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DONATELLO
il banchetto di Erode
Tra il 1423 e il 1427 Donatello è chiamato a
collaborare alla realizzazione del fonte
battesimale del Battistero di Siena, Il banchetto
di Erode. In essa l’artista pone ogni cura sia
nella rappresentazione prospettica, sia
nell’organizzazione degli spazi, sia nella
disposizione dei personaggi. La scena mostra in
primo piano, a sinistra, un servo inginocchiato
che offre a Erode un vassoio recante la testa
mozzata del Battista. Il vecchio sovrano, che
pur ne aveva comandato la decapitazione per
compiacere la giovane Salomè (figlia dell’empia
moglie Erodiade e del fratello Erode Filippo, a
cui il re l’aveva sottratta), è rappresentato da
Donatello nell’atto di ritrarsi, con le palme delle
mani aperte, in un gesto quasi di orrore di fronte a quella terribile vista. Il racconto, così,
assume aspetti di drammatico realismo e l’allegro banchetto sfocia in turpe delitto. Anche
altri partecipanti al banchetto si ritraggono (uno coprendosi il volto con la mano destra)
agghiacciati dalla crudele esecuzione e solo Erodiade, a sinistra, si protende verso di lui,
indicandogli il macabro trofeo. In tal modo, viene a crearsi un vuoto proprio al centro della scena,
il quale crea un senso di profondità e di realismo mai visti prima in un bassorilievo. Il geometrico
succedersi degli archi dello sfondo contribuisce a dare ulteriore profondità all’intera scena. Al
centro un suonatore di viola allude alla danza dei sette veli che Salomè, raffigurata a destra,
davanti al tavolo, sta ancora compiendo. In fondo a sinistra, invece, oltre la seconda serie di archi,
ritorna la raffigurazione del servitore che, in un momento precedente, mostra la testa del Battista
anche a Erodiade (o Salomè) e a due ancelle. Mediante tale invenzione, Donatello definisce con la
lontananza nello spazio quello che è anche lontano nel tempo (cioè avvenuto prima) e, viceversa.
Questo nuovo modo di scandire la narrazione sostituisce il ciclo narrativo medievale.ù
david
L’esatta datazione del Dàvid in bronzo che Donatello
realizzò per Cosimo de’ Medici è potrebbe collocarsi
intorno al 1435/1440. La scultura, una fusione a cera persa di
dimensioni pressoché naturali, perfettamente tornita e
rifinita al cesello, Essa presenta alcuni tratti singolari,
come lo strano copricapo e i calzari. Partendo da uno
spunto decisamente classico, Donatello conferisce al suo
personaggio, chiunque esso rappresenti, un’espressione di
naturale pensosità. Tutto il peso del giovane corpo grava
sulla gamba destra, imponendo un corrispondente
abbassamento del bacino a sinistra. In opposizione a
questo la spalla sinistra è lievemente rialzata, mentre la
mano destra impugna una lunga spada e il piede sinistro
poggia, in segno di vittoria, sulla testa del nemico ucciso.
La luce è impiegata da Donatello come strumento di
modellazione delle masse e finisce poi per addensarsi ai
suoi piedi.
maddalena penitente
Maddalena penitente (ca 1453/1455), intagliata in tenero legno di pioppo bianco. Donatello
abolisce ogni riferimento alla statuaria classica e concentra le
proprie energie nella direzione di una profonda analisi
psicologica del personaggio. La Maddalena penitente appare
pertanto non solo sfigurata nel fisico «essendo consumata dai
digiuni e dall’astinenza», ma anche fortemente dilaniata
nell’animo. Il volto ossuto e sofferente, solcato da due
profonde orbite oculari, le mani dalle dita lunghe e nodose,
congiunte nella preghiera, il corpo mortificato da un’informe
cascata di capelli che la ricopre come un lungo saio (simbolo
di vita eremitica), i piedi scheletrici modellati sul terreno come
delle vecchie radici, esprimono tutta la grandezza interiore
della peccatrice convertita a una vita santificata dalla
penitenza. Anche la scelta di utilizzare il legno non appare
casuale. Si tratta, infatti, di un materiale umile e al tempo
stesso vivo, nel quale lo scalpello sembra scavare ombre e
luci, come drammatiche ferite di un corpo. I restauri hanno
inoltre evidenziato tracce – ora quasi del tutto scomparse – di policromia e, fra i capelli,
plasmati con abbondante aggiunta di stucco, anche qualche suggestivo filo di doratura. Il
testamento artistico di Donatello sta, dunque, proprio qui, nella rivoluzionaria volontà di
trasgredire ogni schema precostituito per arrivare a comprendere e a rappresentare,
attraverso la scultura, i valori più profondi della dignità umana.
MASACCIO
il tributo
Nell’affresco del Tributo, il
secondo in alto della parete di
sinistra, Masaccio illustra un
episodio del Vangelo di
Matteo nel quale è descritto
l’ingresso di Cristo e dei suoi
Apostoli nella città di
Cafàrnao. Come di
consuetudine il gabelliere
pretende da loro un tributo per il
Tempio di Gerusalemme. Gesù, pur ironizzando su quanto sia singolare che il Figlio
debba pagare un tributo al Padre, non vuole trasgredire le leggi e, a tal fine, incarica Pietro
di pescare un pesce nella cui bocca troverà una moneta d’argento per pagare la tassa
dovuta. L’artista concentra nello stesso dipinto quattro momenti temporalmente diversi. Il
primo, al centro, corrisponde a quando il gabelliere, rappresentato di spalle, esige il tributo.
In questa scena vi è già il preannuncio della successiva, posta in secondo piano. Cristo,
infatti, comanda a Pietro di recarsi a pescare e questi indica a sua volta il Lago di
Tiberìade. Sulla riva, a sinistra, è quindi raffigurato Pietro da solo, intento alla pesca
prodigiosa. A destra, infine, nuovamente in primo piano, Pietro ricompare nel momento in
cui, con un gesto estremamente deciso, consegna il denaro all’esattore. Tutti i personaggi
hanno un rilievo quasi scultoreo. Masaccio definisce con il chiaroscuro i loro possenti
volumi e i realistici panneggi. La prospettiva adottata da Masaccio è sempre la stessa. Il
paesaggio appare brullo e desolato, con le montagne sono disposte in successione
cromatica: verdi quelle più vicine e grigio-azzurrognole quelle in lontananza, con le vette
imbiancate di neve all’orizzonte. Anche le architetture sulla destra contribuiscono a una
chiara determinazione spaziale della scena. Poiché le ombre proiettate dai vari personaggi
hanno tutte una stessa direzione, la fonte luminosa che Masaccio utilizza è evidentemente
unica e puntiforme (il sole).
la trinità
jscsd