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Vincenzo Caporaletti, Luca Ruggero Jacovella

La teoria delle musiche audiotattili e il diritto d’autore.


Una revisione paradigmatica

Abstract: Nuovi paradigmi nella ricerca riformulano le prospettive con cui inter-
pretare la realtà, compreso il diritto d’autore. La Teoria della Formatività audio-
tattile (o Teoria delle Musiche Audiotattili), recentemente elaborata da Vincen-
zo Caporaletti, mette in discussione concetti cardinali quali opera dell’ingegno,
compositore, interprete, composizione, esecuzione, introducendo nuovi concetti
come il principio audiotattile, la codifica neo-auratica, l’estemporizzazione, ed al-
tri. Queste innovative nozioni illuminano inediti modi di intendere la funzione
creativa che si esplica nell’opera da tutelare attraverso il diritto d’autore, in spe-
cie attraverso pratiche in tempo reale, imponendo un mutamento di paradigma
all’interno delle concezioni basilari del diritto delle arti e dello spettacolo.
Keywords: musiche audiotattili – improvvisazione – estemporizzazione – diritto
d’autore – diritti connessi artisti interpreti.

1. Introduzione

Il diritto, non diversamente da altre istanze culturali, è naturalmente suscet-


tibile di evoluzione normativa in sincrono con i processi trasformativi socio-
antropologici e con i mutati paradigmi epistemologici di riferimento. Non
si esime da questa dinamica, quindi, anche l’insieme delle norme afferenti
al diritto delle arti e dello spettacolo1 , sia in una prospettiva diacronica (dai
primi “privilegi” ai vari statuti, trattati, convenzioni e leggi) sia sincronica,
legata ai rapidi e interconnessi mutamenti della tecnologia e della produ-
zione/diffusione mercantile intervenuti nella società della IV Rivoluzione
Industriale. Ne danno prova, nella fattispecie, le diverse direttive dell’Unio-
ne Europea2 , nel tentativo anche di armonizzare una materia così complessa
ed intricata. La stessa legge italiana sul diritto d’autore3 , di fatto, è stata fatta
oggetto negli anni di un cospicuo numero di provvedimenti modificativi.

1. Per una ricognizione sulle fonti, cfr. F. Dell’Aversana (a cura di), Manuale di diritto delle arti
e dello spettacolo, PM edizioni, Varazze, 2016.
2. La più recente è la Direttiva 2014/26/UE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 26
febbraio 2014, sulla gestione collettiva dei diritti d’autore e dei diritti connessi e sulla concessione
di licenze multiterritoriali per i diritti su opere musicali per l’uso online nel mercato interno (la
cosiddetta “Direttiva Barnier”), recepita dal Decreto Legislativo 15 marzo 2017 n. 35, entrato in
vigore l’11 aprile 2017. Di grande rilievo è l’apertura del mercato a nuovi Organismi di Gestione
Collettiva (OGC) prevista dall’Art. 4 al c. 2.
3. Legge del 22 aprile 1941 n. 633, pubblicata sulla G.U. n. 166 del 16 luglio 1941.

rivista di diritto delle arti e dello spettacolo / fascicolo 2, dicembre 2017


rivista di diritto delle arti e dello spettacolo

Il dibattito culturale e le conseguenti attività d’implementazione e inno-


vazione normativa hanno riguardato aspetti quali la durata della protezione
delle opere, l’abrogazione del diritto demaniale, la regolamentazione del
noleggio e prestito dei supporti fisici e il contrasto alla pirateria4 . Più recen-
temente, invece, hanno investito, sulla base delle innovazioni tecnologiche,
lo stesso ambito di modalità di produzione e fruizione di opere, nelle quali
è ormai andato scomparendo il tradizionale corpus mechanicum5 , originan-
do la nozione di “musica liquida”, diffusa nella rete internettiana (con i
conseguenti fenomeni endemici del downloading e dello streaming)6 . Paralle-
lamente a questo sommovimento epocale, sono state normate le tipologie di
licenze all’interno del mercato europeo ed il ruolo delle società di collecting7 .
A ben vedere, però, tutta questa cospicua e capillare attività normativa
(in questa sede forzatamente accennata) non si è giovata, se non in manie-
ra estrinseca, degli apporti dei più recenti contributi musicologici, in specie
concernenti la profonda revisione dei processi formativi e ricettivi interve-
nuti nella fonosfera musicale del secolo XX. Più specificamente, la giuri-
sprudenza ha dato per universalmente e stabilmente acquisito il concetto di
“opera” quale tramandato dalla tradizione culturale occidentale, così come,
allo stesso modo, il ruolo e la figura dell’autore, ben distinto, da una parte,
da quello dell’interprete esecutore8 , e, dall’altra, da quello dell’utilizzatore.
In questo senso, gli indirizzi giurisprudenziali si sono orientati su assunti
culturali maturati nella prospettiva storico-estetica della Modernità9 e rela-
tivi all’ottica positivistica dell’ideale di fedeltà al dettato dell’opera (Werk-
treue)10 , su cui i legislatori hanno costruito l’impalcatura del diritto d’autore

4. Per un elenco sulle Direttive Europee in via di aggiornamento: goo.gl/yU7mGK


5. Il giurista Ferdinando Tozzi ha introdotto, al riguardo, il termine corpus digitalis: in «Tech-
economy.it», articolo del 16 ottobre 2014.
6. Lo sviluppo e l’uso sempre più diffuso della rete internettiana ha determinato mutamenti nella
fruizione delle opere dell’ingegno, in un vero e proprio cambio di paradigma: si è progressivamen-
te passati dal possesso all’accesso dell’opera. Ciò vale anche per altri settori, coinvolti dalla nuo-
va “sharing economy”. Per un approfondimento: B. Zambardino, Dal possesso all’accesso: l’industria
audiovisiva ai tempi dello streaming, Edizioni Fondazione Ente dello Spettacolo, Roma, 2015.
7. Cfr. nota 2.
8. La figura dell’interprete-esecutore quale titolare di diritti connessi appare solo nella L.
633/1941, in quanto originatasi con le nuove esigenze poste dallo sviluppo dell’industria
discografica, cinematografica e della radiodiffusione.
9. «[...] il diritto d’autore, configurato nella sua forma attuale, trova origine nel tardo Ottocento,
allorquando venne sottoscritta la Convenzione di Berna per la protezione delle opere letterarie
e artistiche. Essa è stata frutto di un’elaborazione concettuale e giuridica maturata nel periodo
romantico, momento fertile per il pensiero, contrassegnato da personaggi come Beethoven, Baude-
laire o Turner.» Cfr. F. Macaluso, E Mozart finì in una fossa comune. Vizi e virtù del copyright, Egea,
Milano, 2013, p. 17.
10. «The ideal of Werktreue emerged to capture the new relation between work and performance
as well as that between performer and composer.» (L. Goehr, The Imaginary Museum of Musical
Works, Oxford University Press, Oxford-New York, 2007, p. 231).

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la teoria delle musiche audiotattili e il diritto d’autore

tuttora vigente11 , andando a modificare di volta in volta solo quei punti


che concernevano aspetti non strutturali, ma di tipo materiale, patrimoniale,
giuridico o economico.
L’evoluzione del pensiero e della ricerca scientifica ha, però, consegui-
to notevoli esiti anche nel campo degli studi musicologici, offrendoci nuovi
modelli teorici – come la Teoria delle Musiche Audiotattili formulata da Vincen-
zo Caporaletti12 – che proiettano nuova luce su tematiche rimaste a lungo
ancorate a concezioni che oggi ci appaiono obsolete e parziali. In questo con-
tributo si porranno a confronto gli esiti di questi nuovi strumenti d’indagine
con alcuni aspetti della dottrina giuridica specifica, verificando come espres-
sioni polarizzanti quali “opera”, “autore” e “interprete esecutore” non rive-
stano significati univoci, e come, inoltre, ci siano figure, processi e prodotti
che richiedono un mutamento di paradigma al fine di un riconoscimento
giuridico.

2. Alcuni riferimenti della Teoria delle Musiche Audiotattili (TMA)

Non è certo agevole riassumere un corpus teorico imponente come quello


della Teoria delle Musiche Audiotattili elaborata da Vincenzo Caporaletti, disse-
minata in decine di volumi e centinaia di articoli. Tenteremo in questa sede
di evidenziarne i concetti fondamentali, funzionali alla nostra discussione
sul diritto d’autore. Innanzitutto identifichiamone il gradiente d’innovazio-
ne. Una delle finalità di questo impianto teorico è di fornire una formalizza-
zione onnicomprensiva delle esperienze e sistemi musicali mondiali, negli
assi diacronico e sincronico, a fronte dell’innovativo panorama musicale del
secolo XX e agli svolgimenti contemporanei, connotati da vero shift antro-
pologico rispetto ad una relativa stazionarietà culturale “eurocentrica” dei
secoli immediatamente precedenti.
L’innovazione profonda rispetto alle tradizionali modalità di categoriz-
zazione di linguaggi e generi musicali nasce dalla insoddisfazione rispetto
ai criteri estetici, antropologici e sociologici che hanno tradizionalmente in-
formato queste tassonomie. Tali modalità di classificazione (e di connessa
discriminazione assiologica) delle musiche, basate essenzialmente sugli as-
si oppositivi colto/popolare, processo/prodotto, notazione/oralità, compo-
sizione/performance; ricerca d’arte/evasione; musica istituzionale/musica
11. Il riferimento risale al 1941, anno di emanazione della LDA n. 633, in un periodo nel quale,
vale forse ricordarlo, in Italia erano state appena promulgate le leggi razziali, vigeva la monarchia,
operava il Ministero per la Cultura Popolare (MinCulPop) e le donne non avevano ancora diritto
di voto.
12. Sulla Teoria delle Musiche Audiotattili, cfr. almeno V. Caporaletti, I processi improvvisativi
nella musica. Un approccio globale, LIM, Lucca, 2005; Id., Swing e Groove. Sui fondamenti estetici delle
musiche audiotattili, LIM, Lucca, 2014; Id., Epistemologia dell’audiotattile (in corso di pubblicazione).

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antagonista, musica seria/musica leggera, ernste Musik e Unterhaltungsmusik


(E– und U-Musik13 ), ecc.), sono state alla base di notevoli fraintendimenti e
incomprensioni, se non di imponenti travisamenti oggettivi.
Si pensi alla scomunica del jazz da parte di Th.W. Adorno14 , o alle resi-
stenze (diffidenze in molti casi ben evidenti sul piano personale) che ancora
oggi nei Conservatori italiani incontra l’introduzione ordinamentale della
pedagogia e didattica del jazz o del pop. Per non dire dell’oggettiva differen-
ziazione istituzionale tra le diverse pratiche musicali, una discrasia recepita
in sede di ripartizione tra opere colte e musica leggera15 .
Si pensi, inoltre, alle diatribe, incomprensioni, persino ostilità, esisten-
ti tra i diversi mondi e rappresentanti dei vari linguaggi e generi musica-
li, proprio perché ognuno si ritiene latore di una primazia etica, culturale,
estetica, o puramente economica (si consideri la grande cultura ed eredi-
tà storica della musica d’arte europea, e la sua teoria e filosofia; l’avocarsi
di un organicismo e vitalismo creativo/improvvisativo da parte dei jazzi-
sti; l’impressionante seguito di pubblico e dei media di informazione per il
pop, e le forze economiche su cui può contare; i valori di autenticità e la
“genuinità” – seguendo Edward Sapir – inerenti alle tradizioni musicali po-
polari ed etniche, tanto per citare alcuni esempi). Sono prospettive differenti
e incommensurabili, non riducibili ad una logica comune: questo favorisce
l’arroccamento di ciascuno nelle proprie posizioni e il disconoscimento o la
semplice negazione dell’alterità.
Il problema cruciale che doveva fronteggiare la Teoria delle Musiche Au-
diotattili, al momento della sua concezione, era di riformulare il paradigma
tassonomico musicologico ai fini di una ricostituzione del campo epistemo-
logico, in cui potesse trovare collocazione sistemica la panoplia di esperien-
ze musicali della cultura globalizzata: la tradizione d’arte occidentale fino
alle propaggini contemporanee di ricerca, i linguaggi del jazz, del pop, del
rock, le musiche di tradizione orale come configuratesi nel loro svolgimen-
to storico sino al Novecento, le musiche world sviluppate dal sincretismo

13. E- und U-Musik (rispettivamente musica “seria” e musica di “intrattenimento”) sono espres-
sioni tuttora adottate anche dalla società di collecting tedesca, la GEMA. Sono categorie che indi-
viduano conseguenti diverse modalità di ripartizione dei diritti, privilegiando la prima con fattori
moltiplicativi. La legge sul diritto d’autore in Germania riconosceva la musica di valore artistico
come un repertorio da sostenere e incentivare attraverso specifici strumenti di ripartizione dei
diritti (kulturellbedeutenden Werken und Leistungen - §7 UrhWG, in vigore dal 1965 al 2016).
14. Cfr. almeno C. Béthune, Adorno et le jazz, Klincksieck, Paris, 2003.
15. In maniera analoga a quanto avviene in Germania (cfr. nota 13), l’italiana SIAE riconosce da
molti anni una provvidenza sotto forma di maggiorazione economica in favore degli autori e degli
editori per le esecuzioni di musica “seria”/classica. L’entità della maggiorazione varia di anno in
anno. Si soprassiede in questa sede sul carattere derogatorio dell’attributo “leggera”, rimandando
al decostruzionismo di Derrida o alle analisi di Foucault il compito di illustrare le dinamiche
ideologiche e di potere insite nelle attribuzioni discorsive.

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la teoria delle musiche audiotattili e il diritto d’autore

di pratiche tradizionali con le forme e concetti contemporanei della musica


occidentale, ed altre ancora. La chiave di volta, sfuggendo agli essenzialismi
connessi con le opposizioni concettuali cui ci riferivamo, doveva consistere
nel riferirsi ad un sostrato comune a tutte queste espressioni, certamente an-
tropologicamente irriducibili, per identificarne un proprium inerente da loro
condiviso. Questo sostrato, la TMA l’ha individuato nella cognitività umana,
nei modi in cui la cognizione, la percezione, la volizione, i sistemi di rappre-
sentazione e conoscenza della realtà individuavano forme, comportamenti,
concetti, repertori, oggetti e pratiche musicali.
Da questa fondamentale acquisizione, in linea con le facoltà di world ma-
king proposte dagli indirizzi più recenti delle scienze cognitive16 , Caporaletti
ha individuato due modalità primarie di inerenza all’ambiente, di enattiva-
zione cognitiva: la cognitività e pragmatica audiotattile17 e la matrice visiva18 .
La prima, emblematizzata nel principio audiotattile, promuove un modello di
cognitività plasmato sulle peculiarità dell’interazione somato-psichica con
il contesto, promuovendo i valori che si originano dal linguaggio corporeo,
come l’energia psico-motoria, la intuizione, la empatia. Questi riferimenti,
che in un più ampio contesto di riflessione filosofica traggono linfa vitale
da una tradizione di pensiero che ha in Giambattista Vico uno dei capi-
saldi, nel conferire valore di verità all’azione, al fare, secondo il principio
del verum ipsum factum19 , piuttosto che all’astrazione teoretica, sono i car-
dini per una serie di esiti formali altamente pertinenti nelle musiche come
il jazz o il rock. Tra questi, lo swing, il groove, il drive, l’attitudine propul-
siva/depulsiva, la continuous pulse, ecc.20 , fenomeni che – come vedremo
– si pongono come altrettanti aspetti problematici da integrare in una più

16. Per un’interessante dissertazione sul rapporto mente/mondo cfr. F.J. Varela – E. Thompson
– E. Rosch, The Embodied Mind. Cognitive Science and Human Experience, MIT Press, Cambridge,
1993. Vedi anche D.D. Hutto – E. Myin, Radicalizing Enactivism. Basic Minds without Content, MIT
Press, Cambridge, 2013.
17. Il neologismo audiotattile, coniato da Vincenzo Caporaletti (univerbizzando audio-tattile),
al di là della specifica valenza scientifico-filosofica, è oggi operativamente adottato nella nomen-
clatura ordinamentale delle discipline ad indirizzo jazz nei Conservatori italiani. La dicitura delle
classi di studio è “Discipline interpretative del jazz, delle musiche improvvisate e audiotattili”;
all’interno di questa Area, tra i Settori Artistico-Disciplinari, vi è la “Storia del jazz, delle musiche
improvvisate e audiotattili” (CODM/06). L’area disciplinare e il settore disciplinare così denomina-
ti sono stati introdotti a seguito del recepimento degli esiti della Teoria delle Musiche Audiotattili
da parte del Ministero dell’Istruzione, Università e Ricerca (MIUR), con emanazione del Decreto
Ministeriale 22/01/2008 n. 483 e dei DD. MM. 3/07/2009 n. 90 e 30/09/2009 n. 124 (e successivi), a
seguito della delibera del CNAM (Consiglio Nazionale per l’Alta Formazione Artistica e Musicale)
del 20/12/2007, prot. 9685. In questo senso il termine (e concetto) audiotattile è stato ufficialmente
assunto come riferimento istituzionale per i linguaggi del jazz, del pop e della world music.
18. Cfr. V. Caporaletti, I processi improvvisativi nella musica, op. cit.
19. Cfr. V. Caporaletti, Epistemologia dell’audiotattile, op. cit.
20. Cfr. V. Caporaletti, Swing e groove, op. cit.

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complessa e comprensiva visione del diritto d’autore.


La matrice visiva, invece, è intesa presiedere ad una forma di cognitivi-
tà che si basa sull’implementazione di schemi tributari di sistemi di regole
teoriche, di natura intrinsecamente exosomatica, di tipo astrattivo, lineare,
basate sulla riduzione elementale e discretizzazione quantitativa della real-
tà e su sistematiche combinatorie di tipo sintattico. Proprio come accade
nel sistema notazionale e nella teoria musicale che vi afferisce. Anche que-
sta matrice visiva dà origine ad una serie di modi di pensare e formare la
musica, e a connessi valori, di tipo completamente idiosincratico e confor-
mati sui presupposti fenomenologici e sulla logica cognitiva che la caratte-
rizzano. Queste due forme simboliche, il PAT (Principio Audiotattile) e la
Matrice Visiva, intese come metafore attive in un orizzonte costruttivista
mediologico – in cui la logica interna delle istanze di mediazione cultura-
le, il programma operativo attraverso cui le varie culture veicolano i propri
contenuti influenzano e plasmano i contenuti stessi – sono state viste per-
meare, nell’ottica della TMA, rispettivamente, le tradizioni orali e la musica
classica-romantica-modernista fino a metà Novecento.
Un primo vantaggio epistemico che questa prospettiva cognitivista ci pro-
pone – ma ve ne sono molti altri non trattabili in questa sede – è che l’op-
posizione scrittura/oralità perde il proprio senso se solo si considera che
soltanto la notazione occidentale dispone della matrice visiva (diversamen-
te, ad esempio, dalla notazione cinese per la cetra ch’in21 o dalla notazione
della musica carnatica dell’India meridionale, o, anche, per citare un caso
universalmente noto, dalla redazione di partiture jazz e rock o pop).
Un altro vantaggio è che l’opposizione fenomenologica e valoriale tra col-
to e popolare, basata essenzialmente sulla peculiarità scritturale del “colto”
(nella locuzione “musica colta” si sottintende che in primis per “colto” si
intende chi conosce il codice della notazione, e questo discorso coinvolge
le agenzie pedagogico-didattiche, e il sistema dell’istruzione formalizzata)
è vanificata dalla nozione di principio audiotattile. Infatti, questo dispositivo
noetico designa un’interfaccia cognitiva e formativa ad un tempo, scavando
all’interno e raffinando la generica (e «confusa», dice Jean Molino22 ) nozio-
ne di “oralità” inerente al “popolare”. Il risultato è che il PAT, dispositivo
cognitivo-formativo par excellence delle tradizioni orali, può processare, inve-
stire della propria energia formativa, anche la musica scritta, quindi “colta”,
con tutte le conseguenze di ordine estetico che si possono immaginare.
Ma vi è un ulteriore importante concetto nella TMA, cruciale per l’oppo-

21. Cfr. V. Caporaletti, Razionalità dell’improvvisazione | Improvvisazione della razionalità, in «Itinera.


Rivista di filosofia e di Teoria delle arti e della letteratura», n. 10, 2015, pp. 189-215 (p. 200).
22. Cfr. J. Molino, Cos’è l’oralità musicale, in Enciclopedia della Musica, a cura di J.-J. Nattiez,
Einaudi, Torino, 2001, 2005, vol. V, pp. 367-413: «[...] l’oralità è una nozione confusa» (p. 368).

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sizione tra prodotto e processo (connesso alla distinzione colto/popolare):


coppia dialettica che si può leggere anche come opposizione tra composizio-
ne ed esecuzione. La nostra cultura occidentale, come ha mostrato in manie-
ra illuminante Jean Molino, è basata sull’ontologia oggettuale23 : ciò che con-
ta è il dato oggettivo, materiale, che può essere a sua volta commercializzato
e tutelato da un diritto proprietario. Questo prodotto, a sua volta, presuppone
il titolare dell’opera dell’ingegno, che assume un’identità artistica, la quale
a sua volta induce a perseguire sempre nuovi raggiungimenti all’insegna
dell’originalità (quid novi), crisma della peculiarità creativa su cui si fonda il
diritto proprietario dell’opera24 . In capo all’autore sono perciò riconosciuti
diversi diritti, assoluti e attribuiti in via originaria, che lo tutelano riguardo
alla propria personalità di autore, chiamati “diritti morali”, e riguardo all’u-
tilizzo economico dell’opera creata, detti “diritti di utilizzazione economica”
(o “patrimoniali”)25 .
D’altro lato, troviamo il processo, che è invece evanescente, non si cristalliz-
za, non dà luogo a un testo materiale. Il canto o la danza nelle culture tradi-
zionali orali si volatilizza nel momento della propria esecuzione: per questo
nessuno è proprietario di pratiche e testi della cultura tradizionale, essendo
invece ciascun attore un culture bearer26 , trasportando un fardello che si ri-
ceve dalla tradizione e che, a suo tempo, si dovrà affidare agli eredi. Infatti,
non sono noti i nomi degli autori, poniamo, del saltarello abruzzese tradizio-
nale o dei canti à vatoccu, o delle nodas della tradizione sarda delle launeddas:
non vi è autorialità in senso stretto in questi domini antropologici27 .
A scombinare questo assetto atavico è però intervenuto uno shift antro-
pologico alla fine del secolo XIX: diciamo, in concomitanza con l’apparire

23. J. Molino, Expérience et connaissance de la musique à l’âge des neurosciences, in E. Darbellay (a


cura di), Le temps et la forme, DROZ, Genève, 1998, pp. 253-277.
24. «La norma offre tutela alle opere dell’ingegno umano, a condizione che sia presente il ca-
rattere della “creatività”, vale a dire un apporto personale dell’autore che – per quanto piccolo
– consenta all’opera di presentare un quid novi rispetto alle opere preesistenti.» Cfr. A. Sirotti
Gaudenzi, Il Nuovo Diritto d’Autore, Maggioli Editore, Rimini, 2016, p. 46).
25. Questi diritti sorgono a favore dell’autore con la creazione dell’opera: l’art. 2576 del codice
civile e l’art. 6 della legge sul diritto d’autore dispongono che il titolo originario dell’acquisto del
diritto d’autore è costituito dalla «creazione dell’opera, quale particolare espressione del lavoro in-
tellettuale». Di grande importanza il fatto che per accedere alla tutela di legge (in senso generico)
non sia necessaria alcuna formalità, quale ad esempio il deposito dell’opera presso un archivio o
presso una società di collecting. L’art. 8 della legge sul diritto d’autore afferma, inoltre: «È reputato
autore dell’opera, salvo prova contraria, chi è in essa indicato come tale nelle forme d’uso, ovvero,
è annunciato come tale nella recitazione, esecuzione, rappresentazione o radio-diffusione dell’o-
pera stessa.» Vedremo in seguito come tale principio possa entrare in relazione con le creazioni
estemporanee e con le improvvisazioni, altro argomento capitale per le musiche audiotattili.
26. Nell’antropologia culturale è inteso come il latore di una data cultura.
27. V. Caporaletti, Musica audiotattile e musica di tradizione orale, in «Musica Theorica Spectrum»,
n. 7, gennaio 2004, pp. 2-19.

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del genere musicale ragtime. Si scoprì che il suono poteva essere tecnologi-
camente fissato con la registrazione fonografica, ossia che la performance, il
processo, potesse diventare prodotto. Questo fenomeno fonografico ha ge-
nerato, come di regola per i media attraverso cui la cultura è prodotta e
comunicata, dei nuovi modi di intendere e conoscere la realtà musicale. In
queste mutate condizioni, il processo, realizzabile attraverso la logica pro-
pria del PAT, può divenire prodotto (importa relativamente se fissato su
supporto fonografico analogico o digitalizzato su file). Ed ecco che si genera-
no quei valori28 connessi alla attività creativa, in un processo cognitivo che
Caporaletti denomina codifica neo-auratica (CNA)29 , che inducono l’identità
artistica, la ricerca del nuovo, la ricezione da parte del pubblico in termi-
ni estetici e non più meramente funzionali e d’uso, l’autonomia estetica (in
pratiche che altrimenti sarebbero considerate “popolari”: e questo configura
oggi un nodo problematico per alcuni etnomusicologi, a fronte di fenomeni
come il jazz o il pop o la world music30 , o rispetto alla formulazione “musi-
che popolari contemporanee”)31 . Questi valori della CNA si implementano

28. È questo uno degli indici distintivi dell’approccio della TMA rispetto ai popular music studies:
questi ultimi considerano la fonografia, ma non operano il processo euristico che trae dal medium
il messaggio, dalla tecnologia il corrispettivo indotto cognitivistico. La codifica neo-auratica è,
infatti, l’insieme dei criteri cognitivi e valori estetici generati dalla tecnologia della fonografia.
29. Cfr. V. Caporaletti, I processi improvvisativi nella musica, op. cit., p. 121 ss.
30. Su questo punto vedi V. Caporaletti – L. Cugny – B. Givan, Improvisation, culture,
audiotactilité, Outre Mesure, Paris, 2016, p. 60.
31. Per quanto attiene alla formulazione “musica popolare contemporanea”, ripetutamente e si-
stematicamente adottata nel cosiddetto “Codice dello Spettacolo” (Legge 22 novembre 2017 n. 175,
Disposizioni in materia di spettacolo e deleghe al Governo per il riordino della materia (17G00189), pubbli-
cata sulla G.U. Serie Generale n. 289 del 12 dicembre 2017)), la locuzione in questione, da tempo
ritenuta antiscientifica, è stata criticata a varie riprese e in differenti contesti da Vincenzo Capo-
raletti e Luca Ruggero Jacovella, anche con l’invio il 21 settembre 2017 ai relatori e agli estensori
del disegno di legge un dettagliato contributo musicologico a firma di Caporaletti con il supporto
delle Associazioni SOS Musicisti e SIEDAS. In estrema sintesi, l’aggettivo “popolare”, che nella
tradizione italiana di studi etnomusicologici è identificativo di pratiche musicali orali delle cultu-
re tradizionali, folkloriche, non va confuso con la traduzione letterale dall’inglese “popular” (cfr.
l’ampia letteratura sui “popular studies”). Quest’ultima denominazione designa una fenomenolo-
gia creativa, invece, inserita a pieno titolo nei processi produttivi economico/industriali e partecipe
delle dinamiche creativo/autoriali della cultura di massa, di cui l’abbreviazione “pop” ne indica
una specificità. Trattandosi di incentivi economici pubblici da destinare ad un settore musicale,
si auspicherebbe maggiore acribia e rigorosità nel trattamento tassonomico della materia, se non
altro, per individuare correttamente i destinatari dei finanziamenti. L’attività di sensibilizzazione
sopra descritta ha comunque determinato un positivo “Ordine del Giorno” che impegna il Gover-
no, allegato alla legge: «La Camera, premesso che l’articolo 1, comma 2 affida alla Repubblica la
promozione e il sostegno dello spettacolo, e tra le attività da sostenere, alla lettera c), sono indicate
le attività musicali popolari contemporanee; tra le attività musicali popolari contemporanee è op-
portuno riconoscere la funzione dell’attività musicale popolare e amatoriale, impegna il Governo
a valutare l’opportunità nei provvedimenti previsti in deroga di specificare meglio il campo di
azione della definizione musica popolare contemporanea anche con l’aiuto di specialisti del setto-
re e musicologi comprendendo tanto le tradizionali opere popolari (le tradizioni orali, regionali,

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in un universo indotto non più (soltanto) dalla matrice visiva, inerente alla
notazione, ma mediato dalla fisicità, induttrice di conoscenza, del principio
audiotattile (che prima della tecnologia di fissazione del suono ineriva solo
alle culture orali). Tale è la logica formativa delle musiche come il jazz o il
rock, e nella formula PAT+CNA consiste la loro genetica fenomenologica.
In questo senso, la nozione di PAT riformula anche la distinzione tra
allografico e autografico che il filosofo Nelson Goodman32 riferisce rispettiva-
mente alla musica e alle arti visive. In quest’ultime, dice Goodman, conta
l’azione della mano, il gesto pittorico autografico di chi crea: se qualcuno
copia la “Monna Lisa” di Leonardo produce un falso poiché si attribuisce
la storia di produzione di questa opera, sostituendosi fraudolentemente a
Leonardo e alle condizioni in cui il dipinto fu prodotto. La musica, inve-
ce, sempre secondo Goodman, sarebbe allografica, poiché nella partitura
di Beethoven non conta la “mano”, il gesto e la fisicità del compositore, la
proiezione della sua formatività corporea, ma un distillato del suo pensiero
compositivo che si organizza nella notazione. Se qualcuno copia la V Sinfonia
di Beethoven non produce, quindi, un falso, ma una semplice e autorizzata
copia, in quanto il “messaggio” estetico non inerisce – direbbe il linguista
Louis Hjelmslev33 – alla materia dell’espressione di una partitura.
Ma Caporaletti ha individuato un falso nell’opera omnia discografica di
Charlie Parker34 . Ciò dimostra che le musiche audiotattili sono autografi-
che: in esse la fisicità della voce, del gesto, e del suono, dei modi di formare
la materia sonora, hanno una pertinenza – in determinati livelli formali mi-
crostrutturali – che non è rintracciabile nelle opere in cui agisce la matrice
visiva. Non si coglie il filologico proprium estetico35 della V Sinfonia di Bee-
thoven concentrandosi sulle gradazioni del livello energetico psicomotorio
della pulsazione, come invece è dovuto a fronte della scansione pulsiva di
un Elvin Jones in Impressions36 di John Coltrane. Questa è un’osservazione
molto importante per il prosieguo del nostro ragionamento, ai fini della co-
stituzione dell’immagine dell’opera e, di conseguenza, di ciò che è tutelabile
nel quadro del diritto d’autore.

del folklore) che la musica pop, rock, la canzone d’autore, le musiche audiotattili e tutti gli ambiti
creativi che non rientrano nel settore classico e lirico.» 9/4652/16 (goo.gl/eGib2D)
32. N. Goodman, Languages of Art, Bobbs-Merrill, New York, 1968.
33. L. Hjelmslev, I fondamenti della teoria del linguaggio, Einaudi, Torino, 1968.
34. Si tratta di un montaggio fraudolento di varie registrazioni di A Night in Tunisia, presentato
come registrazione autentica nell’opera omnia di Charlie Parker (Bird’s Eyes, Philology). Cfr. V.
Caporaletti, Esperienze di analisi del jazz, LIM, Lucca, 2007, p. 49 ss.
35. Per questa argomentazione è rilevante la distinzione tra uso (in sé, inesauribile e inesaustivo)
e interpretazione (vincolata all’intentio operis) operata da Umberto Eco. Cfr. Id., Lector in fabula, la
cooperazione interpretativa nei testi narrativi, Bompiani, Milano, 1979; Id., I limiti dell’interpretazione,
Bompiani, Milano, 1990.
36. J. Coltrane, Impressions, Impulse! Records, AS-42, 1963.

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rivista di diritto delle arti e dello spettacolo

3. Interpretazione/estemporizzazione/improvvisazione

In questa succinta ricognizione della Teoria delle Musiche Audiotattili vi so-


no altri concetti molto importanti ai fini della nostra discussione, tali da
riformulare un assetto considerato, in genere, ontologicamente granitico: la
distinzione funzionale tra compositore ed esecutore. Nella più diffusa con-
cezione dell’opera musicale37 della tradizione scritta occidentale, questa è
vista come sintesi binaria di un testo redatto in notazione musicale e, seguen-
do sempre Goodman, della «classe di esecuzioni congruenti» con i caratteri
annotati in partitura; a sua volta, l’interpretazione si determina, in chiave
strutturalista, come token di un type (occorrenza di un tipo, dato dall’opera).
Nella fenomenologia audiotattile (che comprende anche le pratiche e te-
sti che si sogliono ricondurre alla cultura del jazz) lo scenario si configura,
invece, in modo alquanto differente. Qui la rilevanza e la focalizzazione
estetica trasla dall’attitudine cognitiva simbolico-astrattivo-visiva, di cui la
matrice visiva è metafora e la partitura il referente, alla proiezione nel tem-
po del principio audiotattile, ed alla cognitività e all’intenzionale vettorialità
formativa che si origina dalla razionalità corporea38 , estrinsecata in un dato
contesto. Il gesto qui prevale sul testo39 . Anche il testo redatto in notazione
musicale (ad esempio nel jazz), proprio in funzione di questa dipendenza
dall’idiosincratica formatività corporea non assume un ruolo autoritativo,
non configurandosi come messaggio autoriale che impone una fedeltà asso-
luta alla propria istanziazione; inoltre, in molti casi – come per una canzone
di un cantautore – il testo prefissato, pre-composto nemmeno dispone di
consistenza oggettivata (si costituisce, invece, in una immagine mnemonica

37. Cfr. V. Caporaletti, Neo-Auratic Encoding. Phenomenological Framework And Operational Patterns,
in G. Borio (a cura di), Musical Listening in the Age of Technological Reproduction, Ashgate Publishers,
Aldershot, 2015, pp. 233-252. Ivi, la tensione che si instaura tra partitura e l’insieme delle sue ese-
cuzioni ai fini della costituzione dell’idea di “opera” è definita “schema concettuale diadico” (p.
233).
38. È bene chiarire ancora una volta che per Caporaletti il principio audiotattile non coincide
con la banale nozione di “corpo”, altrimenti si giungerebbe alla paradossale conclusione – come è
avvenuto in affrettati e superficiali commentari – che «audiotattili possono essere tutte le musiche»
(cfr. F. Fabbri, La popular music nei Conservatori; una riforma all’italiana, in «Musica/Realtà», n. 102,
2013, pp. 5-9 (p. 7), travisando completamente l’impianto epistemologico della TMA. Il PAT è inve-
ce espressione della “razionalità corporea” (riconducibile alle concezioni dell’embodied mind delle
scienze cognitive) intesa come medium cognitivo, che si oppone alla astrattiva matrice cogniti-
va visiva di impronta razionalista-cartesiana inerente ai criteri fondanti della codifica notazionale
e della teoria occidentale moderna. Inoltre, assume caratteristiche ben più profonde nel quadro
dell’affermazione della funzione soggettiva all’interno della teoria musicale. Cfr. V. Caporaletti,
Some Remarks on the Epistemological Bases for a Musicology of Popular Music, in «Analitica. Rivista
Online di Studi Musicali», vol. 9, 2016, goo.gl/wfJSQX
39. Cfr. ibidem, nota 25. In quest’ottica, la nozione di type, più che al carattere noetico struttu-
ralista, si avvicina alla proposta di Currie di un action-type. Cfr. G. Currie, An Ontology of Art,
Macmillan, London, 1989.

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la teoria delle musiche audiotattili e il diritto d’autore

e in connessi tracciati mnestici sinestetico-cinesici).


E allora, come può definirsi l’istanziazione di un brano – per esempio,
Yesterday40 di Lennon-McCartney –, suscettibile di replicazione multipla pur
non essendo pre-determinato tramite codifica scritta per mezzo di combi-
natorialità di unità discrete e compitabili, e che invece si fa nel suo far-
si, come macro-testo non segmentabile/segmentato? (I Beatles non erano
alfabetizzati musicalmente41 ).
Questo processo creativo ex tempore, è definito da Caporaletti estempo-
rizzazione42 . Nel quadro della sua teorizzazione dei processi improvvisativi
nella musica, questa nozione identifica una classe di pratiche di creazione
in tempo reale che si differenziano dall’improvvisazione propriamente det-
ta (da questo punto di vista, quindi, i processi improvvisativi, o meglio, le
procedure di creazione in tempo reale, comprendono sia criteri estemporizzativi
sia improvvisativi). Entrambe queste pratiche, ovviamente, si differenziano
dall’interpretazione (che non è un processo di creazione in tempo reale, bensì
la riproduzione – nel senso adorniano – di una composizione in partitura).
Per brevità, e a titolo introduttivo, ne forniamo di seguito una descrizio-
ne, sempre rimandando per approfondimento ai testi di referenza e alle
dettagliate argomentazioni ivi svolte.
L’estemporizzazione è un processo creativo in tempo reale che può in li-
nea generale rappresentarsi come diretta istanziazione sonora di un’unità
di concettualizzazione musicale – di un modello, di consistenza immagina-
tiva – attraverso il filtro della psicosomatica formatività audiotattile del PAT,
che contribuisce a conferire tratti formali strutturalmente costitutivi e assio-
logicamente rilevanti. Questi ultimi sono da considerarsi, dal punto di vista
della pertinenza, omologhi ai tratti compitati nella partitura goodmaniana;
l’enunciato reale che deriva dall’istanziazione del modello si costituisce, di
conseguenza, come testo43 . In altri termini, la si può intendere come una

40. The Beatles, Yesterday, in Help, Parlophone PMC 1255, 1965.


41. Cfr. G. Martin, Summer of Love: the Making of Sgt. Pepper, tr. it. L’estate di Sgt. Pepper, La Lepre
Edizioni, Roma, 2013, pp. 125-126: «Dato che John (Lennon) non ha mai scritto neanche una nota
su un pezzo di carta, nessuno può capire dove cominciano o finiscono le battute. Se vi capitasse
di trovare lo spartito di questa canzone, è bene sapere che John non ha nulla a che fare con la sua
stesura; è stato trascritto ascoltando il disco da qualche tizio negli uffici della Northern Song, la
società di edizioni musicali dei Beatles.»; p. 144: «Capitava molto spesso che a Paul (McCartney)
venisse improvvisamente in mente una canzone, e in quei casi voleva fissarla finché era ancora
fresca. Non sapeva scrivere la musica, a parte annotare le parole e scriverci sotto le sigle degli
accordi. Quindi, per essere sicuro di “catturare” una melodia mentre l’aveva ancora in mente, non
aveva altro modo che registrarla.»; p. 160: «[...] uno dei brani fondamentali della storia del rock, la
memorabile Come Together, nell’album Abbey Road, sarebbe stato in pratica costruito intorno agli
effetti vocali improvvisati di John.»
42. Cfr. V. Caporaletti, I processi improvvisativi, op. cit., p. 98 e ss.
43. In questo senso, concordiamo con le posizioni di F. della Seta, Idea, Testo, Esecuzione, in T.
Affortunato (a cura di), Musicologia come pretesto. Scritti in onore di Emilia Zanetti, Istituto Italiano

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rivista di diritto delle arti e dello spettacolo

tipologia di prassi ex tempore – che è oggettivamente, sul piano etic44 , crea-


ta all’istante, quindi, a rigore “improvvisata” – che dà luogo ad un testo
identificabile, ad un brano specifico e delimitato, e non ad un intenzionale e
culturalmente riconosciuto processo elaborativo, connotato dalla proiezione
del mélos individuale in regime di libertà artistica (in cui vi sia la ricerca del
nuovo come valore e in cui predominano i criteri estetici tardo-moderni di
originalità, identità artistica dell’autore, autonomia estetica, fruizione non
funzionale). Le occorrenze sono molteplici: dagli esiti delle pratiche vocali
nelle culture tradizionali alla stessa esposizione melodica in un brano jazz o
pop45 , alla parafrasi del tema nel jazz, alle strategie di correzione in itinere di
sfasamenti nella condotta metrica o intonativa, fino alle pratiche variazionali
altamente standardizzate delle tradizioni orali, ecc.
Dal punto di vista formale tale testo estemporizzato può o meno esse-
re scevro di elaborazioni contestuali sistematiche e intenzionali. Solo nel
caso s’introducesse nuovo materiale, come proiezione del mélos individua-
le, sulla base, come già detto, di criteri di originalità creativa, concezione
autoriale artistica, autonomia estetica, contemplazione non funzionale da
parte dell’uditorio/destinatari – introducendo, cioè, in un contesto forma-
tivo oralistico i criteri dell’estetica tardo-moderna occidentale –, si darebbe
luogo alla vera e propria condotta improvvisata.46 Anche se privo di uno
specifico tasso di improvvisazione, nel senso variazionale-elaborativo, que-
sto enunciato testuale estemporizzato (brano musicale, ma anche poetico,
drammaturgico, ecc.), per il suo stesso essere reso ex tempore e in ragione
della dipendenza da una concettualizzazione non pre-scritta e da memoriz-
zazione47 , è comunque il risultato di una procedura di creazione in tempo

per la Storia della Musica, Roma, 2011, pp. 137-146, nell’ipostatizzazione, allargamento e fungibili-
tà della nozione di testo all’interno di una sistematica generale dei fenomeni musicali. Peraltro, sia
la semiotica, con la nozione di testo estetico, sia l’antropologia, con quella di testo/evento, hanno
già da tempo proposto questa categoria al centro dei rispettivi paradigmi epistemologici.
44. Con l’opposizione categoriale etic/emic, come noto, ci si riferisce alla distinzione introdotta
da Kenneth Pike (cfr. Id., Language in Relation to a Unified Theory of the Structure of Human Beha-
vior, Gravenhage, Mouton, 1954) per distinguere l’analisi basata sulla concretezza degli elementi,
quindi descrittiva (linguisticamente derivativa di phonetic) da quella fondata sulla loro funzione e
pertinenza (analogamente, da phonemic). Nella prospettiva antropologica il punto di vista etic è, di
norma, riferito all’outsider, mentre l’insider utilizza quello emic.
45. Vi è una sostanziale differenza tra l’estemporizzazione nelle culture tradizionali e nelle mu-
siche audiotattili, di cui non si tratterà in questa sede. Cfr. in proposito V. Caporaletti, I processi
improvvisativi, op. cit., p. 121 ss.
46. Cfr. V. Caporaletti, I processi improvvisativi nella musica, op. cit., p. 116 ss.
47. Ciò che la categoria di oralità non coglie è che le stesse modalità cognitive e formative
attivate nell’istanziazione di un processo di memorizzazione, in regime di cultura orale, sono
implementabili dalla lettura di una partitura realizzata con attitudine cognitiva audiotattile (e non
visiva, come nel modello diadico). L’esempio tipico è dato dai criteri di decrittazione e esecuzione
della partitura nel jazz, che avviene secondo il protocollo di estemporizzazione.

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la teoria delle musiche audiotattili e il diritto d’autore

reale. In esso, la variante, attraverso la formatività idiosincratica audiotattile,


si fa processo intrinseco costituivo (“variante” intesa in relazione alla stes-
sa unità concettuale che funge da modello, fondando così la possibilità di
estemporizzazioni diverse riferite allo stesso modello – come nelle persona-
lissime esposizioni tematiche dei jazzisti o nelle cover della musica pop –, e
non come introduzione di altro innovativo materiale, poiché in questo caso
si sfocerebbe nell’improvvisazione).
È in ogni caso importante stabilire che l’estemporizzazione non è sem-
plicemente una “attualizzazione”48 espressiva del testo annotato, incardi-
nata su aspetti sonori prosodico-dinamici, sul modello dell’interpretazione
della musica classico/romantica/modernista. Si differenzia da quest’ulti-
ma proprio in quanto il testo fenomenologico, sulla base di codici cultu-
rali, di fatto, non le preesiste (ad esempio, sotto forma di partitura), ma
si configura, appunto, in base alla sua stessa azione49 . L’ambito elettivo
dell’estemporizzazione è nella produzione di un’unità di concettualizzazione
musicale in forma di enunciato che non ha referente scritto, o con referente
scritto da cui sia possibile, per convenzione culturale, distanziarsi perfor-
mativamente andando ad incidere sulla stessa struttura ritmo-diastematica,
armonica o modale, ecc. senza perdita o dispersione della propria identi-
tà testuale (di contro ai vincoli inerenti ai criteri di ripetibilità dell’opera
culta nelle sue esecuzioni), per sfociare, eventualmente, in un’intenziona-
le e culturalmente riconosciuta (e standardizzata) procedura variazionale-
elaborativa50 . Nei termini della teoria dell’informazione, l’estemporizzazio-

48. Bisogna cogliere il senso di “attualizzazione”, in questo caso, non come semplice artificio
tecnico/materiale, basato sui valori timbrico-prosodici, ma nella più larga accezione possibile, che
ne accolga anche, sul piano estetico, il fattore rivelatore di verità.
49. Cfr. V. Caporaletti, Nuovi orientamenti nella didattica dell’improvvisazione musicale, in «Musica
Domani», n. 174, 2016, pp. 33-44 (p. 44): «Anche l’autore della più semplice canzone pop atten-
de col fiato sospeso il momento dell’ascolto della registrazione del proprio pezzo per conoscere
la vera forma della propria composizione, che è altra cosa rispetto alla rivelazione che discende
dall’interpretazione, dalla Reproduktion (nel senso dato da Th.W. Adorno)¸ della composizione di
tradizione culta. La costituzione di tale forma, che coinvolge concreti livelli operazionali sintattici
del materiale, è conferito propriamente dai processi estemporizzativi attraverso l’inscrizione della
formatività audiotattile dei vari attori musicali nel dispositivo di registrazione (cosa ha veramen-
te cantato il cantante, quali arpeggi avrà suonato il chitarrista, quali rivolti di accordi avrà usato
il pianista e con quale articolazione ritmica, la relazione tra tamburo rullante e gran cassa della
batteria, ecc., oltre all’interazione senso-motoria fra tutti questi fattori e la loro proiezione nel de-
sign sonoro in post-produzione). Tutti questi aspetti di elaborazione formale non preesistono alla
proiezione estemporizzativa, non sono predeterminati, e – nella misura in cui sono dipendenti
dall’idiosincratica formatività dei singoli attori (compreso il sound engineer) – non predetermina-
bili (nella fattispecie della registrazione sonora sono attivi i fondamentali processi estetici che
definisconeo-auratici)».
50. Ricordiamo che nelle dinamiche creative dell’improvvisazione, come intesa in ambito jazzi-
stico, è cruciale la presenza di criteri afferenti alle concezioni dell’estetica moderna occidentale,
cui si è sopra accennato, in un peculiare connubio con le specificità formative del PAT. Pertanto, i

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rivista di diritto delle arti e dello spettacolo

ne si può definire, quindi, «in base al tasso d’informatività presente nel


processo esecutivo, ossia al grado potenziale di scelte possibili. Quest’insie-
me di possibilità è differente nel grado e nella sostanza (quantità e qualità)
rispetto a quello condizionato dall’adesione interpretativa al control object
compositivo nella musica eurocolta»51 (intendendo qui la tradizione scritta
occidentale classico/romantica/modernista).
Fondamentale è comprendere come il Principio Audiotattile agisca non
solo in fase di decodifica dell’opera composta (ovvero, come abbiamo vi-
sto, nel concreto realizzarsi dell’enunciato sonoro), ma anche in fase d’i-
deazione/composizione dell’opera stessa. La cognitività che presiede alla
creazione dell’opera audiotattile (la canzone pop e rock, il brano jazz, ecc.)
si manifesta attraverso un fare creativo tale da demandare sistematicamente
la realizzazione completa del brano, di ogni suo elemento, al processo di re-
gistrazione sonora (compresi i procedimenti di arrangiamento e di editing)
e/o alla manipolazione estemporanea di un performer creativo. In concreto,
l’autore audiotattile non realizza una partitura contenente un testo esausti-
vo ed irrevocabile che prescriva la modalità di esecuzione dello stesso (co-
me avviene tradizionalmente nella musica scritta occidentale culturalmente
connotata da Werktreue), ma, di prassi, fissa una traccia melodica e qual-
che riferimento armonico siglato, tale da lasciare all’iniziativa del perfor-
mer l’attuazione della reale finalizzazione formale, agendo sostanzialmente
e ampiamente a livello micro e macro-formale dell’opera. Ma anche laddo-
ve la partitura accampasse maggiori pretese prescrittive, ad esempio in un
arrangiamento per big band jazz, il gesto, la formatività corporea del perfor-
mer, per convenzione culturale audiotattile farebbe sempre aggio sul dettato
compitazionale del testo scritto.
È importante in questo contesto ribadire che l’improvvisazione propria-
mente detta – in prima approssimazione, ma qui si rimanda ancor più alla
letteratura sulla TMA – si manifesta attraverso un’elaborazione costruttiva
di secondo livello, con aggiunta di nuovo materiale, che si distanzia da que-
sto sostrato estemporizzativo, soggetta a convenzioni culturali sia nell’arti-
colazione formale sia negli stessi valori estetici – geneticamente, della tarda
modernità occidentale – che la individuano.

casi di processi variazionali altamente standardizzati e formulari, in repertori e pratiche di culture


tradizionali, rientrerebbero nella categoria dell’estemporizzazione e non dell’improvvisazione. Cfr.
V. Caporaletti, Musica audiotattile e musica di tradizione orale, op. cit., p. 14: «L’improvvisazione
nelle culture orali è meno presente di quanto si ritenga generalmente. Per questo proponiamo per
tale modello d’operatività il termine estemporizzazione.»
51. Cfr. V. Caporaletti, I processi improvvisativi nella musica, op. cit., p. 111.

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la teoria delle musiche audiotattili e il diritto d’autore

4. Verso nuove prospettive del diritto d’autore

A questo punto disponiamo di alcuni elementi attraverso cui inquadrare con


nuovi paradigmi la problematica del diritto d’autore e dell’opera dell’inge-
gno che questo norma e tutela. È del tutto pacifico che, per ragioni storiche
ben precise, il diritto d’autore si sia configurato sulla scorta della matrice co-
gnitiva visiva. La funzione del deposito della partitura ne sancisce l’adesione
al regime dell’ontologia oggettuale, e, aspetto ancor più rilevante, gli stessi
tratti distintivi che identificano una data opera musicale diventano reperibili
in base ai criteri impostati dalla matrice visiva. Questi sono i tratti che, come
abbiamo visto, trovano nella linearità (la linea melodica), nella riduzione di-
scretizzata del fenomeno (la resa in note del fatto sonoro), nella ripetibilità
uniforme del testo, ecc., i criteri fondanti. Per la cosiddetta “musica legge-
ra”, laddove vi sia una pedissequa congruenza melodica rintracciabile, si
possono rilevare gli estremi del plagio.
E cosa dire allora delle creazioni musicali del pop, del jazz o del blues,
che ripongono i propri tratti distintivi caratterizzanti (si badi bene, ben ri-
conosciuti e valutati come tali dalla critica e dal pubblico di riferimento) in
aspetti timbrico-fonici – espressioni della formatività audiotattile – come il
sound originale e personale, del tutto prescindendo dalla linearità melodica
di ascendenza visiva? Occorrono nuovi modelli per assicurare la paternità
dell’opera in quei casi in cui viga esteticamente il prosciugamento o l’eclis-
si melodico-visiva a favore dell’olismo timbrico-fonico generato da assetti
somato-psichici (leggi proiezione del PAT) del tutto idiosincratici.
Sintomatica è la vicenda giudiziaria che ha interessato – non a caso – ad-
dirittura la prima registrazione discografica di musica jazz con diffusione
di massa, ad opera dell’Original Dixieland Jass (sic) Band (ODJB). Il brano,
Livery Stable Blues52 , nella controversia nota come Hart et al. v. Graham, del-
l’ottobre 191753 , fu oggetto di una contesa paternità. Il brano, composto ed
estemporizzato durante una performance dal vivo e poi inciso discografi-
camente, fu solo successivamente depositato sotto forma di trascrizione su
spartito, in base alla allora vigente normativa statunitense. Nonostante, quin-
di, la presenza del nuovo medium costituito dalla registrazione fonografica,
la formalità del deposito di un esemplare di partitura permaneva quale re-
quisito essenziale per l’attribuzione del copyright, senza considerare che l’o-
pera (che ora riconosciamo come “audiotattile”) fosse preesistente rispetto
alla redazione notazionale. Il giudice negò la paternità dell’opera alla ODJB

52. Original Dixieland Jass Band, Livery Stable Blues, New York, 26 febbraio 1917, disco Victor
Talking Machine Co., 78 rpm, 18255-B.
53. Cfr. K. Murphy Maskell, Who Wrote Those ‘Livery Stable Blues’? Authorship Rights in Jazz and
Law as Evidenced, in Hart et al. v. Graham, M.A. Dissertation, Ohio State University, 2012.

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rivista di diritto delle arti e dello spettacolo

in base al confronto delle trascrizioni depositate dei brani in contesa, asse-


gnandola ad Alcide Nuñez e Ray Lopez. Non occorre sottolineare i limiti di
questo orientamento, a fronte di un blues di carattere rurale in stile New Or-
leans Jazz, il cui esito formale è basato unicamente sull’estemporizzazione.
L’apparizione agli inizi del secolo XX della musica audiotattile di tipo jazz
nell’industria culturale e fonografica (con il passaggio antropologico dalla
tradizione orale a quella audiotattile mediata dalla nuova tecnologia54 ) ha
dunque posto immediatamente la problematica relativa all’inadeguatezza
di una sua riduttiva trasposizione notazionale55 .
Ma la riformulazione della funzione compositiva ci propone ulteriori sfi-
de. Abbiamo visto come il concetto di performance esecutiva, inteso in fun-
zione oppositiva e ancillare56 rispetto alla creatività compositiva nelle opere

54. Per una descrizione di questa mutazione epocale socio-antropologica, colta nel vivo dello
svolgimento storico del jazz, cfr. V. Caporaletti, Jelly Roll Morton, la ‘Old Quadrille’ e ‘Tiger Rag’.
Una revisione storiografica, LIM, Lucca, 2011, pp. 38-39.
55. È estremamente interessante, però, considerare che negli stessi anni, in Italia, vigeva il Codi-
ce del Diritto d’Autore - Legge 25 giugno 1865 n. 2337, al cui art. 2, tra i diritti esclusivi riservati
all’autore di opere dell’ingegno, veniva espressamente menzionata la stampa o altro simile modo
di pubblicazione di improvvisazioni («Capo I - Diritti spettanti agli autori delle opere dell’ingegno
durata e modo del loro esercizio 1. Gli autori delle opere dell’ingegno hanno il diritto esclusivo
di pubblicarle, e quello di riprodurle e di spacciarne le riproduzioni. 2. Sono assimilate alla pub-
blicazione riservata all’autore di un’opera: la stampa o altro simile modo di pubblicazione delle
improvvisazioni, delle letture e degli insegnamenti orali, quantunque fatti in pubblico e trascritti
mediante la stenografia o altrimenti»). La formalità del rituale e obbligatorio deposito dell’opera
scritta/stampata al fine di attribuirne la paternità, non prescindeva, quindi, dal diritto esclusivo
dell’autore di improvvisazioni di poterne autorizzare o meno la trascrizione/fissazione. L’esplicita
previsione delle “improvvisazioni” nella Legge del 1865, mantenuta anche nel R.D. n. 1950 del
1925, all’art. 9 (“La trascrizione di improvvisazioni”), viene meno nella L.d.A. 633 del 1941. Ciò
unicamente in quanto questa legge (in seguito alla convenzione di Berna del 1886) non richiedeva
più la formalità del deposito opere presso i pubblici registri, ed il diritto d’autore è inteso quindi
configurarsi nel momento stesso della creazione. (Art. 6 L. 633/1941: «Il titolo originario dell’ac-
quisto del diritto di autore è costituito dalla creazione dell’opera, quale particolare espressione
del lavoro intellettuale.») La tutela della creazione estemporanea rientra quindi in questo princi-
pio generale. Ciò riguarda anche le opere create in esecuzione di un contratto d’opera, realizzate
su commissione (cfr. B.M. Gutierrez, La tutela del diritto d’autore, Giuffrè Editore, Milano, 2000,
p. 67). Le improvvisazioni, dunque, si dissolvono così nelle categorie delle opere protette: cfr. A
Giannini, La tutela delle “improvvisazioni”, in «Il Diritto di Autore IDA», 1951, pp. 6-12.
56. Difatti, la figura giuridica dell’interprete, quale titolare di diritti connessi al diritto d’auto-
re, non era nemmeno presente nel Regio Decreto del 7 novembre 1925 “Disposizioni sul diritto
d’autore”, convertito in legge in data 18 marzo 1926, n. 562 e relativo regolamento di esecuzio-
ne (R.D. 15.07.1926 n. 1396). Tale figura veniva regolata per la prima volta nella Legge 633/1941
al Titolo II (in particolare al Capo III – art. 80 e seguenti). Il paradigma dell’interprete-esecutore
quale strumento tecnico a servizio del genio creativo dell’autore è tuttora inglobato nell’attualità
istituzionale. Nel portale della SIAE, alla sezione Diritti Connessi, si legge: «I diritti connessi al
diritto d’autore sono i diritti che la legge riconosce ad altri soggetti comunque collegati all’auto-
re dell’opera. Si tratta degli artisti, interpreti o esecutori, dei produttori di supporti fonografici,
dei produttori di opere cinematografiche o audiovisive, delle emittenti radiofoniche e televisive
e così via. Sono coloro cioè che offrono l’opera alla fruizione del pubblico e sono anch’essi tito-
lari di diritti patrimoniali e, in taluni casi, anche di diritti morali (artisti interpreti o esecutori).»

— 24 —
la teoria delle musiche audiotattili e il diritto d’autore

allografiche di matrice visiva, acquisisca un nuovo senso nelle opere au-


diotattili. Qui, inteso come interpretazione, va a costituire una regione del
sistema semantico che contempla come zone limitrofe quelle innovative di
estemporizzazione e di improvvisazione.
Queste nozioni e funzioni strutturalmente distinte invocano un assetto
normativo che tuteli il gradiente creativo ivi dispensato, altrimenti, come ba-
si stesse dell’estetica audiotattile, si rischia di non individuare propriamente
un universo di esperienze formali che ormai conta più di un secolo. Se è or-
mai abbastanza acquisita l’idea (ad esempio nella normativa adottata dalla
SACEM francese57 ) che in Embraceable You eseguito da Charlie Parker58 il
nucleo estetico risiede nella performance creativa, nell’esecuzione improvvi-
sata più che nel prodotto-composizione di George Gershwin, non altrettanto
è presente alla coscienza collettiva la nozione di brano estemporizzato.
Questo processo di creazione ex tempore attiene a ciò che ad uno sguardo
naif può assimilarsi ad una interpretazione. Ma abbiamo visto come la identi-
tà testuale e la stessa genesi creativa della canzone beatlesiana Yesterday non
sia riconducibile ad una partitura “da interpretare” (né, a maggior ragione,
ad una partitura considerata in regime di Werktreue, di irrevocabile fedeltà
al suo dettato). Si tratta invece di un modello figurale di consistenza imma-
ginativa estemporizzato dai Beatles attraverso la formatività audiotattile, e
cristallizzato fonograficamente secondo processi di CNA fino a costituirsi
in testo audiotattile. Ma chiediamoci: la stessa Yesterday, eseguita da un altro
musicista59 , acquisirebbe valore estetico per la fedeltà al testo originale (co-
stituito, lo ripetiamo, da un’estemporizzazione fissata su disco)60 , secondo

goo.gl/6VW63b , consultato in data 8 giugno 2017.


57. SACEM, Règles Répartition 2010, DRS-314201: «Pour obtenir le statut d’improvisateur de
jazz, le compositeur, membre de la SACEM, doit soumettre à l’appréciation du Conseil d’admini-
stration, un enregistrement du commerce d’au moins une de ses improvisations. Les compositeurs
membres de la SACEM ayant obtenu ce statut se voient affecter un tiers des droits d’auteur re-
venant à l’œuvre originale improvisée, les deux tiers étant affectés aux ayants droit de l’œuvre
originale. Pour permettre cet aménagement de la répartition, les improvisateurs de jazz doivent in-
diquer, par la mention “impro jazz” sur le programme, les œuvres sur lesquelles ils ont improvisé.»
Si evidenzia come per la SACEM sia sufficiente che il compositore iscritto, previo ottenimento del-
lo status di “improvvisatore di jazz”, dichiari sul borderò di aver improvvisato durante il concerto,
per ricevere un terzo dei diritti spettanti all’opera originale. Non viene dunque né identificata
una specifica opera estemporanea titolare di diritti d’autore, né verificato il grado di originalità
dell’improvvisazione, che quindi non viene fissata in alcun modo.
58. C. Parker Quintet, Embraceable You (reg. 28 ottobre 1947), Stash STCD23.
59. Una versione altamente personalizzata, dal profilo melodico molto diverso dall’originale, ma
ciò nonostante assolutamente all’interno del campo denotativo designato dal brano beatlesiano, è
quella incisa da Marvin Gaye: Yesterday, in That’s the Way Love Is, Tamla Motown Records LP TS
299, 1970.
60. Infatti, la cultura pop, forse proprio per differenziare (inconsciamente) questa estemporiz-
zazione dalla tradizionale interpretazione, le conferisce uno status particolare, segnalato da un
termine ad hoc: cover.

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rivista di diritto delle arti e dello spettacolo

il criterio visivo, oppure per le proprietà e innovazioni che al testo prece-


dente imprime il nuovo creatore61 ? Se non si coglie questo passaggio, non
si comprendono i canoni estetici propri della cultura audiotattile, e si falsa
surrettiziamente il quadro di riferimento. Infatti, è acquisizione comune, sia
da parte dei critici sia dei musicisti stessi, che, in questi casi, un’esecuzione
che riproponga i tratti di arrangiamento, di timbrica vocale, di espressio-
ne esecutiva (o anche uno tra essi) plasmati sull’originale, sia considerata in
termini esteticamente negativi. Bisogna tenere a mente che in queste dinami-
che audiotattili la logica estetica si attaglia su riferimenti alternativi rispetto
alla linearità melodico-armonica privilegiata dal medium notazionale. La
dimensione timbrica, agogica, l’arrangiamento, la ri-orchestrazione, la testu-
ra, il carattere, la particolare intensità lirico-affettiva (feeling) del brano, e
finanche il sound che deriva dal mixaggio, dalla disposizione e tipologia
dei microfoni, dallo stile di “scena sonora”, ecc., acquisiscono una funzione
esteticamente centrale, tale da divenire marcatori identitari del brano stesso.
Ora, quali sono i mezzi e le forme giuridiche per tutelare l’indice creativo
del nuovo estemporizzatore di Yesterday? È evidente che se si risponde «con
il diritto di esecuzione»62 , si attua un’indebita attribuzione di un’opera au-
diotattile al dominio estetico della matrice visiva, tramite la categoria di in-
terpretazione, negando il quid novi apportato dal successivo estemporizzatore
(un quid novi da ricercarsi, però, in dimensioni inedite e inusitate, che l’onto-
logia “visiva” letteralmente non vede). Oppure, la nozione di estemporizza-

61. La nuova e diversa marca di originalità conferita dai jazzisti agli “standard” americani, lati-
noamericani, e finanche europei, è definibile anche come “exaptation” (traducibile come preadatta-
mento o exattazione), concetto della teoria darwinista dell’evoluzione). Cfr. F. Macaluso, E Mozart
finì in una fossa comune, Vizi e virtù del copyright, Egea, Milano, 2013, pp. 22-23.
62. I “diritti connessi” sono regolati al Titolo II della LDA, intitolato “Disposizioni sui diritti
connessi all’esercizio del diritto d’autore“. In particolare concernono i Diritti degli artisti interpreti
ed esecutori – artt. da 80 a 85-bis LDA: «L’attività dell’artista interprete o esecutore consiste in una
prestazione di carattere tecnico artistico avente per oggetto la recitazione o la rappresentazione di
opere letterarie, drammatiche, drammatico-musicali, coreografiche, cinematografiche, ecc., ovvero
l’esecuzione di opere musicali. Questa attività è di regola prestata sulla base di un rapporto di
lavoro (autonomo o subordinato). In alcuni casi il rapporto contrattuale prevede un’esclusività
delle prestazioni in favore del datore di lavoro per la durata del rapporto. L’attività dell’artista
non può dirsi creativa allo stesso titolo di quella dell’autore. Essa interviene, infatti, su di un’ope-
ra già compiuta nei suoi elementi creativi e, perciò, capace di vita autonoma. L’interprete svolge
un’attività di mediazione tra l’autore e il pubblico, al quale recano il messaggio dell’autore filtrato
attraverso la loro personale sensibilità di interpretazione dell’opera.” (Dirittodautore.it – Avv. G.
D’Ammassa). È evidente la grande differenza concettuale tra la concezione normativa e la TMA,
già solo comparando l’idea di una “opera già compiuta” con l’osservazione fenomenologica del-
l’immanente attività di estemporizzazione, con conseguente creazione di nuovi livelli testuali, nei
repertori audiotattili. In linea con questo dato, e con il rilevante fenomeno della videoregistrazione
da smartphone di spettacoli dal vivo e conseguente diffusione in rete, nel 2015 Luca Ruggero Jaco-
vella ha presentato alla 7a Commissione Permanente Cultura e Spettacolo del Senato, una proposta
d’introduzione del “Diritto di Estemporizzazione”, in sede di audizione insieme all’associazione
SOS Musicisti (goo.gl/Lw7LTQ).

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la teoria delle musiche audiotattili e il diritto d’autore

zione mina il concetto stesso di un “diritto d’autore”, che si configurerebbe


come frutto dello Zeitgest della modernità?
E qui si apre il discorso su quell’integrazione di secondo livello del pro-
cesso estemporizzativo, qual è l’improvvisazione, nei suoi due assetti fenome-
nologici che Caporaletti denomina di tipo A e B63 . Bisogna subito notare che
in questo specifico ambito creativo si è ottenuto recentemente un grande e
storico risultato in tema di diritto d’autore. Si tratta della possibilità, per
qualunque tipologia di musicista improvvisatore, di depositare presso la So-
cietà Italiana degli Autori ed Editori l’improvvisazione originale a mezzo
della registrazione fonografica, e di poterne maturare l’emolumento relati-
vo al diritto d’autore riscosso dalla SIAE per il concerto nel quale è stata
creata64 .

63. Cfr. V. Caporaletti, Ghost Notes. Issues of Inaudible Improvisations, in R. Rasch (ed.), Beyond
Notes: Improvisation in Western Music in the Eighteenth and Nineteenth Century, Turnhout–Belgium,
Brepols Publishers, pp. 345-373 (p. 362 ss.).
64. Uno dei paradossi del diritto d’autore in tema di improvvisazione sta nel fatto che l’im-
provvisatore professionista (poniamo, il musicista di jazz) diviene strumento di accumulazione di
diritti economici per gli eredi di autori di Broadway song e per grandi gruppi editoriali. I suoi sfor-
zi creativi nel coltivare e praticare la complessa arte dell’improvvisazione difficilmente vengono
compensati dal sistema del copyright, che, come abbiamo visto, è basato su un’ontologia oggettua-
le. In Francia, dunque, dal 1982 la SACEM ha provveduto alla questione introducendo un regime
speciale per i propri iscritti ottenenti la qualifica di improvvisatori, in deroga all’obbligo del depo-
sito di opere (v. nota 57). Il performer, in questa modalità, percepisce i 4/12 del diritto spettante
all’autore del brano sul quale si improvvisa dal vivo. Viene perciò eroso il diritto d’autore di terzi
in base a un’autodichiarazione, e in assenza di costituzione / individuazione / fissazione / ogget-
tivazione di opera. In Italia sono state promosse negli anni diverse iniziative per seguire il modello
francese, rimaste però al momento ancora senza esito. Successivamente, nel 2013, in applicazione
della teoria audiotattile, Luca Ruggero Jacovella ha lanciato un appello pubblico rivolto alla SIAE
nel quale venivano richieste specifiche modifiche del Regolamento Generale della Società, tali da
permettere la tutela e la maturazione di diritti d’autore anche per le opere improvvisate durante
le manifestazioni pubbliche, nel rispetto delle previsioni di legge (Appello per il riconoscimento
del diritto d’autore sulle improvvisazioni creative e recepimento decreto ministeriale MIUR del 3
luglio 2009, pubblicato su Change.org e rilanciato da diverse organizzazioni tra le quali Diritto-
dautore.it, Meiweb.it, Note Legali, Acep, Jazzit, Sos Musicisti, ecc.). In particolare, veniva richiesta
la possibilità di deposito di opere a mezzo della loro registrazione sonora anche per le musiche
improvvisate e audiotattili (la SIAE accettava all’epoca unicamente il deposito a mezzo partitura
per tutte le musiche non appartenenti al genere concreto o elettronico), oltre alla rimozione di
un impedimento normativo che non permetteva all’associato di vantare diritti per utilizzazioni
anteriori alla data di dichiarazione delle opere (ciò in quanto l’improvvisazione creativa non può,
per definizione, essere pre-vista e depositata prima della propria manifestazione). A partire dall’11
dicembre 2016 la SIAE ha avviato la sperimentazione del deposito opere online (Delibera consi-
liare 10 ottobre 2016), in occasione della quale appare “rovesciato” il paradigma precedente: per
la musica di genere denominato “serio” e per le elaborazioni da pubblico dominio viene richiesta
la partitura, mentre per tutti gli altri generi si accettano finalmente le registrazioni, caricando al-
l’interno del nuovo sistema il relativo file audio o compresso. Rimaneva da chiarire la questione
temporale della maturazione del diritto e una più esatta categorizzazione dei generi musicali. Con
corrispondenza privata datata 9 Febbraio 2017, il Direttore Generale della SIAE, Gaetano Blandini,
rispondeva ad una richiesta firmata da Jacovella, Sos Musicisti e SIEDAS, chiarendo definitivamen-
te che il comma 4 dell’art. 3 vigente R.G. doveva essere inteso considerando “contestuali”, e non

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rivista di diritto delle arti e dello spettacolo

Tuttavia, in proposito, la posizione della comunità dei musicisti di jazz


non è univoca. Il modello SACEM, nel quale, come abbiamo visto, un ri-
stretto numero di improvvisatori accreditati come tali percepisce dei diritti
economici per il solo fatto di dichiarare di aver improvvisato dal vivo, è
propugnato dell’Associazione Midj (Musicisti Italiani di Jazz), che non rap-
presenta, però, la totalità degli appartenenti alla jazz community italiana. Ab-
biamo già rilevato la problematicità di tale posizione, in quanto il godimen-
to del diritto d’autore sulle improvvisazioni diventa appannaggio soltanto
di una parte ristretta di musicisti accreditati, verosimilmente solo in talune
tipologie di esibizioni, e in assenza di qualsiasi criterio che ne valuti il gra-
diente di originalità creativa (come previsto invece dalla Legge), dato che
l’opera non viene individuata e fissata. A questo proposito ricordiamo che
«la tutela del diritto d’autore è unitaria, e che le facoltà patrimoniali sono
conseguenti al diritto di paternità dell’opera»65 .
Tra le tante ulteriori tematiche concernenti il diritto d’autore, sollevate
dall’improvvisazione, riserviamo in questa sede solo un ultimo cenno ad
una questione spinosa sulla quale la ricerca giuridica dovrà pronunciarsi,
ci auguriamo, in sinergia interdisciplinare con altre branche del sapere, in
specie la musicologia. Ci riferiamo alla eventuale possibilità, ai fini della
maturazione del diritto economico, di utilizzare per ulteriori performance
l’opera improvvisata e depositata66 , quale mera “cornice” audiotattile (in

“anteriori”, le utilizzazioni avvenute nello stesso semestre di dichiarazione delle opere (in linea
dunque con le specificità delle improvvisazioni), e che le opere audiotattili rientrano tra i generi
per i quali è ormai accettato il deposito delle registrazioni audio. Si è finalmente chiuso un cer-
chio: le opere dell’ingegno create in tempo reale durante le performance musicali (già tutelate in
astratto dalla legge italiana e dalle convenzioni internazionali) trovano attualmente tutela concreta
e possibilità di maturazione del diritto d’autore attraverso il deposito presso la SIAE della loro
registrazione sonora.
65. V.M. De Sanctis, Il diritto di autore: del diritto di autore sulle opere dell’ingegno letterarie e
artistiche, Giuffrè Editore, Milano, 2012, pp. 117-119.
66. Riteniamo sia utile elencare, senza pretesa di esaustività, gli articoli della legge 633/41 ed
altri riferimenti giurisprudenziali in base ai quali le improvvisazioni, quali corpus mysticum, pos-
sono fare riferimento per la tutela (corsivi nostri): art.1: «Sono protette ai sensi di questa legge
le opere dell’ingegno di carattere creativo che appartengono alla letteratura, alla musica, alle ar-
ti figurative, all’architettura, al teatro ed alla cinematografia, qualunque ne sia il modo o la forma di
espressione». Art. 2: «In particolare sono comprese nella protezione: (c. 2) le opere e le composizioni
musicali, con o senza parole, le opere drammatico-musicali e le variazioni musicali costituenti di per
sé opera originale». Art. 6: «Il titolo originario dell’acquisto del diritto di autore è costituito dalla
creazione dell’opera, quale particolare espressione del lavoro intellettuale». Art. 10: «Se l’opera
è stata creata con il contributo indistinguibile ed inscindibile di più persone, il diritto di autore
appartiene in comune a tutti i coautori». Art.13: «Il diritto esclusivo di riprodurre ha per oggetto
la moltiplicazione in copie diretta o indiretta, temporanea o permanente, in tutto o in parte dell’o-
pera, in qualunque modo o forma, come la copiatura a mano, la stampa, la litografia, l’incisione,
la fotografia, la fonografia, la cinematografia ed ogni altro procedimento di riproduzione». Art.14:
«Il diritto esclusivo di trascrivere ha per oggetto l’uso dei mezzi atti a trasformare l’opera orale in
opera scritta o riprodotta con uno dei mezzi indicati nell’articolo precedente». Con specifico riferi-

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la teoria delle musiche audiotattili e il diritto d’autore

Figura 1. Comparazione tra le figure autoriali contemplate nel sistema normativo


vigente e nella TMA.

Sistema normativo vigente

AUTORE
INTERPRETE
(compositore o improvvisatore)

Teoria delle Musiche Audiotattili (TMA)

AUTORE
INTERPRETE
(tradizione scritta occidentale)

AUTORE
ESTEMPORIZZATORE
(musiche audiotattili)

IMPROVVISATORE

costanza di medesimi riferimenti formali e macro-strutturali) da trasfigurare


secondo la natura stessa delle prassi improvvisative.

mento al jazz, è ritenuta tutelabile dal diritto di autore «una improvvisazione jazz, limitatamente
alla melodia e all’armonia: mentre i singoli accordi non sono tutelabili è generalmente ammessa la
proteggibilità della creazione che risulta dalla loro successione melodica.» Cfr. L.C. Ubertazzi (a
cura di), Commentario breve alle leggi su proprietà intellettuale e concorrenza, Cedam, Padova, 2007, p.
1467.

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