il consumo di tempo libero e perciò a ridurre l’offerta di lavoro.
prima di passare alla definizione del concetto eccesso di pressione di un’imposta (appunti AL8), dobbiamo fare un’ulteriore
puntualizzazione sulla natura della funzione di offerta di lavoro.
Per come l’abbiamo definita, nell’offerta di lavoro L = f(w) quando varia il salario w la quantità di lavoro L varia a causa di due
effetti: effetto di reddito ed effetto di sostituzione. Poiché si tratta dell’offerta di lavoro che possiamo ricavare esaminando
dati (w,L) raccolti sul mercato, essa si chiama offerta di lavoro «di mercato», che può essere, come abbiamo visto, crescente
o decrescente, a seconda che...
34
Il nostro obiettivo è però quello di definire l’eccesso di pressione di un’imposta NON in somma
fissa (l’imposta sul reddito) la quale, al pari dell’imposta in somma fissa determina un effetto di
reddito ma, a differenza di questa, determina anche un effetto di sostituzione. Perciò, poiché ciò
che differenzia l’imposta sul reddito dall’imposta in somma fissa è la presenza dell’effetto di
sostituzione (l’effetto di reddito lo hanno entrambe), per esaminare l’effetto dell’imposta sul
reddito ci serve una curva di offerta di lavoro che abbia in sé solo l’effetto di sostituzione. In altri
termini, ci serve una funzione di offerta di lavoro di mercato dalla quale si è «estratto» l’effetto
di reddito, lasciando perciò solo l’effetto di sostituzione. Questo tipo di funzione di offerta di
lavoro, che include solo l’effetto di sostituzione, si chiama funzione di offerta di lavoro
«compensata» (perché quando varia il salario si fanno opportune compensazioni di reddito per
eliminarne l’effetto) ed ha la caratteristica di essere una funzione crescente di w, perché questo
è il segno dell’effetto di sostituzione (se aumenta w, aumenta L).
AL8a_offerta_di_lavoro_ed_eccesso_di_pressione
offerta di lavoro (compensata) chiamata così perché al variare del salario considera solo le variazioni l
35
offerta di lavoro (compensata)
Il surplus del lavoratore diminuisce a causa dell’imposta (gettito) che deve essere
versata nei confronti dell’erario. Al lavoratore, dopo aver versato le imposte
rimane solamente il surplus netto, cioè l’area del triangolo verde. Il gettito
trasferisce il surplus dall’individuo alla collettività.
In questo caso si può calcolare il surplus netto totale calcolando l’area del
triangolo giallo.
Introduciamo un’imposta sul reddito, surplus netto preimposta (giallo) e surplus netto post-imposta (verde), il minore surplus
si traduce solo in parte in gettito per l’erario. La parte di minore surplus che non si traduce in gettito rappresenta l’eccesso di
pressione dell’imposta sul reddito.
Herberger fu il primo economista che utilizzò questi triangoli per svolgere analisi
empiriche.
L’eccesso di pressione dell’imposta aumenta più che proporzionalmente all’aumentare dell’aliquota marginale.
36
A parità di aliquota marginale di imposta, l’eccesso di pressione è tanto maggiore quanto più elastica è la base
imponibile.
I lavoratori blu hanno un’offerta di lavoro più elastica rispetto ai
lavoratori rossi. Infatti, le due rette hanno un’inclinazione diversa. A
parità di aliquota marginale di imposta, l’eccesso di pressione è tanto
maggiore quanto più elastica è la base imponibile. Riducendo l’imposta
sui lavoratori blu e aumentando l’imposta sui lavoratori rossi è possibile
ricavare lo stesso gettito riducendo l’eccesso di pressione totale.
Gender Taxation
Una applicazione della nozione di Eccesso di pressione delle imposte: Gender based taxation (Alesina e Ichino).
Fatto empirico sotteso all’argomento: L’offerta di lavoro delle donne è molto più elastica di quella degli uomini.
In questa situazione, è possibile ridurre l’imposta a carico delle donne, aumentare quella a carico degli uomini, riducendo
l’eccesso di pressione complessivo e mantenendo invariato il gettito complessivo.
37
Tre punti da osservare:
- Gettito costante Riduzione dell’eccesso di pressione
- L’aliquota di imposta a carico delle donne si riduce di più di quanto amenti quella a carico degli uomini
- Il tasso di occupazione femminile aumenta di più di quanto si riduce il tasso di occupazione maschile: l’occupazione
complessiva aumenta.
L’incidenza è la variazione del benessere di un individuo a seguito dell'introduzione o modifica di una imposta (o di una voce
di spesa pubblica). Spesso, infatti, non esiste coincidenza tra il soggetto chiamato dalla legge al pagamento del tributo
(soggetto percosso) e colui il quale ne subisce effettivamente l'onere (soggetto inciso, o contribuente di fatto), perché il primo
può attuare una serie di comportamenti volti a trasferire su altri individui l'onere effettivo del tributo attraverso la
traslazione.
Ts Imposta che ha come base imponibile la quantità scambiata e come aliquota un valore espresso in euro (€).
38
In questo caso in cui si analizzano sia curva di
domanda che curva di offerta, i triangoli di Herberger
sono due: uno per i consumatori e uno per i
produttori).
!! L’unica imposta in cui il soggetto passivo è il consumatore è l’imposta di soggiorno. La struttura ricettiva in questo caso è il
sostituto di imposta (perché deve versare l’imposta presso il comune in cui è ubicata la struttura).
Due mercati: stessa curva di domanda diverse curve di offerta Introduciamo la medesima accisa
In un mercato di concorrenza perfetta, per data elasticità della curva di domanda, l’incidenza dell’imposta è determinata
dall’elasticità della curva di offerta...
39
Due mercati: stessa curva di offerta diverse curve di domanda Introduciamo la medesima accisa
In un mercato di concorrenza perfetta, per data elasticità della curva di offerta, l’incidenza dell’imposta è determinata
dall’elasticità della curva di domanda...
Confronto di due mercati con stessa curva di offerta con diversa curva di domanda:
domanda elastica a sinistra (bene con sostituti non di prima necessità), rigida a destra
(bene di prima necessità o che non ha sostituti). Se si introduce imposta, a sinistra incide di
più sui produttori, a destra più sui consumatori. Siccome è la domanda a essere più
elastica a sinistra incide di più sui produttori, a destra essendo domanda rigida incide di
più sui consumatori. In un mercato di concorrenza perfetta sono le condizioni di
domanda e offerta che determinano l’incidenza relativa dell’imposta e in
particolare il grado di elasticità relativa di domanda e offerta.
Se l’imposta è a carico dei produttori abbiamo l’effetto del primo grafico (trasla verso alto curva offerta), se
imposta è a carico dei consumatori (trasla verso il basso curva domanda): il cuneo è lo stesso, indifferente quale
lato del mercato sia il soggetto passivo. Conta solo il cuneo fiscale totale cioè quante imposte sono a carico di
consumatori e quante a carico di produttori.
Equilibrio in un mercato di monopolio
L’incidenza dipende dalla struttura di mercato, supponiamo di considerare un
mercato di monopolio. Curva rossa: domanda, curva blu costi marginali (costanti),
come si determina l’equilibrio del monopolista? La curva di domanda permette di
costruire la curva di ricavi marginali (verde) che è inferiore al prezzo (prezzo sempre
superiore al ricavo marginale). Il monopolista sceglie prezzo e quantità che
massimizza il profitto, p1* è superiore al cmg. [In concorrenza con offerta elastica
l’imposta incideva tutta sui consumatori] se invece abbiamo monopolio? Se
introduciamo imposta nel monopolio, i cmg aumentano, il punto di equilibrio si
sposta (l’inclinazione degli rmg è il doppio di quella di domanda), l’incremento di
prezzo è la metà dell’incremento di cmg. Mentre in concorrenza incide al 100% sui consumatori, qui incide al 50% su
consumatori e 50% sul monopolista, incidenza molto diversa nelle due forme di mercato.
40
Monopolio: imposta specifica (accisa) Monopolio: imposta ad valorem
41