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Regno Unito
Italia (fino al
Alla campagna d'Italia presero parte anche alcuni reparti
India settembre 1943)
Polonia
Indice Brasile
Grecia
Antefatti Cobelligeranti:
Asse Resistenza
italiana
Il campo di battaglia
Le forze in campo Comandanti
Lo sbarco in Sicilia
Mark Clark
Heinrich von
La caduta del governo Mussolini e l'armistizio
Henry Maitland Vietinghoff
Antefatti
A partire dall'autunno del 1942 l'andamento della seconda guerra mondiale nel teatro del Mediterraneo
aveva subito una svolta irreversibile a favore delle potenze alleate. Mentre i britannici del generale Bernard
Law Montgomery concludevano vittoriosamente il 4 novembre 1942 la dura seconda battaglia di El
Alamein e costringevano le residue forze italo-tedesche del feldmaresciallo Erwin Rommel a una
estenuante ritirata lungo l'intera costa libica, un imponente corpo di spedizione anglo-americano al comando
del generale Eisenhower effettuò con pieno successo a partire dall'8 novembre 1942 l'operazione Torch,
cioè lo sbarco in Marocco e Algeria[4].
Nei mesi seguenti le operazioni in Nordafrica proseguirono con aspri scontri dall'esito alterno; nonostante il
gravoso impegno della Wehrmacht sul fronte orientale, dove era in corso la lunga battaglia di Stalingrado
conclusasi con una disastrosa sconfitta, Adolf Hitler decise di inviare contingenti di rinforzo in Tunisia per
guadagnare tempo e sostenere militarmente l'alleato Benito Mussolini, la cui posizione politica in Italia si
stava indebolendo a causa delle continue disfatte[5].
Nonostante l'accanita e abile resistenza, le forze dell'Asse in Nordafrica, in netta inferiorità di uomini e
mezzi rispetto agli eserciti alleati, vennero infine sconfitte e si arresero nel maggio 1943; la campagna di
Tunisia si concluse quindi con un grande successo strategico degli Alleati che presero possesso dell'intera
costa nordafricana, potendo così dominare le rotte marittime mediterranee e attaccare direttamente tutte le
coste italiane, le cui difese erano ormai completamente inadeguate a fronteggiare, nonostante lo sbandierato
ottimismo di Mussolini, la potente coalizione avversaria[6].
Piani operativi
Alleati
Mentre era ancora in corso la campagna di Tunisia, la dirigenza politico-militare anglo-americana aveva già
incominciato la pianificazione per il proseguimento delle operazioni nel teatro del Mediterraneo. Nella
conferenza di Casablanca, tra il 14 e il 24 gennaio 1943, il presidente statunitense Franklin Delano
Roosevelt e il primo ministro britannico Winston Churchill si incontrarono insieme con i capi degli stati
maggiori alleati; dopo lunghe e complesse discussioni, venne deciso, nonostante lo scetticismo e la
delusione dei generali statunitensi, desiderosi di arrestare le operazioni nel settore meridionale e di
accelerare l'invasione dell'Europa nord-occidentale, di porre a buon frutto la prevista vittoria in Nordafrica
attuando uno sbarco in Sicilia[7].
Mentre in un primo tempo, il 13 marzo 1943, i capi militari anglo-americani approvarono l'ambizioso piano,
esso fu rimesso in discussione due giorni dopo quando il generale britannico Bernard Montgomery inviò
una lettera al generale Gairdner criticando fortemente il progetto originario di sbarco in Sicilia, e
suggerendo il concentramento delle zone di sbarco e il rafforzamento del corpo di spedizione. Il 18 marzo si
tenne dunque una conferenza a seguito della quale, il 5 e il 6 aprile 1943, le varianti proposte dal generale
Montgomery vennero approvate dal comandante in
capo alleato nel Mediterraneo Dwight Eisenhower e
dal vice-comandante in capo Harold Alexander[13]. In
realtà ben presto le discussioni ripresero all'interno della
dirigenza politico-militare alleata: il generale
Eisenhower manifestò timori per le possibili reazioni
delle forze tedesche presenti in Sicilia, suscitando il
disappunto di Churchill; alla fine di aprile il generale
Montgomery tornò a criticare il piano operativo e il 2
maggio, in una riunione ad Algeri, propose una nuova
variante secondo la quale le forze anglo-americane
Il generale Dwight Il generale Harold
avrebbero effettuato sbarchi molto concentrati nella
Eisenhower Alexander
parte sud-orientale della Sicilia: in questo modo, lo
stesso Montgomery avrebbe assunto un ruolo
preponderante nell'operazione, relegando le truppe americane a compiti di appoggio. Alexander condivise
le valutazioni di Montgomery e Eisenhower approvò questo nuovo piano nonostante le opposizioni di
alcuni alti ufficiali alleati[14].
Mentre procedeva l'organizzazione delle forze assegnate allo sbarco in Sicilia, i capi anglo-americani si
incontrarono a Washington nella cosiddetta "conferenza Trident" che ebbe inizio il 12 maggio 1943 e
continuò in maniera molto accesa e contrastata fino al 24 maggio alla presenza del presidente Roosevelt e
del primo ministro Churchill[15]. Si dovevano concordare gli ulteriori programmi bellici nel teatro europeo:
gli americani, guidati dal capo di stato maggiore generale George Marshall, richiesero nuovamente di
sferrare il grande attacco decisivo attraverso la Manica e arrestare tutte le operazioni nel Mediterraneo dopo
la conquista della Sicilia; i militari britannici sostenuti da Churchill riproposero invece i loro piani per
prolungare le operazioni nell'Europa meridionale, provocare "l'eliminazione dell'Italia" e costringere la
Germania a frammentare ulteriormente le proprie forze[16]. Alla fine fu raggiunto un compromesso: venne
deciso di effettuare l'attacco in Francia entro il maggio 1944 e di trasferire in Gran Bretagna una parte delle
divisioni anglo-americane schierate nel Mediterraneo per prendere parte alla futura operazione Overlord;
tuttavia il generale Eisenhower era autorizzato a sfruttare il previsto successo in Sicilia con nuove
operazioni per favorire "l'uscita dell'Italia dalla guerra". I capi britannici affermarono che una campagna in
Italia sarebbe stata agevole, che sarebbero state sufficienti nove divisioni e che i tedeschi non sarebbero stati
in grado di opporre una resistenza efficace[17].
Asse
I segni evidenti di cedimento del suo principale alleato indussero peraltro Hitler,
informato da numerose fonti della scarsa solidità politica del governo fascista, a
incominciare una precisa pianificazione in vista di un cedimento dell'Italia di
fronte all'attacco alleato o di un rovesciamento di Mussolini[21]. Ancor prima della
fine dei combattimenti in Nordafrica erano presenti in Sardegna e Sicilia
contingenti di tre divisioni mobili tedesche di cui era originariamente previsto
l'invio in Tunisia; alla metà di maggio Hitler decise di rafforzare le sue forze nella
penisola inviando altre due divisioni meccanizzate che furono messe a
disposizione del comando Oberbefehlshaber Süd guidato dall'abile
feldmaresciallo Albert Kesselring[22]. Il 21 maggio l'alto comando tedesco diramò
le direttive preparate per fronteggiare in tutti i teatri di operazione le conseguenze
Il feldmaresciallo
di una possibile defezione italiana: furono quindi approntate l'operazione Alarico
Albert Kesselring
(occupazione della penisola), l'operazione Konstantin (neutralizzazione delle
forze italiane nei Balcani), l'operazione Siegfried (occupazione delle aree della
Francia meridionale), l'operazione Nürnberg (salvaguardia della frontiera franco-
spagnola) e l'operazione Kopenhagen (controllo dei valichi sulla frontiera franco-italiana)[23].
Contemporaneamente la Wehrmacht proseguì il rischieramento delle sue riserve mobili: Hitler era
preoccupato per un possibile attacco ai Balcani e, forse sviato dal piano di depistaggio alleato "Mincemeat",
decise di inviare nel Peloponneso una divisione corazzata. Il 17 giugno finalmente Mussolini presentò,
dopo contrasti tra i dirigenti politico-militari italiani, precise richieste di rinforzi tedeschi per fronteggiare le
armate alleate a cui Hitler rispose con il trasferimento, entro il 9 luglio, di altre tre divisioni meccanizzate
che vennero schierate nell'Italia centro-meridionale; alla vigilia dello sbarco alleato, otto esperte divisioni
tedesche si trovavano nella penisola o nelle due isole maggiori italiane.
Nel frattempo la situazione del regime fascista si stava deteriorando ulteriormente: irrealistici progetti
diplomatici per un distacco concordato dell'Italia dall'Asse o per la costituzione di una coalizione di potenze
minori europee "neutralizzate" vennero esclusi da Mussolini; si svilupparono confusi progetti politico-
militari all'interno delle strutture dirigenti delle forze armate e degli apparati amministrativi dello stato e il re
Vittorio Emanuele III incominciò le prime mosse per un'eventuale destituzione di Mussolini[24]. All'interno
dello stesso Partito Fascista alcuni gerarchi cominciarono a cospirare contro il Duce. Mussolini non sembrò
cogliere il pericolo: cercò di galvanizzare i militanti fascisti con nuove bellicose parole d'ordine e ancora il
24 giugno 1943, con un ottimismo di facciata, parlò di "congelare" l'attaccante che avesse tentato di
sbarcare in Italia "sulla linea del bagnasciuga"[25].
Il campo di battaglia
La geomorfologia italiana imponeva alcune limitazioni alle operazioni degli Alleati: mentre i bombardieri
avevano un'autonomia sufficiente a colpire qualunque obiettivo nella penisola, solo i caccia imbarcati su
portaerei potevano raggiungere l'Italia continentale, ma erano in numero limitato e comunque la minaccia
subacquea dell'Asse non permetteva operazioni navali a lungo raggio. L'invasione della Sicilia era dunque
una tappa obbligata perché permetteva di restare nel raggio d'azione degli aerei tattici con base in Tunisia,
motivo che spinse il comando alleato a preferire quest'ultima alla Sardegna[26]. Gli Alleati avevano obiettivi
limitati in Italia e adottarono durante tutta la campagna una strategia prudente[27], oltretutto non sfruttando
completamente la loro supremazia aeronavale.
Hitler non attribuiva un valore strategico decisivo all'Italia meridionale ed era convinto della necessità di
tenere il minimo delle forze nella penisola per non scoprire gli altri fronti; perciò non concesse al
maresciallo Kesselring i rinforzi richiesti[28]. I tedeschi decisero di rinunciare a difendere l'intera penisola e
di concentrare le loro forze nelle aree in cui la conformazione geografica era più favorevole alla
realizzazione di solide posizioni difensive, ossia dove la penisola si restringeva offrendo massicci ostacoli
orografici e la presenza di vari corsi d'acqua poteva costituire un ostacolo rilevante, in particolare durante la
stagione invernale.
Le forze in campo
Le forze in campo furono costantemente sbilanciate a favore degli Alleati, tanto più in quanto l'esercito
italiano dopo la resa si dissolse e si riformò successivamente in buona parte in campo alleato, con
l'eccezione delle unità che verranno schierate dall'Esercito Nazionale Repubblicano. Nonostante la
superiorità numerica e materiale l'efficienza delle forze alleate diminuì nella seconda metà del 1944 a causa
del ritiro di molti reparti scelti anglo-americani, destinati a essere impegnati in Francia, che furono sostituiti
da unità meno esperte[29].
L'impiego di numerose e potenti forze aeree diede agli Alleati una netta superiorità nei cieli; i tedeschi,
impegnati soprattutto a difendere il Reich, schierarono solo un numero limitato di aerei in Italia. Gli Alleati
usarono costantemente le forze aeree tattiche a supporto delle forze terrestri e le uniche operazioni aeree di
una certa consistenza furono i bombardamenti delle città del nord Italia e dei centri industriali italiani
impegnati nella produzione bellica per la Germania. Da parte dell'Asse le operazioni furono quasi
esclusivamente difensive, eccettuati gli attacchi alle forze navali alleate impegnate negli sbarchi
principali[30].
La campagna d'Italia
«Bisogna che, non appena il nemico tenterà di sbarcare, sia congelato su quella linea
che i marinai chiamano del bagnasciuga, la linea della sabbia dove l'acqua finisce e
comincia la terra...»
(Affermazione di Mussolini alla direzione del Partito Nazionale Fascista il 24 giugno 1943, riportata dalla
stampa il 5 luglio 1943[31])
Lo sbarco in Sicilia
L'operazione Husky, il nome in codice alleato per designare l'invasione della Sicilia, ebbe inizio il 9 luglio
1943, preceduta nel mese di giugno dall'occupazione delle isole di Lampedusa, Linosa, Lampione e
Pantelleria, la quale cadde il 12 giugno, dopo avere subito intensi bombardamenti da parte della Royal Air
Force (che aveva perso quarantacinque aerei abbattuti dalla contraerea italiana)[32], e venne occupata da
reparti di una divisione britannica senza incontrare resistenza[33].
La forza di invasione alleata guidata dal generale Eisenhower era composta dall'8ª Armata britannica del
generale Bernard Law Montgomery e dalla 7ª Armata statunitense del generale George Smith Patton,
dipendenti gerarchicamente dal 15º Gruppo d'armate del generale Harold Alexander che aveva la
responsabilità effettiva delle operazioni sul campo[34]. Le due armate disponevano di una forza iniziale di
181 000 uomini con 600 carri armati e 1 800 cannoni[35]; il corpo di spedizione era costituito da sette
divisioni di fanteria, due divisioni corazzate e due divisioni aviotrasportate; l'appoggio dal mare era
garantito da 2 275 navi da carico, 1 800 mezzi da sbarco e 280 navi da guerra[36]. Le forze aeree alleate,
comandate dall'Air Chief Marshall Arthur Tedder, disponevano di oltre 5 000 velivoli e godevano di una
schiacciante superiorità nei confronti dei 520 aerei
dell'Asse[37]. L'armata del generale Patton, forte di
quattro divisioni, prese terra nelle zone prospicienti
Licata, Gela e Scoglitti, mentre quella del generale
Montgomery, forte di quattro divisioni e una brigata,
sbarcò a est, tra Capo Passero e Siracusa[38]. Nel corso
della breve campagna gli Alleati fecero intervenire altri
reparti e alla fine dell'operazione disponevano in Sicilia
di circa 467 000 soldati[39].
Il generale George Il generale Bernard
Patton, comandante Montgomery,
della 7ª Armata comandante dell'8ª
statunitense in Sicilia Armata britannica in
Sicilia
Lo sbarco alleato del 10 luglio 1943, preceduto da alcuni difficoltosi lanci di paracadutisti nelle retrovie e
appoggiato dal potente supporto aereo e navale, ebbe successo nonostante la resistenza delle deboli
divisioni costiere italiane. L'11 luglio il generale Guzzoni cercò di contrattaccare la testa di ponte
statunitense di Gela con le divisioni "Livorno" e "Hermann Göring"; il tentativo, sebbene alcuni panzer
fossero arrivati a poche centinaia di metri dalle spiagge, fu frustrato dalle artiglierie, dall'intervento di forze
corazzate e dal supporto navale statunitensi. I britannici incontrarono minore resistenza e fin dall'11 luglio
l'8ª Armata occupò senza difficoltà Siracusa e Augusta, un'importante base navale che si arrese senza
combattere[42]. Il 14 luglio gli Alleati congiunsero le loro teste di ponte e conquistarono Ragusa e Comiso.
Nonostante i successi alleati e i segni di collasso delle truppe italiane, il feldmaresciallo Kesselring riuscì a
trasferire in Sicilia la veterana 29. Panzergrenadier-Division e l'eccellente 1ª Divisione paracadutisti del
generale Richard Heidrich, trasferita d'urgenza dalla Francia meridionale; l'energico ed esperto generale
Hans-Valentin Hube, reduce dalla battaglia di Stalingrado, assunse il comando di tutte le forze tedesche
raggruppate nel XIV Panzerkorps e in pratica diresse le operazioni delle forze dell'Asse nell'isola, riuscendo
a costituire un solido fronte difensivo a sud di Catania che arrestò l'avanzata dei britannici di
Montgomery[43].
Mentre l'8ª Armata britannica fronteggiava un'aspra resistenza nella zona dell'Etna, il generale Patton riuscì
invece a uscire dalla testa di ponte e ad avanzare con le sue unità corazzate direttamente verso Palermo; le
deboli difese italiane furono facilmente superate e gli statunitensi presero la città il 22 luglio. La 7ª Armata
girò subito verso est con
l'obiettivo di arrivare a
Messina e tagliare le linee
di comunicazione delle
truppe dell'Asse in
Sicilia[43]; tuttavia il
feldmaresciallo Kesselring
e il generale Hube furono
in grado di costituire una
nuova linea difensiva a Movimenti delle forze alleate in
protezione di Messina e gli Sicilia dal 12 luglio al 17 agosto 1943
statunitensi, nonostante
Truppe britanniche sbarcano in l'arrivo in Sicilia di altre
Sicilia il 10 luglio 1943 divisioni, furono fermati dal 23 luglio a San Fratello e a Troina
dove si svolsero aspri combattimenti. Gli sviluppi politici generali,
con la caduta di Mussolini e la disgregazione delle unità italiane, e
la chiara superiorità numerica e materiale alleata, spinsero Hitler e l'alto comando tedesco a organizzare
un'evacuazione metodica delle divisioni dell'Asse attraverso lo stretto di Messina (operazione Lehrgang);
entro il 17 agosto il generale Hube riuscì a completare con successo la ritirata di gran parte dei suoi soldati e
degli equipaggiamenti[44]: furono evacuati circa 40 000 soldati tedeschi con 9 789 veicoli, cinquantuno carri
armati e 163 cannoni[45] e 62 000 soldati italiani con 227 veicoli e quarantuno cannoni.
Al termine della campagna la 7ª Armata contò 2 811 morti, 6 471 feriti e 686 dispersi; l'8ª Armata accusò
2 721 morti, 7 939 feriti e 2 183 dispersi[1]. Le forze dell'Asse riportarono circa 29 000 vittime: gli italiani
subirono circa 4 700 morti, i tedeschi 4 300; i feriti assommarono a circa 20 000 uomini e i prigionieri erano
oltre 140 000[3], dei quali solo 5 500 erano soldati tedeschi[1].
Le disastrose notizie provenienti dalla Sicilia provocarono sviluppi decisivi per le due potenze dell'Asse.
Hitler, preoccupato dai segni di crollo dell'esercito italiano, si recò il 19 luglio 1943 in Italia e incontrò
Mussolini presso Belluno (anche se la storiografia lo ricorda come l'incontro di Feltre[46]): il Duce apparve
depresso e abulico e, nonostante le esortazioni dei suoi generali e consiglieri, non riuscì a influire sulle
decisioni del Führer; Hitler confermò di voler combattere a oltranza su tutti i fronti, esortò a rafforzare la
coesione interna con provvedimenti draconiani, promise l'invio di divisioni tedesche e prospettò la vittoria
grazie ad "armi segrete" in approntamento[47]. Il fallimento dei colloqui detti di Feltre accelerò le decisioni
del Re e dei generali ormai decisi a destituire Mussolini mentre i gerarchi, guidati da Dino Grandi, durante
la drammatica riunione notturna del 25 luglio contestarono apertamente l'operato del Duce e favorirono la
disgregazione del regime[48].
Il pomeriggio del 25 luglio 1943 Mussolini fu fatto arrestare dal re Vittorio Emanuele dopo un breve
colloquio e trasferito successivamente in una serie di rifugi segreti; in poche ore il regime fascista si
disgregò, i gerarchi fedeli al Duce fuggirono e il maresciallo Pietro Badoglio venne nominato capo del
nuovo governo, che ufficialmente confermò la fedeltà all'alleanza con la Germania e la decisione di
continuare a combattere contro gli Alleati. In realtà il Re, Badoglio e i principali dirigenti del nuovo
governo ritenevano inevitabile uscire dalla guerra; dopo alcune indecisioni, il 12 agosto 1943 emissari
italiani si incontrarono a Lisbona con il capo di stato maggiore di Eisenhower, generale Walter Bedell
Smith, dal quale appresero che i capi alleati prevedevano la resa incondizionata dell'Italia[49]. Hitler,
informato dell'inattesa destituzione di Mussolini, comprese subito che essa avrebbe messo in pericolo
l'alleanza dell'Asse, non diede alcuna fiducia alla nuova dirigenza e predispose rapidamente nuovi piani per
affrontare militarmente l'attesa defezione dell'Italia. Dopo aver ipotizzato un immediato intervento a Roma,
Hitler decise di guadagnare tempo in attesa degli eventi e nel
frattempo di rafforzare in modo sostanziale la presenza tedesca
nella penisola[50]. Secondo le direttive del nuovo piano Achse,
mentre il feldmaresciallo Kesselring preparava l'evacuazione della
Sicilia e la difesa dell'Italia meridionale, il feldmaresciallo Rommel
prese il comando di un nuovo Gruppo d'armate B che trasferì il suo
quartier generale a Bologna il 14 agosto; in poche settimane
entrarono in Italia settentrionale altre otto divisioni tedesche tra cui
due divisioni corazzate, mentre una divisione di paracadutisti atterrò
L'armistizio di Cassibile: da sinistra i a Pratica di Mare, a sud di Roma[51].
generali Walter Bedell Smith,
Giuseppe Castellano e Dwight
Informati dei contatti segreti avviati a Lisbona con gli emissari del
Eisenhower
nuovo governo italiano, i dirigenti anglo-americani procedettero a
una nuova analisi della loro pianificazione operativa: Eisenhower
propose di prolungare le operazioni dopo la conquista della Sicilia,
sfruttando la promessa collaborazione italiana per occupare il territorio compreso tra gli importanti aeroporti
di Foggia e il grande porto di Napoli[52]; il generale Marshall e gli altri capi statunitensi concordarono con
questo piano, convinti che l'obiettivo delle operazioni nella penisola dovesse essere strettamente limitato
all'occupazione di basi aeree e a tenere impegnate lontane dai fronti principali il maggior numero possibile
di truppe tedesche. Il 14 agosto 1943 il presidente Roosevelt e il primo ministro Churchill si incontrarono a
Québec e presero le decisioni definitive: fu confermata la data del 1º maggio 1944 per l'operazione
Overlord e venne ordinato al generale Eisenhower di occupare Sardegna e Corsica; il 17 agosto venne
approvata l'invasione della penisola italiana attraverso uno sbarco principale a Salerno, previsto per il 9
settembre 1943[53].
La reazione di Hitler e dei comandi tedeschi, nonostante la sorpresa per l'improvviso annuncio
dell'armistizio, fu rapida ed efficace: il piano Achse venne immediatamente attivato e le truppe della
Wehrmacht presero il sopravvento in tutti i teatri bellici dove erano presenti unità italiane, sfruttando
soprattutto la disorganizzazione e la confusione presenti tra le truppe e gli alti comandi del Regio Esercito
che, privi di direttive precise e tempestive, in gran parte si disgregarono. In Italia settentrionale il
feldmaresciallo Rommel occupò le città più importanti e catturò la massa delle divisioni italiane che
opposero scarsa resistenza; a Roma dopo alcuni duri combattimenti e confuse trattative il feldmaresciallo
Kesselring prese possesso della città; nei Balcani i tedeschi occuparono tutto il territorio e schiacciarono
brutalmente i tentativi di resistenza locali, con oltre 600 000 soldati italiani deportati in Germania[56].
Badoglio, il Re e i loro collaboratori preferirono abbandonare subito Roma e, dopo aver raggiunto Pescara,
si trasferirono a Brindisi dove ricostituirono una struttura di governo nel territorio sfuggito all'occupazione
tedesca, il cosiddetto Regno del Sud; il 13 ottobre 1943 il governo Badoglio dichiarò guerra alla Germania
ottenendo dagli Alleati lo status di "cobelligerante". Nel frattempo, il 12 settembre 1943, un reparto di
paracadutisti tedeschi aveva liberato Mussolini dalla prigione nel Gran Sasso; fortemente sollecitato da
Hitler e pur provato e depresso, il Duce decise di prendere la direzione di uno nuovo stato fascista, la
Repubblica Sociale Italiana (RSI), che venne costituita il 23 settembre nell'Italia centro-settentrionale per
collaborare con l'occupante tedesco[57].
In realtà i tedeschi avevano mantenuto il possesso delle posizioni dominanti sulle colline, e il
feldmaresciallo Kesselring e il generale Heinrich von Vietinghoff poterono controllare la situazione facendo
affluire numerose divisioni mobili da sud e da nord. Dopo alcuni attacchi iniziali che misero in difficoltà le
punte avanzate alleate, la controffensiva tedesca ebbe inizio il 12 settembre con l'intervento, in rinforzo alla
16. Panzer-Division già presente sul posto, di due divisioni Panzergrenadier e due ulteriori Panzer-
Division. I tedeschi sfruttarono il varco centrale lungo il corso del fiume Sele nella testa di ponte e ottennero
alcuni importanti successi che fecero temere una catastrofe per gli Alleati. Le truppe tedesche, molto più
esperte e combattive, cacciarono i britannici da Battipaglia e gli americani da Persano; alcuni reparti alleati
furono distrutti e la Luftwaffe attaccò le navi alleate al largo infliggendo sensibili perdite; le forze della
Wehrmacht furono sul punto di ottenere una vittoria risolutiva[62].
In Calabria la manovra diversiva dell'8ª Armata britannica non raggiunse grandi risultati: i tedeschi si
ritirarono ordinatamente e riuscirono a concentrare le loro forze nella zona di Salerno; i britannici
avanzarono lentamente per 300 chilometri verso nord senza trovare resistenza. Il 16 settembre infine
elementi della 5ª e dell'8ª Armata si ricongiunsero presso Vallo della Lucania, mentre nel frattempo in
Puglia i paracadutisti britannici occuparono l'Aeroporto di Gioia del Colle. I tedeschi arretrarono
metodicamente con abili manovre delle loro retroguardie, abbandonando Foggia il 27 settembre dopo aver
effettuato molte demolizioni. Il 29 settembre il generale Montgomery entrò in città con il grosso della sua
armata. Il 1º ottobre elementi del Popski's Private Army completarono la liberazione degli aeroporti della
zona di Foggia, ritenuti essenziali dall'alto comando alleato per poter raggiungere con i bombardamenti
aerei le regioni meridionali della Germania e l'Europa sud-orientale.
Nel frattempo i reparti tedeschi presenti in Sardegna, al comando del generale Fridolin von Senger und
Etterlin, ricevettero l'ordine di evacuare l'isola e ripiegare in Corsica. Le truppe della Wehrmacht
effettuarono con successo la ritirata, conclusa il 18 settembre nonostante il contrasto dei reparti italiani;
infine i tedeschi completarono il 4 ottobre anche l'evacuazione della Corsica dove erano sbarcati reparti
francesi, ripiegando su Piombino[68].
Dopo il riuscito sfondamento della linea del Volturno, le armate anglo-americane si trovarono in crescente
difficoltà a causa dell'impervio territorio appenninico e del peggioramento delle condizioni climatiche che
rese quasi impraticabile il terreno. Anche le retroguardie tedesche, mantenendo il controllo delle alture
dominanti, contribuirono a ritardare l'avanzata alleata agendo dagli avamposti della linea principale di
resistenza, la cosiddetta Linea Gustav[75]. In questa fase sorsero di nuovo forti contrasti tra Rommel, che
riteneva opportuno rinunciare a difendere Roma e costituire invece la principale linea di resistenza sugli
Appennini tosco-emiliani a sud della Pianura Padana, e Kesselring che invece, più ottimista, era sicuro di
poter organizzare a sud della capitale una solida difesa, capace di fermare l'avanzata alleata. Hitler rimase a
lungo indeciso e sembrò inizialmente concordare con il parere di Rommel, ma infine preferì dare fiducia al
feldmaresciallo Kesselring che perciò, dal 21 novembre 1943, assunse il comando supremo di tutte le forze
tedesche in Italia, raggruppate nel nuovo Gruppo d'armate C con l'ordine di resistere a oltranza a sud di
Roma, mentre Rommel fu richiamato in Germania[76].
A fine ottobre il generale Henri Giraud arrivò a Napoli per predisporre con Clark il previsto spiegamento in
Italia di un corpo di spedizione francese; il 4 novembre, di fronte alle difficoltà dell'avanzata a causa del
maltempo e della limitatezza delle risorse disponibili, incominciarono le prime discussioni su una eventuale
nuova operazione anfibia[77]. A metà novembre la 5ª Armata aveva ormai raggiunto le postazioni montuose
di fronte alla Linea Gustav[78], mentre sul lato adriatico il 2 e 3 novembre le truppe di Montgomery,
superato il Trigno, avevano dovuto arrestarsi davanti alle postazioni difensive tedesche lungo il fiume
Sangro, il torrente Moro e l'abitato di Ortona.
Il piano del generale Alexander per sfondare il fronte tedesco prevedeva di sferrare un primo attacco nel
settore adriatico in direzione di Pescara e Avezzano; subito dopo il generale Clark avrebbe attaccato
attraverso il valico di Mignano fino a Cassino e quindi Frosinone, sperando di raggiungere le due città entro
Natale. Il generale Clark, nonostante le difficoltà del terreno, era ottimista e deciso a raggiungere Roma e
assicurò Alexander che avrebbe sfondato la linea d'inverno e sbaragliato i tedeschi[85]. L'offensiva alleata
ebbe inizio il 28 novembre 1943 nel settore adriatico: inizialmente il generale Montgomery, attaccando con
cinque divisioni tra cui una divisione canadese e una divisione
neozelandese, riuscì ad attraversare il fiume Sangro e ritenne che
"la strada per Roma è aperta"; in realtà nei giorni seguenti i tedeschi
rallentarono l'avanzata, intralciata anche dalle forti piogge, e i
britannici furono infine costretti a fermarsi contro i capisaldi di
Orsogna e Ortona[86]. I canadesi attaccarono Ortona ma dovettero
affrontare la dura resistenza di reparti scelti di paracadutisti
tedeschi: la battaglia di Ortona, la "Stalingrado d'Italia", terminò il
27 dicembre 1943 con la ritirata tedesca, ma i canadesi subirono
perdite altissime e dovettero fermarsi. Nella battaglia di Orsogna
furono invece i neozelandesi a essere bloccati e anche le altre
divisioni dell'8ª Armata si trovarono in difficoltà. I piani del
generale Montgomery erano falliti: il comandante britannico
dovette arrestare l'offensiva e rinunciare all'avanzata su Pescara[87].
L'attacco nel settore adriatico fu intralciato anche dal riuscito
Truppe canadesi durante la battaglia attacco della Luftwaffe sul porto di Bari del 2 dicembre 1943, che
di Ortona inflisse gravi danni alle installazioni e provocò un disastro chimico
a causa della fuoriuscita di iprite segretamente trasportata da una
delle navi alleate attraccate nel porto[88].
Il generale Clark aveva incominciato la sua offensiva il 3 dicembre contro la serie di difficili posizioni di
montagna presidiate dai tedeschi del generale von Senger. Una divisione britannica del X Corpo riuscì con
un attacco notturno a conquistare il monte Camino che in novembre aveva resistito a tutti gli assalti[89],
mentre l'attacco principale da parte della 34ª Divisione texana venne invece diretto contro la cittadina di San
Pietro Infine e le colline circostanti che davano accesso alla valle del fiume Liri: i reparti speciali del
generale Frederick ottennero qualche successo ma il 7 dicembre gli italiani del Primo Raggruppamento
Motorizzato vennero sconfitti a Monte Lungo dai Panzergrenadier tedeschi[90]. L'8 dicembre ebbe inizio
l'attacco principale americano: dopo dieci giorni di sanguinosi combattimenti in montagna i tedeschi
dovettero evacuare Monte Lungo e San Pietro Infine che cadde il 17 dicembre 1943, ma gli Alleati
avevano subito pesanti perdite e anche il generale Clark dovette sospendere l'offensiva senza essere riuscito
ad aprire la strada per Roma; il feldmaresciallo Kesselring consolidò quindi le sue posizioni sulla Linea
Gustav imperniata su Cassino e il corso dei fiumi Rapido e Garigliano[91][92].
Alla fine dell'anno 1943 i massimi capi alleati compresero definitivamente che era al momento impossibile
ottenere un successo decisivo in Italia; il teatro mediterraneo passò quindi in secondo piano se paragonato
alla grande operazione Overlord in fase di preparazione in Gran Bretagna. Il generale Eisenhower,
designato comandante in capo del corpo di spedizione previsto per lo sbarco in Francia, cedette il comando
del teatro mediterraneo al generale Henry Maitland Wilson e ritornò a Londra; il 31 dicembre 1943 anche
Montgomery lasciò l'Italia e rientrò in patria, dopo aver passato il comando dell'8ª Armata al generale
Oliver Leese[93].
«Pensavo di aver scaraventato un gatto selvaggio nei Colli, e invece abbiamo una
balena arenata sulla spiaggia»
(Winston Churchill commentando il deludente sviluppo delle operazioni nella testa di ponte di Anzio[94])
Winston Churchill, nonostante avesse approvato la pianificazione generale alleata e avesse sostenuto
l'esecuzione a maggio 1944 dell'operazione Overlord, continuava a ipotizzare una grandiosa strategia
alternativa, mediterranea e balcanica, per affrettare la disfatta della Germania e prevenire la temuta irruzione
dell'Armata Rossa nel cuore dell'Europa. Egli riuscì quindi a far approvare dal Comitato degli stati maggiori
combinati anglo-americano una nuova operazione di sbarco
in Italia che avrebbe dovuto permettere di superare la
situazione di stallo lungo la Linea Gustav, distruggendo
l'esercito tedesco del feldmaresciallo Kesselring e aprendo la
strada per un'avanzata da Roma direttamente in direzione di
Lubiana in Slovenia. L'operazione Shingle prevedeva da una
parte la ripresa dell'attacco di Clark nel settore di Cassino per
attirare le riserve tedesche e dall'altra lo sbarco nel settore di
Anzio e Nettuno di un corpo di spedizione anglo-americano
al comando del generale John Lucas, che avrebbe puntato
rapidamente verso Roma, tagliando le linee di
comunicazione delle forze tedesche di von Vietinghoff
Carri armati americani M4 Sherman
attestate sulla Linea Gustav[95].
sbarcano ad Anzio
Il 16 gennaio 1944 Clark diede
inizio a una serie di attacchi nel
settore di Cassino; il piano dell'alto comando alleato prevedeva di attirare con
questo nuovo attacco contro la Linea Gustav le riserve tedesche e quindi favorire
la riuscita dello sbarco ad Anzio[96]. La prima battaglia di Cassino tuttavia non
raggiunse risultati decisivi e le truppe alleate subirono pesanti perdite: il II corpo
d'armata statunitense del generale Geoffrey Keyes sferrò un difficile attacco
attraverso il fiume Rapido sperando di occupare il paese di Sant'Angelo in
Il generale John Theodice e di incunearsi nella valle del Liri, ma la 36ª Divisione texana che
Lucas, comandante effettuò il passaggio del fiume la sera del 20 gennaio 1944 fu sanguinosamente
delle forze alleate respinta dalle truppe tedesche della 15. Panzergrenadier-Division appostate lungo
sbarcate ad Anzio la riva e fu quasi distrutta[97]; i francesi del generale Juin raggiunsero alcune vette
ma non poterono avanzare verso Atina, mentre i britannici di McCreery
superarono il Garigliano ma non riuscirono a conquistare il Monte Maio.
Nonostante i successi difensivi del 14º Panzerkorps del generale von Senger, Vietinghoff, comandante della
10ª Armata, si allarmò e chiese rinforzi, spingendo Kesselring a inviare sulla Linea Gustav la 29. e la 90.
Panzergrenadier-Division indebolendo così le sue riserve[98].
Lo sbarco del VI Corpo d'armata ad Anzio e Nettuno il 22 gennaio 1944 si effettuò invece con facilità e
praticamente senza opposizione; i tedeschi furono colti completamente di sorpresa e furono sbarcate senza
difficoltà la 1ª Divisione fanteria britannica, la 3ª Divisione fanteria americana e tre battaglioni di Ranger.
L'alto comando tedesco apprese solo dopo sei ore le prime notizie dello sbarco e si affrettò a mobilitare tutte
le riserve per affrontare la minaccia, ma in teoria la strada per Roma rimase aperta per i primi tre giorni[99].
In realtà, nonostante gli ottimistici progetti di Churchill, la pianificazione dei generali alleati non prevedeva
che le forze sbarcate ad Anzio marciassero subito verso Roma; Lucas era un comandante prudente,
metodico e pessimista e in precedenza era stato sollecitato da Clark e anche da Patton a non correre rischi:
egli intendeva soprattutto completare il regolare sbarco delle truppe e dei materiali e consolidare con calma
la testa di ponte con l'afflusso dei reparti corazzati della seconda ondata, prima di avanzare[100][101].
Kesselring, nonostante la sorpresa iniziale, reagì con grande rapidità e attivò subito il cosiddetto "caso
Richard", la pianificazione già prevista in caso di sbarco sulla costa tirrenica: in pochi giorni affluirono nel
settore della testa di ponte di Anzio il I Corpo d'armata paracadutisti con la divisione corazzata "Hermann
Göring" e la 4ª Divisione paracadutisti, il 76º Panzerkorps con la 26. Panzer-Division, la 3. e la 29.
Panzergrenadier-Division; inoltre l'alto comando tedesco inviò di rinforzo altre quattro divisioni di fanteria
provenienti dal Nord Italia e dai Balcani[102]. Dal 23 gennaio 1944 il generale Eberhard von Mackensen
assunse il comando della 14ª Armata incaricata di organizzare queste divisioni e contrastare le forze alleate
sbarcate a Anzio e Nettuno; le truppe tedesche giunsero sul posto rapidamente e già il 29 gennaio erano
numericamente superiori alle forze di Lucas[103]. Solo il 30 gennaio 1944 il generale Lucas incominciò
operazioni offensive per uscire dalla testa di ponte ma entro il 2 febbraio tutti i
tentativi di avanzata fallirono: due battaglioni di Ranger del colonnello William
Darby furono sorpresi dal contrattacco tedesco e vennero distrutti a Cisterna, con
molti prigionieri poi fatti sfilare dai tedeschi nel centro di Roma; anche gli attacchi
della 3ª Divisione americana e della 1ª Divisione britannica furono duramente
respinti e Lucas decise di sospendere l'offensiva, dopo aver perso 3 000 uomini e
un terzo dei mezzi corazzati[104].
Nonostante i ripetuti insuccessi, la situazione critica venutasi a creare nella testa di ponte di Anzio spinse gli
alti comandi alleati a organizzare, all'inizio di marzo 1944, un nuovo tentativo di sfondare la Linea Gustav e
alleggerire la pressione tedesca contro le forze di Lucas; Alexander e Clark decisero di sferrare un terzo
attacco nel settore di Cassino impiegando di nuovo il corpo d'armata di Freyberg. La pianificazione della
cosiddetta operazione Dickens prevedeva di impiegare in
massa i bombardieri alleati, che avrebbero sganciato oltre
1 000 tonnellate di bombe mentre un micidiale fuoco
d'artiglieria avrebbe preceduto l'attacco della fanteria; Clark,
preoccupato soprattutto per il settore di Anzio, era scettico
sull'esito di questo attacco, Alexander e Freyberg ritennero
invece che ci fossero buone possibilità di raggiungere la
vittoria[118].
«So di interessi e macchinazioni affinché sia l'8ª Armata britannica a prendere Roma...
se solo Alexander prova a fare una cosa del genere, avrà per le mani un'altra battaglia
campale: contro di me»
(Il generale Clark nel suo diario personale in data 5 maggio 1944[121])
Era inoltre previsto che l'operazione Diadem fosse preceduta da un massiccio programma di
bombardamenti sulle retrovie e le linee di comunicazione, la cosiddetta operazione Strangle; il generale Ira
C. Eaker, comandante delle forze aeree strategiche alleate nel Mediterraneo, contava di riuscire a impedire i
movimenti delle truppe tedesche per dare un decisivo contributo all'esito della battaglia. L'operazione
Strangle ebbe inizio il 22 marzo 1944 e furono sganciate 26 000 tonnellate di bombe nel corso di 50 000
missioni aeree. I danni alle infrastrutture e alle vie di comunicazione furono notevoli e le forze tedesche
furono seriamente intralciate, ma nel complesso la campagna di bombardamenti non ottenne i risultati attesi;
l'alto comando tedesco fu in grado di mantenere la mobilità e l'efficienza delle sue divisioni[127].
Alla vigilia dell'operazione Diadem il feldmaresciallo Kesselring disponeva nel teatro bellico italiano di
ventitré divisioni, di cui nove difendevano il settore della Linea Gustav tra il mar Tirreno e la costa
adriatica; le truppe tedesche erano ancora efficienti e combattive ma soffrivano di gravi difficoltà di
rifornimento perché le forze aeree alleate avevano raggiunto una schiacciante superiorità e ne intralciavano
le linee di comunicazione; il comando tedesco era anche costantemente preoccupato per la possibilità di
nuovi sbarchi alleati nella regione di Civitavecchia o di Livorno[128].
Preceduta dal tiro concentrato di oltre 2 400 cannoni, l'offensiva generale alleata ebbe inizio durante la notte
tra l'11 e il 12 maggio 1944; l'attacco fu una parziale sorpresa per i tedeschi, che tuttavia nelle prime ore si
batterono duramente in difesa e mantennero il possesso delle posizioni principali della linea Gustav. In
particolare il nuovo assalto nel settore di Cassino, sferrato dalle due divisioni polacche del generale
Władysław Anders, fu respinto ancora una volta dai paracadutisti tedeschi e i reparti polacchi subirono
perdite elevatissime; nella valle del fiume Liri due divisioni britanniche attraversarono il fiume Rapido ma
senza riuscire a sfondare la linea di resistenza tedesca. Il 12 maggio anche i francesi del generale Juin fecero
solo modesti progressi nel settore montuoso assegnato alle esperte e combattive formazioni coloniali; il
comandante francese sferrò un nuovo attacco concentrato il 13 maggio e finalmente i soldati marocchini e
algerini ottennero i primi importanti successi conquistando il monte Maio e la cittadina di Castelforte[129].
Kesselring cercò di controllare la situazione facendo intervenire alcune divisioni di riserva e predisponendo
l'arretramento ordinato su posizioni già preparate, ma mentre sull'ala sinistra della Linea Gustav i tedeschi
mantenevano ancora le posizioni più importanti, non fu possibile arrestare l'avanzata del corpo di
spedizione francese[130].
Furono soprattutto gli aggressivi soldati marocchini che, mostrando
grande abilità nel combattimento di montagna, riuscirono a
sopraffare i nuclei di resistenza tedeschi; nonostante la
determinazione delle truppe del generale von Vietinghoff fu
impossibile fermare l'avanzata del corpo di spedizione di Juin che
conquistò il 15 maggio il monte Petrella e raggiunse Ausonia ed
Esperia. I successi francesi costrinsero il comando tedesco a
indebolire il settore tirrenico e il II Corpo d'armata americano poté
avanzare con facilità lungo la costa in direzione di Formia[131]. Il
generale Leese invece non riuscì ad accelerare l'azione delle sue
truppe; i polacchi di Anders entrarono finalmente a Cassino il 17
I mezzi corazzati statunitensi sfilano maggio dopo che la posizione era stata evacuata su ordine di
accanto al Colosseo a Roma il 5 Kesselring dai tenaci paracadutisti ma l'avanzata delle forze
giugno 1944 meccanizzate lungo la valle del Liri fu intralciata da difficoltà
logistiche, dalle caratteristiche del terreno e da sbarramenti di
cannoni anticarro tedeschi. L'8ª Armata arrivò alla posizione di
Aquino, sulla cosiddetta linea Dora-Hitler, ma venne bloccata il 19 maggio[132].
Il feldmaresciallo Kesselring cercò ancora per alcuni giorni di evitare la sconfitta con l'afflusso di
formazioni dal fronte di Anzio; due divisioni meccanizzate e una divisione di fanteria contrattaccarono i
francesi, mentre il 22 maggio la 29. Panzergrenadier-Division cercò di fermare il II Corpo d'armata che nel
settore costiero aveva raggiunto Terracina. Nonostante questi rinforzi i tedeschi non furono più in grado di
controllare la situazione. I francesi conquistarono i monti Ausoni mentre i canadesi dell'8ª Armata entrarono
a Pontecorvo; inoltre nel settore della testa di ponte di Anzio le linee della 14ª Armata del generale von
Mackensen, fortemente indebolite, furono attaccate il 23 maggio dal VI Corpo d'armata nella cosiddetta
operazione Buffalo, che riuscì finalmente a superare le difese e avanzare rapidamente entrando in contatto il
25 maggio con le truppe del II Corpo[133]. Kesselring decise di abbandonare la linea Gustav, sperando di
poter sbarrare la via di Roma e organizzare un nuovo schieramento facendo ripiegare le armate di
Mackensen e Vietinghoff su una nuova posizione tra i Colli Albani e i Monti Lepini; la divisione corazzata
"Hermann Göring" era in arrivo dal settore di Livorno e avrebbe dovuto difendere Valmontone[134]. In
questa fase si verificarono contrasti all'interno dell'alto comando tedesco: Kesselring lamentò la scarsa
collaborazione di von Mackensen e criticò il ritardato impiego delle riserve, che di conseguenza non
poterono arrestare l'avanzata alleata[135].
Il 5 giugno 1944, un giorno prima dello sbarco in Normandia, Clark giunse finalmente a Roma insieme con
le sue truppe; secondo le disposizioni dell'ambizioso generale, solo i reparti statunitensi furono autorizzati a
partecipare alla liberazione della città dove furono accolti entusiasticamente dalla popolazione[139].
Il generale britannico poté quindi riprendere l'avanzata a nord di Roma fin dal 5 giugno 1944, ma le sue
forze si indebolirono progressivamente a causa della partenza delle divisioni franco-americane; inoltre
l'offensiva alleata venne condotta con insufficiente determinazione e diede modo all'alto comando tedesco
di riorganizzare le sue forze con l'afflusso di quattro nuove divisioni provenienti da altri fronti[141].
Kesselring riuscì ancora una volta a controllare la situazione ed evitare una disfatta irreversibile,
conducendo con notevole abilità la ritirata combattuta delle sue truppe attraverso l'Italia centrale grazie
all'elevato spirito combattivo dei suoi soldati e ad alcuni errori alleati: in particolare nelle sue memorie il
feldmaresciallo ha evidenziato come gli anglo-statunitensi non impegnarono a fondo l'aviazione, non
effettuarono sbarchi per aggirare le sue forze e non coordinarono l'avanzata con le attività dei partigiani
italiani nelle retrovie del fronte tedesco[142]. Kesselring ripiegò con ordine prima verso il lago di Bolsena e
poi sulla nuova linea del lago Trasimeno, la cosiddetta linea Albert; il feldmaresciallo riuscì a convincere
Hitler a rinunciare a una resistenza a oltranza per evitare nuove perdite e a continuare una difesa elastica per
guadagnare tempo[143].
Mentre Kesselring conduceva le battaglie di retroguardia sulla linea del Trasimeno, contemporaneamente
controllava lo sviluppo dei lavori di costruzione e rafforzamento della Linea Gotica, la nuova linea
difensiva principale sulla quale intendeva bloccare prima dell'inverno l'avanzata alleata. Il comandante
tedesco riteneva di aver bisogno di ulteriore tempo per completare le opere difensive, e decise quindi di
cercare di frenare gli Alleati sulla linea Albert[144]. La 29. Panzergrenadier-Division difese Orvieto, mentre
più a est gli Alleati dell'8ª Armata raggiunsero Spoleto e Perugia solo dopo tre settimane[145]; la 5ª Armata,
che marciava verso Pisa e Lucca, venne trattenuta temporaneamente sul fiume Ombrone e i polacchi furono
bloccati sul fiume Chienti[146]. Dopo il superamento della linea Albert le truppe tedesche opposero ancora
resistenza a Siena, che venne liberata dai francesi di Juin poco
prima che fossero ritirati dal fronte, e ad Arezzo; entro il 15 luglio si
stabilirono su un'ampia testa di ponte a sud dell'Arno che
comprendeva Pisa e Firenze[147].
Mentre Kesselring completava con successo il graduale ripiegamento delle sue truppe dietro la Linea
Gotica che da settimane era in fase di approntamento e rafforzamento, Alexander e il generale Harding
pianificarono la nuova offensiva; dopo aver rinunciato a un attacco diretto al centro del fronte attraverso gli
Appennini, l'alto comando del 15º Gruppo d'armate decise, su proposta del generale Leese, di trasferire
nuovamente l'8ª Armata britannica nel settore adriatico per sferrare l'attacco principale in direzione di
Rimini[154]. Nel settore appenninico Clark sarebbe a sua volta passato all'offensiva da Firenze verso
Bologna per impegnare le riserve tedesche; la fase finale dell'operazione prevedeva la conversione delle
forze di Leese attraverso la pianura Padana in direzione del capoluogo emiliano, dove sarebbero state
circondate e distrutte le armate tedesche. Churchill si recò in Italia e osservò
i primi giorni dell'offensiva; egli era ottimista e in un messaggio a Stalin del
19 settembre 1944 scrisse che le forze alleate o avrebbero "sgominato"
l'esercito tedesco e sarebbero avanzate verso Lubiana o, in caso di ritirata
tedesca, avrebbero come minimo "liberato la pianura lombarda"[155].
In realtà il feldmaresciallo Kesselring era in grave difficoltà a causa soprattutto dei successi della 5ª Armata
di Clark, che dopo aver liberato Lucca il 5 settembre e Pistoia il 12 settembre attaccò attraverso il passo del
Giogo a Scarperia, sorprendendo i tedeschi della debole 14ª Armata del generale Lemelsen attestati sul
passo della Futa; dopo duri scontri gli americani conquistarono monte Altuzzo e sembrarono avanzare
verso Imola[158]. Nel frattempo l'8ª Armata riprese l'offensiva nel settore adriatico: le truppe tedesche
opposero ancora forte resistenza sulla Linea Gialla a San Fortunato e Covignano e i mezzi corazzati
britannici furono duramente respinti a Montecieco il 20 settembre; tuttavia lentamente gli Alleati
continuarono ad avanzare e Rimini fu liberata da una brigata greca il 21 settembre 1944[159]. Il
feldmaresciallo Kesselring richiese per due volte, il 23 e il 27 settembre, al quartier generale l'autorizzazione
a una ritirata generale dietro le Alpi, ma Hitler si oppose fermamente e ordinò la resistenza a oltranza[160].
Churchill fu fortemente contrariato per il fallimento generale dei suoi ambiziosi progetti e nelle sue memorie
ha ammesso che la grande battaglia della Linea Gotica "fallì", che l'Italia rimase occupata per "altri otto
mesi" e che divenne impossibile "l'affondo su Vienna" e "influenzare la liberazione dell'Europa sud-
orientale"[166]. Il feldmaresciallo Kesselring ha elogiato nelle sue memorie "l'ammirevole comportamento
delle truppe tedesche" che impedì il successo alleato[167].
Negli ultimi mesi del 1944 il 15º Gruppo d'armate alleato, alla cui guida si trovava dal 25 novembre Clark,
il generale Alexander essendo stato promosso al comando dell'intero teatro del Mediterraneo, condusse
operazioni limitate per cercare di guadagnare altro terreno in direzione del Po. Nel settore dell'8ª Armata,
guidata dal generale McCreery dopo il trasferimento in Francia di Leese, fu combattuta la logorante
"battaglia dei fiumi": le truppe canadesi e polacche avanzarono lentamente e riuscirono a liberare Forlì,
Faenza e Ravenna che venne raggiunta il 4 dicembre[168] ma le armate tedesche, ora comandate da von
Vietinghoff dopo il ferimento in un incidente stradale di Kesselring, ripiegarono con ordine e riuscirono a
fermarle, grazie anche al terreno inondato dalle forti piogge[169]. Nel settore appenninico la 5ª Armata,
passata al comando del generale Truscott, non riuscì ad avanzare ostacolata soprattutto dal clima invernale.
Entro il 15 dicembre gli Alleati arrestarono tutte le operazioni in attesa della ripresa bellica primaverile[170].
L'offensiva di primavera
L'ultimo inverno
Il 14 novembre 1944 Mussolini aveva scritto una lettera a Hitler nella quale, dopo aver espresso la sua
"ammirazione" per "le prove di incomparabile valore offerte dalle vostre forze armate", proponeva di
sferrare una controffensiva proprio sul fronte italiano; il Duce inoltre sottolineava come fosse "supremo
comune interesse difendere la valle del Po"[173]. Il 16 dicembre 1944 Mussolini parlò ai suoi più fanatici
seguaci al Teatro Lirico di Milano con accenti drammatici: accusò i "traditori", illustrò i presunti progressi
della Repubblica Sociale e delle sue forze militari, mostrò fiducia nelle "armi nuove" della Germania e
concluse con parole che sembravano esprimere la decisa volontà di resistere: "noi vogliamo difendere con
le unghie e con i denti la valle del Po..."[174]. In questa fase Hitler era completamente concentrato
sull'offensiva delle Ardenne incominciata lo stesso 16
dicembre, ma anche sul fronte italiano le forze dell'Asse
sferrarono un inatteso attacco, l'operazione Wintergewitter:
condotta il 26 dicembre da truppe tedesche con il supporto di
reparti italiani di due delle quattro divisioni della RSI
addestrate in Germania, mise in difficoltà i reparti americani
della 92ª Divisione di fanteria schierata nel settore della valle
del fiume Serchio[175]. La breve offensiva raggiunse solo
successi locali ed entro il 30 dicembre venne interrotta, ma si
verificarono cedimenti tra le truppe americane e anche gli
inesperti reparti brasiliani furono messi in difficoltà[176].
Truppe americane della 10ª Divisione da
montagna durante l'offensiva di primavera
Alla vigilia dell'offensiva finale il 15º Gruppo d'armate del generale Clark disponeva di circa 600 000
soldati e aveva notevolmente migliorato la sua efficienza, la quantità e la qualità del suo
equipaggiamento[182]; le forze alleate disponevano di una potente riserva meccanizzata costituita da oltre
3 000 carri armati e di una schiacciante superiorità aerea che permise di indebolire le difese tedesche e di
intralciare gravemente le comunicazioni e i rifornimenti delle armate del generale von Vietinghoff[183]. Sul
fronte appenninico fino a sud-est di Bologna la 5ª Armata del generale Truscott schierava due corpi
d'armata con sette divisioni americane (compresa la divisione da montagna), il corpo di spedizione
brasiliano, due gruppi di combattimento italiani e una divisione corazzata sudafricana. L'8ª Armata, al
comando del generale McCreery, estendeva le sue linee a est fino alle valli di Comacchio ed era costituita
da quattro corpi d'armata: erano disponibili, oltre a varie brigate, quattro divisioni britanniche, due divisioni
indiane, due divisioni polacche, una divisione neozelandese, tre gruppi di combattimento italiani e la
Brigata Ebraica[184].
L'offensiva finale alleata, denominata "operazione Grapeshot", ebbe inizio nel settore britannico del
generale McCreery il 9 aprile 1945, con un potente sbarramento d'artiglieria e con l'intervento in massa
dell'aviazione tattica; le truppe tedesche della 10ª Armata del generale Traugott Herr opposero forte
resistenza nei primi giorni, ma dovettero cedere terreno. I britannici avanzarono verso Argenta, mentre
polacchi e italiani superarono il fiume Santerno in direzione di Imola[185]. Il 14 aprile Clark fece entrare in
campo anche l'armata di Truscott che raggiunse importanti successi nel settore
montano, mettendo in grave difficoltà la 14ª Armata del generale Joachim
Lemelsen. Il 20 aprile i polacchi raggiunsero Bologna, le forze corazzate
britanniche superarono la strettoia di Argenta, mentre gli americani tagliarono
la via Emilia; i tedeschi rischiavano di essere accerchiati a sud del Po e quindi
von Vietinghoff ordinò la ritirata generale senza attendere l'autorizzazione
dell'alto comando[186].
Dal 24 aprile gli Alleati, dopo aver superato il Po senza difficoltà, poterono avanzare nella Pianura Padana,
mentre i tedeschi cercavano di ripiegare, sotto la protezione di retroguardie, verso i valichi alpini.
Nonostante la resistenza dei reparti tedeschi in ritirata e le perdite subite, le colonne motorizzate alleate
raggiunsero rapidamente tutte le città principali[189]: la 10ª divisione da montagna americana raggiunse
Verona il 26 aprile, forze corazzate statunitensi si diressero verso Milano il 29 aprile, mentre i britannici
avanzarono verso l'Adige. Nel settore di Truscott furono raggiunte il 27 aprile La Spezia e Genova e alcuni
reparti tedeschi furono accerchiati nella cosiddetta "sacca di Fornovo" dalla forza di spedizione
brasiliana[190]; quest'ultimo scontro, ultima battaglia campale della guerra, si concluse con la resa di circa
15.000 soldati tedeschi nelle mani delle truppe alleate[191][192]. Negli ultimi giorni della campagna l'8ª
Armata di McCreery liberò Venezia, Rovigo e Treviso, mentre i reparti neozelandesi vennero inviati verso
Trieste e la Venezia Giulia per cercare di anticipare l'arrivo dei reparti jugoslavi del IX Korpus nella
cosiddetta "corsa per Trieste". Il 1º maggio 1945 i neozelandesi entrarono a Trieste e Monfalcone e presero
contatto con gli jugoslavi; sul confine delle Alpi occidentali il 28 aprile gli americani entrarono in
collegamento con le truppe francesi che erano penetrate in Valle d'Aosta[193].
L'insurrezione generale
Contemporaneamente all'ultima e decisiva avanzata alleata, le forze della Resistenza italiana del Comitato
di Liberazione Nazionale Alta Italia avevano dato inizio all'insurrezione generale delle grandi città e alla
discesa dalle montagne delle formazioni partigiane attive dopo il difficile inverno; scopo delle autorità della
Resistenza e in particolare delle componenti comuniste e azioniste, consisteva nel cooperare attivamente
alla sconfitta finale del nazifascismo, nel proteggere le infrastrutture e le fabbriche, impedendone la
distruzione da parte delle truppe tedesche in ritirata, e nell'assumere il controllo effettivo sul territorio prima
dell'arrivo degli Alleati[194]. A partire dalla metà di aprile le formazioni partigiane parteciparono con
successo alla liberazione di Bologna e dell'Emilia; il 25 aprile 1945 il comitato insurrezionale del CLNAI
diede l'ordine formale per l'insurrezione e i partigiani presero
il controllo di Genova, Torino e Milano ancor prima delle
truppe anglo-americane, oltre a bloccare le strade principali
per impedire la fuga delle autorità nazifasciste[195].
La resa di Caserta
Fin dal mese di dicembre 1944, il generale delle SS e capo supremo delle forze
di polizia tedesche in Italia Karl Wolff aveva incominciato colloqui segreti con
il rappresentante americano dell'Office of Strategic Services in Svizzera, Allen
Welsh Dulles; tali incontri, apparentemente a conoscenza di Heinrich Himmler
e da lui approvati, rientravano nei disperati tentativi nazisti di provocare la
disgregazione della coalizione anglo-sovietico-americana e favorire la
conclusione di una pace separata con le potenze occidentali in funzione anti-
sovietica; fu anche discussa la possibilità di un ritiro concordato dell'esercito
tedesco dall'Italia[199]. I rappresentanti alleati promossero la cosiddetta
operazione Sunrise e in marzo e aprile 1945 incontrarono in segreto il generale
Wolff; von Vietinghoff avallò questi tentativi di negoziato. Questi contatti
segreti vennero a conoscenza anche dei sovietici e provocarono un'aspra L'atto di resa firmato dal
reazione di Stalin, che temette un accordo degli Alleati occidentali con i generale von Vietinghoff
tedeschi; ne seguì un duro scambio epistolare tra Roosevelt e il dittatore a Caserta, nella sua
sovietico pochi giorni prima della morte del presidente americano. Dopo questi versione ufficiale in
accesi contrasti i rappresentanti anglo-americani ricevettero l'ordine di inglese
sospendere i colloqui in attesa degli sviluppi dell'offensiva alleata di primavera, mentre anche Wolff
ricevette da Himmler il 23 aprile 1945, timoroso delle reazioni di Hitler, l'ordine di non intraprendere
"trattative di nessun genere"[200].
L'andamento disastroso delle operazioni tedesche su tutti i fronti, l'isolamento di Hitler a Berlino e
l'inarrestabile avanzata degli Alleati nella Pianura Padana convinsero von Vietinghoff ad agire
autonomamente e inviare il 28 aprile i generali Wolff e von Senger al quartier generale alleato di Caserta
per riprendere le trattative e chiudere le operazioni in Italia. Il 29 aprile 1945 i generali tedeschi firmarono
alla presenza del generale William Morgan, capo di stato maggiore di Alexander, la resa di Caserta che
prevedeva la resa generale di tutte le forze tedesche e fasciste ancora in combattimento in Italia
settentrionale e nelle province austriache del Tirolo, della Carinzia, del Vorarlberg e della Stiria[193]. In un
primo tempo Kesselring, informato di questi fatti, si oppose e in quanto responsabile di tutte le forze della
Wehrmacht nel teatro meridionale, destituì von Vietinghoff; di fronte alla realtà dei fatti e allo sviluppo degli
avvenimenti, alla fine il feldmaresciallo cambiò idea e diede il suo consenso alla resa che divenne effettiva
alle ore 14:00 del 2 maggio 1945[193].
Circa un milione di soldati tedeschi in combattimento in Italia settentrionale e Austria deposero le armi dopo
la conclusione della resa a Caserta; fin dal 29 aprile 1945 Churchill aveva comunicato le sue felicitazioni ad
Alexander scrivendo enfaticamente che "la grande battaglia finale in Italia rimarrà a lungo nella storia come
uno degli episodi più famosi della seconda guerra mondiale"[201].
La presenza di italiani armati su entrambi i fronti del conflitto, malgrado la maggioranza della popolazione
si tenesse in disparte, determinò lo svilupparsi di una guerra civile. I tedeschi, supportati dai fascisti della
RSI, organizzarono vaste operazioni di rastrellamento che costarono gravi perdite ai partigiani e ne
indebolirono le capacità operative senza tuttavia raggiungere risultati decisivi; l'azione tedesca e fascista fu
caratterizzata anche da spietate operazioni di rappresaglia e di repressione contro civili e presunti avversari
come l'eccidio delle Fosse Ardeatine a Roma e la strage di Marzabotto. Dopo i successi dell'estate 1944, le
sconfitte dell'autunno provocate dalle operazioni nazifasciste di "guerra alle bande" e il proclama Alexander
del 13 novembre 1944 che sollecitava i partigiani a sospendere le azioni e rimanere in difesa durante
l'inverno, provocarono una grave crisi e un indebolimento numerico della Resistenza[204]. Infine nelle
primavera 1945 i circa 60 000 partigiani attivi scesero dalla montagne e, rafforzati dai nuovi combattenti
accorsi nelle ultime settimane, svolsero un ruolo di primo piano nei giorni della liberazione[205].
Bilancio e conseguenze
La campagna d'Italia ebbe termine dopo la morte di Hitler e alcuni giorni prima della fine generale della
guerra in Europa, che venne sancita dalle cerimonie di resa del 7 maggio 1945 a Reims e dell'8 maggio
1945 a Berlino. Nelle settimane seguenti tuttavia le forze alleate entrarono in contrasto con i francesi sul
confine delle Alpi occidentali e soprattutto con gli jugoslavi di Tito a Trieste e in Austria. Dopo alcuni
momenti di forte tensione e l'afflusso di rinforzi alleati, gli jugoslavi acconsentirono ad applicare le
disposizioni sulle zone d'occupazione concordate dalle tre grandi potenze alla conferenza di Jalta[206].
Il giudizio di molti storici è meno positivo: si è affermato che la campagna fu un "vicolo cieco", che gli
Alleati non sapevano mai perché stessero veramente combattendo la campagna, che in realtà furono i
tedeschi che, con l'impiego di un numero minimo di divisioni di prima qualità, trattennero in un settore
secondario forze molto superiori numericamente e materialmente[2][209]. Il feldmaresciallo Kesselring, che
nelle sue memorie descrive in termini altamente elogiativi la condotta sua e delle truppe tedesche, ha
criticato la strategia eccessivamente metodica degli Alleati e il loro mancato sfruttamento di molte
opportunità operative[210].
Note
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Voci correlate
Battaglia di Montelungo
Battaglia di Cassino
Caduta del fascismo
Comitato di Liberazione Nazionale
Guerra civile in Italia (1943-1945)
Italy Star
Marocchinate
Proclama Badoglio dell'8 settembre 1943
Resistenza italiana
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Collegamenti esterni
Museo Historiale di Cassino, su museohistoriale.org. URL consultato il 26 gennaio 2022 (archiviato
dall'url originale il 24 febbraio 2021).
Linea Gotica - officina della memoria, su progettolineagotica.eu. URL consultato il 28 settembre
2019 (archiviato dall'url originale il 20 luglio 2011).
Dal Volturno a Cassino, su dalvolturnoacassino.it.
Centro Internazionale Documentazione "Linea Gotica", su gothicline.org.
(EN) Gerhard Muhm: German tactics in the italian campaign, su larchivio.com. URL consultato il
21 dicembre 2018 (archiviato dall'url originale il 27 settembre 2007).
(EN) La campagna d'Italia per la 2nd New Zealand Division, su nzhistory.net.nz.
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