Dagli anni Ottanta in poi lo sviluppo economico mondiale (il più importante dei processi di globalizzazione) era proseguito senza regole e senza controlli. Questo avveniva perché i singoli stati nazionali non erano in grado di controllare attività economiche che le grandi banche e imprese multinazionali svolgevano su scala mondiale. Lasciata a sé stessa, l’economia mondiale ha avuto una notevole espansione, ma ha prodotto anche sfruttamento, squilibri sociali e disastri ambientali, soprattutto nei paesi emergenti. Sfruttando i vantaggi del processo di globalizzazione, gli Stati Uniti si erano da tempo abituati a vivere al di sopra dei propri mezzi, realizzando una complessa economia basata sul debito. Il primo a far debiti per finanziare la spesa era lo stato. Le guerre in Afghanistan e in Iraq, volute dal presidente Bush, si sono rivelate anche costosissime. Per finanziarle, il governo non è ricorso ad aumenti delle tasse, ma a prestiti internazionali che hanno aggravato non poco il debito pubblico degli Usa. Anche i singoli cittadini americani sono stati invogliati a spendere sempre più, con il pericoloso slogan “prendi subito e paghi dopo”. Le banche e le imprese hanno favorito in tutti i modi vendite a rate, le compere con le carte di credito, i mutui per l’acquisto della casa, concessi a tutti anche a chi non dava garanzia di poterli restituire. In questo modo, l’America si trovò schiacciata, sotto una montagna crescente di debiti (pubblici e privati) che era impossibile pagare. CROLLANO LE BANCHE, FALLISCONO LE AZIENDE La crisi è esplosa nell’autunno del 2008 per l’improvviso fallimento di una grande banca americana (la Lehman Brothers). E per l’Interdipendenza della finanza globale, la crisi si è estesa all’ Inghilterra e all’ Europa, ha raggiunto la Cina e il Giappone, travolgendo l’economia globale. In breve tempo la crisi è passata dalle banche alle aziende, la rinuncia agli acquisti da parte dei consumatori spaventati hanno messo in ginocchio l’attività produttiva. Migliaia di imprese commerciali e industriali sono state costrette a chiudere e a ridurre l’attività licenziando i lavoratori. Il forte aumento dei disoccupati ha ridotto ulteriormente i consumi, aggravando la crisi. Solo nel 2013, dopo lunghi anni di crisi, si cominciano a intravedere segni di recupero produttivo. OBAMA, IL PRESIDENTE NERO In coincidenza con lo scoppio della crisi economica nel novembre 2008, al posto di George Bush, è stato eletto presidente un giovane uomo di colore, Barack Obama. In politica Obama intendeva rinnovare il ruolo degli Stati Uniti nel mondo e ridare fiducia al paese proponendo: Il ritiro delle truppe americane dall’ Iraq e lo sviluppo di una politica di pace con il mondo islamico, senza rinunciare alla lotta al terrorismo; Il rilancio di un nuovo sviluppo basato sull’economia verde e sulla lotta contro l’inquinamento; Il massiccio utilizzo di fondi pubblici per potenziare la ricerca scientifica, migliorare la scuola, assicurare a tutti l’assistenza sanitaria. Nel 2009 il presidente americano ha ottenuto il premio Nobel per la pace. Nel 2011 ha conseguito un notevole risultato nella lotta al terrorismo con l’eliminazione di Bin Laden, il capo di Al Quaeda, a 10 anni di distanza dal terribile attentato alle Torri gemelle di New York. Per affrontare la crisi economica Obama ha scelto la strada dell’intervento dello Stato nell’economia. Nel 2010 ha lanciato la riforma sanitaria con l’obiettivo di assicurare le cure mediche a 32 milioni di cittadini. La politica economica di Obama aveva come obiettivi il rafforzamento del primato dell’intervento pubblico e l’aumento delle tasse ai più ricchi. A partire dal 2013 gli Stati Uniti hanno mostrato chiari segni di ripresa, come dimostra l’aumento dell’occupazione e della produzione industriale. L’EUROPA NELLA BUFERA La crisi economica ha avuto in Europa le conseguenze più preoccupanti. Le banche in difficoltà hanno ridotto il credito alle imprese. Gli Stati più deboli sono entrati in recessione, con aumento dei disoccupati e diffusione della povertà. L’euro si è rivelato una moneta fragile. I paesi più forti, soprattutto la Germania, non hanno voluto farsi carico dei debiti contratti dai paesi in maggiori difficoltà, come Grecia, Irlanda, Portogallo, Spagna, Italia. Si è corso il rischio che qualche stato, ad esempio la Grecia, fosse costretto a dichiarare fallimento, trascinando nella rovina l’euro e forse la stessa Unione europea. Per questo motivo si è deciso nel 2012 che la Banca Centrale Europea (BCE) dia sostegno finanziario agli Stati in difficoltà (fondo Salva Stati) e si è cercato di rilanciare la crescita economica con appositi piani di sviluppo a finanziamento comunitario. L’ITALIA E LA CRISI La crisi economica ha avuto in Italia effetti particolarmente allarmanti per due motivi principali: Un debito pubblico enorme (oltre 2000 miliardi) costringere lo Stato a pagare interessi elevati per finanziare la spesa corrente; L’economia non cresce perché il sistema produttivo italiano non è più competitivo sul mercato. Nel novembre 2011, mentre l’Italia sprofondava nella crisi rischiando il fallimento, il governo Berlusconi si è dimesso. E’ subito stato sostituito da un governo tecnico guidato dall'economista Mario Monti. Il nuovo governo è dovuto intervenire con provvedimenti di grande rigore, come il cosiddetto decreto Salva Italia, che ha tassato la casa, innalzato l’età pensionabile e combattuto l’evasione fiscale. Nel corso del 2012 il governo ha fronteggiato la crisi finanziaria dello Stato, ma non è riuscito a rilanciare l’economia, mentre il paese sprofondava in una grave recessione. Non più finanziate dalle banche, migliaia di aziende piccole o grandi sono fallite licenziando gli operai. La disoccupazione è cresciuta notevolmente e i consumi delle famiglie si sono ridotti. PAPA FRANCESCO, UN PAPA GLOBALE Mettere l’Europa e il mondo subivano gli effetti devastanti della crisi, un avvenimento straordinario scuoteva la Chiesa. L’11 Febbraio 2013 il papa Benedetto XVI annunciava le sue dimissioni, motivandole con l’avanzare dell’età. Trattandosi di un caso rarissimo, le dimissioni del Papa suscitarono scalpore nell’opinione pubblica mondiale. Il 13 Marzo 2013 il conclave dei cardinali ha eletto un nuovo Papa, Mario Bergoglio, che ha preso il nome di Francesco. Il nuovo papa, oltre a mantenere uno stile di vita umile e modesto ha proposto una linea d’azione coraggiosa e riformatrice. ha mostrato di voler portare al vertice della Chiesa il messaggio di speranza. ha affermato. Per evitare abusi e frenare ambizioni il nuovo Papa si è proposto di riformare il governo della Chiesa. Secondo Papa Francesco la Chiesa deve aprirsi, deve essere vicina ai popoli del mondo. Una Chiesa che sappia abbandonare comodità e sicurezze per andare “incontro agli altri”, anche ai più lontani.