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Valutazione
d’azienda
Si fa notare, inoltre, che i grafici sono una fedele riproduzione di quelli riportati sul
materiale fornito dal docente per la preparazione dell’esame pertanto se ne riconosce a
quest’ultimo la paternità (sono fatte salve le didascalie che accompagnano ogni immagine in
quanto queste sono state scritte da me e non sono riferibili al materiale suddetto).
ANALISI DI BILANCIO
1. INTRODUZIONE 7
1.1 Analisi di bilancio - Introduzione ....................................................................................7
1.2 Stakeholder - I soggetti interessati all’analisi di bilancio ................................................7
1.3 La classificazione delle informazioni ..............................................................................7
1.4 Gli aspetti gestionali dell’analisi di bilancio ....................................................................8
2.2 Indicatori utili per valutare lo stato patrimoniale dopo la riclassificazione .....................14
2.2.1 Indicatori di solidità patrimoniale ........................................................................................................14
Esercizio 2 - Confronto fra aziende usando gli indicatori di solidità patrimoniale ..................................................................................16
3. ANALISI DI FLUSSO 36
3.1 Analisi di flusso................................................................................................................36
3.2 Determinazione del flusso di cassa della gestione corrente .............................................36
2.4 Confronto fra il metodo diretto in senso stretto e quello basato sui multipli ...................52
2.5 Relazioni fra i multipli .....................................................................................................53
Approfondimento 1 - Il rendimento di un titolo ................................................................................................................................................................55
3. IL MODELLO FED 57
3.1 Il modello FED - Introduzione .........................................................................................57
3.2 Come funziona il modello FED .......................................................................................57
Esercizio 7 - Calcolare β ............................................................................................................................................................................................................58
Esercizio 11 - Calcolare l’ERP degli Stati Uniti con il metodo IEP .....................................................................................................................67
Esercizio 23 - Determinazione di W con il primo metodo basato su dati storici (Normalizzazione dei redditi) ....................95
7.3 I modelli bastai sui flussi di reddito - Il metodo reddituale complesso ...........................97
7.3.1 Metodi basati sull’estrapolazione dei redditi storici ............................................................................97
7.4.2 Determinazione dei flussi di cassa - Tecnica della contrapposizione degli SP ....................................105
7.4.3 Formule finanziarie .............................................................................................................................107
Esercizio 27 - Determinazione delle rettifiche delle poste dello stato patrimoniale .................................................................................117
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1. INTRODUZIONE
1.1 Analisi di bilancio - Introduzione
Gli stakeholder sono i soggetti interessati ad ottenere informazioni dell’azienda tramite l’analisi di
bilancio e possiamo classificarli come segue:
ii) I fornitori;
iii) I dipendenti;
iv) I finanziatori - Coloro che apportano capitale di credito (banche e creditori generali)
v) Lo stato - È interessato allo stato di salute dell’azienda in quanto in caso di difficoltà garantisce
ad esempio la cassa integrazione;
vi) Il management
i) Le informazioni esterne, più volatili di quelle interne, sono relative a soggetti esterni all’azienda
come ad esempio analisti finanziari che operano nelle banche d’investimento che redigono dei
report delle società quotate. Le informazioni che rientrano in tale ambito sono informazioni
pubbliche;
o
ii) Le informazioni interne sono meno volatili e fanno riferimento a quei soggetti che operano
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1L’analisi di bilancio può essere effettuata con una moltitudine di approcci ognuno con scopi differenti. Ci
occuperemo in questa trattazione solo di quella finalizzata alla valutazione dell’azienda.
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ii) Informazioni prospettive - Fanno riferimento ad informazioni prospettive basate su valori futuri
attesi (budget e business plan).
Generalmente questi due tipi di analisi sono strettamente connesse fra loro.
Le analisi di bilancio possono essere guardate da un punto di vista gestionale il che ci permette di
cogliere tre aspetti strettamente connessi fra loro:
Primo aspetto - Analisi finanziarie ovvero la relazione fra entrate e uscite di cassa
Secondo aspetto - Analisi economiche relative alla relazione fra costi e ricavi
Terzo aspetto - Analisi patrimoniale riguardanti le relazione fra patrimonio netto (CP) e capitale di
credito (CC)
Si ricorda che le prime due sono analisi di flusso perché ci danno informazione su come nel
periodo preso in considerazione si muovono i valori; mentre l’analisi di patrimonio sono analisi di
stock perché ci danno informazioni riguardo ad un dato istante di tempo.
o
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Em A
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2. RICLASSIFICAZIONE E INDICATORI DI BILANCIO
2.1 Riclassificazione dello stato patrimoniale
La riclassificazione dello stato patrimoniali può essere effettuata con l’utilizzo di differenti tecniche,
in questa trattazione ci limiteremo a considerare il criterio finanziario (detto anche criterio della
realizzabilità)1.
Lo schema imposto dal legislatore nazionale italiano è previsto dall’articolo 2424 del codice civile
ed è riportato nella Tabella 2.1.1:
o
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ATTIVO PASSIVO
ATTIVO FISSO/ IMMOBILIZZAZIONI Poste che si PATRIMONIO NETTO/ CAPITALE PROPRIO Voci che
trasformano in denaro in un periodo superiore rappresentano il finanziamento da parte dei soci
all’esercizio (≥ 12 mesi) all’impresa durevolmente all’interno dell’impresa.
1. ATTIVO FISSO
o
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quanto sono meno liquidabili di quelle materiali. Fanno riferimento a spese di sviluppo,
avviamento e così via;
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quote azionarie che l’azienda manterrà per un periodo medio lungo o perché si tratta di
investimenti o per la presenza di patti parasociali (l’azienda si è impegnata ad acquistare
una data partecipazione tramite un contratto il quale prevede l’inalienabilità delle stesse).
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2. ATTIVO CORRENTE
i) Magazzino e scorte;
ii) Liquidità differite - Rappresentano quelle poste assimilabili quelle voci a breve termine;
iii) Liquidità immediate - Comprendono tutto ciò che è assimilabile alla cassa (banca e valori
bollati).
Va fatta in tale ambito una precisazione, per quanto concerne i titolo di Stato dobbiamo distinguere
due categorie (anche se ve ne sono molte altre):
i) I BOT (Buoni ordinari del tesoro) sono titoli emessi dallo Stato Italiano emessi con scadenza
breve (tre, sei, dodici mesi). Se utilizziamo il criterio finanziario questa posta va inserite fra le
attività correnti e in particolare nelle liquidità differite;
ii) I BTP (Buoni del tesoro poliennali) sono titoli emessi con scadenze più lunghe, tuttavia anche
questi devono essere inseriti fra le liquidità differite in quanto sono caratterizzati da un’elevata
negoziabilità. In generale infatti titoli con elevata negoziabilità ad prescindere dalla scadenza
vanno considerate attività correnti (liquidità differite).
1. PATRIMONI NETTO
i) Capitale sociale;
i) Debiti verso fornitori - Se non specificato diversamente, sono considerati sempre debiti a breve
an ppu
iii) Ratei attivi - Hanno natura finanziaria e vengono inseriti fra le attività correnti (attività differite)
a meno che non viene specificata la loro durata pluriennale;
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iv) Debiti verso obbligazionisti - Si tratta di debiti a lungo termine e vengono inseriti fra le
passività consolidate se non diversamente indicato;
Una volta effettuata la riclassificazione è possibile, con semplici calcoli, avere il peso di ogni voce
sul totale o su altre voci. Questo permette di fare delle considerazioni aggiuntive che possiamo
sintetizzare come segue:
i) Attivo fisso > Attivo corrente - Quando l’attivo fisso è superiore all’attivo corrente si parla di
azienda rigida in quanto i suoi assets sono poco liquidabili e il rientro degli investimenti
avviene in un periodo medio lungo. Quando si effettua quest’analisi è necessario comunque
considerare il settore di appartenenza dell’azienda;
ii) Attivo corrente > Attivo fisso - Quanto le attività correnti sono maggiori delle attività fisse si
parlerà di azienda elastica ovvero un’azienda i cui assets sono maggiormente liquidabili rispetto
a quelli di un’azienda rigida;
iii) Patrimonio netto > Capitale di credito (Passività consolidate + Passività correnti) - Se il capitale
di credito è inferiore al patrimonio netto allora possiamo definire l’azienda come capitalizzata o
patrimonializzata. Questo implica che l’azienda è esposta di meno verso soggetti esterni il che
le permetterà di affrontare meglio periodi di forte turbolenza che si possono verificare;
iv) Capitale di credito > Patrimonio netto - Se il patrimonio netto è inferiore al capitale di credito si
parlerà di società sottocapitalizzata.
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Soluzione - Criterio finanziario a liquidità crescenti
STATO PATRIMONIALE RICLASSIFICATO
ATTIVO PASSIVO
Una volta riclassificato lo stato patrimoniale è possibile fare una brevissima analisi per valutare la
rb
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Totale immobilizzazioni materiali/Totale attivo 32,87%
Da una prima lettura dello stato patrimoniale riclassificato si nota che l’azienda considerata è
un’azienda rigida in quanto il totale dell’attivo fisso pesa per il 62,99% del totale attivo.
Da questa tabella nota come la società sia capitalizzata visto che il patrimonio netto rappresenta il
57,02%.
Nei paragrafi precedenti abbiamo illustrato la riclassificazione dello stato patrimoniale secondo
criterio finanziario: vengono discriminate le poste di attivo rispetto alla capacità di tramutarsi in
denaro in un periodo superiore o inferiore all’anno, e le poste del passivo in relazione all’esigibilità
inferiore o superiore all’anno. Già dalla riclassificazione dello stato patrimoniale, confrontando le
diverse macro aree si possono ottenere delle informazioni relativamente al peso di queste aree
rispetto al totale attivo. Questo ci permette di ottenere una visione più rapida dell’impresa oggetto di
valutazione. Vediamo ora altri indicatori utili per raffinare ulteriormente la nostra analisi.
Primo indicatore - Il primo indicatore che rientra in questa categoria è l’indice di struttura
o
primario il quale è dato dal rapporto tra il capitale netto ( patrimonio netto, capitale proprio) e il
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Il relativo margine è dato dalla differenza fra capitale netto e immobilizzazioni totali.
Questo indicatore permette di valutare quanta parte delle immobilizzazioni è finanziata con capitale
proprio e quanta con capitale di terzi. Da questo deriva che in generale l’indice dovrà essere
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maggiore o uguale a 1 il che indica che gli investimenti dell’impresa sono stati finanziati
interamente da capitale proprio. Il relativo margine invece dovrà essere maggiore di 0.
L’uso dell’indice o del margine non è indifferente, infatti, l’indice permette di ottenere un confronto
fra diverse aziende cosa non fattibile con il calcolo del margine.
Può capitare spesso che il capitale proprio non sia sufficiente a finanziare tutte le immobilizzazioni
e quindi ricorriamo ad un secondo indicatore.
Questo indicatore ci permette di affermare che se il capitale netto non riesce a coprire tutte le
immobilizzazioni, vediamo quanta parte delle nostre immobilizzazioni è finanziata considerando
anche le passività consolidate. Se la somma Capitale proprio + Passività consolidate fosse inferiore
alla somma delle immobilizzazioni vuol dire che stiamo coprendo l’attivo fisso anche con le
passività a breve termine il che è molto spesso causa di crisi dell’impresa. In generale si dice che le
imprese devono coprire l’attivo fisso al massimo con le passività consolidate.
Tanto più è basso tanto meglio è, ad esempio un valore pari a 3 implica che l’azienda è 3 volte
esposta verso capitale di terzi rispetto al suo capitale proprio. tanto più alto è il rapporto tanto
maggiore è la possibilità di incorrere in crisi di natura finanziaria. Questo indicatore, come gli altri,
non può prescindere dalla struttura e dal settore di appartenenza dell’impresa, ma in generale si dice
che un valore pari a 1,5 è la soglia limite oltre la quale vi potrebbero essere dei problemi finanziari,
(nota che autostrade SPA ha un Leverage di circa 15 ma ciò è possibile grazie al fatto che le sue
entrate sono costanti) anche se ogni valore va contestualizzato.
o
Quarto indicatore - Il quarto indicatore è detto Current Ratio (indice delle attività correnti) ed è
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Tale indicatore permette di ottenere informazioni circa il finanziamento delle attività correnti
tramite le passività correnti il quale deve essere sempre maggiore di 1.
Il relativo margine è detto Capitale circolante netto il quale è dato dalla differenza fra le attività
Em A
STATO PATRIMONIALE DI α
STATO PATRIMONIALE DI β
Rimanenze 200
STATO PATRIMONIALE DI γ
Rimanenze 900
Da questo si deduce che la struttura delle attività correnti è differente per le tre aziende, sicuramente
γ è la più rischiosa poiché presenta Rimanenze per 900 €.
Si conclude che l’indicatore Current Ratio non può essere considerato da solo ma va considerato
insieme ad altri margini e altri indicatori.
Primo indicatore - Il primo indicatore da considerare è l’indice di liquidità primario (Acid Test o
o
Quick Ratio) dato dal rapporto tra la somma di liquidità immediate e liquidità differite, e le
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passività correnti:
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Tale indice non prende in considerazione la posta meno liquida delle attività correnti (rimanenze) e
dovrà essere maggiore di 1. Il relativo margine è il margine di tesoreria primario:
Em A
Il relativo margine è detto margine di tesoreria secondaria dato dalla differenza fra liquidità
immediate e passività correnti (dovrà essere maggiore di 0):
Considerando l’Esercizio 2.1 relativo alla riclassificazione dello Stato Patrimoniale calcoliamo gli
indici di solidità patrimoniale e quelli di liquidità.
Tipo di indicatore Indicatore Valore Commenti
passività correnti
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1 Va tenuto presente che quando il Capitale proprio è sufficiente a coprire tutte le passività consolidate non solo vuol dire che non si è
fatto ricorso a fonti esterne, ma anche che nel conto economico non vi saranno oneri finanziari molto elevati.
Em A
Generalmente queste analisi vengono fatte su più anni di modo che si possa calcolare il trend per
poi effettuare analisi prospettiche.
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2.3 Riclassificazione del conto economico
Il nostro codice civile ex articolo 2425 stabilisce che il Conto Economico da redigere è in forma
scalare ed è riportato nella Tabella 2.3.1:
o
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Em A
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Sicuramente la riclassificazione del Conto Economico risulta essere più complessa in quanto lo
schema imposto dalla legge non considera la letteratura in merito. In particolare va notato che il
Reddito Operativo, uno dei valori più importanti, non è presente: molti compiono una forte
approssimazione dicendo che questo è pari alla differenza fra valore della produzione e costi della
produzione. Da questo si deduce che il Conto Economico individuato dal codice civile ci dà ben
poche informazioni ed è per questo fondamentale una riclassificazione. L’impostazione che si suole
dare è quella indicata nella Tabella 2.3.2:
RICAVI
- COSTI OPERATIVI
A determinare questo saldo rientrano tutte quelle attività che non sono
+/- SALDO DELLA GESTIONE strettamente connesse al core business come ad esempio la gestione di un
EXTRACARATTERISTICA immobile a scopo abitativo da parte di un’impresa che produce scarpe.
RISULTATO NETTO
Il conto economico così come rappresentato dovrebbe dare informazione circa la realizzazione
dell’utile o della perdita cogliendo il contributo dato dalle diverse gestioni. La riclassificazione del
Conto Economico può avvenire con differenti metodologie, quelle che tratteremo saranno relative
all’approccio del costo del venduto e all’approccio e a quello del valore aggiunto. La fondamentale
differenza di questi due approcci fa riferimento nella loro applicazione: è di più facile utilizzo il
metodo basato sul valore aggiunto rispetto al metodo basato sul costo del venduto, questo perché la
prima riclassificazione vien fatta considerando le informazioni rivenienti dal bilancio mentre la
seconda necessita del supporto della contabilità analitica (che fa riferimento alle attività interne
all’azienda). Nella Tabella 2.3.3 è riportata la riclassificazione a costo del venduto, mentre nella
Tabella 2.3.4 è riportata la riclassificazione a valore aggiunto.
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CONTO ECONOMICO RICLASSIFICATO A COSTO DEL VENDUTO
RICAVI
A partire da questo punto non è più necessaria la riclassificazione in quanto può essere riportato in maniera puntuale il
Conto Economico ex articolo 2425 del codice civile: si considera il saldo dei proventi e oneri finanziari (gestione
extracaratteristica), rettifiche valore di attività finanziarie e proventi e oneri straordinari.
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CONTO ECONOMICO RICLASSIFICATO A VALORE AGGIUNTO
RICAVI
- COSTI ESTERNI
VALORE AGGIUNTO
A partire da questo punto non è più necessaria la riclassificazione in quanto può essere riportato in maniera puntuale
il Conto Economico ex articolo 2425 del codice civile: si considera il saldo dei proventi e oneri finanziari (gestione
extracaratteristica), rettifiche valore di attività finanziarie e proventi e oneri straordinari.
Bisogna notare che quest’ultima riclassificazione, a dispetto della precedente, non necessita di
conoscere come vengono differenziati i vai costi in base alle loro gestioni e alle attività interne ma
vengono ripresi direttamente dal Conto Economico redatto dalla società. L’importanza della
riclassificazione del Conto Economico a valore aggiunto deriva dal fatto che questa permette di
capire come l’impresa riesce a coprire la gestione operativa ed eventualmente la gestione finanziaria
e straordinaria. Altro elemento fondamentale è la discriminazione fra costi interni e costi esterni in
quanto, non solo è semplice da ottenere considerando il solo bilancio, ma soprattutto ci permette di
determinare il Valore aggiunto. Tale valore ci dà differenti informazioni sulla capacità dell’impresa
di coprire gli oneri finanziari legati al capitale di credito, di pagare i dipendenti, di distribuire un
utile agli azionisti e così via.
o
Dopo la riclassificazione è possibile determinare il peso di ogni voce del conto economico rispetto
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Vediamo ora alcuni importanti indicatori che sono utili a valutare la redditività dell’impresa.
Primo indicatore - Il primo indicatore a cui facciamo riferimento è il ROE (Return on Equity)
Em A
ovvero il rapporto fra reddito netto (RN - o utile d’esercizio) e capitale proprio (CP - comprensivo
dell’utile o perdita d’esercizio, delle riserve e del capitale proprio):
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Tale indicatore, molto sintetico, permette di valutare la remunerazione del capitale apportato dagli
azionisti. Tuttavia tale indicatore non è propriamente veritiero in quanto al numeratore vi è un
valore che è influenzato da politiche di bilancio2 quindi è facilmente manipolabile.
Secondo indicatore - Un altro indicatore reddituale è il ROI (Return on Investment) dato dal
rapporto fra reddito operativo (RO) e capitale investito (o totale attivo TA):
La seconda formulazione riviene dal fatto che la parte sinistra dello stato patrimoniale, ovvero il
totale attivo (capitale investito), è pari alla somma fra capitale di credito e capitale proprio
(patrimonio netto):
Volendo essere molto precisi si dovrebbe considerare, al denominatore, il solo attivo relativo alla
gestione caratteristica in quanto il reddito operativo fa riferimento solo a questa. In generale infatti
avremo che:
Il ROI può essere divido in due indicatori il ROS (Return on Sales) e il Capital Turnover:
Il primo indicatore permette di valutare la redditività delle vendite, in altre parole rappresenta quella
percentuale di fatturato aggiuntiva che resta dopo la copertura di tutti i costi operativi e che è poi
utile per la copertura delle altre gestioni (finanziaria, straordinaria e fiscale). Il Capital Turnover,
espresso come numero puro (non in percentuale), indica la velocità con la quale gli impieghi (totale
attivo) si trasformano in denaro tramite il fatturato. Tale indicatore è tanto più positivo quanto più
alto è.
Da questa relazione si comprende che per aumentare il ROI non è possibile utilizzare entrambe le
leve una fra le quali è l’aumento del fatturato, il che può avvenire o aumentando le vendite o
aumentando i prezzi (cosa che porta nel breve termine comporta delle perdite).
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Il ROI, rispetto al ROE, ha al numeratore l’EBIT grandezza che rispetto al reddito netto è meno
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2 Si definiscono Windows dressing tutte quelle tecniche che cercano di rendere il bilancio più attraente.
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settore3, il tasso di congrua remunerazione per il ROE e il costo medio ponderato del capitale
(WACC) per il ROI. Queste valutazioni sono fondamentali per il management in quanto permettono
di capire se l’andamento dell’azienda è in linea, peggiore o migliore di quello di settore.
2.5 Indicatori di performance finanziaria
Primo indicatore - Un altro importante indicatore è ottenuto come rapporto fra reddito operativo
(EBIT) e oneri finanziari (OF). Questo prende il nome di indice di copertura degli oneri finanziari
(Interest Coverage Ratio):
Secondo indicatore - Importante è anche il rapporto fra il margine operativo lordo (EBITDA5) e i
debiti finanziari6 (DF) ed è detto indice di copertura dei debiti finanziari:
L’effetto leva o effetto laverage è il nome che si dà alla relazione fra ROE e ROI:
ROE = f(ROI)
Questa relazione viene presentata facendo delle ipotesi semplificatrici che possono essere
sintetizzate come segue:
H1: Gestione extracaratteristica pari a zero
H2: Non ci sono proventi finanziari ma solo oneri finanziari;
H3: Gestione straordinaria pari a zero;
3Uno studio di Baruch Lev, professore dell’università di New York ha messo in evidenza cosa, negli anni 60,
o
avveniva alle aziende quotate di vari settori. Quello che osservò è che le aziende con performance minori a
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quelle di settore dopo diversi anni si conformavano ai risultati generali. Questo perché nei mercati di
la ti d
quotazione i titoli un’azienda che non produrre risultati positivi non vengono più acquistati, quindi il
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management deve necessariamente migliorare le performance. Questo meccanismo è detto processo Mean
Reverting e funziona sia al rialzo che al ribasso.
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4 Tale indicatore è importante anche perché consente di dare un giudizio relativamente alle possibilità di
fallimento (Rating). Più elevato è l’indicatore in questione più si avvicina ad una tripla A. Nel mondo vi sono
tre aziende leader che fanno rating e sono Moody’s, Standard & Poor e Fitch.
Em A
RICAVI
- COSTI OPERATIVI
REDDITO OPERATIVO
- ONERI FINANZIARI
REDDITO NETTO
Sappiamo che il ROE è pari al rapporto fra reddito netto e capitale proprio quindi possiamo
calcolarlo, in questo caso, come rapporto fra la differenza fra reddito operativo e oneri finanziari:
Ora, gli oneri finanziari sono determinati prodotto fra capitale di credito (CC) e tasso di
indebitamento (id) detto anche Return on Debt (ROD):
OF = CC*id
Sostituendo questo valore avremo che il ROE sarà dato dal seguente rapporto:
Passando ora al ROI, sappiamo che questo è dato dal rapporto fra reddito operativo e totale attivo
ovvero la somma fra capitale proprio e capitale di debito, da questo si deduce che:
Avremo allora che il ROE può essere scritto nel seguente modo:
i) ROI > id - Quando il ROI è maggiore del tasso di indebitamento si ha quello che viene definito
effetto leverage infatti l’aumento del debito in queste condizioni particolari comporta un
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Figura 2.6.1 - Effetto leva
ii) ROI < id - Se il tasso di indebitamento è superiore al ROI avremo un effetto leva negativo
quindi l’aumento dell’indebitamento (e quindi l’aumento del leverage) comporta una riduzione
del ROE (Figura 2.6.2)
Riclassificare il seguente conto economico con il metodo del costo del venduto:
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RICAVI 46.000,00
Nota che sapendo l’EBIT potrei calcolare l’EBITDA aggiungendo al primo ammortamenti,
accantonamenti e svalutazioni:
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Primo indicatore - Il primo indicatore che andiamo a determinare è il tasso di incidenza della
gestione extracaratteristica data dal rapporto fra reddito netto (utile) e reddito operativo (EBIT):
Secondo indicatore - Altro indicatore che consideriamo è il tasso di copertura degli oneri finanziari
che in questo caso ammonta a 2,36. Questo risultato, sebbene con reddito operativo l’azienda è
capace di coprire gli oneri finanziari, non è molto positivo. Tale indicatore è molto importante anche
per valutare la solidità dell’impresa, infatti Damodaran ha costruito una tabella che mette in
relazione il valore di tale indicatore con il rating (Tabella 2.6.1).
Indice di copertura degli oneri finaziari Raing
9,50 - 12,50 AA
7,50 - 9,50 A+
6,00 - 7,50 A
4,50 - 6,00 A-
3,00 - 3,50 BB
2,50 - 3,00 B+
2,00 - 2,50 B
1,50 - 2,00 B-
0,80 - 1,25 CC
o
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0,65 - 0,80 C
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< 0,65 D
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Esercizio 5 - Riclassificazione del conto economico a valore aggiunto
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RICAVI 2.000,00
GESTIONE
1.000,00 31,25%
EXTRACARATTERISTICA
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2.7 L’analisi di bilancio come indicatore di solvibilità - I modelli di Credit Scoring
Abbiamo già detto che l’analisi di bilancio aveva l’importante ruolo per le banche di valutare il
merito creditizio delle aziende. Con il passare del tempo, e con conoscenze approfondite di natura
statistica ed econometrica, sono state effettuate analisi a livello aggregato. Uno dei pionieri
dell’analisi di bilancio volta a valutare la solvibilità o meno dell’azienda è stato Edward Altman il
quale ha ideato un’analisi, nota come analisi discriminante7, che permette di separare le aziende
“sane” da quelle “non sane” attraverso l’individuazione di indicatori che permettono di far ciò.
All’elaborazione di questo tipo di analisi si giunse attraverso la valutazione storica (per 20 anni) di
66 aziende (33 sane e 33 fallite) per individuare gli indici che meglio riescono a discriminare le
aziende nelle due categorie. Tramite una regressione si ottiene il così detto Z score:
dove
Il rapporto fra Capitale Circolante Netto e Totale Attivo esprime la bontà della gestione
corrente;
Il rapporto fra Utili non distribuiti e Totale Attivo indica la capacità dell’azienda di
autofinanziarsi ed è indicatore del tempo in cui l’azienda è rimasta sul mercato in quanto si
ipotizza che l’accumulazione degli utili sia agevolata dal trascorrere del tempo: più è alta la
somma degli utili non distribuiti più elevata è la durata della presenza sul mercato
dell’azienda;
Il rapporto fra EBIT e Totale Attivo rappresenta il ROE e dà indicazione della redditività
degli investimenti;
Il rapporto fra Capitale Proprio e Capitale di credito dovrebbe essere formulato in altra
maniera in quanto al numeratore dovrebbe andare la Capitalizzazione di borsa8 detta anche
Market Equity;
i) Z < 1,8 - Se lo Z score è inferiore a 1,8 allora l’azienda è a rischio fallimento o è fallita;
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rb
8Va tenuto conto che la capitalizzazione di borsa in presenta di azioni di diversa natura deve essere calcolata
come la somma dei prodotti fra il numero di azioni di una data categoria e il prezzo di queste. La
capitalizzazione di borsa viene, in caso di aziende non quotate, approssimata con il valore del Capitale
Proprio espresso in bilancio.
!30
iii) 1,8 < Z < 2,99 - Se lo Z score è compreso nell’intervallo 1,8 - 2,9 non possiamo dire nulla
relativamente all’azienda (gray area).
Vediamo a questo punto come si dividono le aziende in base ai Rating associati ad ognuna dalle tre
principali società9 di valutazione del merito creditizio (Tabella 2.7.1).
Rating
PD Cumulata 5 PD Cumulata 10
Standard & Spread 5 anni anni anni
Moody’s Fitch Ratings
Poor
La tabella mostra due classi di società (si noti che queste sono aziende quotate che emettono prestiti
obbligazionari):
ue n
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i) Dal rating AAA al rating BBB- si hanno le così dette aziende Investment Grade ovvero quelle
che sono considerate solide;
Em A
9 Si noti che le società di rating sono società private che effettuano valutazioni sulle aziende su richiesta delle
stessa sotto compenso. Questo ha portato a pensare all’assenza di indipendenza ecco perché si sta pensando
di istituire un organo pubblico che abbia questo scopo.
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ii) Dal rating BB+ al rating CCC si hanno le così dette aziende High Yeld10 o Sub-investment
Grade ovvero quelle aziende molto rischiose.
In particolare le aziende che vedono un abbassamento del loro rating tanto da portarle a passare alla
categoria High Yeld vengono chiamata fallen angel, mentre quelle che vedono un’aumento del loro
rating fino a passare alla categoria più elevata sono dette racing stars.
Negli anni ’90 è stato individuato un nuovo indicatore che prende il nome di Z’’ score11, questo è
lievemente differente dal precedente infatti abbiamo12:
Si noti che con questo indicatore si perde l’informazione secondaria dell’età dell’azienda in quanto
non si considerano più gli utili non distribuiti ma si considera il Reddito Netto. Questa scelta è stata
determinata dal fatto che, visto che parliamo di società medio piccole di solito non quotate, la
capacità di accumulare utili nel tempo non è indicativa. Con questa nuova formulazionein
particolare abbiamo che se il valore è maggiore di 8,15 allora possiamo considerare l’azienda molto
solida, se invece è inferiore a 1,75 l’azienda è considerata fallito o sta per fallire (nel mezzo vi sono
tutte le diverse gradazioni). La Tabella 2.7.2 riporta i valori relativi a quest’analisi confrontati con i
raging di Standard & Poor:
o
Tabella 2.7.2 - Confronto fra Z’’ e raging.
Ba i
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Attraverso i due seguenti grafici è possibile valutare la capacità predittiva del ROE e del ROI
(Figura 2.8.1).
Da grafico si nota come la capacità predittiva del ROE è scarso infatti all’aumento di tale indicatore
il tasso medio di fallimento comincia prima a decrescere ma poi, raggiunto il punto di flesso, cresce
nuovamente. Il ROI invece ha un andamento monotono e all’aumentare di questo diminuiscono i
fallimenti. Si conclude che il secondo ha capacità predittiva maggiore del primo.
Le società di rating elaborano, inoltre, delle tabelle atte ad identificare il rating positivo o negativo
dell’azienda. Un esempio è mostrato nelle tabelle di seguito (Tabella 6.9.1 e Tabella 6.9.2):
Debiti
Return
CC/CP EBIT/OF finanziari/
on Assets EBITDA
Tabella 6.9.1 - Mapping Approach per aziende che si occupano della fornitura di energia, gas, acqua e così via.
o
Debiti
Return
Ba i
on Assets EBITDA
rb
ue n
an ppu
Em A
Si tratta di un approccio molto sintetico per una prima lettura dei dati di bilancio.
!33
Esercizio 6 Determinazione dello Z score e dello Z’’ score
Dati aggiuntivi
an ppu
Fatturato 300.000,00
!34
Calcoliamo a questo punto lo Z score nella prima formulazione:
Dato che il valore è maggiore di 2,9 possiamo dire che l’azienda risulta essere sana.
Anche questo indicatore è sufficientemente positivo e indica un rating fra BBB e BBB-.
o
Ba i
at
la ti d
rb
ue n
an ppu
Em A
!35
3. ANALISI DI FLUSSO
3.1 Analisi di flusso
Fino a questo momento abbiamo visto indicatori che frutto dei dati di stato patrimoniale e conto
economico, tuttavia è possibile anche accorpare i dati e fare analisi di flusso di modo che si possa
osservare l’azienda nel suo contino. Queste analisi vengono fatte attraverso il flusso di cassa della
gestione corrente. Secondo molti autori il caso WT Grent rappresenta un esempio da prendere in
esame per dimostrare come spesso gli indicatori fin ora visti non sono sufficienti a prevedere
l’andamento di un’azienda e quindi la sua solvibilità. La figura che segue (Figura 3.1.1) mostra
come pur avendo degli indicatori di tutto rispetto, il Cash Flow risulta avere valori negativi ad
eccezione degli anni dal 1968 al 1970. Si può concludere allora che tale valore potrebbe essere
indicatore della solvibilità dell’azienda.
Milioni di
dollari Capitale circolante
40
Ricavi netti
20
0
1966 1967 1968 1969 1970 1971 1972 1973 1975 1965 Anno che termina il 31 gennaio
-20
-40
Casch Flow
-100
-150
Va considerato però che quanto detto non è sempre vero in quanto la valutazione delle aziende si
o
basa essenzialmente sui comportamenti degli uomini che non sempre sono prevedibili.
Ba i
at
la ti d
La Figura 3.2.1 sintetizza la determinazione del flusso di cassa della gestione corrente:
an ppu
Em A
!36
Flusso di cassa della gestione
= Reddito Netto (Utile) + Costi non monetari - Δ Capitale Circolante
corrente
È rappresentato da tutte le
poste non liquide ovvero le
liquidità differite e le
Anno t Anno t rimanenze (decrementi di
attività correnti verranno
sommati e incrementi di
passività correnti verranno
sommati)
o
Ba i
at
la ti d
rb
ue n
an ppu
Em A
!37
LA VALUTAZIONE DELLE
AZIENDE
!38
1. IL CAPITALE ECONOMICO
1.2 Il Capitale
Da questa definizione si può dedurre che il capitale è strettamente connesso alla vita dell’azienda
dalla sua nascita alla sua liquidazione:
iv) Capitale di liquidazione - Il capitale di liquidazione è il capitale aziendale nel momento della
cessazione assoluta dell’attività (volontaria - decorso del termine - o forzosa - caso delle
procedure fallimentari -); la valutazione dei singoli elementi è di carattere atomistico perché il
sistema aziendale si è ormai disgregato. In particolare la valutazione degli attivi è fatta al valore
di presunto realizzo mentre la valutazione dei passivi viene fatta stimando il valore di
estinzione. Il capitale di liquidazione lo si deduce dal bilancio di liquidazione;
o
v) Capitale di trasferimento o cessione - Il capitale di trasferimento è il capitale al momento della
Ba i
at
cessione dell’azienda o parte di essa in senso stretto (vendita a terzi - muta il soggetto
la ti d
economico) o i senso lato (fusione, scissione e così via). Il capitale di trasferimento viene
rb
dedotto dal bilancio di fusione, di scissione ecc. Affinché si possa parlare di capitale di
ue n
1Nota che anche il reddito viene definita come quantità astratta in quanto anche questa è frutto di stime in
base a quelle che sono le finalità per cui sono predisposte. Differenti sono le quantità misura ovvero quantità
verificabili e non oggetto di stima (ad esempio la cassa, anche se questo valore può essere frutto di stima
quando abbiamo valute differenti).
!39
b) Requisito di natura soggettiva - La stima deve essere fatta da parte di un perito
indipendente, in posizione di neutralità2 rispetto alle parti interessate. Questo
avviene perché la cessione di un’azienda è caratterizzata da interessi di parte: vi è il
soggetto interessato a vendere e il soggetto interessato ad acquistare.
iii) Capitale economico (W) - Il capitale economico si ricollega al requisito di natura soggettiva in
quanto questo è valutato da un perito indipendente che è chiamato a valutare il capitale di
trasferimento in maniera indipendente (da interessi delle parti). In sostanza si dice che la
valutazione è Stand Alone, ovvero l’azienda è valutata senza considerare sinergie e diseconomie
che possono esistere tra l’azienda e le economie del venditore. Da questo si deduce che il
capitale economico è un valore generale, neutrale e non fa riferimento alle economia del
compratore e del venditore.
Va detto che le prime due denominazioni ricorrono nel momento in cui manca il requisito oggettivo
e possiamo dire che con il Capitale strategico nell’ottica dell’acquirente individuiamo il prezzo
massimo, mentre con il Capitale strategico nell’ottica del venditore individuiamo il prezzo minimo3.
In generale il valore del capitale di cessione è più elevato del capitale di funzionamento in quanto il
primo comprende il sistema aziendale composto da beni, capitale umano, relazioni con altri sistemi
e da tutte le operazioni che l’azienda compie con questi ultimi (si consideri lo stato, i fornitori, i
clienti, le banche, i sindacati e così via). Per tale ragione la determinazione del capitale economico
risulta estremamente difficile visto anche che l’azienda è un sistema di per sé complesso (non
2 La neutralità è qualcosa che attiene agli interessi delle parti quindi è relativa alle condizioni soggettive che
intervengono in una valutazione e che determinano la differenza fra prezzo effettivo e capitale economico:
iii) Interessi economici e non dei soggetti che rappresentano l’azienda - In merito a questo dobbiamo
rb
considerare la possibilità che vi sia una vera separazione fra management e proprietà, l’acquisizione di
un’azienda infatti potrebbe determinare un maggior prestigio per il primo ma danneggiare il secondo (si
ue n
consideri il Leverage Buy Out ovvero l’acquisizione di un’azienda attraverso un elevato indebitamento);
an ppu
entrambe le parti perché è inferiore del prezzo massimo ma superiore al prezzo minimo. Tuttavia il prezzo di
vendita non coincide con il capitale economico in quanto il primo non dipende solo da questo ma da altro
fattori come il potere contrattuale delle parti, l’abilità di negoziazione, le motivazioni socio psicologiche
delle parti e la presenza di sinergie diverse fra le parti.
!40
funziona in maniera prevedibile), probabilistico (in quanto non è possibile individuare in maniera
certa le relazioni ma ciò è possibile solo in termini probabilistici), è aperto verso l’ambiente esterno
(ovvero risulta influenzato dalle variazioni dei mercati con cui si relazione, dalla politica economica
e dall’adempimento di doveri di responsabilità sociale) e dinamico.
Il capitale economico non è un fondo di valori diversi sebbene coordinati ma è un valore unico
risultante dalla capitalizzazione dei redditi futuri (G. Zappa). Da questo si deduce che il capitale
economico non è la somma dei valori degli elementi presenti all’interno dell’azienda sebbene
coordinati attraverso la gestione, ma è rappresentato da un’unico valore determinato come valore
attuale dei redditi che verrano prodotti in futuro. In questo modo si dà preminenza ai redditi
rispetto al capitale (approccio reddituale): il reddito ha un valore originario, mentre il capitale ha un
valore derivato. In altre parole un investimento non ha valore se non genera redditi4.
Avendo un capitale pari a C investito per n anno ad un tasso i, in un regime di interesse composto, il
montante potrà essere calcolato nel seguente modo:
M=C(1 + i)n
Avendo invece un capitale C a disposizione fra n tempi se il tasso di sconto è pari a i avremo che il
valore attuale sarà pari a:
V=C(1 + i)-n
Se invece del capitale in un’unica soluzione avessimo una rendita posticipata avremo che il valore
attuale della stessa con rata 1 € sarà pari a:
Questa formula è particolarmente importante perché se n tende ad ∞ il valore attuale di una rendita
con rata pari ad 1€ al tasso i sarà pari semplicemente alla seguente relazione:
o
Essa permette di conoscere uno dei primi metodi di valutazione ovvero il metodo reddituale puro
Ba i
at
la ti d
per il quale il valore del capitale economico (W) è pari al rapporto fra il reddito prospettico costante
dell’azienda (R) e il tasso di congrua remunerazione (i):
rb
ue n
an ppu
Em A
Sappiamo inoltre che A e B fanno parte di un gruppo che possiamo indicare con A + B e in
particolar modo:
Quindi vi sono nel primo caso sinergie pari a 10, e nel secondo vi sono diseconomie pari a 20
(queste ultime possono essere ad esempio generate dal fatto che B vende le proprie merci ad un
prezzo inferiore ad A e quindi il suo reddito scende).
Immaginiamo inoltre che il tasso di congrua remunerazione ic (i) sia pari al 10%
A prescindere dalle relazioni che possono esservi fra A, B e C; il valore economico di B può essere
determinato come segue:
o
Ba i
at
la ti d
Supponiamo ora che sia C a vuole acquistare B e quindi si otterrebbe il gruppo C + B dove
an ppu
!42
Le sinergie quindi saranno pari in entrambi i casi a 20, avremo quindi che il prezzo massimo a cui
verrà B potrà essere acquistata:
Dai precedenti esercizi si nota che il capitale strategico è determinato nel seguente modo:
In merito alle sinergie, possiamo dire che i benefici che possono scaturire dall’acquisizione di
un’azienda (secondo Rappaport) sono le seguenti:
i) Benefici operativi - Ad esempio relative alle economie di scala e ampliamento del mercato di
riferimento;
ii) Benefici finanziari - Incremento della forza contrattuale di modo che si possano pagare tassi più
bassi sui finanziamenti;
iii) Benefici tributari.
Per poter addivenire alla determinazione del valore economico abbiamo bisogni di utilizzare delle
tecniche di valutazione. Queste metodologie devono possedere dei requisiti affinché siano
affidabili:
i) Razionalità - Deve essere fondata su principi logici (in particolare vi deve essere una
vidimazione da parte di associazione di categoria);
ii) Obiettività o dimostrabilità - La metodologia deve essere concretamente applicabile, le stime
devono essere basati su dati dimostrabili e verificabili;
iii) Stabilità - La metodologia deve condurre a risultati stabili ovvero non influenzati da fenomeni
di natura contingente;
iv) Neutralità - La metodologia deve prescindere dagli interessi e dalle caratteristiche delle parti
coinvolte nello scambio.
o
Le diverse tipologie di metodi possono essere sintetizzate dalla Figura 1.5.1:
Ba i
at
la ti d
rb
ue n
an ppu
Em A
!43
!
Metodi di stima di W
Metodi indiretti teorici -Da un
punto di vista concettuale sono il 1) Barati sui flussi finanziari;
massimo della razionalità ma il
2) Basati sui flussi reddituali;
minimo dell'obiettività e della
stabilità. Sono metodi basati su 3) Basati su flussi di dividendi
tre grandi categorie:
Metodi misti
1) Anglosassone
2) Pratici tedeschi
o
Ba i
at
la ti d
rb
ue n
an ppu
Em A
!44
2. I METODI DI VALUTAZIONE DIRETTI
I metodi diretti in senso stretto sono quelli basati sui valori di mercato che approssimano il valore
dell’azienda con la capitalizzazione di borsa. Per quest’ultima s’intende il prodotto fra il prezzo di
mercato (p) e il numero delle azioni in circolazione (q):
Capitalizzazione = W = p*q
dove
n rappresenta il numero delle tipologie di azioni;
Nel caso in cui l’azienda non sia quotata, il valore del capitale economico viene, con questo
approccio, stimato con una media aritmetica (semplice o ponderata) deo valori desunti da un
numero selezionato di aziende paragonabili per dimensione, fatturato, capitale investito, risultati
economici, struttura finanziaria e così via:
dove
Wi rappresenta il valore delle aziende selezionate;
pi rappresentano i pesi.
Esercizio 4 - Determinazione del capitale economico con il metodo diretto in senso stretto
Sapendo che il numero delle azioni è pari a 3.634.185.330 e il prezzo di mercato al tempo t è pari a
o
17,71 € e al giorno t - 1 è pari a 17,80 € determinare il capitale economico usando il metodo diretto
Ba i
at
la ti d
in senso stretto.
rb
Wt = 3.634.185.330*17,71 = 64.361.422.190 €
ue n
Si può notare che a distanza di un solo giorno vi è una differenza di circa 300 milioni, in particolar
Em A
modo se consideriamo un prezzo medio pari a 18,87 la differenza con Wt cresce maggiormente ed
arriva a circa 4 miliardi. Da ciò si deduce che questo approccio è fuorviane in quanto il valore è
concetto completamente differente dal prezzo (anche se possono coincidere) in quanto quest’ultimo
!45
dipende da diversi fattori come le informazioni diffusi sul mercato, elementi di natura psicologica o
motivazionale e così via.
Per comprendere le motivazioni che comunque spingono a considerare i metodi diretti in senso
stretto dobbiamo parlare della teoria dei mercati efficienti (efficient market hypotesis or theory) di
E. Fama (Università di Chicago), infatti per l’applicazione di questi metodi è necessario che i
mercati siano efficienti. Il fondamento principale di questa teoria sono le informazioni, infatti,
affinché si possa parlare di efficienza devono essere rispettate due condizioni:
i) Le informazioni devono circolare nel modo più veloce possibile nel mercato - Le informazioni
si devono diffondere velocemente e d’altra parte il mercato deve assorbire immediatamente tali
informazioni. Un mercato è tanto più efficiente quanto più le informazioni arrivano
repentinamente e quanto più velocemente il mercato è capace di assorbile;
ii) Sul mercato non si riescono ad ottenere in media elevatissimi guadagni - Il mercato è efficiente
se non vi sono soggetti che riescono a guadagnare molto di più rispetto alla media.
Va inoltre considerato che, affinché questa teoria regga, Fama ritiene che i prezzi debbano muoversi
in maniera casuale e il valore del presente non dipende da quello che è avvenuto in passato.
Egli infatti, riprende un argomento già affrontato, nel 1953, da Kendall il quale osservò
l’andamento dei prezzi del cotone notando che il suo andamento era molto simile a quello di una
passeggiata aleatoria (Random Walk) in quanto quello che accade in un dato giorno non dipende da
quello che è accaduto nei giorni precedenti1 quindi non vi è correlazione fra il prezzo del passato e
il prezzo di un dato giorno. Altra teoria molto vicina a quella di Kendall fu elaborata fra il 1955 e il
1956 da Roberts il quale volle dimostrare che una serie di numeri generati casualmente attraverso il
lancio di una moneta, non risulta essere dissimile rispetto alla serie dei prezzi dei corsi reali delle
azioni dell’indice Dow Jones Industrial Average (Figura 2.2.1).
o
Ba i
at
la ti d
rb
Figura 2.2.1 - Abbiamo sulla sinistra il livello di mercato simulato (lancio della moneta) per 52 settimane, mentre a
ue n
sinistra abbiamo il livello di chiusura settimanale del Dow Jones dal 30 dicembre 1955 al 28 dicembre 1956.
an ppu
In base a questo presupposto Fama individua tre gradi di efficienza del mercato in senso
informativo:
Em A
1Inparticolare Jensen ha sottolineato come questa teoria sia quella che in economia ha più evidenza
empirica di tutte.
!46
i) Efficienza debole (Weak) - In questa prima forma di efficienza le informazioni considerate sono
limitate solo ai prezzi storici, quindi gli investitori non possono individuare una strategia di
investimento che possa produrre extra-profitti (così detta analisi tecnica). In altre parole
l’analista finanziario sulla base dei valori storici non può battere il mercato facendo dei profitti
sopra la media. Questo avviene perché le informazioni passate sono alla portata di tutti e quindi
non vi è alcun vantaggio informativo per l’analista;
ii) Efficienza semi-forte (Semistrong) - In questa forma di efficienza si asserisce che i prezzi delle
azioni non riflettono soltanto l’informazione dei prezzi storici ma anche tutta l’informazione
pubblica rilevante disponibile (anticipazioni sugli utili, dividendi, i bilanci annuali e infra-
annuali, le notizie di stampa e così via). Secondo questo approccio, neanche in questo caso
l’analista riesce ad ottenere un vantaggio in quanto le informazioni sono molto veloci e quindi
entrano in possesso di tutti;
iii) Efficienza forte (Strong) - L’ultima forma di efficienza fa riferimento al fatto che tutte le
informazioni, riservate e pubbliche, sono comprese nei prezzi. Anche in questo caso nessun
soggetto può ottenere un extra-profitto. In ipotesi di efficienza forte si verificherebbe, però, il
così detto paradosso dell’informazione individuato da Grossman e Stiglitz i quali affermano
che se i prezzi fossero fissi al valore corretto riflettendo tutta l’informazione rilevante, nessun
investitore avrebbe incentivo a sostenere costi di ricerca, elaborazione e produzione di
informazioni in quanto nessuno avrebbe modo di trarne profitto. Se più nessuno fornisce
informazioni, i prezzi tornano a fluttuare seguendo una passeggiata aleatoria pertanto gli
individui sarebbero nuovamente portati a consumare risorse per raccogliere nuove informazioni.
Le fluttuazioni dei prezzi attorno al valore corretto sono quindi fondamentali affinché vi sia un
incentivo a cercare nuove informazioni, è per questo che Grossman e Stiglitz propongono il
concetto di equilibrio di aspettative razionali con disturbo in cui quest’ultimo infierisce sulla
capacità degli investitori di dedurre informazioni sui prezzi.
Si può quindi dire che se il mercato è in una forma di efficienza forte la capitalizzazione di borsa
dovrebbe coincidere esattamente con il valore delle aziende che operano sul mercato, tuttavia solo
le prime due forme di efficienza hanno avuto un’evidenza empirica.
Da quanto detto si deduce che, affinché si possa parlare di utilizzo dei metodi diretti, è necessario
che i prezzi siano informativi ma poiché questo non è mai vero l’unica metodologia diretta che
funziona è quella basata sui multipli.
dobbiamo passare ad uno stato patrimoniale a valori di mercato. Questo perché il principio che
sovrintende la redazione del bilancio dal punto di vista civilistico è il principio di prudenza2 il quale
rb
comprime i valori. La tabella seguente sintetizza uno stato patrimoniale a valori di mercato (Tabella
ue n
2.3.1)
an ppu
Em A
2 Questo principio è nato per la tutela degli stakeholder ed in particolare dei creditori.
!47
Stato patrimoniale a valori di mercato
Valore degli assets - tale valore sul mercato non è Valore di mercato dei debiti finanziari (D)
osservabile ed è quindi calcolabile in base alla
somma dei debiti finanziari e il valore della
capitalizzazione.
Value assets, Firm Value, Enterprise Valure Valore di W (Capitalizzazione di borsa)
Con il metodo dei multipli o Comparison approach si valuta l’azienda target in base ai prezzi di
mercato di un campione di aziende similari, questa impostazione produce dei moltiplicatori che
possono essere semplici (Equity approach) o complessi (Entity approach).
Il metodo basato sull’approccio Equity consiste nell’uguagliare due rapporti, uno riferito all’azienda
target e l’altro relativo al campione considerato. I multipli che si utilizzano sono ottenuti dal
rapporto fra i prezzo dell’azione e una quantità espressiva delle performance contabile dell’impresa,
se tale quantità è storica allora i multipli si definiscono trailing (P0/E0) mentre se è un valore atteso i
multipli si definiscono leading (P0/E1). I multipli più utilizzati sono i seguenti:
Come si diceva questo metodo presuppone l’uguaglianza fra il multiplo dell’azienda target e quello
di mercato (ottenuto come media delle società comparabili con quella target):
mmarket = mtarget
Lo stesso ragionamento vale per tutti gli altri multipli, anche se quello preso in esame è quello più
at
la ti d
largamente utilizzato visto che ha il vantaggio di essere facile da utilizzare e fornisce informazioni
rb
3 Degli analisti suggeriscono di considerare un utile normalizzato per eliminare componenti straordinari di
reddito o di servirsi di un utile medio di più esercizi per evitare “punte” eccezionali.
!48
2.3.2 Pregi e difetti dei multipli Equity Side
i) Price/Earngins
• È molto facile e di pratica applicazione;
• L’utile è spesso frutto di politiche di bilancio;
• La valutazione di aziende che operano in differenti paesi è più complessa in quanto si
incontrano ordinamenti contabili e un sistema tributario differenti (in generale l’utile
viene quindi sostituito dall’ EBIT o dall’EBITDA che sono anche meno condizionati da
politiche di bilancio);
• L’utile è fortemente variabile;
• Il P/E, paradossalmente, cresce se il prezzo rimane costante e il reddito si riduce;
• Non è utilizzabile quando la società è in perdita.
ii) Price/Book Value - Questo indicatore, se maggiore dell’unità, ci dà contezza dei beni intangibili
che non sono espressi in bilancio a valori contabili (ad esempio l’avviamento che può essere
iscritto solo se acquisito a titolo oneroso)
• Indicatore sintetico della valutazione del mercato dell’azienda;
• Può essere utilizzato anche quando l’azienda è in perdita;
• Il capitale proprio è influenzato da politiche di bilancio anche se in misura inferiore al
reddito;
• La valutazione di aziende che operano in differenti paesi è più complessa a fronte della
presenza di regimi fiscali differenti.
iii) Price/Sales
• Non è influenzabile da politiche di bilancio (minimamente manipolabile);
• Non tiene conto dei costi che possono essere relativi ad altre gestioni;
• Non tiene conto dell’efficienza e dell’efficacia della gestione aziendale;
• Può essere utilizzato anche quando l’azienda è in perdita;
• Ha oscillazioni più contenute rispetto agli altri indicatori.
Con l’approccio Entity o Assets Side il valore del capitale economico viene calcolato come
rb
differenza fra il valore delle attività e il valore di mercato dei debiti, questo perché i multipli
ue n
associati a questa metodologia hanno al numeratore il Firm Value e i principali sono i seguenti:
an ppu
!49
Va tuttavia considerato che il valore degli assets (Enterprise Value) non è determinabile e quindi al
numeratore avremo la somma farà il capitale economico (W) e il valore dei debiti finanziari (D).
Il procedimento risulta essere lo stesso (consideriamo EV/EBITDA):
La Figura 2.3.4.1 riesce a sintetizzare in maniera efficace i metodi basati sui multipli sia Equity che
Assets Side:
Enterprise Value
In particolare va ricordato che le aziende con bassi multipli sono dette Value mentre quelle con
elevati multipli sono dette Growth. Fama e French, hanno dimostrato che le aziende Value sono
quelle che hanno reso di più delle aziende Growth: le prime hanno aumentato il propio prezzo di
sette volte, mentre le seconde lo hanno semplicemente raddoppiato (Figura 2.3.4.2).
o
Ba i
at
la ti d
rb
ue n
an ppu
Figura 2.3.4.2 - Il Gruppo 1 rappresenta il gruppo di aziende Value più estreme mentre il Gruppo 10 è quello delle
Em A
!50
La prima spiegazione che può essere data a questo paradosso è la seguente: da un lato, nel tempo vi
sono dei procedimenti detti di Mean Reverting e in secondo luogo, se questa è una regola è vero che
alcuni investitori potrebbero attraverso questo studio possono ottenere rendimenti superiori sette
volte rispetto agli a altri (e in questo modo si rompe la teoria dei mercati efficienti - Anomalie di
mercato).
Capitalizzazione di
Aziende Debiti finanziari EBITDA EV/EBITDA
borsa
Media 11,84
Nota Bene - La media non va calcolata su W, D e l’EBITDA ma direttamente sui multipli delle aziende comprese nel
campione.
Sappiamo inoltre che:
Per determinare il valore del capitale economi dell’azienda non si considera il valore dell’ultimo
o
anno ma prenderemo in considerazione la media degli ultimi 3-5 anni relativa agli EBITDA.
Ba i
at
la ti d
Tuttavia va considerato che gli EBITDA non sono riferiti tutti allo stesso periodo e quindi non
possono essere sommati, per tale ragione vanno rivalutati considerando i coefficienti di
rb
4 Quelli dati sono dei coefficienti approssimativi (ipotizzando che vi sia inflazione, i coefficienti saranno
decrescenti se si ipotizza deflazione), il calcolo corretto viene fatto considerando degli indici esposti
dall’ISTAT dal secondo dopo guerra.
!51
Anni EBITDA Coefficienti di rivalutazione EBITDA rivalutati
Calcoliamo a questo punto il capitale economico dell’impresa target nel seguente modo:
2.4 Confronto fra il metodo diretto in senso stretto e quello basato sui multipli
Facciamo ora un confronto fra il metodo basato sui multipli e il metodo diretto in senso stretto
considerando il caso di PetroChina Company LTD la quale al suo debutto alla Borsa di Shanghai è
divenuta la prima azienda del pianeta per capitalizzazione (1.000,00 miliardi di dollari). A questo
punto ci si domanda se la capitalizzazione indica il reale valore di questa azienda, e per rispondere a
questa domanda utilizziamo il metodo basato sui multipli (Tabella 2.4.1):
o
Ba i
at
la ti d
rb
Tabella 2.4.1 - Multipli di mercato, nota che è stata calcolata la mediana5 in quanto la Bg Group ha un valore di P/E
molto più elevato rispetto agli altri.
ue n
an ppu
Em A
5 Per calcolare la mediana per prima cosa ordino i valori in senso crescente e individuo quel valore che
occupa la posizione centrale.
!52
Tabella 2.4.2 - Dati relativi alla PetroChina Company.
Determiniamo a questo punto il valore economico della PetroChina nel seguente modo (valori in
milioni)6:
Si nota che applicando i multipli si ottiene una stima molto migliore rispetto alla stima ottenuto
considerando la capitalizzazione di borsa.
Prima relazione - Ritornando alla relazione vista per il metodo diretto in senso stretto, possiamo
parlare di una variante di tale formula proposta da Gordon il quale introduce una nuova grandezza
che è il tasso di crescita (g)7. Se ipotizziamo che il reddito al tempo 0 (R0) cresca ad un tasso
costante negli esercizi successivi la relazione per il calcolo del capitale economico è la seguente:
In particolare Gordon prende come riferimento il flusso dei dividendi quindi questa relazione
o
Ba i
diviene:
at
la ti d
rb
ue n
an ppu
Em A
6 Nota che abbiamo utilizzato i multipli trailing in quanto per utilizzare quelli leading avremmo dovuto
determinare i redditi futuri attesi di PetroChina.
7 Se il tasso di crescita è pari a zero si ritorna alla relazione vista prima.
!53
Facciamo un piccolo passo indietro dando la definizione di Payout ovvero la percentuale di reddito
che viene distribuita sotto forma di dividendi, quindi il tasso di ritenzione degli utili (b) potrà essere
calcolato come segue:
b = 1 - Payout
Payout = 1 - b
Ora, riprendiamo la relazione di Gordon e consideriamo che nel medio lungo periodo W può essere
approssimato con P:
→
Seconda relazione - Se consideriamo la relazione prima vista e il P/E otteniamo una nuova
relazione:
Terza relazione -Il reciproco del P/E viene definito Earning Yeld, se moltiplico il quest’ultimo per il
Price/Book Value ottengo il ROE:
Quarta relazione - Un’altra grandezza molto importante è il NOPAT (Net Operating profit After
taxes), la quale viene calcolata nel seguente modo:
NOPAT = EBIT(1-t)
dove
t è l’aliquota fiscale marginale del paese in cui l’azienda opera, in Italia questa è calcolata
intorno a 31,4%.
i) EV/NOPAT
ii) EBIT/Sales - Questo indicatore rappresenta il ROS ma anche il margine che viene calcolato nel
conto economico rapportando ogni grandezza al fatturato che è posto pari al 100%.
o
Ba i
at
!54
Approfondimento 1 - Il rendimento di un titolo
Il rendimento di un titolo può essere determinato nel seguente modo (nota che questo deve essere
espresso in percentuale):
Figura 1.1 - Il grafico è stato rielaborato da Robert Shiller (premio Nobel 2013 Università di Yale) e rappresenta
l’andamento dello S&P 500 e il valore attuale dei dividendi.
Shiller sostiene che se la teoria dei mercati efficienti è valida, il prezzo dovrebbe essere allineato
con il valore non in termini di numeri ma in termini di andamento (la variabilità dovrebbe essere la
stessa). Tuttavia nel grafico si nota come il prezzo ha un’andamento molto frastagliato, mentre il
valore attuale dei dividendi è molto lineare e crescente8. Per tale ragione la teoria dei mercati
efficienti dovrebbe essere sconfessata.
Negli anni ’30 Graham e Dodd affermarono che, se un titolo azionario, avesse avuto un P/E
superiore a 15 sarebbe stato sopravvalutato dal mercato e quindi risulta necessario disinvestire.
Questo ha avuto anche un’evidenza empirica mostrata nella Figura 2.6.1: o
Ba i
at
la ti d
rb
ue n
an ppu
Figura 2.6.1 - La figura illustra il P/E dello S&P 500 che ha un valore medio pari a 16,7 molto vicino al valore 15
Em A
8 Nota che la sua analisi è fatta ex-post quindi il valore dei dividendi è noto.
!55
Questo è ancora più evidente se consideriamo la Figura 2.6.2 la quale evidenzia che, se i P/E
raggiungono valori molto elevati rispetto alla media, si è all’inizio di una crisi profonda.
Figura 2.6.2 - La figura mostra come, quando il valore del P/E è nettamente superiore alla media, successivamente vi
sono delle profonde crisi.
Si conclude allora che il valore preso in esame può essere un ottimo indicatore della buona o cattiva
valutazione del mercato. E in particolare valori del P/E superiori a 15 - 16 sono segnale di una
futura bolla finanziaria.
Un altro indicatore che può essere utilizzato per valutare la “salute” del mercato è il Baltic Dry
Index il quale rappresenta l’andamento dei costi del trasporto marittimo (di tutte le principali rotte
marittime e non solo quelle del Mar Baltico) e dei noli delle principali categorie delle navi dry bulk
cargo. Questo rappresenta un ottimo indicatore dello stato del mercato in quanto la maggior parte
delle merci viene trasferita via mare quindi se l’economia va bene vi è un aumento di questi costi,
mentre se vi è un ristagno i costi del trasporto marittimo diviene più economico in quanto meno
utilizzato. La Figura 2.6.3 illustra l’andamento di questo indicatore nel periodo precedente al
fallimento di Lehman.
12.000
10.000
8.000
6.000
4.000
2.000
gen 08
apr 08
lug 08
ott 08
gen 09
apr 09
lug 09
ott 09
gen 10
apr 10
lug 10
ott 10
gen 11
apr 11
lug 11
ott 11
gen 12
apr 12
lug 12
ott 12
gen 13
apr 13
lug 13
ott 13
gen 14
o
Ba i
at
la ti d
Figura 2.6.3 - La figura rappresenta il Baltic Dry Index. Come si può notare prima del fallimento di Lehman, il valore di
rb
questo indice aveva un picco positivo fra aprile e luglio 2008 a partire da questo mese si è poi avuta una discesa che in
un certo senso ha anticipato la grande crisi successiva.
ue n
an ppu
Em A
!56
3. IL MODELLO FED
Il modello FED si basa sullo studio di tre ricercatori della Federal Reserve1 i quali hanno
evidenziato una stretta relazione tra l’Earning Yeld e i tassi a lungo termine (10 anni) dei titoli di
Stato del Governo Federale degli Stati Uniti. Se poniamo i tassi a lungo termine privi di rischio pari
a i1 avremo che:
i) Se l’Earning Yeld è minore di i1 allora il mercato è sottovalutato e i prezzi delle azioni scendono
in quanto si spostano i valori investiti dalle azioni alle obbligazioni in quanto queste hanno un
rendimento maggiore;
iii) Se l’Earning Yeld è pari a i1 allora il mercato è in equilibrio e quindi gli investitori stanno
valutando correttamente i titoli (siamo in una situazione Fair - da non confondere con il Fair
Value).
i) Se il P/E è minore del reciproco di i1 allora le azioni sino più economiche rispetto alle
obbligazioni e quindi più attraenti;
ii) Se il P/E è maggiore del reciproco di i1 allora le obbligazioni sono meno care rispetto alle azioni
e quindi più attraenti.
dove
i è il tasso di congrua remunerazione ed è dato dalla somma di due componenti: i1 che è il
tasso privo di rischio (equiparato ai tassi dei titoli di stato) e i2 che è il premio per il rischio.
o
Ba i
at
la ti d
attraverso il confronto con il tasso dei titoli di stato. In particolare il premio per il rischio può essere
ue n
calcolato con la seguente relazione la quale è frutto della teoria del Capital Asset Pricing Model
an ppu
(Sharpe):
1 La Federal Reserve è assimilabile alla nostra Banca d’Italia e ha i seguenti due obiettivi:
Em A
i) Contenere l’inflazione;
ii) Mantenere la disoccupazione a passi livelli
Questi sono spesso ottenuti tramite la politica monetaria.
!57
i2 = β(Rm - i1)
dove
β è un coefficiente di natura statistica ed indica il coefficiente angolare di una regressione
ed è data dal rapporto tra la covarianza fra i rendimenti del titolo i-esimo e i rendimenti di
mercato, e la varianza del rendimento di mercato [β = COV(Rm, Ri)/VAR(Rm)]. Se tale
indicatore è superiore ad uno il titolo è molto rischioso, mentre se è inferiore ad uno lo sarà
meno in quanto il β dell’intero mercato si presuppone pari ad 1;
Esercizio 7 - Calcolare β
Determinare il β della Apple avendo i seguenti dati:
1 1 2 -1 -2 2 1
2 2 4 0 0 0 0
3 3 6 1 2 2 1
Somma dei
Media 2 4 4 2
prodotti
avremo:
la ti d
rb
ue n
an ppu
Em A
Se questa relazione è valida il mercato sta valutando correttamente le grandezze ovvero vengono
valutate distintamente obbligazioni e azioni.
!58
3.3 Commenti grafici
Figura 3.3.1 - La figura illustra la relazione fra E/P e il tasso di interesse a 10 anni dei titoli di stato.
L’andamento del tasso di interesse a 10 anni dei titoli di stato sembra avere, nel periodo 1965 -
2001, un andamento simile a quello dello E/P. Siegel sostiene che questo è paradossalmente vero,
ma non in tutti i periodi: se consideriamo il periodo che va dal 1900 fino al 2001 si nota come gli
andamenti siano del tutto differenti per poi convergere intorno agli anni ’60. L’elemento che
discrimina questi due periodi è l’inflzione (si ricorda che in Italia questa aveva raggiunto il 20%),
infatti possiamo dire che la relazione sopra rappresentata è valida solo in periodi di alta inflazione,
se questa è bassa o vi è addirittura deflazione questa non regge. Questo avviene perché in periodi di
inflazione i soggetti tendono ad acquistare poiché ci si aspetta un aumento dei prezzi, cosa contraria
avviene in periodi di deflazione periodi nei quali le aziende non possono né aumentare i prezzi né
ridurre i costi (ad esempio vi è l’impossibilità di allineare i salari nominali a quelli reali) di il che
comporta una riduzione degli utili.
In definitiva si può dire che il modello non sembra reggere quando l’inflazione è estremamente
bassa o quado l'indice dei prezzi al consumo ristagna o addirittura vi sono tendenze deflazionistiche.
Siegel afferma che in periodi come quello che stiamo vivendo gli investitori dovrebbero evitare di
o
utilizzare il modello FED. D’altra parte però questo modello può essere utilizzato per verificare se il
Ba i
at
mercato è sottovalutato o sopravvalutato al fine di utilizzare nella maniera corretta i modelli diretti.
la ti d
rb
Il valore del P/E è pari a 18,50 e il tasso di interesse dei titoli di stato a 10 anni è pari a 2,42%.
!59
Abbiamo che P/E < 41,32 quindi le azioni sono più attraenti delle obbligazioni secondo il modello
FED. Inoltre sapendo che E/P è pari a 5,4% possiamo dire che le azioni rendono di più pur valendo
meno.
Alcuni sostengono che, affinché questo modello sia maggiormente efficace, è necessario calcolare il
tasso i1 reale il che può essere fatto semplicemente decurtando questo dell’inflazione attraverso la
regola di Fisher con la quale si dice che:
o
Ba i
at
la ti d
rb
ue n
an ppu
Em A
!60
4. IL TASSO DI CONGRUA REMUNERAZIONE
4.1 Definizioni
Il tasso di congrua remunerazione può essere calcolato partendo da un saggio di interesse per
impieghi di capitali sicuri e liquidi ed a frutto conseguibile senza assunzione di rischi d’impresa e
senza lavoro (ad esempio i titoli di Stato), al quale viene aggiunto un valore che tiene conto del
rischio che ci si assume nell’investire nell’azienda oggetto di stima Il tasso in questione, in realtà
dovrebbe far riferimento anche ad un’altra componente che è il compenso per l’attività
imprenditoriale (i3) la quale però viene spesso ignorata. In sintesi il tasso di congrua remunerazione
ic sarà il seguente:
ic = i1 + i2 +i3
dove
i1 è il tasso privo di rischi spesso associato ai tassi di interesse dei titoli di stato a causa
della natura dell’emittente, della significatività del tasso dovuta agli elevati volumi di
circolazione e all'elevata liquidità degli investimenti (in termini tecnici si fa una media fra
rendimenti dei CCT e dei BTP);
i2 è il premio per il rischio;
i3 è il compenso per l’attività imprenditoriale spesso non presente nella formula della
determinazione del tasso di congrua remunerazione
Questo tasso è un fattore critico nei metodi di valutazione basati sui flussi poiché una sua stima
errata può condurre a risultati fuorvianti nella determinazione del valore economico di un’azienda.
Questo si può facilmente dimostrare osservando la Figura 4.1.1 riportata di seguito:
20000
15000
W 10000
o
Ba i
5000
at
la ti d
rb
ue n
0
an ppu
i = 0,5% i = 1% i = 2%
Figura 4.1.1 - Dalla figura si nota che all’aumentare di i il valore del capitale economico (W) si riduce fortemente se
Em A
manteniamo costante il valore del numeratore e pari a 100€ (stiamo considerando un metodo di valutazione puro in
senso stretto).
!61
Abbiamo detto che la componente i1 è assimilabile al rendimento dei titoli di Stato, la stima della
componente appare più complessa visto che risulta influenzata da ben due elementi: il rischio
specifico (legato alla singola impresa e al relativo settore) e il rischio generale (riferibile all’intera
economia). Vi sono differenti tecniche di stima ma quelle che verranno trattate qui sono il
Procedimento di Stoccarda, il CAPM e i metodi attuariali.
La regola di Stoccarda1 nasce con un’ordinanza amministrativa il 14 febbraio 1955 relativa alla
valutazione delle azioni non quotate e delle partecipazioni, in sostituzione del procedimento di
Berlino2 di fine anni ’40. Tale procedimento pone le sue radice nella consapevolezza che per
affrontare meglio i rischi prospettici (rischio generale d’impresa) l’azienda deve accantonare a
riserva una quantità di reddito (secondo la prassi pari al 30% circa). Per il principio di equivalenza
delle formule finanziarie possiamo dire che:
dove
x rappresenta la percentuale di accantonamento degli utili a riserva;
Supponiamo che il tasso di accantonamento dell’utile sia pari al 30% e che il rendimento dei titoli
di stato a 10 anni ammonti al 4,31%, determinare il tasso di congrua remunerazione.
o
Ba i
at
la ti d
rb
ue n
an ppu
1Questo procedimento è stato realizzato dall’unione Europea degli Esperti Economici, Contabili e Finanziari
Em A
nel 1962
2Questo procedimento prevedeva che il rischio generale potesse essere fissato all’1% del volume degli affari
senza superare il 3% dell’attivo necessario alla produzione.
!62
La regola di Stoccarda è il più vecchio procedimento per la determinazione premio per il rischio ma
è anche il meno utilizzato in quanto:
i) In presenza di bassi tassi privi di rischio abbiamo tassi di congrua remunerazione molto bassi;
ii) Secondo questo modello tutte le aziende risultano avere lo stesso rischio, viene infatti trascurato
il rischio specifico peculiare di ogni azienda. Per ovviare a questo problema si potrebbe variare
il valore di x ma questo diviene un esercizio arbitrario che fa diminuire la bontà della stima del
tasso di congrua remunerazione
iii) Considera la percentuale di abbattimento come fissa non curante del tipo di azienda.
Il Capital Assets Price Model fu sviluppato a partire dalla teoria di portafoglio introdotta da
Markowitz e si fonda sull’ipotesi secondo cui la varianza del rendimento di un titolo è un’ottima
approssimazione della sua rischiosità. Il CAPM è frutto dello studio di tre economisti Lintner,
Mossin, Sharpe (Premio Nobel 1990). Questo modello sostiene che il rischio è la somma di due
componenti il rischio sistematico (relativo alle variazioni dell’intero mercato) e il rischio specifico
(che fa riferimento ad ogni singola azioni e può essere eliminato con un portafoglio ben
diversificato). Il primo viene stimato come il coefficiente β (già incontrato) il quale indica la
sensibilità dell’andamento del singolo investimento all’andamento del mercato degli investimenti
nel suo complesso.
A questo punto possiamo dire che il premio per il rischio può essere determinato, secondo questo
modello, con la seguente relazione:
i2 = β*(Rm - i1)
Tipica di questo modello è la SML rappresentata nella figura segeunte (Figura 4.3.2):
Il premio per il rischio di mercato si ottiene facendo la differenza tra i rendimenti medi del
portafoglio di mercato e i rendimenti medi dei titoli privi di rischio a lungo termine. Esistono
differenti tecniche per determinare tale valore e queste vengono esposte sinteticamente di seguito.
Prima tecnica - La prima tecnica per determinare l’ERP consiste nel prendere in considerazione una
serie temporale di rendimenti (si calcola la media3 di ogni anno) e si valuta di quanto questa è stata
o
differente nei vari anni. Ai fini della stima attraverso l’uso di questo metodo è necessario
Ba i
at
la ti d
considerare una serie storia quanto più lunga possibile in modo da considerare tutti i fenomeni
succedutisi nel tempo, come guerre, epidemie, boom economici e depressioni4. Da un punto di vista
rb
3In merito alla media, vi sono alcuni autori che sostengono l’uso di quelle aritmetiche in quanto meglio si
adattano al criterio media - varianza su cui si basa il CAPM; altri invece sostengono l’utilizzo delle medie
Em A
geometriche in quanto queste tengono conto della capitalizzazione e costituiscono i migliori strumenti di
previsione nel lungo periodo.
4 La serie deve essere lunga e fondata su solide basi.
!63
Media del primo anno
-
=
Figura 4..3.1.1 - Determinazione del premio per il rischio con l’uso di una serie storica.
Questo procedimento viene reiterato fino ad arrivare al termine della serie storica in particolar modo
dal 1928 al 2013 questa media è pari a 6,29% il che vuol dire che le azioni hanno reso di più dei
titoli di stato, in media del 6.29%.
Questo modello è di solito applicato considerando i dati relativi ad un mercato evoluto come quello
americano.
Seconda tecnica - La seconda tecnica che vediamo è quella basata sulla deviazione standard
relativa (suggerita da Damodaran), tale modello rispetto al precedente ci permette di calcolare
l’ERP anche nel caso in cui vi sono paesi con mercato poco efficiente e per i quali non è possibile
rintracciare una serie storica lunga quanto necessario. Per utilizzare questo metodo andiamo a
determinare la deviazione standard, che indicheremo con σ, del generico Paese X per cui vogliamo
calcolare il premio per il rischio:
dove
Ri rappresentano il rendimento del singolo titolo;
Ṝ è la media.
n sono il numero delle osservazioni (si consideri che da un punto di vista statistico se n ≥ 30
possiamo porre al denominatore direttamente n).
Quindi la deviazione standard relativa del paese X sarà data dal rapporto tra la deviazione standard
del parse X e la deviazione standard di un paese con mercato efficiente (per informazioni, numero
di soggetti che vi operano e così via - generalmente si considera quella del mercato americano):
o
Ba i
at
la ti d
rb
Calcolato questo si avrà che il premio per il rischio di mercato per il paese X è pari a:
ue n
Sappiamo che la volatilità del mercato USA (S&P 500) a 10 anni è pari a 20,04% mentre quella del
Brasile è pari a 22,92%. L’ERP degli USA è pari a 6,29%. Calcolare l’ERP del Brasile.
!64
Terza tecnica - La terza metodologia si basa sul Country Default Premium (Spread) il quale può
essere un ottimo strumento non sono per paesi che presentano serie storiche molto brevi o non
hanno mercati efficienti, ma anche per quei paesi di cui non abbiamo minimamente informazioni
infatti con tale tecnica è possibile anche considerare un paese molto simile a quello da analizzare. Il
metodo in questione propone una stima dell’ERP di mercato attraverso la stima del rischio paese il
quale può essere scompattato in due parti, ovvero un premio base (relativo al ERP di un paese il cui
mercato è maturo, ad esempio quello degli USA) e il premio per il rischio paese. Quest’ultimo
viene calcolato attraverso la stima del Country Default Spread la quale a sua volta si basa su un
giudizio di agenzie di rating. Il CDS riflette il rischio di default presente nei titolo di Stato emessi
dal Paese osservato. Una volta stimato il CDS sarà necessario rettificarlo in modo da tener conto
della maggiore volatilità del mercato azionario rispetto a quello obbligazionario nel seguente modo:
dove
PRP è il Premio per il rischio paese;
σMercato X è la volatilità del mercato azionario del paese X;
σObbligazioni X è la volatilità del mercato obbligazionario del paese X.
Per individuare il CDS in base al rating associato al Paese Xconsideriamo la Tabella 4.3.1.1:
o
Ba i
at
la ti d
rb
ue n
A questo punto l’ERP del Paese X, ovvero il rischio paese, è ottenuto dalla somma del premio base
(ERP degli USA) e il PRP calcolato come appena detto:
Em A
!65
Esercizio 10 - Calcolare l’ERP del Brasile usando il CDS
Sapendo che l’ERP degli USA è pari a 6,29%, che la volatilità del mercato azionario del Brasile è
pari a 22,92%, mentre la volatilità del mercato azionario è pari a 12,58% e sapendo che il rating ad
esso associato è Baa2, calcolare l’ERP del Brasile utilizzando i CDS.
Come si diceva questo modello è utile per calcolare l’ERP di paesi di cui non abbiamo alcuna
informazione, infatti se un paese non ha rating posso associarlo ad uno che ha un rischio simile5
(Tabella 4.3.1.2).
o
Ba i
at
la ti d
rb
ue n
an ppu
In generale questo avviene pre i paesi dell’America Latina, dell’Est Europa e del Sud Est asiatico
Em A
nei quali:
ii) Vi è scarsa qualità degli indici azionari di riferimento - Presenza di mercato sottili la cui ridotta
presenza di società quotate rende impossibile una stima adeguata al premio per il rischio;
v) Vi è instabilità politica.
Ora, per determinare l’ERP del Paese X va considerato il valore dell’indice rappresentativo del suo
mercato azionario (ad esempio si potrebbe pensare di prendere il valore dello S&P 500), la stima del
tasso di crescita g e il così detto Dividend Yeld (che va moltiplicato per il valore dell’indice in modo
da ottenere i dividendi D). In questo modo l’incognita di questa relazione diviene i:
A questo punto sappiamo che per il CAPM i2 è pari al prodotto fra β è l’ERP, ma poiché il β di
mercato è pari a uno avremo che l’ERP sarà calcolato come segue:
i2 = Rm - i1 ⇒ i - i1 = Rm - i1
Il pregio/difetto di questo modello fa riferimento al fatto che viene considerato, per la stima,
l’ultimo dato disponibile e non vengono presi in esame dati storici. Tuttavia in periodi espansivi
dell’economia l’ERP viene sovrastimato rispetto al reale valore.
Considerare che il valore dell’indice S&P è pari a 1930, la stima del tasso g è pari negli USA all’8%
e che la stima attesa del Dividend Yeld è pari a 1,94%. Determinare l’ERP degli Stati Uniti con il
o
Ba i
metodo IEP.
at
la ti d
rb
ue n
an ppu
Qualsiasi azienda abbia un rendimento inferiore al 9,94% è un’azienda che sta distruggendo valore.
Em A
!67
Da quello che si può notare i valori dell’Equity Risk Premium dalla Figura 4.3.1.2 sono tutti
abbondantemente positivi il che vuol dire che dal 1900 il rendimento delle azioni è stato in tutti i
Paesi nettamente superiore rispetto ai rendimenti dei titoli di Stato nel lungo periodo.
Premio per il rischio %
8
7,5 7,7
7,1 7,1
6
5,8 6,1
5,7
4,9 5,1 5,2
4 4,3 4,6
2,8
2
0
AN
AN
ER
IA
SA
AL
A
SV
IT
U
SV
IA
FR
ED
TR
U
D
G
M
AU
Figura 4.3.1.2 - ERP medio positivo per tutti i paesi del mondo dal 1900 al 2000.
Vi sono stati anche degli studi da parte della Banca d’Italia (ad opera di Panetta e Violi - 1994) che
hanno evidenziato come fra il 1861 e il 1994 il premio per il rischio di mercato è stato in media pari
al 5,69% che è un valore molto abbondante.
Uno studio del 1985 di Mehra e Prescott ha cercato di giustificare quanto detto. In prima istanza
questi affermano che almeno in via teorica il premio per il rischio di mercato dovrebbe essere
o
Ba i
compreso fra l’1% e l’1,5%; tuttavia da un punto di vista empirico abbiamo visto che questo non è
at
la ti d
affatto vero soprattutto per i paesi con economia avanzata (Equity Risk Premium Puzzle). In realtà
rb
nessuno ha dato una vera e propria risposta a questo “enigma”. C’è da dire che questo fenomeno è
abbastanza diffuso e non ha interessato solo mercati molto avanzati come quello degli USA, ma
ue n
La particolarità di queste considerazioni sta proprio nella sistematicità di questa grandezza (in un
certo senso vi è certezza nel rendimento): se il rendimento delle azioni viaggia sistematicamente al
4% come mai sussiste sempre questa ampia forbice fra rendimenti azionari e rendimenti dei titoli di
Em A
Stato? A questa domanda vi sono state differenti risposte fra le quali dobbiamo anche considerare
!68
quelle che si basano sulla finanza comportamentale (come i comportamenti dell’uomo condizionano
l’economia - Kahneman).
3,75 3,4
2,8 2,7
2,2 2 2
1,5
0,8
0,5
0,2 0 0
-0,75
Figura 4.3.1.3 - Come si nota modificando l’orizzonte temporale si modificano anche i valori dell’ERP quindi quando si
effettuano delle valutazioni bisogna tener conto del periodo di tempo considerato - Fonte Credit Suisse.
Da un punto di vista statistico abbiamo visto che il β è pari alla seguente relazione:
Vediamo ora il significato economico di questo coefficiente attraverso la Teoria della selezione del
Portafoglio con la quale Markowitz cerca di individuare un modo per costruire un portafoglio senza
rischio (Figura 4.3.2.1) misurato dalla varianza (σ2). o
Ba i
at
la ti d
rb
ue n
an ppu
Em A
Figura 4.3.2.1 - Si nota come la varianza della curva A sia maggiore rispetto alla varianza della curva B, infatti i
rendimenti del primo grafico hanno un’oscillazione maggiore e quindi è la rappresentazione di un titolo più rischioso.
!69
Un portafoglio senza rischio è quel portafoglio che ha un numero più elevato di titoli differenti fra
loro ovvero un portafoglio diversificato. Come si nota dalla Figura 4.3.2.1 all’aumentare del
numero delle azioni (ovviamente con andamenti incorrelati fra loro) diminuisce anche il rischio del
portafoglio:
Deviazione
Standard
Rischio
totale Rischio
specifico
Rischio
sistematico
Numero di azioni
Come si nota, se il numero delle azioni tende ad infinito, la curva del rischio non andrà mai a zero
in quando il così detto Rischio sistematico non può essere diversificato e quindi eliminato6 (Sharpe,
Lintner e Mossin). Il coefficiente β è proprio la misura di questo rischio il quale deriva da tutti
quegli accadimenti che colpiscono indistintamente tutte le aziende:
i) Rischio di guerre;
ii) L’inflazione;
iii) Variazione del prezzo del petrolio;
iv) Politica monetaria della FED o della BCE;
v) Crollo di una banca too big to fail ovvero banche a rischio sistemico.
Il principale problema che si pone per la stima dei β storici è la determinazione dell’orizzonte
temporale su cui calcolare i rendimenti e quale sia l’intervallo di osservazione dei rendimenti più
appropriato: giornaliero (250 osservazioni l’anno), settimanale (52 osservazioni l’anno) o mensile
(12 osservazioni l’anno). L’intervallo giornaliero sembrerebbe il più adatto in quanto più alto è il
numero di osservazioni più affidabile è la stima, ma intervallo brevi possono provocare delle
distorsioni come quello relativo alla quotazione asincrona relativo ad imprese di piccole
dimensioni i cui titoli non vengono negoziati costantemente. Come si diceva altro problema
fondamentale è relativo all’orizzonte temporale da considerare: molti sostengono che quello adatto
non debba essere inferiore ai 2 anni ma neanche superiore ai 5 anni in quanto le spesso le aziende si
modificano nel tempo portando anche ad una variazione del loro profilo di rischio. Si guardi la
Tabella 4.3.2.1 per notare la variazione del β a seconda dell’arco temporale considerato (2 anni o 5
o
Ba i
6 A differenza del rischio specifico che è appunto quello diversificabile e che attiene alla singola azienda o
settore.
!70
Osserviamo ora la Figura 4.3.2.2 per capire da un punto di vista grafico cosa rappresenta β:
i
M
rM - i1
βi βM = 1 β
Figura 4.3.2.2 - La Security Market Line rappresenta la relazione fra il β e il tasso di congrua remunerazione, in
particolare se β è pari a zero possiamo assimilare questo ad un titolo di Stato.
Gli elementi che condizionano il β sono differenti, in questa sede facciamo riferimento solo a tre di
questi:
ii) Il grado di leva operativa - Il grado di leva operativa rappresenta l’influenza dei costi fissi
rispetto ai costi totali. In sostanza se l’azienda ha più costi fissi rispetto a quelli variabili potrà
essere considerata più rischiosa in quanto i costi variabili sono quelli che in sostanza variano
rispetto alla produzione9. Il grado di leva operativa è quindi calcolato come rapporto fra costi
fissi e costi totali, minore è questo rapporto meno rischiosa è l’azienda considerata. La
determinazione di questo rapporto non è però semplice da ottenere in quanto il valore dei costi
fissi sono indicati nella contabilità analitica non nota all’esterno dell’impresa, per tale ragione
possiamo approssimare il rapporto detto nel seguente modo: o
Esercizio 12 - Determinazione della leva operativa
Ba i
at
la ti d
rb
Immaginiamo di avere due aziende, la prima con Costi fissi pari a 90.000,00 e Costi variabili
nulli; la seconda con Costi fissi pari a 45.000,00 e Costi variabili pari a 45.000,00. Determinare
ue n
Supponiamo ora che non siano disponibili i dati su costi fissi e costi variabili ma che siano noti
i seguenti dati:
Tempo 0
Tempo 1
Reddito operativo
100% 50%
Variazioni
Ricavi
10% 10%
Leva operativa 10 5
La prima azienda risulta sempre essere il doppio più rischiosa della seconda.
iii) Livello di indebitamento o leva finanziaria - Per comprendere come il grado di indebitamento
influenza la rischiosità consideriamo il seguente esempio.
Immaginiamo di avere uno stato patrimoniale a valori economico rappresentato dalla seguente
tabella (Tabella 4.3.2.2):
Il β associato al valore del capitale economico viene detto β leverad in quanto si considerano
Em A
flussi al netto della gestione finanziaria (infatti l’utile, presente nel valore del capitale
economico, è al netto degli oneri finanziari). Abbiamo poi il β associato al valore degli Assets e
!72
al debito. Da questo abbiamo quindi la seguente relazione il rischio sopportato da azionisti e
creditori rappresenta il rischio operativo dell’azienda.:
dove
il primo rapporto è denominato Gearing Ratio;
t rappresenta l’aliquota d’imposta sugli interessi pagati sui debiti;
A questo punto si ipotizza che il βDebito sia pari a zero in quanto si crede che comunque l’azienda
sia capace di rimborsare i propri debiti e quindi il rischio sia nullo (di fatto il rischio operativo è
di fatto sopportato dagli azionisti, il tasso di interesse pagato ai creditori incorpora il rischio del
finanziamento stesso):
dove
D/W rappresenta il leverage.
Da questo si deduce che il livello di indebitamento incide sulla rischiosità degli assets ovvero
sul βAssets che posso chiamarlo anche con β unleverad. Conoscendo la rischiosità degli assets è
possibile determinare quella del capitale economico nel seguente modo:
Questa relazione, detta formula di Hamada, è molto importante per diverse ragioni che
possiamo sintetizzare come di seguito:
ii) Si consideri che il β di settore (unlevered) è una stima più affidabile dei β calcolati per
ogni azienda, infatti se i β stimati dalle diverse istituzioni (Moody’s, S&P, Financial
Time e così via) dovessero differire fra loro di valori superiori allo 0,2 - 0,3 (differenza
fra valore minimo e valore massimo) è consigliabile considerare il β di settore che
sarebbe quello unleverad (Copeland, Koller, MurrinII);
o
Ba i
at
la ti d
iii) Utilizzando il β di settore è possibile calcolare il livello di rischiosità anche per aziende
non quotate.
rb
ue n
Supponiamo di avere tre società dell’editoria A, B e C per le quali abbiamo i seguenti valori (in
milioni di dollari):
Em A
!73
Debito Capitalizzazione D/W βL
Ipotizziamo che per la società A il βL non può essere utilizzato in quanto la differenza fra quelli
forniti dalle istituzioni è superiore a 0,2 - 0,3. Calcoliamo quindi il β di settore considerando come
più importanti le aziende A, B e C (t = 0,4):
Vediamo ora come determinare il β di una società non quotata, in realtà questo non sarebbe
calcolabile visto che tale coefficiente è calcolato considerando i rendimenti di mercato e i
rendimenti del titolo. Per tale ragione, considerando la formula di Hamada, calcoliamo prima il
valore del leverage calcolato su valori di bilancio e successivamente il βL nel seguente modo:
In linea di massima il β unleverad di settore può essere utilizzato per determinare il β leverad di
società quotate i cui valori forniti dalle istituzioni differisco fra loro di valori superiori a 0,2 - 0,3
oppure per calcolare il β di società non quotate.
Un’alternativa per il calcolo del β in società non quotate è quella di considerare il così detto β
contabile. Nella formula tradizionale il β è calcolato considerando i rendimenti di mercato e i
rendimenti del titolo, ma nel caso di società non quotate questo non è possibile quindi bisogna
trovare una misura contabile che sostituisca questi. In particolar modo si considera il ROE (Hill e
Stone):
o
Ba i
at
la ti d
rb
dove
ue n
ROEM è la media di tutti i ROE delle aziende che operano su un dato mercato.
Blume parla di β prospettico11 ovvero ipotizza che si possa determinare un β per il tempo
successivo a quello presente. Egli va a raggruppare le differenti aziende a seconda della loro
rischiosità (e quindi in relazione ai loro β). La Tabella 4.3.3.1 sintetizza i portafogli utilizzati da
Blume:
Quello che immediatamente salta all’occhio è che con il passare del tempo società con β bassi
vedono un aumento di tale valore e viceversa per imprese con β più elevati per il processo del mean
reverting (si ipotizza infatti che il β di mercato è pari ad uno quindi la rischiosità dei portafogli
converge verso tale valore).
Attraverso questi dati Blume individua una relazione che consente di trarre dal β al tempo corrente
il β futuro (nota che la somma dei parametri è pari ad 1 per il concetto del ritorno verso la media):
Bloomberg utilizza questa procedura apportando una piccola correzione alla relazione appena vista:
Prima critica - Nel 1977 Roll ha messo in dubbio la possibilità di verificare da un punto di vista
an ppu
empirico la validità del modello in quanto il portafoglio di mercato teorizzato dal CAPM non può
Em A
11Fino a questo momento abbiamo detto che il β presenta è una buona approssimazione del β al tempo
successivo.
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essere sintetizzato con l’utilizzo di un singolo indice (proxy)12, ma dovrebbe considerare un
indicatore che riesca a racchiudere tutti i beni: azioni, obbligazioni, immobili, opere d’arte, capitale
umano ed altro ancora. In particolare vi sono stati degli autori (Giaganat e Wang) che hanno
considerato un portafoglio comprensivo del valore del capitale umano ed altri elementi ed hanno
dimostrato che è vero che vi è una sorta di correzione del β. Per capire che tipo di correzione viene
apportava va considerata la relazione lineare che esiste fra β e rendimenti (SML), tuttavia questa
relazione è solo teorica: con uno studio di Fama e French si è dimostrato come da un punto di vista
empirico tale relazione non sussiste. Da questo si deduce quindi che il β calcolato considerando il
solo indice di mercato non cattura tutta la rischiosità, quindi la correzione di cui si parla è proprio
relativa a questa relazione lineare. I due autori in questione mossero quindi, una critica ancor più
pesante al CAMP: nel periodo 1963 - 1990 i test condotti non mostravano alcuna relazione
significativa fra β e rendimento medio e confermavano che la dimensione (size effet) e il rapporto
tra valore contabile e valore di mercato (book to market) erano in grado di spiegare la differenza tra
i rendimenti di diversi titoli meglio del β e che potevano essere misure efficaci del rischio.
Un lavoro effettuato da Bleck, Jensen e Sholes sottolinea che la linea empirica della SML si
avvicina molto a quella teorica se lo studio è fatto su periodi molto lunghi.
Le anomalie qui di seguito non dovrebbero verificarsi nel caso di mercati efficienti
Prima anomalia- Nel 1981 Reinganum e Banz in lavori differneti, parlano di Small size effect
ripreso poi nel modello a tre fattori. Questo effetto può essere sintetizzato dicendo che le aziende a
bassa capitalizzazione rendono in media più delle aziende grandi con una differenza fra le prime e
le seconde pari a circa il 21%.
Seconda anomalia - Nel 1977 Basu dimostra che le aziende con P/E bassi nel tempo hanno dei
rendimenti più alti rispetto a quelle che hanno P/E più elevati. Anche questo studio possiamo
ritrovarlo nel modello di Fama e French anche se in questo caso si considerava il Book Value.
Questa anomalia è definita effetto Value and Growth.
Terza anomalia - Debondt e Thaler analizzano l’andamento delle aziende nei 5 anni precedenti a
quello della valutazione e, in base all’andamento selezionano, 70 titoli dividendoli in 35 “perdenti”
e 35 “vincenti”. Dopo questa divisione i due andarono a valutare l’andamento delle aziende scelte
nei 5 anni successivi notando che i rendimenti delle aziende peggiori erano più alti dei rendimenti
delle aziende migliori. Questo processo viene detto Over Reaction.
Quarta anomalia - Un’altra anomalia è il così detto effetto gennaio secondo cui nei giorni di
gennaio il rendimento medio è superiore rispetto a quello degli altri mesi del 3,4% (Keim). La
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spiegazione che viene data è la seguente: per cercare meno tasse si cerca di vendere più titoli per
Ba i
at
compensare i guadagni, questo comporta una riduzione di prezzo anche se quest’anomalia era
la ti d
presente prima dell’89 in Giappone quando ancora la legge sul capital gain non era prevista.
rb
ue n
Per cercare di dare delle spiegazioni alle diverse anomalie presenti sul mercato è necessario
considerare quella che è definiti finanza comportamentale. Uno dei primi assiomi considerati nella
Em A
12 Questo comporta che il β determinato utilizzando come proxy il solo indice di mercato azionario non
riesce a cogliere il rischio effettivo.
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teoria economica è il fatto che i soggetti che agiscono sono degli uomini economici (Chicago man)
ovvero dei soggetti che riescono ad ottimizzare le scelte e che ha tutte le conoscenze necessari per
far questo. Simon, sociologo - psicologo, mette al centro dei suoi studi l’uomo amministrativo
ossia colui che riesce a fare scelte non ottime ma soddisfacenti in base alle informazioni e
conoscenze che ha. Questo ha permesso di introdurre nel fenomeno delle scelte la psicologia e
quindi l’irrazionalità; sulla base di questi assunti nasce un filone di ricerca i cui fautori sono
Keneman e Tversky i quali cominciano a fare studi sul comportamento dei soggetti in situazioni di
rischio13. A questo punto consideriamo il valore atteso di una scommessa ottenuto come segue:
EV = p*v1 + (1-p)v2
Attraverso differenti analisi fatte su soggetti di differenti estrazioni e con differenti propensioni al
rischio e si nota che esiste una sorta di legge così sintetizzabile: un euro di perdita procura un danno
che è due volte è mezzo il guadagno. Vi è quindi una discrepanza fra guadagni e perdite il che si
può mostrare con la Figura 4.3.5:
}
-x
x
2,5x
Tale teoria prende il nome di Teoria del prospetto e dà il via allo studio di teorie sul
comportamento dei soggetti.
Altri studi hanno messo in evidenza quella che viene definita Avversione miope alle perdite
(Bernatzi e Thailer): presi due gruppi, A e B, di cui il primo conosce il suo investimento ed in
particolare conosce il rendimento di queste per ogni anno; il secondo gruppo conosce invece il
rendimento cumulato per periodi di tempo superiori all’anno (5, 10 e 20 anni). Si nota come il
o
primo gruppo sia meno propenso a scegliere di investire in azioni in quanto più volatili nel breve
Ba i
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la ti d
periodo (1 anno) mentre i secondi erano più confidenti nell’investimento in azioni in quanto
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particolare al così detto ERP Puzzle la cui risposta sta proprio nelle due teorie appena viste. Altri
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studi fanno riferimento all’effetto ancora, di mental accountig,effetto lemming o effetto gregge e
Em A
13Molto spesso si tende a sovrapporre il rischio con l’incertezza, tuttavia il rischio è qualcosa che posso
determinare con procedimenti di natura probabilistica mentre l’incertezza è invece qualcosa che sfugge da un
punto di vista probabilistico quindi non è determinabile (Knight)
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così via. In merito a quest’ultimo aspetto va considerato che il lamina premium puzzle è dovuto alle
due teorie appena viste. Fama afferma che:
“ La letteratura di finanza recente sembra produrre molte anomalie dei rendimenti di lungo
periodo. Dopo un’attenta valutazione, tuttavia, l’evidenza non sembra suggerire che l’ipotesi di
efficienza debba essere abbandonata. Con l’ipotesi di efficienza del mercato ovvero con le anomalie
che sono risultate casuali, l’apparenta reaction dei prezzi dei titoli all’informazioni è comune
quanto l’under reaction. La continuazione post - evento dei rendimenti anormali pre - evento è
frequente come un cambiamento post- evento. Le anomalie dei rendimenti di lungo periodo sono
fragili e tendono a comparire come eventi ragionevoli nei modi in cui vengono misurate.”
In altre parole egli sostiene che i risultati che confermano o meno determinate anomalie sono frutto
del così detto datamining overo l’individuazione di dati che confermano la propria teoria.
“Ho personalmente cercato di investire i miei soldi e dei miei clienti su qualsiasi tipo di anomalia
che gli accademici sono stati capaci di pensare. Ho tentato di sfruttare le così dette anomalie di fine
anno e strategie apparentemente ben documentate dai ricercatori accademici. A tutt’oggi debbo
riuscire a guadagnare anche un solo centesimo da queste presunte inefficienze dei mercati. La
psicologia gioca un ruolo determinate ma debbo continuare tornare sul mio punto di partenza, ogni
vera inefficienza di mercato dovrebbe fornire una possibilità di sfruttamento. Se non esiste nulla
che gli investitori possano sfruttare in modo sistematico nel tempo, è veramente difficile sostenere
che i prezzi dei titoli non rispecchino adeguatamente qualsiasi tipo di informazione disponibile. Le
strategie di investimento applicate con soldi reali non producono risultati che gli accademici
sostengono.”
Il modello a tre fattori va ad integrare il CAPM utilizzato per calcolare il tasso di congrua
remunerazione, in quanto i due autori sostengono che il β non riesca a sintetizzare tutto il rischio.
Gli elementi che vengono integrati sono i seguenti:
i) L’elemento dimensione - Le azione piccole, in media hanno rendimenti superiori alle aziende
grandi in quanto le prime sono più rischiose delle seconde (Basu). Fama e French costruiscono
un portafoglio costituito per il 30% dalle aziende piccole, il 40% dalle medie e il 30% dalle
gradi14, in questo modo gli è possibile valutare quanto hanno reso le imprese piccole rispetto a
o
quelle grandi. Il Small Minus Big (SMB)15 è ottenuto come differenza fra i rendimenti di un
Ba i
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ii) L’elemento distress - Per la valutazione di questo elemento si utilizza un approccio del tutto
simile a quello precedente ma le aziende vengono discriminate in relazione al Book to Market
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Value (il reciproco del P/BV). Il High Minus Low (HML)16 è ottenuto come differenza fra i
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