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TASK II: Ricerca sui tratti vi e ci con funzione avverbiale

L’italiano, come molte altre lingue, è in continua evoluzione. L’incontro tra


situazioni comunicative differenti e nuove (come il linguaggio mediatico e del
web), l’alternanza tra un registro formale e informale, l’influenza tra lo scritto e
il parlato, insieme ad altri fattori di natura sociale e geografica hanno condotto
alla formazione di modelli nuovi di lingua, definiti neo-standard.

Già nello scritto di Sabatini (1985) sono stati individuati molti tratti
dell’italiano dell’uso medio che si stanno affermando nell’italiano
contemporaneo. In alcuni casi parliamo di forme a lungo considerate scorrette
dalla grammatica tradizionale, ma che oggi vengono maggiormente tollerate
(come l’adiacenza di a me mi). In altri ci troviamo in presenza di due parole con
stesso significato e funzione, che “competono” per affermarsi nel neo-standard.
Negli scritti formali di vari studenti che abbiamo raccolto durante la prima fase
del tirocinio, potremmo sicuramente estrarre alcuni esempi. In particolare, in
merito alla co-occorrenza di tratti con stessa funzione, i casi più frequenti
risaltano l’incertezza sull’utilizzo dei pronomi (egli o lui, loro in funzione di
soggetto), gli generalizzato (valido quindi sia per il femminile che per il
plurale), il che al posto di per cui o in cui. Il caso che intendo prendere in esame
riguarda l’utilizzo delle particelle avverbiali vi e ci con funzione di avverbio di
luogo. La forma vi deriva infatti dal latino ivi che indica uno stato in luogo o un
moto a luogo (in questo luogo o in quel luogo, là, per estens. in ciò, a ciò).
Nell’italiano corrente questa forma viene spesso sostituita da ci anche negli
scritti formali (quindi c’è, ci sono, c’erano, ci sarà ecc.). La mia indagine avrà
lo scopo di analizzare la frequenza con cui i tratti compaiono, sia su corpora da
me raccolti che su quelli del CORIS, per comprendere lo stato attuale di utilizzo
delle due particelle e la loro evoluzione nel tempo.

Il CORIS, ovvero Corpus di Italiano Scritto, si occupa dunque di corpora


scritti e ha diverse funzioni, tra cui quella di selezionare la fascia temporale di
aggiornamento e i seguenti sub-corpora: Stampa, Narrativa, Prosa Accademica,
Prosa Giuridico/Amministrativa, Miscellanea, Ephemera. In questo modo posso
quindi verificare l’occorrenza dei due tratti sia per un’indagine diacronica che
per una che riguardi il registro stilistico. Infatti, mi aspetto di trovare una
maggiore frequenza del tratto vi, senz’altro più elegante e formale, negli scritti

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Giuridico/Amministrativo rispetto a tutti gli altri sub-corpora. Qui di seguito i
valori assoluti ottenuti dall’estrazione:

vi ci

ALL 21548 82267

STAMPA 4823 37295

NARRATIVA 4497 26091

PROSA 4768 6329


ACCADEMICA

PROSA 2975 765


GIURID.AMM.

MISCELLANEA 3039 6800

EPHEMERA 1446 4987

Stando ai dati del CORIS il tratto ci, cercato come [word = “ci” &
pos=ADV], viene dunque usato maggiormente di vi, fatta eccezione come
anticipato per il sub-corpus di Prosa Giuridico/Amministrativa. In questo
settore, infatti, il tratto vi ha una percentuale nettamente maggiore di ci: 83,7%.
La ricerca, tuttavia, pecca di un difetto: ovvero non ho potuto lemmatizzare i
due tratti in quanto il programma considerava come forma flessa di “ci” anche
le sigle “CE” (Comunità Europea) nel sub-corpus Prosa
Giuridico/Amministrativa, rendendo complicata l’estrazione.

Altra possibile indagine degna di interesse che può essere fatta sui tratti è
quella in diacronia. Confrontarsi, infatti, con lo sviluppo dei due tratti nel tempo
ci permette di notare come il tratto vi subisca una progressiva diminuzione
nell’uso, “smentita” solo nell’ultimo aggiornamento. Per ora la situazione che
ho ricavato dal CORIS è la seguente:

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Come è possibile notare la dominanza di ci è netta e l’uso di vi è passato dal
24% di frequenza nel ventennio 1980-2000, all’11% e 13% negli ultimi dieci
anni. Il CORIS, data la vasta mole di documenti, permette sicuramente
un’analisi più attendibile di quella possibile con un corpus personale. Tuttavia,
ho utilizzato SketchEngine per caricare i testi da me raccolti e fare un confronto
tra la varietà del CORIS e la specificità degli scritti degli studenti universitari.
Le difficoltà principali che ho avuto sono state sia (anche qui) quella di
lemmatizzare vi e ci nella ricerca, sia taggare la ricerca come avverbio. Ho
dunque selezionato manualmente tutte le occorrenze in cui vi e ci non
fungevano da pronomi.
Data l’esiguità dei testi raccolti, creare dei sub-corpora mi è sembrato obsoleto.
Dunque, la ricerca si limita a rilevare quale tratto, nel mio corpus intitolato
“Tesi, Tesine e Relazioni di Studenti Universitari”, ricorre più spesso. A
dispetto delle aspettative, il programma ha estratto 78 casi per vi e 56 per ci.
Confrontando il risultato con l’indagine fatta sul CORIS, non ci sorprende, ad
ogni modo, trovarci davanti ad un uso ancora attivo della particella vi. Infatti, il
programma ha mostrato come l’impiego di vi nell’ultimo periodo, ovvero
quello che va dal 2017 al 2020 (che per giunta coincide con la sezione di tempo
della nostra ricerca), sia leggermente cresciuto.
L’indagine da me svolta si è concentrata, dunque, su due tratti di uso comune, il
più delle volte intercambiabili, che definiscono le principali traiettorie di
innovazione che influenzano l’architettura dell’italiano: una dalla lingua
letteraria (o scolastica, quindi colta), ovvero vi, e l’altra dal parlato e dalla
scrittura giornalistica, ci. Sebbene l’italiano neo-standard sembri accogliere
maggiormente quest’ultimo, entrambi sono ancora utilizzati e non è facile dire

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se ci sarà una definitiva caduta del tratto vi. La tendenza del corpus da me
analizzato sembrerebbe piuttosto dimostrare che gli studenti continuano ad
usare tratti ritenuti più eleganti, probabilmente emulando scritti ufficiali o
scolastici (libri di testo, saggi, documenti legali, ecc.), ritardando il processo di
affermazione del neo-standard.

Bibliografia

• Grandi, N. (2019), “Che tipo, l’italiano neostandard!”, in Moretti, B., Kunz,


A., Natale, S. e Krakenberger, E. (a cura di), (2019), pp. 59-74.

• Sabatini, F. (1985), “L’“italiano dell’uso medio”: una realtà tra le varietà


Linguistiche italiane”, in Holtus, G., Radtke, E. (a cura
di), Gesprochenes Italienisch in Geschichte und Gegenwart. Narr, Tübingen, pp.
154-184.

• Ballarè, S. (sottoposto a valutazione), L’italiano neo-standard oggi: stato


dell’arte.

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