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I Quadernetti Poetici

di
“SiFaPerFarBenEdizioni”

18

“Tabula Rosa”
“SiFaPerFarBenEdizioni”, improbabile casa editrice nata della libera fantasia di
Roberto Marzano, presenta il “18° dei Quadernetti poetici – Tabula Rosa”.
Il progetto a tema “libero come l’amore” ha visto la partecipazione di 49 artisti
provenienti da ogni parte del nostro paese e Grecia, Cuba, Inghilterra e Uzbekistan.
Poeti, narratori, fotografi e pittori che si sono uniti a comporre le colorate pagine di
quest'ultima avventura.

Troverete, nell’ordine di arrivo dei contributi, opere di: Roberto Marzano, Orietta
Biggi “Oriens”, Dispositivo Sensibile, Alessandra Vinotto, Eloisa Ticozzi,
Silvia Favaretto, Alessandra Sorcinelli, Mary Blindflowers, Roberta Benna,
Marino Tarizzo, Enrico Mario Lazzarin, Enrica Gugliotta, Petros K.
Veloudas, Davide Cortese, Carmen Ingrao, Michela Zanarella, Chirio, Stefi
Pastori Gloss, Fabrizio Casapietra, Fabrizio Nuovibri, Patrizia Camedda,
Stefano Urietti, Sherzod Artikov, Lorenza Auguadra, Giulia Savarelli,
Roberta Sdolfo, Rossana Pavone, Luca Valerio, Anna Sacco
“Oltretresillabe”, Angela Donna, Tania Di Malta, Giovanni Odino, Umberto
Barbera, Maria Grazia Ferro, Sandra De Felice, Marcella Saggese, Lia
Aurioso, Yuray Tolentino Hevia, Elena Paredi, Piera Giordano, Marilena
Boffo, Maura Taormina, Maria Ranalli, Lea Giacone, Sabrina Fiamma,
Claudia Purro, Domenico Cavallo, Cinzia Lanfranco, Mario Dettoni, Matteo
Cotugno e Helios Umberto Carbone.

I “quadernetti” sono (volutamente) piuttosto coloriti e colorati, disomogenei nella


grafica, un tantino infantili, quasi naif. L’intento è quello di discostarsi dalla
consueta veste di altre, pur rispettabilissime – detto senza alcuna ironia – antologie.
Proviamo a dare una botta di vita a un ambiente talvolta rigido e ingessato con la
tendenza a prendersi troppo sul serio. Qui, di “serio”, non c’è nessuno! La
partecipazione è libera e gratuita, fatta solo per amore delle arti e della loro
divulgazione. Non c’è selezione, se non quella di pubblicare nell’ordine d’arrivo dei
contributi. Il risultato potrà anche apparire kitsch o un po’ pacchiano, ma la nostra
“poca voglia di serietà” deve in qualche maniera esternarsi, e i “quadernetti” vanno
proprio in quella direzione…
Grazie a tutti per aver partecipato! Roberto Marzano
ROBERTO MARZANO
Aerosol E adesso?

Di vicinanze volatili … e adesso vieni a dirmi che per te


ho fatto il pieno a trabocco nulla è cambiato nel niente dei “vorrei”
lauti sorrisi di aerosol e ci si lascia vivere in disparte
campati in aria di crederci nella corrente di porte semichiuse
libere anime simili a dolci valli, desiderati altrove
nel risuonare sfiorandoci dove inciampiamo lasciandoci la mano
osando baci alle guance su lunghi viali di foglie troppo secche
come lontani parenti che basta un niente
e lascio morsi incompiuti - un soffio di sragione -
con i miei denti spaiati per incendiarle
se spendo in sogni e coriandoli e farne solo fumo.
ma non mi chino a raccoglierli.
E adesso ci direm che fiori e rose
A bocca piena discendono dal cielo fino al collo
proteso come di giraffe stanche
In fondo solo volevo a ciondolar negli oscillanti “dove?”.
guardar i tuoi occhi belli
dimenticarmi dei miei Allora giro intorno alle pozzanghere
rinchiusi dietro cancelli sul mondo capovolto sopra-sotto
a far la posta alla luna non riuscirò a baciarti a testa in giù
abbandonata nel pozzo non sei più tu, e nemmeno io lo sono.
accarezzarti le spalle
dietro il confine del mondo
e una visione di labbra
capelli sciolti alle dita
dove baciavo ranocchie
la bocca piena di stagno.
La ruota del criceto

Quanto fa male la musica stasera


perché l’amore qui mi sfiora appena
D’amaro
in traiettorie, parabole incompiute
miracoli improbabili, eterni terni
Ci separa una steppa
giocati sulla ruota del criceto
ci divide uno strappo
che crede, lui, di andare chissà dove
ché l’amor non s’implora
desiderando più di quel che riesce
ma se è il caso si smette
a immaginare mentre si dorme addosso.
se il silenzio s’imprime
lo si paga d’amaro
Carta copiativa
che qui affonda la lama
sul sentiero che frana. Se sol mi s’indorassero le notti
così che allor di te io non avrei
Rapsodia bolognese mancanza come di un vuoto a perdere
la strada verso nuove mie visioni.
Sono affondato nei fiori
del tuo abito acceso La lontananza fa prudere le braccia
nell’eloquenza di occhi a chi non s’accontenta che di niente
mi son presto perduto che qui l’amore brucia e non si bacia
ché l’addio più avventato se non di rime accese appese al collo.
uccide più degli sguardi Solo con torme di parole in fiamme
se non lascia parole sugli acquitrini della mia esitanza
per deglutire il magone abbandonata in cumuli oscillanti
e mi spalanca la bocca di carta copiativa forse esausta.
che ti avrebbe baciata
se il momento per caso Di fiducia e speranza

in parte, oppure del tutto,


Voglio metterci un passo
non fosse stato lì il caso
di speranza e fiducia
di lasciarti partire.
mentre vago nel bosco
cercando aria di festa al fondovalle che lacera il paesaggio
tra le more e i corbezzoli di foglie fritte sparpagliate a festa
la tua testa poggiata e se la landa sgomma alla campagna
sul mio petto in ascolto e tracima il torrente a perdi fiato
d’immaginifiche favole. come potrò ancora dirti “ingoia il tempo”
allontanandomi così, a poco a poco...?
Amaranto

Tu m’ami, io lo so, t’ho vista bene


nell’ultimo mio sogno d’amaranto
appesa ad un battito di ciglia
sul mio stupore di fiori a capofitto
dove sguazzavi senza più un domani
nel gorgo blu di stelle sul soffitto
e mi cascavi leggera tra le braccia
ripiegando le ali in un cassetto…

Un nuovo giorno

Vorrei abbracciarti appena un po’


A nessun prezzo
stringerti forte senza farti male
sentire il fiato del tuo sentire Osservami alla luce del lampione

il cuore pazzo di questo strano maggio senza illusioni di chissà quale affare

senza il coraggio di prendere una fuga l'amore qui con me non ha effusioni

dal vuoto ottuso che ci avvolge intorno né inutili preamboli a perder tempo

a un nuovo giorno che sfuma lento s'arriva presto al dunque, tutto è concesso...

disperso al vento che ci strappa via.


Il fragile equilibrio tra dare e avere
nel giusto prezzo ha il suo contrappunto
Come potrò ancora dirti
al brivido che attendi attento e ingordo

La fradicia zoppia s'inzolla tumida che il mio servizio speri sia all'altezza

di stallo a brevicollo m'accompagna di tutto l'amore di cui hai bisogno, ma


che a nessun prezzo ti potrò mai dare…
Roberto Marzano, Genova 7 marzo 1959, poeta e
narratore “senza cravatta”, chitarrista, didatta
e cantautore naif.
Barcollando tra sentimento e visioni, verseggia
di vagabondi e di prostitute, di amori folli, di
ubriachi e dei quartieri ultra-popolari dov’è
vissuto. Meditabondo, si arrabatta tra città
arrugginite, bar chiusi, televisori diabolici,
supermercati metafisici, operai, parrucchiere,
nottambuli e oggetti inanimati ai quali dà viva
voce. Un poetare pregno di originalità e di
acrobazie linguistiche, denso dell’ironia
pungente che lo ha già contraddistinto nel
mondo della canzone d’autore dove ha tenuto centinaia di concerti.
Molto applaudite le sue performance musical-poetiche tenutesi in tutta Italia:
variopinti quadretti dove i versi vanno a incastrarsi nelle corde della chitarra, in un
divertente collage di endecasillabi, sberleffi e canzoni scoppiettanti che suscitano,
volutamente, sorpresa e ilarità. Ha vinto svariati premi letterari ed ottenuto recensioni
e pubblicazioni in innumerevoli riviste e blog. Nel 2021, in rappresentanza dell’Italia ha
partecipato all’”International Poetry Festival” organizzato da “Teerandaz” (Bangladesh)
e “Poetry is my Passion”, al “First Virtual Book Fair UK” e alla Maratona Poetica "Tour du
Monde en 24 heures de poésie" a cura di “Recours au Poème - Revue de poésie”.
Ha pubblicato: Extracomunicante. Dov'è finita la poesia? - De Ferrari (Genova, 2012);
Senza Orto né Porto - Edizioni di Cantarena - QP (Genova, 2013); Senza Orto né Porto - Bel-
Ami Edizioni (Roma, 2013); L'Ultimo Tortellino... e altre storie (racconti) – Matisklo
Edizioni (Mallare, 2013); Dialoghi Scaleni – Matisklo Edizioni (Mallare, 2014); Come un
Pandoro a Ferragosto (romanzo) - Rogas Edizioni (Roma, 2015); M'illumino di mensole -
Matisklo Edizioni (Savona, 2016); Downlove e Hanno Ammazzato il Tempo - Paradigma
NOUU – Il caso Editore (Cagliari, 2019).

https://robertomarzano.jimdofree.com/
ORIETTA BIGGI - ORIENS 1

Orietta Biggi, in arte Oriens, nasce a Genova nel 1962 e ama la pittura da
sempre anche se compie studi classici. Espone nel 1990 a Le Corbusier; nel
1995 partecipa al premio Bogliasco in arte. Nel 1998 espone alle Cisterne di
Santa Maria di Castello; nel 2001 e nel 2002 espone in collettive al centro
promotore delle Arti Satura. Nel 2007 espone nella Galleria d’Arte A Modo
Mio; nel2009 ad Incantations; nel 2013 a Plastic Passions; nel febbraio del 2018
nello Studio d’Arte 256, a Vercelli, per il Memorial Francesco Montagna. Nel
2018, allo Zenzero, lascia annotare in un libro le impressioni di chi visita le
sue mostre di cui dice di lei Laura C.: “Dedita per la gioia del colore, per la
serenità di uno sguardo o la sua tristezza, libertà e vincolo dalla forma”; Drosi:
“Vita colore e forma, gioia e perplessità, mistero e tenerezza, grazie per questa
espressione così dolce e rotonda della ricerca al femminile”. E molte altre
impressioni ancora di persone comuni.
DISPOSITIVO SENSIBILE
Poesie di un amore che nasce e che muore

L’INIZIO

Che bello guardare negli occhi di una bella donna (i tuoi)

Vorrei vederti solo un giorno in più, anche domani, poi vediamo; e magari domani, un altro giorno in più,
dopodomani, e così tutti i giorni, ma sempre e solo un giorno in più. Ne più ne meno. Non vorrei approfittarne.
Si tratta di un giorno, in fin dei conti. Solo un giorno in più. E in quell'unico giorno mi basterà solo un minuto.
Niente se ci pensi. Con tutti i minuti che corrono in un giorno. Ma ti chiedo in quell'unico giorno, e in
quell'unico minuto, con tutti i minuti che gli corrono dietro, di tenere il tuo capo fermo e di guardarmi. Di
guardare solo me. Come se non ci fosse altro da guardare al mondo. Solo per un minuto. Solo per quel giorno.

Solo un giorno in più che rompe la quiete


avevo bisogno di vederti degli alberi muti che si agitano
Mi bastava solo al vento fresco dell'autunno che arriva
una minimale dose di bellezza L'attesa non produce nulla
per sopravvivere solo il dolore lancinante dell’assenza
qualche settimana ancora La via di fuga sono le scale della metro
Rinfrescare le mie reti neurali davanti al bar Mariposa
con i dettagli della tua bocca Mi lascio ingoiare dalle viscere della terra
Saperti nomade scompaio nel buio tunnel
in giro per l'Europa sconquassato da carrozze imbestialite
e godere del miracolo col rumore assordante che mi spazza la mente
di vederti convergere qui dai pensieri
davanti a me e dal desiderio di te
per potermi finalmente
rifugiare nei tuoi occhi IL MARE DI MILANO

LA SPERANZA Vorrei essere baciato


sui Navigli
PORTA ROMANA il mare di Milano
Quella brezza costante che si insinua
A volte basta un incrocio l'illusione del canale
per essere felici che promette di portarti
Il mio è quello di Porta Romana al largo
Ci arrivo come se fosse la fine del mondo ma sei sempre lì
non ha senso andare oltre Vorrei una carezza improvvisa
abito dalla parte opposta, non richiesta
ma tutti i giorni voglio arrivare fin qui un azzardo premuroso
affacciarmi su questo limite da imbarazzarmi
convenzionale da far cadere la discussione nel nulla
Annuso l'aria, sento che potresti esserci Vorrei essere baciato senza un motivo
potresti passare, potenzialmente qui Vorrei che si aprisse quella voragine
Vivo l'eccitazione del pescatore che sempre abbiamo sentito
che vede sotto di se passare un banco di pesci sotto i piedi
Amo ogni passante perché potresti esser tu che ci faccia precipitare stretti
perché ognuno mi da una speranza ingoiare dalle viscere della terra
A quest'ora sparire
il passaggio delle macchine è un raro lamento insieme
TUTTO CIÒ CHE MANCA mentre mi avvicino
Dischiudere
Potrai dirmi il mistero delle tue labbra
in qualsiasi momento Se mai capiterà
fai le valige che partiamo baciarti
Potrebbe essere l’Australia o il Cile
Potrebbe anche essere l’Alaska DITA D'AMBRA
ti seguirei ovunque, non fa differenza
Perché tu sei il mare e la montagna Avrò deformato
sei Pasqua e Carnevale qualche angolo dello spaziotempo
sei il mio personale panorama a furia di pensarti
ampio quanto il tuo sorriso Sempre la stessa posa:
Sei il rumore del vento che accarezza l’erba una mano sulla guancia che ti accarezza
quando siamo sulla spiaggia e le tue lunghe dita d'ambra
Sei l’odore di salsedine che accompagnano le mie
tra i grattaceli di Shanghai in silenziosa danza
Tu sei la mia vacanza mentre chiudi gli occhi
Tu sei il mio viaggio Il resto della scena è confuso
Sei tutto ciò che manca in un alone evanescente
tutto ciò che esiste Sento che mi concedi
Tu sei il brivido di freddo il favore del tuo corpo
alle 6 del mattino senza che possa vederlo
che mi sveglia, che mi fa sentire vivo o toccarlo o sentirne l'odore
sul rettilineo che ci farà incontrare Nel pensiero
per un giorno in più rallento la sequenza di immagini
per portare il piacere del tuo sorriso
L'ILLUSIONE fuori dalla finzione del tempo
e accoglierlo sulle mie labbra
senza paura che possa fuggire, ancora
BACIARTI Rallento rallento
per anticipare ogni tuo pensiero
Mi piacerebbe sapere o desiderio o timore
dove potrà capitare rallento fino a gelare il tempo
la prima volta finché non rimane
Nell'androne un'ultima immagine, fissa
il cigolio del portone effige d'eterno amore
che s’accosta
e il tuo profumo che mi chiama LA FINE
mentre sali le scale
Quell'attimo che ti giri verso di me NON SEI TU
e ridi e sei così
vicina Non sei tu
Quel giorno che chiedevi aiuto con quel sorriso traboccante di piacere
per una pagliuzza negli occhi le labbra appena schiuse
e sentivo il tuo odore le lunghe dita ambrate
così forte che mi sfiorano i pensieri
non volevo più staccarmi e lo sguardo che mi spia
sarebbe potuto capitare da qualche zona remota della memoria
E tutte le volte come altre
che mi hai guardato come tante?
intensamente Sono io
tutte tutte le volte col tormento dei fantasmi
l'ho pensato che divorano la notte
avrei potuto che stracciano lenzuola mentre dormo
Sentire l'incertezza del respiro e lasciano voragini
ricolme di sogni in subbuglio Forse, avresti scansato quel pensiero triste
No o dissolto quella stilla di dolore
non sei tu quell'ago conficcato
che manchi così tanto proprio sul neurone mio più felice
Sono io Avresti posato un fiore
solo io sui miei bronchi infiammati
che manco o ti saresti stesa
di tutto sul mio diaframma esausto
Ora che di te non rimane neanche un granello
OMBRE mi affanno a cercarti
nel vicolo cieco della memoria
Non eri tu Sposto ricordi, appendo pensieri
quella notte piego relazioni, apro cassetti
a scaldare l'atmosfera pieni di eventi ammassati
a rendere estatica quell'aria pieni di calze blu e nere
Troppo facile che cerco di accoppiare alla luce del sole
prendersi così senza sosta, senza riuscirci
tutti i meriti fino a che il giorno è perso
Fossi scomparsa Ti cerco
la tua assenza ripiegato su vane sensazioni
avrebbe solo definito ingurgitato dal desiderio
l'archetipo del mio amore Sprofondo, mi assento
il disegno perfetto ritorno, mi confondo
impossibile da realizzare Poi più niente
Le nostre sagome solo mare
proiettavano ombre
sullo schermo di un film LUTTO INESTINGUIBILE
girato chissà quanti anni prima
e impresso nelle nostre memorie Quando muore un amore
Siamo stati entrambi abitanti sembra sia morto un dio
di un luogo straniero non c'è più religione su questa terra
finti protagonisti nulla in cui sperare
testimoni di un miracolo anche se lei non era un dio
che non era avvenuto per noi e ne aveva solo
È durato pallide sembianze
finché nelle nostre vite ma ti aiutava a credere in qualcosa
non si sono accese le luci di più grande
di quel corpo
MARE di quegli occhi
di quelle lunghe dita ambrate
Non saprò mai anche messi tutti assieme
cosa sarebbe stato più grande di quel bacio mancato
baciarti che ti ha lasciato
Quali odori e sapori per sempre
cosa avresti lasciato o tolto solo
dentro di me

Dispositivo Sensibile, è un fisico di formazione, attivo nella ricerca e


nell'insegnamento universitario. Nello studio e nella quotidianità interagisce in
maniera intima con svariati tipi di dispositivi elettronici. Un giorno si è accorto
che questi dispositivi gli parlavano. Invece di andare da un analista, come gli
consigliavano gli amici, ha deciso di scrivere. Quando non è collegato alla presa
elettrica, a volte cade in insoliti sentimentalismi, per uno della sua forgia, e scrive
persino poesie d'amore.
ALESSANDRA VINOTTO 1
Tabula rosa
Cosa c’è prima dell’amore? Cosa era scritto sulla nostra ‘tabula rosa’ prima che una nuova
ondata di passioni arrivasse a cancellare tutto? Chi era nei nostri pensieri, nei nostri cuori, nei
nostri sogni? Evocatrice di sensazioni profonde e sentimenti contrastanti, la passione anima le
nostre vite. E nessuno può dire cosa sia, né deve permettersi di stigmatizzare come debba
essere vissuta. 

Ciascuno di noi si appassiona in modi e tempi diversi, l’oggetto dell’amore non può essere
codificato, prestabilito, imposto. 

Ciascun* deve sentirsi liber* di scegliere la situazione che sente maggiormente propria, liber*
di cambiare pelle, liber* di reinventarsi, liber* di darsi un’altra possibilità, qualunque essa sia
(gli asterischi non sono messi a caso, per quanto inflazionati). 

In amore tutto è lecito, si dice: e per quanto mi concerne non percepisco limiti di sorta, fisici o
mentali che siano: naturalmente purché i protagonisti della storia d’amore siano maggiorenni
e consenzienti (e in questo periodo pandemico a maggior ragione anche vaccinati!).

La poesia, come tutte le arti, ha un ruolo fondamentale nel comunicare e veicolare passione e
libertà. Per questo è difficile che i poeti, quelli veri, siano di vedute limitate: è quasi impossibile
che siano coercitivi, impositivi, che si pongano in modo assolutisticamente negativo o
eccessivamente critico nei confronti dell’amore, di qualsiasi ‘gender’ esso sia. 

Quindi ringrazio il nostro ospite prezioso, Roberto, che stimolando la nostra passione poetica
ci dà modo di esprimere ciò che teniamo dentro e ci aiuta a farci sentire vicini nell’amore,
nonostante le lontananze e tutte le differenze possibili. 

E spero che le mie poesie ‘innamorate’ e le mie opere senza limiti vi possano tengano
compagnia nei giorni privi d’amore (tutti ne abbiamo, purtroppo, e la speranza è solo che
finiscano presto e vengano sostituiti da lustri traboccanti di emozioni amorose!). 
FUORI CONTROLLO L'INCONTRO INGORDO ATROCE VERTIGINE

Ogni me  Universi solitari


Un solo corpo,
É fuori controllo  Mai incrociati, 
Come se indistinte gemme Il tuo corpo,
Che si sfiorano 
Sbocciassero  Il mio corpo:
Un momento
Tutte ad un tratto. Atroce piacere 
Esplorandosi stupefatti
Deliziosa sofferenza
Cerco una forza E subito si divorano 
Che mi contenga Vertigine
In infiniti susseguirsi 
E mi ammaestri Desiderio
Di famelici attimi,
I pensieri Impazienza.
Mai sazi nel loro 
O un martello pneumatico Bestiale ululare.
Che mi sfianchi.
ONDE NUDE

A te, che amo,


alle tue onde perfette
che accarezzandomi amano me.
A noi
e alla tua eterna calma
alla malia che mi avviluppa senza darmi tregua.
Giorno dopo giorno marea dopo marea notte dopo notte risacca dopo risacca
perché sei in me,
fluido salmastro luminoso, perché sono in te.
ELOISA TICOZZI
Scrivere ingentilisce e affina, Ho sognato un garbuglio stanco
prepara il tatto e la parola,
dirige la mente verso l’infinito nel garbuglio inconscio affannato
che mi fa scoprire l’insonnia della notte.
mentre le dita si distendono mute
l’anima ascolta e percepisce La notte mi porta al travaglio più
esasperato
perché quando dormo ingentilisco e
che se un individuo è uno
purifico l’anima
si connette in realtà con la totalità
seppur con dolore
(non ci sono limiti).
(tutti gli esseri viventi amano la notte).
Eppure quando scrivo,
dono il mio sangue alla comunità
Il sogno giace perfetto nei suoi
un dono particolari. Quando sogno abdico la
nulla di più sacro. realtà solo apparentemente. Il sogno ci fa
scoprire elementi e simboli che non
Le mani sono arbitri conosceremmo stando svegli. Mi pare
d’aria e di fumo meraviglioso immergerci, quando
d’anidride carbonica e di metalli pesanti. dormiamo in un mondo così ricco di
sfumature. Forse Platone, quando
Dividono infatti spazi in atomi e particelle. parlava di mondo delle Idee, alludeva a
uno stato simile al sogno, un po’
Le mie mani sono lunghe e tornite ipnagogico. Chissà se sognano gli
animali, chissà se le piante sognano con i
uccelli di una roccia salvifica e pura,
loro limiti. Quando dormo mi immergo
in un fascio di buio e sono lì, distesa nel
eppure non volano come uccelli
letto, in un giaciglio miracoloso, che
(non ancora),
aspetta che il mio corpo si riposi. Spero
si ancorano alla realtà del mondo
che un giorno riusciremo a comprendere
infastidite e disattente
meglio, con più spunti, la nostra
superbe e sincere.
coscienza e la nostra anima, entrambe
certo così importanti per noi.

Eloisa Ticozzi vive a Milano dove è nata il 17


dicembre 1984. Si laurea nel marzo 2021 in
Medicina e Chirurgia all’Università Statale di
Milano. Ha scritto per la rivista El Ghibli,
Igufinarranti e Milanofree. Ha ottenuto dei
riconoscimenti poetici, alcuni dei quali al Concorso
Montano e all’Internazionale Indipendente.
Ha pubblicato una silloge poetica nel 2019, intitolata
“Figli Segreti”, casa editrice Kolibris.
SILVIA FAVARETTO 1

"Guardati dentro" foto di mia opera in argilla raffigurante gli organi genitali
femminili da fuori (vulva) a dentro (Coppa-calderone di creazione)

Silvia Favaretto, innamorata di scrittura e


arte, si chiede come partecipare al progetto
dell'amico Roberto Marzano sul tema amore,
produce quindi acquerelli e vasellame in
argilla in rappresentanza dell'amore
sensuale, incisioni sull'amore fraterno (di
Arianne e Minotauri), fumetti che ironizzano
sulla vita di coppia. In conclusione, è molto
confusa, perché l'amore permea tutto, anche
se non si trova da nessuna parte. E dato che
l'amore non si può spiegare, stavolta non
manda parole. Chi vuole per forza scrittura
la trova, asemica, nella foto che la
raffigura.
ALESSANDRA SORCINELLI
Finestra

Di sera apro anche il cuore


osservo la vita che scorre
(ma piano e resto in penombra)
forse mi basto da sola.

Illumina il sentiero un lampione :


corteggia una vecchia panchina
nessuno si ferma a sentire
giornale che vola nel vento.

Socchiudo oppure già sbircio


piccioni che spiccano il volo
davanzali di malinconie :
stagioni in danze segrete.

Alessandra Sorcinelli. Poetessa cagliaritana,


sindacalista, donna, mamma e funzionario.

Due lauree in materie giuridico economiche.


Attivista in campo sociale contro la violenza sulle
donne.
Vittima ma non vinta.
Resiliente e presente.
Tre pubblicazioni di versi poetici.
Oltre 300 componimenti poetici tra odi liriche versi
sciolti e metricati.
Giurata in concorsi letterari nazionali.
Vincitrice di premi e menzioni in concorsi poetici.
Esperta d'arte, curatrice di mostre e organizzatrice di
Convegni.
MARY BLINDFLOWERS
Ci sono molte forme di amore-disamore. Ecco per voi l’amor-disamor di paro-
laccia e a chi non piaccia può girar la sua bella faccia…

Agli scaricatori le etichette pipìpiscio, amor di parolaccia,


che più qui si muore più si ingrassa,
Ruttando il vaffanculo al frontespizio si cade liscio.
in te Petronio è un epurato vizio,
lo sfizio trillo frillo d’Eumolpo greco peto
Rubare come un editore
nascondi sulle nari con l’aceto,
la matière pierreuse voilà choc Balzac
Stronzo, figlio di,
con cui la merda fa cric croc,
senza dignità,
sotterri sotto un nero frac.
chi ha detto a chi,
E il cul dantesco vero alla trombetta
ah tu noi, poi e spoi,
non è questione di cui si parla, si discetta.
coi senza ma sa,
Aspetta aspetta, borghese, tieni duro
pepé pà tè tà le femmine dei buoi
che all’uovo puro in culo
poioi dei porci,
partorirai violette,
gli spilorci bastardi
tieni le chiappe bianche strette,
gli infami, i petardi in culo
appioppa agli scaricatori
con attraversamento di campo,
le etichette.
le zoccole sul fiume,
l’antilocane e il mulo sordo,
la schiappa del lampo
Amor di parolaccia
senza acume a tribordo,
lo scalzacane rintuzzato nell’untume,
Sbrecca il come e il chi,
ahhhhhhhhhhhhhh non si dice non si fa,
slaccia ponti, dentiere, sì,
brutto figlio di puttana in città,
stecca le arterie di chi russa,
occorre controllare
mecha le megere del Trilussa
la regolazione borghese dell’umore
che hanno un uovo proprio lì,
sul display,
minaccia polvere agli ordigni,
rubare come un editore,
svernaccia i ghigni della massa
ma con fair play.
forse che sì,
Mary Blindflowers. Autrice e pittrice sarda sperimen-tale di matrice onirico-surrealista.
Ha coniato il movimento noto come Destrutturalismo le cui idee sono espresse nel blog
Destrutturalismo e altro e nella rivista Destrutturalismo di cui è direttrice editoriale. Ha
all’attivo diverse pubblicazioni tra saggistica, narrativa, poesia, teatro. Il suo ultimo romanzo
La Stella Nera di Mu, è stato tradotto in varie lingue, presentato all’ultimo Festival di
Edimburgo e alla Fiera di Francoforte. Ha vinto il primo premio di disegno alla Henry Moore
Foundation nel 2019. Uscito da pochissimo, per la Black Wolf Edition, Cristo era femmina.
ROBERTA BENNA
STELLA CADENTE DI MARE
mercoledì 20 maggio 2020, 14:14

-Sono qui! Mi vedete? Ma perché nessuno mi risponde? Sono io, Aletta!-

La piccola stella di mare rimase ancora un attimo fuori dall'acqua , sullo scoglio
sporgente, poi si abbandonò all'onda e ritornò giù, verso la barriera corallina, pullulante
di vita e colore.
-Lassù non possono sentirti, siamo molto lontani…-
-E tu chi sei?-
-Sono Bolla-

Aletta provò una strana sensazione, davanti a lei un delizioso cavalluccio marino, con
un grosso pancione, la gentile coda prensile avvolta intorno ad un'alga filamentosa, la
pinna dorsale vibrante e i grandi occhi a palla.
-Bolla? Strano nome per un maschio…-
-Mia madre desiderava solo femmine…- e sospirò.

Aletta tornò a guardare il cielo, l'aria così tormentata.


-Saranno preoccupati per me. Sono caduta giorni fa. Avevo sentito parlare di stelle
cadute, ma non ci credevo, pensavo fossero leggende cosmiche!-

Bolla sollevò gli occhi e nel frattempo riprese a divorar plancton con disinvoltura.
-Aspetta aspetta…mi stai dicendo che…sei una stella del cielo?-
-Ci siamo! Un'altra matta!-

La filamentosa alga spirulina sembrava serpeggiare ai moti ondosi, con rimando di un


aspetto minaccioso condito del suo sbottare contrariato.
-Bolla già è tutto particolare. Lui, un cavalluccio marino che ama fare surf nelle correnti
marine sopra un guscio di conchiglia e si sa che pericolo possa essere per i suoi simili.
Ora ci mancava la stella di mare che si crede stella cadente!-

Bolla esalò un bel respiro, ammiccando con i grandi occhi neri neri.
-Non farci caso, lei è Spirula, gelosa perché essendo un'alga è statica e sai…sempre le
stesse cose…sempre la stessa gente…sempre la stessa corrente…Noia, vive nella noia!-

Aletta imbronciata le diede le spalle.


-Non mi importa, so quel che dico! Ero così vicina alla luna che quasi potevo toccarla e
lei poi, lei poi mi raccontava storie bellissime!-

Una lacrima le imperlò la corazza rossa e rugosa. Bolla provò uno strano disagio:
vedere una femmina piangere lo mise in difficoltà. La pinna dorsale riprese a vibrare.
-Raccontami la tua storia se vuoi…
-
Aletta si accostò allo scoglio sporgente, guardando verso il cielo come era solita fare
ogni giorno e ogni notte.
-Mi chiamo Aletta ed ero lassù fino a qualche giorno fa e splendevo nonostante fossi
una piccola stella, di una costellazione sconosciuta. La luna sa tante storie e ad ogni suo
cambio me ne raccontava una, per farmi addormentare.-
-E come mai sei finita qui?-
-Non so cosa sia successo Bolla. Sapevo di stelle scomparse. Fatto sta che giorni fa mi
sono svegliata qui, in fondo al mare, con questo aspetto rugoso, che davvero non mi
riconosco…ho freddo e non splendo più.-
-Hai però delle bellissime ciglia lunghe e una boccuccia che pare un cuore!-

Spirula spezzò l'incanto con una fragorosa risata.


-Freddo? Al reef non fa freddo. Prova ad andare in pieno oceano signorina brillantina!-
I perpetui moti ondosi le conferivano un'aria leggera, ma Aletta la trovava davvero
indisponente e pesante.
-Temo sia difficile tornare lassù però…-
-Potrei provare a fare una specie di fionda con un'alga caulerpa…- mormorò tra sé.
-Ma è un'alga assassina! Potresti invece provare a crearti un nuovo mondo. Se sai
guardare c'è molto. Posso presentarti chiunque, conosco tutti io e poi c'è Dinho, il pesce
palla, lui se vuoi ascoltare belle storie ne conosce di molto interessanti…-
-No Bolla!- lo interruppe urlando Aletta, scuotendo tutte e cinque le braccia rosse. -
Tornerò lassù a qualunque costo. Lassù è il mio mondo. Lassù c'è anche il mio amore…
come farà senza sapere cosa ne è stato di me?-

Bolla indietreggiò. La pinna dorsale smise di vibrare.


-E cosa cambia se lo sa?-

Aletta lo guardò allontanarsi, triste e chiuso in se stesso.


-Spiegati…-
-E' rimasto solo- raccontò Spirula. -Vedi il suo grosso pancione? Aspetta i piccoli…ma la
sua sposa è morta, vittima di un umano, l'ha schiacciata per farsi una fotografia. Per
farsi vedere gli umani farebbero davvero di tutto! Povero Bolla, non si è dato pace per
giorni…-
Aletta si sentì profondamente dispiaciuta, riconobbe di essere un po' egoista a volte.
Era così abituata ad essere combattiva e ad ottenere sempre ciò che voleva. Quante
volte madre Luna l'aveva rimproverata per il suo temperamento? Era stata troppo dura
con Bolla che, in fondo, cercava solo di aiutarla.
-Tu dici che una volta caduta non potrò più salire in cielo quindi?-
Bolla si voltò, l'aria triste era di colpo scomparsa.
-Scusami se mangio e parlo ma…- plancton che fuoriusciva dalla bocca. -Tra il mio
solito appetito e questo da gravido…- Aletta fu sorpresa per la quantità di cibo ingerito
tra una parola e l'altra.
-Credo sia così. Ho visto a volte scie luminose di stelle cadenti…non ho mai pensato vi
trasformaste in qualcos'altro però…Caspita, è parecchio friccicoso!-
-Fricci che?-
-Friccicoso! Affascinante! Incredibile!-

Finalmente Aletta rise. Bolla si fece tutto serio, la pinnetta riprese a vibrare.
-Sei proprio carina quando ridi…e poi…magari non brilli più e ne sei dispiaciuta, ma…io
ti vedo risplendere con questa risata di cuore!-

Aletta accettò l'invito di Bolla a cominciarono a nuotare per il reef. Le formazioni


rocciose formatasi coi coralli avevano colori incredibili che andavano dal rosso più
acceso, passavano per il giallo e l'arancio e si accostavano a magiche tonalità di blu.
C'erano isole e lagune infinite, coralli che offrivano riparo a pesci, crostacei e molluschi.
Bolla non la smetteva di presentarle suoi conoscenti, come Mrs Marge, l'aragosta del
Maine, rifugiata politica, o Banksy, il polpo dispettoso che però faceva disegni magnifici
con il suo portentoso inchiostro, oppure Ofelia, la bellissima pesciolina pagliaccio, stella
di varietà e naturalmente Dinho, un enorme pesce palla vecchio e stanco e per questo
pieno di storie vissute (chissà) da raccontare.

Erano a poca profondità e i raggi del sole irradiavano una luce bellissima. Aletta ogni
tanto rideva quando Bolla, mentre parlava e raccontava, mangiava plancton con
voracità.
-Avevi ragione Bolla, è un mondo bellissimo quaggiù.-
-Non vuoi più provare a tornare nel cielo Aletta? Potrei aiutarti se vuoi…-
-Lo faresti davvero?- chiese, sbattendo le lunghe ciglia incredula.
-Lo farei per te se fosse ciò che desideri!-

Aletta capì di essere amata, Bolla aveva il cuore più grande che avesse mai visto.
-Resto qui Bolla, sono stella di mare ormai. Ho capito che la vita ti trasforma e tutto
può esserti di insegnamento. Resto qui così potrò spezzare gusci di conchiglia con le
mie forti braccia e tu potrai fare tutto il surf che vuoi e insegnarlo ad altri temerari
cavallucci, potrò inoltre fare compagnia a Spirula e le porterò delle perle, sai che è
molto vanitosa? Resterò qui e ti aiuterò con i tuoi figli. Resto qui con te Bolla!-
Da quel giorno, ma forse prima, furono inseparabili.

Lo scoglio sporgente permetteva ad Aletta di salire e vedere il cielo, ma tutto sembrava


davvero tanto lontano ormai.
La nascita dei piccoli fu un evento pregno di emozione e divertimento, per Aletta
particolarmente spassoso quando i cuccioli uno sull'altro emisero il primo precoce -
Mamma, mamma, mamma, mamma…-
Erano davvero tantissimi e bellissimi e Spirula fu davvero lieta per tutte le bellissime
perle delle quali potette ornarsi, di mostrarne sempre di nuove al passaggio della solita
gente.

Un giorno Aletta radunò Bolla e i loro piccoli.


-Vi racconterò una bella storia, quella di SN1987 stella luminosa della grande nube di
Magellano con cui ci scrivevamo lettere avventurose sui buchi neri e le piogge di
meteoriti sfruttando le scie delle comete, oppure di Deneb della costellazione del Cigno,
meravigliosa ballerina o ancora di Shedir, in Cassiopea la mia più grande amica che in
tempi non sospetti aveva detto "Capirai di essere amata quando qualcuno farà qualcosa
che ti renderà libera di scegliere".
Il vostro papà l'ha fatto!-.

Roberta Benna. Nata a Genova il 25 gennaio1969.


Infermiera professionale. Diploma di segreteria d'azienda. 
Amo scrivere da sempre, da quando poi compresi di aver scelto, o chi per me, la scuola
sbagliata. Brevi racconti, poesia e scatti fotografici di vita reale di chi vive al margine,
scorrono impetuosi dal-l'inchiostro.
Ho partecipato a piccoli ruoli teatrali. 
MARINO TARIZZO 1
L'amore è una semplice scusa per affrancarsi dalla solitudine. Più complicato il come-back.

L'amore non è matematica: spesso somma due solitudini e il risultato è uno. Uno stato
condiviso di ben-essere. Almeno temporaneo.

Su una tabula rosa il petrolio può cacciare le colpevoli tarme ma è improbabile possa
accendere la passione.

Su una tabula rosa è cromaticamente indispensabile una tovaglia marrone.

Amava la natura. Quando ne scoprì il suo, parziale, narcisismo, cominciò a diffidarne. Con
discreti buoni motivi.

Bisogna amare se stessi per poter amare l'altro. Ecco perché la prova non può essere
superata. Per converso neppure dal narciso.

L'amore è la misura dell'energia espressa in scala decimata. Senza muri su cui appoggiarla.

Al fondo di una convinta osservazione dei fenomeni, in scrittura pare che sia proprio
l'aforisma il giusto metro dell'amore.

Amava gli animali, le piante, i boschi, le montagne, il mare, l'universo. Ciò che proprio non
gli riusciva era di amare la sua specie. E per quanto m'ingegni non trovo sufficiente abilità
dialettica per confutarne il sentire.
ENRICO MARIO LAZZARIN
N. 489
"Qualcosa"

Solistizio
Chiedo un Tamarindo al tizio del bar bio
Niente rindo
Tama forse
Otto
Va bene il chinotto
Soli in città e niente Tamarindo
Giornata da temporale
poche gocce
Solistizio estivo
Tama forse
Mentre rindo
Niente tama-rindo
Soli - stizio con zia zio soli
Otto chinotti scomparsi
Bisognerebbe arrivare in città di provincia con
torpedone e polvere sul cartone
A Piacenza
Entrare in qualche bar ordinare un Tamarindo
Fresco....

N. 490
"Qualcosa"

Margini espressi
Tazzina
Caffè nell'alba cittadina
Sulle dita di questa mattina
Nel reparto di ortopedia
Un amico ha rotula nuova
Camminare sul filo tracciate linee di
quotidiane vite
Margine tra parola e colore
Mentre ci sorprende sempre il confine
dello stupore di parole nuove.
N. 491
"Qualcosa"

Il tempo nel tempo


Scava goccia
In letti Fiumi
Portano l'altro guardare
Nei fossi danza libellula
Memorie non scritte
Dissolvono pensieri.
N. 488
"Qualcosa"

Ritornano i gesti dei poeti


Mattoni dei manieri racchiudono memorie
Che liberate come i canarini in gabbia non vogliono saperne
di volare via
Stanno ad aspettare dimenticando l'attesa scordando il nome
I poeti ai blocchi di partenza
Si Scambiano cortesie
Tutti in posa
Per la foto di gruppo
Ci andrebbe un pittore
A dipingere le loro anime belle
A prendere per mano le parole e saziarle di colore

N. 487
"Qualcosa"

Piego il tovagliolo
Dopo cena
Lavo i piatti
Penso alle nuvole
Al sorriso dietro al finestrino
Alle nuvole di Marte
Scivola la sera
Nemmeno una capinera
Cristallo lontano
Colore jmmaginato
Spengo la radio
Penso alle nuvole di Marte.

Enrico Mario Lazzarin nasce a Torino


il 22-9-1958.
Si interessa di poesia da sempre.
Dal 2016 presiede l’Associazione Culturale
Due Fiumi.
Poesie e brevi racconti di E M Lazzarin
su:
www.meteodiario.blogspot.com
www.meteosettimo.blogspot.com
E’ da poco uscita la sua ultima raccolta di
poesie “Finestre, papaveri, cortili e code
di lucertole” – Edizioni “Cultura e Società”
ENRICA GUGLIOTTA
Io sono come il mare calmo, ma dentro me a volte le onde mi sommergono e le tempeste
come il mare calmo calmo a volte arrivano senza preavviso . Enrica Gugliotta
Enrica Gugliotta fotografa e poetessa, ho pubblicato 16 raccolte poetiche, 18
antologie poetiche e vari eBook, ho una pagina su Facebook che si chiama “Le
mie poesie”.
PETROS K. VELOUDAS
ΑΠΟΣΤΑΣΗ DISTANCE

Απόσταση από τα μάτια του ήλιου Distance from the eyes of the sun
Σώμα νεκρό,καμμένο στις χρονοβόρες A dead body, burned in the time-consuming
παραισθήσεις του ονείρου. illusions of a dream.

Απόσταση, μοναξιά Distance, loneliness


απο το παραθυρο των επιστολών from the window of the letters
του χρόνου. of time.

Γράμματα μακρινά Letters


πεταγμένα στα σιωπηλά thrown away in the silent
ταξίδια των κρυφών σου voyages of your hidden
αναζητήσεων, στα ναυαγισμένα quests, in the shipwrecked
καράβια του πόθου… ships of desire…

Απόσταση Distance
χαρά ξεχασμένη joy forgotten
στα ντουλάπια της in the cupboards of
άγρυπνης τύχης. vigilant luck.

Μακριά με τα σύνορα Away with the borders


του εαυτού που αναζητά of the self seeking
την δόξα της ταύτισης the glory of the identification of
ελπίδων. hopes.

Απόσταση αυτή This distance is


η κοντινή αναμέτρηση the close confrontation
του μη πραγματοποιησιμου of the unrealizable
σταδίου οραμάτων. stage of visions.

Κλείνει τις γέφυρες It closes the bridges


στην εξάπλωση του εφικτού. to the spread of the possible.

Απόδραση σε απόσταση Escape at a distance


αναπνοής από το σήμερα… Breathing from today…

Με την ιδια απόσταση πνίγεται With the same distance drowns


στα δάκρυα του το φάντασμα του...χρόνου!. the ghost of ... time in his tears !.
ΠΡΩΤΗ ΝΙΟΤΗ FIRST YOUTH

Η βροχή που μεγαλώνει  μες The rain that grows


την νύχτα βαλσαμώνει το χλωμό-θολό at night adorns
τοπίο΄και το χιόνι το βραβείο the cloudy landscape
and the snow the prize.
Μην φοβάσαι το σκοτάδι
Do not be afraid of the dark, it
φταίει το πάθος που το χάδι
is the passion that the caress had
είχε χάσει το σημάδι καθώς ‘ερχοταν
lost its mark ascame
το βραδύ… the night...

Κρίνε πριν σε κρίνουν άλλοι Judge before


θες να φτάσεις το φεγγάρι you want to reach the
όμως σε προλάβαν άλλοι… moon, but others overtake you...

Ένα βότσαλο στη λίμνη θα ταράξει A pebble in the lake will disturb
την  γαλήνη   που νοικιάζατε την μήνι the peace you rented last month
και  άλλος είχε την ευθύνη .. and responsibility for the
Γέλα να σε δούνε τα αστρα starsGella to see you and
και της νιότης η κρεμάστρα in youth the hangeralways
willbe waiting for you to hang
πάντα θα σε περιμένει να
the scalpel.
κρεμάσεις το νυστέρι…..!

ΖΩΗ ΜΕ ΑΝ LIFE WITH AN

Άν αντέξεις στη ζωή σου If you endure in your life


Και αγαπήσεις τη ντροπή σου and love your shame you
Θα μπορέσεις να ιππεύεις will be able to
Το άλογο που...αγναντεύεις! ride the horse you … stare at.

ΠΑΡΑΒΟΛΉ PΑRABLE

Τον άνθρωπο που ψεύδεται The man who lies


Ποτε μην τον πιστεύεις Never do you believe
Τον άνθρωπο που βοήθησε the man whose humanity he showed
Με την καρδία του το πάσχοντα as a gift to worship...
Συνάνθρωπο σαν δώρο να λατρεύεις… the man who robbed
Τον άνθρωπο που λήστεψε στην σκέψη in the thought of ... stealing him! .
Να τον...κλέβεις!...-
Ο Πέτρος Κυριάκου Βελούδας γεννήθηκε το 1977 στο
Αγρίνιο Αιτωλοακαρνανίας, όπου ζεί μέχρι σήμερα.
Πραγματοποίησε σπουδές στην σχολή ανθρωπιστικών
επιστημών του Ελληνικού ανοικτού πανεπιστημίου Πατρών
στο πρόγραμμα σπουδές στον Ελληνικό πολιτισμό.Σήμερα
είναι  παιδαγωγος προσχολικης αγωγης.  Έχει εργαστεί ως
ραδιοφωνικός παραγωγός σε τοπικούς
ραδιοσταθμούς,δημοσιεύει  ποιήματά του,
ευθυμογραφήματά του    σε εφημερίδες του
Αγρινίου(ΜΑΧΗΤΗΣ,ΑΝΑΓΓΕΛΙΑ,ΤΑ ΝΕΑ
ΤΗΣ ΑΙΤΩΛΟΑΚΑΡΝΑΝΙΑΣ, ΠΑΛΜΟΣ) Διετέλεσε
δημοτικός σύμβουλος Αγρινίου(συγκεκριμένα αναπληρωτής
πρόεδρος δημοτικής κοινότητας Αγρινίου 2014-2019),. Στίχοι
του έχουν μελοποιηθεί από συνθέτες ,και υπάρχουν
αναρτημένα στο you tube. Ε ίναι μέλος της Διεθνούς
εταιρείας  Ελλήνων λογοτεχνών. το λογοτεχνικο του έργο
συμπεριλαμβανεται σε πανελλήνια ηλεκτρονικη
εγκυκλοπαιδεια συγχρονων λογοτεχνων, εκδόσεις κεφαλος. έλαβε πιστοποιητικό για την
συμμετοχή του και την απαγγελία ποιηματός του από τον Τυνησιο ποιητη ελαβε το
πιστοποιητικο τον κύριο ΑBDALAH GASMI, υπήρχαν Ελληνες ποιητές απο όλη την Ελλάδα
Exει πολλές ποιητικές διακρίσεις.

Petros Kyriakou Veloudas was born in Agrinio Greece in


1977, where he lives to this day. He received his degree in
Greek culture at the School of Humanities of the Greek Open
University in Patras. He has worked as a radio producer on
local radio stations, while publishing his poems or humorous
stories in the newspapers of the city of Agrinio of MACHITI
ANAGELIA, THE NEWS OF AΙΤΟLOAKARNANIA
PALMOS. He was a municipal councilor of the municipal
community of Agrinio, specifically vice president of the city
of Agrinio from 2014 to 2019. He was a former member of
the Panhellenic Writers 'Union and now an active member of
the Writers' Union of Etoloakarnania. His poems are
included in pan-Hellenic anthologies (published by NEA
ARIADNE, anthology of poets-novelists of Etoloakarnania
during the period 1821-2002. Together with his literary work
he is included in the electronic encyclopedia of the
Panhellenic Contributions by contemporary Greek writers.
He is currently a member of the International Society of
Greek Writers (DEEL). His literary distinctions are commendable in the first pan-Hellenic
prose competition, he was awarded to 1000 Greek poets, he is a member of the International
Society of Greek Writers (DEEL). LARRY NIVEN LITERATURE bonuses of the universal
routes with his poem "the last sheriff" ACTIVITIES-HOBBIES- comic book reader, amateur
radio music producer, lyricist.
ORIETTA BIGGI - ORIENS 2

La stanza del mare


DAVIDE CORTESE
Risveglio
Una mattina mi son svegliato
e non c'era più nulla da temere.
Una mattina mi son svegliato
e potevo essere semplicemente chi ero,
senza che nessuno mi negasse il suo sorriso,
senza essere percosso e offeso,
né maltrattato, né deriso, né ucciso
per ciò che ero senza averlo deciso.
Una mattina mi son svegliato
ed ero fiero di essere chi ero.
Ero nero senza apparire diverso,
ero gay senza apparire perverso,
ero ebreo, musulmano, senza aver perso
la gioia di essere ospite dell'universo.
Una mattina mi son svegliato
e per tutti ero semplicemente un uomo.
E per ciò che io ero: umano,
non c'era affatto da chiedere perdono.

Davide Cortese è nato nell' isola di Lipari nel 1974  e vive a Roma. Si è
laureato in Lettere moderne all'Università degli Studi di Messina con una tesi sulle
"Figure meravigliose nelle credenze popolari eoliane". Nel 1998 ha pubblicato la
sua prima silloge poetica, titolata “ES” (Edizioni EDAS), alla quale sono seguite le
sillogi:  "Babylon Guest House" (Libroitaliano) "Storie del bimbo
ciliegia"(Autoproduzione), “ANUDA” (Aletti. In seguito ripubblicato in versione e-
book da Edizioni LaRecherche.it), “OSSARIO”(Arduino Sacco Editore),
“MADREPERLA” (Lieto Colle), “Lettere da Eldorado”(Progetto Cultura) e
“DARKANA” (LietoColle).
I suoi versi sono inclusi in numerose  antologie e riviste cartacee e on-line, tra cui
“Poeti e Poesia”, “Poetarum Silva”, “Atelier” e “I fiori del male”. Le poesie di
Davide Cortese  nel 2004 sono state protagoniste del "Poetry Arcade" di Post Alley,
a Seattle. Il poeta eoliano, che nel 2015 ha ricevuto in Campidoglio il Premio
Internazionale “Don Luigi Di Liegro” per la Poesia, è anche autore  di due  raccolte  di racconti: "Ikebana degli
attimi", “NUOVA OZ”, del romanzo “Tattoo Motel”, della monografia “I MORTICIEDDI – Morti e bambini in
un’antica tradizione eoliana” e di un cortometraggio, “Mahara”, che è stato premiato dal Maestro Ettore Scola
alla prima edizione di EOLIE IN VIDEO nel 2004 e all’EscaMontage Film Festival nel 2013. Ha inoltre curato
l’antologia “YOUNG POETS * Antologia vivente di giovani poeti” (con postfazione “live” di Giorgio
Linguaglossa) e “GIOIA – Antologia di poeti bambini”(Con fotografie di Dino Ignani. Edizioni Progetto
cultura).
CARMEN INGRAO
Carmen Ingrao. Sono nata in Sicilia nel giugno 1967 ma vivo a Torino dal 1989 dove lavoro, presso
Poste Italiane. Le mie passioni principali, fin dall’adolescenza, sono la musica e la scrittura ma, negli
anni ’80, ho anche recitato, disegnato e dipinto.
Nel 1985, un mio Tema è stato inserito nella graduatoria dei vincitori della “XXXII Giornata Europea
della Scuola.”
Dal 2000 al 2018 ho gestito e curato i testi di una Piattaforma Multimedia, con accesso a Sito Web,
Blog e Social, dedicati alla traiettoria artistica internazionale di Miguel Bosé.
Attualmente curo vari Profili Social.
Dal 2001 a tutt’oggi, le mie poesie e i miei approfondimenti tematici sono pubblicati sul Periodico
d’Informazione politica e cultura “La Voce del Nisseno” diretto dal giornalista Michele Bruccheri.
Da pochi anni ho acquisito consapevolezza che, il linguaggio social media che prediligo, deve ormai
essere affiancato da un impegno maggiore rivolto alla forma tradizionale della scrittura: quella eterna.
Pubblicazioni indipendenti: 2020 : “Ho aperto la porta” – Liriche; “C’erano una volta i 10
Comandamenti” - Racconti brevi vari autori. 2021 : “Vizi Capitali” - Racconti brevi vari autori; “La
luce nel buio” – Liriche di Carmen Ingrao, Lucrezia Ranieri e Daniele Mugnai. Riconoscimenti: Terzo
Premio ”Versi d’Autore 2020” – Cultura&Società - con la poesia “Mutazione Scrittura”.

PIOVUTA DAL CIELO Non è possibile darti un nome,


silente o tumultuosa sei stata un caposaldo
Dal cielo sei piovuta come una stella che mi ha protetta contro ogni male
Illuminando la mia strada tortuosa e impervia, scagliando rabbia e furia verso il nemico.
Il taglio dei tuoi occhi era profondo
le labbra tue carnose e volitive In preda di malevoli vicende
troppa bontà è stata controproducente,
la ribellione era il tuo motore.
me lo dicevi con il tuo fare ardito
Amiche per la pelle divenimmo
per proteggere la mia indomita fibra,
senza alcuno sforzo, naturalmente
ma io testarda dovevo dare il meglio
le anime si sono riconosciute e mi immolavo al subdolo potere.
e camminare insieme era già scritto. Ce n’è voluto di tempo per sciogliere il plagio
Il mondo girava nella nostra mente: tu non ti sei mai arresa urlando il vero a voce alta
speranze, viaggi, musica e tempeste per scuotermi svegliarmi e tutelarmi.
scandirono gli anni senza allentare mai la presa, Io ti ringrazio per tutto quello che mi hai dato
crescere è stato facile, imparare intuitivo la sicurezza, la forza e la certezza di un contatto.
l’intesa era perfetta, procedere essenziale.
Niente e nessuno può ferirmi
Mai le gioie furono complete nemmeno il più machiavellico piano
mai il cuore giacque calmo tanto è potente l’amore che mi brindi.
con il pianeta nelle mani e un paio d’ali L’amicizia mi ha sempre premiata
sfidammo ogni ostacolo senza perdere la calma con fortunati incontri e stretti nodi
e se il dolore ha preso il sopravvento ma tu sei in assoluto quella stella
la forza dell’amore ha vinto sempre che il cielo mi ha donato per l’eterno!
sfidando l'improbabile e l’avverso.
BACIO IL TUO CUORE

Se chiudo gli occhi ti rivedo


giovane e appassionato, divorato dal tuo talento.
Un incontro di luce il nostro
Il contatto tra due anime simili
che si sono afferrate per mano senza lasciarsi più.
7 lustri di amicizia! Posso esclamarlo: 7 lustri!
Benedetti e maledetti dall’urgenza di comunicare
lo abbiamo fatto,
conoscendoci e facendoci conoscere
non per vanità ma per esigenza
inconvertibile vocazione.

Le nostre vite, ora vicine ora lontane,


si sono sempre accarezzate
nel rispetto e nella libertà.
Il reciproco sostegno ci ha irrorarti di linfa
e le rispettive fonti non hanno mai smesso di zampillare
dissetando l’eterno campo in cui
libere si sono innalzate le nostre margherite blu.
Petali con le ali.

Niente è stato facile, né per te né per me


ma non abbiamo conosciuto paura,
sconforto forse, impotenza, paura mai!
Il dono ricevuto doveva essere restituito centuplicato
ed è quello che tu ed io abbiamo continuato a fare
trasformando le nostre vite in un libro nuovo, inedito.
Abbiamo incontrato ostacoli e barriere,
sopportato la stupidità e l’ignoranza,
l’incomprensione e la malevolenza,
sofferto a volte la solitudine
ma la nostra fiamma non si è mai spenta
la parola non ha smesso di fluire e farsi sovrana.

Fiera di te e della tua affermata verità


bacio il tuo cuore
dove si annidano i ricordi del passato
e le urgenze del presente
e da dove il futuro si schiude in volo aperto.
La mia penna è sempre felice quando danza
e su questo scenario immacolato
oggi disegna il tuo sguardo profondo ed il tuo luminoso sorriso,
si sofferma sul tuo coraggio, sottolinea la tua coerenza
e circonda la tua tenacia di chiarore e fiducia.

Spero di averti saputo donare,


In questo lungo tempo che ci unisce,
la vicinanza che tu hai saputo donare a me
anche nella distanza,
(perché la compagnia non è presenza),
quando timida ho chiuso a chiave le mie amate carte
negando al vento il suono della mia voce!
Grazie per il tuo animo attento,
per il tuo silenzio e per ogni giusta parola
quando come te ero giovane, appassionata e divorata dal talento
e adesso che sono adulta, consapevole e fortificata dal temperamento.

Lo specchio ci riflette muto ed eloquente.


Ognuno ha le sue fortune.
Tu sei una delle mie.

INSEGNARE L’AMORE

L’unica cosa da fare


è insegnare l’Amore a scuola
così come si fa con l’italiano, la matematica e la storia
fin dalla prima elementare insegnare l’Amore.
L’Amore con la A maiuscola
quello che non crea differenze e divisioni
l’Amore che parte dal cuore
e inarrestabile si muove per affermare il suo vigore.
Questa non è una poesia ma la speranza
che insieme a una Legge si miri all’Uguaglianza.
L’unica cosa da fare
è insegnare l’Amore a scuola
dalle primarie alle superiori per creare uomini migliori
e sperare in un futuro senza discriminazioni.
È una follia? È un’utopia? Forse
ma è l’unica via per combattere la violenza
conoscere il vero volto della parola Libertà
e salvare qualche vita.
MICHELA ZANARELLA
Quando ama il nostro io si spezza
i corpi entrano a nuoto nella stessa anima
e il cuore dentro ha come una luce disegnata
una voce comune che fa andare gli occhi eretti
ad insegnare la corrente alle mani.
Sembra un pomeriggio d’estate lungo il fiume
con l’orecchio teso agli argini
il nostro amore sveglio in mezzo ai canneti.

Michela Zanarella è nata a Cittadella (PD) nel 1980. Dal 2007 vive e lavora a Roma.
Ha pubblicato tredici libri. Negli Stati Uniti è uscita in edizione inglese la raccolta tradotta
da Leanne Hoppe “Meditations in the Feminine”, edita da Bordighera Press (2018).
Giornalista, autrice di libri di narrativa e testi per il teatro, è redattrice di Periodico italiano
Magazine e Laici.it. Le sue poesie sono state tradotte in inglese, francese, arabo, spagnolo,
rumeno, serbo, portoghese, greco, hindi e giapponese. E’ tra gli otto co-autori del romanzo
di Federico Moccia “La ragazza di Roma Nord” edito da SEM.
CHIRIO

Così ci attende quell’unica strada


a piedi nudi d’amore al ghiaino aguzzo
lo abbiamo scambiato spesso per un pezzo di vetro
ma non ha mai riflettuto i nostri volti
Dovrei chiederti
cosa ci fosse di sbagliato nel volo
è l’istinto che guida un cane alla magione
la ragione a chiamarlo Fufi
“Lasciate ogni speranza o voi che entrate”
recitava il cartello all’ingresso
così
se ne trovano troppe
tutte disseminate dietro ai cespugli
o nascoste dal muschio
legate ai rami di un albero
forse dal volo di un colibrì romano
A volte
mi siedo a levare il pietrisco dalla carne
per non portarmelo dietro
Rimane il buco

Colmalo
Ti prego
SILVIA FAVARETTO 2

Acquerello "Anatomia sexual femenina"


STEFI PASTORI GLOSS
UN UOMO CHE TI AMA

Eh lo so che vorresti un uomo che ti apre la portiera dell'auto quando ci sali.


Eh lo so che vorresti un uomo ascoltare Beethoven la mattina quando si rasa. 
Eh lo so che vorresti un uomo prendere decisioni ponderate ma veloci. Che sa le tue
esigenze e te le esaudisce. Che respira assieme a te. Che sceglie di abbigliarsi proprio come
vorresti tu. Che ama tua figlia come fosse sua. Che sceglie le stesse vacanze che
sceglieresti tu. Che suona alla chitarra le tue canzoni. Che ama appassionato i tuoi
cantanti. Che legge libri come te. Che ha piede leggiadro e mano leggera. Che ha muscoli
guizzanti e occhio laser. Che è pieno di difetti e lo ammette. Che è altrettanto pieno di
ammiratrici ma ammira solo te.  Che è forte proprio perché ri conosce le proprie debolezze.
Che adora l'arte e la visita nei musei. Che la vede nel tuo sguardo. Che pende dalle tue
labbra e non solo in senso figurato. Che adori ogni centimetro della tua pelle. Lo so che
anche tu lo vorresti così. 
Ma l'unico che io conosca sta con me.

Stefi Pastori Gloss scrive a tempo


pieno tra James Joyce e Ungaretti.
Redige un blog di recensioni e un
podcast radiofonico. Ghost writer per
chiunque abbia idee.
Sceneggiatrice ghost writer nei Novanta
anche per Verdone, da oltre dieci anni a
oggi si occupa azioni di contrasto contro
la violenza sulle donne.

Grazie ad un ex partner, la si può


fregiare dello pseudonimo di Gloss,
Gruppo di Lavoro e Osservatorio
Sessismo e Stalking. Nel 2013 esce
CORPI RIBELLI - resilienza tra
maltrattamenti e stalking. II Edizione nel 2016. Nel 2020 è totalmente riscritto: diventa RINASCITE RIBELLI
- resilienza nei maltrattamenti intrafamiliari e stalking, in cui è dato risalto al cosiddetto CODICE ROSSO.
Questo podcast si ispira intenzionalmente ad un film di Nanni Moretti, perché lei stessa fu
sceneggiatrice. Per collaborazioni artistiche: Stefi Pastori Gloss (Gruppo di Lavoro e Osservatorio
Sessismo e Stalking)

https://www.facebook.com/pastoristefania.gloss Instagram: @stefipastorigloss Twitter: @pastoriGLOSS


FABRIZIO CASAPIETRA
Amicizia perduta

Amicizia perduta in un mare


di olio, di una sera con la lingua
di caramella dolce, un po' distratta:
e quanto avevo bisogno di un tuo voto altissimo,
nella scuola delle mie particolari qualità,
avevo perso il conto,
tanto non le scovavano mai:
e' un filo, ormai, se pure ha realtà
la telepatia, che ci lega ormai,
e non lo ricordo neanche più
ricordando tanti ricordi piccoli,
come piccoli corpuscoli:
ma quella sera la',
seduti davanti ad un bancone del locale
dei concerti alternativi, c'eri tu,
diverso più che mai, da me,
con il tuo amore per i numeri aziendali:
e mi dispiace, se in quel momento,
non ho saputo ricambiarti,
ma soltanto disquisirti…
era l'ultimo di febbraio 2020,
e il resto, rimane ripido e rigido,
più dei soliti problemi,
come un nevaio…
ma rimane in me stampato,
quel nostro picco di amicizia,
in quel nevaio di febbraio

Fabrizio Casapietra. Cantautore genovese,


molto apprezzato da cantanti ormai noti a Genova
come G. Zazza e Bobby Soul, e' stato recensito,
con ottimo apprezzamento di pubblico e critica,
da "La Repubblica", "Il Secolo XIX°" e "Mente
locale".
Scrive canzoni e ballate pop melodiche, dolci,
graffianti, ironiche, delicate. Dal vivo, ha
partecipato a prestigiose letture di poesia e
concerti, fra cui "Faber e la città vecchia" (centro
storico, per un tributo a F. De André).
FABRIZIO NUOVIBRI

Messaggio umano per alieni spiritosi


AMORE GABBIANO

Lei era bella, nel suo vestito di dolce gabbiana.


Lui se ne invaghì
ma un impiccione sparse zizzania
che lui beccò
e lei sparì.

Che ne sai tu di un campo di guano


poesia di un amore gabbiano.

La cercò volando al porto,


al ristorante "la discarica da Jonathan"
finché non vide che aveva una relazione
con il suddetto gabbiano impiccione.

Che ne sai tu di un campo di guano


poesia di un amore gabbiano.

Tentò così un suicidio sbrigativo


ingerendo un potente lassativo.
Si librò su una spiaggia affollata di luglio
creando tra tutti non poco subbuglio.

Che ne sai tu di un campo di guano


poesia di un amore gabbiano.

L'uccella si accorse del suo gesto estremo,


volò da Laigueglia fino a San Remo
e prima che lui ci rimanesse secco
lo salvò con la respirazione becco a becco.

Che ne sai tu di un campo di guano


poesia di un amore gabbiano.

Ripristinata l'originale relazione


che fine fece allora l'impiccione?

L'impiccione si impiccò
Ambarabà ciccì cocò.
Apocalisse Snobbata

Fabrizio Nuovibri. Nato nel 1973 a Genova, dove vive e insegna Arte e
Immagine alle scuole medie.
Ha leggendari trascorsi da bassista rock (con Bambi Fossati & i Garybaldi
dal 1996 al 2008) ed è un infaticabile sperimentatore nel campo della
pittura, del collage e della poesia, nella quale inietta abbondanti dosi di
enigmistica. Dal 2016 ha partecipato a numerosi poetry slam in tutta
Italia. La sua prima raccolta “Quando il gioco si fa puro” è di prossima
pubblicazione, ma ne ha già in cantiere altre due.
PATRIZIA CAMEDDA
Canzone d’amori - Love song

La prima volta ti ho amato con gli occhi The first time I loved you with my eyes
eri una doppia striscia you were a double stripe
Poi ti ho amato con le orecchie then I loved you with my ears
eri Tu più di un rullante you were more than a snare
e poi molto ti ho amato con le mani and then I loved you with my hands
ti ho toccato infinite volte I’ve touched you endless times
per convincermi che eri vero to convince me that you were real
ti sfioravo I was touching you
ti premevo delicatamente I pressed you gently
sentivo il tuo peso I felt your weight
Ti ho amato nei sogni di notti insonni I loved you in the dreams of sleepless nights
Quanto, quanto ti ho amato How, how much I loved you
ed era nulla tutto quel sentire and it was nothing all that feeling
Non dimentico di averti amato con l’olfatto I don’t forget I loved you with my sense of smell
Sai di latte, no, sai di bambino you taste like milk no like a baby
è un miracolo, sei il mio bambino it’s a miracle, you’re my baby
con la barba e i capelli lunghi with a beard and long hair
con gli occhi che sono fondi di acque scure e pur brillanti with eyes that are deep waters, dark and bright
con denti resi regolari da fili d’acciaio with teeth made regular by steel wires
con le tue mani che ora mi prendono e mi sollevano with your hands that now take me up and lift me
e sono più in alto del cielo and take me higher than the sky
L’ho detto credendoci che posso morire I said it believing I could die
ho dato al mondo tutto quel che potevo I gave the world everything I could
e ancora un poco di più and even a little more

Rincorro parole I chase words


in queste giornate di pensieri muti in these days of mute thoughts
Volevo prendere un treno I wanted to catch a train
così non sono andata neanche a piedi so I didn’t even walk
ho rinchiuso testa e corpo I locked up head and body
in una stanza con un divano in a room like a exhausted whale
spiaggiata come balena sfinita clumsy body without a song
corpo goffo senza un canto without light, without air
senza luce, senza aria Lacked I wandered
Smarrita ho vagato between the selve of a supermarket
tra gli scaffali di un supermercato buying candy
comprando caramelle
Da donna ho amato molto As a woman I loved very much
amata mai loved never
da madre ho dato e avuto as a mother I gave and received
da figlia ho dato e avuto as a daughter I gave and received
da sorella as a sister
da amica as a friend
da maestra as a teacher
da compagna di percorso as a companion of a journey
ho dato e avuto I gave and received
Ho amato molto I loved very much
con lingua d’argento with silver tongue
in aspre notti senza incanto in harsh nights without enchantment
ho amato molto I loved very much
amata mai loved never
pallide pale
versatili versatile
ambrate amber coloured
derive drifts
ho poggiato piano I leaned down slowly
dietro vetri appannati behind fogged glass
svelanti asfalti cedevoli per i miei passi revealing asphalt yielding for my steps
e mi accorgo che sono solo and I realize I’m alone
sgocciolanti lamenti lenti whines non moans
polveri rugginose rusty powders
disincanti scalcinati slapped disenchanting
tra nubi grattugiate between grated clouds
sotto un sole calante under a setting sun

Patrizia Camedda, nata a Torino, il 16/01/1968. Psicologa, psicodiagnosta, psicoterapeuta,


progettista sociale, giornalista. Membro del direttivo della ONG RE.TE., che si occupa di
cooperazione internazionale allo sviluppo. “Scrivo, scrivo di notte. Mi occupo di teatro sociale
come attrice non professionista e come conduttrice di laboratori di teatro come terapia
complementare. Penso alla poesia come atto curativo, atto autocurativo e atto trasformativo.
Vivo a Settimo Torinese. E’ appena uscita la mia ultima raccolta di poesie “Parole di Latta”.
STEFANO URIETTI

Dolce pioggia Profumi

Quando l’arsura mi sommerge e muore E canto ancora te, o sole mio


per la sete di te ogni mia fibra che illumini i miei giorni, la mia vita
se vieni a me e mi stringi sul cuore e cerca te da quando sei partita
per te e per me c’è un organo che vibra. il nostro gatto e un po’ ti cerco anch’io.

Il desiderio brucia come il fuoco Piccola amica che mi stai accanto


come deserto il sole inaridisce. nei giorni lieti come nel dolore
Dolce la pioggia scende e come in gioco con te trascorro tutte le mie ore
ride ogni erba e il fiore rifiorisce. senza cercare i guai senza rimpianto.

Senza di te non ha senso la vita. E come sorge il sole di ogni giorno


Aspetto solo te pelle di seta. col tuo calore tu mi sei vicina
Quando tu sei con me l’ora è fuggita. e silenziosa mi stai sempre intorno

Tu sei la pioggia dolce che disseta. profumo di caffè nella mattina


Non bela più la pecora smarrita. e nella sera della torta in forno:
Ogni tormento assieme a te s’acquieta. i tuoi profumi amo mia Tonina!
Vestito a fiori

Il tuo vestito a fiori in seta nera


carezza e fruscia le tue dolci forme:
pare riluca un poco nella sera
mentre il giardino antico antico dorme.

Nel cielo che si fa sempre più scuro


tintinnano di già le prime stelle:
dormono tutti già di là del muro
nel gran silenzio delle loro celle.

Un pianoforte canta da lontano


una canzone triste ma leggera:
io stringo un poco la piccola mano

cercando una parola più sincera


poi, nel silenzio, accarezzo piano
il tuo vestito a fiori in seta nera.

Stefano Urietti nasce a Genova nel


1951, si diploma al Lambruschini di
Genova e si laurea in Pedagogia con
indirizzo Psicologico con una tesi su B.F.
Skinner e i comportamentisti americani.
In gioventù, come tanti, scrive “poesie” in
versi liberi e durante gli anni di
insegnamento compone filastrocche e
canti per i suoi alunni.
Su invito di Marino Tarizzo partecipa a
vari Poetry Slam e alle Finali nazionali a
Casa Merini. Socio fondatore, grazie a
Lidia Guerrieri, del Gruppo di Poesia
Castalia, ottiene alcuni riconoscimenti e
menzioni di merito dal Centro Studi
Cultura e Società di Ernesto Vidotto.
Pubblica con “Il mio libro” per il Gruppo
editoriale Espresso due raccolte di
sonetti: “100 Sonetti” nel 2014 e
“Kingseina/Queenseina” nel 2017.
ORIETTA BIGGI - ORIENS 3

Ioriens mail
SHERZOD ARTIKOV
Sherzod Artikov è nato nel 1985 nella città di Marghilan, in Uzbekistan. Si è diplomato
al Politecnico di Fergana nel 2005. Nel 2019 è stato tra i vincitori del contest letterario
nazionale “My Pearl Region” nella sezione prosa. Nel 2020, la sua opera prima La sinfonia
d’autunno  è stata pubblicata in Uzbekistan dalla casa editrice Yangi Asr Avlodi. Nel 2021,
sue opere sono state pubblicate nell’antologia World Writers in Bangladesh,  Asia 
sings e Mediterranean Waves  in Egitto in lingua inglese.  Nel 2021 ha partecipato al
congresso internazionale degli scrittori organizzato in Argentina, alla conferenza letteraria
internazionale “Mundial insurgencial cultural”, dedicate alla vita e all’opera di Federico
García Lorca, all’International Poetry Festival in Tunisia;  all’International Poetry  Carnival
di Singapore.  Quest’anno è stato nominato Global Peace Ambassador dalla Iqra
Foundation,  International Peace Ambassador dal World Literary Forum for Peace and
Human Rights; ha ottenuto il  Certificate of friendship e altri riconoscimenti dalla Revista
Cardenal in Messico.  Attualmente, è consulente letterario del sito culturale pachistano Sindh courier; è rappresentante e
delegato in Uzbekistan della rivista letteraria messicana “Revista Cardenal” e della rivista d’arte e letteratura cilena “Casa
Bukowski”. Sue opere sono state pubblicate in diverse riviste e giornali in Uzbekistan e sono state tradotte in russo, inglese, turco,
serbo, sloveno, macedone, spagnolo, italiano, polacco, albanese, rumeno, francese, greco, ebraico, portoghese, bengalese, arabo,
cinese, indonesiano, persiano e urdu.Sue opere sono state pubblicate su riviste letterarie e giornali in Russia, Ucraina, Turchia,
Montenegro, Serbia, Slovenia, Inghilterra, Germania, Grecia, Italia, Spagna, Romania, Polonia, Israele, Belgio, Albania,
Macedonia, Kazakistan, Bangladesh, Pakistan, Cina, Arabia Saudita, India, Indonesia, Iraq, Giordania, Siria, Libano, Yemen,
Iran, Egitto, Perù, Bolivia, Argentina, Colombia, Cile, USA, Messico, Costa Rica, Guatemala e Nicaragua.

Seguendo il sogno
Improvvisamente mi svegliai. Era mattina. Qualcuno mi chiamava con una voce forte che veniva dalla
strada.
- Zio Nurmat - salutai mentre aprivo il cancello e vidi il mio vicino vestito in modo strano.
- Io... io... - disse in fretta - Ti stavo cercando da molto tempo. Fa un freddo cane. Andiamo dentro-.
Lo zio Nurmat aveva settant'anni, un uomo molto magro e piccolo, ma nessun capello in testa era
caduto. Viveva come un mendicante. Sua moglie era morta molti anni prima, lasciandolo solo con i suoi figli.
A parte le due figlie, che ogni tanto andavano a trovarlo, non c'erano parenti che si prendessero cura di lui.
Era un attore che aveva interpretato solo ruoli minori nel corso della sua vita, un uomo mediocre il cui
sogno di incarnare i personaggi di Shakespeare sul palco si era trasformato in un desiderio ossessivo.
Quest'uomo, il cui unico ruolo significativo in teatro era Bobchinsky ne "L'ispettore del governo", era sincero,
privo della testardaggine intrinseca delle persone anziane, bonario ed energico. A quell'età, non aveva più nulla
da chiedere alla vita, e non aveva nulla del destino di cui da lamentarsi. Ma per qualche motivo, nonostante i
quarant'anni di esperienza, non si sentiva sicuro sul palcoscenico, e per questo, si dice, non poteva interpretare
il ruolo del vecchio Re Lear nella famosa opera di Shakespeare.
- Ho provato molto ieri, caro vicino - disse, correndo nella stanza prima di me a causa del freddo, scaldandosi
vicino alla stufa. - Non funzionava. Non andava bene. In quel momento mi sono detto: come posso provare
così, di sera? Devo provare la mattina, svegliandomi presto. Penso che sia la decisione giusta. Perché ieri sera
ho ripetuto il monologo del re miserabile nell'ultima scena quattro volte. Non andava bene. E questa mattina
l'interpretazione del tuo umile servitore è stata molto meglio.
Mentre diceva questo, si strofinò le mani.
- Posso sedermi sulla sedia? - continuò il vicino.
Il suo corpo sembrava riscaldarsi e si allontanò dalla stufa. - Guarda. Ero seduto così. Non dritto, un po'
ingobbito, perché è così che sta seduto Re Lear. È vecchio, esausto. Gli tremano sempre le mani. Ecco perché
non può abbracciare strettamente il corpo morto di sua figlia. Per di più, spalanca gli occhi, non volendo
credere che sia senza vita.
Aprì gli occhi come riteneva giusto, tirando fuori dalla tasca della giacca un pezzo di carta malamente
stropicciato. Assumendo finalmente la posizione di Re Lear, cominciò a recitare un doloroso monologo, dando
un'occhiata al pezzo di carta.
- Ho alcuni difetti su cui lavorare - disse mentre terminava il monologo. - Dovrò lavorare soprattutto su
quest'ultima scena. Questa è la parte più difficile.
Si alzò dalla sedia, si avvicinò a me e, guardandosi intorno timidamente, sussurrò:
- Anche i grandi attori riuscivano a malapena a recitare quell'ultima scena. Devo prendere sul serio il
monologo e impararlo. Fino a quando mi porterò dietro i monologhi scritti? Se torno a teatro oggi o domani,
non c'è modo di leggere il monologo su un pezzo di carta.
Si strofinò la tempia e fece un respiro profondo.
- Devo risolvere questo problema. È meglio che vada a casa.
Mi ha espresso frettolosamente la sua gratitudine per aver assistito alle sue prove e, stringendo in pugno il
foglio del monologo, è corso fuori dalla stanza.
Dopo che se n'è andato, sono uscito, vestito di tutto punto. Ho trascorso tutto il giorno a lavorare nella
biblioteca della città. Sfogliando libri, ho raccolto informazioni per la mia ricerca sulla letteratura
latinoamericana. Quando sono tornato a casa la sera, ho incontrato di nuovo lo zio Nurmat al cancello. Stava
battendo il pugno con impazienza al cancello. Era vestito come un paio di ore prima.
- Ah, non eri a casa? - disse quando mi vide.
- Sono andato in biblioteca - risposi indicando i libri.
- Oggi sono andato a teatro -, disse, ignorando i libri. -Volevo parlare con il direttore del mio ritorno al lavoro.
Ho aspettato a lungo fuori dal suo ufficio. Ma non è passato. Domani ci andrò di nuovo. Gli dirò che ho deciso
di tornare a lavorare: Interpreterò il ruolo di Re Lear.
Il giorno dopo, quando passai davanti a casa sua, la finestra che dava sulla strada si aprì con uno scricchiolio
del telaio, e zio Nurmat si affacciò.
- Caro vicino - ha gridato, agitando la mano. - Ieri sera ho incontrato il direttore: è venuto. Gli ho parlato della
mia intenzione. Mi ha ascoltato attentamente e ha parlato in modo lusinghiero del mio ritorno. Ma a quanto
pare il lavoro è stato rimandato per molto tempo perché, ha detto, al momento non c'è nessun posto libero in
teatro. Ha detto che mi avrebbe fatto sapere per telefono non appena ci fosse stato un posto libero.
Per i tre giorni successivi, lo zio Nurmat non è venuto a trovarmi. E quando finalmente l'ho incontrato,
sembrava molto seccato.
- Canaglie, canaglie - ripeteva incessantemente.
Era seduto vicino alla stufa, come al solito. Gesticolava molto mentre parlava.
- Le mie figlie sono qui - c'era una nota di rabbia nella sua voce che non era caratteristica del suo carattere. –
Ho detto loro che sarei tornato a teatro, ma non hanno approvato la mia idea. Hanno detto che sono vecchio e
che non posso lavorare come prima. Hanno detto che non posso lavorare adesso. No, questo non succederà! È
il momento giusto per interpretare Re Lear. E la mia età è giusta. Re Lear aveva circa settant'anni.
Improvvisamente si è alzato, camminando da una parte all'altra della stanza con la mano dietro la schiena.
- L'hai visto, vero? - disse, fermandosi improvvisamente davanti a me. - Hai visto che so recitare Re Lear, che
ho studiato profondamente il suo stato d'animo. Avete sentito con le vostre orecchie l'espressività con cui ho
letto il monologo. E loro non hanno nemmeno visto o sentito. Le mie figlie hanno addolorato la mia anima
dicendo parole spietate.
Ho alzato lo sguardo, distratto dalle descrizioni del ritratto di Mario Benedetti: una parte del mio lavoro
accademico.
Non potevo lavorare quando lo zio Nurmat era così nervoso. In quel momento l'acqua nel bollitore elettrico
cominciava a bollire. Ho preparato del tè.
- Il tè alza la pressione del sangue - disse lo zio Nurmat.
Non aveva sete e mise la tazza sul davanzale della finestra.
- Zio, forse le tue figlie stanno dicendo la verità -, dissi mentre bevevo il tè fino in fondo. Poi guardai
tristemente il resto del tè che era rimasto sul fondo della tazza.
Lo zio Nurmat mi guardò con tristezza.
- Non sanno niente.
È qui che affittavo un posto per vivere. Le visite ai miei genitori erano a volte rimandate a causa del lavoro
all'istituto, poiché la scienza richiedeva molto tempo. Da quando ho preso del tempo libero dal mio lavoro al
dipartimento, ho il tempo di visitarli più spesso.
- Domani andrò al villaggio - ho detto quando ho percepito che lo zio Nurmat si era un po' calmato. - Andrò a
trovare i miei genitori, per due o tre giorni, forse una settimana.
Lui ha annuito, come per dire ok.
- Per allora, il direttore del teatro mi avrà chiamato.
Rimasi in paese per un paio di settimane. Le fredde giornate di gennaio sembravano ancora più fredde
lì. Ho continuato il mio lavoro di ricerca senza uscire di casa a causa del freddo. Le giornate erano noiose, e
ho tradotto i racconti di Benedetti in uzbeko. Il giorno in cui tornai in città si verificò una forte nevicata. La
neve era alta fino alle ginocchia. Le strade erano scivolose. Non solo era pericoloso camminare, ma anche
guidare la macchina. Ci muovevamo così lentamente che sembrava che il tachimetro del taxi non funzionasse
a causa della bassa velocità.
Quando sono sceso dall'auto vicino a casa mia, ho notato un'ambulanza vicino al cancello dello zio Nurmat, in
cui l'autista non si muoveva; si rannicchiava sul volante. Dopo un po', un paramedico uscì dalla casa con una
valigia di strumenti medici in mano, e si sedette sul sedile anteriore. Il veicolo si avviò lentamente lungo la
strada. Dopo aver saldato il conto con il tassista, andai a casa dello zio Nurmat. Quando entrai, sua figlia
maggiore Zarifa, che stava prendendo l'acqua dal pozzo, mi salutò. Mi informai sui suoi affari e sulla sua
salute, poi entrai in casa. Lo zio Nurmat era sdraiato nel suo letto e fissava il soffitto. La sua testa era coperta
da una benda bianca.
- Ieri si è ubriacato ed è scivolato nella neve - ha detto Zarifa. - Si è fatto male alla nuca.
Mi sono seduto su una sedia accanto al letto, mettendo via le mie cose.
- Il direttore non mi ha ancora chiamato dal teatro - disse lo zio Nurmat quando mi vide.
Ci fu un breve silenzio. Mi guardai intorno nella stanza. La stufa era spenta, un armadio appoggiato con
due dozzine di libri, un letto a molle e una vecchia sedia. C'era un vecchio telefono sul davanzale della
finestra, una bottiglia di vino vuota accanto, un mucchio di lenzuola e siringhe usate sparse ovunque. La stanza
era molto fredda.
- Caro vicino -, disse lo zio Nurmat ansiosamente, vedendo che avevo portato della legna dal cortile per la
cucina. - Dai un'occhiata al telefono, il filo è rotto?
- No, è tutto a posto - ho detto, dando un'occhiata al telefono. Ho visto i fiammiferi e ho acceso il fornello.
- Oh, bene - disse con grande soddisfazione, rassicurato dalla mia risposta, - se il direttore chiama, il telefono
suonerà -.
Presto la stufa si riscaldò e la legna scoppiettò. Il calore si diffondeva nella stanza. Zarifa deve aver visto il
fumo della stufa ed è entrata nella stanza per scaldarsi.
- Ho imparato a memoria tutti i discorsi e i monologhi di Re Lear -, disse lo zio Nurmat mentre sua figlia
usciva in cortile riscaldata.
Non poteva scuotere la testa a causa della sua ferita. Così ruotava gli occhi mentre parlava.
- Tuttavia, non c'è nessuna chiamata dal teatro. Aspetto ogni giorno. Non ci sono notizie.
Lo zio Nurmat si è addormentato presto, apparentemente il paramedico ha aggiunto dei sonniferi quando
ha fatto l'iniezione anestetica. La figlia più giovane dello zio Nurmat, Zamira, è andata verso il davanzale della
finestra non appena è entrata nella stanza e ha fatto a pezzi le lenzuola sparse. Quando ha finito, si è seduta sul
bordo del letto dove giaceva suo padre.
- Devi andare all'ospedale, senza discussioni- disse, avvicinandosi allo zio Nurmat mentre si svegliava.
Lo zio Nurmat la guardò sorpreso, poi guardò la figlia maggiore che aveva portato il tè nella stanza.
- Non voglio andare all'ospedale. Riceverò presto una chiamata dal teatro.
Le figlie scossero la testa quando sentirono le sue parole.
- 'Non chiameranno', disse Zamira, con un profondo gemito. Sapete perché non ti chiameranno? Perché non
hanno bisogno di te. Ci sono decine di attori in teatro che possono fare la parte di Re Lear. E hanno tutti più
talento degli altri. Il regista non ti darà la parte; la darà a loro. Non ti hanno dato il ruolo principale quando
lavoravi lì; pensi che te lo darebbero ora?
- Le parole di mia sorella sono giuste - Zarifa, la figlia maggiore, ha alzato la voce dalla porta di casa. - Per
tutta la vita hai sognato di interpretare il ruolo di Re Lear. Gran parte della tua vita e della tua giovinezza è
stata spesa per questo sogno. Ma non si è avverato; non era il tuo destino. Ora sei diventato vecchio... Non hai
più l'età per correre sulle orme di un sogno.
Lo zio Nurmat sospirò pesantemente, stringendo il bordo del letto con tutte le sue forze.
- Voi... tutti e due... uscite dalla stanza.
Dopo che se ne furono andate, rimase sdraiato in silenzio, senza staccare gli occhi dalla porta. Quando
parlava, non riuscivo a distinguere se stava parlando a se stesso o a me.
- La mia vita è passata senza seguire un sogno, ma con i problemi di occuparmi delle mie figlie. Tutti i miei
colleghi venivano a teatro la mattina vestiti e pettinati in modo pulito, mentre io venivo in abiti vecchi con la
barba incolta da settimane perché non avevo abbastanza tempo per avere cura di me. Mi sono preso la cura
quotidiana delle mie figlie a causa della malattia di mia moglie. Mi prendevo cura di loro, le lavavo, le nutrivo,
le portavo all'asilo e a scuola; facevo i compiti con loro quando erano malate, stavo con loro in ospedale per
qualche giorno. A causa di questo, non ho potuto lavorare a teatro come avevo sognato di fare. Avevo anche
talento. Ma ci voleva molto tempo per accudire le mie figlie. Quando mettevo in scena uno spettacolo a teatro,
venivo spesso rimproverato dal direttore di scena perché non solo non riuscivo a recitare perfettamente il ruolo
che mi era stato assegnato, ma addirittura non riuscivo a memorizzare i testi dei personaggi. Non riuscivo a
lavorare su me stesso, come gli altri. Non ho letto libri, non ho sviluppato il discorso. Ventiquattro ore al
giorno pensavo solo alle figlie. E hanno smesso di darmi dei ruoli. Agli occhi del direttore di scena, mi sono
guadagnato la reputazione di attore inetto, inadatto a qualsiasi ruolo, completamente irresponsabile, e sono
stato liquidato, scavalcato nella distribuzione dei ruoli prima di una rappresentazione. Non ho recitato nulla per
mesi. Mi sono stati assegnati dei ruoli solo occasionalmente e inaspettatamente, ma erano ruoli minori in
produzioni piccole e impopolari, episodici, con due o tre battute.
Lo zio Nurmat taceva, fissando sconsolato il telefono. Le lacrime gli salivano negli occhi e, accumulandosi,
scorrevano lungo gli zigomi.
- La mia vita non ha mai seguito un sogno - disse, chiudendo gli occhi.
La legna nella stufa doveva essere ormai esaurita, perché il calore della stufa era notevolmente diminuito.
Portai un altro fascio di legna dal cortile.
Mentre cercavo di riscaldare, la porta si aprì e il paramedico che avevo visto quella mattina apparve sulla
soglia.
- Abbiamo cercato di portare tuo padre all'ospedale - disse a Zamira, scusandosi, ma non ha voluto andare.
- Un uomo diventa così capriccioso quando diventa vecchio - rispose la figlia, lanciando uno sguardo
imbarazzato al letto dove giaceva suo padre.
I due uomini posero con cura lo zio Nurmat su una barella. Lui non fece resistenza. Non ha nemmeno
aperto gli occhi.
Sono andato alla finestra, rimanendo per un po' da solo al centro della stanza. Ritagli di fogli su cui erano
stati scritti monologhi e versi di Re Lear erano sparsi sul davanzale della finestra, alcuni giacevano accanto a
una bottiglia di vino e a una siringa, altri dietro un telefono.
- Volevo far prendere aria e riordinare un po' la stanza.
Vedendo Zarifa in piedi sulla soglia, sono uscito nel corridoio. Sono rimasto lì pensieroso, appoggiato al
muro. All'improvviso il telefono squillò. Dopo un po' ho sentito la voce di Zarifa che prendeva la cornetta.
- Hai ricoverato papà? Sto arieggiando la stanza, c'è odore dappertutto. 2019, ottobre.

ОРЗУ ОРТИДАН
Эрталаб бехос уйғониб кетдим. Кимдир мени баланд овозда чақираётганди. Овоз кўчадан келарди.
−Нурмат амаки,- дедим дарвозани очгач, қаршимда кутилмаганда жудаям юпун кийиниб олган қўшнимни кўриб.
−Мен... мен,- деди у шоша-пиша.- Кўпдан бери чақираман. Совуқда қотиб қолдим. Ичкарига кирайлик.
Нурмат амаки етмиш ёшлардаги, жуда ориқ, бўйи паст, кексайган бўлишига қарамай сочларининг бир туки ҳам
тўкилмаган киши бўлиб, уйида бир ўзи яшарди. Хотини анча йиллар бурун қазоси етиб уни ташлаб кетган, иккита қизи баъзи-
баъзида кўргани келиб туришар ва шуларни ҳисобга олмаганда бошқа иссиқ-совуғидан хабар олиб турадиган бирорта қон-
қариндоши йўқ эди.
У умри давомида фақат иккинчи даражали ҳамда эпизодик ролларни ижро этиб кексайган, Шекспир қаҳрамонларини
саҳнада гавдалантириш орзуси ушалмай армонга айланган ўртамиёна, нафақадаги бир театр актёри эди. Театрдаги фаолияти
давомида эсда қолган ягона сезиларли роли “Ревизор” спектаклидаги Бобчинский бўлган бу инсон табиатан самимий,
кексаларга хос бўлган ўжарликдан четда қолган, юмшоқтабиат ва серғайрат кишилар тоифасидан бўлиб, шу ёшида уни хаётдан
сўрайдиган ёки нолийдиган ҳеч нимаси қолмаганди. Аммо негадир Шекспирнинг “Қирол Лир” асаридаги кекса қиролнинг
ролини қирқ йиллик актёрлик фаолияти давомида ўйнай олмаганидан хуноб бўлиб яшарди.
−Кеча роса репетиция қилдим, қўшни,- деди у совқотиб кетганидан мендан ҳам олдин хонага кириб тўғри печнинг
олдига бориб исинаркан.- Бўлмади. Ўхшамади. Шунда ўзимга ўзим кечқурун ҳам репетиция қиладими, тонгда барвақт уйғониб
репетиция қилиш лозим, дедим. Бу борада адашмабман. Шўрлик қиролнинг охирги саҳнадаги монологи бор-ку, ана ўшани
кечқурун тўрт марта қайтаргандим. Ўхшамаганди. Тонгда бўлса қарорим иш бериб каминанинг ижроси кечқурундагига
қараганда дурустроқ чиқди.
У шундай деб қоқсуяк қўлларини бир-бирига ишқаб қўйди.
−Стулга ўтирсам майлими?-давом этди танасига иссиқ югурди шекилли, печнинг олдидан узоқлашаркан.- Бир қаранг-
да. Мана бундай ўтирдим. Тўғри эмас. Сал букчайиб. Қирол Лир шундай ўтиради. У кекса, кучдан қолган-да. Қўллари доим
қалтираб туради. Шу туфайли қизининг жонсиз танасини ҳам махкам қучолмайди. Бундан ташқари унинг жонсизлигига
ишонгиси келмай, кўзларини катта-катта қилиб очади.
У кўзларини айтганидек қилиб очди, орада камзулининг чўнтагидан йиртилиб кетиш арафасида турган қандайдир
қоғозни чиқарди ва пировардида, қирол Лирнинг охирги саҳнадаги ҳолатига тушиб, қоғозга қарай-қарай бўғиқ овозда қайғули
монологни ўқий бошлади.
−Айрим камчиликлар устида ишлашим керак,-деди монолог ниҳоялагач.- Асосан, шу охирги саҳна устида мени
машаққатли меҳнат кутяпти. Ўзиям энг мураккаб саҳна шу-да.
У ўрнидан туриб ёнимга келди-да, дастлаб атрофга аланглаб чиқди.
−Ҳатто, буюк актёрлар ҳам шу охирги саҳнани аранг уддалашган,- деди сўнг қулоғимга яқин келиб.- Монологларга
жиддий ёндошишим, уларни ёд олишим керак. Қачонгача қоғозга ёзиб уларни ёнимда олиб юраман? Эрта-индин театрга
қайтсам, томошабинни олдига чиққанимда бунинг ҳечам иложи бўлмайди-ку.
У гапиришдан тўхтаб, энди кўрсаткич бармоғи билан чаккасини нуқишга тушди.
−Мен ҳозир уйга кириб шу муаммо устида ишламасам бўлмайди.
Наздида рўй бериши эҳтимоли юқори бўлган фавқулоддаги шу ҳодисаларни ўйлаб, у шоша-пиша ўрнидан турди ҳамда
боя ўзи стул устида қолдирган қирол Лирнинг монологи битилган қоғозни олиб, менга репетициясини кузатганим учун
миннатдорчилик билдирганча хонадан чиқиб кетди.
У чиқиб кетгач, мен ҳам кийиниб кўчага чиқдим. Кун бўйи шаҳар марказий кутубхонасида бўлдим. У ерда Лотин
Америкаси адабиёти ҳақида ёзаётган илмий ишим учун турли рисола ва китобларни титкилаб маълумот йиғдим. Кечга яқин
уйга қайтганимда, Нурмат амакини яна дарвозам олдида учратдим. У худди эрталабкидек юпун кийиниб олиб, қўлини мушт
қилганча тинмай дарвозамни тақиллатарди.
−Э, уйдамасмидингиз?- деди мени кўриб ва ёнимга келди.
−Кутубхонага кетгандим,- дедим унга қўлимдаги китобларни кўрсатиб
−Бугун театрга бордим,- деди у китобларга аҳамият бермай.- Ишга қайтишимни директор билан маслаҳатлашгани.
Хонасининг олдида уни роса кутдим. Лекин келмади. Эртага яна бораман. Унга ишга қайтишимни айтаман. Ишга қайтиб, қирол
Лирни ўйнайман.
Эртасига унинг уйи олдидан ўтаётганимда, уйнинг кўча томонга қараган деразалари шарақ этиб очилиб, деразанинг
олдида у пайдо бўлди.
−Қўшни,- деди менга қўлларини силкитиб бақираркан.- Театрга бориб директорга учрадим. У келди. Мақсадимни унга
айтгандим, мени диққат билан эшитди. Қайтишимга ижобий қаради. Фақат бу иш бир оз кечиктирилади шекилли, чунки театрда
ҳозир бўш жой йўқ экан. Бўш жой бўлиши билан менга телефон орқали хабар беришаркан.
Кейинги уч кун мобайнида Нурмат амаки бошқа олдимга чиқмади. Фақат учинчи куни ўтибгина чиқди. У ғоятда асабий
кўринарди.
−Ярамаслар, ярамаслар,- такрорларди бетиним.
У доимгидек печнинг олдига бориб ўтирди. Кўринишидан ким биландир жанжаллашганга ўхшарди.
−Қизларим келишганди,- деди табиатига хос бўлмаган ғазаб билан.- Театрга қайтишимни айтгандим, улар бу фикримни
маъқуллашмади. Кексайдингиз, ишлай олмайсиз, дейишди. Кексайибман, ишлай олмас эканман. Бундан чиқди қирол Лирни ҳам
ўйнай олмас эканман-да. Йўқ, бунақаси кетмайди. Ҳозир уни айни ўйнайдиган пайтим. Ёшим хам тўғри келади. Қирол Лир
етмиш ёш атрофида бўлган.
У ўрнидан сапчиб оёққа туриб, қўлларини орқасига қилиб олганича хонада бемақсад у ёқдан бу ёққа юра бошлади.
−Ахир сиз кўрдингиз, тўғрими?- деди баногоҳ қаршимда тўхтаб. – Қирол Лирни ўйнай олишимни, унинг аҳволини,
руҳиятини чуқур ўрганганимни ўз кўзларингиз билан кўрдингиз.Унинг монологини таъсирли қилиб ўқиганимни қулоқларингиз
билан эшитдингиз. Улар эса кўришгани йўқ, эшитишгани ҳам йўқ. Шунга бемаза гапларни гапириб дилимни хуфтон
қилишяпти.
Мен қилаётган ишимдан бошимни кўтариб унга юзландим. Марио Бенедеттининг портретига чизгиларим ҳам бир
чеккада қолиб кетди. Бу илмий ишимнинг бир қисми эди. Нурмат амакини ҳануз асабий ҳолдалигини кўргач, қўлим ишга
бормади. Бу орада хонанинг бир бурчидаги электр чойнакдаги сув варақлаб қайнади. Ўрнимдан туриб чой дамладим.
−Шу тобда чой қон босимимни кўтариб юборади,- деди Нурмат амаки унга чой узатгандим, ичгиси келмай пиёлани
токчага қўйиб.
Мен ўзимга қуйган чойни охиригача ичдим-да:
−Амаки, балки қизларингиз ҳақ гапни айтишаётгандир,- дедим пиёланинг тагида қолган шамаларга маъносиз тикилиб.
Нурмат амаки шунда менга маҳзунлик билан қаради.
−Улар ҳеч нимани билишмайди.
Бу ерда мен ижарада турардим. Институтда ишлаш билан бирга илмий ишни ёзиш кўп вақтимни олгани учун қишлоққа,
ота-онамнинг олдига бориб уларни йўқлаб туришим баъзида чўзилиб кетарди. Шу кунларда институт кафедрасидаги ишимдан
таътилга чиққаним боис эндиликда уларни йўқлаб келишга менда етарлича фурсат юзага келганди.
−Эртага қишлоққа кетяпман,- дедим Нурмат амакига у бир оз ҳовуридан тушганини сезгач.- Ота-онамни кўриб келгани.
Икки-уч кунга. Балки бир ҳафтагадир.
У яхши дегандек бошини қимирлатиб қўйди.
−Унгача менгаям театрдан қўнғироқ қилиб қолишади.
Қишлоқда икки хафта қолиб кетдим. Январнинг совуқ об-ҳавоси у ерда янаям билинди. Шунинг учун ташқарига
чиқмай, хонамнинг ичига қамалиб олиб илмий ишимни давом эттирдим. Хатто ана шундай зерикарли кунларнинг бирида
Бенедеттининг битта ҳикоясини қизиқишда ўзбек тилига ўгирдим. Шаҳарга қайтадиган кунимдан бир кун олдин гупиллаб қор
ёғди. Тизза бўйи қор. Йўллар сирпанчиқ бўлиб пиёда юришдан ташқари машинада юриш ҳам қийинлашиб кетди. Паст тезликда
юргани учун спидометри ишлаб-ишламаётгандек тасаввур уйғотган таксида бир амаллаб шаҳаргача келиб олдим. Уйим олдида
ундан тушганимда, негадир Нурмат амакининг уйи олдида турган “тез ёрдам” машинасига кўзим тушди. Унинг ичидаги
ҳайдовчи машина ролига қунишиб олганча қимир этмасди. Бир оз ўтиб, уйнинг ичидан қўлига тиббиёт анжомлари солинадиган
темир жомадон кўтариб олган фельдшер йигит чиқди ва унинг олди ўриндиғига ўтирди. Машина жойидан секин қўзғалиб юриб
кетди.
Такси ҳайдовчиси билан хисоб-китоб қилгач, уйимга кирмай тўғри Нурмат амакининг уйи томон юрдим. Кирсам эшик
олдида унинг катта қизи Зарифа қудуқдан сув оляпти. Мени кўриб саломлашди. Ундан хол-аҳвол сўраб, ичкарига кирдим.
Хонанинг ичида Нурмат амаки кўзларини шифтга тикканча каравотда ётар, унинг боши оппоқ бинт билан ўраб ташланганди.
−Кеча ўлгудек ичган эканлар. Қорда сирпаниб кетибдилар,- деди ортимдан ичкарига кирган Зарифа.- Орқа миялари
шикастланибди.
Мен нарсаларимни четроққа қўйиб, секин каравотнинг олдига бордим ва у ерда турган стулга чўккаладим.
−Театрдан ҳали қўнғироқ қилишмади,- деди Нурмат амаки мени кўргач.
Орага бир зум сукунат оралади. Мен бу вақтда хонага кўз ташладим. Хонада шу шалдироқ каравот билан эски стулдан
ташқари ичига ўт қаланмаган печь, йигирмага яқин китобдан иборат эшиги қийшайиб ётган шкаф бор эди. Бундан ташқари
парда тортилмаган дераза токчасида эски телефон аппарати турар, унинг ёнида бўм-бўш вино шишаси билан бир уюм қоғоз
ҳамда икки-учта ишлатилган шприцлар ҳар тарафга сочилиб, тартибсиз ҳолда ётарди. Хонанинг ичи ниҳоятда совуқ эди.
−Қўшни,- деди Нурмат амаки ҳовлидан ўтин олиб келиб, уларни ёқиш учун печнинг ичига жойлаётганимда
безовталаниб.- Телефон аппаратини бир қаранг-чи, сими жойидамикин, узилиб кетмадимикин?
−Сими узилмаган, жойида,- дедим қўлимдаги гугуртни чақиб ёндиришдан олдин телефон аппарати турган томонга бир
қараб қўйиб.
−Узилмаган бўлса яхши,- деди у жавобимдан қониқиш ҳосил қилгач.- Қўнғироқ қилишса жиринглайди.
Кўп ўтмай ўтинлар қасир-қусир овоз чиқариб, печь гуриллаб ёнишга тушди. Хонанинг ичида иссиқнинг тафти бир
мунча билинди. Мўридан чиқаётган тутунни кўрди шекилли, ҳовлида иш қилиб юрган Зарифа ичкарига кириб совуқ қотган
қўлларини печга тутиб иситди.
−Кекса қиролнинг ҳамма гаплари ва монологларини ёдладим,- деди Нурмат амаки қизи исиниб бўлиб, ҳовлига чиқиб
кетгач.
У сирпаниб йиқилиши оқибатида лат еган бошини қимирлата олмай қолганди. Шу боис гапирганида фақат кўзларини
мен томонга бурарди.
−Бироқ театрдан қўнғироқ қилишмаяпти. Ҳар куни кутаман. Қўнғироқдан дарак йўқ.
Ҳали фельдшер йигит унга оғриқ қолдирувчи укол қилганида, унинг таркибига ухлатадиган доридан ҳам қўшган чоғи,
Нурмат амаки сал ўтиб ухлаб қолди. Кичик қизи Замира келганида ухлаб ётарди. Замира хонага кириши билан тўғри токча
томон юрди ва у ерда сочилиб ётган қоғозларни қўлига олиб, майда-майда қилиб йиртиб ташлади. Бу ишни якунлагач, келиб
отаси ётган каравотнинг четига ўтирди.
−Қайсарлик қилмай касалхонага ётасиз,-деди Нурмат амаки уйғонгач, унга яқин келиб.
Нурмат амаки гўё ҳеч нимага тушунмагандек бир унга, бир хонага чойнак кўтариб кирган катта қизига пича анграйиб
қараб қолди.
−Касалхонага ётмайман. Менга ҳадемай театрдан қўнғироқ қилишади.
Унинг гапини эшитиб қизлари бирин-кетин бошларини чангаллашди.
−Қўнғироқ қилишмайди,- деди Замира оғир уҳ тортиб.- Биласизми нега? Чунки уларга сиз керак эмассиз. У ерда қирол
Лирнинг ролини ўйнайдиган ўнлаб актёрлар бор. Ҳаммаси бир-биридан истеъдодли. Улар турганида сизга бу ролни
топширишмайди. Худди шундай. Ишлаб юрган пайтингизда топширишмаган, ҳозир топширишармиди?
−Синглим тўғри гапни айтяпти, - деди катта қизи Зарифа остонада турганича.- Қирол Лирни ўйнашни бир умр орзу
қилиб яшадингиз. Ёшлигингиз ва умрингизни катта қисми шу орзу ортидан ўтиб кетди. Аммо, насиб қилмаган экан. Энди
кексайдингиз. Энди бу орзу ортидан чопиб юрадиган ёшда эмассиз.
Нурмат амаки бор кучи билан тўшагининг четини ғижимлади-да, оғир-оғир нафас олди.
−Хонадан чиқиб кетинглар. Икковинг ҳам.
Улар чиқиб кетишгач, эшикдан кўзини узмай бир неча дақиқа гапирмай ётди. Кейин ўзига ўзи гапирдими ё менгами –
тўғриси, буни ажрата олмадим.
−Умрим орзум ортидан эмас, аслида уларнинг ортидан ўтиб кетди. Театрга ҳамма эрталаб озода кийимда ва тараниб-
нетиб келса, мен эгнимда оҳори бузилган кийимлар билан соч-соқолимга ҳафталаб устара тегмаган ҳолда келардим, чунки
ўзимга қараш учун менда фурсат бўлмасди. Хотиним касалманд бўлгани учун қизларимнинг кундалик ташвишлари менинг
бўйнимда эди. Уларга қарардим, ювинтирардим, овқатлантирардим, боғчага ва мактабга олиб борардим, бирга дарсларини
тайёрлардим, касал бўлишса бир неча кун касалхонада олиб ётардим. Шу сабабдан театрда ўзим ҳоҳлагандек ишлай олмадим.
Истеъдод менда ҳам бор эди. Фақат кўп вақтим қизларимга қараш билан ўтарди. Бунинг натижасида театрда бирорта спектакль
қўйиладиган бўлса режиссёрлардан кўп танбеҳ эшитардим, боиси менга топширилган ролларни маромига етказиб ижро этиш
тугул ундаги персонажларнинг гаплари ва монологларини ҳам тузукроқ ёд ола билмасдим. Бошқалар каби ўз устимда деярли
ишламасдим, китоб ўқимасдим, нутқимни ривожлантирмасдим. Хаёлим йигирма тўрт соат қизларимда бўларди.
Кейинчалик бора-бора менга роль ҳам топширмай қўйишди. Ҳамма режиссёрларнинг назарида истеъдодсиз, ролга
маъсулият билан ёндошмайдиган актёр бўлиб қолдим ва кўпинча спекталларга роллар тақсимланаётганида мени четлаб
ўтадиган бўлишди. Мен керак бўлса, ойлаб роль ўйнамасдим. Айрим ҳолларда, тасодифан роль топширишарди. Бироқ, бу
роллар ўртамиёна спектакллардаги аҳамияти йўқ, майда эпизодик роллар бўлар ва менинг ролим баъзида иккита ёки учта
жумлани айтишнигина ўз ичига оларди, холос...
Нурмат амаки токчада турган телефон томон маъюс нигоҳ ташлаганча жим қолди. Унинг кўзларида кутилмаганда ёш
қалқиб, яноғигача оқиб тушди.
−Умрим асло орзум ортидан ўтмади,- деди бир маҳал кўзларини юмаркан.
Печдаги ўтинлар ёниб улгурганга ўхшади, чунки печь турган ердан елкамга урилаётган иссиқнинг тафти анча камайди.
Ташқарига чиқиб, яна бир даста ўтин олиб келдим. Уларни печнинг ичига солаётганимда, эшик очилиб остонада эрталабки
фельдшер йигит пайдо бўлди.
−Хали касалхонага олиб кетмоқчи бўлдик,- деди у ортидан хонага кирган Замирага айб мендамас қабилида.- Ўзлари
унамадилар.
−Одам кексайганида шунақа инжиқ бўлиб қолади,- деди Замира отаси ётган томонга ҳижолат аралаш кўз югуртириб.
Нурмат амакини икки киши замбилга авайлаб ётқизишди ва тезда касалхонага олиб кетишди. У айтарли қаршилик
кўрсатмади. Кўзлариниям очмади.
Хонада бир муддат ўзим ёлғиз қолгач, деразанинг олдига бордим. Унинг токчасида қирол Лирнинг монологи ва сўзлари
битилган қоғозлар майдаланган ҳолда, айримлари вино шишаси ва шприцларнинг атрофида, айримлари эса телефон
аппаратининг рақамларини беркитганча сочилиб ётарди.
−Хонани бир оз шамоллатиб, тозалаб олсам дегандим.
Остонада турган Зарифани кўриб хонани бўшатиш учун йўлакка чиқдим. Йўлакда бир оз деворни ушлаб ўйчан турдим.
Шунда ичкаридан телефоннинг жиринглагани эшитилди. Бир оз ўтиб гўшакни кўтарган Зарифанинг овози эшитилди.
−Касалхонага жойлаштирдингми? Мен хонани шамоллатяпман, деворларигача ҳидланиб кетибди. 2019 йил, Октябрь
LORENZA AUGUADRA
Eroticovid

Certi minuti sono in calzino di rincorsa


che rallenta tra fogli girati d’alba
tu caldo io preda. Certi tempi
sono lenzuola in mascherina
e guanto all’inguine del rischio:
è un virus che s’infila in vicinanza
e il sesso si sregola in bavaglio.

Grata al ronzio

Avevo l’ellisse della Terra nel cervello


pensavo fosse tondo il ritornello
del pazzo rincorrersi bambino
puntuale come una pera
si stemperò nel catrame dell’ora
quella faccia da scemo
dell’inciampo insidioso.
La vita era una scala altissima
per il mio viaggio un polline sulle stampelle
ingarbugliato in un ronzio in bemolle.

Del cattivo esempio

Sola nel frivolo di un tempo solo


ho la coperta del libero pensiero.
Come una vecchia ricucita
sul ciglio dell’ultimo scialletto
canto alle vergini la grandezza del burrone.

Lorenza Auguadra è nata e vive in provincia di Como. Si occupa di salute e sicurezza del lavoro anche
come formatrice.
Pubblicazioni: Sbagliare è umano, un viaggio nella realtà carceraria narrata con il linguaggio poetico, ed. CTL,
Livorno, 2019; per l’Istituto di storia contemporanea Pier Amato Perretta di Como ha collaborato al libro “…
noi andavamo fora” I giuliano-dalmati nel territorio comasco, ed. Il filo di Arianna, Bergamo, 2018; il saggio
storico I Francescani Secolari a Cermenate, una ricostruzione dalla fine del XV secolo ai nostri giorni, ed. A.
Dominioni, Como, 2017; il diario di viaggio Ho visto sorgere il sole a Sarajevo, in cui riflette in presa diretta su
uno dei più atroci conflitti della fine del secolo scorso, ed. Àcàrya, Como, 2015; la raccolta di poesie Salmo a
sera, ed. Pagine, Roma, 2014; la raccolta di fiabe Gelato a colazione, ed. Italia Letteraria, Milano, 1997.
Diverse sue poesie sono contenute in agende, riviste, e antologie di rilevanza nazionale e internazionale e in
video You Tube.
SILVIA FAVARETTO 3

"Hilos de hermandad" (incisione su linoleum)


GIULIA SAVARELLI

Giulia Savarelli (Castiglion Fiorentino, 1990) è laureata in Lingue presso l’Università di Roma Tre e frequenta la scuola di
fotografia Csf Adams con sede a Roma . Attualmente vive a Rende (CS), dove insegna lingue e letterature europee . Autrice di vari
libri, nel 2017 pubblica il racconto Come volersi sul settimanale “Oggi”, nel 2019 il romanzo Vic, dopo la tempesta (Edizioni Effetto)
e nel 201 il romanzo Giunio di giugno (Edizioni Effetto) e il saggio Noi in noi . Viaggio introspettivo attraverso l’autoritratto
fotografico (PAV Edizioni). È membro dell’Associazione culturale fotografica “Ladri di luce”, collabora con il blog “I racconti delle
ragazze” e con la rivista “22 pensieri” . Assieme agli autori Alessandro Genovese e Doriana De Vecchi, tiene “Il caffè delle arti”,
luogo di incontro per artisti a tutto tondo.
ALESSANDRA VINOTTO 2

LE PRATERIE DI POSEIDONIA ELEMENTI COMPROMESSI

Ero in te L'anima pretende brivido.


e ogni parola era inutile. Il cuore fuoco,
Ma ti chiedevo, La pelle frescura.
perché ad ogni domanda
mi innamoravo del tuo respiro di alga. Complicato compromesso.
I COLORI DEL TUO PEREGRINARE

Vivificata 
Dai turbini delle correnti, 
Mi doni 
I colori del tuo peregrinare.

Effimero gesto,
Grande testimonianza.

Sulla pelle le cicatrici


Di ciò che non è stato.

INONDAZIONE

Il posto è vacante, accanto a me.


Solo tu puoi riempirlo d'immensità.

IN TE

Riconoscersi.
È bello per 
-immediatamente- 
Perdersi. 

CON LA TUA BOCCA NEGLI OCCHI

Mi sei mancato tanto,


Nell'ultima vita.

 Adesso, 
Con la tua bocca negli occhi 
Voglio chiudere il cuore.

E amarti anche nel sonno. 


ROBERTA SDOLFO

Amore a testa in giù Una vita fatta a mano

I vestiti di marca mi stanno stretti


Li ho cuciti tutti insieme e ne ho fatto un
Ognuno a testa in giù aquilone
Nella sua bottega Per volare sopra i tetti
Ad ordinar scartoffie Per planare nella stanza
di un vita complicata di una vita fatta a mano
Di una vita che ci annega Nell'armadio a una sol anta
Tra colori in abbondanza,
Ognuno intento a erigersi
Un vestito in seta pura;
Ancora un po' più in alto La mia vita su misura
Mi chiedo tra me e me
Sotto un cielo blu cobalto
Questi tronchi così Canto
soli
apriranno mai le braccia? CANTO perché il canto mi rende girasole
e giro con il sole in viso
Tenderanno i rami fuori?
Canto perché l' Amore mi trovi
Sotto sotto le radici Canto perché cerco un paradiso
prendon spazio ai lati e in basso Canto perché l' usignolo m" invitò
Finiranno ad incontrarsi intrecciandosi le dita? al coro di primavera
Lo faranno un altro passo? Canto di giorno, canto la sera
Che destino avrà la vita? Canto ai ghiacci che si sciolgono
L'amicizia che in passato fioriva sopra i rami Canto al ritorno dei fiori
Canto per me stessa e per lor signori
S è nascosta sotto terra Canto una canzone antica
È sfuggita dalle mani per sentirmi a casa in terra straniera
Tutti dicono è finita Canto se divento troppo austera
Piangono la dipartita Canto perché il suono mi attraversi
Ma non vedon sottoterra Canto in prosa e canto in versi
Le radici della vita Canto perché il vibrare mi dilati il cuore
Canto perché dal buio voglio uscire
No non vedono nell’ombra
Canto perché c' è tempo per i lunghi silenzi
L' intreccio delle dita Ma adesso è l' ora del canto
E non potrei fare altrimenti
OLTRE In un solo grande uovo
E non c'erano partiti
Vorrei andar oltre i contorni Solo un dolce dondolare
Confondere la mia figura
Nelle luci della sera Vorrei sapere che
Entrare nei colori impressionisti Dopo questa vita
Di un dipinto senza tempo Ci sarà ancora una culla
Che sfumasse il soffitto Un utero di luce
Come un soffio di vento Carezzevole
In questa stanca stanza Di pace
Vorrei essere abbracciata E anime antiche
Da note alate Che apriranno le braccia
Che navighino dentro E sarà poi come fu
E avvolgan come madre Un ricordo di embrione
Vorrei sapere di quel rifugio Che dentro ancor galleggia
Che sarà qui per sempre Vorrei aver certezza
A stringermi e contenere Di riconoscere il mio amato
Questa mia inquietudine Se avrà forma diversa
Che non smette di cercare O forse non l avrà
Un punto che non si sposti Ma io non sarò persa
Un sole incastonato
Al centro nell'immenso Vorrei due o tre minuti
Un calmo smarrimento Di avvolgente Eternità
Ora qui sperduta
Vorrei aver la certezza Seduta col mio cane
Che prima di atterrare In viso questa brezza
Siamo stati angeli tutti Davanti alla Bellezza
Anche quelli più tignosi Ancora qualche attimo
Anche quelli rancorosi Di fuggente Infinito
Trasparenti e galleggianti E che mi dia il coraggio
Danzavamo tutti uniti E che mi renda ardito
Per viver questo viaggio
Roberta Sdolfo. Da sempre la Musica ha
rappresentato per me una via di crescita, di liberazione e
di conoscenza di sé. Sin dalla giovane età, dunque, ho
seguito un percorso di formazione interdisciplinare
passando dallo studio della musica (Conservatorio G.
Verdi e Civici Corsi di Jazz di Milano), con
approfondimenti su diverse tecniche vocali (classica,
Voicecraft, Canto Armonico, Nadayoga e Fisiologia
Voxale Applicata,) dal teatro (Scuola Paolo Grassi),
dalla Musicoterapia (C.E.M.B.) e dalla Danza Sensibile di
Claude Coldy (Terreno di Danza ed esperienze di Danza
Sensibile nella natura), per arrivare, infine, ad un punto
di fusione dei vari vissuti che ha segnato la nascita del
mio personale metodo di ricerca vocale e della mia
poetica come artista.

A partire dal 1995 , dopo un breve periodo di attività in


campo teatrale, ho iniziato a tenere corsi di vocalità in
numerose scuole tra cui i Corsi serali di jazz (C.P.S.M.) presso il Conservatorio G. Verdi di Milano, la Civica
Scuola di Musica di Gorgonzola e la N.A.M. di Milano. Quindi ho proseguito e ampliato la mia formazione
frequentando un Corso per la Conduzione di Gruppi con le Artiterapie (Tea), i Corsi Brevi di Counseling
Rogersiano e il percorso base della Psicosintesi (Istituto di Psicosinteisi di Milano).
Parallelamente, ho intrapreso un'intensa attività concertistica in numerosi locali e jazz club, tra cui
Capolinea, Scimmie, Tangram, Grilloparlante, Masada, Jazz Club Milano, Doria Jazz Club, Bonaventura,
Garage Moulinsky e molti altri ancora.

Nel 2011, con il trio di Alberto Bonacasa, ho inciso, per la storica etichetta discografica Philology, Il Lato
Jazz del Cuore, un disco di standards rivisitati con testi originali di mia composizione, per merito del quale
sono entrata nella classifica Top Jazz redatta dal mensile Musica Jazz relativamente alle categorie Migliori
Voci e Migliori Nuovi Talenti.
Nel 2015, con lo stesso gruppo e con la partecipazione straordinaria di due grandi artisti italiani quali
Emanuele Cisi e Sandro Gibellini, ho inciso, ancora per Philology, il mio secondo disco Spirito del Vento.

Con l'intenzione di stimolare alla ricerca coloro che si incamminano sulla strada del canto, nel 2016 ho
scritto e pubblicato una guida propedeutica dal titolo Iniziazione alla via del canto. Quaderno di
sperimentazioni vocali.

Negli anni a seguire ho approfondito lo studio della Fisiologia Vocale Applicata Metodo Lichtenberger
Institut für angewandte Stimmphysiologie, privatamente, in seminari i intensivi e presso la Scuola di Villa
San Fermoa a Lonigo (Vicenza), seguendo corsi con ( in ordine casuale) Luciana del Col, Gabriella Greco,
Luciano Borin, Pierluigi Molinaro, Giuseppe Costi, Maria Silvia Roveri e Maria Corno.

Dal 2018 ho iniziato inoltre ad interessarmi al Body Mind Centering col desiderio di esplorare il legame tra
la voce ed il corpo. sulla via di una appassionata e continua ricerca del mio personale approccio che si
propone come obiettivo principale di sviluppare la consapevolezza e la creatività della voce legata al corpo
e la musicalità innata, sciogliendo i blocchi attraverso un approccio intuitivo, naturale innovativo
in un atmosfera facilitante e divertente

Oppure, visto da un'altra prospettiva, sviluppare le p otenzialità creative e l'autostima dell' individuo
attraverso un percorso di esplorazione della voce in relazione al corpo , alla musica e all'
immaginario in un clima non giudicante, accogliente e facilitante.
ROSSANA PAVONE 1

SCHERZO

Era fragile la luna, al suo primo quarto. Fantasticava sul suo grande amore, teneramente
tempestoso, capace di magie di luce e corallo e mormorio d’onde che la facevano fremere.
Ancora danzavano, nel suo cuore rotondo, intense serenate di risacca. Paga di appassionate
maree si avvicinò al proprio riflesso, sfaccettato nello scintillio di mille frammenti fra le
increspature dell’azzurra superficie cangiante. Dita salate cercarono gioiosamente di
trattenerla: si schernì.
La raggiunse una voce turbata: “Tu, che riamata, ami, non sai che nell’infinito cielo arde il
desiderio del mio cuore!”. Così si struggeva dal fondo una stella marina, che evidentemente
aveva imparato a parlare da qualche galeone naufragato nella notte dei tempi.
La luna riuscì a individuarla, tra i flutti, poi, sollevato lo sguardo, scorse, limpido, un piccolo
astro palpitante di luce. Tante cose aveva viste, nel suo girare per l’universo, e capì quell’intesa
di stelle. “Si può fare”, decise, prendendo a cuore il destino di quelle due anime all’unisono,
incuranti della distanza, della lingua, del contesto ambientale... Calcolò l’angolo di rifrazione e
di riflessione, il colore del cielo e il calore del sentimento, la salinità dell’acqua con un piccolo
margine concesso alle lacrime (di gioia, naturalmente) … Si dondolò in modo impercettibile
per guidare la scia di luce – tremolante nell’aria, incerta nel tuffarsi tra le onde – e bisbigliò
all’acqua di assorbire il luccichio adorato (quello dell’astro, per intenderci), fino a portarne il
lume proprio accanto all’altra stella, laggiù, nella profondità baluginante di emozioni
E fu il primo amore virtuale di cui si trovò testimone e artefice.
LUCA VALERIO
LAVANDARE

Nel letto mezzo sfatto e mezzo intero


resta il tuo volto, e la sua impronta e pare
impressa a fuoco sul lenzuolo nero.
Mentre ritmato dal soffitto suona
un ritmo in quattro e sembra rimbombare
un tormentone, che ora mi rintrona:
Piove a dirotto e guardo gocciolare:
tornassi in questa stanza per un’ora!
Lo so: potevi solo transitare
Io son vecchio e tu non lo sei per ora…

Luca Valerio, nasce a Genova nel 1967, il 5 maggio. E’ laureato in filologia italiana e
insegna lettere al liceo. Suoi componimenti poetici sono apparsi in varie antologie e in un flip
book nel 2004. La sua poesia si incentra sulla ricerca dell’io e si basa sulla riscoperta della
metrica. Ha pubblicato le raccolte poetiche “Calma” (2016), “Pertanto” (2018) e “Mater
paterque” (2019) da “Editrice Zona Contemporanea”.
OLTRETRESILLABE
Anna Sacco, nata a Torino l’11 dicembre 1985. Scrive da molto, performa da pochi anni i
suoi testi e trova nella poesia un margine che la riunisce a se stessa.
“Ho impiegato una vita intera ad indossare maschere su maschere, me le sono tolte tutte
quante in un solo istante nello scorrere veemente di grande debolezza”.

Si presenta, con il suo nome d’arte - Oltre Tre Sillabe - come e dove coesi vivono l’A-mo-re
ed il Do-lo-re.
Partecipa alla Raccolta Tabula Rosa con una silloge omonima al progetto.
TABULA ROSA
RIFLESSI Yo a ogni persona pido por favor
che al nome “amore”
Sono il lago
presto
nello stesso istante in cui
chiami con voce in sparsi
sono Narciso
spersi, uguali e diversi richiami

quando il tuo viso


qualsiasi cosa sia lo chiami
si riflette
e che venga e che sia
sul mio viso
porqué alternativamente
l’amore nel nulla starà
YO VIVO

Estoy aqui para escucharlo Tu llàmalo amor


sentirlo, toccarlo, girarlo e l’amore vivrà

El amor es todo Yo te pido


ridà nel proprio sentito, esteso, infinito asì que por esto
contagio coooinvolgente por favor
svelto
Respirarlo dà il pieno ai polmoni con il canto e le mani
fa della mente l’intero universo lo chiami, lo svegli di mille richiami
e ciò che da esso si estende l’amore: lo ami
Nel mondo tra ogni sua parte
Lo porti tra la vita
El amor es all’aria
persone, menti, zampe in ogni respiro
mani, animali, natura più forte echeggi
e a dirlo che sia direttamente l’amor
El amor es
tra ciò che ancora un nombre no tiene “Sono vivo... Yo Vivo!”

Non avvertirlo, dividerlo ed indicarlo ORA LO SO


insieme a mille altre vite
Io non ci credevo
è non esserne l’identità
non ci ho creduto
fin ora davvero
Non avvertirlo rende non uno
ma insieme ed esteso
ma ora l’ho visto
chiunque a quell’uno venga a contatto
ed ora lo so
lo rende
lo rende a todo el mundo sconveniente
esistono davvero
l’Inferno e il Paradiso
Sparsi, spersi, uguali e diversi
uno sono le tue spalle
tra ciò che ancora un nombre no tiene
l’altro il tuo viso
--- In loro lascia ch’io mi immerga
mi trovi, mi giri, mi calmi
Ogni forma d’amore vale
In loro lascia ch’io mi perda
se non nasce per offendere
semplicemente per amare
Uguali dammeli
spingi via, col fiato
BACI DI DAMA
ogni parola che sporca veste la bugia
Baci di Dama
quelli mai dati Uguali
quelli dati sbagliati ti prego dammeli
fuggiti e poi persi esprimi, con il respiro, ogni parola che
quelli dati di fretta tra i tuoi baci, veste donna la poesia
quelli trovati
quelli dati diversi Uguali
Baci di Dama i nostri baci li chiamano diversi
scrivono i versi uguali dammeli
ti prego dammeli
Uguali dammeli di lascia ch’io li abiti
versi dammeli senza alibi, libera li versi
Ti spoglierò dagli abiti in versi di
sfilando via quelli più intimi Baci di Dama diversi
Accarezzerò ogni lembo della tua pelle e di poesia
percependo il movimento
nascosto tra i tuoi muscoli LASCIA SULLA TERRA
Accarezzerò ogni ciglio dei tuoi pensieri
Prendimi e guarda
accogliendo il mutamento
ciò che l'occhio
scandito dai tuoi battiti
troppo spesso sorpassa
Baci volti al sapore di ardenti
sensibili pulsazioni profonde
Prendimi e fermati
quando questa vita
Uguali dammeli
con smacco e distacco passa
Sfiniscimi tra i brividi
a frugare
sulle nuvole che abiti puoi spingermi
come un ratto nella pancia

Uguali
Prendimi ed abbraccia
i nostri baci li chiamano diversi
la mia alla tua faccia
uguali dammeli
ti prego dammeli
Prendimi e lascia
in loro lascia ch’io li abiti
che tutto rovinosamente cada
in versi senza alibi
solo perché le nostre braccia
diventino ali
Uguali
volte a volare sopra
i nostri baci li chiamano diversi
ogni quota mai sfiorata
uguali dammeli
ti prego dammeli
Prendimi e lascia Prendimi nel sono
che la quota piano, piano Prendimi nel suono
si alzi senza fine Prendimi nel siamo
e vada più lontano e lascia qui, sul suolo
da dove mai
si sia posato l'occhio umano Prendimi nel volo
volto a mete sconosciute
Prendimi per andare arriveremo a quote
dove mai siam state che da sempre
e lascia sulla terra le paure sono state date per perdute
che attanagliano i pensieri
recando danni che Prendimi e guarda
dimezzano le parti in quarti
senza fare di due metà un intero Prendimi nel
l'immortalità di un sentimento
Prendimi nel volo
che può vivere e librare
volto a mete sconosciute
solo attraverso
arriveremo a quote
la mortalità di due corpi in movimento
che da sempre
sono state date per perdute
COLISIÒN
Prendimi e guarda
La collisione tra corpo e pensiero
l'ombra sulla terra
per vagliare l’universo intero
diventare ali nello slancio
Io te la chiedo
che unite lasciano le nostre braccia
a pezzetti
Prendimi nel un po’ alla volta
l'immortalità di un sentimento un’altra volta ancora
che può vivere e librare
solo attraverso per l’emozione e il sentimento
la mortalità di due corpi in movimento la profonda e forte collisione
tra corpo e pensiero
Prendimi e guarda
Prendimi e fermati
Yo te la pido
Prendimi ed abbraccia
Yo te la pido toda
Prendimi e lascia
Yo la quiero por entero
Prendimi e lascia
che la quota piano, piano ECCEZIONE
si alzi senza fine
Condannami …
e vada più lontano
da dove mai
rifiutiamo ogni elisir d'amore
si sia posato l’occhio umano
Facciamo unica eccezione
per il tuo, per il mio
Prendimi per andare

… condannami
Prendimi nel sei
quante volte mi condoni
ANGELA DONNA
AMAI / I LOVED
( a Umberto Saba)

amo la verità che giace al fondo


I love pizza, I love Turin, I love cats
amo trite parole e la rima fiore amore
I love Poetry, I love poems, I love poets
amo la mia buona carta
ricevuta in sorte
e amo te che mi ascolti
I love you.

Angela Donna. La poesia e la scrittura mi accompagnano da oltre trent’anni durante i


quali sono cresciuta in riconoscimenti: concorsi nazionali e internazionali, diverse
pubblicazioni di antologie e libri, reading e spettacoli di poesia. Sono docente in
laboratori di scrittura creativa e vicepresidente dell’Associazione culturale Due Fiumi di
Torino.
TANIA DI MALTA
Pillole notturne accatastate
Realismo Terminale
Il salvagente

Il coraggio di un no grazie è un'arma incredibile, ma a doppio taglio. Lascia sgomenti il costo di un


rifiuto. Non sei in vendita, ma non è tutto rose e fiori. Sei il profumo degli sconfitti, la macchina in
panne, l'incisivo incapsulato che si rompe mentre tutti ammirano il tuo sorriso. A nessuno piace.
Senti la distanza degli altri. Sei un tabù, un off-limits, una paria. Sei un computer senza
connessione; ma hai una tastiera, energia elettrica e pensieri, tanti pensieri e idee, tante idee. Poi
ti ricordi che potresti morire domani, pensi al tempo sciupato nelle cose inutili, pensi ai vivi, ai
morti, all'immenso. Pensi che forse sei un po' stupida. Potevi giocarti meglio un destino che ti
aveva dato tanti poker d'assi; e tu li hai voluto perdere, tutti, volontariamente. Tanti ti detestano
per tutte le occasioni che hai buttato. Forse hanno ragione loro, sicuro che hanno ragione loro.
Eppure è così bello nascere ogni mattina (si, sono molto pirandelliana) Se dovessi rappresentarmi
metterei una caffettiera, il mio cane e ovvia, anche una sigaretta: eccomi. Io non credo all'amore,
credo solo all'energia che metti per tutelarlo. Pensarsi innamorati è una cosa, combattere per le
cose che ami è un'altra. È la differenza fra una torta in vetrina e le uova sbattute a neve per farla;
sono due livelli energetici diversi, eppure sempre di torta trattasi. È tutta colpa del mio settimo
campo affollato, me lo aveva detto l'astrologa. Il mio karma deve lavorare sulle relazioni umane e
io sono andata a vivere in collina, a distanza. Per guardare tutto con il distacco giusto. Da qui, a
volte ho l'impressione di amare tutti: anche gli stronzi. La distanza è il salvagente dell'anima. Del
corpo no, perché non per vantarmi, ma io nuoto benissimo.

Ci sono giorni che sembrano ritagli di un giornale senza data. Luoghi invisibili dove si fermano le
lancette. Giri l'angolo e il grande brusio ti investe. Una terza dimensione dove tutto si mette a
posto. A volte mi sento come un mazzo di carte cadute a terra: le devo raccogliere, ad una ad una.
Ognuno è il proprio solitario da sfidare, fino a quando tutto non torna al proprio posto. Strano vero?
Non ci pensiamo mai. Ci stanno abituando a credere che possiamo essere qualsiasi cosa, Invece
ognuno ha solo una recita a disposizione: la propria.

Solo chi è armato di coraggio e umanità potrà traghettare il post-umano, poiché il post-umano si
avvarrà di risorse ancora impensabili, come la telepatia, la telecinesi e altro. Si scandaglierà ogni
potenzialità dell'energia. Solo i vasi colmi d'acqua e d'empatia possono sopravvivere alla terribile
tempesta dell'inaridimento relazionale di una società fondata sul narcisismo. Ci sono giorni che
sembrano ritagli di un giornale senza data. Luoghi invisibili dove si fermano le lancette. Giri
l'angolo e il grande brusio ti investe. Una terza dimensione dove tutto si mette a posto. A volte mi
sento come un mazzo di carte cadute a terra: le devo raccogliere, ad una ad una. Ognuno è il proprio
solitario da sfidare, fino a quando tutto non torna al proprio posto. Strano vero? Non ci pensiamo
mai. Ci stanno abituando a credere che possiamo essere qualsiasi cosa, Invece ognuno ha solo una
recita a disposizione: la propria. pesta dell'inaridimento relazionale di una società fondata sul
narcisismo. Il poeta è la chiave d'oro per comprendere tutto quello che ancora è incomprensibile. Il
Realismo Terminale è la flora batterica saprofita capace di regolare l'armonia fra il dentro e il
fuori dei tessuti. Chi pensa di usarlo in maniera autoreferenziale e sconclusionata non solo
dimostrerà una stupidità imperdonabile, ma danneggerà uno strumento importantissimo di
lettura del mondo.
Il pH

C'è una distanza immensa fra la disperazione e la nostra idea di disperazione:


si pone come un'asse fra noi e la realtà.
C'è una ragione superiore fra le cose giuste e il nostro senso di deprivazione:
è una bilancia che pesa al netto, senza lordo e senza tara.
C'è una ragione che diventa storia fra le menzogne e l'evidenza:
è una cartina tornasole immersa in un vasetto di urina.
Dunque, ognuno fa e dà quello che può,
fra disperazione, senso di giustizia, aderenza alla realtà e il pH delle proprie urine.

L'accendino

Lo stato di grazia della lavagna,


imparata la lezione,
il rumore assordante del microfono spento.
Nella linea di confine del silenzio
rimangono le macerie o le cattedrali,
forse piccole capanne.
Come capire nel furente sciame metropolitano,
dove il senno è una birra bevuta in fretta,
stordimento, a volte mal di pancia.
Accosto l'orecchio ad ogni impalcatura
ascolto, ascolto
fin dove sento un piccolo cuore, il piccolo tamburo,
miserello per carità, non è più tempo di gran casse.
Io scrivo, scrivo, come un pennino intinto nel limone.
Scrivo versi che sembrano epitaffi su tombe di fortuna.
Basterà un accendino sotto il foglio, per leggere o bruciare.

* Memoria o tabula rasa.

Game Le corde

È un gran casinò a forma di imbuto Ne abbiamo passate tante, passerà anche questa.
ad est a Jungle Camp a Lipa a Vucjak
Le cicatrici, corde dure abbandonate nei cantieri.
si punta si gioca e non si raccoglie
dondoliamo a un filo e non si piange più.
ci si realizza in bidoni di compost.
I tre croupier con facce di bronzo Vestiti lasciati troppo a lungo nell'armadio
rimbalzano players come pedine il tuo dolore, il mio, apri un'anta e lo ritrovi,
tavoli verdi con dadi truccati
come un cencio mangiato dalle tarme.
a fine gioco raccolgono fisches.
I battelli Il pacco vuoto

Un sorriso esitante come il mio Ti ricordi? Mi specchiavo come ieri


e ancora ne respiro struggimento di zucchero filato era la bimba
di te padre che catturavi il vento parlavi torvo e cupo nei pensieri
un battello così come sono io. di carta vetro sulla pelle linda.

Un testamento in bottiglia fu l'invio Motore, chiave e fuga dei miei assilli


che mi porta a viaggiare controvento dicendo guarda tu ora sei fallita
ne le ingiurie, le offese il tradimento sei un pacco vuoto, inutile, di orpelli
giurai al capolinea, tuo e mio. hai trent'anni, da tutto sei bandita.

Sono sola padre, una rivoltella Sedia vuota, gomitolo serrato


che si rifiuta di affossarsi in guerre come un' ombra nel sacco ti ho portato
per cose storte che onore non vanta. si sa il dolore indugia nel mancato.

Barca in mare sconfiggi la paura Fatto tesoro di ogni tua mancanza,


alza vela, l'ancora che arroventa. colsi i i segreti della resilienza
scorda ombre dici. Ridi che sei bella. del ponte, che dell'acqua fa' l'essenza.

Tania Di Malta. Si approccia nuovamente alla poesia nel 2007,


dopo una lunga pausa, sviluppando negli anni successivi i suoi due
primi libri: Aquiloni sul mare nella notte e Addio ai girasoli -CTL.

Si avvicina poi al Realismo Terminale nel 2017, sottolineando un


cambio di stile netto ed entrando come membro attivo del
movimento, di cui è portavoce, accostandosi a Guido Oldani e
Giuseppe Langella, con cui collabora in varie pubblicazioni ed
antologie. Vince ex equo il Federiciano 2018 con un testo realistico
terminale: Le colpe dei Padri. La sua stele in ceramica è affissa a
Rocca Imperiale.

Alcune delle sue pubblicazioni sono: Almanacco di Puntoacapo – Il


Realismo Terminale al bivio- 2018

Oblio- Osservatorio Bibliografico Letteratura Italiana Otto-


novecentesca. Gli assemblage di Pino Canta- 2020

Fuori Asse- Poesie 2020 e inoltre inerenti ad Olio Officina Festival


2020 Prosa e poesia.

Segue una rubrica dedicata al Realismo Terminale su Oceano News.

Incaricata dall’Opi di Rimini, ha curato un progetto, basato sul Realismo Terminale, per il Bicentenario di
Florence Nightingale.

Ha inoltre ideato e curato la trilogia Christmas Blues e il Realismo Terminale , Carnevale dei piedi Maschere
e Mascherine e Lo sgabello degli angeli, con le note di Guido Oldani nelle prime due, di Beppe Mariano
nella terza. Ha inoltre fatto insieme a Giuseppe Langella una video intervista dal titolo Dieci anni di
Realismo Terminale.
*Il ritratto è di Marian Maciek Ledlinski
MARINO TARIZZO 2
Le strade dell'amore sono lastricate di rime in fiore e cuore. Dimenticanza o auto-censura
lo scordare il dolore?

L'amore è libertà. Ecco perché è passato ampiamente di moda.

Si vive in stato di libertà condizionale di amare e contestualmente con fine pena mai.

Vorrei essere in grado di odiarti con tutto l'amore che sono capace di provare. Quindi se sto
fermo risparmio un sacco di energie.
Le parlarono di un suo passato pressoché stregonesco. Di un suo disinteresse al fare tanto,
della sua chimerica illusione olistica di equilibrato benessere tra tutti i regni. E niente, in
lei si rafforzò l'amore per il biodimanico. Perché fra tutti era il più buono.

Lo sport è un argomento di cui tutti parlano e in pochi praticano. Ecco quel senso di affinità
percepita nel parlarmi di amore e sport!

Se appena si supera il confine tra la mia libertà di amare e la tua di volare si finisce nel
territorio di stalker-city.

La forza dell'amore solleva il mondo. Peccato che il S.S.N. non si faccia carico
dell'ernioplastica.

L'amore è Dio. Quindi è dimostrato che non esiste. Vale anche il contrario.

L'amore è talmente importante che ogni religione se lo inscrive come proprio fondamento. E
per spiegarvelo non lesina risorse: crociate, fatwe, roghi, stragi...

Allora provò a guardare la cosa da un punto di vista opposto. Ma l'eroma lo convinse ancor
meno.

Marino Tarizzo. Nato nello


stesso giorno dell'eclissi di sole
predetta da Talete, qualche anno
dopo, sotto il segno dell'Orso
ascendente Lupo. Ma anche Gufo.

Antesignano misconosciuto del


distanziamento sociale si
rammarica di non essere mai
riuscito a farne scienza nei con-
fronti di inserzionisti pubblicitari
telefonici e parcheggiatori in
seconda fila.
In attesa dell'ormai prossimo salto
di specie diretto da outsider a
vecchio trombone, non essendo
capace di fare bene neppure una
cosa (a parte le marmellate) si
propone in diverse, con im-
mancabili scarsi risultati diffusi.
Scrive aforismi, poesie, racconti e
disegna vignette.
Partecipa e organizza incontri di
carbonari della parola.
GIOVANNI ODINO

Diciamole Giacere

Le dico, allora, Che piacere, il pensiero di te


queste parole, amica mia succosa, che gioia
giusto due, senza alzare la voce, del tuo sapore il ricordo
facendole sgorgare dalle labbra, - salato, e amaro, e dolce -
lasciandole fluttuare come se fosse appena gustato
fino al tuo orecchio: e sentir sulle dita il rosolio
prima accarezzano il tenero lobo, come dal fiore appena versato
poi, eludendo il cervello, e provar nella pancia
entrano e... via! il morso dell’attendere
Dirette al cuore, quel giacere con te.
mio amore.
Giovanni Odino. Nacqui a Bologna il 4 dicembre 1948 da Rosa e da Gennaro. Mi
aspettava già una sorella: Floriana. Dopo la licenza media inferiore, frequentai il
conservatorio di musica fino al 1968 quando, un giorno, mi svegliai con
l’illuminazione di non avere nessuna attitudine musicale. Quello stesso anno
partecipai a un concorso per Sottufficiali Piloti di Elicottero dell’Esercito Italiano che
vinsi. Nel 1971 mi congedai e il primo gennaio 1972 iniziai la mia carriera di pilota
civile. Nel maggio di quell’anno Adele accettò di sposarmi. Conseguentemente nel
marzo 1974 nacque Simone. Lasciai l’attività di pilotaggio nel 2011, con più di
quindicimila ore volate su una quindicina di tipi e varianti di elicottero. La mia
second life iniziò nel 2012 con la frequenza di alcuni corsi di scrittura creativa tenuti
da autori italiani di buon successo. A oggi ho pubblicato, da case editrici o diretta-
mente da me come self-publishing, nove racconti, due romanzi, un’antologia di
racconti, due sillogi, una di poesie e una di haiku, un racconto e una fiaba illustrati
con mie pitture. Sette racconti sono stati selezionati come finalisti in concorsi e uno
di essi ha guadagnato il primo premio, un aforisma ha ricevuto un secondo premio.
Le poesie, compreso gli haiku, hanno ricevuto tre primi, tre secondi, un terzo e un quarto premio. Altre poesie
e altri haiku sono stati selezionati come finalisti o per essere inseriti in antologie. Con il valido apporto di
salutari lezioni, decisi di cimentarmi anche con la pittura guadagnando un paio di riconoscimenti, modesti, ma
per me gratificanti, in concorsi letterari e pittorici. Nel maggio del 2017 ho tenuto la mia prima mostra presso
la galleria Il Punto di Bologna. Non ho avuto recensioni da parte di critici, ma i commenti dei visitatori mi
hanno gratificato e dato la spinta per continuare.
Mi piace, oltre che scrivere e pitturare, leggere, andare per mostre, ascoltare musica classica, jazz e leggera,
scoprire trattorie, volare, chiacchierare, guardare la televisione, sfogliare giornali e riviste, fare progetti, stare
con gli amici; la montagna, il mare, le città d’arte, i vigneti di collina, i cani, i gatti, i film impegnati e quelli di
fantascienza. E mi piace moltissimo… l’amore. www.odino.com; https://www.facebook.com/giovanni.odino.7
UMBERTO BARBERA
“ Amore “ “Nella nebbia..”

Candido, il Tuo viso, Rinchiuso in te avanzi


dolci, i Tuoi occhi, il freddo penetra nelle ossa
morbide, le Tue labbra, il respiro caldo abbonda
Leggeri, i capelli nell’aria. tra le labbra nascoste e la sciarpa.
Dolcemente accarezzo
le ciglia , il naso, le guance, Gli occhi bassi
odo il Tuo sospiro, seguono il sentiero
sento il Tuo profumo, ovattato di bianco,
vedo il Tuo sorriso, lievi ombre affiorano
un casto bacio sulle labbra, arbusti secchi
sul collo, sui seni fantasmi inermi.
morbidi e vellutati,
i cuori battono tumultuosi, Passo lento
nulla in mente, solo.. attivi i sensi,
Amore. una piccola pozza
lo scrosciare dell’acqua in un rivo
il sentiero che vira
“L’incontro..” le ombre più scure
inibiscono la vista,
ma, la mente ..che sa!
Da lontano ti vidi, ti guida.
ammaliato ne fui,
nella stretta di mano il tuo cuore sentii,
nell’abbraccio il tuo corpo, “Il Tuo amico del cuore”
il profumo, il calore di giovane donna.
Negli occhi, specchio dell’anima, Ciao..
lessi i tuoi pensieri, Carissima amica..
il sorriso,la dolcezza, la semplicità. Non piangere
I mie occhi nei tuoi, brillavano, Per la mia
la mente già correva. Partenza
Lo sguardo fiero dell’amica mi fece capire, Ricorda
eri sua!, per nulla ti avrebbe lasciato. I momenti belli
Ti guardai, sorrisi, un casto bacio ammiccai, Vissuti insieme
un leggero rossore sulle guance comparve, ero lì..
un battito di ciglia, Occhi chiusi.. ma
un lieve movimento delle labbra, ho visto
un candido sorriso mi donasti, ho sentito
indelebile il ricordo, il tuo ..pianto
ciao fiorellino. il tuo.. ballo
Il tuo ..amore
Le tue lacrime.. pare vento fresco di mattino.
Rugiada fresca
Su petali di un fiore fresche le tue mani
Non sono lontano morbide su di me
Solo un velo ci separa Caldo..
Pensami e ti sarò il tuo corpo
Vicino i tuoi baci
il tuo saluto
Un giorno.. forse..
Ci ritroveremo Buongiorno…
e Amore mio.
Ti porterò con me
Cavalcheremo
Nei boschi “Tenerezza infinita”
Nei prati
O forse Una foglia si stacca dal ramo,
In riva al mare fluttua nell’aria, ondeggia,
cullata dalla brezza mattutina,
Vivi felice sull’acqua del lago andrà a cadere.
E felice sarò anch’io Incuriosita, attenta, stupita,
A modo mio ti con il nasino all’insù, arrossato dal
voglio bene. freddo,
segui il suo volteggiare.
Sottili riccioli d’oro,
“Come l’onda” accarezzati da un flebile raggio di
sole,
Sei.. paiono spighe di grano maturo.
Come l’onda che ti guardo..
si adagia sulla battigia sei..
Ti avvicini un amore!
il tuo profumo

Umberto Barbera, nato a Sandigliano nel 1959 in provincia di Biella.


Sognatore e amante della libertà. Il viaggiare, la fotografia e la poesia sono
espressione di continua ricerca e sfogo di emozioni.
Sue opere sono presenti in alcune antologie ed E-book “Tra le braccia di Turan”
“Il fruscio delle parole mai dette”, “Per non dimenticare” “Bugella’s Heart” - a
cura di Raffaella Amuruso - the Writer Edizioni, “Eva schiodata”,”Per un giorno di
versi in libertà”, ed altri e-bouk a cura di Dany Blasi,“Verrà il mattino e avrà un
tuo verso” - “Tra un fiore colto e l’altro donato” ed. 2015, “Il Federiciano
ed.2016 ed. 2018” Aletti editore, Concorso letterario “‘Caro papà…’ Le parole mai
dette” – Editore Narcissus Selfpublishing.
Su “ i MontBlanc a Lifestyle Magazine - summer 2016” concorso letterario “Monte
Bianco Amore Mio”.
Dal 2016 fa parte dei Poeti Verseggiatori di Milano -Serate cicliche di poesie con il
patrocinio del Cerifos a cura della Dott.sa Izabella Teresa Kostka. Presente,
nell’antologia poetica “Le maree della vita” CTL Editore e nell’antologia italo-
polacca “Ponte poetico- Most poetycki” Kimerik Editore.

A piccoli passi si avvicina alla corrente del Realismo terminale del maestro Giudo
Oldani padre fondatore. Presente nelle antologie Realista terminale: Christmas Blues e Carnevale dei Piedi a cura di
Tania Di Malta, You publy ed.
ORIETTA BIGGI - ORIENS 4

La sposa dell'aria
MARIA GRAZIA FERRO
Strano il mio destino

Mi chiamo Patience. Nacqui 28 anni fa nella vecchia Delhi, in uno dei numerosi e miseri slum, per la
precisione a Kathputli, il più grande ghetto di artisti, dimora dei dimenticati maghi che un tempo
resero onore e fama alla grande India.
A Kathputli saltimbanchi, burattinai, acrobati, cantanti, musicisti e sciamani condividevano questo
spazio e arte e magia prendevano forma tra le misere stradine colorate. Avrebbe potuto essere tutto
molto suggestivo, naif, ma la mancanza di servizi igienici, acqua corrente, sistemi fognari, eccetera,
rendeva la vita degli abitanti una continua lotta.
Per di più, io vi nacqui durante la pandemia del 2020, sicché di nome faccio Patience, suor Patience,
ora.
Un nome un destino, ma anche la pazienza ha un limite e decisi di salvarmi;
Presi i voti della fede cattolica e mi rifugiai in un monastero dove la vita era sì più insipida, una vita
dalla faccina smorta, orfana di sole, senza la bellezza di una ruga appassionata, sapevo bene che la
vita vera era altrove, dall'altra parte dei muri di preghiera e silenzio, tra le braccia di Jaffar . Ne ero
pienamente consapevole. Cosa volete che vi dica, succede… succede che una donna fugga e decida di
sposare non già la persona che ama di più ma quella che la farà soffrir di meno, il mio lui-altro fu
nientepopodimeno che Dio Nostro Signore e lui-lui Jaffar, appunto, il povero mangiafuoco dal
destino tracciato nella polvere.
Capita… capita che per quieto vivere si vada avanti avanti a finire a tanti piccoli passetti di dolore in
un limbo di minime cose, minime gioie, una vita di tante cose minuscole al riparo dal dolore . Ma
prima o poi si paga. Già.
Un giorno il destino mi presentò il conto, annunciato da uno squillo del telefono della segreteria del
convento, alzai la cornetta e risposi cortese come mi competeva in qualità di addetta alle pubbliche
relazioni con il mondo esterno.
"Sì?"
Una voce di uomo concitata:
"... Non mettere giù, non farlo!"
"..."
"E ripetilo ancora quel sì, tu che quel sì lo hai detto a un altro nonostante sapessi che ti amavo…"
Jaffar! Dopo tanti anni, era mai possibile che fosse proprio lui, che mi avesse rintracciata?
Appoggiai la schiena alla parete a sostenere con energia il crollar delle certezze, il fastidio denso del
vuoto di quella mancanza pneumatica che dilata, forgia e distrugge, che s'arruffa e precipita in
pensieri sciocchi, tristi e anarchici. Un amore folletto che si azzuffa con il cervello e si inciampa nelle
mille pieghette interiori, ogni pieghetta una bomba inesplosa, pronta alla deflagrazione.
E non seppi cosa dire, non seppi come spiegare, non esisteva vocabolario acconcio. Per cui tacqui.
Lui no, parlava e parlava.
"Non è stato facile rintraccarti, ma talvolta la vita ci riserva occasioni, indizi, incontri solo
all'apparenza fortuiti. Ricordi cosa c'era scritto sul portone di quel vecchio palazzo del centro? Redde
rationem, dammi una spiegazione."
"Sì…"
Diamine, no! Non ricordavo. Ma ricordavo la sua rabbia di vivere, che era il suo fascino e sarebbe
stata la mia dannazione. Dovevo chiudere la telefonata, chiudere…
"Mi hai sempre detto di no. E adesso non riesci a dir altro che sì? C'è da ridere, vero?"
E rise, nervosamente.
"Ti prego sono qui sotto, davanti al tuo portone. Il tempo di un minuto, lascia che io ti veda, potrai
anche non dire una parola."
"..."
"L'ho portata sempre con me la tua fotografia, il tempo e le mie mani nervose l'hanno graffiata,
confusa. Vorrei tanto rivederti."
Ricordavo bene i suoi guizzi di poesia con cui riusciva sempre a riprendermi quando scappavo.
Jaffar aveva ancora e sempre un coltello premuto contro il mio cuore.
"Promettimi che aprirai la porta, che mi lascerai entrare."
Tremavo, dire di sì o dire di no, una sillaba, uno sforzo che sarebbe durato lo spasmo di un fiato
avrebbe potuto ribaltare il mio destino.
Dissi:
"Sì…"
C'era così tanta luce in quel momento, così tanta. Avvenne che ogni dolore si sfilacciò dentro un cielo
carico di azzurre possibilità, così fondo, così bello che faceva venir voglia di piangere e sghignazzare e
tenersi stretti stretti con qualcuno.
"Sì! Aspettami Chandra, solo un minuto e sono da te."
Rimasi lì a guardare dentro la cornetta, a cercare di capire dove era andato a nascondersi il mio
destino.
Il campanello restava zitto. Tutto taceva. Patience...

Maria Grazia Ferro. La mia professione come operatore olistico, specializzata in pranoterapia,
è sempre stata affiancata dalla passione verso la letteratura e la scrittura, infatti per soddisfare
questa esigenza ho anche lavorato come freelance in una piccola redazione giornalistica.
Fin dall'età di quindici anni, ho soffiato sulla fiamma del Sacro Fuoco della scrittura creativa con
costanza ma in un bilico di amore-odio verso la stessa. In questo campo il mio pubblico esordio
avvenne nel 1999, in seguito alla partecipazione al premio letterario bandito dalla rivista "LETTERE,
il mensile dell'Italia che scrive"; un mio racconto venne selezionato per la pubblicazione di
un'antologia di racconti a titolo "Parole dal cuore".
Da lì iniziò una collaborazione con la rivista stessa per l'angolo dedicato a racconti e aforismi.
Partecipai ad altri concorsi con soddisfazione, tra i più significativi quello bandito della casa Editrice
Laterza e Libri Millelire avvenuto nell'anno 2000, classificandomi terza.Vari miei racconti sono stati
pubblicati in antologie, nel corso degli anni, in seguito alla partecipazione a concorsi nel
settore.Nell'anno 2017 ho radunato tutti i racconti editi in una antologia titolata "Schiaffi di felicità",
edizioni Streetlib.
SANDRA DE FELICE
OGNI AMORE

Ogni amore
è una fragile foglia danzante
tra i colori autunnali,
ogni amore
ha il profumo di una viola
ed è immenso come il mare.
Ogni amore è un teatro di emozioni,
una cattedrale di luce e di poesia,
ogni amore
è il tocco di campana
a mezzo dì
nella piazza del paese,
è leggiadra emozione
splendente nel cielo di maggio...
Ogni amore è un colpo al cuore.

NEI MIEI LUOGHI DI SOLITUDINE

Nei miei luoghi di solitudine


che nessuno sa
tu respiri
e mi accendi l'anima
con una girandola
di fragili pensieri...
Cavalchi le onde indomabili
della mia vita
e come un amante
dolcemente accarezzi
i lembi svestiti
della mia pelle di luna.
Nei miei luoghi di solitudine
incessante spiri come un vento
che trascina via
la mia malinconia
e della vita mi conforti...
Oh mia Poesia...!!
INNAMORATA

Leggera volteggio,
dinanzi una verde distesa
cattura il mio sguardo,
papaveri rossi adagiati
sbocciano al sole…
E' magico l'incanto in primavera
ed e' colmo il mio cuore di felicita'.
Innamorata volteggio gioiosa,
catturo l'immenso e
valico i limiti,
innamorata volteggio elegante,
aleggio misteriosa
e tra i capelli il profumo dei papaveri.

CI HA SVEGLIATI IL TEMPORALE nel desiderio acceso


da questa pioggia d'estate.
Come piove questa notte,
nella notturna quiete
batte irruente L'AMORE CHE NASCE

la pioggia sui vetri


e sugli occhi assonnati Come gocce delicate di rugiada,

in penombra. dai miei occhi

Ci ha svegliati il temporale, lacrime di pioggia

bagnando i nostri sogni accarezzeranno il tuo viso,

e le cose che amiamo ancora... come gemme argentate

Scende la pioggia dal riflesso della luna

sui nostri fiori sbocciati in estate, in un bacio

sui nostri sapori che arde di passione

sulla nostra pelle, sfioreranno le tue labbra appena...

scende sui nostri baci Nel tremore

riflessi nella luce dei lampi. di un amore che nasce

Resta con me, dal tuo silenzio,

per un attimo ancora scivoleranno qui

di struggente passione, sulla mia pelle,

passione che consuma i battiti trepidanti sul desiderio che arde.


IL MARE E' UN GIOCOLIERE
Il mare accade...E mi rendo conto dell'emozione che si trasforma in mille sfaccettature diverse ma
ugualmente profonde e vitali.. Ogni volta è la prima volta, ogni colore è un altro colore d'acquarello
sfumato e ogni profumo ha il sapore dell'umore che mi porto dentro. Persino il paesaggio che
potrebbe apparire immutabile assume diversi aspetti a seconda che il mare sia in bonaccia o in
burrasca, proprio come il mio cuore. Che piovi o brilli il sole e' come un giocoliere il mare, un
giocoliere con la sua irrefrenabile e impalpabile magia… 11 Ottobre 2020

Sandra De Felice è nata a Scafa (PE). Vive con la sua famiglia a Pescara.
La sua Opera prima il libro di Poesie d’amore “Frammenti di Luna “è del
1998. La sua seconda Opera il Libro di Poesie “Trasparenze “del 2011.
Nel 2016 nasce la terza Raccolta di Poesie dal titolo “Dipinti Poetici “.
Il 23 marzo 2019 in occasione della Giornata Mondiale del libro Pubblica
il Collage Poetico “La Solitudine del Mare D’Inverno che raccoglie
Fotografie e Poesie dell’autrice e sempre nel 2019 ad Ottobre viene
pubblicata la quinta raccolta di Poesie dal titolo “Evanescenze“.
“Sandra De Felice, la Poetessa che dipinge il fluire incessante della sua
anima tra malinconia, solitudine, amore e passione”. (Prof.ssa E.
Mancinelli )
ROSSANA PAVONE 2

PER SEMPRE

Gli astri, le stelle, i pianeti, erano organizzati nel loro moto di luce e tenebra.
Si erano staccati da un ammasso di energia originale in cui erano impastati tutti gli elementi.

Uno di quei pianeti, né il più piccolo né il più grande, e nemmeno il più bello… uno, insomma,
che aveva il suo destino da inventare, o forse già scritto piccolo piccolo in ogni granello di
materia, era caldo come una pietra lasciata nel camino.
Nessuna pianta, nessun animale potevano posarsi su quella superficie rovente. Infatti non ce
n’erano.
Ma anche i milioni di anni trascorrono, lenti o veloci o secondo i loro programmi e la crosta
terrestre cominciò a raffreddarsi: per il contrasto tra caldo e freddo scaturirono quei gas
fondamentali a un progetto di vita.
Le gocce d’acqua stillate dal caos si radunarono in mari e oceani e si adagiarono sulla roccia,
riempiendone ogni avvallamento e imparando a scorrere in un divenire sempre nuovo e
regolare.
Più volte l’acqua ricoprì la terra, insegnandole nuove consistenze e donandole piccoli indizi di
vita e più volte la terra riemerse a cercare luce e calore.

Il cielo, là in alto, era una coperta di sogni ricamata di stelle.


Le notti erano illuminate da forme diverse che si avvicendavano: a volte un grande tondo
chiaro che disegnava sul mare lunghe scie lucenti spezzettate dalle onde, mentre altri
crepuscoli vedevano galleggiare una forma incompleta, come di ciotola sbrecciata, oppure una
virgola sottile.
Ma nessuno, allora, sapeva che cosa fosse la luna, né perché cambiasse forma.
Qua e là, cucite sopra quel tessuto lontano, brillavano costellazioni dai contorni di animali
favolosi: cani, leoni, orsi, linci, giraffe, serpenti, draghi...
Nessuno alzava gli occhi a visioni che scaldassero il cuore, calmassero l’affanno, conducessero
il giorno a riposarsi nell’oscurità benevola.

Quando la trapunta d’ombra svaniva in un latte di luce che arrivava a bagnarla, un fuoco si
preparava ad ardere nella volta celeste, attraversando, grande e generoso, come sospinto o
trainato da forze invisibili, tutto l’azzurro fino al momento di spegnersi: allungava allora lembi
di fiamma in tutti i toni del viola, dell’arancio, del rosso, che poi diluivano nel giallo,
nell’indaco, nel turchino…
Fino a svanire.
Milioni e milioni di anni fa, lontano lontano,
nel fondo profondo del mare,
c’era una volta….
…un mondo di silenzio e luci filtrate, alghe fluttuanti, rocce, organismi,
crostacei, erbe, molluschi… ritmato dalle onde e dalle stagioni.
Cinquantanove milioni di anni fa, nel fondo profondo del mare, dove il
buio è più blu, era adagiata, sopra un sottile strato di sabbia, una
conchiglia.
Immemore della vita che aveva protetta, provava una incerta immagine di
quanto le era accaduto. O che era forse accaduto prima di lei.
Intorno guizzavano pesci. Pesci grandi, pesci piccoli, diversi, si capisce, da
quelli che vediamo in un tuffo ai nostri giorni: pesci di milioni e milioni di
anni fa, prototipi che imparavano piano piano ad abitare il mare.
Da quanto tempo la conchiglia giaceva in quel letto d’acqua salata? Da
dove era venuta? Che cosa era quel luccichio che baluginava in segni
diversi, popolato di pulviscolo danzante?
Dove andavano ondulando quei vermi che la sorpassavano indifferenti?
E quei ragni, quei minuscoli crostacei che si diceva volessero popolare la
terra… Quale segreto istinto li guidava? La terra…
La conchiglia stava bene come era, cullata leggermente da certe onde
grandi che la sollevavano appena e la lasciavano ricadere nello stesso
punto.
Niente avrebbe voluto modificare e non le interessava andare in nessun
luogo.
Se avesse saputo guardare nella profondità di se stessa, avrebbe detto che
detestava i cambiamenti, perché sono zone sconosciute, paurose.
I granelli di sabbia erano invece curiosi e instabili. Scivolavano via alla
sollecitazione dell’acqua, lasciavano che i vermi disegnassero sopra di loro
tracce labili, volteggiavano al colpo di coda più energico di un pesce,
ricadendo poi or qua or là. Sembravano divertirsi un mondo, senza legami.
Al di sotto di questa volubile velatura, la conchiglia intuiva però una
superficie stabile che le dava sicurezza.
Aveva imparato a rivolgersi a questa sconosciuta entità che la sorreggeva e
si mostrava tanto gentile nei suoi confronti.
Lentamente aveva intuito che la roccia si sentiva sola in quel viavai di
mare, svagatezza di onde, riflessi superficiali, instabili brillii, vagabondare
di esserini, silenzi d’alghe.
Accoccolata sul fondale, che era poi il suo modo per abbracciarlo, aveva
intuito che entrambi avevano bisogno di un colloquio, di uno scambio di
idee, pensieri, dubbi, sensazioni. Che insieme era più bello osservare il
movimento intorno a loro e insieme meglio potevano mettere a fuoco certi
impercettibili mutamenti che avvertivano: il rivestimento dei pesci, la
nascita di nuove forme, certe cosette rotonde irte di aculei che si
muovevano, animali protetti da una crosta bruna con lunghe antenne…
Persino la luce pareva più intensa, come se arrivasse da fonti più vicine o
dovesse attraversare uno spessore più breve di quel liquido che li
avvolgeva.
Avevano scoperto insieme che insieme l’imprevisto è una bella avventura.
Nel loro modo un po’ roccioso, un po’ calcareo, si erano scambiati una
promessa “per sempre” e per sempre intendevano vivere insieme.
La Terra tutta, intanto, continuava a piroettare attraverso l’universo, perpetrando la sua danza
con gli altri pianeti. Intorno le stelle brillavano.
Nel suo grembo conservava la scintilla di eternità, la matrice infuocata che lentamente, in
superficie, si era lasciata raffreddare e addomesticare per consentire alla vita di attecchire.
L’acqua era stata la cifra capace di manipolarla: gli oceani l’avevano coperta e abbandonata
più volte e aveva subito glaciazioni.
Dalle alghe ebbero principio muschi e licheni che si erano trasferiti sulla terraferma, dove
avrebbero dato origine ad altre specie vegetali, grandi piccole e piccolissime, ben decise a
ricoprire rocce e sabbie dei loro colori e ad allungare radici alla ricerca di altra acqua, in una
continua risacca di piante che procedono, arretrano, si sostituiscono le une alle altre.
Le antiche cycas, comparse duecento milioni di anni fa, impararono così bene il segreto
dell’esistenza da essere arrivate sino a noi intatte e beneauguranti.
Ancora dal mare escono millepiedi e ragni, predominano gli anfibi. Alcuni sarebbero poi
migrati sulla terraferma dando origine ad altre specie. Compaiono i rettili: i coccodrilli e gli
antenati delle tartarughe, gli ammoniti e le prime rane.
La terra ascolta il ronzio degli insetti che hanno scoperto il volo…
Dinosauri si sviluppano si trasformano e gradualmente scompaiono, fino a cedere il dominio
ai mammiferi.
La Conchiglia e il Fondale intendono, abbracciati in quel loro modo esclusivo, urti
incontenibili provenire dal basso, dall’incandescenza primordiale non ancora doma, non del
tutto intrappolata nella crosta pullulante di vegetazione e animali.
Fondale riconosce il segno, sa di non potersi esimere dall’assecondarne il richiamo: poco è il
tempo che gli rimane nella loro dimora d’acqua, nel fluttuante azzurro che li ha congiunti e
custoditi.
Conchiglia ascolta la spiegazione di Fondale, senza mai staccarsene.
Forze più grandi di me… più grandi di noi - è affannato, non è ancora il tempo di cedere alla
spinta - premono e io devo ubbidire.
Conchiglia gli si stringe più forte.
Il calore… formidabile mi modella e mi spinge fuori… fuori…
Fuori da questo mare amico in cui siamo vissuti, fuori nell’aria…
Aria?
Aria… una sostanza leggera in cui altri vivono, anche altri usciti dall’acqua prima di noi.
Ricordi i ragni… l’impulso che li conduceva verso una nuova vita e gli altri…
I piccoli crostacei?
Sì, e altri… altri…
Salirò salirò… intorno ci saranno altre alghe, nuove… erbe… colori… stelle… fiori…
Sembra adesso che Fondale traduca per lei immagini che gli appaiono ora più chiare, ora più
confuse.
Fiori, alberi, grandi alberi… frutti… boschi… muschio… Animali … con… quattro … zampe…
Ti seguirò.
Non puoi, tu sei d’onda, di mare…
Dentro portava il mare, Conchiglia. Anche Fondale aveva echi di mare… ma doveva salire.
La spinta era sempre più urgente, Fondale tremava nello sforzo sconosciuto e previsto.
Avrebbe dovuto staccarsi dalla sua Conchiglia.
Anche tu sei di mare… Per sempre, ricordi?
Per sempre… mormorò piano lui, intuendo l’imminenza del distacco.
Per sempre! ripeté Conchiglia stretta a Fondale che ormai saliva, saliva oltre la schiuma delle
onde, saliva oltre tutto il mondo che conoscevano, saliva in alto in alto, in una sostanza
diversa, leggera e ignota che li avvolgeva comunque di azzurro.

Per sempre.
E divenne conchiglia fossile. Per sempre nel cuore della roccia.

Rossana Pavone. Nata ad Ancona vivo

a Genova, dove lavoro presso la Fondazione

Mario Novaro.

Leggo. Amo il mare, il silenzio, la

montagna, il piccolo verde in città.

Gli animali.

Cammino. Guardo. Scrivo e fotografo.

Scrivo perché mi pare di capire meglio.

Fotografo perché non so usare l’acquerello.

A volte sono cose piccolissime a ricordarmi

di essere felice.

Ho pubblicato alcuni libri di racconti e

poesie.
MARCELLA SAGGESE
Come ti illumina l’azzurro o forse quello sguardo
o quella parola giusta
(blues dell’azzurro)
o il tuo afflato
tutto sembra semplice
Come ti illumina l’azzurro, amore mio ma quello che è complicato
acque trasparenti sotto le onde è essere come te
strisce velate dalle nuvole nel sentirsi donato
mi fanno seguire strade
che riportano a te
Il posto giusto (a mia figlia Winnie)
Come ti sta bene l’azzurro, amore mio
E Barcellona era presente
l’ho bevuta come una bambina assetata
grande città
pensando che fosse acqua
e poi la tua mente e il tuo corpo
e invece era vita

e suonava, suonava
e io sapevo che quello
un ritmo che mi eccitava
era il posto giusto
non sapevo se saresti tornata
Come ti sta bene l’azzurro, amore mio
forse non lo speravo
è entrato nelle falde della mia terra
per te e per tutti quelli
ha aperto nuovi canali
che come te
le radici si sono moltiplicate
cercano sé stessi
e hanno germogliato
nella difficoltà di sapere
se proprio c’è una città
Come ti sta bene l’azzurro, amore mio
che ci può aiutare
non è cobalto o polveroso
eppure tutto sembrava
lascia indelebili tracce argentate
sostanziarsi in muri
e disegna futuri che si incontrano
e calles bianchi
case matte, pittori amati
Come ti illumina l’azzurro, amore mio
e senza tempo
con alberate verso il mare
Se penso a un gesto (a mia madre)
tu su una spiaggia
in un mestiere antico
Se penso a un gesto
quello di dar da bere agli assetati
è quella carezza sulla testa

Mi chiamo Marcella Saggese, sono nata e vivo a Torino. Sono una


neuropsicomotricista dell’età evolutiva. Scrivo da parecchi anni sia poesie che
racconti. Ho partecipato a parecchi eventi poetici, tra cui quelli di Settimo
Torinese per “Poesia Vagabonda”, e ad alcuni Poetry Slam.
Nel dicembre 2015 è uscito il mio primo libro di poesie, “Madre per sempre”,
pubblicato dalla casa editrice Achille e La Tartaruga.
Ho presentato il libro presso vari Caffè Alzheimer a Torino e provincia.
Dal 2016 partecipo a vari reading di poesia organizzati dall’Associazione Culturale
Due Fiumi, di cui faccio parte come socia. Nell’ aprile 2018 è uscito il mio secondo
libro, “Dittamo: un fiore inatteso”, Genesi editrice (Premio Murazzi/Dignità di
stampa) che è stato presentato a settembre del 2018 presso la biblioteca
dell’Associazione culturale Carlo Levi a Torino. Nel 2019 ho vinto per il premio di
poesia e narrativa Carlo Levi il primo premio per la sezione dei racconti. Sempre
nel 2019 ho vinto il primo e il terzo premio del concorso di poesia “Diversamente
uguali”, progetto dell’associazione Il Cielo Capovolto. Il 3 ottobre 2019, con il trio
di Piero Cresto-Dina, ho presentato il mio libro “Dittamo: un fiore inatteso” presso il Cafè Neruda di Torino. In quella
sera è stato effettuato un video del concerto poetico che si può vedere su Youtube.
LIA AURIOSO
“divertissement d’amore”

L'appuntamento Improvvisamente

Aspetto te seduta qui Ed improvvisamente la tua voce


al caffè mi affanna il respiro,
oggi 29 settembre, vortice di scirocco
pare fatto apposta. nel petto
Il patto è tacere e granelli di miele
baciarsi prima di a calmarne la potenza.
salutarsi. Ho bisogno sulle mie labbra
Ma dai, come due ragazzi del suo soffio elegante,
abbracciarci e sfiorarci della sua pazienza antica,
qui tra la gente che beve alle radici del mondo.
e ci guarda. Graffia l'assenza.
Sei tu?
Togli gli occhiali
fatti guardare,
quanto mi posso fermare?
Emozionati, acqua e caffè
rovesciati
ci avviamo allacciati.

Inizio e fine di un amore


Si cresce mai
nelle cose di cuore?
Grazie dei fiori.

(2017)

Lia Aurioso. Napoletana, autrice per la rivista culturale Il Pickwick e per il magazine
Cinquecolonne e fondatrice della pagina dedicata alla diffusione della poesia: Setteversi. 
Appassionata e curiosa della vita, delle persone con le loro storie, del cinema, del mare e del viaggiare,
non sa ancora cosa farà da grande. Giunta alla sua terza adolescenza, dopo essere stata scultrice,
mascherera, docente ed ora autrice, amerebbe una carriera da astrofisica. Nell'attesa si prefigge di
ricercare ed applicare l'impalpabile arte dell' ironia e della leggerezza...con gran fatica!
ALESSANDRA VINOTTO 3
URAGANI

A volte
basta davvero poco
un'inezia
un grumo di dolore
per far virare la meraviglia in dubbio quello che mai
si sarebbe creduto quello che solo gli altri facevano.
Un nulla
una leggerezza.
E tutto rotola verso l'unheimlich.
Basta sentirsi sperduti tornare bambini nascondersi dietro il dito del "non l'ho fatto io"
per scatenare l'inferno dentro una lontananza che già da sola uccide.
Certo non crolla il mondo,
il mare non si asciuga,
e le montagne stanno dove sono. Ma l'età dell'oro
- quell'unica illusione fusionale - vacilla sino a sgretolarsi.
E solo perché un no
più volte
è affiorato alla bocca
di un te fattosi altro quando io pensavo
che noi si fosse uno, quando nel grigio dei muri intrisi di formalina
tu eri tutto il mio cielo,
e mi bastavi,
e il nostro amore era una fontana incantata.
Adesso è tutto secco,
non ho abbastanza lacrime per lavare quella sillaba,
la voce che non era tua.
Non voglio darti colpe: il dolore ci muta,
e lo so bene.
Peccato
che per gli dei altro non siamo che pupazzi
dei loro esperimenti.
Con noi hanno giocato a toglierci l'anima.
YURAY TOLENTINO HEVIA
TABULA ROSA

me está matando la sonrisa de la madrugada


la que cae a escondidas por entre las paredes
y se refugia en el abrazo de ayer.

me está matando la espera


las palabras que emigran de mi boca
para salvar esta libertad que solo me trae canas nuevas.

me está matando mi isla


la que un día fue mi amante, mi hija, mi madre…
la que un día dibujé en el portal de mi casa
y creí que era mi -único- puerto de entrada y de salida.

me está matando esa muchacha que no sabe


de lunas llenas, de poemas y boleros de cantinas
la que a veces cocina en su horno
una lágrima a contrapelo, y otras…
la estúpida sonrisa que no me ve mientras duerme.

una muchacha lleva una luna de algodón


bajo los párpados.
sus días van contra la pared
de sus botas extrae una escena de la comedia silente
para que la ayude -cada mañana-
a no creer que es el fin.
ha sido y es mujer mucho antes de nacer.
sabe que una flor le mueve el piso
pero prefiere un velero, un martillo
sin hoz
y hasta un gato hidráulico en el sombrero.
una muchacha guardó los vestidos
en un álbum de fotos
los nietos que su padre
pensó llevar los domingos al parque.
lleva guantes de boxeo y curitas
en la mochila.
a cada ratos… cae
sin embargo, se levanta.
a favor o en contra del viento
navega.
navega, porque sabe que hay otra muchacha
-como ella-, sola
padeciendo de insomnio
que entre maquillajes y cremas
tiene ese fuego que llaman
amor.

Yuray Tolentino Hevia (Güira de Melena, Cuba, enero 31 de 1975).


Poeta, guionista, curadora, crítico de arte y productora. Licenciada en
Estudios Socioculturales. Miembro Fundador del Taller Nacional de
Formación Literaria Onelio Jorge Cardoso. Obra suya ha sido publicada
en diferentes revistas, periódicos y antologías de poesía y narrativa en
Cuba, España, Argentina, Chile, Estados Unidos, Italia y México. Tiene
publicado los libros de poesía “Puertas, boleros y cenizas” y “Yo también
soy ellas, y “Entre el casco y la mala idea” (crónicas de Artes Plásticas).
Premio Internacional “Tulliola – Renato Filippelli”, 2020, Italia.
Mención de Mérito en la III Edizione del Premio Internazionale di
Poesia e Fotografia “Diversità come Ricchezza”, Italia, 2021. Premio
VIII Edición del Premio Internacional de Excelencia “Ciudad del
Galateo-Antonio De Ferrariis”, 2021, Italia. Primer Premio en Poesía
del Concurso Internacional de la Foundation Literary International
(Cuba–Holanda), 2021. Mención de Mérito en el II Concurso
Internacional de Poesía “Poetas por la Paz y la Libertad”, 2021, Italia.
Participó en el proyecto Rucksack, A Global Poetry Patchwork 2020 – 2021, Italia. Ha curado más de 40
exposiciones personales y colectivas. Como curadora ha participado en la Bienal Internacional de La Habana
en el 2009, 2015 y 2019.
Realiza la página Letras de Cuba de la Revista Letras de Parnaso, España desde enero del 2017. Subeditora
de la Revista Rácata, Miami, Estados Unidos desde enero del 2017. Coordinadora en Cuba de la Revista
Orbe México desde enero 2021 y del evento internacional Grito de Mujer desde el 2019. Colaboradora de la
revista Entre Paréntesis de Chile. Desde abril del 2018 trabaja en la EICTV de San Antonio de los Baños
como productora. Vive en Cuba.
ELENA PAREDI
Impressioni Cantico

Nel manto
Bufali inferociti
Avvolgo
Cavalli mansueti
Sorsi di lillà
Oche selvagge
Il tuo volto
Giochi di luci
Si dipinge di percorsi
Fra gli occhi dei Gatti
Astratti
Sentimenti delicati
Invocando Maestà
Dei Cerbiatti
Microstato
Il tempio delle Vanità
nel suo modo d’essere
Quanto stupore,
Psichico vivere risate
per così poche parole
Allegorie, che scherniscono il passato;
speculazioni pletoriche lacrime infiammate
sorgono che toccano il cuore
fra l’ignoto e vacuo del più crudele degli Abissi:
della Psiche rispecchiata. il Tempio delle Vanità.

Elena Paredi, classe 1971. Dall’età di 13 anni ho iniziato a scrivere poesie, alcune delle quali sono
state pubblicate sulla rivista di Poesia “Club degli Autori”. Dall’età di 18 anni mi sono avvicinata al
mondo della Tradizione Egizia, seguendo gli insegnamenti del dott. Angelini dell’Associazione Kemi
Hathor, attraverso corsi di Astrologia, Egittologia, Spagiria e Alchimia. Dal settembre del 1998 scrivo
articoli sulla Spiritualità Celtica sull’omonima rivista dell’Associazione collaborando attivamente con
quest’ultima. Scrivevo alcuni articoli inerenti sempre il mondo spirituale celtico sulla rivista “Société
d'Histoire Celtique” di Aosta e altri pubblicati su vari siti Internet tematici. Nel novembre del 2003,
ho fondato, assieme ad altri appassionati, a Milano: Associazione Celtegh Medhelan – Innamoraa de
Milàn. Ho tenuto una conferenze sulla Simbologia Celtica di Milano in collaborazione con Giancarlo
Minella dell’Associazione Terra Insubre di Varese, e ho pubblicato diversi articoli su Internet. Iniziai
gli studi esoterici esortata da mio padre nel lontano 1987, sotto la sua stretta guida e quella di
Angelo Angelini, esoterista ed alchimista fondatore della Kemi Hathor (casa editrice e rivista alchemica). Da allora ho seguito passo dopo
passo gli studi sempre più complessi ed intensi, sotto la supervisione di mio padre, collaborando con lui, dal 1990 fino al 2016, nella
realizzazione delle tinture spagiriche presso il suo laboratorio. Ho collaborato attivamente con la rivista Kemi Hathor dal 1990 al 1992
pubblicando articoli sulla tradizione e simbologia esoterica celtica. Attualmente scrivo poesie anche in vernacolo milanese e continuo la
diffusione della conoscenza della storia celtica di Milano e Lombardia, e gli articoli sull’esoterismo egizio, come richiestomi da mio padre a
suo tempo. Ho pubblicato alcuni libri, sulle tradizioni celtiche milanesi, poesie in dialetto milanese ed un vocabolario sulla ricerca
etimologica dei vocaboli più arcaici della parlata locale sia milanese che brianzola. Dal 1993 al 2004, ho collaborato con diverse riviste
pubblicate online che trattavano argomenti storici, legati ai misteri e alle simbologie celtiche, nonché studi esoterici. Attualmente divulgo
le conoscenze sin qui apprese, diffondendo articoli sia miei che di mio padre, mia prima ed unica guida spirituale, nonché articoli di
Angelo Angelini, a carattere essenzialmente esoterico. Ho pubblicato 5 libri postumi.
SILVIA FAVARETTO 4
L'uomo ideale e il compagno ideale, due mie strisce di fumetti del mio webcomic
EVA E LA SERPENTE
PIERA GIORDANO
Il vento solleva nei secoli dei secoli.
una cartolina di San Valentino Voglio cadere nell’arabesco
si vedono una panchina dei tuoi occhi, trovare
e noi due seduti tra fili neri il fuoco
a guardare il tramonto per sempre e sempre
e il cerchio dello stagno ubriacarmi, danzare, sognare
dove brilla una curva di sguardi. con te.
Ci baciamo fissi e non sentiamo
il vento e la pioggia nel tempo. Non basta il fiammeggiante oro
del giorno nuziale perché il nero
È che vortico nel giro dei tuoi occhi impone la sua legge in trame
tra scie dorate e oscurità di fondale, di confine che cattura il sonno.
è che risorgo abbandonandomi Troppa ruggine ha sollevato il vento.
all'alta marea dei tuoi baci Allora mi chiudo nel silenzio del cielo
è che m'innaffio dove al mutare di ogni singolo blu
con le tue carezze d'onda. cerco il gioco della festa, la ruota del ballo
l’offerta del corpo. Ma il tempo oscilla
Ti voglio con scompigli tra un confuso me e te, s’infrange
slanci venti vorticando su di noi con paura e coraggio.

Piera Giordano ha pubblicato raccolte poetiche


per L'autore libri Firenze, Ananke,
MANIFATTURATORINOPOESIA, CFR – Epos.

Liriche e racconti si trovano in antologie, ebook


e in rete. Vorrei essere come sono, iQdB edizioni
di Stefano Donno, è il suo primo romanzo,
vincitore del 1° premio, sezione narrativa inedita
2017 di Europa in versi, organizzato dalla Casa
della Poesia di Como.
Il libro ha ottenuto una segnalazione di merito
nella XXI edizione del premio di scrittura
femminile, “Il paese delle donne et donna e
poesia” 2020, Roma.
MARILENA BOFFO
vicini, dove il mare sfuma.
E tacciono, complici,
le lontane solitudini.

Mi sta stretto e mi stride


l’amore
quando muore in parole
postate e trite
e ritrite e condite
di cuori e di fiori.
Intorno liquidi desideri
sospesi su abissi
Cervellotico zuccone di pallidi anemoni di mare
che s’ostina e s’arrovella ammalianti e urticanti,
sui perché e sui percome e sulla pelle spessa dei giorni
di un amore andato a male. squarci Incandescenti
Corvi neri di pensieri spalancati su cieli
gli rivoltan le budella di folli stelle palpitanti
ma improvvisa una farfalla e splendiamo insieme
mongolfiera dell’amore e poi precipitiamo
gonna gialla ride al sole su un’alba di tiglio
e non resta che volare e ci offriamo stelle dagli occhi
e lasciarlo al minestrone nel fumo del caffè.
il cervellotico zuccone.
Ma davvero vuoi entrare
Sei dove io non sono. nella solitudine piccola
Sono dove tu non sei. del mio pugno chiuso?
E siamo forse solo ormai Apri piano
noi sciami di pensieri le dita sottili della notte
scoloriti dagli anni E trema con me
schiaffeggiati da maestrali nel sogno che stinge.
e schiacciati per sempre Respira il fiato dell’alba,
su muri rosa scrostati. ritrovata lettera
Due gabbiani sostano nel libro aperto a caso
della nostra storia.

Marilena Boffo, nata ad Asti, vivo a Castelnuovo Don


Bosco. Mi laureo con una tesi su Federico Garcia Lorca e
insegno inglese e spagnolo nella scuola secondaria per 37
anni, lascio la scuola nel 2017 per dedicarmi totalmente a
una grande passione, la conduzione di gruppi di Biodanza.
Negli anni 90 partecipo come video maker a diverse edizioni
di Cinema Giovani di Torino. Amo leggere e scrivere ma
alterno periodi di ispirazione con lunghi periodi di
interruzione. Alcuni miei racconti e poesie sono pubblicati
in antologie.
ORIETTA BIGGI - ORIENS 5

Ricordo di Formentera
MAURA TAORMINA
L' orlo birilli le ossa Butta via
vortice di profumi doloroso rimpianto
Scosta la stoffa nell'aria bagascia il parafango
che ammicca dal dirupo
Tra le lenzuola al portami via ragazza cattiva
invoco senza lasciare traccia dai polpacci bruciati
in un batter di ciglia da marmitte roventi
il tuo più fulgido ricordo Peso leggero
piumosa e distante Butta via baci e calci
Fammi vedere dal mondo bastardo pallonate sul mento
sull' orlo del precipizio un sapere noioso secchiate dal tetto
le scorribande che inneggia getti di respiri
di pensieri scollacciati a fragili sogni sudati sputi
desideri infiniti di saliva bianca
Frena la discesa di stabile appoggio a chi arriva più in là
di flussi di parole senza paura di tornare
che una lama di voce che poi, un giorno, Butta via
mi taglia la gola proverò a cadere essenze voluttuose
spire di fumo
Ancora... i fiori in mezzo
Butta via a virtuose danze
Un giorno proverò a volare
staccando dal muro Butta via Butta via
le vesti discinte umori grigi
da fracassi ormonali tossine e amarezze Ma tu rimani
il pianto scadente che anche il niente conta
scarpe nel vento la fronte amaranto

Maura Taormina nata a Genova l’11 luglio 1963 da genitori siciliani trasferitisi a Genova alla fine degli
anni ’50 per motivi di lavoro.
Sono sposata e ho 2 figli. Ho un diploma in  perito tecnico per il turismo. Mio padre mi ha trasmesso l’amore
per la danza, il canto e l’arte in genere. Divento prima ballerina di danza classica e modern/jazz,
successivamente  insegnante delle due suddette discipline. Ho diretto saggi e spettacoli scrivendone
personalmente i testi e curandone la regia. Ho partecipato a concorsi di danza in qualità di giurata e preso
parte a film e spettacoli teatrali. L’anno scorso la mia coreografia  “Mia ombra di luce” ha avuto vari
riconoscimenti in 5 differenti concorsi anche a livello internazionale. Ho lavorato in varie radio private
genovesi tra gli anni 80 e 90. La mia passione per la scrittura nasce poco dopo aver imparato a scrivere.
Avendo smesso di insegnare da qualche anno, mi dedico un po’ di più alla poesia  quando gli impegni di lavoro
e familiari me lo permettono. Mi piace ridere e scherzare in compagnia, per contro adoro trasferire su carta le
mie inquietudini ed i miei pensieri chiudendomi in piccoli spazi fisici e mentalmente comodi.
ORIETTA BIGGI - ORIENS 6

Tessitrice
MARIA RANALLI
CHIAROSCURI

Bianco.
Parole che esprimono silenzi.
Silenzi che sanno di parole.

Grigio.
Il cielo annuvolato dell’indifferenza,
metamorfosi dell’orgoglio.

Nero.
Inutile cercare la luce nei tuoi occhi
o la lucciola di un palpito d’anima.

Incolore cercarsi in una nuvola priva di sensi.

Bianco attenzione.
Potrà l’arcipelago dei dettagli
colmare le lacune di un placido odiarsi ?

Grigio gatto.
Forse il felino istinto ci guiderà verso terre di quiete,
dove potremo dissetare i nostri eserciti di alibi e
pregiudizi ?

Nero potere.
Imperterriti beviamo al calice della vendetta,
assaporando il vino della rivalsa.

Quanto rancore nel petto di una pantera ferita !

Bianco timore.
Fragile questo volersi bene,
ma porcellana le nostre tane.

Grigio fumo.
Lo strumento di seduzione di una sigaretta,
sfumiamo via senza parlare.
Nero notte.
A farci da cornice una trapunta di stelle,
ma noi siamo graffi nell’impossibile.

Graffiti di attese illuse e disilluse.

Bianco spuma.
Come un’onda del mare,
risorgiamo dalle profondità dei nostri errori,
salata scorre la confessione di lacrime
al tempio di un nuovo guardarsi.

Grigio tempo.
Il ponte dell’addio a liberarci della prigionia delle nostre ore vuote,
fra il tango dei rimorsi ed il walzer dei rimpianti.

Nero confusione.
Come tornare alle origini di una storia senza finale ?
Come riscrivere gli interminabili capitoli della nostra passione ? …

E siamo rimasti nei chiaroscuri.

Maria Ranalli, nata in Piemonte, vivo a Roma, laureata in Giurisprudenza. La poesia è per
me rifugio, ricerca di equilibrio, mosaico di armonie, pittura di metafore, trasfigurazione
dei limiti, visione passionale del vivere, albero di semplicità e raffinatezze, elaborazione di
incertezze e soprattutto metamorfosi del pensiero. La mia sfida è concettualizzare uno stato
d'animo, un'immagine lirica od onirica.

Alcune poesie sul mio sito www.emozioniincontroluce.net


LEA GIACONE
se ne vanno a passo lento calde note sdolcinate
sotto braccio, il cuor contento. lei ci casca un’altra volta
Una breve passeggiata, le sue orecchie deliziate.
sulle labbra un gran sorriso
mentre un raggio li riscalda, Si avvicina il bel micetto
un caffè con una cialda, gongolante alla sua preda
ma che bello il paradiso!’ ma svegliandosi dal sogno
prima ancor che lui s’avveda
VECCHI TEMPI
UNA GATTA EMANCIPATA
lei mostrandogli gli artigli
‘Un buon giorno Signorina,
A una micia solitaria gli rifila un bel graffione
rivederla è un gran piacere’,
strizza l’occhio un bel micetto e poi scappa emancipata
‘qual buon vento ragioniere,
miagolandole sornione dall’impudico gattone!
così presto stamattina
a comprare la Gazzetta?’ ‘lo facciamo in due un giretto?’
HAIKU
‘Signorina sa com’è…
che ne dice di un caffè?’
Miagolando di rimando Come una brezza
‘Se non è troppo di fretta…
lei lo guarda scanzonata, profumata d’amore
ma se vien qualche acquirente?’
già lo sa cosa l’aspetta è l’amicizia.
‘A quest’ora? Troppo presto,
ché ormai è ‘consumata’.
noi berremo un caffè lesto
Dietro uno sguardo
prima ancor che arrivi gente’.
‘Non ne voglio di gattini’, un’onda di emozioni
‘Scapperò un minutino
lei continua un po’ allarmata, s’alza e si abbassa.
ch’è davvero un gran piacere
‘ogni volta che ti vedo
oh mio caro ragioniere
me ne viene una nidiata!’. S’illuminano,
con lei bere un caffettino’.
quando penso ai miei fiori,
E l’edicola lasciata
Lui comincia a miagolare i giorni più bui.

Lea Giacone: risiedo a Buttigliera Alta in provincia di Torino dalla nascita.


Ho la fortuna di abitare vicino a boschi e laghi che frequento spesso; sono la mia fonte principale di ispirazione
per le poesie che scrivo da quando ero adolescente, con lunghi periodi di intervallo. Prediligo le filastrocche o
storielle in versi perché mi aiutano a fantasticare e staccare la spina dalla realtà; ho scritto anche molti haiku e
mi piace studiare metrica.
ALESSANDRA VINOTTO 4
Alessandra Vinotto é un'art-director, regista e fotografa
da anni pluripremiata sulle scene internazionali (3D Film Festival
Hollywood di L.A nel 2010 e nel 2011, premio speciale al MEI
(Faenza), special guests al Dimension 3 (Parigi), al 3D Stereo Media
(Liegi), al Capalbio InternationaShort Film Festival, e proiezione al
Sundance Film Festival. Laureata in lettere con indirizzo critica
teatrale, sue opere sono state esposte a mostre con artisti quali Andy
Warhol, Yoko Ono, Nan Goldin, Joseph Beuys, Jan Saudek, Bettina
Rheims, Luigi Viola, Ferdinando Scianna, Kiki Smith, Orlan,
Vanessa Beecroft, Carol Rama, Shirin Neshat, Marina Abramovic.
Ama la natura e scrive poesie da sempre. Nel 2015 viene pubblicato
il suo primo libro di poesia, POESIE DALLE TERRE DI MEZZO, nel
2017 la sua silloge fotopoetica, PER MARE, nel 2018 realizza la
raccolta “LOCUS SOLUS INSANUS”, nel 2019 la plaquette “IL MIO
BOSCO ZEN”: e pensa che da grande le piacerebbe fare la poetessa.
SABRINA FIAMMA
Cara famiglia.
La verità.

Cosa ho fatto ,
cosa ho dentro
non è la verità che gli altri,vedono ,
ma è un'illusione di essa, é una mia verità,
che vuole uscire,
esplodere come una mina e librarsi nel vento
e andare, andare.
Sì, come stelo al vento,
ma il cielo è nuvoloso.
Vorrei trovare una luce,
e che la poesia mi desse
la forza di essere ,di esistere,
una connotazione nuova.
É la voce interiore,
che fa rumore
è come l'acqua di una fontana,
con il suo scialacquio,
è come il suono di campane,
che irrompe nella tiepida domenica.
Parlo con Dio e lo invoco,
sento il suono delle intemperie che
mi hanno travolta.
Vorrei uscire,
dall'idea che ho di me,
crearmi confini nuovi,
baciare il vento,
abbracciare i fiori,
giocare con le onde del mare, volare, eludendo i "se e, i ma!"
La verità è che vorrei arrampicarmi sulle rocce del mondo e urlare il mio esistere.
Perché la verità canta
l'amore nel mondo.
Irrompe nella ragione,
odia gli inganni,
annulla i silenzi,
offre al sentimento
l'illusione di una rivincita
e parla con una ragione nuova,
per una vita diversa.
riappropriarmi di smarrite certezze,
nel miraggio di una vita infinita,
per salvare la consapevolezza e la speranza.
Vorrei seminare amore,
nell'arido deserto della mia solitaria anima
e liberarmi delle ombre che oscurano il sole.

#Barriere

Insormontabili segnali,
di esseri viscerali,
inesplicabili concetti,
di tutti i non detti,
di vite improbabili,
nere come tante sere.
Ignobili strutture
dell'animo impigliato,
di un ulteriore agguato,
di vita in salita.
Difficil sormontare,
meglio aggirare,
ma non si puo' ignorare
la loro esistenza,
la morte e la violenza,
che provocan d'intorno
Ritrovare gli arcobaleni. e non si vede il giorno
ne' la risalita,
Devo fuggire dalle insidie del cemento, ne' una luce nuova,
dagli abbracci di Giuda, ne' qualcun che prova
devo cercare le valli colorate degli arcobaleni ad abbatterle a negarle.
e ritrovare il calore di gesti veri La vita e' bloccata
e di perduti equilibri. rimbalza e' stregata,
Vorrei osservare il passaggio del tempo, come una naufragata nave,
dall'imbrunirsi delle foglie, non trovi la banchina, perduta hai la chiave,
dallo scolorirsi degli alberi, distrutti son gli ormeggi,
nei purpurei tramonti, nessuno nei paraggi.
o nei marmorei giorni d'autunno. Vi guardo
Devo ancora ascoltare il vento, non so andare,
il suo dimenticato lamento, son qui' al di la' del mare
intrufolarsi tra i capelli imbiancati. il corpo e'
Devo vedere il chiarore, ormai in cancrena
di risplendenti albe, imperlate di brina, mi guardo,
sentire ancora il suono della terra nessuno per la cena.
e il fruscio labile delle farfalle. Son sola sopra il monte
Devo ritrovare gli arcobaleni, e' come stare al fronte,
che colorano i miei preziosi istanti, barrire distruttrici,
di me e delle mie radici,
non sento ciò che dici.

Sabrina Fiamma, nasce a Roma negli anni 50, arguta e vivace, solare. Cresce con la
madre e la nonna. Studia pianoforte e in seguito agli studi liceali consegue la laurea in
Scienze Biologiche e il dottorato di ricerca. Sposata dal 1986, si dedica in toto sia al figlio che
alla famiglia. Dotata di grande comunicativa, riscopre la passione per la scrittura poetica
solo da alcuni anni e partecipando a concorsi radiofonici e letterari riceve due menzioni di
merito. Inoltre alcune poesie le vengono pubblicate. Si dedica quotidianamente ad una
pagina La MIA Poesia su Facebook. Alla perenne ricerca di se dentro le parole, con
l'esternazione delle proprie emozioni, continua il suo viaggio nella sperimentazione poetica.
CLAUDIA PURRO

Guardando il tramonto
Passeggiata a Stupinigi

Claudia Purro. Nata a Borzonasca (Ge) Il 7 luglio 1954.

“Gli acquarelli di Claudia sono caratterizzati da una particolare trasparenza


degli strati, le immagini, conducono ad un “quotidiano” sereno , dove la
sensibilità verso la natura che sempre la ispira, sono la genuina
rispondenza alle sue capacità artistiche.” Rita Deshmann Melegari
DOMENICO CAVALLO
Empatia

Orecchino
su un lobo ormai avvizzito,
tatuaggio
che non miagola più
in una sera d'empatia
dove una falsa luna
sembra caderti in testa;
ma tu ridi
perché l'amore
si è impossessato di te
e la vita
mi regala un sorriso ebete
mentre tu mi tieni la mano
e mi inietti un caldo fervore
per cui le fitte della mente
assumono distanze maggiori.
Minori sono le nostre,
nei colori di case
arroccate sul mare.

Mi chiamo Domenico Cavallo, sono di Torino e scrivo poesie dal 1996. Ogni tanto
partecipo a concorsi di poesia e letture durante mostre, presentazioni di libri ed eventi legati
alla poesia e all'arte in genere. Da qualche tempo partecipo agli slam poetry. Ho scritto un
libro uscito a settembre 2018: si intitola Miscellanea, stampato da Aga Editrice in un
formato tascabile e contiene 101 poesie di genere diverso non disposte in ordine cronologico.
Creo anche oggetti legandoli ai miei testi, come quadri, bijoux, calamite.
CINZIA LANFRANCO
TUFFO affondo in uno specchio di luce.

La pelle che brucia, Come in una bolla d’ acqua


i raggi del sole … scendo …
trasparenza cristallina, i capelli fluttuanti
m’immergo … riflettono l’oro.

frusta ghiacciata; Coda di sirena …


il sale nelle narici, le mie gambe
sulle labbra. si muovono
nell’acqua avvolgente.
Mi cinge l’abbraccio dell’acqua
tra i flutti spumeggianti …
… e scendo lentamente FARFALLE

nel blu e nel verde, Con una capriola


volteggiando … rotolavo
danza sincronica lungo il declivio della collina,
scivolando … l’erba mi solleticava il volto.
pesce tra i pesci. Eteree e delicate le farfalle
volteggiavano nell’aria
in un vortice di colore.
PLENILUNIO Accompagnate dal vento
si posavano sui fiori
con la leggerezza delle nuvole.
Globo dorato, In una luce di miele
alone luminoso, il profumo
raggi lucenti inondano il cielo. di fragole mature.
Ginocchia sbucciate
Lingue dorate sulle acque, sopra i calzini bianchi …
onde vibranti Nei miei occhi
nel mare di tenebra. il riflesso di voli leggiadri …
Avevo stretto
Bagno di luna, ali trasparenti di farfalla:
gocce mi rigano il volto. sulle dita
In un silenzio ovattato una polvere leggera.

Cinzia Lanfranco nasce a Torino


il 4 luglio del 1967.
Lavora presso un ente pubblico come
istruttore amministrativo.
Da sempre ama la lettura. Per qualche
anno ha frequentato un corso di
biodanza dove si è avvicinata alla
scrittura di poesie.
Ultimamente ha partecipato a diversi
concorsi tra cui il XXIV° concorso di
poesia 2021 Città di Poirino dedicato a
Felicita Chiambretti, dove ha ottenuto
il 1° premio sezione poesia in Italiano
tema “Farfalle”.
MARIO DETTONI

eterno amore
attrazione fatale

Mario Dettoni, nato a Torino il 20 di


gennaio del 1948.

“Dettoni dipinge con spontaneità, spinto


dall’istinto e dal desiderio di comunicare
piacevoli sensazioni. La sua è sicuramente
un’esperienza vitale, liricamente tesa a
ristabilire un preciso rapporto tra l’artista
ed i mezzi tecnici impiegati, tra l’artista e
l’urgenza delle immagini che propone dalla
sua fervida fantasia.” Angelo Mistrangelo
MATTEO COTUGNO
OMO mi appartiene come prima
che non esitavo
Io e non ti cercavo.
che sono qui
a fermare il cielo Ora è tutto diverso:
se te ne vai, esito
non saprei e penso a quello
trattenermi più, che ho perso
nascondersi non avendoti più
è diventato squallido fra le possibilità
e gli occhi tradiscono di cercarti.
quel che provo
per te Ma esisto
amore mio, e questo basta
quei baci rubati a farmi sentire solo
sotto casa fan male nel vuoto
quanto le botte prese che mi lasciasti.
a passeggiare insieme
tenendoci per mano, Quel caos
quanto il ribrezzo
celato negli occhi È un silenzio che sfonda
di chi ci odia... esonda
fa così male amarci un ammaraggio nel nulla
in questi altari miraggio
imbiancati di pregiudizio di un naufragio provocato
ma credimi amore sabotaggio mirato - noi due -.
credimi… Un buco nero ci inghiotte
morirei amandoti. e il nulla svanisce nel nulla
catarsi di silenzi e venti solari
Esito ed esisto smossi come chiome nel vuoto
pupazzi evanescenti e inanimati
Esito abbracci sbracciati
ed esisto baci stracciati
nella culla di un'alba innamorati
rivedo il passaggio innamorati
da te a chi ora ti esiste. ...Ecco cosa è
tutto questo
Nulla ora qui CAOS!

Matteo Cotugno, modenese di adozione, nasce nel '63 a Foggia, nel 2010 pubblica il suo primo libro di poesia
“PoesiAnima” che diventa selezione del premio poesia Alessandro Tassoni di Modena, lo stesso anno espone per il mese
di settembre al Palazzo dei Musei di Modena la sua silloge poetica a tema museale “Silloge per il museo” tratta da
PoesiAnima.

Nel 2011 espone al Maschio Angioino di Napoli le sue poesie a tema spirituale nella personale pittorica di Aurora
Cubiciotti “La passione di Maddalena” (medaglia di rappresentanza dal Presidente della Repubblica)
Dal 2012 cura diverse antologie di poesia diffondendole gratuitamente in formato ebook:
9 edizioni dell'antologia Un cielo di poesia
5 edizioni dell'antologia Goccia a goccia
9 edizioni dell'antologia Alda nel cuore (dedicata a Alda Merini)
5 edizioni dell'antologia InfinitAmore
2 edizioni dell'antologia Papa Francesco
2 edizioni dell'antologia 100mila poeti per il cambiamento

Finalista al Premio Poesia Tassoni nel 2013


Finalista al Premio Poesia Tassoni nel 2014
Nel 2014 pubblica il secondo libro di poesia “InVersi” edito da Youcanprint e riceve al Maschio Angioino di Napoli un
premio (Alfonso Gatto) alla carriera letteraria per meriti artistici nella divulgazione della poesia con le antologie in
formato ebook.
Nel 2016 si classifica al secondo posto nel concorso internazionale di poesia e fotografia "Quel profilo in lontananza"
dell'Ass. Licenza Poetica.
Nel 2017 finalista Premio Poié di Gallipoli e targa di merito artistico per il contributo alla poesia nell’evento “Centomila
Poeti per il cambiamento” Monterosi.
Nel 2018 ha il patrocino nell'organizzazione internazionale”Centomila poeti per il cambiamento” in Modena per
realizzare l'ebook evento omonimo in occasione della gionata mondiale dei 100TPC il 28 settembre 2018.
Dal 2009 gestisce e amministra varie pagine e gruppi di poesia su Facebook: PoesiAnima, Voci di Poesia new, Poesia:
Alda nel cuore, PoesiAmo, e vari blog di poesia.
Nel 2021 primo premio Concorso Nazionale di Poesia Turenum prima edizione – Trani
Nel 2021 inserimento nel portale wikipoesia.

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HELIOS UMBERTO CARBONE
Cinzia e Omar

Estate, tardo pomeriggio. In mezzo alla folla di una grande piazza.


Cinzia. Dalla notte di luna piena in cui è nata ha ereditato il nero corvino dei capelli, il blu degli occhi, il
candore della pelle.
Omar. Pelle e occhi scuri, lunghi capelli ondulati, come il mare su cui un giorno sogna di partire.
Lei, sguardo luminoso. Arriva stringendo tra le braccia una piccola valigia. Si guarda intorno.
Lui, sguardo timido. Cammina a testa bassa confuso tra la gente. Borbotta sottovoce.
Lei si ferma. Appoggia la valigia a terra.
Lui si scuote, alza il capo. Rallenta. Si ferma, ascolta: qualcuno, forse... Si volta lentamente, scruta con
attenzione.
Lei apre la valigia, prende cavalletto, pennelli e colori. Stende a terra un telo blu, vi appoggia alcune tavolette
dipinte.
Lui la scorge.
Lei chiude gli occhi e comincia a ondeggiare. Tutto il suo corpo vibra, un sorriso quasi impercettibile muove
gli angoli della sua bocca.
Immobile tra la gente, lui la osserva stupito.
Incurante dei passanti, lei si muove leggera a occhi chiusi, rapita da un ritmo misterioso che le danza dentro.
Riapre gli occhi: con piccoli tocchi di colore, dipinge il suono del silenzio, dà forma alla sua danza interiore.
Lui strabuzza gli occhi, rapito dalla magia dei suoi gesti. Un fremito si fa strada nel suo ventre.
Lei appoggia il dipinto sul telo, lo congeda con un cenno del capo.
Il rituale ricomincia: chiude gli occhi, ondeggia, vibra…
Lui l’accarezza con lo sguardo.
Lei… Rabbrividisce. Apre gli occhi di colpo, lo scorge tra la folla. Lo fissa.
Lui s'incanta rapito, si tuffa nel suo sguardo.
Lei dipinge: le onde s'inseguono, danzano nei suoi magici colori.
Lui arrossisce, cullato dalla risacca. Un nuovo fremito palpita in mezzo alla sua fronte.
Lei sorride.
La folla svanisce.
Sguardi furtivi. Senza fine.
Danza selvaggia di cuori stregati.
Silenzio!
Gli occhi lentamente si staccano.
La folla ricompare.
Cinzia torna a dipingere.
Omar si allontana lentamente. Cammina tra la gente a testa alta, sorride.
Nuvole rosse solcano il cielo.

Da alcuni giorni, un tacito appuntamento li unisce, i loro sguardi volano oltre il brusio della folla.
In questo istante condividono un cielo pieno di stelle.
Lei lo invita.
Lui la guarda di sottecchi. Annuisce piano.
Lei insiste.
Lui alza un poco gli occhi. Sorride.
Lei ride.
Lui chiude gli occhi. Sospira.
Lei… Spicca il volo.
Lui riapre gli occhi e…
Scruta incredulo. Scuote il capo: scruta davanti a sé, si guarda intorno. Di nuovo: si guarda intorno.
Un mare in tempesta rimbomba nel suo petto. Dov’è finita?
Un fruscio leggero alle sue spalle.
Si volta sorpreso.
Sguardi che si fondono.
Pochi passi ancora.
Mani e braccia che s’intrecciano.
Occhi che si chiudono.
Morbido abbraccio infinito.
Danza in tondo, cuore contro cuore.
Labbra che si cercano. Si sfiorano. Si schiudono.

Nell’abbraccio del Silenzio

Le feste si avvicinano.
Sentirò amici e parenti lontani. Parlerò anche con te, Rosa. Giuro: ti scriverò.

So già cosa dirai, appena vedrai la mia lettera: “Toh, chi si rivede: mio fratello. E’ una vita che non ho tue
notizie. Dov’eri finito?”
Proprio una vita non direi: ti ho scritto che non è molto.
Diciamo, piuttosto, che è una vita che non ci vediamo.

Quando ero bambino, un fitto mistero avvolgeva il tuo nome. Un segreto indicibile ci separava.
Sembrava che nessuno avesse parole per parlarmi di te.

Papà era simpatico: giocava con me, scherzava volentieri.


Quando gli chiedevo di te, però, diventava serio, mi guardava di sottecchi, quasi scusandosi. E non parlava
più. Io insistevo. Niente: non apriva bocca. Finché un giorno, finalmente, è riuscito ad alzare un poco lo
sguardo: in un soffio, con gli occhi, mi ha confessato tutto il suo dolore.
Basta così.

Con noi abitavano anche i nonni.


La nonna si chiudeva in camera e pregava tutto il giorno. Quando non pregava, con lo sguardo, distribuiva
rimproveri a destra e a sinistra. Il suo bersaglio preferito era papà.
Il nonno parlava molto poco. Urlava disperato, chiamava la nonna quando aveva bisogno di aiuto. Poi
s’acquietava: scompariva.

Quando le ho chiesto di te, la nonna stringeva tra le mani il suo libro di preghiere.
Tremavo: quel libro misterioso, con la copertina nera e i fogli bordati di rosso, mi faceva tanta paura.
Ha smesso di pregare. Mi ha guardato. Mi ha fulminato.
Il nonno non ha smesso di tacere.

L’unica che sembrava avere parole era mamma. “Perché una mamma…”, mormorava affranta, “In certi
momenti…” Tutte le volte che le chiedevo di te, ripeteva così.
Io la guardavo stranito: non capivo.
Poi, un giorno, all’improvviso, guardandomi negli occhi, ha esclamato: “Ah, se ci fosse qui la mia bambina!”
Quel giorno, ho capito.
Sei nata già morta, strozzata dal cordone ombelicale. Due anni prima di me.
Quel giorno, anch’io, come loro, ho visto il mio dolore sgattaiolare via, scappare lontano.

Poi, un giorno, molti anni dopo, un amico mi disse: “Scrivile.”


“Ma no, dai…”
“Sì.”, ribadì, “Scrivile. Dille quello che senti.”
“Che cosa assurda.”, pensavo mentre prendevo carta e penna, “Chi mi può ascoltare.”
Un attimo dopo, un urlo mi uscì dal petto.
Tutta la mia angoscia, tutto il mio sconcerto presero corpo in un istante. “Perché, Rosa?”, gridai, “Perché una
morte così atroce? Com’è andata veramente? Sei stata davvero tu? Com’è possibile? Eri solo un feto.”

L’eco delle mie parole volò lontano, nel Buio.


Il Silenzio le accolse.
Il mio dolore tornò a mostrarsi. Si accoccolò tra le mie braccia.

Mentre terminavo la lettera, sei emersa dall’oscurità che ti aveva inghiottita.


Eri una donna matura. Avevi i capelli neri con qualche striatura di bianco, come quelli di mamma, le sue
guance piene, gli occhi tristi e chiari di papà, le sue labbra sottili.

Da allora, sei tornata spesso a farmi visita.


Da te arrivano le intuizioni che nei momenti più inaspettati mi aiutano a dare forma alla mia vita.

C’è un fatto nuovo, importante. Rosa, ascoltami.


Ho dimenticato più volte un pentolino sul fuoco.
Mi ha mostrato un messaggio, qualcosa che mi appartiene.

Quel pentolino dimenticato sono io.

Rosa, ti prego: aiutami.


Voglio parlare con mamma.

Mamma, per me, è sempre stata un mistero: un mistero molto più grande del tuo.
Parlarle era difficile. Anche ora non saprei da dove cominciare.
Appena sfioro il suo ricordo, mi congelo.
Colleziono ossessivo grovigli di pensieri, frasi senza senso: “Avrei potuto… Avrei voluto… Dovuto.”
Non ci riesco. E’ più forte di me.

Mamma incomprensibile.

Mamma lontana.
Mamma troppo vicina.
Mamma irraggiungibile.
Mamma persa nei suoi tormenti.
Mamma prigioniera del suo pathos. Del suo caos.

“Perché una mamma… In certi momenti…”


“Ah se ci fosse qui la mia bambina!”
“Oh iàh!”
“Oh iéh iàh!”
Si lamentava ad alta voce la sua fragilità.

Mamma ammantata di bontà.


Mamma voleva un figlio buono, un figlio che non la facesse mai mai mai star male.
Mamma!
Ho imparato subito la lezione, la ripetevo a memoria fin da piccolo.
Mai un capriccio; mai un gesto o una parola fuori posto.
Mangiavo solo molto poco, mi ammalavo facilmente.
Tutto qui.

Certo, mamma!
Sono stato un figlio buono. Silenzioso, educato, ubbidiente. Bello, vero? Ero il primo della classe.
Ho solo un rimpianto, mamma: non sono stato un buon figlio.

Mi serviva qualcosa da indossare, per certificare la mia bontà.


Ho cercato a lungo. Ho trovato una medaglia.
Era perfetta.
Mostravo al mondo la faccia bella della mia medaglia. Mi prestavo. Mi nutrivo di idiozie. Ma che importava?
Il mondo mi riconosceva. Mi gratificava.
L’altra faccia della medaglia, quella brutta orribile disdicevole, la tenevo per me, nascosta, appoggiata sul
cuore.

Ho continuato per tutta la vita.


Mi prestavo. Mi nutrivo di idiozie. Sempre perfetto, mostravo al mondo la mia medaglia luccicante e ingoiavo:
tenevo per me i tizzoni ardenti del rancore.

Poi un giorno te ne sei andata.


Ma i tizzoni sono rimasti. Sono ancora lì, nel pentolino dimenticato sul fuoco.

Immobile fuori e in subbuglio dentro.

Per anni ho rosicchiato.


“Mi sembri un topolino.”, mi aveva detto un giorno un’amica. “Su un libro di mia figlia, c’è un topolino che
rosicchia la pagina. Rosicchia. Rosicchia. Rosicchia. Rosicchia. Rosicchia. Fa un grosso buco… E scopre un
paesaggio meraviglioso.”
Per anni ho rosicchiato come quel topolino, sognando di raggiungere il paesaggio meraviglioso che mi
aspettava dall’altra parte della pagina. Rosicchiavo per togliere mattoni dal muro di gelo che mi divideva da
me stesso.
Con quel muro gelido, tenevo a bada i miei tizzoni ardenti.
Rosicchiavo, rosicchiavo.
E rosicavo.
I tizzoni non si spegnevano, continuavano a bruciare.

E così sono qua, alla resa dei conti, incapace di dare pace al mio tormento.

Forse ho capito. E’ molto più semplice di quanto immaginavo.


Guarda come sono bravo, mamma.
Riprenderò a modo mio le tue frasi celebri.
Attraverserò il tuo pathos fino in fondo. Sarà lui a guidarmi, a condurmi fino a te.

“Ah se ci fosse qui mia madre!”


Invocavi Rosa. E io ero lì davanti a te, ero vivo, ero vero e reale. Ma tu non mi vedevi.
E io scomparivo.

Lo sai, vero, mamma?


Hai partorito due fantasmi: una figlia morta e un figlio vivo, ma inesistente.
E’ così, mamma.
Sono fuggito dall’angoscia che mi opprimeva nel tuo grembo. E questo mi ha salvato.
Ma l’angoscia mi ha seguito. Si è radicata dentro di me, è cresciuta, ha preso forma.
Sono nato terrorizzato. Ho vissuto nel terrore, angosciato dall’idea di essere un fantasma.

Già: un fantasma.
E’ proprio questa la chiave. Ora comprendo.
Quanti fantasmi nella storia della nostra famiglia.
Quanta angoscia.

A me e a Rosa l’esistenza ha assegnato un compito delicato: portare in scena, sul teatro della vita, l’epico
scontro con la morte, che da anni attanagliava, in segreto, la nostra famiglia.
Troppe morti premature. Troppi lutti irrisolti. Troppa sofferenza.
Morendo, Rosa ha preso su di sé tutta questa sofferenza. L’ha fatta emergere. L’ha fatta esplodere.
Nascendo vivo, ho riscattato la sua morte. E quelle precedenti.

Mi sono arrovellato tutta la vita per cercare di dare un senso al mio rapporto con te, mamma.
Solo oggi finalmente comprendo.

“Ah se ci fosse qui la mia bambina!”


Proclamavi il rimpianto per non poterti specchiare negli occhi di Rosa.
Ma lei riviveva in me. La invocavi, ma mi vedevi.
Eri in ansia per me. Avevi paura di perdermi, come avevi perso lei.

E’ buffo vedere quanto ti assomiglio, mamma.


Credevo di dovermi meritare il tuo affetto.
E non mi accorgevo che anche tu cercavi disperatamente di meritarti il mio. E quello del mondo.
Anche tu, come me, eri convinta di essere un fantasma.

Un pentolino dimenticato sul fuoco.


Un gesto banale, un errore sciocco ci ha fatti ritrovare.
Ora, finalmente, ti posso dire: “Ti voglio bene."

Nessun luogo, nessun tempo è lontano.


Nell’abbraccio del Silenzio, nell’abbraccio del cuore.

Helios Umberto Carbone. Sono nato e cresciuto a Voghera,


nell'Oltrepò Pavese. Da qui nel '95 sono migrato a Torino, poi a
Ventimiglia, di nuovo a Torino. Ora vivo con Giusi a Berzano di
San Pietro, un paese piccolo piccolo del Monferrato Astigiano.
Ho due figli: Ilario e Carlo. Non sono ancora nonno.
Da 45 anni lavoro in campo educativo. Non sono ancora in
pensione.
Nell'89, dalla collaborazione con Micaela Coralli (Pavia), è nata
"La bottega di Strani Vari", un laboratorio di manipolazione
creativa con materiali di recupero. Nel '98, l'esperienza del
laboratorio è confluita in un manuale, che ha venduto circa 12.000
copie: Il laboratorio dei materiali poveri, Erickson, Trento.
Quando scrivo racconti, lo faccio soprattutto per me. Spesso mi
ha aiutato a dare un senso a ciò che vivo.
SILVIA FAVARETTO 5

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