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“Ci dispiace tanto... “ aveva detto la Bakufu.

“Non sarebbe meglio se camminassimo, signore?” chiese Tyrer. Aveva un imponente doppiomento ed era

guercio in seguito a un incidente di caccia, e rispetto alla vita media dei giapponesi era vecchio. Toyama,

daimyo di Kii, era il padre del giovane shògun. Nella stanza c'era un altro materasso per il capitano ancora

impegnato dall'ultima ronda. Al di là dello steccato intravide la sagoma incerta di un tempio buddista. Al

tramonto, quando le cornamuse avevano terminato di suonare la ritirata e la bandiera era stata ammainata come

di rito, il pesante cancello sbarrato e suonate le loro campane, i monaci avevano riempito la notte con uno strano

canto che non aveva mai fine: “Ommm mahnee padmeee hummmmm...”. “Tu non vuoi capire!” “Morte ai gai-

jin!” “Ben presto le nostre due flotte insieme avranno il sopravvento.” Di gente simile se ne trova in ogni porto

perchè qui non esiste ancora polizia né legge sull'immigrazione. Può darsi che la Città Ubriaca sia una valvola di

sicurezza per l'Insediamento ma è comunque poco intelligente andarci dopo il tramonto. “Eeee!” Si trattava di

uno dei più rispettati maestri di Mito, morto a Edo nel terremoto del '55 in cui perirono centomila persone.

“Sì, signore?” “Chi?” In tutto il castello gli uomini si preparavano alla difesa o bardavano i cavalli e

impacchettavano i beni più preziosi degli Anziani in vista dell'eventuale evacuazione che avrebbe avuto inizio

se fosse cominciato il cannoneggiamento o se al Consiglio fosse stata comunicata la notizia dello sbarco delle

truppe nemiche. “Ma no, niente affatto” si affrettò a rispondere Tyrer, sgomento all'idea che quel flusso di

informazioni cessasse ponendo termine a un incontro decisamente interessante. Continuando a sbadigliare

rimboccò la coperta, si sedette appoggiando la schiena contro il cuscino durissimo e aprì la sua piccola valigetta

da diplomatico con le iniziali in rilievo, un regalo d'addio della madre, estraendone un taccuino. Lo richiuse con

un movimento brusco. Erano rimasti a spiare la Legazione fin dal primo mattino. I bonzi, i preti buddisti, li

avevano ignorati quando Hiraga si era svelato spiegando il motivo della loro presenza.
Una quarta imbarcazione con a bordo sir William, Tyrer, Lun e i tre uomini al suo servizio le seguiva. Troppi

soldati.” “Prendete nota del numero di soldati, dei loro andirivieni, quali stanze sono occupate e da chi.” I due

samurai aspettarono e spiarono tutto il giorno. Al tramonto indossarono gli abiti ninja e per due volte Hiraga

cercò di avvicinarsi alla Legazione. Durante uno dei due tentativi arrivò persino a scalare il recinto per una

ricognizione ma dovette ritirarsi in gran fretta quando una sentinella rischiò di scontrarsi con lui.   Esasperato

Anjo si rivolse agli altri tre membri del Consiglio. “E io non vedo perchè aspettare. Andarsene è prudente,

cominceranno a bombardarci da un momento all'altro” disse Anjo. “Questi primi colpi sono stati un

avvertimento.” “E io sono di Choshu e il mio nome è Shodan Moto. Sonno-joi” gridò Hiraga, e si slanciò

contro Watanabe che si ritrasse senza paura. Phillip Tyrer si irrigidì.

Nel suo francese più fiorito e mellifluo disse: “Considererei un onore se voleste avere la bontà di continuare il

racconto, lo dico davvero, è così importante imparare quanto più possibile e io... io temo che le persone che

frequento e con cui parlo siano... ahimè, tutt'altro che parigini, piuttosto barbosi anzi, e all'oscuro delle

raffinatezze in cui i francesi sono maestri. “Quando si crea un vuoto è nostro dovere diplomatico riempirlo...”

“Ecco Kanagawa, e questa è Hodogaya.” “Sonno-joi!” gridò Hiraga correndo al fianco di Ori. Insieme tennero

a bada il gruppo. Il tairò Nakamura che succedette a Goroda ne ampliò ulteriormente i poteri e mise i bonzi e i

gesuiti gli uni contro gli altri ricorrendo all'inganno, alle persecuzioni, alle torture e alle uccisioni. Poi venne

Toranaga. La città davanti alla baia era estesa e dominata da un imponente castello. Sembrava deserta.

“Sembrate ladri. Cos'avete in quella borsa eh? Presentatevi!” La spalla di Ori doleva. Quando si era accorto

della suppurazione non ne aveva fatto cenno a Hiraga e gli aveva taciuto anche il dolore. La testa gli girava

all'idea di doversi battere ma pensò che in fondo rischiava soltanto una morte ammirevole.
“Non si fa?” “Ma monsieur, posso domandarvi come avete fatto a imparare il giapponese... lo parlate

correntemente.” Non ci sarà più nessuna casa in tutto il Giappone che accetterà di farlo entrare.” Aveva un

imponente doppiomento ed era guercio in seguito a un incidente di caccia, e rispetto alla vita media dei

giapponesi era vecchio. Toyama, daimyo di Kii, era il padre del giovane shògun. Altre strade e ponti vuoti. Il

corteo procedeva lentamente a causa dell'ingombrante carrozza che cercava di avanzare lungo strade concepite

soltanto per i pedoni. “Ma sono poche parole e non so nemmeno se le pronuncio correttamente, c'è così poco

tempo per studiare e non ho ancora incominciato a scrivere.” A Kanagawa aveva chiesto a Babcott qualche

consiglio su come scovare un buon insegnante. “Perché non chiedere al padre?” gli aveva risposto il dottore.

Tyrer ridacchiò nervosamente. Ori e Hiragai ancora avvolti negli indumenti ninja, uscirono dal nascondiglio

sulla proprietà del tempio di fronte alla Legazione, scesero dalla collina correndo in silenzio, attraversarono il

ponte di legno e si immersero nei vicoli. Il predecessore di sir William l'aveva abbandonata l'anno prima,

quando i ronin nottetempo avevano assassinato i due uomini a guardia della sua camera da letto facendo

infiammare gli animi degli inglesi ma esultare quelli dei giapponesi. André rise e prese un altro libro. Un cane

si precipitò ringhiando da un vicolo scomparve guaendo colpito da un calcio che lo fece volare per dieci metri.

Accese la candela che qualcuno gli aveva preparato accanto al letto. “Sì... se avessi ricevuto il documento! Ma

io non l'avrei mai accettato, sarei stato sempre lontano oppure avrei cercato di trattenere il principe o impiegato

una qualsiasi delle mille tattiche possibili, o sarei sceso e patti con Sanjiro, istigatore della “richiesta”, oppure

ancora avrei chiesto a uno dei nostri sostenitori alla corte di presentare una petizione all'imperatore nella quale si

domandava di ritirare il suo appoggio alle richieste” ribattè seccamente Yoshi. “Il nostro errore fu di non

intercettare Sanjiro e ucciderlo” disse Toyama.   “Sì.” Hiraga ripartì orientandosi in quel labirinto di vicoli con

passo sicuro, tenendosi al riparo dove poteva ed esitando negli spazi aperti fino a quand'era certo che fossero
soli. Non voleva vedere e soprattutto incontrare nessuno. Dovrei correre il rischio, se me lo potessi permettere?

Dopotutto André me ne ha fornito una buona ragione: “Per imparare in fretta il giapponese, monsieur, la cosa

migliore è procurarsi un dizionario da camera da letto... è l'unico modo” . “Anch'io, al seguito di monsieur

Seratard, il nostro ministro. Eravate alla Legazione di Parigi prima di venire qua?” Poi Yoshi guardò gli altri

due che erano entrambi membri del clan Toranaga. Nessuno ricambiò il suo sguardo.

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