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Secondo l’art 810 i beni sono le cose che possono formare oggetto di diritti. La disposizione,
nell’istituire il collegamento tra beni, cose e oggetto di diritti, fornire all’interprete 2 importanti
indicazioni: 1. sono beni non tutte le cose ma soltanto quelle che possono costituire oggetto di diritti;
2. il termine cosa è generico ed è usato come sintesi verbale per indicare tutto ciò che, di materiale o
di immateriale, può formare oggetto di diritti. Sotto questo profilo si distinguono: -Beni
materiali: cose corporali sono beni giuridici percepibili mediante l’uso dei sensi; -Beni
immateriali: cose incorporali non oggetto di materia, per le quali occorre accertare se esse abbiano
una utilità socialmente e giuridicamente meritevole. La
disposizione normativa (810), la nozione tradizionale di bene, imperniata sul carattere della
corporalità e su quello della suscettibilità di godimento esclusivo, si rivela inconferente rispetto alle
nuove categorie di beni, determinate dall’evoluzione di fattori economici. Ciò deroga nella categoria
della corporalità i c.d. beni immateriali (software); alla suscettibilità di godimento esclusivo i c.d beni
extra commercium (salute, ambiente); revisione dell’ideologia di res communes omnium (paesaggio)
e res nullius (risorse naturali).
Vi è inoltre una distinzione:
-Beni pubblici, in cui il titolare della situazione sulla cosa è lo Stato o un ente pubblico;
-Beni privati il cui titolare è un privato; -
Beni necessariamente demaniali, appartenenti al demanio pubblico appartenenti esclusivamente ad
un ente pubblico (spiaggia) (822 ss.) -
Beni accidentalmente demaniali diventano tali quando appartengono ad un ente pubblico (strada);
-Beni immobili, con caratteristiche naturali o artificiali che li tengono incorporati al suolo (edificio,
piantagione) (812.2)
-Beni mobili, in via residuale tutti i beni non immobili (812.3); -
Beni mobili registrati, aventi un elevato valore o sono socialmente importanti da essere iscritti in
pubblici registri (815);
-Beni divisibili, divisibili in parti omogenee senza alterare il valore economico;
-Beni indivisibili, non divisibile per natura del bene (animale), dalla volontà delle parti (1111.2);
-Beni fungibili, quando può essere sostituito da un altro bene identico per quantità e qualità;
-Beni infungibili, prodotti definiti come esemplare unico e pertanto non sostituibili;
-Beni generici, appartengono a un determinato genere e hanno rilevanza per il loro peso, numero e
misura;
-Beni specifici, presi in considerazione per la loro individualità;
-Beni infruttiferi, inidonei a produrre altri beni;
-Beni fruttiferi, avente capacità a produrre altri beni qualificati come frutti e possono essere
classificati: 1. naturali (820.1) se derivano direttamente da un altro bene; 2. civili (820.3) che
consistono in utilità derivanti dalla particolare utilizzazione economica del bene e che coincidono con
i redditi che si traggono dal godimento del bene concesso ad altri. I frutti naturali appartengono al
proprietario della cosa che li produce; i 3 acquistano la proprietà con la separazione dalla cosa
madre (appartenenza), sino a tale momento in capo ai 3 sussiste soltanto una titolarità parziale dei
frutti (spettanza). tale distinzione non vale per i frutti civili; -
Beni consumabili, con l’uso sono destinati a trasformarsi e ad adempiere più la funzione originaria; -
Beni inconsumabili, non sono destinati a trasformarsi e il loro uso è ripetibile; -
Il bene può risultare anche dalla particolare connessione tra più cose, si discorre: 1. cose composte,
e sono costituite dalla connessione di più cose, ciascuna delle quali potrebbe essere staccata del
tutto e avere autonoma rilevanza giuridica ed economica; 2. l’universalità di mobili (816) costituite
dalla relazione fra più cose, appartenenti allo stesso proprietario e destinate ad una funzione
unitaria. I singoli beni, se considerati da soli, possono formare oggetto di separati atti e rapporti.
Sotto vari aspetti, l’ordinamento giuridico stabilisce per le universalità un regime proprio e diverso
da quello che disciplina le singole cose: ad esempio la regola “possesso vale titolo” è applicabile ai
beni mobili ma non alle universalità di mobili.
Nell’universitas iuris a differenza della c.d. universalità di fatto l’unificazione dei beni va attribuita
alla legge che ne prevede una disciplina unitaria nella quale possono rientrare beni mobili, immobili,
mobili registrati, diritti obblighi e situazioni giuridiche attive e passive. (beni ereditari 2555).
Le cose composte sono costituite dalla connessione di più cose che, nella destinazione unitaria,
perdono la loro funzione originaria per adempierne, in linea di massima una diversa.
In alcune combinazioni di cose un elemento può avere la sola funzione di essere a servizio o a
ornamento di un altro (817), discorrendo così di rapporto pertinenziale intendendosi per pertinenze
le cose destinate in modo durevole a 817 secondo la destinazione effettuata dal proprietario del
bene principale che deve avere la piena disponibilità, quanto meno materiale (817.2) di entrambi i
beni. Il rapporto pertinenziale si può instaurare sia tra due beni immobili, sia tra un bene mobile ed
uno immobile. La destinazione di una cosa a servizio di un’altra fa sì che la pertinenza assuma un
carattere accessorio rispetto alla c.d. cosa principale.
La proprietà si pone come uno dei fenomeni centrali per il suo stretto collegamento con quasi tutti
gli istituti del diritto civile. La proprietà, correlandosi alla libertà dal bisogno di ogni individuo, si
presenta come il pilastro degli ordinamenti.
Nel Codice del 1942 la proprietà si colloca in un sistema che affida le sue sorti ad una socialità che si
oggettivizza nelle prioritarie ragioni del sistema produttivo, c.d. solidarietà produttivistica. La
proprietà, storicamente concepita in senso statico come fonte di reddito e di godimento, si adegua
al modello industriale della società moderna e si inserisce nella complessità dei rapporti economici.
Intesa quale diritto pieno ed esclusivo di godere e di disporre delle cose, la proprietà va comunque
esercitata entro i limiti e l’osservanza degli obblighi scaturiti dall’ordinamento (832).
L’espressione osservanza degli obblighi stabiliti dall’ordinamento sottintende la realizzazione della
funzione che la proprietà deve assolvere. Emblematica è la possibilità di espropriare i beni che
interessano la produzione nazionale se il proprietario ne abbandona la conservazione, la coltivazione
o l’esercizio (838).
Nella Carta costituzionale, la proprietà è garantita non tra i principi fondamentali, 1-12 cost, né tra i
diritti di libertà, 13-28 cost, ma tra i rapporti economici, 35-47 cost, più precisamente è riconosciuta
esclusivamente come situazione garantita dall’ordinamento 42.1e2 cost.
La proprietà come rapporto obbliga l’interprete a ponderare la posizione del dominus con le altre,
contrastanti rispetto la prima.
La proprietà risulta fortemente vincolata con riguardo ai nuovi insediamenti, i quali sono sottoposti
alla c.d. valutazione di impatto ambientale, disciplinata a livello europeo (dir 85/337/CEE e
97/11/CE). Dalle correlazioni fra il diritto di proprietà e l’interesse dell’ambiente (9 cost) conseguono
limitazioni tanto invasive da giungere ad annullare lo stesso ius aedeficandi del proprietario. Tant’è
che la Corte costituzionale è intervenuta ribadendo che i vincoli urbanistici circoscritti nel tempo e
accompagnati da un indennizzo non si risolvono in sostanziali espropriazioni del diritto di proprietà.
Con l’espropriazione si sottrae o si condiziona coattivamente la proprietà allo scopo di destinare il
bene spropriato ad una finalità reputata di interesse generale (42.3 cost).
Il legislatore a seguito degli interventi della Corte costituzionale e della Corte europea dei diritti
dell’uomo ha reintrodotto, con le norme previste dalla l. 24 dicembre 2007 n.244, il criterio
dell’indennizzo commisurato al valore venale del bene espropriato, assicurando l’integrale ristoro
del sacrificio imposto al privato. In caso di occupazione appropriativa, al privato deve essere
garantito primariamente il diritto ad ottenere la restituzione dell’immobile e qualora ciò non
avvenga, un risarcimento pari al valore attuale dell’immobile.
I rapporti di vicinato si sostanziano in una serie di limiti che il legislatore del 1942 giustificava sulla
base del principio del neminem laedere ma che l’entrata in vigore della Corte costituzionale ha
imposto di rileggere in chiave qualitativamente diversa.
La legge regola i rapporti fra proprietari vicini contemperando il diritto al libero esercizio con il diritto
altrui a non vedersi leso nella propria situazione di godimento. Per cui c’è il divieto per il proprietario
di porre in essere atti che non hanno altro scopo di nuocere o recare molestia ad altri, i cosiddetti
atti emulativi (833): -Divieto di
immissioni di fumo o di calore, esalazioni, rumori se superano la soglia della normale tollerabilità
(844); -Distanza tra
le costruzioni non minore di 3 metri (873); -Comunione
forzosa del muro di confine (874); -Specifiche
distanze per pozzi, fossi, canali, depositi nocivi o pericolosi e piantagioni (889); -Luci e
vedute: esigenza di godere di luce naturale e vedute panoramiche, con la necessità di garantire
comunque la riservatezza dei proprietari dei fondi vicini (900).
Le diverse forme nelle quali si manifesta la proprietà sono specificate sia dalla disciplina codicistica
sia dalla legislazione speciale. Il codice per la proprietà fondiaria (840), di là ogni altra specificazione,
considera la proprietà rurale (846), la proprietà edilizia (869) e i diritti sulle acque (909).
In linea di principio, la proprietà fondiaria è illimitata in altezza e in profondità, illimitato è
propriamente l’interesse del quale il diritto è espressione, valutato secondo le concrete possibilità di
utilizzazione del suolo.
La proprietà edilizia è disciplinata dalla l. urbanistica del 17 agosto 1942 n. 1150, la quale nasce
dall’emergente necessità di regolamentare il disordinato sviluppo edilizio creatosi con
l’urbanizzazione dei centri che o andavano industrializzandosi o, fungevano da punto di
concentrazione di coltivatori agricoli. La legislazione urbanistica è stata poi completata
dall’emanazione della c.d legge-ponte 6 agosto 1967 n. 765 e dalla l. 28 gennaio 1977 n.10 sulla
edificabilità dei suoli, c.d. legge Bucalossi, ed infine dal Testo Unico in materia edilizia. Un particolare
limite posto è costituito dal rapporto tra superficie e volumetria si che ad ogni area corrisponde un
preciso volume di quanto è possibile costruire (l. 17 agosto 1942 n. 1150, modificata dall’art 135
d.P.R 6 giugno 2001). La
proprietà rurale è la proprietà dei terreni agricoli, essa subisce consistenti limitazioni aventi finalità
sociali che attengono alla trasformazione dei terreni per il miglioramento della produzione (857), ai
vincoli ideologici (866), nonché alla minima unità colturale, cioè alla delimitazione di un’area minima
di coltivazione al fine di evitare, l’eccessiva frantumazione.
I diritti del proprietario si estendono al sottosuolo ed allo spazio sovrastante (840). In via di principio
la proprietà del suolo tende a non essere separata dalla proprietà di ciò che si costruisce su di esso: il
legislatore mira a riunire i diritti esistenti sul suolo e sull’opera in un’unica situazione, privilegiando
ora il proprietario del suolo (accessione) ora il proprietario dell’opera edificata (accessione invertita).
Una deroga è costituita dal diritto di superficie nella duplice accezione: come proprietà su una
costruzione già esistente sul suolo altrui, o come diritto di fare e mantenere su suolo altrui una
costruzione, acquistandone la proprietà (952).
Il diritto sulla costruzione e il diritto di edificare configurano situazioni diverse: 1. il diritto di
proprietà sulla costruzione, consiste in un acquisto a titolo derivativo; 2. il diritto di edificare, si
costituisce a titolo originario. Da ciò, si distinguono la proprietà separata e la proprietà superficiaria
là sove, sotto il profilo della disciplina, se si è acquistato un diritto di proprietà, il diritto sarebbe
imprescrittibile; se invece si è acquistato un diritto di edificare e non si edifica nel termine di 20 anni,
il diritto stesso si prescrive.
Il diritto di superficie: si costituisce per contratto, per testamento, per usucapione; si estingue per
decorrenza per termine (954.1), per rinunzia del superficiario (1340.5), per consolidazione; non si
estingue per perimento della costruzione (954.3) in quanto non è alla res che il diritto si superficie
inerisce ma alla più complessa situazione proprietaria alla quale esso è strettamente collegato.
Tale diritto può essere può essere previsto: 1. a tempo determinato, in cui allo scadere del termine
vale il principio dell’accessione e la costruzione accederà al suolo ed il proprietario di quest’ulitmo
diverrà proprietario anche dell’opera costruita (953); 2. a tempo indeterminato, con la l. sulla casa
del 22 ottobre 1971, n.865 si è consentito agli enti pubblici (proprietari del suolo) di costituire un
diritto di superficie per un periodo di 99 anni.