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IL MODO MINORE

Sappiamo che il modo maggiore è definito da una singola e determinata serie di


triadi. Nel modo minore, a seconda delle diverse condizioni e dei diversi contesti, si
usano vari tipi di scale e di triadi. Ciò che distingue la musica nel modo minore è il
fatto che la triade di tonica è sempre minore, la forma delle altre triadi è piuttosto
variabile. Ad esempio, se la triade di dominante compare prima del I minore, essa è
quasi sempre maggiore, con la sensibile che sale alla tonica; ma in altre condizioni la
triade di dominante può essere minore, senza l’atteso movimento ascendente della
sensibile. La terza del V è generalmente il settimo grado innalzato, ma la quinta del
III è quasi sempre il settimo grado non innalzato. Queste differenze nell’uso dei gradi
della scala sono responsabili di alcune delle contraddizioni esistenti nella notazione
musicale ordinaria. Per fare un esempio evidente, i tre bemolli nell’armatura di
chiave di do minore indicano che il terzo, il sesto e il settimo grado della scala sono
alterati da bemolli, diversamente da quanto avviene per gli stessi gradi nella scala
del modo parallelo, do maggiore; ma osservando qualsiasi esempio di musica in do
minore troveremo anche la presenza del si bequadro e del la bequadro. Le relazioni
tra i gradi della scala sono riassunte nelle tre forme tradizionali della scala minore
(ovvero scala minore naturale, scala minore armonica e scala minore melodica
ascendente e discendente). La scala minore naturale corrisponde nell’armatura di
chiave, ed è equivalente alla forma discendente della scala minore melodica. È
formata dalle stesse note del relativo maggiore, ma esse corrispondono a differenti
gradi della scala. La scala minore armonica presenta il settimo grado innalzato, o
sensibile. La distanza tra il sesto e il settimo grado è una seconda eccedente; di
solito nel movimento melodico questo intervallo viene evitato, anche se si possono
trovare molti esempi in cui compare (per esempio la Sinfonia K.550 di Mozart). La
scala minore melodica fornisce il modello intervallare per buona parte del
movimento melodico della musica in minore. Nella scala ascendente il sesto e il
settimo grado sono innalzati, in quella discendente non lo sono. Un movimento
melodico ascendente per gradi congiunti dal quinto grado alla tonica presenta il
sesto e il settimo grado innalzati; nel movimento discendente dalla tonica alla
dominante spesso si usano il sesto e il settimo grado non innalzati. Durante tutto il
periodo tonale è possibile trovare esempi di sesto e settimo grado innalzati usati nel
movimento discendente. Il caso opposto – il sesto e settimo grado non innalzati
usati nel movimento ascendente alla tonica – è invece raro durante il periodo
dell’armonia tonale classica. L’ascesa di semitono dalla sensibile alla tonica era una
convenzione così forte che i compositori erano riluttanti ad abbandonarla. La scala
minore melodica discendente corrisponde a quella naturale; la scala minore
melodica ascendente è uguale a quella maggiore, tranne che per il terzo grado. La
scala minore armonica è una specie di ibrido delle due forme melodiche; viene
chiamata “armonica” perché buona parte dell’armonia usata regolarmente nel
modo minore, anche se non tutta, è costituita da triadi basate su tale scala, mentre
il resto deriva dalle forme minori melodiche.
LE TRIADI DEL MODO MINORE
Poiché nel modo minore il sesto e il settimo grado variano in base al contesto, le
triadi che contengono questi gradi potranno anche esse variare di volta in volta. La
triade di tonica è la sola a non contenere il sesto né il settimo grado e resta quindi
invariata, qualunque tipo di scala minore si usi; nella successione melodica
ascendente quattro triadi, il II, il IV, il V ed il VII, sono uguali a quelle del modo
maggiore; la serie completa comprende triadi diminuite, sui gradi II, VI e VII, ed una
triade eccedente, sul III. In passato, la scala minore armonica veniva indicata come la
sola scala da cui derivano tutte le triadi del modo minore. Questo punto di vista
sembra ora da un lato troppo semplicistico e dall’altro causa di confusione.
Adottando il punto di vista tradizionale, la triade di mediante nel modo minore
armonico è quella che provoca le maggiori difficoltà, ma questa triade eccedente è
molto rara nella musica del periodo tonale. La più usata tra le triadi di III del modo
minore è di gran lunga quella maggiore, la cui quinta è il settimo grado non innalzato
della scala. Questa triade, costruita sulla scala minore melodica discendente, è
uguale a quella di tonica del relativo maggiore, e l’orecchio tende a non distinguere
tra le due. Di regola, le forme minori melodiche ascendenti del II e del IV (triade
minore e maggiore, rispettivamente) vengono usate solo insieme alla scala minore
melodica ascendente, quando tale scala compare chiaramente come successione
melodica di una delle voci dal sesto grado, al settimo, alla tonica, in genere
cominciando dalla dominante. La forma minore melodica ascendente del VI, una
triade diminuita, è piuttosto rara. Analogamente la triade minore melodica
discendente del V viene usata solo in presenza di una scala discendente che inizi
dalla tonica. Come dicevamo in precedenza, la triade minore sul V non venne quasi
mai usata davanti alla triade di tonica fino al tardo Ottocento; tale uso viene quindi
considerato estraneo all’armonia tonale classica. La triade diminuita sulla
sopratonica, benché dissonante, fu invece usata durante il periodo dell’armonia
tonale; la si trova a volte in stato fondamentale, e abbastanza spesso in rivolto.
Generalmente si raddoppiano la fondamentale o la terza, mentre si tende a evitare il
raddoppio della quinta (il sesto grado non innalzato). La triade diminuita di sensibile
è naturalmente uguale a quella del modo maggiore. Il suo uso e la sua funzione sono
gli stessi nei due modi: anche in minore essa viene usata raramente in stato
fondamentale, e ha la funzione di un accordo incompleto di settima di dominante.
La triade maggiore sul settimo grado non innalzato è perlopiù associata alla triade
maggiore di III, e ha la funzione di dominante di quest’ultima, V del III.
LA SUCCESSIONE ARMONICA
La tavola delle successioni armoniche abituali vale anche per il modo minore, con
queste differenze:
- Il I può anche essere seguito dalla triade maggiore del VII;
- La triade maggiore del III può anche essere seguita dalla triade maggiore del
VII;
- La triade maggiore del VII è seguita dal III, a volte dal VI, più raramente dal IV;
- La triade diminuita del VII è seguita dal I.
CONDOTTA DELLE PARTI
Tutte le regole e i procedimenti relativi al movimento e alla condotta delle parti
indicate finora valgono anche per il modo minore. Le differenze nella struttura della
scala del minore, tuttavia, comporteranno alcune limitazioni supplementari, come
ad esempio la necessità di evitare il movimento di seconda eccedente. Un buon
esempio è dato dalla successione II-V che, se si raddoppia la fondamentale del II,
può avvenire solo in due modi; tutte le altre soluzioni comportano l’intervallo
melodico di seconda eccedente o di tritono nel movimento di una delle parti,
oppure movimenti paralleli proibiti. Se nel II si raddoppia la terza non è possibile
evitare errori nel movimento. La successione VI-V è ancora più problematica. Se la
nota raddoppiata nel VI è la fondamentale non sono possibili movimenti che non
comportino la seconda eccedente, il salto di tritono o movimenti paralleli proibiti. In
questa successione conviene raddoppiare la terza del VI, così da assicurare una
connessione lineare con il V. Non è sempre possibile evitare gli intervalli aspri dal
punto di vista melodico. L’uso occasionale di un movimento di seconda eccedente o
di tritono fa poco danno, e se tale movimento viene riservato ad una parte interna
non disturba la successione. Nel modo minore, un poco più spesso che in maggiore,
si può talvolta incontrare la successione I-II in stato fondamentale. Raddoppiando la
quinta nell’accordo di tonica, è permesso il moto parallelo da una quinta giusta ad
una diminuita. Questo particolare caso di quinte parallele è sempre accettato tra
tutte le coppie di voci. Lo si incontra spesso in connessione all’accordo di settima di
dominante. Anche il movimento opposto – da una quinta diminuita ad una giusta –
può essere consentito, purché non avvenga tra le voci estreme.

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