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Il jamu indonesiano, parte di un sistema integrato di salute e bellezza interiore ed esteriore, che comprende

polveri, pillole, unguenti, lozioni, massaggi e folklore antico, è sconosciuto alla maggior parte degli
occidentali. Come, quando, dove e perché sono stati sviluppati questi trattamenti? E cosa c'è di così
speciale in loro?

Attraverso le pagine di questo libro imparerai a conoscere il mondo chiuso degli antichi palazzi giavanesi in
cui fu perfezionato il jamu indonesiano. Incontri i guaritori e i produttori di jamu le cui abilità sono state
tramandate di generazione in generazione e impari a conoscere le loro cure. Vengono offerti consigli su
dove trovare questi rimedi antichissimi, comprese le formule che possono essere fatte tranquillamente a
casa. Le informazioni qui sono per le persone che desiderano saperne di più sulla salute e la bellezza
indonesiane, trarre le proprie conclusioni e persino provare jamu per se stesse.

Un sistema integrato di salute e bellezza interiore ed esteriore, il jamu indonesiano ha una storia di 1.200
anni, ma si sa poco di esso al di fuori di questa variegata nazione insulare. Il primo libro ad esplorare in
modo completo il background, i materiali e l'applicazione di questo approccio olistico, Jamu: The Ancient
Indonesian Art of Herbal Healing è il culmine di dieci anni di ricerca e più di 100 interviste con professionisti
e produttori, dalle casalinghe in farmacisti di cucina a CEO di multinazionali. La sua pubblicazione coincide
con la crescente disponibilità in Occidente di preparati moderni di questi rimedi erboristici antichi.
Comprendendo medicina, massaggi, cosmetici e folclore, il jamu è applicabile agli stili di vita di oggi come lo
era nel mondo rarefatto degli antichi palazzi giavanesi dove è stato perfezionato.

Menú
 Jamu Temulawak (turmeric Jamu)
 Jamu Cabe Puyang (Java long pepper Jamu)
 Jamu Sinom (mixed herbs Jamu)
 Jamu Beras Kencur (aromatic ginger Jamu)
 Jamu Kunyit Asam (turmeric and tamarind Jamu)

JAMU: ELISIR INDONESIANO DELLA


SALUTE
Gli Indonesiani amano la medicina tradizionale fatta di erbe e prodotti naturali, e hanno
un rimedio quasi per tutto. Tra tutti i loro preparati ne spicca però uno, il Jamu, elisir
Indonesiano della salute.

Un vero concentrato di vitamine e antiossidanti, molto amato anche da turisti ed expat.

Ho iniziato a preparare il Jamu poco dopo il mio arrivo a Bali, soffrivo di fastidiosi dolori
articolari dovuti a un precedente intervento alla schiena.

Mi hanno consigliato l’uso del Jamu, questa bevanda mi è piaciuta e ho continuato a


prepararla quasi giornalmente.
Il Jamu è una bevanda a base di ginger e curcuma.

Ne esistono tantissime versioni e ogni regione o famiglia ha la sua, alcune ricette sono
state tramandate da generazioni e sono tenute segrete.

Io ho scelto la mia ricetta ideale e in questo articolo vi spiego come fare questa bevanda
dalle magiche proprietà.

Occorrente per il mio Jamu, elisir Indonesiano della salute


 50 gr di radice di curcuma
 500 ml di acqua
 50 gr di radice di ginger
 zucchero di cocco o di canna o miele (a piacere, io non lo metto)
 2 lime o 1 limone (la ricetta originale prevede il tamarindo che a Bali si trova,
ma io preferisco il lime).
 Un paio di guanti di gomma
Curcuma, la radice che ha il colore del sole, dalle proprietà antinfiammatorie ed
epatoprotettive  
La curcuma è un rizoma, molto usata in Asia e Africa.

La polvere dorata che si ottiene da questo rizoma ha proprietà coloranti, infatti, la


curcuma è utilizzata per tingere i tessuti in maniera naturale, come colorante alimentare,
ed è uno degli ingredienti base del famoso curry indiano.

Questa spezia in Oriente è utilizzata anche nei rituali religiosi, a Bali il Nasi Kuning (riso
giallo, colorato con la curcuma) è consumato nei giorni di festa, e piccoli mucchietti di
questo riso sono deposti nei Canang Sari giornalieri per le offerte agli Dei.

In Indonesia la radice di curcuma che in Bahasa Indonesia si chiama Kunyit si trova fresca


in tutti i mercati.

In Italia è sicuramente più facile trovarla sotto forma di polvere o compresse.

La maggior parte delle proprietà attribuite alla curcuma è dovuta alla curcumina, che è il
suo principio attivo, un vero alleato del benessere.

Infatti, alla curcuma sono state attribuite proprietà antiossidanti, antinfiammatorie,


antinfettive, epatoprotettive, cardioprotettive, antiartritiche e antitumorali.

Nella medicina ayurvedica e in quella tradizionale Asiatica, questa spezia è utilizzata come
aiuto per favorire la digestione e il benessere dell’intestino, del fegato e pancreas.

Da studi recenti sembra che la curcumina abbia buoni effetti per prevenire
l’invecchiamento delle cellule cerebrali e aiuti a mantenere una buona memoria, utile
anche contro stati di ansia e depressione.

Purtroppo, sembra che la curcumina abbia uno scarso assorbimento da parte


dell’organismo, ma se assunta assieme ad altre spezie e al pepe nero, l’assorbimento è
molto potenziato.
Ginger, un profumo inconfondibile e quel lieve piacevole sapore piccante
Il Ginger, conosciuto anche come zenzero, è una pianta perenne originaria dell’Estremo
Oriente, appartenente alle Zingiberacee, specie di cui fanno parte anche la curcuma e il
cardamomo.

I fiori della pianta del Ginger prima di sbocciare sembrano dei piccoli carciofi rosa, a Bali
vengono cucinati facendoli saltare nel wok insieme a scalogno e altri ingredienti.

In medicina e cucina sono utilizzati i rizomi, ricchi di gingerolo, il sapore è molto


particolare, fresco e leggermente piccante.

Il Ginger contiene proteine, sali minerali come calcio, fosforo, potassio, magnesio e ferro.

Secondo la medicina ayurvedica il Ginger possiede numerose proprietà curative, è un


ottimo rimedio in caso di coliche, di iperacidità gastrica, per garantire benessere a
stomaco e intestino, e come digestivo.

Ha un effetto antinausea, utile nel contrastare il mal d’auto, il mal di mare e le cinetosi in
generale.

Vi svelo un segreto da viaggiatrice: io non soffro di cinetosi, ma quando devo fare lunghi viaggi in
Indonesia, dove l’oceano non è mai calmo, porto sempre con me una radice fresca di Ginger, da
masticare nel caso in cui ce ne fosse bisogno.

Il Ginger viene usato per combattere le infezioni di bocca e gengive: una tisana a base di
Ginger dona sollievo in caso di raffreddore, tosse e mal di gola.

Il suo potere antiossidante può essere utile per prevenire l’invecchiamento delle cellule
cerebrali e aiuta a mantenere una buona memoria.

In genere, per le persone adulte e in buona salute, la curcuma e il Ginger non hanno
particolari controindicazioni.

*In caso di patologie gravi, di occlusioni delle vie biliari, problemi alla cistifellea, in gravidanza e
allattamento, queste spezie dovrebbero essere assunte solo dopo aver consultato il medico.
Adesso indossiamo i guanti di gomma e iniziamo la nostra preparazione del
Jamu.
Lo potete preparare in 2 modi diversi, a voi la scelta:

1- Questa prima preparazione del Jamu è la più lunga ma permette di avere una
maggiore concentrazione delle proprietà di queste radici.
 Sbucciamo e tagliamo le radici di curcuma e Ginger.
 Mettiamo le radici fatte a pezzetti in un frullatore con una tazza di acqua,
ottenendo un succo che filtreremo con un colino molto fine.
 Aggiungiamo un paio di lime spremuti e una macinata di pepe nero.
 A piacere possiamo aggiungere un cucchiaino di zucchero di cocco o di
canna o del miele biologico.
 Lo possiamo bere subito appena fatto o scaldarlo a fuoco basso per circa
dieci minuti per renderlo più concentrato.
 Il restante lo mettiamo in una bottiglia e teniamo in frigo.

*Si consiglia di consumarlo nell’arco di un paio di giorni.

2- Questa è la preparazione che preferisco, più veloce da preparare ma comunque


molto ricca di proprietà benefiche. 
 Sbucciamo le radici di curcuma e Ginger e lo grattugiamo.
 Mettiamo la polpa grattugiata in una pentola con 500 ml di acqua, a fuoco
basso per circa 15/20 minuti fino a portarlo all’ebollizione.
 L’acqua assumerà un colore arancio dorato.
 Aggiungiamo un paio di lime spremuti e una macinata di pepe nero.
 Volendo è possibile aggiungere un cucchiaino di zucchero di cocco, di canna,
o del miele biologico.

Questo preparato lo possiamo bere caldo, come tisana, o lo mettiamo in frigorifero e lo


consumiamo fresco come una bibita.

Bere 1 o 2 tazze da tè di Jamu al giorno (se ne bevete di più, non ci sono particolari
controindicazioni).

Ottimo la mattina, perfetto durante la giornata come bibita o la sera prima di andare a
dormire.

*Attenzione, la curcuma tinge qualsiasi superficie con cui viene a contatto, fate attenzione
a non macchiare vestiti e mani e attrezzi da cucina, che vi consiglio di lavare subito.

Vi ho portato a scoprire uno dei tanti segreti di questa magica Indonesia, il Jamu, elisir di
lunga vita.

Continuate a seguirmi, ne conosco molti altri…


o Bengle (Zingiber brevifolium)
o Jahe Ginger (Zingiber officinale)
o Kencur Aromatic Galangal (Kaempferia galanga)
o Kunyit Turmeric (Curcuma domestica)
o Lempuyang (Zingiber zerumbet or Zingiber aromaticum)
o Lengkuas or Laos Greater Galangal (Alpinia galanga)
o Temulawak (Curcuma xanthorrhiza)
 Leaves:
o Brotowali or bratawali (Tinospora crispa or Tinospora tuberculata rumphii)
o Sambang Darah (Excoecaria cochinchinensis or Excoecaria bicolor)
o Secang (Caesalpinia sappan)
 Seeds:
o Adas (Foeniculum vulgare Mill)
 Fruits:
o Ceplukan Cutleaf groundcherry (Physalis angulata)
o Jeruk Nipis Key lime (Citrus aurantifolia Swingle)
o Nyamplung or kosambi (Calophyllum inophyllum)
 Barks
o Kayu Manis Cinnamon (Cinnamomum burmannii)
 Flowers
o Ilang-ilang Ylang ylang (Cananga odorata)
o Melati Jasmine (Jasminum sambac)
o Rumput Alang-alang (Gramineae)

History of the Development of Jamu, Indonesian Traditional Medicine


By

 ASEAN

 -

 August 29, 2020 

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 Jamu è generalmente utilizzato dagli indonesiani come bevanda medicinale naturale per
mantenere la salute e curare varie malattie. Si stima che la tradizione di bere questa
erboristeria esista dal 1300 d.C. ed è una bevanda storica.
Jamu è una bevanda nutriente dall'Indonesia come bevanda salutare, previene e cura varie
malattie. Il Jamu è servito in vari tipi, considerando che l'Indonesia ha un bel po 'di piante
erbacee. Ogni regione ha un diverso tipo di erboristeria, a seconda delle piante erbacee che
crescono nella zona.

La lavorazione del Jamu non è troppo complicata, la maggior parte prende solo l'estratto dal
succo di piante erbacee. C'è anche pestato. Spesso a base di curcuma, zenzero, galanga,
zenzero, kencur e cannella. Soprattutto per lo zucchero di palma, lo zucchero di roccia e il
lime, viene solitamente utilizzato come esaltatore di sapore fresco e dolce.

Unicamente, nella produzione di fitoterapia, viene regolato anche il dosaggio di ciascun


ingrediente, la temperatura, la durata del pestaggio o dell'ebollizione e altri. Se non
considerato correttamente, perderà le proprietà degli ingredienti e può persino danneggiare il
corpo. Allo stesso modo con il suo sviluppo, la tradizione del bere erboristeria ha conosciuto
alti e bassi a seconda dell'epoca. In generale, è diviso dall'era preistorica, quando fioriva la
lavorazione dei prodotti forestali, dall'era coloniale giapponese, dai primi giorni
dell'indipendenza indonesiana, ai giorni nostri.

I popoli indonesiani dai tempi del regno di Mataram fino ad ora usano ancora la fitoterapia.
Questa bevanda tipica indonesiana è diventata motivo di orgoglio, come nel caso
dell'Ayurveda dall'India e dello Zhongyi dalla Cina. Da allora, le donne hanno svolto un ruolo
più importante nella produzione di erbe medicinali, mentre gli uomini hanno avuto un ruolo
nella ricerca di erbe naturali. Questo fatto è rafforzato dalla scoperta di artefatti di Cobek e
Ulekan - strumenti di mash per fare la medicina a base di erbe. I manufatti possono essere
visti presso il sito archeologico di Liyangan situato sulle pendici del Monte Sindoro, Giava
centrale.

Oltre ai manufatti Cobek e Ulekan, sono state trovate anche altre prove, come gli strumenti per
fare la medicina erboristica che si trovano comunemente a Yogyakarta e Surakarta, per
essere precisi al Tempio di Borobudur sul rilievo di Karmawipangga, Tempio di Prambanan,
Tempio di Brambang e molte altre posizioni. Si dice che, nei tempi antichi, il segreto della
salute e dei poteri soprannaturali dei guerrieri e dei funzionari reali provenisse
dall'addestramento e dall'assistenza di ingredienti erboristici.

Insieme al suo sviluppo, la tradizione di bere medicine a base di erbe era diminuita.
Esattamente quando la scienza moderna è entrata per la prima volta in Indonesia. A quel
tempo la campagna per i farmaci certificati riuscì a cambiare la mentalità del popolo
indonesiano in modo che l'interesse per la fitoterapia fosse diminuito. Oltre alla questione degli
standard o dei certificati, è stata messa in dubbio anche l'efficacia della fitoterapia.

Durante il periodo coloniale giapponese, intorno agli anni '40, la tradizione di bere Jamu
divenne di nuovo popolare perché fu formato il comitato indonesiano Jamu. In questo modo, la
fiducia nell'efficacia della fitoterapia aumenta di nuovo. Nel tempo, le vendite di Jamu si sono
adattate alla tecnologia, comprese molte confezionate sotto forma di pillole, compresse o
polveri istantanee facili da preparare. A quel tempo si è scontrato con il declino delle
condizioni dell'agricoltura indonesiana che ha portato a un passaggio al mondo industriale,
inclusa l'industria della fitoterapia (leggi: l'industria Phytopharmaca).

Dal 1974 al 1990 sono nate e in crescita molte aziende di erboristeria. In quell'epoca c'era
anche molta guida e assistenza da parte del governo in modo che gli operatori del settore
erboristico potessero aumentare le loro attività di produzione.

Dalla prima volta che gli indonesiani usano il Jamu come bevanda salutare fino ad ora,
l'elaborazione del Jamu si basa sulla conoscenza che è stata insegnata di generazione in
generazione. Tuttavia, oggigiorno, la tradizione di insegnare la produzione di erboristeria è
stata praticata raramente, quindi la vendita di jamu tra le braccia si trova raramente.
Oggigiorno sono sempre meno i giovani che vogliono imparare a fare la fitoterapia. La maggior
parte di loro pensa che ottenere Jamu sia sufficiente per usare il Jamu che viene venduto in
bustine e istantaneo.

Va notato, si ritiene che Jamu abbia avuto origine da due antiche parole giavanesi, Djampi che
significa guarigione e Oesodo che significa salute. Il termine Jamu viene presentato al
pubblico da persone che si ritiene abbiano una conoscenza della medicina tradizionale. Non
deve essere certificata, l'efficacia della fitoterapia è stata testata come medicina tradizionale.
In modo che fino ad ora, questa bevanda nutriente tipica dell'Indonesia sia sempre mantenuta.
Il patrimonio ancestrale deve essere preservato per sempre.

Ogni mattina in tutta Giava, le donne portano sulla schiena cesti pieni di bottiglie contenenti
miscele liquide da vendere per strada. Questi fluidi intriganti, che le donne preparano da sole,
sono conosciuti come jamu e sono medicinali erboristici tradizionali indonesiani. I guaritori
tradizionali indonesiani definiscono la salute in termini di equilibrio tra le polarità di caldo e
freddo e secco e umido. Se il corpo umano si surriscalda, come nel caso della febbre,
vengono prescritte verdure ed erbe aromatiche rinfrescanti. Allo stesso modo, i raffreddori
sono trattati con spezie, che riscaldano il corpo.

I venditori di jamu possono sembrare modesti, ma per molte queste donne camminano,
parlano in farmacia. Sulle loro spalle ci sono possibili rimedi per quasi tutto, dai problemi della
pelle e dal dolore reumatico alle disfunzioni sessuali. Altri preparati sostengono di aumentare
l'energia e la concentrazione, ridurre lo stress e migliorare la giovinezza. Ci sono persino
intrugli di jamu che pretendono di avere effetti cosmetici. Jamu è anche un grande affare. Oltre
a questi venditori individuali di jamu, una dozzina di produttori industriali (tra cui Nyonya
Meneer, Jago, Air Mancur e Jamu Iboe) vendono preparati nei propri negozi, nelle farmacie e
nei piccoli negozi. Ora ci sono persino negozi jamu esclusivi in centri commerciali di lusso,
destinati ai clienti della classe media. Il materiale promozionale dell'industria del jamu
sottolinea spesso le antiche radici della medicina erboristica tradizionale indonesiana e i suoi
legami storici con i tribunali di Solo e Yogyakarta. In effetti, i ritrovamenti archeologici, tra cui
una serie di incisioni in rilievo sul famoso tempio di Borobudur a Giava centrale, indicano che
le erbe e le spezie sono state utilizzate per scopi medicinali per migliaia di anni. Essendo
situato all'incrocio delle rotte commerciali internazionali, l'arcipelago indonesiano ha una lunga
storia di contatti con commercianti cinesi e arabi, che hanno introdotto piante, erbe e spezie e
hanno portato con sé approfondimenti dalle tradizioni ayurvediche indiane, dalla medicina
tradizionale cinese, dall'arabo pratiche di guarigione e medicina greca antica. Le abbondanti
foreste di Giava fornivano ai guaritori una vasta gamma di ingredienti, tra cui zenzero,
curcuma giavanese, galanga e cardamomo, che sono tutti ingredienti jamu ancora popolari.
Anche la corteccia degli alberi veniva usata per i disturbi intestinali, nonostante fosse
estremamente amara.

Alla quinta riunione dei produttori di jamu nel 2007, il presidente Susilo Bambang Yudoyono ha
fatto appello ai rappresentanti dell'industria per aumentare le loro esportazioni. Aumentare la
consapevolezza dei rimedi naturali e della medicina alternativa potrebbe portare a un
maggiore interesse per ciò che l'Indonesia ha da offrire, ma vendere jamu nel mondo non è
facile e praticamente tutto il jamu prodotto in Indonesia è attualmente consumato lì. Jamu non
ha sempre sofferto di una tale mancanza di appeal internazionale. È un dato di fatto, i medici
europei una volta erano affascinati dai rimedi di Java. Ma con l'Organizzazione Mondiale della
Sanità che stima che fino al 70% degli indonesiani lo usa regolarmente, jamu non andrà da
nessuna parte.

L'ascesa e la caduta dell'interesse europeo

Il commercio di erbe e spezie, iniziato nel XVI secolo, ha reso la dieta europea molto più
gustosa. Forniva inoltre ai medici sostanze che potevano utilizzare nel trattamento delle
malattie. In effetti, il Rinascimento della medicina europea nel XVII secolo si basava
principalmente sulle erbe e sulle spezie e sulle intuizioni mediche dei guaritori tradizionali
dell'India e dell'arcipelago indonesiano.

Durante i periodi di esplorazione e colonizzazione, i medici rimasero incuriositi dai modi in cui
venivano trattati malattie e disturbi. Nel 1619, sette anni dopo che la Compagnia olandese
delle Indie orientali unite prese il controllo dell'arcipelago, Jacobus Bontius fu nominato medico
cittadino di Batavia. È rimasto molto colpito dalla capacità dei guaritori locali di curare una
varietà di condizioni, in particolare dissenteria e altri disturbi intestinali e ha studiato le
tradizioni mediche locali. Più di cinquant'anni dopo, Hermann Boerhaave, professore di
botanica e medicina all'Università di Leida, utilizzò il giardino botanico, dove crescevano
piante medicinali asiatiche, per sostenere il suo insegnamento. In combinazione con i suoi
metodi di insegnamento clinico, spinse Leida al centro dell'educazione medica dell'epoca.

Nel frattempo, anche i medici delle Indie orientali olandesi iniziarono a esplorare i rimedi
indigeni. Un piccolo numero di medici fu assunto per prendersi cura dei soldati malati quando
lo stato olandese assunse il governo delle Indie dopo che la Compagnia olandese delle Indie
orientali unite fu dichiarata fallita nel 1798. La loro formazione non li aveva preparati a trattare i
comuni disturbi medici dei tropici , compresi vari disturbi intestinali, la malaria e l'infezione
tropicale della pelle, delle ossa e delle articolazioni nota come framboesia. Allo stesso tempo,
molti dei farmaci che prescrivevano in Europa non erano disponibili nelle colonie. Se erano
disponibili, erano proibitivamente costosi, viziati all'arrivo o privi di potenza dopo il lungo
viaggio. Inoltre, una nuova ricerca medica da Parigi e successivamente dalla Germania ha
fatto dubitare dell'efficacia dei loro interventi, che includevano salasso, sanguisuga e uso
generoso di composti di mercurio, molti medici. Non sorprendeva quindi che i medici europei
sentissero un acuto senso di competizione con i guaritori locali, che sembravano avere
successo nel trattare i disturbi tropicali più comuni.

Alcuni di loro si sono proposti di saperne di più sulla fitoterapia delle Indie per migliorare la
propria pratica. Ad esempio, il medico tedesco Carl Waitz ha utilizzato una serie di metodi
semplici per informarsi sulla fitoterapia autoctona. Andò al mercato locale, dove i commercianti
erano ansiosi di informarlo sulle proprietà medicinali delle loro merci. Ha anche chiesto a sua
moglie, una donna indoeuropea di Semarang e ai suoi suoceri, dei rimedi casalinghi che
usavano, nonché ai pazienti che tipo di trattamenti ricevevano normalmente. Ha quindi testato
le erbe su se stesso e sui suoi pazienti per accertarne le proprietà medicinali e ha chiesto ai
farmacisti locali di rifornirle se si erano dimostrate efficaci. Nel 1829, Waitz pubblicò un breve
opuscolo intitolato Osservazioni pratiche su un numero di farmaci giavanesi, che dimostrò che
un certo numero di prescrizioni farmaceutiche europee comuni potevano essere sostituite con
erbe indonesiane. I suoi suggerimenti includevano l'uso di foglie di betel come agente
narcotico e in un infuso come cura contro la tosse persistente. Consigliava anche gli infusi
preparati dalla corteccia degli alberi sicuri per le febbri persistenti e quello degli alberi sintok
(Cinnamomum sintok Blume, della famiglia Laurel, che comprende anche la cannella e l'albero
che produce le foglie di alloro) per i problemi intestinali.

Il fascino dei rimedi locali aumentava quanto più a lungo gli olandesi rimasero nelle Indie
orientali. Nel 1850, un giardino medicinale fu istituito presso l'ospedale militare di Weltevreden
vicino a Batavia (l'attuale Rumah Sakit Gatot Subroto) dal capo della sanità civile, Geerlof
Wassink. Ha chiesto a diversi medici alle dipendenze del servizio sanitario di sperimentare
farmaci a base di erbe e ha pubblicato i risultati sul Medical Journal of the Dutch East Indies,
di cui era l'editore. Un'altra pubblicazione che ha registrato la medicina erboristica indonesiana
è stata Materia Indica, un libro di 900 pagine del famoso medico Cornelis L. van der Burg.
Adolphe G. Vorderman ha visitato i mercati locali e ha avuto conversazioni con donne che
praticavano la fitoterapia. Ha anche visitato le farmacie gestite dai cinesi, che rifornivano gli
ingredienti usati dai guaritori indigeni e dai medici cinesi.

Il Rinascimento della medicina europea nel XVII secolo si basava principalmente sulle erbe e
le spezie e sulle intuizioni mediche dei guaritori tradizionali dell'arcipelago indonesiano

Nel 1892, il farmacista Willem Gerbrand Boorsma fu nominato direttore del laboratorio
farmacologico presso i giardini botanici di Buitenzorg (l'attuale Kebun Raya a Bogor). Boorsma
sperava che l'indagine scientifica sulle piante medicinali ridurrebbe la sfiducia tra indonesiani e
olandesi e avrebbe portato all'inclusione della guarigione indigena nella sfera della medicina
razionale. Attraverso la sperimentazione farmacologica, ha tentato di isolare i principi attivi
nelle piante medicinali (questi tentativi avevano già avuto successo nel caso della morfina, del
chinino e della coca). Per individuare le piante per la sua ricerca, Boorsma era ansioso di
scoprire quali piante erano usate dai guaritori indigeni. Ha anche visitato mercati e farmacisti e
letto guide di erboristeria. Molti dei suoi articoli sono apparsi negli anni successivi. Dopo il suo
ritiro in Olanda, si è reso conto che la ricerca di principi attivi potrebbe non essere stata così
fruttuosa. Invece, ha sostenuto che il potere curativo delle preparazioni di jamu risiede nella
totalità degli ingredienti invece che in un singolo ingrediente e dovrebbe essere consumato
insieme.

Tuttavia, l'interesse dei medici e dei farmacisti europei per la fitoterapia indonesiana è
diminuito in modo significativo dopo il 1900, dopo che sono state fatte diverse nuove scoperte
e scoperte tecnologiche, come la teoria dei germi di Pasteur, la chirurgia asettica e la
macchina a raggi X. Quando la medicina occidentale sembrava avere successo, i medici non
cercavano più alternative.

Invece, volevano diffondere le intuizioni mediche occidentali in Oriente.

Jamu prevale

Prima del 1940, gli indonesiani che volevano diventare medici frequentavano le scuole di
medicina a Batavia e Surabaya. La maggior parte di questi studenti aveva frequentato le
scuole superiori europee e proveniva da famiglie in cui si parlava l'olandese. Consideravano la
conoscenza occidentale di gran lunga superiore alle credenze primitive orientali e speravano
di applicare le scoperte mediche occidentali per migliorare la salute della popolazione
indonesiana. Né queste istituzioni, né i loro studenti erano molto interessati al jamu, che
pensavano fosse basato sui racconti e sulla superstizione delle vecchie mogli. Nel frattempo,
la maggior parte degli abitanti delle Indie continuava a consultare i guaritori tradizionali o le
donne indoeuropee note per la loro conoscenza della fitoterapia. Poiché c'erano così pochi
medici europei, la maggior parte delle cure mediche veniva somministrata a casa. Nelle
regioni esterne (cioè al di fuori di Java) e nelle aree rurali, semplicemente non c'erano
alternative. Lì, la maggior parte della medicina veniva prodotta e applicata internamente, a
base di piante che potevano essere facilmente ottenute dall'orto o al mercato e somministrate
dalle donne.

L'atteggiamento dei medici indonesiani cambiò alla fine degli anni '30, quando alcuni di loro,
tra cui Abdul Rasyid e Seno Sastroamijoyo, si resero conto che sarebbe stato impossibile
fornire un'assistenza sanitaria adeguata all'intera popolazione se fosse basata su interventi
ospedalieri tecnologicamente avanzati. e la somministrazione di prodotti farmaceutici importati.
Invece, hanno sostenuto vaste iniziative di salute pubblica che miravano a prevenire le
malattie e incoraggiato l'uso di jamu invece di fare affidamento esclusivamente su costosi
prodotti farmaceutici occidentali. Alla conferenza del 1939 dell'Associazione dei medici
indonesiani, due guaritori tradizionali furono invitati a dare dimostrazioni. I medici che hanno
partecipato a questo incontro sono stati molto interessati e sorpresi nell'apprendere le arti
medicinali indonesiane, di cui sapevano molto poco. La spinta all'uso del jamu divenne più
forte durante l'occupazione giapponese, quando i farmaci occidentali erano scarsi. Poi durante
la rivoluzione indonesiana e dopo il trasferimento della sovranità nel 1950, la mancanza di
valuta forte costrinse i medici indonesiani a ricorrere ancora una volta al jamu.

Nella moderna Indonesia, i medici che lavorano negli ospedali privati non considerano ancora
il jamu una medicina legittima. Ma per l'indonesiano medio, molto poco è cambiato negli ultimi
centinaia di anni. L'assistenza sanitaria in stile occidentale è usata raramente dagli indonesiani
più poveri, mentre i farmaci occidentali sono fuori portata a causa del loro costo. Non
sorprende quindi che il jamu sia popolare come sempre

.Every morning across Java, women carry baskets on their backs filled with bottles containing
liquid mixtures to sell on the street. These intriguing fluids, which the women prepare
themselves, are known as jamu, and are traditional Indonesian herbal medicines. Traditional
Indonesian healers define health in terms of a balance between the polarities of hot and cold,
and dry and wet. If the human body becomes too hot, as is the case during fevers, cooling
vegetables and herbs are prescribed. In a similar vein, colds are treated with spices, which
heat up the body.

The jamu sellers may seem unassuming, but to many these women are walking, talking
pharmacies. On their backs are possible remedies for just about everything from skin problems
and rheumatic pain to sexual dysfunction. Other preparations claim to boost energy and
concentration, reduce stress and enhance youth. There are even jamu concoctions that
purport to have cosmetic effects. Jamu is also big business. In addition to these individual
jamu sellers, a dozen industrial manufacturers (among them Nyonya Meneer, Jago, Air
Mancur and Jamu Iboe) sell preparations in their own stores, in pharmacies and in small
shops. There are now even exclusive jamu shops in upscale malls, targeting middle-class
customers. The promotional material of the jamu industry often emphasises the ancient roots
of Indonesian traditional herbal medicine and its historical links to the courts of Solo and
Yogyakarta. Indeed, archaeological findings, including a number of relief carvings on the
famous Borobudur temple in Central Java, indicate that herbs and spices have been used for
medicinal purposes for thousands of years. Being located at the cross-roads of international
trading routes, the Indonesian archipelago has a long history of contact with Chinese and Arab
traders, who introduced plants, herbs and spices, and brought with them insights from Indian
Ayurvedic traditions, traditional Chinese medicine, Arab healing practices and ancient Greek
medicine. The abundant forests of Java provided healers with a great range of ingredients,
including ginger, Javanese turmeric, galangal and cardamom, which are all still popular jamu
ingredients. Even tree bark was used for intestinal complaints, despite being extremely bitter.

At the fifth meeting of jamu manufacturers in 2007, President Susilo Bambang Yudoyono
appealed to industry representatives to increase their exports. Increasing awareness of natural
remedies and alternative medicine could lead to a greater interest in what Indonesia has to
offer, but selling jamu to the world is not easy, and virtually all jamu produced in Indonesia is
currently consumed there. Jamu has not always suffered from such a lack of international
appeal. As a matter of fact, European physicians were once fascinated with Java’s remedies.
But with the World Health Organisation estimating that up to 70 per cent of Indonesians use it
on a regular basis, jamu is not going anywhere.

The rise and fall of European interest


The trade in herbs and spices, which started in the sixteenth century, made the European diet
much tastier. It also provided physicians with substances they could use in the treatment of
disease. In fact, the Renaissance of European medicine in the seventeenth century was
mostly based on the herbs and spices and on the medical insights of traditional healers from
India and the Indonesian archipelago.

Over the periods of exploration and colonisation, physicians became intrigued by the ways in
which disease and ailments were treated. In 1619, seven years after the Dutch United East
Indies Company took control of the archipelago, Jacobus Bontius was appointed as Batavia’s
city physician. He was greatly impressed by the ability of local healers to cure a variety of
conditions, in particular dysentery and other intestinal complaints and he investigated local
medical lore. More than five decades later, Hermann Boerhaave, professor of botany and
medicine at the University of Leyden, used the botanical garden, which grew Asian medicinal
plants, to support his teaching. In combination with his clinical teaching methods, he propelled
Leyden to the centre of medical education at the time.
In the meantime, physicians in the Dutch East Indies started to explore indigenous remedies
as well. A small number of physicians were hired to look after diseased soldiers when the
Dutch state took over governance of the Indies after the Dutch United East Indies Company
was declared bankrupt in 1798. Their training had not prepared them to treat the common
medical complaints of the tropics, including various intestinal complaints, malaria and the
tropical infection of skin, bones and joints known as yaws. At the same time, many of the
medications they used to prescribe in Europe were not available in the colonies. If they were
available, they were prohibitively expensive, spoilt on arrival or lacking any potency after the
long voyage. What’s more, new medical research from Paris and later Germany made many
physicians doubt the efficacy of their interventions, which included bloodletting, leeching and
the generous use of mercury compounds. It came as no surprise then that European doctors
felt a keen sense of competition with local healers, who appeared to be successful in treating
the most common tropical complaints.

Some of them set out to learn more about the herbal medicine of the Indies to improve their
own practice. For example, the German physician Carl Waitz used a number of straightforward
methods to find out about indigenous herbal medicine. He went to the local market, where
traders were eager to inform him of the medicinal properties of their wares. He also asked his
wife, an Indo-European woman from Semarang and his in-laws about the home remedies they
used, as well as patients what kind of treatments they normally received. He then tested the
herbs on himself and his patients to ascertain their medicinal properties and asked local
pharmacists to stock them if they had proven to be effective. In 1829, Waitz published a short
booklet entitled Practical Observations on a Number of Javanese Medications, which
demonstrated that a number of common European pharmaceutical prescriptions could be
replaced with Indonesian herbs. His suggestions included using betel leaves as a narcotic
agent and in an infusion as a cure against persistent cough. He also recommended infusions
prepared from the bark of suren trees for persistent fevers and that of sintok trees
(Cinnamomum sintok Blume, of the Laurel family, which also includes cinnamon and the tree
that produces bay leaves) for intestinal problems.

Fascination with local remedies increased the longer the Dutch stayed in the East Indies. In
1850, a medicinal garden was established at the Weltevreden military hospital near Batavia
(today’s Rumah Sakit Gatot Subroto) by the chief of civilian health, Geerlof Wassink. He asked
several physicians in the employ of the health service to experiment with herbal medications
and published the results in the Medical Journal of the Dutch East Indies, of which he was the
editor. Another publication which recorded Indonesian herbal medicine was Materia Indica, a
900-page book by prominent physician Cornelis L. van der Burg. Adolphe G. Vorderman
visited local markets and had conversations with women who practiced herbal medicine. He
also visited Chinese-run pharmacies, which stocked ingredients used by indigenous healers
and Chinese physicians.

The Renaissance of European medicine in the seventeenth century was


mostly based on the herbs and spices and on the medical insights of
traditional healers from the Indonesian archipelago
In 1892, the pharmacist Willem Gerbrand Boorsma was appointed as director of the
pharmacological laboratory at the botanical gardens in Buitenzorg (today’s Kebun Raya in
Bogor). Boorsma hoped that the scientific investigation of medicinal plants would reduce the
distrust between the Indonesians and the Dutch, and would lead to the inclusion of indigenous
healing into the sphere of rational medicine. Through pharmacological experimentation, he
attempted to isolate the active ingredients in medicinal plants (these attempts had already
been successful in the case of morphine, quinine and coca). To locate plants for his research,
Boorsma was eager to find out which plants were used by indigenous healers. He also visited
markets and pharmacists and read herbal medicine guides. Many of his articles appeared over
the following years. After his retirement to the Netherlands, he realised that the search for
active ingredients might not have been all that fruitful. Instead, he argued that the healing
power of jamu preparations lay in the totality of ingredients instead of in a single ingredient and
should be consumed together.

However, the interest of European physicians and pharmacists in Indonesian herbal medicine
decreased significantly after 1900, after several new discoveries and technological
breakthroughs had been made, such as Pasteur’s germ theory, a-septic surgery and the X-ray
machine. When western medicine appeared to become successful, physicians no longer
looked for alternatives. Instead, they wanted to spread western medical insights to the East.

Jamu prevails
Before 1940, Indonesians who wanted to become physicians attended the medical schools in
Batavia and Surabaya. Most of these students had attended European high schools and came
from homes where Dutch was spoken. They considered western knowledge vastly superior to
primitive eastern beliefs and hoped to apply western medical discoveries to improve the health
of the Indonesian population. Neither these institutions, nor their students were very interested
in jamu, which they thought was based on old wives’ tales and superstition. In the meantime,
most inhabitants of the Indies continued to consult traditional healers or Indo-European women
who were known for their knowledge of herbal medicine. Because there were so few European
physicians, most medical care was administered at home. In the outer regions (that is, outside
Java) and in rural areas, there simply was no alternative. There, most medicine was
domestically produced and applied, made from plants that were easily obtained from the
garden or at the market and administered by women.

The attitude of Indonesian physicians changed during the late 1930s, when a number of them,
including Abdul Rasyid and Seno Sastroamijoyo, realised that it would be impossible to
provide adequate healthcare to the entire population if it were based on technologically
advanced, hospital-based interventions and the administration of imported pharmaceuticals.
Instead, they advocated extensive public health initiatives which aimed to prevent disease and
encouraged the use of jamu instead of exclusively relying on expensive western
pharmaceuticals. At the 1939 conference of the Association of Indonesian Physicians, two
traditional healers were invited to give demonstrations. The physicians who attended this
meeting were keenly interested and surprised to learn about Indonesian medicinal arts, about
which they knew very little. The push to use jamu became stronger under the Japanese
Occupation, when western medications were scarce. Then during the Indonesian revolution
and after the transfer of sovereignty in 1950, the lack of hard currency forced Indonesian
physicians to resort to jamu once more.

In modern Indonesia, physicians working in private hospitals still do not consider jamu to be
legitimate medicine. But for the average Indonesian, very little has changed over the last
several hundred years. Western-style health care is rarely used by poorer Indonesians, while
western medications are out of reach because of their cost. It is not surprising then that jamu is
as popular as ever

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