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Analisi politica, filosofica e scientifica del movimento dei diritti degli animali, conservazione e

benessere animale.

Dan Perry
Bar-Ilan University

Le specie aliene sono considerate dai biologi conservazionisti come una grande minaccia per la
biodiversità. Secondo i conservazionisti, uno dei modi per affrontare la questione è l’eradicazione totale
delle specie invasive. I gruppi animalisti si sono opposti in maniera continua alle campagne di
eradicazione, qualche volta con successo. Uno di questi casi è stato il tentativo di eradicare lo scoiattolo
grigio dal Nord Italia.

Potrebbe essere utile per entrambe le parti trovare un terreno comune su cui potersi accordare, ma le
differenze prospettiche tra gli animalisti e i conservazionisti fanno si che la cooperazione sia
impossibile. Personalmente suggerirei agli scienziati in generale e ai conservazionisti di confrontarsi
con gli scienziati che si occupano di scienze sociali e con i filosofi morali in modo da ottenere una
migliore comprensione delle implicazioni inerenti alle decisioni politiche.

Introduzione
La biologia della conservazione è un settore scientifico relativamente giovane. L’obbiettivo è quello di
“sviluppare i mezzi scientifici e tecnici per la protezione, il mantenimento e il ripristino della vita sulla
Terra: specie, ecosistemi e il mantenimento degli stessi.”1
Una delle maggiori minacce per la biodiversità è l’introduzione di specie esotiche o aliene. Queste
possono diventare invasive e rappresentare una minaccia per le specie autoctone, oltre che causare un
drammatico mutamento degli ecosistemi interi, mettendo quindi a repentaglio la loro biodiversità.
Il metodo migliore per affrontare le specie invasive è la loro eradicazione completa (Bomford and
O’Brien, 1995). Quando l’eradicazione non è fattibile si possono provare altre alternative come il
contenimento o il mantenimento delle specie invasive a densità inferiore.
Il movimento animalista ha ricevuto un nuovo slancio nel ventesimo secolo, nonostante le sue radici
siano molto vecchie. La pubblicazione di “Animal Liberation” di Peter Singer nel 1975 è considerato
come la nascita nel moderno dibattito filosofico sui diritti degli animali, dal quale ha ripreso impulso
anche l’attivismo animalista (Jasper and Nelkin, 1992).
Dagli anni Settanta il movimento ha avuto una crescente influenza sull’opinione pubblica,
sull’educazione e persino sulla legislazione. Il paradima principale è che almeno alcuni diritti, che sono
considerati diritti umani di base, siano applicati ad alcuni animali.

La sua definizione è vaga e parziale a causa della varietà di prospettive e dottrine che coesistono
all’interno del movimento dei diritti degli animali. Questo paper discuterà alcuni dei diversi punti della
filosofia dei diritti degli animali e discuterà sui concetti fondanti riguardo la biologia della
conservazione, mostrerà anche come queste filosofie e questi concetti sono responsabili di diversi
disaccordi, incomprensioni e mancanza di cooperazione tra i movimenti dei diritti degli animali e i
biologi della conservazione.

Entrambi gli animalisti e i conservazionisti si concentrano su tematiche che il pubblico generale


considererebbe come “verdi”.
Entrambi ritengono che la natura o gli organismi viventi abbiano la priorità su almeno alcune
considerazioni di natura economica ed entrambi vedono il ruolo dell’umanità come custode, piuttosto
che come mera sfruttatrice di risorse naturali. Nonostante gli obbiettivi siano simili, l’animalismo e il
conservazionismo si sono spesso trovati ai lati opposti per quanto riguarda il dibattito politico
sull’ambiente.

Un esempio è quanto accaduto per l’eradicazione dello scoiattolo grigio americano in Italia: in questo
articolo mostrerò come le differenze teoretiche tra animalismo e conservazionismo si siano manifestate
nella situazione reale. Per comprendere i perché di questo conflitto fornirò una breve descrizione della
filosofia dei diritti degli animali e dei concetti alla base della biologia della conservazione , inoltre
descriverò il contesto, il processo e i risultati del tentativo di eradicazione dello scoiattolo grigio nel
Nord Italia. In fine discuterò su alcuni problemi  che presenta il caso in analisi e possibili soluzioni.

La filosofia dei diritti degli animali


Ci sono diversi approcci alla filosofia dei diritti degli animali, ma tutti hanno degli aspetti in comune. E’
evidente che tutti derivano dalla filosofia morale dei diritti. Può sembrare troppo ovvio per meritare una
menzione, in realtà esiste una confusione generale riguardo le differenze tra i diritti animali e il
benessere (welfare) animale. Queste idee sbagliate non si presentano solo a livello dell’opinione
pubblica, ho visto infatti anche alcuni articoli scientifici e ambientalisti e addirittura non sono sicuro che
tutti gli animalisti siano consapevoli della differenza.
Un welfarista si impegna a ridurre la sofferenza inflitta all’animale e si impegna a migliorare le
condizioni ambientali per ridurre la sofferenza fisica e mentale, oltre che opporsi all’uccisione non
necessaria degli animali, non si opporrà categoricamente all’abbattimento degli animali per il consumo
umano e per l’industria. Mentre alcune persone considerino il welfare animale come una forma “meno
stringente” dell’ideologia animalista, io le considero come forme totalmente distinte di rapporti uomo-
animale.
Molti welfaristi considerano solo gli umani soggetti morali e considerano il trattamento più umano degli
animali come utile all’umanità. Gli animali possono essere proprietà umana e non sono soggetti morali
in se stessi.
Il welfarismo si concentra sulla sfera morale unicamente umana. Un trattamento inumano degli animali,
secondo i filosofi morali, può portare a crudeltà nei confronti degli umani. [da welfarista appassionato
di scienza, devo evidenziare che non condivido questo pezzo e non esistono evidenze scientifiche della
correlazione diretta tra violenza umana e animale (a,b,c) ndT]
L’uccisione non necessaria di animali può essere prevenuta per questioni economiche ed estetiche e via
dicendo. Gli animali non hanno diritti sugli umani, gli umani possono avere dei doveri nei confronti
degli animali, ma nessun obbligo nei loro confronti. 3
I sostenitori dei diritti degli animali attribuiscono un valore intrinseco agli animali. 4  Gli animali in sé
sono soggetti morali e non sono oggetti umani. Queste visioni estendono il confine morale per includere
alcuni, se non tutti gli animali.
Le stesse identiche regole applicate per i diritti umani devono essere applicate agli umani.  Nonostante
tutti gli umani siano considerati aventi lo stesso identico e naturale diritto alla vita, e non ci sia
argomento per negare lo stesso per gli animali senza escludere certe categorie umane così come
presenta, tutti gli animali dovrebbero avere lo stesso diritto alla vita.(Regan, 1976). Il filosofo Peter
Singer, considerato da molti il padre della filosofia dei diritti degli animali, richiama il principio di
uguaglianza nella nostra considerazione morale degli animali. Lui non intende che bisogna garantire a
tutti gli stessi diritti, siccome esistono anche differenze rilevanti che possono condizionare la tipologia
di diritti che sono garantiti agli animali. Per esempio il diritto di voto, negato ai bambini che sono
incapaci di valutare l’ambito politico, dovrebbe essere negato agli animali per lo stesso motivo.
La discriminazione degli animali sulla sola base del fatto che non sono umani viene considerato
“specismo”, così come il sessismo per descrivere la discriminazione sessuale. Questo termine viene
largamente impiegato dai fautori dei diritti degli animali e persino da alcuni welfaristi nel contesto delle
attività che vengono considerate discriminatorie nei confronti degli animali. L’unicità dell’individuo
animale deve essere presa in considerazione in modo identico rispetto all’unicità dell’individuo umano.
Il diritto di avere l’aborto non è rilevante per i maschi allo stesso modo in cui l’educazione non è
rilevante per un pesce. Ma il diritto a vivere in un ambiente salutare è rilevante per tutte le creature
viventi (Rachels, 1976).
Gli umani, secondo molte dottrine dei diritti degli animali, sono una tipologia di animali dotati della
capacità di giudizio morale. Il fatto che molti animali sono incapaci di cogliere le restrizioni e le
direttive dei dettami del codice morale non li esclude dall’esserne la parte ricevente. Gli uomini che
sono incapaci di responsabilità morale, come per esempio i bambini o le persone affette da ritardi
mentali, sono comunque protetti dalla legge del codice morale. L’incapacità degli animali di distinguere
il bene dal male implica che essi non siano ritenuti responsabili della violazione dei diritti altrui.

Singer considera l’individuo animale uguale a ogni altro essere quando comincia il processi di
valutazione dello status morale.
Gli animali dovrebbero essere giudicati sulla base delle stesse motivazioni impiegate per gli umani. Una
delle tematiche più controverse della filosofia di Singer è l’affermazione che alcune vite animali
potrebbero valere più di quelle di alcuni umani. Un gorilla intelligente avrebbe più diritto alla vita di un
bambino affetto da un grave danno cerebrale, siccome avrebbe una migliore comprensione della fonte
del dolore inflitto ed è in grado di anticipare situazioni dolorose in futuro (Singer 1975).
Singer distingue tra l’uccidere e l’infliggere dolore. Egli considera due diversi gruppi in relazione
all’uccidere. Uno è un gruppo di perone che sono esseri coscienti e auto-coscienti. Il secondo gruppo
comprende gli esseri coscienti che non sono auto-coscienti. Uccidere una persona contro il suo volere è
moralmente sbagliato siccome la persona ha delle aspettative e speranze per il futuro che non potrebbero
essere realizzate dopo la sua morte.  Distinguere le persone dalle non-persone è complicato, e si
raccomanda un approccio precauzionale (Singer, 1993, pp. 83-109). Uccidere le non-persone, secondo
Singer, può in alcuni casi speciali essere moralmente accettabile. Anche qui si raccomanda l’approccio
precauzionale e bisogna esaminare tutti gli aspetti della situazione prima che si possa compiere una
decisione di natura razionale e morale. (Singer, 1993, pp. 110-134).
La sensazione è una delle qualità più frequentemente associata ai valori morali. Alcune delle restrizioni
che sono state ottenute nella sperimentazione animale sono basate su queste caratteristiche, per questo
applicate alle grandi scimmie e a molti altri Mammiferi, ma non ad animali inferiori con un sistema
nervoso più primitivo. Il principio base di ciò è che un individuo, umano e non-umano, che può provare
dolore, sofferenza, desideri eccetera, dovrebbe avere la stessa protezione morale e legale fornita dagli
umani dotati di uno simile stato mentale. Questo genere di protezione non include solo gli animali
all’interno di una considerazione morale, ma fornisce anche alcune distinzioni tra di essi. Gli umani
potrebbero possedere una maggiore comprensione dei processi che causano pena e sofferenza, oltre che
anticipazione di essi.  Alcuni animali superiori possono avere le stesse capacità, mentre altri meno o
nessuna. La questione principale è se posssiamo giudicare positivamente gli animali che provano dolore
e quanto questo possa affliggerli.
I diritti degli animali vengono considerati a livello individuale. Ogni individuo è un essere vivente,
senziente, cosciente di sé, ha il diritto alla vita 5, cosa che un essere umano non può violare a patto che
non rischi la propria vita. (per es. legittima difesa).  La specie intesa come gruppo può avere valore e
persino qualche importanza dal punto di vista morale secondo diversi filosofi (Rolston, 1988), ma queste
idee sono maggiormente espresse dai filosofi ambientalisti. I diritti animali si identificano
principalmente come diritti individuali.

Principi della Biologia della Conservazione


La biologia della conservazione si preoccupa delle specie, delle popolazioni e degli individui, o persino
degli eventi globali. Non è interessata all’animale come individuo, ma all’impatto della popolazione
intera o dalla comunità. Molti principi del conservazionismo si sono formati negli anni, nel corso degli
anni, ognuno con un’enfasi unica che di solito è il prodotto delle filosofie che prova ad attuare. I due
paradigmi base della biologia della conservazione durante gran parte del XX secolo sono stati
l’approccio alle risorse e il conservazionismo (Callicott and Mumford, 1997), il primo è più
antropocentrico, il secondo è biocentrico.
L’approccio alle risorse descrive la natura come una combinazione di risorse di valore per gli esseri
umani che conviene preservare per l’uso presente e il futuro. Alcune risorse(come gli alberi per
impiegati per il legno e il pesce per scopi alimentari) sono rinnovabili.  La gestione delle risorse richiede
una comprensione dei processi ecologici implicati nella loro produzione. L’obbiettivo principale è
produrre una resa maggiore senza compromettere la produttività futura delle risorse. Questa visione è
strettamente correlata al principio funzionalista dell’ecologia della conservazione.  . Secondo la visione
funzionalista, gli uomini sono parte della natura, e dunque le attivita umana e’ parte della natura, dunque
è una parte legittimabile dei processi ecologici. Alcuni potrebbero trovare persino legittimabile
l’introduzione di specie esotiche per uso umano, come nella pesca sportiva. La parola chiave
dell’approccio alle risorse è “sostenibiltà”: pesca sostenibile, agricoltura sostenibile,  disboscamento
sostenibile e sviluppo sostenibile sono alcuni dei concetti derivati da questa idea.
Il conservazionismo, invece, da valore alla natura per il bene della stessa.  L’antropizzazione ci separa
dalla natura e le nostre attività non possono essere considerate come parte dell’ecosistema. Il concetto
del conservazionismo è associato al principio composizionalista, che considera l’umanità come forza
distruttiva nei processi ecologici (Callicott et al. 1999). Siccome le attività umane sono considerate
distruttive, un conservazionista cercherà di ridurle al minimo impatto nei confronti del resto della
biosfera. L’obbiettivo del conservazionismo è ridurre l’impatto antropico sulla biosfera il più possibile.
Questo è il principio base dietro le riserve naturali, dove l’attività umana è ridotta al
minimo.  Inizialmente le parole chiave del conservazionismo sono state “aree naturali” e “aree vergini”
e le riserve sono state considerate paradisi sicuri per la fauna selvatica. Durante i decenni passati il
concetto di “biodiversità” e’ emerso come aspetto dominante delle attività conservazioniste e le riserve
naturali sono considerate come “riserve di biodiversità” e si concentravano sulla preservazione delle
specie in via di estinzione, o di fenomeni naturali unici (Simberloff, 1998).
Ultimamente si è suggerito come sostituto “integrità biologica”, ed è stato suggerito di modificare le
riserve per una singola specie a riserve per l’intera comunità o processi ecologici annessi (Angermeier
and Karr 1994).
La teoria delle risorse e il conservazionismo non sono mutualmente esclusivi, formano due estremi di
una interpretazione del nostro posto nell’ecosistema. Molti conservazionisti ammetteranno che gli
uomini abbiano più diritto di sopravvivere di altre specie, e che lo sviluppo, preferibilmente sostenibile,
sia parte della nostra esistenza.
I fautori della dottrina delle risorse sono ugualmente consapevoli della distruttività delle attività umane e
si sforzano per ridurla.
Molti dei biologi conservazionisti stanno attualmente lavorando sotto le seguenti assunzioni:
– gli uomini sono parte della natura e stanno usando risorse naturali;
– gli uomini stanno distruggendo la natura e il loro impatto deve essere ridotto, o persino invertito.

Questa dicotomia può essere più chiara nel caso dell’ecologia della restaurazione. La tecnologia umana
viene impiegata per la restaurazione delle aree distrutte da altre tecnologie umane. In questo contesto
sono presente entrambi i valori della natura, intaccata dalle attività umane, e il concetto della gestione
attiva della natura attraverso l’uso della tecnologia umana.
Le specie aliene sono considerate una delle grande minacce alla biodiversità in questi giorni.
La loro introduzione causa l’estinzione delle specie in tutto il mondo, e causa modifiche ecologiche
maggiori (Gosling et al, 1989, Vitousek, 1996, Mack et al, 2000), in modo particolare nelle piccole
isole (Roemer et al. 2002). Le specie aliene possono predare direttamente o competere con le specie
autoctone (come nel caso dei serpenti bruni articoli nell’isola di Guam), o possono danneggiarli
indirettamente tramite l’introduzione di nuovi patogeni o alterare la catena alimentare (come nel caso
dei suini ferali delle isole al largo della costa della California). Causano ingenti danni economici, stimati
attorto ai milioni di dollari annui (OTA, 1993, Pimentel, 2000). Dinanzi a un’invasione, il metodo
preferito in molti casi è la totale eradicazione della specie aliena. (Zavaleta, 2002, Genovesi, 2000,
IUCN, 2000, Myers
et al 2000, Simberloff, 2002). Quando questo metodo non e’ possibile, si utilizza i metodi di controllo a
basse densità ed altri metodi per ridurre la diffusione e minimizzare ulteriori danni operati dalle specie
invasive.
Lo Scoiattolo Grigio in Italia
Lo scoiattolo grigio americano (Sciurus carolinensis), è una specie originaria del Nord America
orientale, ed è stata introdotta nell’area piemontese (Nord ovest dell’Italia) nel 1948. Due coppie sono
state importate da Washington, DC (USA) e rilasciate a Stupinigi (in provincia di Torino). Nel 1966,
cinque animali sono stati importati da Norfolk (Virginia, USA) e rilasciati nel parco della Villa
Groppallo a Nervi (Genova).  Una terza introduzione è avvenuta nel 1994 a Trecate (provincia di
Novara) quando il comune ha finanziato il rilascio di tre coppie di scoiattoli grigi nel parco urbano, ad
ogni modo, a causa della pressione  per l’eradicazione di questa popolazione, gli animali sono stati
ricatturati due anni dopo. In tutti i casi il rilascio è avvenuto per questioni estetiche, principalmente da
privati che hanno apprezzato gli animali durante i loro viaggi negli Stati Uniti. Sembra che l’areale della
popolazione di Nervi sembri essere contenuto in un area di  2–3 km vicino al sito di introduzione. Il sito
è circondato dal mare e da strade trafficate, e una limitata presenza di alberi copre le aree circostanti, 
quindi l’espansione della popolazione sembra essere improbabile, almeno nel futuro
prossimo. (Bertolino and Genovesi, 2003).
L’areale della popolazione piemontese ha mostrato una crescita esponenziale a partire dalla sua
introduzione. Sin dal  1970, lo scoiattolo grigio è stato osservato solo vicino al sito originale del rilascio,
occupando un area di circa   25 km². Nel 1990, l’areale della specie era di 243 km², nel 1997 di 380 km²,
nell’inverno del1 999 lo scoiattolo grigio era presente in un’area di 880 km². La crescita esponenziale
dell’areale è coerente con lo schema predetto da Elton (1927) per quanto riguarda l’introduzione di una
specie. Questo pattern è caratterizzato da una prima fase di insediamento (fino circa il 1970), dove la
possibilità di estinzione è alta, una fase di rapida crescita, e alla fine una fase di stabilizzazione. In
accordo con lo schema, la diffusione dello scoiattolo grigio può essere descritta dalla prima fase di lenta
crescita e successiva rapida crescita nel periodo tra il 1998 e il  2000 (Bertolino and Genovesi, 2003,
Lurtz et al., 2001, Genovesi and Bertolino, 2001).

Minacce potenziali
L’Italia ha l’unica popolazione di scoiattolo grigio del continente europeo. Nelle isole inglesi, dove la
specie è stata introdotta numerose volte verso la fine del XIX secolo e l’inizio del XX secolo, lo
scoiattolo grigio ha abbondantemente sostituito lo scoiattolo rosso autoctono (Sciurus vulgaris), che
attualmente è confinato in alcune foreste di conifere della Scozia e alcune aree dell’Inghilterra e del
Galles. (Gurnell, 1996, Gurnell and Pepper, 1993). In Italia è stata registrata una tendenza di
sostituzione similare: uno studio sulla distribuzione dell’areale dello scoiattolo grigio ha mostrato
un’aumento del 46% dell’areale dello scoiattolo grigio tra il 1970 al 1990 e un ulteriore aumento del
55% dal 1990 al 1996 (Bertolino and Genovesi, 2003, Genovesi and Bertolino, 2001).
Una sostituzione simile è stata registrata in California, dove lo scoiattolo grigio orientale introdotto
aveva sostituito lo scoiattolo volpe autoctono (Sciurus niger) (Lidicker, 1991). Alcuni temono che lo
scoiattolo grigio possa diffondersi in tutta l’Eurasia e sostituire completamente le specie di scoiattoli
autoctone.
Un altra grande preoccupazione è l’impatto dello scoiattolo grigio negli ecosistemi forestali e sulle
attività legate al legname a causa dello scortecciamento. Lo scortecciamento operato dagli scoiattoli
grigi infligge delle ferite negli alberi che possono facilitare la penetrazione di insetti, funghi e possono
danneggiare severamente la qualità del legno, soprattutto per quanto riguarda le latifoglie, (Kenward,
1983, 1989), il platano (Acer pseudoplatanus) e il faggio (Fagus sylvatica), che sono particolarmente
vulnerabili allo scortecciamento. Queste specie sono largamente distribuite sulle Alpi e sono le specie
dominanti di certi ecosistemi (Bertolino and Genovesi, 2003). Kenward (1989) suggerendo che la
rigenerazione naturale dei boschi è meno suscettibile allo scortecciamento e che i maggiori fattori
contribuenti allo scortecciamento sono le piantagioni ben distribuite delle piantagioni commerciali.
Una popolazione di scoiattolo grigio introdotta nel Sud Africa è sospettata di predare uova e nidiate, ma
l’estensione e l’impatto sono ignote (Bigalke and Pepler, 1991). Sono stati inoltre riportati casi simili di
scoiattoli che predano uccelli (Wesolowski, 2002) tartarughe (Kolbe and Janzen, 2002) e uova.

Azioni attuate
Dal 1989, molte organizzazioni internazionali e molti scienziati, incluso l’IUCN e la British Forestry
Commission, hanno informato le autorità italiane sulla minaccia rappresentata dall’invasione dello
scoiattolo grigio nei confronti dello scoiattolo rosso, la quale richiedeva l’eradicazione della specie
invasiva. L’INFS (Istituto Nazionale per la Fauna Selvatica) ha approvato la raccomandazione di
eradicare lo scoiattolo grigio dall’Italia ed ha avvisato il Ministro dell’Economia, il Ministro
dell’Agricoltura e tutte le amministrazioni locali (responsabili per la gestione dei piani di controllo delle
specie invasive) riguardo la drastica espansione dell’areale dello scoiattolo grigio e i rischi relativi alla
sua presenza (Bertolino and Genovesi, 2003).
Nel 1996, la popolazione totale degli scoiattoli grigi era stimata attorno a 6390 animali. Al tempo, lo
scoiattolo grigio era confinato nella superficie agricola del Piemonte centrale, e ciò avrebbe reso ancora
possibile l’eradicazione della popolazione. Sulle basi della presunta possibilità di eradicazione e
l’urgente bisogno di cominciare il controllo per evitare un ulteriore espansione (l’arrivo della specie alle
Alpi e area collinare era calcolato nei prossimi due anni), l’INFS (adesso integrato nell’ISPRA), in
collaborazione con l’Università di Torino, ha proposto un piano d’azione verso la fine del ’96.
Il piano consiseva in tre punti principali:
1. Monitoraggio continuo dell’areale dello scoiattolo grigio tramite l’utilizzo di hair tubes;
2. Un trial di eradicazione per provare la fattibilità dell’eradicazione totale;
3. Pianificare e Implementare l’eradicazione della popolazione piemontese intera, se praticabile.
Uno dei primi passaggi era provare una eradicazione sperimentale della piccola popolazione presente
nel Parco del Castello di Racconigi, in modo da testare le tecniche, nel mentre si preparava i passi
sucessivi per l’eradicazione che avrebbe dovuto essere eseguita dalle autorità locali. In modo da
accrescere l’accettazione pubblica della cosa, il programma è stato spedito anche alle maggiori
associazioni non governative italiane, incluse le associazioni animaliste per ricevere i loro commenti
all’inizio del 1997. Nell’aprile 1997 si è tenuta una riunione consultiva con alcune delle organizzazioni
animaliste che si sono opposte al progetto e si voleva discutere riguardo possibili alternative.
Sia il trasporto degli scoiattoli grigi nell’areale originario (Nord America) e il piano di sterilizzazione
dell’intera popolazione sono stati rifiutati (6) (Gevonesi and Bertolino, 2001). Sulla base dei commenti
rimanenti e dopo la richiesta formale di una delle organizzazioni non governative (Legambiente), si è
deciso di seguire le linee guida del ‘‘Panel of Euthanasia’’ (AVMA, 1993), e i successivi protocolli sono
stati adottati:
1) cattura di scoiattoli vivi per evitare rischi relativi alle specie non-target;
2) controllo frequente delle trappole, per ridurre il confinement degli animali;
3) anestesia con alotano, un gas anestetico che riduce lo stress nei Roditori;
4) successiva eutanasia degli animali attraverso un’overdose di alotano;
5) constante supervisione operata da un veterinario.
Sulla base dei protocolli revisionati, buona parte delle organizzazioni non governative ha approvato il
piano di eradicazione.
La fase operativa è iniziata nel maggio 1997. Gli obbiettivi dell’eradicazione trial erano
1. valutare l’efficacia del trappolaggio in vivo per il trial dell’eradicazione
2. calcolare lo sforzo necessario per eradicare la popolazione del Piemonte
3. stimare la presenza del Parapoxvirus (7)
A metà dell’Aprile 1997, l’eradicazione trial era incominciata. Gli animali catturati sono stati messi in
un contenitore chiuso, trattati con alitano e monitorati da un veterinario che monitorava i parametri dello
stress e i tempi necessari per raggiungere lo stato di incoscienza. Dopo l’eutanasia, un prelievo di
sangue è stato prelevato ed è stato condotto un esame post-mortem nel laboratorio. Durante le due
sessioni del trappolaggio (con un totale di otto animali catturati per giorno), 188 animali sono stati
catturati; nessuna delle specie non-target è stata catturata. Gli scoiattoli hanno raggiunto lo stato di
incoscienza in meno di un minuto e sono stati sottoposti ad eutanasia sul campo.

L’opposizione e i risultati
Nel giugno 1997, le associazioni animaliste [OIPA, LAV, LAC, ENPA, Animalisti Italiani ndT] hanno
trascinato a processo il coordinatore del trial dell’eradicazione e il direttore dell’INFS , accusandoli di
caccia illegale, danno alla proprietà dello Stato e crudeltà verso gli animali.  Il trial è stato fermato.
Secondo la legge italiana, l’INFS non richiede l’autorizzazione per condurre ricerche che coinvolgano le
catture degli animali, inoltre non può condurre direttamente i piani di controllo delle specie invasive. Il
Ministro dell’Ambiente ha dichiarato che il trial dell’eradicazione era necessario per proteggere la
proprietà dello stato, in particolare lo scoiattolo rosso autoctono, ed era coerente con la Convenzione di
Berna e con la Convenzione sulla Diversità Biologica adottata in Italia. Il processo di primo grado è
terminato alla fine del dicembre 1999. Il giudice ha stabilito che i due ufficiali erano colpevoli di caccia
illegale e crudeltà nei confronti degli animali. Sono stati assolti per il reato di danneggiamento della
proprietà dello Stato. Al giudizio in appello durante giugno 2000, i due ufficiali sono stati assolti dalla
Corte d’Appello. (Genovesi and Bertolino,
2001, Bertolino and Genovesi, 2003).
Il processo è stato  descritto sui giornali, inclusa la tv nazionale e i giornali italiani più influenti secondo
diversi punti di vista (Genovesi and Bertolino, 2001). Diverse organizzazioni, inclusa la World
Conservation Union (IUCN) [Unione Mondiale per la Conservazione della Natura], la Società
Zoologica Italiana e l’Associazione Teriologica italiana, hanno sostenuto il trial dell’eradicazione,
indicando che il progetto promosso dall’INFS era scientificamente ed eticamente corretto.
La battaglia legale di 3 anni ha causato il fallimento della campagna intera. La terminazione precoce del
trial per l’eradicazione non hanno permesso di valutare il lavoro necessario per eradicare l’intera
popolazione e le amministrazioni locali non hanno proceduto con le eradicazioni pianificate. Come
risultato la specie si è espansa in modo significativo, e l’eradicazione non è più considerata fattibile.
(Bertolino and
Genovesi, 2003).
[Per comprendere il metodo e l’importanza delle azioni legali degli animalisti in Italia leggi i nostri
articoli ‘La Magistratura‘, ‘Le Leggi Animaliste ndT’]

Prospettive future
Si prevede un’espansione dello scoiattolo grigio verso le Alpi nei decenni a venire, e sembra probabile
un’ulteriore espansione in una larga porzione dell’Eurasia.  Questa previsione è descritta da un modello
sviluppato da Lurz et al. (2001): secondo questo modello, l’espansione dello scoiattolo grigio è destinata
ad accelerare nelle foreste dell’arco pre-alpino a causa della superficie boschiva ininterrotta e la specie
attraverserà le Alpi e raggiungerà la Francia in 30-50 anni.
I dati raccolti nel Regno Unito e in Italia sono consistenti con la conclusione che la specie potrebbe
colonizzare rapidamente un’area ampia dell’Eurasia nel medio-lungo termine (includendo
potenzialmente tutto l’areale occupato attualmente dallo scoiattolo rosso).
Una strategia per il controllo dello scoiattolo grigio è stata elaborata nel 2000. L’obbiettivo della
strategia è:
1) identificare aree chiave per la conservazione dello scoiattolo rosso;
2) contenere lo scoiattolo grigio in modo da ritardare la diffusione negli Stati confinanti e nel sistema
montano italiano.

Commenti e analisi
Il caso degli scoiattoli italiano mostra il ruolo che giocano le convinzioni sociali e preoccupazioni nelle
decisioni politiche. Nonostante il contributo scientifico suggerisca una necessità d’azione rapida,
ignorare l’opinione pubblica può essere controproducente. Era chiaro ancora prima del trial
dell’eradicazione che alcune associazioni animaliste si sarebbero opposte alla procedura (Genovesi and
Bertolino, 2001). La differenza del target in entrambi i gruppi – l’individuo per i diritti animali, la specie
per i biologi –  è una delle ragioni dell’opposizione iniziale. Secondo una prospettiva per i diritti
animali, la preservazione delle specie non controbilancia la vita di un singolo individuo animale.
Secondo il punto di vista ecologista, la preservazione delle specie è la priorità più alta, specialmente
quando una specie aliena che non dovrebbe essere in un certo luogo sta minacciando la sopravvivenza di
altre specie.
La ragione principale per sterilizzare e ricollocare gli animali era considerata infattibile a causa delle
costrizioni di natura economica.
Il costo attuale del controllo durante il trial dell’eradicazione era di circa 50 Euro/per scoiattolo
(Bertolino, comunicazione personale).  Il costo addizionale per sterilizzazione era considerato da 50
(Genovesi, comunicazione personale) a 80 (Bertolino, comunicazione personale) Euro per scoiattolo.
Siccome solo circa la metà della popolazione (tutti i maschi o tutte le femmine) dovevano essere
sterilizzate, un aggiunta di  150.000- 400.000 Euro al budget di 300.000-500.000 Euro avrebbe dovuto
essere richiesto per trasformare l’eradicazione in un piano di sterilizzazione. Se consideriamo le spese
legali da entrambe le parti, che sono di circa 20,000 Euro, non si avvicinano all’ammontare richiesto per
la sterilizzazione (Genovesi e Bertolino, comunicazione personale). Un metodo alternativo di controllo
era la sterilizzazione chimica, suggerita all’inizio del 1961 ed esaminata nel 1983.  Si stimava che avere
una popolazione sterile potesse essere un’alternativa superiore all’eradicazione  (Johnson, 1983).
Siccome, stando al piano proposto, tutti gli animali sarebbero stati catturati, trattati o rilasciati, l’unica
differenza sarebbe stata il costo aggiuntivo della sterilizzazione. Chissà se alcune associazioni
animaliste avrebbero potuto donare alcuni fondi o forse alcuni veterinari che supportavano la campagna
o gli animalisti avrebbero potuto essere persuasi a contribuire con la loro esperienza nello sterilizzare gli
animali, cosa che avrebbe sicuramente ridotto i costi.
Un’altra alternativa all’eradicazione può venire dai ricercatori delle aree dove queste due specie di
scoiattoli hanno coesistito per lunghi periodi. Uno studio suggerisce che la distribuzione di tre specie in
queste area era una possibile spiegazione dell’effetto ridotto della presenza dello scoiattolo grigio nella
popolazione degli scoiattoli rossi (Bryce, 2002). La riproduzione di queste tre comunità per facilitare la
coesistenza non è un’opzione che è stata esplorata.
In questo caso la comunicazione tra le due fazioni era stata stabilita prima dell’attuale trial
dell’eradicazione.
Così hanno dichiarato in anticipo i gruppi animalisti che si sono opposti alla procedura. Se i biologi
conservazionisti avessero saputo il possibile esito, dubito che avrebbero iniziato il trial per
l’eradicazione prima di raggiungere un’accordo con i gruppi rimanenti. Loro stessi adesso suggeriscono
che sia necessario un esame approfondito dell’accettazione pubblica e degli aspetti legali prima di
tentare qualsiasi azione simile (Genovesi and Bertolino, 2001, New Zealand Office of the Parliamentary
Commissioner for the Environment, 2000, Thompson and Lapointe, 1995). Ma la vita dei singoli
animali, che sono il problema principale per i gruppi animalisti, non fa parte delle loro considerazioni.
Si tratta forse di un argomento fondamentale. Se i biologi conservazionisti non considerano la vita
animale un problema di significato morale, il fatto comune rimane ed è il punto centrale dei diversi
sforzi degli animalisti nel mondo. L’opinione pubblica e i media sembrano più favorevoli a questi gruppi
più spesso di quanto lo siano nei confronti degli scienziati.  Attualmente una parte sostanziale della
comunità scientifica considera gli animalisti come una minaccia diretta per la conservazione della fauna
selvatica (Schmidt, 1990) ma agisce come se la dottrina dei diritti degli animali non valga seria
considerazione.  Sfortunatamente questo è quanto spesso accade nei confronti dell’analisi scientifica da
parte degli animalisti, e questo lascia veramente poco spazio al dialogo (Decker and Brown, 1987).
Un altro problema che è emerso durante le ricerche sull’interazione tra lo scoiattolo grigio e lo
scoiattolo rosso (principalmente in Gran Bretagna) era il ruolo del Parapoxvirus, una malattia virale che
ha contribuito al declino dello scoiattolo rosso. Secondo alcuni ricercatori si crede che questa malattia
sia una spiegazione (almeno in parte) della sostituzione dello scoiattolo rosso con lo scoiattolo grigio
nelle aree di interazione (Tompkins et al, 2003, Rushton et al, 2000, Sainsbury et al, 2000). Non è mai
emersa l’idea di elaborare un vaccino, nonostante lo scoiattolo grigio sia portatore di questo virus, il
virus è esso stesso una specie aliena direttamente responsabile della mortalità dello scoiattolo rosso. Se
il virus fosse il fattore decisivo, eliminarlo potrebbe prevenire il danno e rendere possibile la coesistenza
di entrambe le specie.
Per quanto riguarda le associazioni animaliste, esse si sono servite di due fattori importanti che
giocavano a loro vantaggio:
Uno era la situazione legislativa italiana, unica  nel suo genere, che ha permesso loro di portare avanti
una battaglia legale contro l’INFS. L’altro fattore era l’effetto “animale carino e peloso” sull’opinione
pubblica che ha permesso alle associazioni animaliste di mobilitare i media e la massa contro gli
scienziati e il loro piano di eradicazione.
Ad ogni modo questo caso non era tipico, ed è stata solo una delle molte possibilità che possono
accadere. Usando la legge e l’opinione pubblica, le associazioni animaliste hanno colto impreparato
l’INFS, ma attualmente c’è un tentativo di modificare la legge per far fronte a queste situazioni.
Siccome l’Italia si è unita ai trattati europei ed internazionali, i quali impongono all’Italia di prevenire
l’introduzione di specie invasive all’interno dei loro confini e agli Stati confinanti (Convenzione di
Berna, Convenzione sulla Biodiversità) la politica e la legge potrebbe cambiare nel futuro prossimo. La
prossima volta è possibile che gli animalisti non abbiano la legge dalla loro parte, così è probabile che
non siano capaci di portare avanti azioni legali contro i piani di eradicazione. La cooperazione pubblica
potrebbe anche essere messa in dubbio nei casi successivi, se si parla di eradicare rospi, serpenti o ragni.

Forse la cooperazione con gli scienziati per trovare un piano accettabile da entrambi lati, avrebbe
funzionato nella lunga corsa più che la dolce vittoria in questo singolo caso.  Avrebbe potuto essere utile
nel trasmettere agli scienziati il valore economico e morale delle vite animali dell’opinione pubblica.
Ci sono alcune discussioni sulla quasi automatica esigenza dell’eradicazione delle specie aliene che non
approfondirò in dettaglio in questo paper. “Biodiversità” è uno dei temini spesso usati nel contesto delle
specie invasive, a ha diversi significati, ed è incerto se possa portare con sé il peso morale della
giustificazione dell’uccisione di animali. (Takacs, 1996, Angermeier, 1994). Anche la definizione di
processi “naturali”, che è fondamentale per dichiarare quali siano le specie aliene o esotiche, è stata
attaccata. (Cronon, 1995). il totale biasimo nei confronti delle specie aliene è opinabile (Peretti, 1998).
L’abilità di prevedere l’invasività delle specie esotiche è limitata (Wilson, 2000), persino l’idea di una
gestione ecologica è stata accusata di arroganza (Stanley, 1995). Questi argomenti sono stati discussi da
altri Autori altrove 8 e meritano una considerazione più profonda di quella che permette lo scopo di
questo paper. Una questione che voglio porre qui riguarda l’affermazione che gli scienziati fanno
quando dichiarano che la scienza e le valutazioni scientifiche sono sganciati dai valori. Dimostrerò solo
come questo assunto possa essere controverso nei riguardi del trattamento delle specie aliene. Un
aspetto riguarda la questione del ruolo degli umani nei processi naturali.  Ho illustrato precedentemente
le differenti visioni all’interno della biologia conservazionista. Per esempio ci sono alcuni (una piccola
minoranza di persone all’interno della comunità scientifica)  che sostiene che le specie invasive possano
crescere la biodiversità in alcuni casi (McKinney, 2002). Ad ogni modo, se è comunemente accettata
l’assunzione che le specie aliene sono dannose, quali sono le implicazioni morali di tale asserzione? Le
specie aliene sono e saranno sempre introdotte per l’agricoltura.  Un piano preventivo, persino una lista
bianca imposta dalla Nuova Zelanda, coinvolge poco il dibattito morale, e si interfaccia con la pressione
economica di diversi gruppi di commercio internazionali e persino governi nazionali.  Misure probatorie
e misure produttive, che coinvolgano dilemmi morali più profondi, non sembrano influenzare gli
scienziati.
Quando uno scienziato pianifica una campagna relativa alle specie invasive, prende in considerazione
gli aspetti economici e legali.  Le considerazioni morali e sociali sono spesso sottovalutate, e persino
qualche volta sono considerate come “indipendenti”, “affette da bias” o “non scientifiche” e per questo
escluse o ignorate.

Quando le considerazioni morali e sociali vengono considerate, spesso vengono attribuite a contesti
delle relazioni pubbliche, come possibili ostacoli alla fattibilità dei piani di eradicazione.

È vero che molti animalisti non studiano ogni caso per comprendere le motivazioni dietro le
raccomandazioni scientifiche. In alcuni casi gli animalisti sono stati responsabili di aver impedito una
morte dolce degli animali operata dagli umani, per condannarli al loro destino di una lunga e atroce
sofferenza (Coblentz, Bruce E., comunicazione personale).  Esistono anche alcune dubbie decisioni e
raccomandazioni di natura scientifica.
Alcune delle azioni prese dai biologi conservazionisti riguardano degli aspetti legali. Per affrontare
questioni legali si confrontano con esperti legali  (Shine and Gundling, 2000). Alcune azioni riguardano
questioni legali e loro consultano esperti in economia. Ma quando ci si interfaccia con dilemmi morali o
sociali, gli scienziati tendono a ignorare le questioni piuttosto di rivolgersi ai filosofi morali o agli
scienziati sociali. . Penso che questo caso, e anche tutta la questione delle specie invasive, dimostra
come l’ecologia della conservazione dovrebbe  richiedere un grande coinvolgimento di scienziati sociali
e filosofi morali.
In alcuni casi, comprendere meglio le posizioni degli animalisti può essere la chiave per la cooperazione
con gli attivisti.  Lo stesso vale per quant riguarda una migliore comprensione della biologia da parte
degli animalisti. I diritti animali non sono la sola tematica che ha incoraggiato le manifestazioni contro i
piani per la conservazione. Nell’area di Chicago, la comunità della Cook County si è opposta a un piano
per tagliare gli alberi nei parchi locali in modo da riportarli a una condizione più vicina a quanto erano
prima dell’insediamento degli Europei (Barro and Bright, 1998). Un piano per rimuovere alcuni alberi
di Eucalipto nella zona di San Francisco per aiutare nei sforzi di conservare una rara pianta endemica si
è imbattuto similmente con una grande opposizione da parte delle comunità locali per ragioni
sociali. (Todd, 2002).
Confrontarsi con esperti di scienze sociali e filosofia morale potrebbe aiutare gli scienziati a capire il
tipo di opposizione con cui si interfacciano. Una migliore comprensione delle motivazioni dietro questi
gruppi può portare a una formazione di piani migliori che possono essere accettati dal grande pubblico.
Questo può anche permettere loro di convogliare la loro posizone all’opinione pubblica in modo che ci
sia meno risentimento e opposizione, e persino possibilità di una maggiore cooperazione.
Dan Perry
Bar-Ilan University

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