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MEDIA E PROCESSI COMUNICATIVI

La vita quotidiana

La vita quotidiana è l’insieme degli ambienti, pratiche, relazioni e interazioni, ciò che
ci è più familiare e tendiamo a dare per scontato a considerare ovvio, pensando che
sia naturale. La sociologia della vita quotidiana attraverso lo studio delle parti che
compongono la vita quotidiana ci rende più consapevoli.
LA COMUNICAZIONE LE PRIME NOZIONI
La vita quotidiana è piena di comunicazione, parliamo, facciamo gesti, scriviamo
guardiamo la tv, mandiamo messaggi. Non è facile dare una definizione di
comunicazione. La parola “comunicazione” deriva dall’aggettivo latino
“COMMUNIS”, ovvero comune.
Comunicare è un’attività che comporta la circolazione di un insieme di segni. Questi
insieme di segni sono ciò a cui ci riferiamo come testi, messaggi, enunciati o discorsi.
Tra i segni distinguiamo icone, simboli, indici e sintomi, ognuno di esso possiede un
significato, ma il rapporto con il significato che essi hanno è diverso.
L’icona è un segno che è simile a ciò che rappresenta, come ad es. il disegno di una
casa è simile in qualche modo ad una casa.
Indici e i sintomi significano qualcosa che rimandano alla causa della propria
presenza, es per i sintomi, uno sbadiglio rimanda alla fame o per indici un filo di
fumo indica la presenza di un fuoco.
I segni, ovvero i simboli sono coloro che hanno una connessione convenzionale con
ciò che rappresentano, es: casa in italiano sta per la nozione di casa ma in altre
lingue la stessa nozione è rappresentata con segni verbali diversi.
Per quanto riguarda la circolazione dei segni si tratta di un processo che comprende
diversi momenti. Il processo di trasmissione dei segni invece viene articolato in:
produzione, trasmissione e ricezione, e permette di individuare almeno due soggetti
nella comunicazione emittente e destinatario, ma per far in modo che la
comunicazione abbia luogo è necessario un altro elemento, il linguaggio o il codice.
I codici o linguaggi sono fondamentali per la comunicazione. Nella nostra vita
quotidiana il linguaggio più familiare è quello detto naturale cioè la lingua parlata
nella società in cui viviamo. Ma la forma che ogni lingua assume è sociale.
Nel mondo esistono circa 7.000 lingue vive. Le più parlare sono:
1) Cinese mandarino
2) Inglese
3) Indi
4) Arabo
5) Spagnolo
6) Francese
7) Russo
8) Bengalese
9) Portoghese
Ogni linguaggio naturale umano possiede un sistema di regole tra cui fonetica che
riguarda l’emissione dei suoni, grammatica e sintassi che riguarda la corretta
formazione di frasi, semantica cioè regole per mettere in relazione i simboli verbali
con i loro significati, e pragmatico cioè un sistema che permette di utilizzare in
modo appropriato i simboli nei diversi contesti in cui ci si trova.
Se la società che parla un determinato linguaggio conosce la scrittura, a queste
regole si aggiungono i segni verbali ovvero ortografia. L’ortografia è un secondo
codice che si aggiunge a quello linguistico, un sistema di cambiamento dalla forma
orale alla forma scritta, dove alcuni scritti corrispondono a certi suoni.

CHI AGISCE?
La comunicazione è una forma di agire sociale.
Da Weber, sappiamo che l’agire è un comportamento dotato di senso, ed è sociale
quando tale senso è rivolto verso il comportamento o l’atteggiamento di altri.
L’agire può consistere in un fare, subire o tralasciare, in ogni caso ciò che lo rende
un’azione è il suo carattere intenzionale.
La comunicazione è un agire sociale in quanto due o più soggetti mettono in atto il
processo comunicativo. Ad agire socialmente all’interno del processo comunicativo
è l’emittente che inoltra il messaggio, ma anche il destinatario agisce, in quanto
riceve un messaggio quindi è ricevente e interpreta il messaggio facendo uso di un
codice e a sua volta invia dei feedback che sono in genere di carattere non verbale
confermando o meno la ricezione del messaggio, e rispondendo a sua volta si
trasforma in emittente, perciò il processo comunicativo viene inteso come inter-
azione.
TIPI DI INTERAZIONE
Le interazioni comunicative si possono distinguere in tre tipi:
1) L’interazione faccia a faccia: è la forma più usata nella quotidianità. In essa
mittente e destinatario sono presenti nello stesso momento e nello stesso
luogo e per mezzo di comunicazione utilizzano la voce, alla voce si aggiungono
altri canali di comunicazione, visto che ogni parte del corpo entra in gioco.
Questa interazione è dialoga: emittente e destinatario si scambiano le parti.
Inoltre il destinatario è in grado di inviare feedback, che servono all’emittente
per poter usare il proprio agire comunicativo
2) L’interazione mediata: La comunicazione è possibile, attraverso uno o più
mezzi tecnici. Es: Il telefono, la scrittura e la carta che utilizziamo per mandare
una lettera. Tali mezzi separano fisicamente il destinatario dall’emittente.
L’interazione rimane dialoga, ma con la separazione fisica di entrambi, vi è
una limitazione del corpo e della possibilità di inviare feedback.
3) Quasi-interazione mediata: Quella che si utilizza attraverso i mezzi di massa o
mass media. Come ad esempio, il cinema, la radio, permettendo ad un
emittente di raggiungere più destinatari insieme, anche sconosciuti. In questo
caso l’interazione però ha poco dialogo, dove i destinatari non hanno
possibilità di inviare feedback.
COMUNICAZIONE VERBALE E NON VERBALE
Vi è una distinzione tra comunicazione verbale e quella non verbale.
La comunicazione verbale usa il linguaggio naturale, mentre quella non verbale
usa immagini, movimenti corporei, espressioni facciali. Infatti nella quotidianità
usiamo spesso comunicazioni non verbali, quando guardiamo la tv, andiamo al
cinema, ecc. L’uso della comunicazione non verbale può essere intenzionale o
meno, e può essere suddivisa in vari elementi come tono della voce, sistema
cinesico come la mimica facciale, prossemico come l’utilizzo dello spazio o aptico
come abbracci ecc.
È molto importante osservare come la comunicazione non verbale affianca di
solito quella verbale. Normalmente la comunicazione contemporaneamente si
muove attraverso più canali veicolando svariati messaggi e utilizzando una
molteplicità di codici. I codici in sostanza sono sia un sistema di trasformazione di
segni in significati, sia sistemi di norme, e vederli utilizzati in maniera differente
comporta stranezza, stupore.
LE SEI DIMENSIONI DELL’ATTO COMUNICATIVO
Le sei dimensioni dell’atto comunicativo sono:
1) Referenziale: si riferisce a qualcosa, cioè dice qualcosa a proposito del mondo
2) Fàtica: è la dimensione per cui ogni comunicazione stabilisce un contatto fra
emittente e destinatario
3) Poetica: è la forma per come l destinatario recepisce il messaggio
4) Metacomunicativa: si esprime attraverso l’affiancamento di un messaggio non
verbale ad uno verbale.
5) Espressiva: riguarda l’emittente che esprime nel messaggio inviato qualcosa
di sé
6) Conativa: riguarda il destinatario ed esprime l’effetto che la comunicazione ha
su di lui e come reagisce. Alcuni la chiamano dimensione appellativa.
Tutte queste dimensioni sono presenti in ogni atto comunicativo.

CATENE COMUNICATIVE E DEFINIZIONE DELLA SITUAZIONE


I messaggi sono parti di catene comunicative che possono essere infinite dove
emittenti e destinatari si scambiano di continuo i ruoli. Un messaggio cioè è
comprensibile solo se si riesce a delineare la linea comunicativa da cui parte, e il suo
significato dipende dai contenuti del discorso esplicato. Quindi nessuna interazione
comunicativa avviene nel vuoto, ma avviene all’interno di un contesto e
l’interpretazione dei messaggi all’interno dipendono dai modi come il contesto è
definito. Definire una situazione quindi vuol dire definire il ruolo degli interlocutori
in quella determinata relazione, stabilendo ciò che ci si aspetta dai vari interlocutori,
le regole a cui ci si dovrà attenere e contribuire alla definizione del significato dei
messaggi scambiati.

COMPETENZE COMUNICATIVE E CONOSCENZE PREGRESSE


Come si è capito emittenti e destinatari sono soggetti umani concreti, i quali
possiedono competenze comunicative e conoscenze pregresse. La competenza
comunicativa è la capacità del soggetto di saper usare efficacemente l’insieme degli
strumenti comunicativi e metacomunicativi che possiede. Per quanto riguarda la vita
quotidiana, non è solo saper parlare una lingua ma saperla organizzarla secondo le
situazioni.
Le varie differenze delle competenze comunicative possono generare asimmetrie di
potere, cioè chi è in grado di padroneggiare meglio di un altro soggetto un certo
linguaggio ha più possibilità di imporsi nel mondo. In oltre emittenti e destinatari
possiedono conoscenze pregresse, o come diceva Umberto Eco possiedono una
certa enciclopedia che aiuta ad interpretare i messaggi degli altri e come riusciamo a
costruire i nostri.

UNA SINTESI
Emittenti e destinatari si scambiano tra di loro le parti, si possono definire
interlocutori. Il processo comunicativo appare come un processo in cui due o più
interlocutori si scambiano messaggi attraverso canali e linguaggi. Tali risorse sono
però anche dei vincoli, perché determinano in partenza il campo di messaggi che
ciascuno è in grado di emettere e ricevere, essendo perciò generatrici di pregiudizi
che influenzano o distorcono la comprensione di ciò che l’altro dice. Non dobbiamo
dimenticare in oltre che comunicare è un interagire che inevitabilmente comporta
una certa influenza reciproca, quindi ogni comunicazione è l’esporsi l’un l’altro di
soggetti concreti che comunicando agiscono e trasformano di volta in volta la
propria conoscenza.

MEZZI DI COMUNICAZIONE DI MASSA E LA MODERNITA’


I mezzi di comunicazione di massa sono quei mezzi di comunicazione che veicolano
messaggi accessibili ad una pluralità indeterminata di destinatari e che producono
un flusso di comunicazione unidirezionale. I mezzi di comunicazione di massa sono
quindi quei mezzi che hanno la funzione di mediazione tra soggetti diversi. La
sociologia ha iniziato ad occuparsi dei mezzi di comunicazione negli anni 20 e 30 del
Ventesimo secolo, cioè con la nascita della radiofonia. È con la radio che il termine
mass media fa la sua comparsa anche se si affianca a mezzi già esistenti come i
giornali e il cinema. Nei paesi europei la radio nasce come servizio pubblico, negli
Stati Uniti invece come servizio privato. Ma comunque privati o pubblici i servizi
radiofonici o anche quelli televisivi sono sottoposti a controlli statali. I vari dibattiti
sui mass media soprattutto all’inizio mostrano una certa polarizzazione fra
argomenti a favore, cioè entrano nell’idea che i mass media sono parte integrante
dei processi di modernizzazione, e argomenti contro questi mezzi. Inoltre i mass
media favoriscono l’integrazione di società diverse. Uno degli studiosi più importanti
sui mass media è Walter Lippmann, il quale afferma che i mass media devono
garantire la libertà di informazione e la pluralità di emittenti, e qualora queste
componenti venissero a mancare i mass media diventerebbero pericolosi.
WALTER LIPPMAN “PSEUDO-AMBIENTE” ED OPINIONE PUBBLICA
Lippman è un giornalista e un politologo. La sua opera del 1922, L’OPINIONE
PUBBLICA, parla dello pseudo-ambiente cioè l’ambiente mentale i soggetti si
costruiscono grazie alle immagini della realtà che rappresentano la mappa cognitiva
entro cui ci muoviamo. Immagini che fanno parte della nostra esperienza diretta, ma
maggiormente derivano da una conoscenza del mondo indiretta costituite ad oggi
dai mass media. Le immagini dello pseudo-ambiente possono essere più o meno
corrette, ma che se vengono confrontate con l’ambiente reale hanno sempre effetti
reali, possiamo ricordare il teorema di Thomas, secondo cui se gli uomini
definiscono come reale una situazione. Perciò visto che i mezzi di comunicazione di
massa costruiscono lo pseudo-ambiente hanno la possibilità di influenzare
l’opinione pubblica. Per Lippman l’opinione pubblica è l’insieme di immagini della
realtà su cui si basano gli atteggiamenti e i comportamenti di un gruppo riguardo gli
affari pubblici, e sua formazione è decisivo per il funzionamento dei sistemi
democratici. In quanto egli sa bene che ogni tipo di potere tende a promuovere
immagini della realtà favorevoli ai suoi interessi, quindi per lui la concorrenza fra gli
emittenti, il desiderio del pubblico di essere informato con esattezza e la correttezza
professionale degli operatori dei media sono gli strumenti con cui una società
democratica può limitare questi effetti.

PROSPETTIVE CRITICHE E AVVIO DELLA COMMUNICATION RESEARCH


Per quanto riguarda le posizioni critiche invece le riflessioni partono dagli autori
della scuola di Francoforte, come Max Horkheimer e Adorno, che comporta una
critica sull’ordine sociale esistente. In questa prospettiva è molto evidente la
capacità dei mass media di produrre consenso e ammortizzare le tensioni sociali, e
ciò che gli autori osservano è il fatto che l’industria culturale tende ad una
mercificazione della cultura e promuove un adattamento a-critico degli individui al
sistema sociale esistente venendo a mancare così le potenzialità di elaborazione
dell’esperienza di ognuno. Il cinema e la radio sono prodotti di intrattenimento, che
corrispondono ad uno svago, dopo routine lavorative. Nel loro insieme i mass media
appaiono agli autori della scuola di Francoforte come un sistema coerente e poco
pluralista, col fine di riprodurre l’ideologia delle classi dominanti. Il tema del potere
dei mass sarà comunque un tema chiave di molti sviluppi della sociologia della
comunicazione. Le prime interrogazioni sui mass media vengono articolate da
Lasswell col modello delle cinque W:
1) Who? Chi comunica?
2) What? Cosa dice?
3) Whom to? A chi è destinato il messaggio
4) Where? Dove e come, attraverso quali canali
5) Which effects: Con quali effetti
Esso è un modello attivo nella communication research dagli anni quaranta.

I CONTRIBUTI DI PAUL FELIX LAZARSFELD


Lazarsfeld, sociologo tedesco immigrato negli U.S.A nei primi anni 30, grande
organizzatore dei metodi quantitativi nel campo della ricerca della sociologia. Ha
applicato i suoi metodi anche alla comunicazione di massa, quindi con ricerche dei
massa media. Lazarsfeld si concentra soprattutto sulla quinta W cioè gli effetti dei
media, e le sue ricerche dimostrano come la percezione e la memorizzazione dei
contenuti negli americani siano molto selettivi, cioè tendono ad acquisire solo
informazioni che non contraddicono quelli già appartenenti al gruppo di cui si fa
parte. Nella propaganda politica ad esempio sono presenti effetti di rafforzamento,
conversione o orientamento per le persone indecise sul voto. Ma l’effetto più
presente è quello di rafforzamento delle idee già presenti. Infatti i contenuti della
propaganda mediale interagiscono con quelli che avvengono di persona tra persone
dello stesso gruppo sociale. All’interno di questi gruppi è cruciale il ruolo dei leader
d’opinione locale, cioè persone che sono più ascoltate all’interno delle cerchie
sociali che frequentano. Al ruolo di questi leader Lazarsfeld dedica la sua terza
ricerca dove mette a punto il modello che chiama two step flow, secondo il quale
l’influenza dei messaggi dei mass media raggiunge gli individui tramite dei filtri,
modello che tende appunto a limitare gli effetti sulle persone, rendendo più chiaro
che l’influenza dei media non è illimitata.

I MASS MEDIA E LA COSTRUZIONE SOCIALE DELLA REALTA’


Il modello degli effetti limitanti entrerà però in crisi negli anni sessanta per diversi
motivi:
1)il primo per l’aumento dell’offerta mediale, soprattutto con la comparsa della
televisione e della moltiplicazione di emittenti di ogni genere, in modo che i
messaggi medievali entrano pienamente nella vita quotidiana di ciascuno, con
un’influenza superiore della comunicazione interpersonale.
2)il secondo con la crisi della dimensione comunitaria della vita sociale.
3) il terzo riguarda lo sviluppo della teoria sociale, importante infatti è la diffusione
dell’esempio della costruzione sociale della realtà, dovuta al libro di Peter Berger e
Luckmann nel 1966, La realtà come costruzione sociale.
Notando come per comprendere gli effetti dei mass media non basta guardare agli
effetti a breve termine, ma studiare gli effetti a lungo termine e complessivi di tutta
l’offerta mediale. Tra la fine degli anni 60 e inizio anni 70, importante è l’approccio
di MC COMBS E SHAW su queste teorie che è denominato TEORIA DELL’AGENDA-
SETTING. Agenda dal latino che significa le cose da farsi. In primis l’agenda è l’elenco
delle cose che implicitamente sono proposte come importanti agli individui e to set
vuol dire programmare. Infatti l’agenda dei media definisce sia cosa è importante sia
la gerarchia in cui le informazioni devono essere esposte. E Mc Combs e Shaw
mostrano proprio che anche i cittadini formano una agenda simile giornaliera, e
come essa sia influenzata dall’agenda dei media, facendo notare come i media
hanno il potere di attirare l’attenzione dei soggetti che ne fruiscono determinandone
l’importanza. Ma naturalmente l’agenda dei media interagisce con le conoscenze del
pubblico, così facendo ha più rilevanza su pubblici generici che specializzati. Un po’
diversa è la posizione di Neumann, che studia soprattutto il comportamento
elettorale, e nota come i sondaggi pre-elettorali possono rivelarsi sbagliati, e che
alcuni elettori modificano all’ultimo il proprio voto. E queste modifiche sono
comprensibili in riferimento all’azione dei media, che hanno il potere di di
diffondere certe posizioni prevalenti più tosto che altre. Si tratta di un meccanismo a
spirale cioè i media forniscono una certa rappresentazione delle tendenze in atto, e
sulla base di questa rappresentazione alcuni tendono al silenzio che rafforza così la
tendenza prevalente. Il limite di questo meccanismo però sta nel fatto che una volta
che i partiti capiscono il meccanismo tutti proveranno a diffondere messaggi che
saranno loro i vincitori, ma che resta comunque efficace per quegli individui meno
specializzati, e resta così un meccanismo di costruzione sociale della realtà.

I CULTURAL STUDIES BRITANNICI


Come si vede nelle ricerche della costruzione sociale della realtà si tende ad
attribuire ai mass media un potere notevole, ed infatti non sono poi molto limitati.
Ma anche i pubblici che fruiscono dei media per quanto variabile hanno una certa
dove di potere. Ciò viene sottolineato dai cultural studies britannici. Lo studio dei
media e delle pratiche di consumo che vi corrispondono porta gli autori di questa
corrente a sottolineare come i destinatari della pubblicità, dell’informazione e di
qualsiasi prodotto mediale sono pubblici attivi e capaci di interpretare i messaggi a
cui sono esposti. STUART HALL suggerisce nel suo saggio,del 1980, CODIFICA E
DECODIFICA DEL DISCORSO TELEVISIVO, di ragionare sul rapporto che c’è fra i testi
che i media diffondono e le interpretazioni del pubblico affatto scontate. Il pubblico
può decodificare in modo coerente con il significato che gli attribuiscono gli autori,
interpretarli in maniera critica, travisandone il senso o addirittura non comprenderli
affatto perché ne rifiuta la fonte di provenienza o perché non possiede gli strumenti
culturali adatti. E questo approccio conferma che i media non sono onnipotenti, e
variabili intervenienti come istruzione, genere, età, appartenenza etnica,
collocazione professionale e geografica dei soggetti determinano la maniera in cui i
testi mediali vengono compresi. L’altra caratteristica dei cultural studies è anche
l’uso che ne viene fatto dei mass media, infatti leggere, andare al cinema, o
guardare la tv sono pratiche che non finiscono con la sola fruizione del testo. Il
punto è quindi che il consumo dei media è un processo attraverso cui individui e
gruppi trasformano determinate offerte in risorse per la propria vita. E i media stessi
acquistano un valore più ampio del solo significato del testo.

I NEW MEDIA

Il termine new media si riferisce appunto agli ultimi media usciti, come telefonini e
pc, ma anche a quelli un po’ più vecchi come la tv satellitare o via cavo o più recente
il digitale terrestre, anche dvd, pen drive, ecc. Il 900, è definito dallo storico dei
media, il secolo dei media, per importanti sviluppi tecnologici. Ad accomunare i new
media è un dato tecnico cioè sono mezzi di comunicazione che si basano su
tecnologie informatiche e vengono descritti con determinate parole e sono quattro
come: digitalizzazione, multimedialità, ipertestualità e interattività.

I NEW MEDIA PAROLE CHIAVE


La digitalizzazione: è il processo con cui si convertono grandezze analogiche con
sequenze numeriche tipo 0 1 e possono essere elaborate da un calcolatore, rende
possibili i fenomeni che vengono definiti con multimedialità: termine usato con
molta confusione, ma che comprende molte accezioni, come quella di
multisensorialità. La digitalizzazione dall’inglese “digit” vuol dire numero, cifra. Un
esempio possono essere i libri, le videocassette, o anche gli stessi contenuti mediali,
diventano dei files.
Ipertestualità: Ted Nelson uno dei primi studiosi di informatica intendeva, in un
articola del 1990, l’ipertesto come una scrittura non sequenziale, un testo che si
dirama e consente al lettore di scegliere. E anche se ci sono alcune differenze tra i
vari autori tutti concordano che si tratta di una forma di scrittura e/o lettura non
sequenziale al contrario di quella tradizionale. Infine per le caratteristiche di
interattività che i new media presentano ve ne sono diverse: come quella utente-
utente, che ovviamente prevede l’uso dei new media. Utente-messaggio: ha a che
fare con l’interazione degli individui con le nuove forme di documenti che emergono
dalla navigazione in siti web o come la compilazione di moduli online.
E in fine quella utente-sistema: che è strettamente legata all’interazione con il
computer, e a tutti i suoi componenti hardware e software che permettono alle
persone di lavorare e comunicare con il sistema.
I NEW MEDIA NELLA VITA QUOTIDIANA
La vita quotidiana oggi è diffusa dai new media, così la distinzione fra mezzi di
comunicazione di massa e interpersonali si sfuma, infatti un pc ad esempio, uno
smartphone connesso ad internet diventa sia un mezzo interpersonale che di massa
e rende chi lo usa simultaneamente un destinatario un elaboratore e un emittente.
Specifiche ricerche sull’uso del pc hanno fatto notare i rapporti tra la realtà che c’è
dietro uno schermo e la realtà concreta dell’utente che ne fa uso, e i new media
sono apparsi come strumenti che ampliano e articolano i piani di ciò in cui la realtà
consiste. E si è notato come non vi sia alcuna rigida separazione tra le interazioni che
avvengono nel mondo fisico e in quello virtuale. Ed è sempre più frequente che
alcune routine della nostra vita quotidiana si svolga in ambienti mediati grazie
soprattutto ai nuovi smartphone. Infatti siamo costantemente connessi alla rete e
con altri individui di qualsiasi parte del mondo.

IDENTITA’ VIRTUALI
A partire dagli anni 90, con la diffusione di Internet e l’aumento dell’utilizzo della
comunicazione grazie al computer, si è diffuso il termine “Ciberspazio” cioè si vuole
intendere il fatto che le reti non sono solo strumenti di trasmissione di dati ma
propriamente spazi di comunicazione e di interazione. In questo spazio è utile
segnalare tre ambiti: la prima riguarda i rapporti con le identità che le persone
hanno in questo spazio. La creazione dell’identità online è diventata di fatto uno dei
maggiori ambiti di interesse degli studiosi della comunicazione computer mediated.
Il primo passo nella creazione di una identità online è la scelta del soprannome che
indica la collocazione dell’individuo nella comunità, infatti il nickname racconta
qualcosa di chi lo porta, oltre al soprannome l’identità online si costruisce con firme
digitali, commenti nei vari forum che diventano le brevi presentazioni dei soggetti, e
le pagine personali nei social network. Le costruzioni di identità virtuali quindi non
sono qualcosa di separato dalla vita quotidiana, al contrario il confine tra online e
offline sembra quasi svanito.
COMUNITA’ VIRTUALI
Il web viene sempre di più inteso come un luogo di incontro in cui è possibile creare
delle comunità, le così dette virtual community: termine che venne utilizzato da
Rehingold nel suo libro, nel 1993. Nelle virtual community si denotano
caratteristiche costanti, innanzitutto vi devono essere delle persone coerenti e
stabili, e devono avere relazioni interpersonali che si sviluppano su vari livelli come
email, chat ecc, ci deve essere un linguaggio condiviso e si deve sviluppare un
sistema di norme condivise, molto similmente a come accade nelle realtà fisiche.
Tuttavia ci sono delle differenze tra online e offline, le quali nonostante le infinite
possibilità date dalle società contemporanee spesso il contesto geografico e
familiare continua a condizionare le scelte degli individui. Un’altra questione è
quella della ciber-balcanizzazione cioè la possibilità che comunità online diventino
piccoli luoghi dove i membri si selezionano in base ad interessi condivisi. Oggi i
sociologi parlano sempre più spesso di reticoli e meno di comunità. Il termine
community infatti viene sostituito con il termine network specie con l’avvento dei
social network. I siti di social network sono l’evoluzione dei blog in quanto
permettono la formazione di un profilo personale e di veicolare informazioni sulla
propria persona. La maggior parte di questi social permette di ripubblicare in
continuazione risorse online come immagini, brani musicali, video, creare dei tag
cioè etichette testuali ecc.

RETI, PARTECIPAZIONE E SFERA PUBBLICA


Oggi la nozione di connessione è diventata cruciale, e parte dall’interesse che la
diffusione dei new media ha generato riguarda le possibilità di sviluppo che le nuove
forme di connessione tra cittadini sembrano offrire alla sfera pubblica. Il concetto di
sfera pubblica come lo ha delineato Habermas designa uno spazio di discorsi e
pratiche discorsive pubblicamente accessibili. In questo spazio i cittadini discutono
di questioni collettivamente rilevanti in modo libero. La sfera pubblica quindi è il
luogo in cui si forma l’opinione pubblica come il risultato di discussioni aperte,
razionali e informate e in quanto tale è cruciale per il funzionamento della
democrazia. E la diffusione delle reti lascia intravedere nuove opportunità di
sviluppo della sfera pubblica e dunque della democrazia. Questa affermazione ha
molto di vero ma non mancano le ombre, infatti se da un lato le diffusioni di
applicazioni dall’interfaccia grafica ha ampliato il numero di utenti e quindi di
partecipazione, dall’altro la diffusione delle reti nel mondo ha creato nuove
disuguaglianze. Inoltre si è visto che le reti come il www nonostante si diffondano in
maniera capillare ed ospitino un immenso numero di nodi che possono diventare
fornitori di contenuti di fatto mantengono connessi solo pochi nodi. Quindi la
navigazione sul web nonostante potrebbe permettere infiniti percorsi di lettura è
condizionata dai risultati forniti da questi ultimi. Si assiste perciò ad un duplice
processo: da un lato il panorama tecnico-comunicativo permette una certa
indipendenza da figure e istituzioni tradizionalmente intermediari, dall’altro si
assiste all’ascesa di nuovi intermediari come i motori di ricerca. Google esempio
lampante di motore di ricerca che si può considerare una vera industria di metadati
capace di raccogliere e incrociare infiniti dati sui propri fruitori. Attraverso PageRank
un complesso algoritmo che permette di ordinare le pagine web in maniera
ottimale. In altri termini è come se PageRank riuscisse a quantificare l’autorevolezza
di un sito, di un testo o di un’informazione basandole sulla loro popolarità cioè sulle
scelte quantitative degli utenti piuttosto che quelle qualitative operati da gruppi
ristretti. Da qui nasce l’enfasi sulla democrazia che Google garantirebbe nell’accesso
all’informazione: idea che però spesso è offuscata dalla poca trasparenza nella
gestione dei nostri dati, aprendo scenari inquietanti, e facendo trasparire
probabilmente che un motore di ricerca come Google può arrivare a sapere ogni
singolo dettaglio della vita di un individuo.

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