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SOVRANITA’
- consiste nel potere supremo dello Stato all’interno del proprio territorio (sovranità
interna) e dell’indipendenza dello Stato rispetto a qualsiasi altro Stato (sovranità
esterna)
Con l’affermazione dello Stato moderno, dopo il trattato di Westfalia del 1648, la sovranità
è stata riconosciuta:
POPOLO
- il termine popolo, indica la comunità di individui, titolari assoluti del potere sovrano, ai
quali l’ordinamento giuridico statale attribuisce lo status di cittadino.
TERRITORIO
Sono FONTI DEL DIRITTO tutti gli atti o i fatti dai quali traggono origine le norme
giuridiche.
ANTINOMIE
- con tale termine, si indicano i contrasti che si creano fra norme che disciplinano una
medesima fattispecie in modo diverso.
L’esigenza di certezza del diritto, impone che le antinomie vengano risolte attraverso
l’applicazione di una serie di criteri che consentano di individuare l’unica norma da
applicare al caso concreto.
CRITERIO CRONOLOGICO.
Quando due norme confliggenti sono poste da fonti dello stesso tipo (ed es. due leggi o
due regolamenti), il criterio per eliminare le antinomie è quello cronologico, in base al
quale si applica la norma successiva. Quella precedente si ritiene abrogata.
In base all’art. 15 delle preleggi, che regola l’applicazione del criterio cronologico,
l’abrogazione può essere:
- espressa quando è lo stesso legislatore a disporla
- tacita quando la disciplina successiva è incompatibile con la precedente o regola in
modo diverso la materia
- innominata quando il legislatore prevede l’abrogazione, ma non specifica quali norme
ne siano oggetto (“es. sono abrogate tutte le norme incompatibili con la presente legge”)
CRITERIO GERARCHICO.
Quando le norme confliggenti provengono da fonti diverse (es. Costituzione e Leggi
ordinarie), la risoluzione delle antinomie segue il criterio gerarchico.
Il giudice deve provvedere alla disapplicazione delle norme in contrasto.
Quando la norma di grado superiore interviene dopo quella di grado inferiore, dottrina e
giurisprudenza tendono a risolvere il conflitto in termini di abrogazione.
le fonti regionali
- Statuti regionali
- Leggi regionali
- Regolamenti regionali
le fonti locali
- statuti comunali
- statuti provinciali
- regolamenti comunali e provinciali.
È un organo :
Costituzionale
complesso : costituito da due organi posti su un piano di piena parità giuridica.
collegiale
rappresentativo : rappresenta il corpo elettorale
con funzioni :
· legislative
· di controllo politico_ che esercita sul governo con l’istituto della fiducia
· giurisdizionali_ nei casi di messa in stato d’accusa del Presidente della
Repubblica per i reati di alto tradimento e attentato alla
Costituzione (funzione di accusa)
AUTONOMIA REGOLAMENTARE
Ciascuna Camera ha il potere di adottare il proprio regolamento a maggioranza
assoluta dei suoi componenti.
AUTONOMIA FINANZIARIA.
Ciascuna Camera delibera il proprio bilancio ed il proprio consuntivo.
Le spese gravano su un fondo speciale, che è somministrato dal Ministero dell’economia e
delle finanze ed è gestito da ciascuna Camera.
AUTONOMIA AMMINISTRATIVA.
Ciascuna Camera provvede all’organizzazione dei propri uffici amministrativi interni e
all’assunzione dei propri dipendenti, stipulando in proprio contratti di lavoro.
Contro gli atti amministrativi della Camera non è ammesso ricorso agli organi di
giustizia amm.va.
Ciò per tutelare l’indipendenza del parlamento.
E’ solo possibile il ricorso all’ufficio di presidenza della Camera, senza possibilità di
appello.
Ufficio di Presidenza.
Ufficio di presidenza alla Camera (Consiglio di presidenza al senato), è l’organo a cui
spetta, insieme al presidente, la conduzione amministrativa del Parlamento.
E’ composto da :
Esistono anche le c.d. Commissioni bicamerali miste, formate da senatori e deputati, sia
permanenti che straordinarie al fine di consentire l’univoco esercizio del potere
parlamentare in delicate materie. (es. controllo sui servizi radiotelevisivi).
Giunte parlamentari.
Sono organi collegali permanenti, che svolgono funzioni tecnico-giuridiche .
Sono:
a) la giunta per il Regolamento_ esiste sia alla Camera che al Senato. È composta da
10 membri nominati dal Presidente subito dopo la costituzione dei gruppi parlamentari
b) giunta delle elezioni _ composta da 30 deputati o 23 senatori a. funzioni di controllo
sulla regolarità delle operazioni elettorali o cause di ineleggibilità
c) giunta per le autorizzazioni a procedere_ composta da 21 deputati si occupano di
riferire all’Assemblea sulle richieste di sottoposizione a procedimento penale o
provvedimenti coercitivi dei deputati.
Al senato, tale funzione è svolta dalla giunta delle elezioni, ed è composta da 23 senatori.
Gruppi Parlamentari.
I gruppi sono associazioni volontarie di deputati o di senatori , politicamente affini.
Alla Camera_entro 2 giorni dalla prima seduta, i deputati devono dichiarare al Segretario
generale, a quale gruppo appartengono.
Al Senato_entro 3 giorni dalla prima seduta, ogni senatore è tenuto ad indicare alla
Presidenza del Senato, il gruppo del quale intende far parte.
Qualora non esercitino questa loro facoltà, sono iscritti d’ufficio nel gruppo misto.
Per la valida costituzione di un gruppo parlamentare occorrono 10 senatori e 20 deputati
(salvo deroghe autorizzate dall’Ufficio di Presidenza).
Conferenza dei presidenti di gruppo_ sono organismi collegiali presieduti dal presidente
dell’assemblea e costituiti da tutti i Presidenti dei Gruppi parlamentari.
Deliberazioni.
Si ha maggioranza assoluta, se si ottiene un numero di voti superiore alla metà del
numero totale degli aventi diritto al voto.
Si ha maggioranza semplice se si ottiene un numero di voti superiore alla metà del
numero totale di votanti
Si ha maggioranza qualificata se si ottiene un numero di voti non inferiore ad un
quorum funzionale fissato
Le deliberazioni di ciascuna Camera (e del parlamento in seduta comune) sono valide
solo se :
· è presente la maggioranza dei componenti
· se sono adottate a maggioranza dei presenti (salvo che la Costituzione prescriva
una maggioranza speciale).
Per evitare che siano invalidabili eventuali deliberazioni adottate per motivi contingenti e
temporanei con un quorum inferiore_ vige sempre la regola della presunzione del
numero legale.
· si presume cioè che in aula sia presente il numero minimo dei parlamentari (cioè
il 50%+1 dei componenti dell’assemblea).
- in qualsiasi momento però, i presenti possono chiedere la verifica del numero
legale al presidente dell’assemblea.
Esame Delle Petizioni_ tutti i cittadini possono indirizzare alle Camere delle petizioni.
Queste sono inoltrate alle commissioni permanenti per materia , che ne propone il
passaggio all’ordine del giorno.
Votazioni.
- sono effettuate nelle due Assemblee a scrutinio palese , tranne che sia espressamente
previsto il voto a scrutinio segreto.
- Nei procedimenti in commissione, il ricorso allo scrutinio segreto è consentito solo
per le votazioni riguardanti persone.
Il ricorso allo scrutinio segreto è comunque espressamente escluso per le votazioni
concernenti la legge finanziaria, leggi di bilancio o comunque le deliberazioni che
abbiano conseguenze finanziarie.
Ostruzionismo.
Si manifesta in una serie di atteggiamenti, attività e comportamenti, che , pur essendo
astrattamente compatibili con lo svolgimento dell’attività parlamentare, non danno luogo,
se non eccezionalmente, a modifiche dei contenuti delle deliberazioni dell’assemblea.
Tale attività di norma, è posta in essere dai gruppi di minoranza, nel tentativo di impedire,
intralciare o ritardare lo svolgimento dei lavori parlamentari.
ES. Ostruzionismo : si prolunga nella discussione un singolo deputato o senatore.
Proroga (60).
È un atto volontario del parlamento, il quale per far fronte ad una circostanza eccezionale,
decide mediante una legge di rinviare le elezioni e prorogare i propri poteri.
L’art. 60 , prevede la guerra quale unica ipotesi di proroga.
Prorogatio. (61).
Finchè non si siano riunite le nuove Camere, sono prorogati i poteri delle
precedenti.
In base a quanto stabilito dall’art, 61, la prorogatio non dovrebbe superare i 90 giorni.
Sui poteri prorogati, la dottrina ha assunto posizioni molto diverse:
(o) Secondo una prima tesi :
le camere dovrebbero avere i pieni poteri , e solo un’autorestrizione potrebbe essere
limitarli.
(o) Secondo MARTINES , BIN-PITRUZZELLA ed altri autori:
le camere possono compiere solo atti di ordinaria amministrazione. Seppur risulti difficili
stabilire quali siano i limiti dell’ordinaria amm.ne , a quest’ultima sono riconducibili gli atti
costituzionalmente indifferibili
(o) Secondo una terza tesi (intermedia) _ le camere possono deliberare solo in
situazioni di
emergenza.
Tuttavia le camere prorogate non possono procedere all’elezione del Presidente della
Repubblica.
STATUS DI PARLAMENTARE.
Art. 67_ Ogni membro del Parlamento rappresenta la Nazione ed esercita le sue
funzioni senza vincolo di mandato.
L’art. 67 sancisce 2 principi :
1) principio della rappresentanza nazionale , sancito per svincolare i singoli deputati
e senatori dai collegi elettorali locali che li hanno eletti
2) divieto di mandato imperativo_ che fa divieto al parlamentare di accettare
incarichi o istruzioni per lo svolgimento delle sue funzioni, e ne sancisce
l’indipendenza dai gruppi politici, economici e sociali.
Funzione legislativa:_ consiste nel potere di esprimere la volontà politica del Paese.
è esercitata collettivamente dalle 2 Camere .
possono esserci:
· atti formalmente legislativi_ e cioè quelli che sono posti secondo il procedimento
previsto per le leggi ordinarie
· atti materialmente legislativi_ perché contengono norme che innovano l’ordinamento
giuridico preesistente.
Funzioni elettorali:
in cui rientrano le attività di elezione di membri di altri organi:
· elezione del presidente della repubblica
· elezione di 5 giudici della Corte Costituzionale
· elezione di 8 componenti del Consiglio superiore della Magistratura
· scelta dei cittadini fra cui vanno sorteggiati giudici aggregati della Corte Costituzionale
Funzioni strumentali:
- attività di autoorganizzazione
- attività normative procedurali interne
3. LE FUNZIONI FONDAMENTALI E GLI ELEMENTI
COSTITUTIVI DELLO STATO (Per gli elementi costitutivi vedi punto
1 bis.)
La struttura statale, quale si è semplicemente delineata, ha vari compiti nei confronti del
gruppo sociale, del popolo che ha eletto il suo governo. Questi compiti possono essere
riassunti in tre funzioni fondamentali.
Funzione legislativa
Attraverso le leggi lo stato definisce le regole per il raggiungimento dei fini da parte del
gruppo sociale.
Attraverso gli organi amministrativi lo stato cura gli interessi dei cittadini nei campi dove il
singolo componente della comunità o gruppi privati non avrebbero i mezzi e
l’organizzazione per ottenere i risultati migliori (secondo il principio di sussidiarietà).
Nella funzione amministrativa lo Stato si comporta come soggetto pubblico, con capacità
giuridiche diverse rispetto ai singoli soggetti privati.
Le funzioni amministrative più importanti sono la difesa del territorio, la pubblica sicurezza
interna, la sanità pubblica, l’educazione, l’organizzazione del territorio e l’ambiente.
Funzione giudiziaria
Attraverso la funzione giudiziaria lo Stato risolve i conflitti d’interesse tra i propri cittadini, le
questioni riguardo i diritti, i conflitti tra lo Stato stesso ed i cittadini che si ritengono lesi
dall’azione pubblica in un loro diritto soggettivo od interesse legittimo. Lo Stato, inoltre,
determina le pene per chi commette infrazioni alle sue regole.
Tali infrazioni possono essere contro regole (leggi) penali, o contro regole (leggi)
amministrative. La gravità dell’infrazione determina l’entità della pena.
Trasversale rispetto alle tre funzioni in quanto indica quali finalità e obiettivi devono essere
perseguiti attraverso l’utilizzo delle altre tre funzioni.
Fase dell'iniziativa
La fase dell'iniziativa consiste nell'esercizio da parte di determinati soggetti del potere di
sottoporre progetti di legge al Parlamento.
La Costituzione riconosce tale potere:
Fase deliberativa
La seconda fase del procedimento legislativo comincia con l'assegnazione da parte del
Presidente della camera (Camera dei Deputati o Senato della Repubblica) cui è pervenuto
il progetto di legge alla commissione parlamentare competente "ratione materiae" (ovvero,
per materia). La commissione parlamentare opera diversamente a seconda della "sede" in
cui viene autorizzata a operare. La commissione parlamentare incaricata di esaminare il
progetto di legge può operare in:
Sede referente: Si tratta della sede in cui le commissioni operano seguendo il
cosiddetto "procedimento legislativo ordinario"; è sempre obbligatorio (art. 72, 4°
comma Cost.) per i progetti di legge in materia costituzionale ed elettorale, di
delegazione legislativa, di autorizzazione alla ratifica di trattati internazionali, di
approvazione di bilanci e consuntivi; è facoltativo per tutti gli altri progetti di legge. In
esso si prevede una discussione sul testo nel suo complesso seguita da una
discussione del testo articolo per articolo. Alla discussione segue un voto sul progetto
di legge. La commissione ha in tale sede il compito di preparare i documenti (testo del
progetto di legge e relazioni) su cui lavorerà poi più accuratamente prima una e poi
l'altra camera del Parlamento.
Sede legislativa: la commissione che opera in sede legislativa (si tratta di un
procedimento speciale) si occupa della discussione, della votazione e dell'
approvazione del progetto di legge estromettendo completamente il Parlamento dai
lavori. È sempre ammessa durante i lavori della commissione la domanda di
"rimessione in assemblea" del progetto di legge.
Sede redigente: è la seconda procedura speciale prevista dai regolamenti di
Camera e Senato; la commissione ha gli stessi compiti che aveva quando operava in
sede referente con l'aggiunta che la sua votazione sui singoli articoli del progetto di
legge assume carattere di definitività, e il testo che viene presentato alla Camera sarà
votato nella sua interezza (senza quindi procedere alla votazione articolo per articolo;
sono esclusi da questo procedimento le materie per le quali vi è una riserva di
assemblea, citate nella Sede referente).
LIBERTA’ DI ASSOCIAZIONE.
ART. 18.
I cittadini hanno diritto di associarsi liberamente senza autorizzazione, per fini che non
sono vietati dalla legge penale.
L’art. 138 Cost., pone le specialità del procedimento c.d. aggravato, stabilendo che
l’adozione di questi tipi di legge avviene con 2 successive deliberazioni da parte di
ciascuna Camera, a distanza non inferiore di 3 mesi.
Prevede altresì, che nella seconda votazione, il progetto di legge debba riscuotere il
favore della maggioranza assoluta dei componenti della camera.
· il 50% +1 dei componenti (e non dei presenti – maggioranza semplice)
Il varo della legge è seguito dalla pubblicazione (e non dalla promulgazione).
Entro i successivi 3 mesi è possibile sottoporre a referendum la legge quando ne
facciano richiesta:
· 500.000 elettori
· 5 consigli regionali
· 1/5 degli appartenenti ad una Camera
Si darà seguito alla promulgazione solo se questa legge, sottoposta a referendum, sia
stata approvata dalla maggioranza dei voti validi, o nel caso in cui entro i 3 mesi dalla
pubblicazione non vi è stata richiesta della consultazione popolare.
Nelle ipotesi in cui le Camere approvino la legge con maggioranza dei 2/3 dei
componenti, non si fa luogo a referendum.
Limiti impliciti :
· non è soggetta a revisione la parte che riguarda il riconoscimento dei diritti
fondamentali dei cittadini ed i principi e valori.
7. IL CORPO ELETTORALE
CORPO ELETTORALE.
- costituisce l’insieme degli individui dotati della cittadinanza e del diritto di
elettorato attivo.
- rientrano nel corpo elettorale, anche i cittadini italiani residenti all’estero, così
come riconosciuti ex legge costituzionale n.1/2000
POPOLO.
- costituisce l’insieme dei cittadini italiani, indipendentemente dall’essere o meno
titolari del diritto di voto
POPOLAZIONE.
- è l’insieme degli individui di qualsiasi nazionalità presenti sul territorio italiano.
Natura giuridica Corpo Elettorale:
· parte della dottrina ritiene che il corpo elettorale costituisca un organo dello Stato
· altra parte di dottrina ritiene che costituisca un organo del popolo.
INELEGGIBILITA’ .
- è dovuta alla particolare carica del soggetto al momento della elezione, che potrebbe
porlo in una posizione di vantaggio rispetto ad altri candidati o determinare una
pressione sulle scelte degli elettori.
Qualora un soggetto venga comunque eletto (per errore) la sua elezione va dichiarata
nulla dall’organo di competente.
Non sono eleggibili :
(a) presidente delle giunte provinciali e sindaci di comuni superiori a 20000 abitanti
(b) capo e vice capo polizia – vice prefetti – funzionari di pubblica sicurezza- ufficiali
(c) magistrati che hanno esercitato funzioni nei 6 mesi prima antecedenti l’accettazione di
candidatura
(d) diplomatici – consoli
(e) coloro che risultino vincolati con lo Stato per contratti di opere o di somministrazioni
(f) giudici della Corte Costituzionale
INCOMPATIBILITA’.
- è quella situazione per cui una medesima persona non può ricoprire
contemporaneamente 2 cariche
_ l’incompatibilità impone una scelta.
Incompatibili :
⇒ carica di deputato e senatore
Incompatibili con lo status di parlamentare :
- presidente della repubblica
- membro consiglio superiore della magistratura
- membro di un consiglio o di una giunta regionale
- membro corte costituzionale
- membro parlamento europeo
INCANDIDABILITA’ =_ riguarda coloro che sono stati condannati per alcuni gravi delitti
o
per un reato non colposo con pena non inferiore a 2 anni o che siano stati sottoposti a
misure
definitive di prevenzione per reati di stampo mafioso.
8. LE REGIONI
L’art. 114 Cost. prevede che la Repubblica sia articolata in comuni, province, città
metropolitane, regioni e Stato, tutti dotati di autonomia, così situati sullo stesso piano lo
Stato e gli altri enti territoriali minori garantendo a ciascuno di essi una propria sfera di
autonomia.
Con la riforma costituzionale, pertanto, si è stabilito che l’amministrazione pubblica
dovrà essere tendenzialmente un’amministrazione locale.
9. LA CORTE COSTITUZIONALE
□ sulle controversie relative alla legittimità costituzionale delle leggi e degli atti
aventi forza di legge dello stato e delle regioni.
_ La legge cost. 1/ 1948 dispone la scelta per il tipo di accesso: incidentale come regola
generale, anche principale per lo Stato e le Regioni nelle controversie che li oppongono.
□ sui conflitti di attribuzione tra i poteri dello Stato;
□ sui conflitti di attribuzione tra lo stato e le regioni e tra le regioni
□ Sulle accuse promosse contro il presidente della repubblica a norma della
Costituzione (reati di alto tradimento e attentato alla Costituzione)
□ giudizio di ammissibilità dei referendum
PROCEDURE.
Sono diverse a seconda del tipo di giudizio, ma vi sono alcuni tratti comuni:
- la corte ha poteri istruttori che consistono nell’accertamento dei fatti anche
attraverso l’audizione dei testimoni; con ordinanza può disporre i mezzi di prova che
ritiene necessari.
- la corte si riunisce si riunisce in udienza pubblica o in camera di consiglio
La decisione viene presa in camera di consiglio dove si vota in ordine crescente di
età, la decisione è assunta a maggioranza assoluta dei votanti.
Segue la stesura di una bozza di motivazione da parte del giudice incaricato dal
presidente, la quale verrà approvata in una seduta successiva della camera di
consiglio, e poi infine pubblicata in Gazzetta Ufficiale.
GIUDIZIO INCIDENTALE
È detto giudizio in via incidentale in quanto la questione di legittimità sorge nel corso
di un procedimento giudiziario come incidente processuale dinanzi ad un’autorità
giurisdizionale;
i requisiti ritenuti necessari dalla giurisprudenza costituzionale affinché un organo possa
essere legittimato a sollevare la questione di costituzionalità sono:
1) requisito oggettivo: l’essere investito della funzione di applicazione obiettiva di
una norma in via tendenzialmente definitiva;
2) requisito soggettivo: posizione di terzietà, indipendenza e imparzialità
dell’organo: l’esistenza di un processo fondato sul contraddittorio.
LE DECISIONI DI INAMMISSIBILITÀ
L’atto è inammissibile quando mancano i presupposti per procedere ad un giudizio di
merito:
1) mancanza dei requisiti soggettivi e oggettivi dell’organo chiamato a sollevare la
questione;
2) quando l’atto impugnato non rientra tra quelli indicati dalla Costituzione;
3) mancanza del requisito della rilevanza;
4) se l’ordinanza di remissione manca di indicazioni sufficienti e univoche per definire il
thema decidendum;
5) se ci sono stati vizi meramente procedurali;
6) se la questione sottoposta alla Corte comporta una valutazione di materia politica o
un sindacato sull’uso del potere discrezionale del Parlamento.
SENTENZE DI ACCOGLIMENTO
La Corte dichiara l’illegittimità costituzionale della disposizione impugnata.
Opera erga omnes . Deve necessariamente essere pronunciata con sentenza.
La sentenza ha valore costitutivo e gli effetti di tale sentenza sono retroattivi.
Di conseguenza, l’effetto della dichiarazione di illegittimità è di vietare l’applicazione
della norma invalidata
SENTENZE INTERPRETATIVE DI RIGETTO
La Corte dichiara infondata la questione di legittimità non perché il dubbio di legalità
sollevato dal giudice non sia giustificato, come per la sentenza di rigetto, ma perché esso
si basa su una cattiva interpretazione della legge impugnata:
→ l'interprete deve scegliere l'interpretazione conforme a Costituzione. ha effetti inter
partes.
La Costituzione è quindi :
“ la legge fondamentale di uno Stato, l’atto che ne delinea le caratteristiche essenziali,
ne enuncia valori e principi fondamentali e stabilisce l’organizzazione politica su cui si
regge “.
Caratteristiche della Costituzione :
- flessibile o rigida
Nel primo caso (flessibile), può essere modificata dagli ordinari strumenti legislativi.
Nel secondo caso (rigida), è modificabile solo attraverso un procedimento aggravato
rispetto a quello ordinario.
· si definisce rigida in senso debole_ quella Costituzione che non prevede un
controllo sulla conformità ad essa delle leggi ordinarie
· rigida in senso forte_ Sono quelle Costituzioni che prevedono un controllo sulla
conformità ad essa delle leggi ordinarie, autorizzando ogni giudice a disapplicare le
leggi incostituzionali, oppure istituendo un organo apposito che le annulli.
- breve o lunga
Breve_ contiene solo le norme sull’organizzazione fondamentale dello Stato e alcuni
diritti di libertà
Lunga_ sono riconosciuti e tutelati, accanto alle libertà civili, i diritti politici ed
economici e sono enunciati i valori e principi su cui deve ispirarsi l’azione dei pubblici
poteri.
LA COSTITUZIONE ITALIANA
La Costituzione italiana è stata approvata il 22 dicembre del 1947 ed entrata in vigore il
1° gennaio 1948.
Si compone di 139 articoli, alcuni dei quali abrogati dalla legge Costituzionale 3/2011, cui
si aggiungono 18 Disposizioni transitorie e finali.
I primi 12 articoli del testo costituzionale sono dedicati ai principi fondamentali della
Repubblica.
Mentre i successivi sono divisi in 2 parti:
- la prima parte, riguarda i diritti e i doveri del cittadino nell’ambito dei rapporti civili
(13- 28) dei rapporti etico sociali ( 29-34) e dei rapporti politici (48-54)
Sono organi costituzionali dello Stato quegli organi che oltre a godere di una posizione
di autonomia qualificata che li configura come poteri dello stato , partecipano alla
funzione politica.
Le funzioni degli organi costituzionali sono disciplinati direttamente dalla Costituzione ed
una loro modifica, importa l’emanazione di norme costituzionali.
Art. 11 prevede:
- il rifiuto alla guerra come strumento di offesa alla libertà altrui e come mezzo di
risoluzione delle controversie internazionali
- la limitazione, in condizione di parità con gli altri Stati, della propria sovranità al fine
di favorire un ordinamento che assicuri la pace e la giustizia fra le Nazioni.
- La promozione e il sostegno alle organizzazioni internazionali che abbiano quale
scopo la pace e la giustizia.
11. I MINISTRI
SONO nominati con decreto del presidente della Repubblica, su scelta del presidente
del consiglio dei ministri.
- Possono essere scelti anche fra cittadini non appartenenti al parlamento.
Sono organi costituzionali con funzioni:
□ politiche_ perché collegialmente collaborano all’attuazione dell’indirizzo politico del
governo
□ amministrative_ in quanto sono a capo dei ministeri, cioè organi centrali dello
Stato.
ATTIVITA’ E POTERI.
Nell’ambito delle funzioni costituzionali, i ministri hanno:
· il diritto di iniziativa legislativa_ che si esercita mediante la presentazione al
consiglio dei ministri dei disegni di legge da sottoporre alle Camere.
· Il diritto-dovere di partecipazione alle riunioni e all’attività di governo attraverso le
delibere del Consiglio dei ministri.
· Il diritto-dovere di controfirmare gli atti del presidente della repubblica, di cui si
assume la responsabilità politica.
Nell’ambito delle funzioni amministrative, i ministri hanno:
· funzioni di alta amministrazione
· potere di iniziativa della semplificazione e del riassetto delle materie di loro
competenza.
RESPONSABILITA’.
I ministri sono responsabili:
→ per gli atti esclusivamente di loro competenza
→ per gli atti del presidente della repubblica a cui essi hanno collaborato e controfirmato
→ per gli atti dei loro sottoposti, che possono ricondursi comunque ad un atto di
volontà del ministro.
I Ministri dunque sono responsabili collegialmente degli atti del consiglio dei ministri ed
individualmente degli atti dei loro dicasteri.
LE LEGGI ORDINARIE.
Per leggi ordinarie, si intendono gli atti deliberati dal Parlamento secondo il
procedimento disciplinato, nelle sue linee essenziali, dagli artt. 70 e ss., della
Costituzione, e più ampiamente, dai regolamenti parlamentari.
Leggi in senso formale_ si intendono quegli atti deliberati dalle 2 camere secondo il
procedimento disciplinato dagli artt. 70 e seguenti della Cost.,
La legge :
- è idonea a modificare o abrogare qualsiasi disposizione vigente, esclusa quella di
rango costituzionale
- non può essere abrogata da fonti subordinate
- è soggetta al controllo di Costituzionalità da parte della Corte Costituzionale
- può essere sottoposta a referendum abrogativo
- deve rispettare i vincoli derivanti dall’appartenenza dell’italia all’Unione europea e
alla Comunità internazionale.
IL PRINCIPIO DI LEGALITA’.
Al pari del principio della separazione dei poteri, e della riserva di legge, il principio di
legalità, serve a limitare la discrezionalità di chi esercita la sovranità.
In base a tale principio, i pubblici poteri sono soggetti alla legge.
Si possono distinguere:
- riserve rinforzate per contenuto: si hanno in quei casi in cui la Costituzione prevede
che una determinata regolazione possa essere fatta dalla legge ordinaria soltanto con
contenuti particolari;
- riserve rinforzate per procedimento: prevedono invece che la disciplina di una
determinata materia debba seguire un procedimento aggravato (rinforzato) rispetto al
normale procedimento legislativo;
⇒ la ratio di queste riserve è: limitare il potere della maggioranza politica nei confronti
delle minoranze.
riserva di legge implicita_ quando non è espressamente prevista dalla Costituzione.
In particolare:
- tali limiti dettati dalla legge di delega, i decreti non devono essere vaghi e
indeterminati.
- Non può essere delegato al governo, il compito di emanare atti che costituiscono
approvazione , conversione etc.. di atti del Governo medesimo
· Non possono costituire oggetto di delega_ la conversione dei decreti legge ,
l’approvazione del bilancio o l’autorizzazione alla ratifica dei trattati internazionali
- no delega per materie che debbono essere disciplinate con legge costituzionale. (per
esse èprevisto il procedimento ex art. 138)
- la legge di delegazione deve essere discussa ed approvata dall’Assemblea plenaria di
ciascuna camera.
Il parlamento può concedere la delega in materie coperte da riserva di legge.
I DECRETI LEGGE.
I decreti legge sono provvedimenti provvisori con forza di legge che possono essere
adottati dal governo ex art. 77 Cost., in casi straordinari di necessità e urgenza.
- Sono deliberati dal consiglio dei ministri
- E sono emanati con decreto del presidente della Repubblica
Devono contenere l’indicazione delle circostanze straordinarie di necessità e di
urgenza che ne hanno determinato l’emanazione.
I decreti legge _ sono pubblicati nella Gazzetta Ufficiale, immediatamente dopo la loro
emanazione.
- Entrano in vigore, il giorno stesso dalla pubblicazione, in via provvisoria, salva ratifica
del parlamento.
I decreti legge devono essere presentati alle Camere per la conversione in legge, nel
giorno stesso della loro pubblicazione.
- entro 5 giorni da tale data, le camere, anche se sciolte, si devono riunire per l’esame
del decreto.
La conversione dei decreti , in legge, deve avvenire entro 60 giorni, ad opera delle
Camere, pena
la perdita di efficacia ex tunc, cioè come se non fossero mai state adottati.
La Corte Costituzionale con sentenza 128/2008 ha chiarito il significato dei
presupposti per l’emanazione del decreto legge; in particolare:
straordinarietà_ è intesa come assoluta imprevedibilità delle circostanze in presenza
delle quali si utilizza il decreto legge
necessità_ intesa come assoluta impossibilità di ricorrere ad uno strumento
normativo diverso.
urgenza_ da intendersi come immediata applicabilità delle norme poste dal decreto.
(1)
i regolamenti governativi possono essere emanati per disciplinare :
- l’esecuzione delle leggi e dei decreti legislativi nonché dei regolamenti comunitari
- l’attuazione e l’integrazione delle leggi e dei decreti legislativi recanti norme di
principio. (esclusi quelli relativi a materie riservate alla competenza regionale)
- le materie in cui manchi la disciplina da parte di leggi o di atti aventi forza di legge
(sempre che non si tratti di materie sottoposte a riserva)
- l’organizzazione e il funzionamento delle amministrazioni pubbliche .
I regolamenti governativi possono essere emanati con decreto del Presidente della
Repubblica,
(+) previa deliberazione del CDM
(+) sentito il parere del CDSTATO che si deve pronunciare entro 90 giorni dalla richiesta.
(2)
I regolamenti delegati:
Hanno il compito di regolamentare certe materie anche in deroga ad una disciplina
precedentemente posta dalla legge.
Tale processo è garantito da una legge avente contenuto autorizzatorio del
Parlamento che
permette al governo di disciplinare con regolamento un oggetto già regolato da legge,
anche su una
materia coperta da riserva di legge (purché non assoluta).
- vengono emanati con D.P.R.
- previa deliberazione del consiglio dei ministri
- sentito il consiglio di Stato
- previo il parere delle Commissioni parlamentari competenti per materia, che si
pronunciano entro 30 giorni dalla richiesta.
4) regolamenti di riordino
14. IL GOVERNO
l governo della Repubblica Italiana è un organo complesso del sistema politico italiano,
composto dal presidente del Consiglio dei ministri e dai ministri, che insieme formano
il Consiglio dei ministri e che costituisce il vertice del potere esecutivo.
Ha la sua sede ufficiale a Palazzo Chigi in piazza Colonna a Roma; sede di
rappresentanza per alcune occasioni ufficiali è invece villa Pamphili e, insieme al Ministero
degli Esteri, Villa Madama, entrambe a Roma.
Il governo attualmente in carica è il governo Renzi, appartenente alla XVII Legislatura.
Il governo è un organo costituzionale in quanto previsto dalla Costituzione italiana negli
articoli 92, 93, 94, 95 e 96 e in quanto concorre, in posizione d'indipendenza rispetto ad
altri organi dello Stato, alla formulazione dell'indirizzo politico. Il titolo III, sezione II,
della Costituzione ne determina la disciplina e le funzioni.
È presieduto dal presidente del Consiglio dei ministri, al quarto posto nell'ordine delle
cariche italiane (dopo il presidente della Repubblica, il presidente del Senato, ilpresidente
della Camera dei deputati e prima del presidente della Corte costituzionale), pur essendo
di fatto quella di maggior rilievo nella vita politica generale.
Presidente del Consiglio dei ministri
Il presidente del Consiglio dei ministri ha una posizione di preminenza sugli altri membri
del governo. Egli ha il compito di formare il governo, una volta ricevuto l'incarico da parte
del capo dello Stato, e di scegliere, quindi, i ministri (art.92/c.2 Cost.). Le sue dimissioni
provocano la caduta dell'intero governo. Inoltre egli "dirige la politica generale del
governo", "mantiene l'unità dell'indirizzo politico, amministrativo, promuovendo e
coordinando l'attività dei ministri mm" (art.95/c.1 Cost.).
Il presidente del Consiglio dei ministri è responsabile della politica generale del governo, i
ministri lo sono collegialmente per gli atti del Consiglio e individualmente per gli atti dei
propri ministeri.
Convoca le riunioni del Consiglio dei ministri, ne stabilisce l'ordine del giorno e le presiede.
Egli non può dare ordini ai singoli ministri nei settori di loro competenza, ma può impartire
loro delle direttive in attuazione delle decisioni del consiglio, può sospendere l'adozione di
atti da parte dei ministri e può chiedere loro di concordare con lui le dichiarazioni pubbliche
che essi intendono rilasciare. Queste ultime disposizioni sono state introdotte dalla legge
n. 400/1988, come modificata dal D. Lgs. n. 303/1999, con l'intento di rafforzare la
posizione del premier e di conferirgli una maggiore autorità nei confronti dei singoli ministri
e quindi nei confronti dei diversi partiti politici che fanno parte della coalizione.
Data la speciale posizione del presidente del Consiglio, nel linguaggio politico i governi
vengono di solito designati con il nome del loro presidente (governo de Gasperi,
governo Spadolini ecc.). Per svolgere i suoi compiti di indirizzo e coordinamento il
presidente del Consiglio dispone di una serie di uffici che sono stati riorganizzati
dalla legge n. 400/1988, oltre che dal D. Lgs. n. 300/1999, denominata Presidenza del
Consiglio dei ministri, con uffici propri retti da un segretario generale, e dipartimenti e uffici,
retti da ministri senza portafoglio o da sottosegretari. Il segretario generale è scelto
discrezionalmente dal presidente del Consiglio, e provvede a organizzare tutta l'attività
amministrativa di governo, raccogliere e a elaborare le informazioni necessarie per
mettere in pratica il programma di governo e per aggiornarlo.
All'interno del governo, uno o più ministri possono ricoprire l'incarico di vicepresidente del
Consiglio su designazione del Consiglio dei ministri, con il compito di sostituire il
presidente in caso di assenza o di impedimento temporaneo di questi (legge 400/1988).
I ministeri
Ciascun ministro è a capo di un particolare ramo della pubblica amministrazione
italiana che viene chiamato ministero o dicastero. Il numero e le competenze dei ministri
sono stati stabiliti per legge, ai sensi dell'art. 95, comma 3, Cost., dal D. Lgs. n. 300/1999,
(legge Bassanini), riportata in vita dalla legge 24 dicembre 2007, n. 244 (legge
finanziaria per il 2008) i ministeri sono fissati in 12. Con la legge 13 novembre 2009 n. 172
il Ministero del Lavoro, della Salute e delle Politiche Socialiviene suddiviso in due: il
Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali e il Ministero della Salute, portando il numero
dei dicasteri a 13. Con la legge 24 giugno 2013 n.71 il Ministero per i Beni e le Attività
Culturali viene rinominato Ministero dei Beni e delle Attività Culturali e del Turismo
I sottosegretari
Fanno parte del governo, ma in modo subordinato. Essi vengono designati dal consiglio
dei ministri e decadono con le dimissioni del governo. A differenza dei ministri, essi non
partecipano alle riunioni del consiglio; il loro compito è quello di coadiuvare il ministro a cui
fanno capo nelle funzioni che egli delega loro e di rappresentarlo nelle sedute del
parlamento. Alcuni sottosegretari, cui viene assegnata la responsabilità di un dipartimento
all'interno di un ministero, assumono la carica di vice-ministri.
Il presidente del Consiglio dei ministri è nominato dal presidente della Repubblica dopo
una serie di consultazioni che vede coinvolti i presidenti dei due rami del parlamento, gli ex
presidenti della repubblica e i rappresentanti dei gruppi parlamentari. [1] Anche i ministri,
indicati dal presidente del Consiglio, sono nominati dal presidente della Repubblica.
Ottenuta la nomina, il governo giura nelle mani del presidente della Repubblica ed entro
dieci giorni dalla sua formazione si reca in entrambe le camere del Parlamento, le quali,
tramite una mozione motivata e votata per appello nominale (detta "mozione di fiducia"),
gli accordano o meno la fiducia. Il governo dura in carica finché ha la fiducia del
Parlamento e il rinnovo delle Camere non comporta nessun effetto su di esso: in linea
teorica il governo potrebbe rimanere in carica in eterno.
Funzioni
Il governo è l'organo situato a vertice dell'amministrazione dello Stato. Esercita l'iniziativa
legislativa (art. 71 cost.), può richiedere il passaggio in aula (e non in commissione) di
proposte di legge (art. 72 cost.), emanaleggi delegate (art. 76) e decreti legge (art. 77)
nelle forme e con i limiti determinati dalla Costituzione e dalle leggi ordinarie, presenta
annualmente alle Camere, che lo devono approvare, il rendiconto dello Stato (art. 81
cost.), solleva la questione di legittimità rispetto alle leggi regionali (art. 123 cost. e art. 127
cost.) nel caso ritenga che il consiglio abbia ecceduto nelle sue competenze.
Eleggibilità
I ministri possono essere indicati dal presidente del Consiglio anche tra persone al di fuori
dei membri del Parlamento (art. 64 cost.). In questo caso hanno comunque diritto a
partecipare alle sedute del Parlamento, diritto che si tramuta in obbligo se richiesto dai
membri del Parlamento.
LIBERTA’ DI RIUNIONE.
ART. 17.
I cittadini hanno diritto di riunirsi pacificamente e senza armi.
Per le riunioni in luogo aperto al pubblico non è richiesto preavviso.
Delle riunioni in luogo pubblico, deve essere dato preavviso alle autorità, che possono
vietarle soltanto per comprovati motivi di sicurezza o di incolumità pubblica.
Ne deriva che nemmeno per le riunioni private occorre il preavviso.
Concetto di domicilio:
(o) Nell’accezione civilistica
Il domicilio è la sede principale degli affari ed interessi della persona.
Caratteristiche
Il presidente del Consiglio dei ministri è un organo di rilevanza costituzionale, componente
del Consiglio dei ministri della Repubblica Italiana e posto a capo dellaPresidenza del
Consiglio dei ministri. È previsto dalla Costituzione negli articoli 92, 93, 95 e 96, e un
organo costituzionale, perché concorre alla definizione dell'indirizzo politico dello Stato in
posizione di indipendenza.
È, dal punto di vista protocollare, la quarta più alta carica della Repubblica Italiana.[1]
Nomina
Il Presidente della Repubblica nomina il Presidente del Consiglio dei ministri e, su
proposta di questo, i ministri (art. 92). Nella prassi la nomina è preceduta da un complesso
processo, detto fase delle consultazioni:
quello di nomina del Presidente del Consiglio (controfimato dal Presidente del
Consiglio nominato, per attestare l'accettazione);
quello di nomina dei singoli ministri (controfimato dal Presidente del Consiglio
nominato);
quello di accettazione delle dimissioni del Governo uscente (controfirmato
anch'esso dal Presidente del Consiglio nominato) [2].
Prima di assumere le funzioni, il Presidente del Consiglio dei ministri e i ministri, prestano
giuramento nelle mani del Presidente della Repubblica (art. 93 Cost.). Con il giuramento il
governo entra nell'esercizio delle sue funzioni ed entro dieci giorni dal decreto di nomina si
presenta alle Camere per chiedere la fiducia di entrambi i rami del Parlamento (art. 94
Cost.).
Funzioni
La Costituzione, all'articolo 95, stabilisce che il Presidente del Consiglio dei ministri promuove e
coordina l'attività dei ministri: questo potere di coordinamento dei ministri è stato di intensità molto
variabile nella storia dello Stato italiano, in quanto fortemente condizionato dal peso dei singoli
ministri e quindi dei partiti dei quali essi erano l'espressione. Il Presidente del Consiglio dei
ministri:
« dirige la politica generale del governo e ne è responsabile. Mantiene l'unità di indirizzo
politico ed amministrativo, promuovendo e coordinando l'attività dei ministri »
((art. 95 Cost.).)
La legge 23 agosto 1988, n. 400 esplicita le attribuzioni del Presidente del Consiglio. Il
Presidente fissa l'ordine del giorno del Consiglio, e in particolare può avocare nel
Consiglio decisioni di competenza di singoli dicasteri.
Oltre a quelle attribuitegli in quanto membro del governo italiano, il Presidente del
Consiglio indica al Presidente della Repubblica la lista dei ministri per la nomina, e
controfirma tutti gli atti aventi valore di legge dopo che sono stati firmati dal Presidente
della Repubblica. Dirige e promuove l'attività dei ministri, dirige la politica generale del
governo e ne è responsabile (art. 95 Cost.). Funzione particolarmente delicata che la
legge affida direttamente al Presidente del Consiglio è la vigilanza e il controllo
sul Sistema di informazione per la sicurezza della Repubblica, ossia i Servizi segreti dello
Stato.
La Costituzione prevede:
1) la libertà dell’associazione sindacale (art. 39)
2) il diritto di sciopero (art. 40)
Art. 39:
_ L’organizzazione sindacale è libera.
_ Ai sindacati non può essere imposto altro obbligo se non la loro registrazione presso
uffici locali o centrali, secondo le norme di legge.
_ E’ condizione per la registrazione che gli statuti dei sindacati sanciscano un
ordinamento interno a base democratica
_ I sindacati registrati, hanno personalità giuridica. Possono stipulare contratti collettivi
di lavoro con efficacia obbligatoria per tutti gli appartenenti alle categorie alle quali il
contratto si riferisce.
Il legislatore ordinario però, non ha ancora provveduto ad attuare la norma
costituzionale, e il sistema previsto dall’art. 39, non ha sino ad oggi, trovato applicazione.
Attualmente i sindacati non sono registrati e non hanno personalità giuridica:
· conseguentemente, al pari dei partiti politici, essi agiscono come associazioni non
riconosciute.
Art. 40:
Il diritto di sciopero, si esercita nell’ambito delle leggi che lo regolano.
Lo sciopero si concreta nell’astensione concertata dal lavoro per la tutela di un
interesse professionale collettivo.
L’abuso di tale strumento di lotta, ha determinato l’emanazione della legge 146/1990,
recante norme per garantire il funzionamento dei servizi pubblici essenziali.
20. LA LIBERTA’ DI CORRISPONDENZA
Art. 15:
La libertà e la segretezza della corrispondenza e di ogni altra forma di
comunicazione sono inviolabili.
La loro limitazione_ può avvenire soltanto per atto motivato dell’autorità giudiziaria con
le garanzie stabilite dalla legge.
La titolarità della libertà di corrispondenza spetta a : cittadini – stranieri – apolidi
I primi dodici articoli della costituzione pongono i cosiddetti "Principi fondamentali" (detti
anche Principi supremi). È possibile comunque individuare, in viaermeneutica, come
evidenziato in pacifica giurisprudenza costituzionale, ulteriori principi fondamentali nella
parte II della Costituzione, come, ad esempio, il principio di indipendenza
della magistratura. I principi supremi dell'ordinamento costituzionale (non
necessariamente coincidenti con i primi dodici articoli) non possono essere oggetto di
modifica attraverso il procedimento di revisione costituzionale previsto dai successivi
articoli 138 e 139.
Principio personalista
La Costituzione coglie la tradizione liberale e giusnaturalista nel testo dell'articolo 2: esso
infatti sancisce che "la Repubblica riconosce e garantisce i diritti inviolabili dell'uomo". Tali
diritti sono considerati diritti naturali, non creati giuridicamente dallo Stato, ma ad esso
preesistenti. Tale interpretazione è riferita alla parola "riconoscere" che implica la
preesistenza di un qualcosa.
Principio di laicità
Il principio di laicità è stato enucleato dalla Corte costituzionale con la nota sentenza n.
203 del 1989; in base ad esso l'ordinamento italiano attribuisce valore e tutela alla
religiosità umana come comportamento apprezzato nella sua generalità ed astrattezza,
senza alcuna preferenza per qualsivoglia fede religiosa. Scaturisce dal "principio
personalista", di cui all'articolo 2 e dal "principio di uguaglianza" (articolo 3). L'articolo 19,
enunciando il diritto di tutti a professare la propria fede religiosa, in qualsiasi forma,
individuale o associata, specifica il riconoscimento della libertà religiosa come diritto
inviolabile dell'uomo. Per la mediazione politica dell'Assemblea costituente, per la forte
pressione della Chiesa cattolica attraverso i deputati democristiani, si stabilì, all'articolo 7,
che Stato italiano e Chiesa cattolica sono, ciascuno nel proprio ordine, sovrani e
indipendenti; all'articolo 8 che tutte le confessioni religiose sono egualmente libere e che a
quelle diverse dalla cattolica veniva riconosciuto lo stesso regime di rapporti con lo Stato,
per tutelare le loro specifiche esigenze, mediante accodi (le cd. "intese").
Ma anche le formazioni sociali a carattere religioso che non hanno il radicamento sociale
vasto e la complessità organizzativa che fa attribuire la qualifica di "confessione religiosa",
godono dell'analoga specifica tutela precisata nell'articolo 20. Questo articolo pone limiti e
divieti all'autorità civile, volti ad impedire discriminazioni ed a garantire piena libertà a ogni
forma organizzata della fede ("istituzioni o associazioni, a carattere ecclesiastico o con fine
di religione o di culto. La legislazione repubblicana e l'elaborazione della dottrina del diritto
ecclesiastico italiano, stentano ad adeguare i metodi al nuovo contesto democratico; così
risulta ancora dominante la concezione che i diritti degli individui singoli e delle
organizzazioni religiose di qualsiasi tipo e natura, invece di godere di una tutela diretta
dalla legge, possono trovare tutela solo attraverso l'intermediazione di quei soggetti
dominanti che vengono chiamati "confessioni religiose" contemplati nell'articolo 8 e
selezionati politicamente dai Governi, perpetuando così il modello del regime dittatoriale
dei "diritti riflessi", per cui solo l'appartenenza agli enti riconosciuti dal fascismo consentiva
il godimento dei diritti, attribuiti agli enti e "riflessi" sulle persone che a questi obbedissero.
[11]
Principio pluralista
È tipico degli stati democratici. Pur se la Repubblica è dichiarata una ed indivisibile, è
riconosciuto e tutelato il pluralismo delle formazioni sociali (articolo 2), degli enti politici
territoriali (articolo 5), delle minoranze linguistiche (articolo 6), delle confessioni
religiose (articolo 8), delle associazioni (articolo 18), di idee ed espressioni (articolo 21),
della cultura (articolo 33, comma 1), delle scuole (articolo 33, comma 3), delle istituzioni
universitarie e di alta cultura (articolo 33, comma 6), deisindacati (articolo 39) e dei partiti
politici (articolo 49). È riconosciuta altresì anche la libertà delle stesse organizzazioni
intermedie, e non solo degli individui che le compongono, in quanto le formazioni sociali
meritano un ambito di tutela loro proprio. In ipotesi di contrasto fra il singolo e la
formazione sociale cui egli è membro, lo Stato non dovrebbe intervenire. Il singolo,
tuttavia, deve essere lasciato libero di uscirne.
I diritti inviolabili sono riconosciuti all'individuo sia considerato singolarmente sia nelle
formazioni sociali adeguate allo sviluppo della personalità e finalizzate alla tutela degli
interessi diffusi (interessi comuni ai diversi gruppi che si sviluppano in forma associata).
Questi gruppi possono assumere diversi aspetti e tipologie, ugualmente rilevanti e degni di
tutela per l'ordinamento: associazioni politiche, sociali, religiose, culturali, familiari.
Principio lavorista
Ci sono riferimenti già agli articolo 1, comma 1 ed all'articolo 4, comma 2. Il lavoro non è
solo un rapporto economico, ma anche un valore sociale che nobilita l'uomo. Non è solo
un diritto, bensì anche un dovere che eleva il singolo. Non serve ad identificare una
classe. Nello stato liberale la proprietà aveva più importanza, il lavoro ne aveva meno. I
disoccupati, senza colpa, non devono comunque essere discriminati.
Principio democratico
Già gli altri tre principi sono tipici degli stati democratici, ma ci sono anche altri elementi a
caratterizzarli: la preponderanza di organi elettivi e rappresentativi; il principio di
maggioranza ma con tutela delle minoranze (anche politiche); processi decisionali (politici
e giudiziari) trasparenti e aperti a tutti; ma soprattutto il principio di sovranità popolare
(articolo 1, comma 2).
Principio di uguaglianza
Come è affermato con chiarezza nell'articolo 3, tutti i cittadini, senza distinzione di sesso,
di razza, di lingua, di religione, di opinioni politiche, di condizioni sociali e personali, sono
uguali davanti alla legge (uguaglianza formale, comma 1). È compito dello Stato rimuovere
gli ostacoli che di fatto limitano l'eguaglianza e quindi gli individui di sviluppare pienamente
la loro personalità sul piano economico, sociale e culturale (uguaglianza sostanziale,
comma 2). Nello stesso primo comma dedicato all'eguaglianza dinanzi alla legge, la
Costituzione repubblicana richiama la "pari dignità sociale", andando dunque oltre la mera
formulazione dell'eguaglianza liberale. Riguardo al principio di uguaglianza in materia
religiosa, l'articolo 8 dichiara che tutte le confessioni religiose, diverse da quella cattolica,
sono egualmente libere davanti alla legge.
Principio solidarista
Vuol dire che lo Stato ha il compito di aiutare le associazioni e le famiglie, attraverso la
solidarietà politica, economica e sociale (art. 3 II comma, art.2). Esso infatti deve
rimuovere ogni ostacolo che impedisce la formazione della propria personalità.
Principio dell'unità e indivisibilità della Repubblica
L'articolo 5 vieta ogni forma di secessione o di cessione territoriale ed è garantito dal sacro
dovere di difendere la patria (sancito dall'articolo 52).
Principio autonomista
Sempre l'articolo 5 che assicura alle collettività territoriali (Comuni, Province, Città
metropolitane, Regioni) una forte autonomia dallo Stato (con conseguente attribuzione di
poteri normativi e amministrativi propri), grazie alla quale i cittadini sono in grado di
partecipare più da vicino e con maggiore incisività alla vita politicadel Paese. Da una prima
lettura di questi principi traspare la volontà del Costituente, che aveva vissuto la tragica
esperienza dell'oppressione nazi-fascista e della guerra di liberazione, di prendere le
distanze non solo dal regime fascista, ma anche dal precedente modello di Stato liberale,
le cui contraddizioni e incertezze avevano consentito l'instaurazione della dittatura. Il tipo
d'organizzazione statale tracciato dal Costituente è quello dello Stato sociale di diritto che,
per garantire eguali libertà e dignità a tutti i cittadini, si fa carico di intervenire attivamente
in prima persona nella società e nell'economia. Il principio è rafforzato dall'articolo 57 che
prevede l'elezione del Senato su base regionale.
Principio internazionalista
Come viene sancito dall'articolo 10, l'ordinamento italiano si conforma alle norme del diritto
internazionale generalmente riconosciute; ciò comporta un "rinvio mobile" ovvero un
adattamento automatico di tali norme nel nostro ordinamento. Inoltre l'articolo 11
consente, in condizioni di parità con gli altri stati, limitazioni alla sovranità nazionale,
necessarie per assicurare una pacifica coesistenza tra le Nazioni.
Principio pacifista
Come viene sancito all'articolo 11, "L'Italia ripudia la guerra come strumento di offesa alla
libertà degli altri popoli e come mezzo di risoluzione delle controversie
internazionali (ovvero consente l'uso di forze militari per la difesa del territorio in caso di
attacco militare da parte di altri paesi, ma non con intenti espansionisti) e accetta
una limitazione alla propria sovranità (ad esempio accetta di ospitare sul proprio territorio
forze armate straniere) nell'intento di promuovere gli organismi internazionali per
assicurare il mantenimento della pace e della giustizia fra le Nazioni".
Si intende comunemente che questa seconda parte consenta all'Italia di partecipare ad
una guerra in difesa di altre nazioni con le quali siano state instaurate alleanze (ad
esempio in caso di attacco armato ad un paese membro della NATO).
Appare invece di controversa interpretazione il fatto se sia rispettoso di questo principio
costituzionale il partecipare ad azioni definite come "missioni di pace" e similari, o guerre
che non rispondono ad azioni di offesa esplicita (vedasi il caso della guerra
d'Iraq del 2003 e della Guerra In Libia del 2011).
Si dovrebbe ricordare che oltre all'articolo 11, la cui interpretazione è piuttosto ampia, ve
ne sono altri sei che prendono in considerazione la guerra come una concreta possibilità.
L'art 27, prevedeva la pena di morte in base al codice penale militare di
guerra (ora ergastolo). L'art 60, proroga la vigenza di ciascuna camera, in caso di guerra.
L'art 78, in cui le camere decretano lo stato di guerra. L'art 87, in cui è il Presidente della
Repubblica a dichiarare lo stato di guerra. L'art 103, sulla giurisdizione dei tribunali
militari in tempo di guerra. L'art 111, in cui non veniva ammesso ricorso per cassazione su
sentenze emesse dai tribunali militari di guerra. (ora il ricorso è ammissibile).
22. IL CONSIGLIO DEI MINISTRI
organo collegiale
- formato da tutti i ministri, dal presidente del consiglio, dal vice presidente del
consiglio e dal sottosegretario alla presidenza che esercita le funzioni di segretario senza
voto deliberativo.
Quando si trattano materie riguardanti le Regioni a statuto speciale, interviene anche il
presidente della regione interessata.
L’art. 2 comma 3 della l. 400 del 1988, precisa che sono sottoposti alla deliberazione
del consiglio dei ministri vari atti , tra cui:
- disegni di legge
- decreti legge
- proposte motivate per lo scioglimento del consiglio regionale..
le funzioni statali devono essere esercitate da organi diversi, ciascuno dotato di proprio
potere di decisione, senza interferenze tra l’uno e l’altro.
Al potere legislativo (parlamento) _ spetta il compito di creare la norma giuridica ;
al potere esecutivo (governo) _ spetta il compito di darvi concreta attuazione
al potere giudiziario (la Magistratura) _ spetta il compito di interpretare e attuare tale
norma applicandola ai casi concreti.
PRINCIPIO DI UGUAGLIANZA.
ART. 32
1) La Repubblica tutela la salute come fondamentale diritto dell’individuo e interesse della
collettività, e garantisce cure gratuite agli indigenti
2) Nessuno può essere obbligato ad un determinato trattamento sanitario se non per
disposizione di legge.
3) La legge non può in nessun caso violare i limiti imposti dal rispetto della persona
umana.
La Salute, costituisce lo stato di benessere fisico, mentale e sociale, oggetto di
specifica tutela da parte dell’ordinamento, che consente all’individuo di integrarsi nel suo
ambiente naturale e sociale.
Il secondo comma del dettato costituzionale si sostanzia nel diritto a rifiutare le terapie,
quale risvolto negativo del diritto alla salute.
Il difficile bilanciamento tra tutela della vita e autodeterminazione individuale , è risolto
nel senso più favorevole dell’autodeterminazione individuale.
Ciò che viene in rilievo è dunque il consenso informato, esisto di una scelta spettante al
solo paziente , ma compiuta con l’indispensabile apporto delle conoscenze mediche,
secondo quella che viene definita l’alleanza terapeutica tra medico e paziente.
· in questo ambito si è parlato di testamento biologico, cioè la dichiarazione di una
persona, pienamente capace di intendere e di volere, che dia disposizioni in merito alle
eventuali terapie che desidera ricevere e quelle da rifiutare nel caso in cui
successivamente si trovi in uno stato di incoscienza celebrale irreversibile.
l presidente della Repubblica Italiana, nel sistema politico italiano, è il capo dello Stato
italiano e rappresenta l'unità nazionale, come stabilito dalla Costituzione italiana entrata in
vigore il 1º gennaio 1948.
Il presidente della Repubblica è un organo costituzionale eletto dal Parlamento in seduta
comune, integrato da rappresentanti delle Regioni (tre per ognuna, ad eccezione
della Valle d'Aosta, che ne ha uno solo, per un totale di 58) e dura in carica per sette anni.
La Costituzione stabilisce che può essere eletto presidente qualsiasi cittadino/a italiano/a
che abbia compiuto i cinquanta anni di età e che goda dei diritti civili e politici.
La residenza ufficiale del presidente della Repubblica è il palazzo del
Quirinale (sull'omonimo colle di Roma) che permetonimia indica spesso la stessa
presidenza.
Dal 2006 il presidente della Repubblica è Giorgio Napolitano, undicesimo presidente a
ricoprire la carica. Il presidente Napolitano è stato riconfermato il 20 aprile 2013 per un
secondo mandato che è iniziato immediatamente dopo il giuramento avvenuto il giorno 22
aprile 2013.
Elezione
Ai sensi dell'articolo 83 della Costituzione, «il Presidente della Repubblica è eletto
dal Parlamento in seduta comune dei suoi membri. All’elezione partecipano tre delegati
per ogni Regione eletti dal Consiglio regionale in modo che sia assicurata la
rappresentanza delle minoranze. La Valle d'Aosta ha un solo delegato. L’elezione del
Presidente della Repubblica ha luogo per scrutinio segreto a maggioranza di due terzi
dell'Assemblea".».
Per garantire un consenso il più possibile esteso intorno a un'istituzione di garanzia, nelle
prime tre votazioni è necessaria l'approvazione dei 2/3 dell'assemblea (maggioranza
qualificata); per le votazioni successive è sufficiente la maggioranza assoluta. La carica
dura sette anni, ciò impedisce che un presidente possa essere rieletto dalle stesse
Camere, che hanno mandato quinquennale, e contribuisce a svincolarlo da eccessivi
legami politici con l'organo che lo vota. La sede per la votazione è quella della Camera dei
deputati. Il presidente entra in carica dopo aver prestato giuramento al Parlamento al
quale si rivolge tramite un messaggio presidenziale.
La convocazione del parlamento viene indetta da parte del presidente della Camera dei
deputati per il trentesimo giorno prima della scadenza naturale del mandato del presidente
della Repubblica. Nel caso le Camere siano sciolte, o manchino meno di tre mesi alla loro
cessazione, l'elezione del presidente avrà luogo entro il quindicesimo giorno a partire dalla
riunione delle nuove Camere. Nel frattempo sono prorogati i poteri del presidente in
carica[1].
La Costituzione Italiana non prevede un limite al numero di mandati per quanto concerne
la carica di presidente della Repubblica. Il primo caso di riconferma del presidente uscente
è datato[2] 20 aprile 2013 con l'elezione di Giorgio Napolitano.
Le attribuzioni presidenziali
La Costituzione oltre a riconoscere alla carica la funzione di rappresentanza dell'unità del
Paese con tutte le prerogative tipiche del capo di Stato a livello di diritto internazionale,
pone il presidente al vertice della tradizionale tripartizione dei poteri dello Stato.
Espressamente previsti sono i poteri di:
Mandato presidenziale
Oltre che alla naturale scadenza di sette anni, il mandato può essere interrotto per:
dimissioni volontarie;
morte;
impedimento permanente, dovuto a gravi malattie;
destituzione, nel caso di giudizio di colpevolezza sulla messa in stato d'accusa per
reati di alto tradimento e attentato alla Costituzione;
decadenza, per il venir meno di uno dei requisiti di eleggibilità.
I poteri del presidente sono prorogati nel caso le camere siano sciolte o manchino meno di
tre mesi al loro scioglimento; vengono prorogati fino all'elezione che dovrà aver luogo
entro quindici giorni dall'insediamento delle nuove Camere [1].
Presidente supplente
In caso di impedimento temporaneo, dovuto a motivi transitori di salute o a viaggi
all'Estero, le funzioni vengono assunte temporaneamente dal presidente del Senato.
Presidente emerito
Gli ex presidenti della Repubblica assumono per diritto il nome e la carica di presidenti
emeriti della Repubblica e assumono di diritto la carica, salvo rinunzia, disenatore di diritto
e a vita.
Responsabilità
Al fine di garantire la sua autonomia e libertà, è riconosciuta al presidente della
Repubblica la non-responsabilità per qualsiasi atto compiuto nell'esercizio delle sue
funzioni. Le uniche eccezioni a questo principio si configurano nel caso che abbia
commesso due reati esplicitamente stabiliti dalla Costituzione: l'alto tradimento (cioè
l'intesa con Stati esteri) o l'attentato alla Costituzione (cioè una violazione delle norme
costituzionali tale da stravolgere i caratteri essenziali dell'ordinamento al fine di sovvertirlo
con metodi non consentiti dalla Costituzione).
In tali casi il presidente viene messo in stato di accusa dal Parlamento riunito in seduta
comune con deliberazione adottata a maggioranza assoluta, su relazione di un Comitato
formato dai componenti della Giunta del Senato e da quelli della Camera competenti per le
autorizzazioni a procedere. Una volta deliberata la messa in stato d'accusa, la Corte
Costituzionale (integrata da 16 membri esterni) ha la facoltà di sospenderlo in via
cautelare.
Nella storia repubblicana si è giunti in soli due casi alla richiesta di messa in stato
d'accusa, nel dicembre 1991 contro il presidente Cossiga e nel gennaio 2014 contro il
presidente Napolitano; entrambi i casi si sono chiusi con la dichiarazione di manifesta
infondatezza delle accuse da parte del Comitato Parlamentare. [5] Per quanto riguarda
Cossiga, tale dichiarazione giunse quando il settennato si era già concluso. Per i reati
commessi al di fuori dello svolgimento delle sue funzioni istituzionali il presidente è
responsabile come qualsiasi cittadino. In concreto, però, una parte della dottrina ritiene
esista improcedibilità in ambito penale nei confronti del presidente durante il suo mandato;
nel caso del presidente Oscar Luigi Scalfaro (sotto accusa per peculato), di fronte al suo
rifiuto di dimettersi e alla mancanza di iniziative da parte del parlamento, il processo fu
dichiarato improcedibile.
Il Capo dello Stato può dar vita a illeciti compiuti al di fuori dell'esercizio delle sue funzioni,
e in questi casi varrà l'ordinaria responsabilità giuridica. In particolare, se è difficile
immaginare un vero e proprio illecito amministrativo (coincidente con un reato funzionale),
non si può invece escludere che il presidente sia chiamato, sul piano civile, a risarcire un
danno, per esempio per un incidente stradale.
Secondo parte della dottrina, non sarebbe accettabile la tesi (rigettata a suo tempo
in Assemblea Costituente da Umberto Elia Terracini) che egli risponda di eventuali
comportamenti criminosi solo alla fine del settennato: si dimetta o meno, egli deve
rispondere subito per i reati di cui è accusato, pena l'ammissione di un privilegio che
romperebbe con gli artt. 3 e 112 della Costituzione. Altra autorevole dottrina è favorevole
al giudizio alla fine del settennato (sempre che nel frattempo non siano decorsi i termini di
prescrizione), non escludendo le dimissioni del Capo dello Stato, sia pur solo qualora il
reato commesso sia particolarmente grave.
Si è cercato di porre riparo a questa incertezza con il cosiddetto "lodo Schifani",
disponendo che i presidenti della Repubblica, del Consiglio, della Camera, del Senato e
della Corte costituzionale non possano essere sottoposti a procedimenti penali per
qualsiasi reato anche riguardante fatti antecedenti l'assunzione della carica o della
funzione fino alla cessazione delle medesime. Ne discendeva la sospensione dei relativi
processi penali in corso in ogni fase, stato o grado. Legge, la 140 del 2003, che la Corte
costituzionale ha dichiarato illegittima, almeno in questa parte, per violazione degli articoli
3 e 24 della Costituzione. Un provvedimento simile, con alcune correzioni dovute ai rilievi
della Corte costituzionale, denominato "Lodo Alfano", è stato proposto e approvato
durante la XVI Legislatura, ma anch'esso dichiarato illegittimo per violazione degli articoli 3
e 138 della Costituzione.[6]
Il CSM si compone :
- 3 membri di diritto: il Presidente della Repubblica che lo presiede, il primo presidente
della Cassazione, il Procuratore generale della Corte di Cassazione;
- I membri togati: due terzi del collegio eletti direttamente dai magistrati ordinari;
- I membri laici: un terzo del collegio che sono eletti dal Parlamento in seduta comune
tra professori ordinari all’università in materie giuridiche o avvocati che esercitano al
professione da almeno 15 anni.
La Costituzione non stabilisce direttamente quanti devono essere i componenti del CSM
ma si limita a stabilirne la composizione percentuale.
Spetta, dunque, alla legge ordinaria determinare quanti sono i componenti e come sono
eletti.
Il CSM è complessivamente composto da 27 membri, senza possibilità di rielezione
immediata, ed è incompatibile con quella di parlamentare o di consigliere regionale.
Il CSM è competente in ordine all’adozione di tutti i provvedimenti che riguardano la
carriera e lo status dei magistrati ordinari.
Le decisioni riguardanti l’avvio di un procedimento nei confronti di un magistrato
spettano all’apposita sezione disciplinare che proporrà poi la decisione all’intero
collegio.
La responsabilità disciplinare opera in caso di violazione dei doveri connessi al
corretto esercizio della funzione giurisdizionale, e precisamente i magistrati ordinari
rispondono di ogni comportamento, assunto in ufficio o fuori in violazione dei
propri doveri.
I magistrati ordinari oltre alla responsabilità disciplinare sono soggetti anche a quella civile
e penale.
· La responsabilità civile ha un regime particolare in quanto il privato danneggiato può
chiedere il risarcimento allo Stato.
· In caso di responsabilità penale opera solo nei casi di reati commessi nell’esercizio
delle funzioni.
Gli atti del CSM assumono la veste di decreti del Presidente della Repubblica e sono
sottoposti al sindacato del giudice amministrativo quando vengono impugnati con
apposito ricorso giurisdizionale.
· Il giudice competente è il TAR del Lazio e in appello il consiglio di Stato.
· Per quanto riguarda i provvedimenti disciplinari sono impugnabili davanti alle
sezioni unite della Corte di cassazione.
IL PRINCIPIO AUTONOMISTA.
Nell’art. 5 della Costituzione vengono affermati:
1) il principio di Unità ed indivisibilità della Repubblica
2) il principio del decentramento dei poteri
3) principio di promozione e del riconoscimento delle autonomie locali (province ,
regioni , comuni)
LA CONFERENZA STATO-REGIONE .
Il “sistema delle Conferenze” costituisce il principale strumento con cui si svolge la “leale
collaborazione” tra Stato, Regioni e autonomie locali.
Tra i congegni più rilevanti per assicurare l'attuazione del principio dì leale collaborazione
ed il raccordo tra Stato e Regioni, vi è la Conferenza permanente per i rapporti tra lo
Stato, le Regioni e le Province autonome di Trento e Bolzano (la c.d. “ Conferenza Stato-
Regioni"), a cui è stata affiancata dalla Conferenza Stato, Città e autonomie locali:
· per le materie ed i compiti di interesse comune, le due Conferenze sono riunite
insieme nella Conferenza unificata.
Queste Conferenze, presiedute dal Presidente del Consiglio, o da un ministro da lui
delegato, e sono formate da alcuni ministri e dai Presidenti delle Regioni (la
Conferenza Stato-Regioni)ovvero dai rappresentati degli enti locali (la Conferenza
delle autonomie locali).
Esse sono sedi di confronto tra il Governo e le istituzioni regionali e locali, coinvolte
nell’elaborazione del contenuto di alcuni atti del Governo che incidono sugli interessi e le
competenze delle Regioni.
31. IL REFERENDUM
IL REFERENDUM ABROGATIVO.
- tra i tipi di referendum, solo quello abrogativo_costituisce un’autonoma fonte di
Diritto la stessa Corte Costituzionale ha definito il referendum conclusosi con esito
favorevole all’abrogazione => atto dello stesso rango della legge ordinaria
il r. abrogativo -> dispone della capacità di innovare il diritto in negativo, in quanto
abroga disposizioni preesistenti di legge o di atti aventi forza di legge
Il fatto che con il referendum si possono eliminare e non aggiungere disposizioni, non
significa che non si possono introdurre norme nuove.
Infatti _sottraendo singole parole dal testo normativo, si producono significati
diversi da quelli originari.
Iniziativa:
da 500.000 elettori o 5 consigli regionali.
Promotori, almeno 10 devono presentarsi (muniti di certificato di iscrizione nelle liste
elettorali), nella cancelleria della Corte di Cassazione, indicando la legge o l’articolo di
legge, in ordine al quale si intende promuovere la raccolta firme.
La cancelleria , preso atto con verbale, provvede a darne notizia nella Gazzetta Ufficiale.
Controllo di legittimità :
Entro il 31 ottobre, l’ufficio centrale, deve rilevare con ordinanza le eventuali irregolarità
delle singole richieste.
L’ufficio assegna quindi un termine ai presentatori (entro il 20 novembre), per sanare
eventuali regolarità o per presentare memorie per contestarne l’esistenza.
Scaduto tale termine (20 novembre) _ e non oltre il 15 dicembre, l’ufficio decide con
ordinanza.
Indizione :
Per le richieste ammesse, il Presidente della Repubblica, su deliberazione del consiglio
dei Ministri, indice il referendum, fissando la convocazione degli elettori in una delle
domeniche comprese tra il 15 aprile e il 15 giugno.
Nel caso di scioglimento delle Camere _ il referendum già indetto, si intende
automaticamente sospeso, e il prosieguo riprenderà dal 365esimo giorno successivo alla
data delle elezioni.
Votazione e scrutinio :
stesse modalità delle elezioni politiche
Proposta soggetta a referendum è approvata se :
· ha partecipato alla votazione, la maggioranza degli aventi diritto
· e sia stata raggiunta , la metà più uno dei voti validamente espressi (non tenendo
conto di schede bianche o nulle)
In particolare:
- tali limiti dettati dalla legge di delega, i decreti non devono essere vaghi e
indeterminati.
- Non può essere delegato al governo, il compito di emanare atti che costituiscono
approvazione , conversione etc.. di atti del Governo medesimo
· Non possono costituire oggetto di delega_ la conversione dei decreti legge ,
l’approvazione del bilancio o l’autorizzazione alla ratifica dei trattati internazionali
- no delega per materie che debbono essere disciplinate con legge costituzionale. (per
esse èprevisto il procedimento ex art. 138)
- la legge di delegazione deve essere discussa ed approvata dall’Assemblea plenaria di
ciascuna camera.
Il parlamento può concedere la delega in materie coperte da riserva di legge.
I DECRETI LEGGE.
I decreti legge sono provvedimenti provvisori con forza di legge che possono essere
adottati dal governo ex art. 77 Cost., in casi straordinari di necessità e urgenza.
- Sono deliberati dal consiglio dei ministri
- E sono emanati con decreto del presidente della Repubblica
Devono contenere l’indicazione delle circostanze straordinarie di necessità e di
urgenza che ne hanno determinato l’emanazione.
I decreti legge _ sono pubblicati nella Gazzetta Ufficiale, immediatamente dopo la loro
emanazione.
- Entrano in vigore, il giorno stesso dalla pubblicazione, in via provvisoria, salva ratifica
del parlamento.
I decreti legge devono essere presentati alle Camere per la conversione in legge, nel
giorno stesso della loro pubblicazione.
- entro 5 giorni da tale data, le camere, anche se sciolte, si devono riunire per l’esame
del decreto.
La conversione dei decreti , in legge, deve avvenire entro 60 giorni, ad opera delle
Camere, pena
la perdita di efficacia ex tunc, cioè come se non fossero mai state adottati.
La Corte Costituzionale con sentenza 128/2008 ha chiarito il significato dei
presupposti per l’emanazione del decreto legge; in particolare:
straordinarietà_ è intesa come assoluta imprevedibilità delle circostanze in presenza
delle quali si utilizza il decreto legge
necessità_ intesa come assoluta impossibilità di ricorrere ad uno strumento
normativo diverso.
urgenza_ da intendersi come immediata applicabilità delle norme poste dal decreto.
REGOLAMENTI.
L’art. 288 TFUE (Testo sul funzionamento dell’Unione Europea) recita testualmente :
- il regolamento ha portata generale. Esso è obbligatorio in tutti i suoi elementi ed è
direttamente applicabile in ciascuno degli Stati membri.
Caratteristiche del regolamento:
· portata generale_ destinato a produrre i propri effetti nei confronti di un numero
indeterminato di destinatari
· carattere obbligatorio in tutti i suoi elementi
· diretta applicabilità in ciascuno Stato membro. _ sono idonei ad imporre obblighi
ai singoli Stati , ai loro organi ed ai privati, senza bisogno di atti di recepimento.
DIRETTIVE.
Ex art. 288 TFUE _ la direttiva vincola lo Stato membro al risultato da raggiungere, ma
attribuisce la competenza agli organi nazionali in merito alla forma e ai mezzi da utilizzare.
La Cassazione con sentenza del 2011, ha stabilito che il cittadino danneggiato dalla
mancata attuazione di una direttiva, ha diritto al risarcimento del danno.
· in caso di mancata attuazione totale, azione di risarcimento è imprescrittibile
· nel caso di attuazione parziale, il risarcimento si prescrive in 10 anni.
Quando la direttiva non si limita ad enunciare principi e criteri generali, ma presenta
contenuto dettagliato, si parla di direttiva dettagliata o self executing , che limita alla
solita scelta della forma giuridica (legislativa o amministrativa) dell’atto di recepimento.
DECISIONI.
Sempre 288 TFUE _ la decisione è obbligatoria in tutti i suoi elementi.
Se designa destinatari, è obbligatoria soltanto nei confronti di questi.
· le decisioni che non designano destinatari, sono pubblicati in gazzetta ufficiale
dell’Unione Europea ed entrano in vigore alla data stabilita, ed in mancanza, il 20° giorno
successivo alla pubblicazione
· se le decisioni, designano destinatari, vengono a questi notificati, e acquistano efficacia
in virtù di tale notificazione
RACCOMANDAZIONI E PARERI.
Trattasi di atti sforniti di efficacia .
Raccomandazioni_ costituiscono esortazioni e moniti ai singoli Stati membri
Parere_ espressione di un’opinione su una data questione.
SENTENZE DELLA CORTE DI GIUSTIZIA DELL’UNIONE EUROPEA.
Ex art. 267 TFUE, la Corte di Giustizia dell’Unione Europea è competente a
pronunciarsi in via pregiudiziale:
(a) sull’interpretazione dei trattati
(b) sulla validità ed interpretazione degli atti delle istituzioni dell’UE.
Tale organo è un interprete qualificato del diritto comunitario, nel senso che ne precisa
autoritativamente il significato con le proprie sentenze e ne determina l’ampiezza e
l’ambito di applicazione.
· il nostro Paese , deve quindi tener conto delle possibili condanne che potrebbero
scaturire da procedure di infrazioni ancora in corso e non giunte alla fase contenziosa
dinnanzi all’organo giurisdizionale dell’UE.
La corte dei conti è un organo dello Stato, presente in vari ordinamenti, con funzioni
giurisdizionali e amministrative di controllo in materia di entrate e spese pubbliche.
La corte dei conti è prevista dalla costituzione ed appartiene al potere giudiziario, anche
se, come si è detto:
⇒ è investita tanto di funzioni giurisdizionali (giurisdizione contabile), in relazione alle
quali è giudice speciale,
⇒ quanto di funzioni amministrative di controllo.
EX art. 100 Cost., La corte dei Conti esercita il controllo preventivo della legittimità
sugli atti del Governo, e anche quello successivo sulla gestione del bilancio dello
Stato.
Partecipa, nei casi e nelle forme stabilite dalla legge, al controllo sulla gestione
finanziaria degli enti a cui lo Stato contribuisce in via ordinaria.
Riferisce direttamente alle Camere sul risultato del riscontro eseguito.
Ex art. 103 _ la Corte dei Conti ha giurisdizione nelle materie di contabilità pubblica e
nelle altre specificate dalla Legge.
35. EUROPOL
Organizzazione
Gli organi dell'Europol sono:
Ogni Stato membro è responsabile dei danni causati a una persona in seguito a dati
contenenti errori di diritto o di fatto, memorizzati o trattati presso l'Europol. La persona lesa
può chiedere un risarcimento promuovendo un'azione legale esclusivamente nei confronti
dello Stato membro nel quale si è verificato il danno.
In seguito all'entrata in vigore della convenzione, per consentire la creazione dell'Ufficio
europeo di polizia sono state adottate varie misure, riguardanti i diritti e i doveri degli
ufficiali di collegamento, le disposizioni di applicazione per gli archivi, il regolamento
interno dell'autorità comune di controllo, lo statuto del personale, la normativa per la
salvaguardia della segretezza, il regolamento finanziario, l'accordo relativo alla sede, il
protocollo sui privilegi e sulle immunità e gli accordi sui privilegi e sulle immunità degli
ufficiali di collegamento.
In tal modo, l'Europol ha potuto iniziare le proprie attività il 1º luglio 1999, sostituendo da
quella data l'unità Droghe di Europol costituita provvisoriamente nel1995.
La convenzione in oggetto è aperta all'adesione di ogni Stato che divenga membro
dell'Unione europea.
36. ACCORDO DI SCHENGEN
Con la convenzione di Schengen si fa riferimento a un trattato (le operazioni per la
preparazione del quale si svolsero nell'arco degli anni 1985-95) che coinvolge sia alcuni
Stati membri dell'Unione europea sia Stati terzi.
Gli accordi, inizialmente nati al di fuori della normativa UE, ne divennero parte con
il Trattato di Amsterdam, e vennero integrati nel Trattato sull'Unione europea (meglio noto
come Trattato di Maastricht).
Gli Stati membri che non fanno parte dell'area "Schengen" (nome con cui i Paesi
membri del trattato in questione indicano l'insieme dei territori su cui il trattato stesso è
applicato) sono il Regno Unito e l'Irlanda, in base a una clausola di opt-out.
Gli stati terzi che partecipano a Schengen
sono Islanda, Norvegia, Svizzera e Liechtenstein: fra questi stati e gli stati dell'Unione
europea sono ancora possibili controlli doganali per le merci e IVA.
Complessivamente, 26 stati europei aderiscono quindi allo Spazio
Schengen (o Zona Schengen). Inoltre quattro (Cipro, Romania, Bulgaria, Croazia)
non hanno ancora attuato nella pratica tutti gli accorgimenti tecnici necessari per
aderire all'area Schengen, e pertanto, in via provvisoria, mantengono tuttora i controlli
alla frontiera. Discorso in qualche modo opposto per altri 3 Stati. Uno, Monaco, fa
parte dell'Area Schengen tramite la Francia. Altri 2 (San Marino e Vaticano) fanno
parte di Schengen di fatto in concomitanza con l'entrata in vigore degli Accordi di
Schengen in Italia: con essi il numero degli Stati in cui c'è Schengen sale a 29.
Storia
Si può definire la convenzione di Schengen come una cooperazione rafforzata all'interno
dell'Unione europea. L'accordo fu firmato a Schengen il 14 giugno 1985 fra il Benelux,
Francia e Germania con il quale si intendeva eliminare progressivamente i controlli alle
frontiere comuni e introdurre un regime di libera circolazione per i cittadini degli Stati
firmatari, degli altri Stati membri della Comunità o di Paesi terzi.
La convenzione di Schengen completa l'accordo e definisce le condizioni di applicazione e
le garanzie inerenti all'attuazione della libera circolazione, firmata il 19 giugno 1990 dagli
stessi cinque Stati membri e successivamente entrata in vigore solo nel 1995.
Sia l'accordo e sia la convenzione di Schengen con tutte le regole adottate sulla base dei
due testi e gli accordi connessi formano "l'acquis di Schengen". Dal 1999, l'acquis di
Schengen è integrato nel quadro istituzionale e giuridico dell'Unione europea in virtù di un
protocollo allegato al trattato di Amsterdam.
Gli accordi di Schengen sono stati estesi nel tempo agli altri Stati membri: l'Italia ha firmato
gli accordi nel 1990, la Spagna e il Portogallo nel 1991, la Grecia nel 1992, l'Austria nel
1995 e la Finlandia, la Svezia e laDanimarca (attraverso un adattamento dello statuto
particolare) nel 1996. L'Irlanda e il Regno Unitopartecipano, dal canto loro, solo
parzialmente all'acquis di Schengen, in quanto sono stati mantenuti i controlli alle loro
frontiere.
Per quanto riguarda l'eliminazione dei controlli alle frontiere degli Stati dell'UE che hanno
aderito all'acquis di Schengen devono attendere la decisione del Consiglio dell'Unione
europea.
Anche due paesi terzi, l'Islanda e la Norvegia, fanno parte dello spazio di Schengen
dal 1996. La loro partecipazione al processo decisionale è tuttavia limitata. La Svizzera ha
aderito per le frontiere di terra il 12 dicembre 2008. Il Liechtenstein ha aderito il 19
dicembre 2011.
hanno leggi di immigrazione (in particolare il Regno Unito) differenti e molto più
permissive rispetto al resto d'Europa;
gli organismi di controllo dei passaporti non sono forze di polizia (sono personale
civile con poteri limitati), le frontiere esterne Schengen devono essere gestite da
polizia o polizia militare;
i due paesi applicano già il Common Travel Area che rimuove le frontiere tra di loro.
Se uno di loro volesse aderire al Trattato di Schengen dovrebbero rinegoziare tale
accordo;
la questione legata alla sovranità sulle Isole del Canale e l'isola di Man (non fanno
parte del Regno Unito, ma sono una dipendenza della Corona britannica. Il libero
mercato è solo con il Regno Unito);
entrambi i Parlamenti hanno avuto una certa ostilità sul funzionamento di
Schengen.
Due microstati (San Marino e lo Stato della Città del Vaticano) non hanno firmato il
trattato, ma aderiscono indirettamente all'accordo in quanto non hanno barriere doganali
con l'Italia. Però la Santa Sede ha espresso il desiderio di firmare il trattato ed entrare così
nell'accordo ufficialmente.
Obiettivi
Abolizione dei controlli sistematici delle persone alle frontiere interne dello spazio
Schengen.
Rafforzamento dei controlli alle frontiere esterne dello spazio Schengen.
Collaborazione delle forze di polizia e possibilità per esse di intervenire in alcuni
casi anche oltre i propri confini (per esempio durante gli inseguimenti di malavitosi).
Coordinamento degli stati nella lotta alla criminalità organizzata di rilevanza
internazionale (per esempio mafia, traffico d'armi, droga, immigrazione clandestina).
Integrazione delle banche dati delle forze di polizia (il Sistema di informazione
Schengen, detto anche SIS).
Organismi
La cooperazione intergovernativa era gestita da un Comitato Esecutivo, dotato di
Segretariato. La firma del Trattato di Amsterdam nel 1997 ha portato all'integrazione degli
accordi di Schengen nell'Acquis comunitario, attraverso un protocollo addizionale. Dal 1º
maggio 1999quindi il Consiglio dell'Unione europea è subentrato al comitato esecutivo
istituito dagli accordi di Schengen. Dal 1999 quindi, gli Stati che divengono membri
dell'Unione europea sono vincolati a recepire nella totalità l'acquis di Schengen, sebbene
le sue disposizioni vengano applicate gradatamente.
In Italia l'organo preposto al controllo sull'attuazione dell'accordo di Schengen è
il Comitato parlamentare di controllo sull'attuazione dell'accordo di Schengen, di vigilanza
sull'attività di Europol, di controllo e vigilanza in materia di immigrazione.
Entrata in vigore
L'entrata in vigore di questi accordi è stata graduale, in quanto dovevano essere rispettati
da parte degli Stati aderenti precisi requisiti sia normativi che tecnici.
Il 21 dicembre 2007 sono entrati nello spazio Schengen nove dei dieci paesi entrati nella
UE nel 2004 (resta fuori Cipro). A partire da tale data sono stati quindi rimossi i controlli di
frontiera terrestri e marittimi mentre quelli negli aeroporti sono stati mantenuti fino al 30
marzo 2008. Tale proroga è stata concessa per dar modo di riorganizzare gli scali aerei.
L'eliminazione di ogni controllo di dogana sarà oggetto di ulteriori determinazioni dei
ministri degli interni dei paesi UE. Mancano all'appello anche Romania e Bulgaria entrati
nell'Unione europea nel 2007.
La Svizzera, che non fa parte dell'Unione Europea, ha aderito al trattato nel 2004 e, dopo
ripetuti rinvii, è entrato in vigore il 12 dicembre 2008 (per i confini terrestri) e il 29
marzo 2009 (per gli aeroporti)[2]. Il Liechtenstein, che aveva il confine con la Svizzera
aperto, ha firmato gli accordi per poter mantenere tale situazione [3]. Il 28 febbraio 2008 ha
firmato un accordo per la sua integrazione formale nello spazio Schengen, ratificato nel
marzo 2011. Dopo un processo di valutazione, la sua adesione è avvenuta il 19 dicembre
2011.
Islanda e Norvegia non fanno parte dell'Unione Europea, ma insieme a Danimarca,
Finlandia e Svezia fanno parte dell'Unione nordica dei passaporti che aderisce allo spazio
Schengen.
ORGANIZZAZIONI INTERNAZIONALI.
- sono associazioni di Stati che perseguono interessi comuni a tutti i loro membri.
Art. 10_ esprime la volontà della Repubblica di aprirsi alla comunità internazionale,
impegnandosi a produrre, nel proprio ordinamento interno, disposizioni in tutto e per
tutto coincidenti con le norme internazionali riconosciute dalla comunità degli Stati.
La Corte Costituzionale ha precisato che in caso di conflitti fra norme internazionali e
norme costituzionali _ l’interprete deve procedere alla loro armonizzazione in virtù dei
seguenti principi:
· il diritto internazionale preesistente alla costituzione _prevale su di essa
· il diritto internazionale successivo alla Costituzione _non può intaccare né alterare i
principi fondamentali dell’ordinamento.
Art. 11 prevede:
- il rifiuto alla guerra come strumento di offesa alla libertà altrui e come mezzo di
risoluzione delle controversie internazionali
- la limitazione, in condizione di parità con gli altri Stati, della propria sovranità al fine
di favorire un ordinamento che assicuri la pace e la giustizia fra le Nazioni.
- La promozione e il sostegno alle organizzazioni internazionali che abbiano quale
scopo la pace e la giustizia.
L’UNIONE EUROPEA
L'Unione europea (abbreviata in UE o Ue) è un'unione economica e politica di carattere
sovranazionale, che comprende 28 paesi membri indipendenti e democratici
del continente europeo, che hanno ceduto parte della loro sovranità agli organismi
comunitari. La sua formazione sotto il nome attuale risale al trattato di Maastricht del 7
febbraio 1992 (entrato in vigore il 1º novembre 1993), al quale tuttavia gli stati aderenti
sono giunti dopo il lungo cammino delle Comunità europee precedentemente esistenti[13].
L'Unione attualmente consiste in una zona di libero mercato, detto mercato
comune (unione economica), caratterizzata in parte da una moneta unica, l'euro,
regolamentata dalla Banca centrale europea (BCE) e attualmente adottata da 18 dei 28
stati membri (unione economica e monetaria o Eurozona), dando vita nel suo complesso
all'unione economica e monetaria dell'Unione europea; essa presenta inoltre un'unione
doganale nata già con il trattato di Roma del 1957, ma completata fra i paesi aderenti agli
accordi di Schengen, che garantiscono ai loro cittadini libertà di movimento, lavoro e
investimento all'interno degli stati membri. L'Unione presenta, inoltre, una politica agricola
comune, una politica commerciale comune e una politica comune della pesca. Esistono
anche meccanismi di coordinamento comunitario sulla politica estera e di difesa.
L'Unione europea non è una semplice organizzazione intergovernativa (come le Nazioni
Unite) né una federazione di Stati (come gli Stati Uniti d'America), ma un organismo sui
generis, alle cui istituzioni gli stati membri delegano parte della
propria sovranità nazionale. Le sue competenze spaziano dagli affari esteri alla difesa,
alle politiche economiche, all'agricoltura, al commercio e alla protezione ambientale. In
alcuni di questi campi le funzioni dell'Unione europea la rendono simile a
una federazione di stati (per esempio, per quanto riguarda gli affari monetari o le politiche
ambientali); in altri settori, invece, l'Unione è più vicina a una confederazione (per
esempio, per quanto riguarda gli affari interni) o a un'organizzazione politica
sovranazionale (come per la politica estera).
Gli organi principali dell'Unione comprendono il Consiglio (denominazione che ha sostituito
quella di "Consiglio dei ministri" da parte del trattato di Maastricht), la Commissione,
la Corte di giustizia, ilParlamento, il Consiglio europeo e la Banca centrale europea.
L'istituzione dell'Europarlamento risale al1952[14] e dal 1979 i suoi membri sono
democraticamente eletti, in tutti i territori dell'Unione, a suffragio universale, per una durata
in carica di cinque anni. Oggi l'UE è considerata una potenza leader in un mondo
multipolare.
Il 12 ottobre 2012 è stata insignita del premio Nobel per la pace, con la seguente
motivazione: «per oltre sei decenni ha contribuito all'avanzamento della pace e della
riconciliazione della democrazia e dei diritti umani in Europa».[15]
Status giuridico
L'Unione europea ha gradualmente acquisito numerose prerogative tipiche di una
federazione, con il progressivo trasferimento di poteri e di sovranità dagli Stati membri agli
organismi comunitari. Essa si fonda tuttora su trattati internazionali recepiti a livello interno
da tutti gli Stati membri, ma ha assunto personalità giuridica propria.
Attualmente essa si basa su due trattati fondativi: il trattato sull'Unione europea (TUE;
detto anche "Trattato di Maastricht") e il trattato sul funzionamento dell'Unione
europea (TFUE; detto anche "Trattato di Roma"). A questi si aggiungono il trattato di
Amsterdam del 1997, i "protocolli allegati ai Trattati" e laCarta dei diritti fondamentali
dell'Unione europea il cui valore vincolante è stato deciso proprio dal trattato di Maastricht
all'art.6, equiparandone il contenuto al valore giuridico dei trattati stessi nonché, secondo
invece il Titolo VII della stessa Carta di Nizza, ai diritti costituzionali nazionali e a quelli
Fondamentali citati nella Convenzione europea del 1950.
Il problema della definizione dell'attuale status giuridico dell'Unione sfociò, il 29
ottobre 2004, nella firma, a Roma, del Trattato che adotta una Costituzione per l'Europa,
comunemente noto come Costituzione europea. Tale testo ribadiva la possibilità di
una cooperazione rafforzata per la promozione di iniziative di integrazione tra gruppi di
paesi, già prevista nel trattato di Amsterdam e in quello di Nizza.
Un nuovo trattato era stato richiesto dal Consiglio europeo attraverso la Dichiarazione di
Laeken poiché il funzionamento delle istituzioni comuni, era ritenuto inadatto alla
coesistenza di ben 28 stati membri, ciascuno dei quali con diritto di veto in aree
fondamentali della politica comune.
Il processo di ratifica della Costituzione venne, tuttavia, interrotto il 29 maggio 2005 con
un referendum popolare in cui il 54,7% dell'elettorato francese ha scelto di non
sottoscrivere il Trattato; pochi giorni dopo, il 1º giugno, anche la popolazione dei Paesi
Bassi si dichiarò contraria all'introduzione del Trattato (con il 61,6% dei voti). Sebbene 18
stati membri avessero recepito il documento, prevalentemente per via parlamentare, la
c.d. Costituzione europea non entrò in vigore.
Dopo il "periodo di riflessione" durato due anni, il cancelliere tedesco Angela
Merkel decise di rilanciare il processo di riforma con la Dichiarazione di Berlino del 25
marzo 2007, in occasione dei 50 anni dell'Europa unita, in cui venne espressa la volontà di
sciogliere il nodo entro pochi mesi al fine di consentire l'entrata in vigore di un nuovo
trattato nel 2009, anno delle elezioni del nuovo Parlamento europeo.
Si svolse, così, sotto la presidenza tedesca dell'Unione il vertice di Bruxelles tra il 21 e il
23 giugno 2007 nel quale si arrivò a un accordo sul nuovo trattato di riforma. L'accordo
recepiva gran parte delle innovazioni contenute nella cosiddetta Costituzione, anche se
con alcune modifiche al fine di rendere meno evidente il carattere per così dire
"costituzionale" del vecchio testo, pur ribadendo pressoché tutti i meccanismi introdotti con
il predetto testo, e in più aggiungendo la facoltà per alcuni paesi di "chiamarsi fuori" da
politiche comuni.
Dopo la conclusione della conferenza intergovernativa che finalizzò il nuovo testo,
il trattato di Lisbona venne approvato al Consiglio europeo del 18 e 19
ottobre 2007 proprio in tale città e firmato il 13 dicembre dai capi di Stato e di governo. Il
trattato è stato ratificato da quasi tutti gli stati firmatari, prevalentemente per via
parlamentare, nel corso del 2008. La mancata ratifica da parte dell'Irlanda in seguito ad
apposito referendum confermativo, così come richiesto dalla Costituzione irlandese, non
ha permesso di farlo entrare in vigore entro le elezioni europee del 2009. È stato, pertanto,
convocato un secondo referendum in Irlanda il 2 ottobre 2009, in cui il trattato è stato
approvato con oltre il 67% dei voti[16]. Dal 3 novembre 2009, data del sì definitivo della
Repubblica Ceca, tutti gli stati membri hanno ratificato il trattato [17][18], entrato in vigore il 1º
dicembre 2009[19].
Competenze dell'Unione europea
Il trattato di Lisbona definisce in maniera precisa le competenze dell'Unione distinguendo
tra:
Organismi consultivi
Organismi finanziari
Sono FONTI DEL DIRITTO _ tutti gli atti o i fatti dai quali traggono origine le norme
giuridiche.
ANTINOMIE.
- con tale termine, si indicano i contrasti che si creano fra norme che disciplinano una
medesima fattispecie in modo diverso.
L’esigenza di certezza del diritto, impone che le antinomie vengano risolte attraverso
l’applicazione di una serie di criteri che consentano di individuare l’unica norma da
applicare al caso concreto.
3) le fonti internazionali
vale a dire le norme recepite dall’ordinamento costituzionale in ragione dell’appartenenza
dell’Italia alla Comunità internazionale.
5) le fonti regionali
- Statuti regionali
- Leggi regionali
- Regolamenti regionali
6) le fonti locali
- statuti comunali
- statuti provinciali
- regolamenti comunali e provinciali.
39. GLI ENTI TERRITORIALI
Nell'ordinamento italiano sono enti territoriali, ossia enti pubblici che hanno il territorio tra
i loro elementi costitutivi:
i comuni;
le province;
le città metropolitane;
le regioni.
Secondo il citato art. 114 "I Comuni, le Province, le Città metropolitane e le Regioni sono
enti autonomi con propri statuti, poteri e funzioni secondo i princìpi fissati dalla
Costituzione".
Le regioni trovano la loro disciplina nella Costituzione e nei rispettivi statuti che, in armonia
con la Costituzione, ne determinano la forma di governo e i principi fondamentali di
organizzazione e funzionamento. Le regioni sono dotate di autonomia statutaria,
legislativa e regolamentare. Il Friuli-Venezia Giulia, laSardegna, la Sicilia, il Trentino-Alto
Adige e la Valle d'Aosta dispongono di forme e condizioni particolari di autonomia,
secondo i rispettivi statuti speciali adottati con legge costituzionale (sono le
cosiddette regioni a statuto speciale)
Le città metropolitane, le province e i comuni, sono invece disciplinati dalla Costituzione e,
per quanto attiene la legislazione elettorale, gli organi di governo e le funzioni
fondamentali, dalla legge statale (attualmente il D.lgs. 18 agosto 2000, n. 267, Testo unico
delle leggi sull'ordinamento degli enti locali), nonché dai rispettivi statuti, che, nell'ambito
dei principi fissati dal predetto testo unico, stabiliscono le norme fondamentali
dell'organizzazione dell'ente. Tali enti sono dotati di autonomia statutaria e regolamentare.
Fanno eccezione le province autonome di Trento e Bolzano che hanno la loro disciplina
nello statuto regionale del Trentino-Alto Adige e dispongono di particolare autonomia,
anche legislativa.
Da quanto detto emerge la contrapposizione tra le regioni (e le province autonome di
Trento e Bolzano), da una parte, e gli altri enti territoriali dall'altra, giacché solo le prime
sono dotate di autonomia legislativa. Va peraltro rilevato che anche comuni, province e
città metropolitane, pur mancando di autonomia legislativa, dispongono di una rilevante
autonomia nel definire il proprio indirizzo politico (cosiddetta autonomia politica), che può
quindi divergere da quello dello stato (o della regione); anch'essi, pertanto, come le
regioni, appartengono alla categoria degli enti autonomi.
gli ulteriori enti territoriali elencati nell'art. 2 del D.Lgs. 267/2000 e disciplinati dallo
stesso decreto legislativo, ossia le comunità montane, le comunità isolane, le unioni di
comuni e i consorzi fra enti territoriali;
gli enti locali, ma non territoriali, previsti da altre leggi statali, tra i quali si possono
annoverare le camere di commercio, industria, artigianato e agricoltura, le aziende
sanitarie locali, gli ordini professionali ed altri;
gli enti locali previsti da leggi regionali.
L’art. 119 della Costituzione riconosce e garantisce l’autonomia finanziaria, sia sul
versante delle entrate che su quello delle spese, a favore di Comuni, Province, Città
metropolitane, Regioni.
Questo riconoscimento significa che:
· i suddetti enti territoriali devono avere entrate proprie e il potere di concorrere a
determinarne la composizione e la quantità;
· devono poter stabilire liberamente come spendere le risorse di cui dispongono.
Al fine di garantire la piena attuazione dei principi contenuti nell’art. 119, attraverso la l.
42/2009, è stata data al Governo la delega in materia di federalismo fiscale.
Tale legge è volta ad assicurare autonomia di entrata e di spesa degli enti territoriali, e a
garantire i principi di solidarietà e di coesione sociale.
il consiglio regionale;
la giunta regionale;
il presidente della giunta regionale.
La regione è rappresentata dal presidente della giunta regionale (anche detto presidente
della regione) che dal 2000 viene eletto direttamente, a meno che lo statuto regionale non
preveda l’elezione da parte del Consiglio regionale. Se il presidente della regione viene
sfiduciato o si dimette volontariamente con effetti immediati o muore o è impedito
permanentemente il Consiglio regionale viene sciolto e vengono indette al più presto
nuove elezioni. Fino a che siano instaurati i nuovi organi della regione sono prorogati i
poteri dei precedenti organi per il compimento degli atti di ordinaria amministrazione.
La regione è dotata di un consiglio regionale, eletto dai cittadini maggiorenni residenti nella
regione. In Sicilia, regione autonoma, prende il nome di parlamento regionale e i suoi
membri sono detti deputati e non consiglieri. Il consiglio esercita il potere legislativo per le
materie che la Costituzione e gli statuti speciali per le regioni autonome demandano alla
potestà legislativa esclusiva o concorrente.
Le funzioni amministrative sono attribuite alla giunta regionale, formata
dagli assessori oltre che dal presidente della regione.
Questi sono organi necessari delle regioni, per cui gli statuti e le leggi regionali non
possono disporre diversamente dal dettato costituzionale.
IL CONSIGLIO REGIONALE
Consiglio regionale è l’organo legislativo rappresentativo di ogni Regione, previsto
dall’art. 121 della Costituzione Italiana.
Il consiglio della Sicilia è invece chiamato dallo statuto speciale col nome di Assemblea
Regionale Siciliana o anche Parlamento Siciliano, e i suoi componenti hanno il rango
di deputati.
Il consiglio è un organo della Regione che, analogamente ad altri organi di rilevanza
costituzionale, dispone di personalità giuridica, regolamenti autonomi, un proprio bilancio
ed un proprio personale, distinti da quelli della Giunta regionale.
A livello nazionale i Consigli sono coordinati attraverso la Conferenza dei Presidenti delle
Assemblee Legislative delle Regioni e delle Province Autonome. A livello europeo, i
Presidenti dei Consigli regionali partecipano alla Conferenza delle Assemblee legislative
regionali europee – CALRE
Elezione
Con le legge costituzionale n°1/1999, ai sensi del rinnovato articolo 122 della Costituzione,
il sistema elettorale regionale è rimesso alla disciplina delle singole regioni nel rispetto dei
principi fondamentali stabiliti dalla legge dello Stato.
I Consiglieri sono eletti dai cittadini italiani residenti nella regione che siano maggiorenni
entro il primo giorno dell’elezione; sono eletti senza alcun vincolo di mandato.
È previsto un sistema di elezione proporzionale con premio di maggioranza (introdotto con
la legge 43/1995, valida per le regioni ordinarie), per cui è stabilito un premio variabile di
un certo numero di consiglieri, il cui effetto è quello di attribuire alla coalizione dei partiti
vincente sempre la maggioranza dei consiglieri in seno al Consiglio regionale.
La carica di consigliere regionale è inoltre incompatibile con quella
di deputato, senatore o eurodeputato (art. 122 Cost.), anche se poi la legge ordinaria
concede tre mesi per optare fra queste cariche.
Scioglimento
Il Consiglio regionale può essere sciolto (Art. 126 della costituzione):
Composizione
I Consigli Regionali, per le regioni a statuto ordinario, sono composti da un minimo di 20
ad un massimo di 80 consiglieri, secondo quanto stabilito dai singoli statuti regionali.
Il decreto legge approvato dal Governo il 12 agosto 2011 prevede che il numero massimo
di consiglieri, escluso il presidente, dovrà essere uguale o inferiore a:
20 per le Regioni con una popolazione fino a un milione di abitanti;
uguale o inferiore a 30 per le Regioni con una popolazione fino a due milioni di abitanti;
uguale o inferiore a 40 per le Regioni con una popolazione fino a quattro milioni di
abitanti;
uguale o inferiore a 50 per le Regioni con popolazione fino a sei milioni di abitanti;
uguale o inferiore a 70 per le Regioni con una popolazione fino ad otto milioni di
abitanti;
uguale o inferiore a 80 per le Regioni con una popolazione superiore ad otto milioni di
abitanti.
Organizzazione
Conferenza dei capigruppo, costituita dai rappresentanti dei vari gruppi consigliari,
è presieduta dal presidente del Consiglio; ha lo scopo di coordinare e programmare i
lavori del Consiglio e delle commissioni regionali.
Funzioni
Le funzioni del Consiglio regionale si suddividono in funzioni:
legislative
amministrative
di controllo
di indagine e d’inchiesta
di indirizzo politico
La maggior parte degli statuti delle regioni ordinarie attribuisce al Consiglio il potere di
determinare l’indirizzo politico ed amministrativo della regione.
GIUNTA REGIONALE
Elezione
I membri della giunta sono nominati dal presidente della Regione, il quale li può scegliere
sia tra componenti eletti al Consiglio regionale sia tra persone non elette a far parte del
Consiglio.
La giunta, in quanto nominata dal presidente della Regione, non deve più ottenere la
fiducia del Consiglio regionale.
Gli statuti regionali possono disporre diversamente.
Mandato
La Giunta, in virtù del rapporto fiduciario con il presidente della Regione, rimane in carica
per il tempo in cui rimane in carica il presidente. Nei casi normali la Giunta rimane in carica
per i cinque anni della legislatura regionale.
In tutti i casi di revoca o decadenza del mandato del presidente della Regione (mozione di
sfiducia, impedimento permanente, morte, dimissioni), la giunta decade e con essa anche
il consiglio regionale, (secondo il noto principio del Simul stabunt vel simul cadent)
(vedi art. 126 della Costituzione).
Il presidente della Regione può revocare la delega ai componenti della giunta,
singolarmente o complessivamente, come stabilito dall’art. 122 della Costituzione.
Funzioni
La Giunta ha delle funzioni proprie, distinte da quelle attribuite al presidente della Regione
e da quelle da questo delegate ai singoli assessori, considerati come vertici degli uffici
regionali.
L’attività della Giunta è coordinata dal presidente della Regione e ha competenze di tipo
legislativo, esecutivo e amministrativo.
Ha competenze esecutive in merito alle leggi e alle deliberazioni del Consiglio.
Per quelle di tipo amministrativo spetta alla Giunta la predisposizione:
Spetta sempre alla Giunta coordinare l’attività degli uffici regionali, al cui capo sono posti i
singoli assessori secondo le specifiche competenze. La Giunta amministra il patrimonio
dell’ente-Regione.
Tra quelle di tipo legislativo, la Giunta ha il potere di iniziativa legislativa, in quanto può
predisporre dei disegni di legge regionale da presentare all’approvazione del Consiglio;
inoltre spetta alla Giunta definire i regolamenti regionali. La giunta, diversamente dal
Governo dello Stato, non può sostituirsi al Consiglio regionale, per cui non può produrre
né decreti legislativi né decreti-legge.
In alcune regioni, ad esempio Piemonte e Valle d’Aosta, la Giunta in caso di necessità e
urgenza può adottare deliberazioni che competono al Consiglio, fatto salvo che le stesse
devono poi essere ratificate dal consiglio entro la prima sessione di lavori.
Organizzazione
L’organizzazione della Giunta è definita dallo statuto della Regione.
Funzionamento
Il funzionamento della Giunta è definito dallo statuto della Regione. In generale la sua
attività si svolge in diverse fasi:
Elezione
L’art. 122 della Costituzione prevede che il sistema di elezione (e i casi di ineleggibilità e di
incompatibilità) del presidente sono disciplinati con legge della regione nei limiti dei
princìpi fondamentali stabiliti con legge statale, che stabilisce anche la durata degli organi
elettivi. Peraltro, secondo il 5° comma dello stesso articolo, il presidente della giunta
regionale, salvo che lo statuto regionale disponga diversamente, è eletto a suffragio
universale e diretto.
La legge 2 luglio 2004, n. 165, include tra i principi ai quali deve attenersi la legge
regionale:
la non immediata rieleggibilità allo scadere del secondo mandato consecutivo del
presidente della giunta regionale eletto a suffragio universale e diretto (art. 2);
la contestualità dell’elezione del presidente della giunta regionale e del consiglio
regionale, se il presidente è eletto a suffragio universale e diretto; la previsione, negli
altri casi, di termini temporali tassativi, comunque non superiori a novanta giorni, per
l’elezione del presidente e per l’elezione o la nomina degli altri componenti della giunta
(art. 4).
Ne segue che, sebbene la Costituzione mostri una chiara preferenza per l’elezione diretta,
è lasciata la possibilità alle singole regioni di optare per una diversa soluzione e, in
particolare, per l’elezione da parte del consiglio regionale, come avveniva prima della
riforma operata dalla legge costituzionale 22 novembre 1999, n. 1. Tale possibilità di
scelta va ricondotta alla previsione dell’art. 123 della Costituzione, secondo il quale lo
statuto regionale determina la forma di governo della regione. In effetti, l’elezione diretta
tende ad avvicinare la figura del presidente regionale a quella del presidente di
una repubblica presidenziale; viceversa, l’elezione da parte del consiglio regionale tende
ad avvicinarlo al primo ministro di un governo parlamentare.
Allo stato attuale la totalità degli statuti regionali ordinari ha optato per l’elezione diretta.
Quanto alle regioni a statuto speciale, in Valle d’Aosta e nel Trentino – Alto Adige il
presidente della regione è ancora eletto dal consiglio regionale, mentre nelle rimanenti è
eletto direttamente dalla popolazione.
L’art. 122, 2° comma, della Costituzione stabilisce che nessuno può appartenere a un
consiglio o a una giunta regionale e, contemporaneamente, ad una delle camere
del Parlamento, ad un altro consiglio o ad altra giunta regionale, oppure al Parlamento
europeo.
Mandato
Se eletto dai cittadini, il presidente della regione rimane in carica per l’intera durata della
legislatura, fissata in cinque anni (art. 5 della L. 165/2004). Tuttavia il mandato
presidenziale può cessare prima di tale termine in due casi, previsti entrambi dall’art. 126
della Costituzione.
Secondo il primo comma dell’art. 126 con decreto motivato del Presidente della
Repubblica sono disposti lo scioglimento del consiglio regionale e la rimozione del
presidente della giunta che abbiano compiuto atti contrari alla Costituzione o gravi
violazioni di legge. Lo scioglimento e la rimozione possono altresì essere disposti per
ragioni di sicurezza nazionale. Il decreto è adottato sentita una commissione di deputati e
senatori costituita, per le questioni regionali, nei modi stabiliti con legge statale. Si tratta,
dunque, di una misura eccezionale, volta a fronteggiare situazioni di particolare gravità
che, finora, non è mai stata adottata.
Il secondo comma dell’art. 126 stabilisce invece che il consiglio regionale può esprimere la
sfiducia nei confronti del presidente della giunta mediante mozione motivata, sottoscritta
da almeno un quinto dei suoi componenti e approvata per appello nominale a
maggioranza assoluta dei componenti. La mozione di sfiducia qui prevista è un istituto
tipico della forma di governo parlamentare, assente invece in quella presidenziale; la
Costituzione, tuttavia, prevede la sfiducia anche nel caso in cui lo statuto abbia optato per
l’elezione diretta del presidente, introducendo così una rilevante deviazione dal modello
presidenziale classico; d’altra parte, l’effetto della sfiducia è diverso a seconda della forma
di governo scelta, poiché, nel caso di elezione diretta del presidente, opera il
principio simul stabunt vel simul cadent, applicazione più stringente del concetto di sfiducia
distruttiva.
Tale principio è sancito sempre nell’art. 126 laddove prevede che l’approvazione della
mozione di sfiducia nei confronti del presidente della giunta eletto a suffragio universale e
diretto, nonché la rimozione, l’impedimento permanente, la morte o le dimissioni volontarie
dello stesso comportano le dimissioni della giunta e lo scioglimento del consiglio. In ogni
caso i medesimi effetti conseguono alle dimissioni contestuali della maggioranza dei
componenti il consiglio. Ne segue che, se lo statuto ha optato per l’elezione del presidente
da parte del consiglio regionale, la sfiducia costringe in presidente alle dimissioni, secondo
la tipica dinamica della forma di governo parlamentare; se, invece, lo statuto ha optato per
l’elezione a suffragio universale, la sfiducia determina la simultanea decadenza del
presidente e del consiglio regionale.
Funzioni
Secondo l’art. 121 della Costituzione il presidente della giunta rappresenta la regione;
dirige la politica della giunta e ne è responsabile; promulga le leggi ed emana i
regolamenti regionali; dirige le funzioni amministrative delegate dallo Stato alla regione,
conformandosi alle istruzioni del Governo della Repubblica. Ha, quindi, a livello regionale
un ruolo paragonabile a quello di capo del governo. In tutte le regioni il presidente è,
inoltre, membro del consiglio regionale.
Secondo l’art. 122 della Costituzione: “Il Presidente eletto nomina e revoca i componenti
della Giunta”.
Gli statuti regionali precisano le attribuzione delineate dai predetti articoli della
Costituzione, prevedendo altresì che il presidente presenta al consiglio regionale i disegni
di legge e gli altri provvedimenti di iniziativa della giunta; indice le elezioni regionali e i
referendum previsti dallo statuto; convoca e presiede la giunta, stabilendone l’ordine del
giorno; assegna ad ogni assessore funzioni ordinate organicamente per gruppi di materia
(le cosiddette “deleghe”) e dirime i conflitti di attribuzione tra gli stessi.
Nell’esercizio delle sue funzioni il presidente della regione adotta provvedimenti
amministrativi, solitamente in forma di decreto. Va tuttavia rammentato che, in virtù del
principio di separazione tra funzioni di indirizzo politico-amministrativo e di gestione, i
provvedimenti presidenziali, come quelli degli altri organi politici, non possono invadere
l’ambito delle funzioni di gestione, riservate ai dirigenti, salve le eccezioni espressamente
previste dalla legge. Per lo stesso motivo, il presidente non è più titolato a stipulare
contratti per la regione (mentre può stipulare gli accordi di programma, data la loro natura
politica); gli statuti regionali hanno invece generalmente conservato in capo al presidente
la rappresentanza processuale dell’ente.
Il presidente della giunta regionale è autorità sanitaria regionale. In questa veste, ai sensi
dell’art. 32 della legge n. 833/1978 e dell’art. 117 del D.Lgs. n. 112/1998, può anche
emanare ordinanze contingibili ed urgenti, con efficacia estesa all’intero territorio regionale
o parte di esso comprendente più comuni, in caso di emergenze sanitarie e di igiene
pubblica.
Regioni a statuto speciale
I presidenti delle regioni a statuto speciale hanno diritto di partecipare alle sedute
del Consiglio dei ministri in cui si trattano questioni riguardanti interessi che, distaccandosi
da quelli generali e comuni a tutte le regioni o ad una categoria di esse, si configurano
come propri delle rispettive regioni. Tuttavia, mentre i presidenti di Sardegna, Friuli
Venezia Giulia, Valle d’Aosta e Trentino-Alto Adige hanno solo voto consultivo,
al Presidente della Regione Siciliana è riconosciuto diritto di voto deliberativo e rango
di ministro (d.lgs 21 gennaio 2004, n. 35).
In alcune regioni a statuto speciale (Valle d’Aosta, Sicilia e Sardegna) il presidente è
anche investito di funzioni dell’autorità di pubblica sicurezza.
Il presidente della Sardegna fa parte della delegazione italiana all’Unione Europea o in
altre organizzazioni internazionali quando vi sono in gioco interessi rilevanti per la regione.
IL COMUNE
l comune, in Italia, è l'ente locale fondamentale, autonomo ed indipendente secondo i
princìpi consolidatisi nel Medioevo, e ripresi, in modo relativamente limitato,
dalla rivoluzione francese, previsto dall'art. 114 della Costituzione. Può essere suddiviso
in frazioni, le quali possono a loro volta avere un limitato potere consultivo grazie alle
consulte di frazione.
Amministrazione
Ogni comune appartiene a una provincia, ma la provincia non fa da tramite nei rapporti
con la regione e questa in quelli con lo Stato a livello gerarchico, poiché esso, essendo
dotato di personalità giuridica, può avere rapporti diretti con la Regione e con lo Stato e
anzi. Tutti gli enti locali sopra citati disciplinano, con proprio regolamento, in conformità
allo statuto, l'ordinamento generale degli uffici e dei servizi, in base a criteri di autonomia,
funzionalità ed economicità di gestione e secondo i principi di professionalità e
responsabilità.
I comuni possono ripartire il proprio territorio in circoscrizioni al fine di assicurare alla
popolazione una più diretta partecipazione all'amministrazione. Alla circoscrizione sono
delegati poteri che vanno al di là della mera funzione consultiva (per la quale possono
essere previsti nello statuto del comune, previsto ai sensi del decreto legislativo 267 del
2000, testo unico, ed introdotto dalla legge Bassanini, appositi comitati o consulte di
quartiere). La Legge Finanziaria del 2007 ha modificato i termini per la costituzione delle
circoscrizioni, rendendole obbligatorie in comuni con una popolazione superiore a 250.000
abitanti (non più 100.000) ed opzionali, invece, ove la popolazione è compresa tra 100.000
e 250.000 abitanti (prima l'intervallo era 30.000 - 100.000 abitanti)
Il comune ha come organi politici il consiglio comunale, la giunta comunale e il sindaco.
Roma Capitale
Dal 3 ottobre 2010 la capitale d'Italia è amministrata da un ente territoriale speciale,
chiamato Roma Capitale, che sostituisce il comune. L'ente ha poteri maggiori rispetto a un
comune e ha un proprio statuto che ne determina i principî e l'ordinamento.
CONSIGLIO COMUNALE
Il consiglio comunale (o municipale, cittadino ecc.) è il principale organo
collegiale dell'ente territoriale locale di base che nei vari paesi assume denominazioni
diverse: comune, municipalità, municipio, città ecc. In alcuni paesi invece che di consiglio
si parla di assemblea municipale (così in Svezia e inPortogallo) o di camera
municipale (come in Brasile).[1]
STRUTTURA
Il numero dei componenti del consiglio varia notevolmente secondo gli ordinamenti e
tende ad essere correlato alla popolazione dell'ente. Negli ordinamenti democratici tali
componenti sono rappresentanti eletti dal corpo elettorale dell'ente. In certi ordinamenti il
consiglio è presieduto dal sindaco; in altri il sindaco ne è membro ma non lo presiede, in
altri ancora non ne fa parte.
FUNZIONI
Le competenze del consiglio variano secondo gli ordinamenti: si va da funzioni
essenzialmente normative, di approvazione del bilancio e di controllo politico sugli organi
esecutivi (sindaco, city manager ecc., ai quali fanno capo le funzioni amministrative) con
un ruolo, quindi, paragonabile a quello del parlamento a livello statale, alla concentrazione
in un unico organo - in questi casi solitamente di ridotte dimensioni - delle funzioni altrove
ripartite tra consiglio e organi esecutivi (come avviene in alcune amministrazioni municipali
statunitensi, dove il sindaco si limita a presiedere il consiglio e, per il resto, ha funzioni
eminentemente cerimoniali).
Il consiglio può anche essere chiamato ad eleggere il sindaco ed eventualmente gli altri
membri dell'organo collegiale esecutivo (come gli assessori in Italia, prima della riforma
del 1993, e gli scabini in Belgio e Lussemburgo). D'altra parte, laddove è adottata
una forma di governo di tipo parlamentare, il sindaco deve mantenere la fiducia del
consiglio e si deve dimettere nel caso venga meno (ad esempio, a seguito
dell'approvazione di una mozione di sfiducia).
GIUNTA COMUNALE
Secondo l'art. 36 del decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267 (Testo unico delle leggi
sull'ordinamento degli enti locali) la giunta comunale è uno degli organi di governo
del comune, ente locale previsto dall'art. 114 della Costituzione della Repubblica Italiana.
Il ddl Delrio approvato definitivamente il 3 aprile 2014, stabilisce che nei comuni con
popolazioni pari o inferiore a 3.000 abitanti il consiglio comunale è composto da 10
consiglieri e che la giunta, ristabilita, consta di 2 assessori oltre al sindaco.
STRUTTURA
La giunta è un organo collegiale composto dal sindaco, che ne è anche presidente, e da
un numero di assessori, stabilito dallo statuto comunale, che nelle regioni a statuto
ordinario non deve essere superiore a un quarto, [1] arrotondato in eccesso, del numero
dei consiglieri comunali, computando a tale fine anche il sindaco, e comunque non
superiore a dodici.[2]
Secondo l'art. 47 del d. lgs. 267/2000 gli assessori sono nominati dal sindaco fra i cittadini
in possesso dei requisiti di candidabilità, eleggibilità e compatibilità alla carica di
consigliere. Nei comuni con popolazione pari o superiore a 15.000 abitanti gli assessori
sono nominati anche al di fuori dei componenti del consiglio, tuttavia, poiché secondo l'art.
64 del d. lgs. 267/2000 in questi comuni la carica di assessore è incompatibile con quella
di consigliere, chi è stato nominato assessore cessa dalla carica di consigliere all'atto
dell'accettazione della nomina. Nei comuni con popolazione inferiore a 15.000 abitanti gli
assessori sono nominati all'interno del consiglio comunale, salvo che lo statuto preveda la
possibilità di nominarli anche al di fuori; in questo caso non esiste alcuna incompatibilità
tra la carica di assessore e quella di consigliere. Il sindaco ha, secondo la legge, la più
ampia discrezionalità nella nomina e revoca degli assessori; nella pratica, però, deve
tenere conto delle indicazioni delle forze politiche che lo sostengono e, nel caso di
coalizione, ponderare la presenza in giunta delle stesse.
FUNZIONI
Secondo l'art. 48 del d. lgs. 267/2000 la giunta collabora con il sindaco nel governo del
comune ed opera attraverso deliberazioni collegiali. La giunta compie tutti gli atti rientranti
nelle funzioni degli organi di governo, che non siano riservati dalla legge al consiglio e che
non ricadano nelle competenze, previste dalle leggi o dallo statuto, del sindaco o degli
organi di decentramento; collabora con il sindaco nell'attuazione degli indirizzi generali
del consiglio comunale; riferisce annualmente al consiglio sulla propria attività e svolge
attività propositive e di impulso nei confronti dello stesso; adotta i regolamenti
sull'ordinamento degli uffici e dei servizi, nel rispetto dei criteri generali stabiliti dal
consiglio.
Ciascun assessore riceve, di norma, una o più deleghe relative a settori specifici
dell'azione amministrativa comunale. Talvolta il sindaco conferisce a membri del consiglio
comunale (i cosiddetti consiglieri delegati) incarichi di collaborazione in ambiti specifici,
sicché questi vengono a configurarsi come una sorta di assessori "esterni", sebbene tale
prassi sia da molti ritenuta in contrasto con l'attuale impianto normativo in materia di
organi degli enti locali.
SINDACO
Il sindaco, nell'ordinamento italiano, è l'organo monocratico a capo del governo di
un comune, talora informalmente denominato anche primo cittadino.
Secondo l'art. 36 del decreto legislativo 18 agosto 2000, n, 267 (Testo unico delle leggi
sull'ordinamento degli enti locali), il sindaco è uno degli organi di governo del comune,
assieme alla giunta comunale e al consiglio comunale.
ELEGGIBILITÀ
I requisiti sono definiti dal Decreto Legislativo 18 agosto 2000, n. 267: Secondo l'art. 46 il
sindaco è eletto dai cittadini iscritti nelle liste elettorali del comune a suffragio universale e
diretto ed è membro di diritto del consiglio comunale. Ai sensi dell'art. 55 sono eleggibili a
sindaco gli elettori di un qualsiasi comune della Repubblica che abbiano compiuto il
diciottesimo anno di età, nel primo giorno fissato per la votazione. Quindi può essere eletto
sindaco di un comune anche chi non risiede nel comune stesso.
Inoltre, in base agli artt. 71 e 72 del D. Lgs. n. 267/2000 il sindaco è eletto
contestualmente all'elezione del consiglio comunale.
Nei comuni con popolazione fino a 15.000 abitanti unitamente alla lista di candidati al
consiglio comunale deve essere presentato anche il nome e cognome del candidato alla
carica di sindaco, quindi a ogni candidato sindaco deve corrispondere una sola lista e
viceversa. È eletto sindaco il candidato che ottiene il maggior numero di voti; solo nel raro
caso di parità di voti si procede al ballottaggio fra i due candidati che hanno ottenuto il
maggior numero di voti: in caso di ulteriore parità viene eletto il più anziano di età.
Nei comuni con popolazione superiore a 15.000 abitanti, ciascun candidato alla carica di
sindaco deve dichiarare all'atto della presentazione della candidatura il collegamento con
una o più liste presentate per l'elezione del consiglio comunale. È eletto sindaco il
candidato che ottiene la maggioranza assoluta dei voti validi; se nessun candidato ottiene
tale maggioranza si procede al ballottaggio fra i due che hanno ottenuto il maggior numero
di voti.
La Corte costituzionale, con sentenza n. 277 del 21 ottobre 2011, ha dichiarato
l'illegittimità costituzionale delle norme sull'elezione del parlamento (articoli 1, 2, 3 e 4 della
legge 15 febbraio 1953, n. 60) nella parte in cui non prevedono l'incompatibilità tra la
carica di parlamentare e quella di sindaco di comune con popolazione superiore ai 20.000
abitanti, introducendo così tale incompatibilità attraverso una sentenza additiva.
La Corte costituzionale, con sentenza n. 120 del 5 giugno 2013, ha dichiarato l'illegittimità
costituzionale dell'art. 63 del T.U.E.L. nella parte in cui non prevede l'incompatibilità tra la
carica di sindaco di comune con popolazione superiore ai 20.000 abitanti e quella di
parlamentare, introducendo così tale incompatibilità attraverso una sentenza additiva,
precisando, così che l'incompatibilità è bidirezionale.
MANDATO
L'art. 51 del d.lgs n. 267/2000 fissa la durata in carica del sindaco in cinque anni, come il
consiglio comunale.[1] Chi ha ricoperto per due mandati consecutivi la carica di sindaco
non è, allo scadere del secondo mandato, immediatamente rieleggibile. Si è verificato
anche il caso di sindaci uscenti che, avendo ricoperto la carica per due mandati
consecutivi, sono andati poi a ricoprire la carica di vicesindaco, in attesa di potersi
candidare nuovamente alle elezioni successive.
La rieleggibilità per un terzo mandato consecutivo alla carica di sindaco è consentita
soltanto nei comuni con popolazione inferiore ai 3000 abitanti, in conformità di quanto
previsto dalla Legge 56/2014 denominata anche DDL Delrio.
Secondo l'art. 52 del d.lgs. n. 267/2000 il sindaco e la giunta cessano dalla carica in caso
di approvazione di una mozione di sfiducia votata per appello nominale dalla maggioranza
assoluta dei componenti il consiglio comunale. La mozione deve essere motivata e
sottoscritta da almeno due quinti dei consiglieri (senza computare a tal fine il sindaco). Se
la mozione è approvata, il consiglio viene sciolto e, in attesa dell'elezione del nuovo
consiglio e del nuovo sindaco, viene nominato un commissario al quale è affidata
l'amministrazione del comune.
FUNZIONI
Secondo l'art. 46 del D. Lgs. n. 267/2000 il sindaco nomina i componenti della giunta, tra
cui un vicesindaco, e può in ogni momento revocare uno o più assessori, dandone
motivata comunicazione al consiglio.[2]
Secondo l'art. 50 del D. Lgs. n. 267/2000 il sindaco è l'organo responsabile
dell'amministrazione del comune; rappresenta l'ente; convoca e presiede la giunta, nonché
il consiglio comunale quando non è previsto il presidente del consiglio; sovrintende al
funzionamento dei servizi e degli uffici e all'esecuzione degli atti; esercita le funzioni che
gli sono attribuite dalle leggi, dallo statuto e dai regolamenti; sovrintende all'espletamento
delle funzioni statali e regionali attribuite o delegate al comune; esercita le altre funzioni
attribuitegli quale autorità locale nelle materie previste da specifiche disposizioni di legge
e, in particolare, adotta le ordinanze contingibili e urgenti in caso di emergenze sanitarie o
di igiene pubblica a carattere esclusivamente locale; nomina i responsabili degli uffici e dei
servizi; attribuisce e definisce gli incarichi dirigenziali e quelli di collaborazione esterna;
provvede, sulla base degli indirizzi stabiliti dal consiglio, alla nomina, alla designazione e
alla revoca dei rappresentanti del comune presso enti, aziende ed istituzioni.
Il sindaco è autorità sanitaria locale. In questa veste, ai sensi dell'art. 32 della legge n.
833/1978 e dell'art. 117 del D. Lgs. n. 112/1998, può anche emanareordinanze contingibili
ed urgenti, con efficacia estesa al territorio comunale, in caso di emergenze sanitarie e di
igiene pubblica.
Secondo l'art. 99 del D. Lgs n. 267/2000 il sindaco nomina il segretario comunale, che
dipende funzionalmente da lui, scegliendolo tra gli iscritti all'apposito albo. Il segretario
cessa automaticamente dall'incarico con la cessazione del mandato del sindaco che l'ha
nominato, salvo che non sia confermato dal nuovo sindaco.
Secondo l'art. 108 del D. Lgs. n. 267/2000 il sindaco nei comuni con popolazione
superiore ai 100.000 abitanti[3], previa deliberazione della giunta comunale, può nominare
un direttore generale, al di fuori della dotazione organica e con contratto a tempo
determinato, che provvede ad attuare gli indirizzi e gli obiettivi stabiliti dagli organi di
governo dell'ente, secondo le direttive impartite dal sindaco, e che sovrintende alla
gestione dell'ente, perseguendo livelli ottimali di efficacia ed efficienza. Il direttore generale
può essere revocato dal sindaco, previa deliberazione della giunta comunale; la durata del
suo incarico non può eccedere quella del mandato del sindaco.
alla tenuta dei registri di stato civile (è ufficiale dello stato civile) e di popolazione
(è ufficiale dell'anagrafe) e agli adempimenti demandatigli dalle leggi in materia
elettorale (presiede la commissione elettorale), di leva militare e di statistica;
alla emanazione degli atti che gli sono attribuiti dalle leggi e dai regolamenti in
materia di ordine e di sicurezza pubblica;
allo svolgimento, in materia di pubblica sicurezza e di polizia giudiziaria, delle
funzioni affidategli dalla legge;
alla vigilanza su tutto quanto possa interessare la sicurezza e l'ordine pubblico,
informandone preventivamente il prefetto.
Inoltre, il sindaco, quale ufficiale del Governo, adotta, con atto motivato e previa
comunicazione al prefetto, provvedimenti contingibili e urgenti nel rispetto dei principi
generali dell'ordinamento, al fine di prevenire ed eliminare gravi pericoli che minacciano
l'incolumità pubblica e la sicurezza urbana. Se l'ordinanza è rivolta a persone determinate
e queste non ottemperano all'ordine impartito, il sindaco può provvedere d'ufficio a spese
degli interessati, senza pregiudizio dell'azione penale per i reati in cui siano incorsi.
Con tali provvedimenti, in casi di emergenza, connessi con il traffico o con l'inquinamento
atmosferico o acustico, ovvero quando a causa di circostanze straordinarie si verifichino
particolari necessità dell'utenza o per motivi di sicurezza urbana, il sindaco può anche
modificare gli orari degli esercizi commerciali, dei pubblici esercizi e dei servizi pubblici,
nonché, d'intesa con i responsabili territorialmente competenti delle amministrazioni
interessate, gli orari di apertura al pubblico degli uffici pubblici localizzati nel territorio.
Il sindaco segnala alle competenti autorità, giudiziaria o di pubblica sicurezza, la
condizione irregolare dello straniero o del cittadino appartenente ad uno stato membro
dell'Unione europea, per la eventuale adozione di provvedimenti di espulsione o di
allontanamento dal territorio dello Stato.
Nell'ambito delle suddette funzioni, il prefetto può disporre ispezioni per accertare il
regolare funzionamento delle stesse. In caso d'inerzia del sindaco o del suo delegato
nell'esercizio delle medesime funzioni, il prefetto può intervenire con proprio
provvedimento.
Il sindaco, previa comunicazione al prefetto, può delegare l'esercizio delle funzioni di
ufficiale del Governo, esclusa l'emanazione delle ordinanze contingibili e urgenti, al
presidente del consiglio circoscrizionale; ove non siano costituiti gli organi di
decentramento comunale, il sindaco può conferire la delega a un consigliere comunale per
l'esercizio delle funzioni nei quartieri e nelle frazioni (il cosiddetto prosindaco).
Secondo l'art. 1 del R.D. n. 733/1931 (Testo unico delle leggi di pubblica sicurezza) il
sindaco è autorità locale di pubblica sicurezza, nei comuni dove manca il capo dell'ufficio
di pubblica sicurezza del luogo.
Secondo l'art. 15 della legge 24 febbraio 1992, n. 225, il sindaco è autorità comunale
di protezione civile: al verificarsi dell'emergenza nel territorio comunale, assume la
direzione e il coordinamento dei servizi di soccorso e di assistenza alle popolazioni colpite
e provvede agli interventi necessari dandone immediata comunicazione al prefetto e
al presidente della giunta regionale. Quando la calamità naturale o l'evento non possono
essere fronteggiati con i mezzi a disposizione del comune, chiede l'intervento di altre forze
e strutture al prefetto.
LA PROVINCIA
La provincia, in Italia, è un ente locale territoriale il cui territorio è per estensione inferiore
a quello della regione(della quale, a sua volta, fa parte) e comprende il territorio di
più comuni. La disciplina delle province è contenuta nel titolo V della parte II
della Costituzione (artt. 114 ss.) e, ovviamente, in fonti primarie e secondarie che attuano
il disposto costituzionale. Tutte le province tranne quelle autonome di Trento, di Bolzano, e
la Valle d'Aosta in cui le funzioni provinciali sono svolte dalla Regione, fanno parte
dell'Unione delle province d'Italia (Upi).
Informazioni generali
Le province italiane sono territorialmente 110, cui corrispondono 107 amministrazioni
provinciali membri dell'UPI, suddivise in 20 regioni.
Per la Valle d'Aosta le competenze provinciali vengono espletate dalla regione, per
cui non esiste l'amministrazione provinciale.
Le province autonome di Bolzano e Trento hanno competenze di tipo provinciale e
regionale[1]; vengono usualmente trattate come vere e proprie regioni. Esse
possiedono ciascuna un Consiglio Provinciale eletto dai cittadini, e l'unione dei due
consigli costituisce il Consiglio della Regione Trentino-Alto Adige.
Le quattro province sarde di Carbonia-Iglesias, Medio
Campidano, Ogliastra e Olbia-Tempio non hanno uffici statali provinciali (Prefettura-
UTG, Banca d'Italia, Questura, ecc.) in quanto la loro istituzione è facoltativa, ma sono
sede degli organi provinciali e di uffici regionali decentrati. In seguito ai risultati
delreferendum regionale del 2012 che le ha abrogate, è in corso una riforma
complessiva degli enti provinciali in Sardegna.[2]
In ottemperanza allo Statuto regionale le nove circoscrizioni provinciali
della Sicilia avrebbero già dovuto essere sostituite con legge regionale n°9/1986 da un
pari numero di Province Regionali formate come liberi consorzi comunali. Se tale
operazione fu all'epoca un esercizio puramente lessicale, tale riforma è divenuta
effettivamente concreta solo nel 2013, quando il Parlamento Siciliano ha deliberato lo
scioglimento dei consigli provinciali e delle relative giunte, commissariando gli enti da
luglio e prevedendo la nomina dei nuovi presidenti da parte dei comuni dal 2014.
I capoluoghi provinciali italiani sono 117 a fronte di 110 province, poiché vi sono 5
province con 2 capoluoghi (Pesaro e Urbino, Olbia-Tempio, Medio
Campidano, Ogliastra e Carbonia-Iglesias) e 1 provincia con 3 capoluoghi (Barletta-
Andria-Trani). Aosta è un capoluogo regionale, ma è considerata nelle statistiche
anche come capoluogo provinciale in quanto la regione vi svolge anche tali funzioni.
Molte province collocano sopra il proprio stemma una corona costituita da un
cerchio d'oro gemmato con le cordonature lisce ai margini racchiudente due rami al
naturale, uno di alloro e uno di quercia, uscenti dalla corona decussati e ricadenti
all'infuori. Tale usanza non è tuttavia obbligatoria.
Storia recente
Nel 2001 la Regione a statuto speciale della Sardegna istituisce 4 province, divenute
operative nel 2005, Olbia-Tempio, Ogliastra, Medio Campidano eCarbonia-Iglesias;
mentre nel 2004 il Parlamento ha istituito le 3 province di Monza e Brianza, di Fermo e
di Barletta-Andria-Trani, che sono divenute operative nel 2009, portando il numero
complessivo delle province geografiche a 110.
Nel 2009 la conversione del decreto-legge 200/2008, annullando sia il regio decreto
del 1938, sia il decreto luogotenenziale del 1946, ha fatto sì che la provincia di Massa-
Carrara riassumesse l'originaria denominazione di provincia di Massa e Carrara[19][20].
In seguito all'esito dei referendum regionali del 2012 in Sardegna, riguardanti anche
l'esistenza delle istituzioni provinciali, è stato dato avvio a un processo di riorganizzazione
amministrativa di questi enti intermedi. [21] In Consiglio regionale il 24 maggio 2012[22] è
stato decretato che, secondo gli attuali intendimenti della Regione, tali enti dovrebbero
essere riformati o aboliti entro il 1º marzo 2013, restando quindi in carica sino al 28
febbraio 2013.[23][24][25][26] Con la legge regionale n.5 del 27 febbraio 2013, il termine per il
"riordino generale delle autonomie locali" viene ulteriormente prorogato al 30
giugno 2013[27].
Il 5 marzo 2013 la Regione Siciliana, in base ai poteri del proprio statuto speciale, fa il
primo passo verso l'abolizione dei propri consigli provinciali varando il DDL che renderà
quelle siciliane le prime province ad essere amministrate come liberi consorzi dei comuni,
mantenendo comunque in vita gli enti e garantendo il relativo personale impiegatizio. [28]
Funzioni
In base all'art. 19 del decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267 "Testo unico delle leggi
sull'ordinamento degli enti locali" (TUEL) spettano alla provincia le funzioni amministrative
di interesse provinciale che riguardino vaste zone intercomunali o l'intero territorio
provinciale nei seguenti settori:
Polizia provinciale. Quasi tutte le province italiane sono dotate di un proprio Corpo
(o servizio) di Polizia provinciale, con compiti di polizia amministrativa, giudiziaria,
stradale, ambientale, edilizia, ittica-venatoria, demaniale, protezione civile ecc. La
Polizia provinciale può esercitare funzioni ausiliarie di pubblica sicurezza, sotto le
direttive operative dell'autorità provinciale di pubblica sicurezza. I poliziotti provinciali,
secondo i dati forniti dal Ministero degli Interni [48], al 31 dicembre 2011 erano 2.769
unità. Si tratta di un organismo specializzato, inquadrato nel contesto normativo della
polizia locale. Negli ultimi anni ha notevolmente aumentato l'attività in diversi settori e
ambiti operativi, con numerosissime operazioni e indagini di polizia, contribuendo
concretamente al controllo, difesa e sicurezza del territorio sotto vari aspetti, specie
nelle zone più periferiche.
Assetto istituzionale
La legge n° 81 del 25 marzo 1993 ha stabilito l'elezione popolare diretta dei presidenti
delle province italiane, ricorrendo a un eventuale turno di ballottaggio qualora nessun
candidato raggiungesse la maggioranza assoluta dei consensi. La durata in carica del
presidente, originariamente fissata in quattro anni, fu prolungata a cinque, e l'intero
sistema normativo venne consolidato nel Testo unico delle leggi sull'ordinamento degli enti
locali, il D.Lgs. n°267 del 2000. In qualunque caso di morte, dimissioni, sospensione,
sfiducia o decadenza del presidente, si procede all'indizione di nuove elezioni provinciali e,
nel caso di crisi politica, alla gestione provvisoria dell'ente da parte di
un commissario nominato dal prefetto.
Contestualmente alla scelta del presidente, si tengono le elezioni del Consiglio
Provinciale, sul principio del governo di legislatura. I consiglieri, in numero variabile da 24
a 45 secondo l'entità della popolazione, sono eletti con un particolare sistema
elettorale proporzionale con premio di maggioranza. L'elettore può tracciare sulla scheda
elettorale, di colore giallo, un segno su un candidato presidente e su un candidato
consigliere che lo sostiene. Alla coalizione collegata al presidente eletto vengono
comunque garantiti almeno il 60% dei seggi consiliari; tenuta presente questa clausola, i
seggi vengono ripartiti in maniera proporzionale con metodo D'Hondt sulla base dei voti
conseguiti dalle varie coalizioni, e in seconda istanza dalle singole liste, nella
circoscrizione unica provinciale. I candidati si presentano però in collegi uninominali e,
determinato il numero di seggi assegnati a ciascuna lista, vengono dichiarati eletti coloro
che, all'interno della stessa, abbiano ottenuto le maggiori percentuali di voto nel proprio
collegio.
Norme del tutto diverse regolano invece la vita istituzionale nelle comunità
autonome: Aosta, Bolzano eTrento.
LE CITTA’ METROPOLITANE
La Città metropolitana è uno degli enti locali territoriali previsti nella Costituzione italiana,
all'articolo 114.[1] L'articolo 23 del Testo unico degli enti locali [2](decreto legislativo
18/08/2000 n. 267) ne disciplina la futura istituzione.
Deliberazioni.
Si ha maggioranza assoluta, se si ottiene un numero di voti superiore alla metà del
numero totale degli aventi diritto al voto.
Si ha maggioranza semplice se si ottiene un numero di voti superiore alla metà del
numero totale di votanti
Si ha maggioranza qualificata se si ottiene un numero di voti non inferiore ad un
quorum funzionale fissato
Le deliberazioni di ciascuna Camera (e del parlamento in seduta comune) sono valide
solo se :
· è presente la maggioranza dei componenti
· se sono adottate a maggioranza dei presenti (salvo che la Costituzione prescriva
una maggioranza speciale).
Per evitare che siano invalidabili eventuali deliberazioni adottate per motivi contingenti e
temporanei con un quorum inferiore_ vige sempre la regola della presunzione del
numero legale.
· si presume cioè che in aula sia presente il numero minimo dei parlamentari (cioè
il 50%+1 dei componenti dell’assemblea).
- in qualsiasi momento però, i presenti possono chiedere la verifica del numero
legale al presidente dell’assemblea.
Esame Delle Petizioni_ tutti i cittadini possono indirizzare alle Camere delle petizioni.
Queste sono inoltrate alle commissioni permanenti per materia , che ne propone il
passaggio all’ordine del giorno.
Votazioni.
- sono effettuate nelle due Assemblee a scrutinio palese , tranne che sia espressamente
previsto il voto a scrutinio segreto.
- Nei procedimenti in commissione, il ricorso allo scrutinio segreto è consentito solo
per le votazioni riguardanti persone.
Il ricorso allo scrutinio segreto è comunque espressamente escluso per le votazioni
concernenti la legge finanziaria, leggi di bilancio o comunque le deliberazioni che
abbiano conseguenze finanziarie.
Ostruzionismo.
Si manifesta in una serie di atteggiamenti, attività e comportamenti, che , pur essendo
astrattamente compatibili con lo svolgimento dell’attività parlamentare, non danno luogo,
se non eccezionalmente, a modifiche dei contenuti delle deliberazioni dell’assemblea.
Tale attività di norma, è posta in essere dai gruppi di minoranza, nel tentativo di impedire,
intralciare o ritardare lo svolgimento dei lavori parlamentari.
ES. Ostruzionismo : si prolunga nella discussione un singolo deputato o senatore.
Funzione legislativa:_ consiste nel potere di esprimere la volontà politica del Paese.
è esercitata collettivamente dalle 2 Camere .
possono esserci:
· atti formalmente legislativi_ e cioè quelli che sono posti secondo il procedimento
previsto per le leggi ordinarie
· atti materialmente legislativi_ perché contengono norme che innovano l’ordinamento
giuridico preesistente.
Funzione di indirizzo e controllo politico:
1) determinazione dei fini della politica nazionale
2) scelta dei mezzi per conseguirli
3) esercizio di controllo sull’attività di governo.
Funzioni elettorali:
in cui rientrano le attività di elezione di membri di altri organi:
· elezione del presidente della repubblica
· elezione di 5 giudici della Corte Costituzionale
· elezione di 8 componenti del Consiglio superiore della Magistratura
· scelta dei cittadini fra cui vanno sorteggiati giudici aggregati della Corte Costituzionale
Funzioni strumentali:
- attività di autoorganizzazione
- attività normative procedurali interne
Proroga (60).
È un atto volontario del parlamento, il quale per far fronte ad una circostanza eccezionale,
decide mediante una legge di rinviare le elezioni e prorogare i propri poteri.
L’art. 60 , prevede la guerra quale unica ipotesi di proroga.
Prorogatio. (61).
Finchè non si siano riunite le nuove Camere, sono prorogati i poteri delle
precedenti.
In base a quanto stabilito dall’art, 61, la prorogatio non dovrebbe superare i 90 giorni.
Sui poteri prorogati, la dottrina ha assunto posizioni molto diverse:
(o) Secondo una prima tesi :
le camere dovrebbero avere i pieni poteri , e solo un’autorestrizione potrebbe essere
limitarli.
(o) Secondo MARTINES , BIN-PITRUZZELLA ed altri autori:
le camere possono compiere solo atti di ordinaria amministrazione. Seppur risulti difficili
stabilire quali siano i limiti dell’ordinaria amm.ne , a quest’ultima sono riconducibili gli atti
costituzionalmente indifferibili
(o) Secondo una terza tesi (intermedia) _ le camere possono deliberare solo in
situazioni di emergenza.
Tuttavia le camere prorogate non possono procedere all’elezione del Presidente della
Repubblica.
Per doveri inderogabili, si intendono quei doveri per il cui adempimento nessun soggetto
può essere esentato in quanto espressione del principio di solidarietà.
Il richiamo ai doveri inderogabili, si collega al principio dell’uguaglianza sostanziale
sancito dall’art. 3.
Entrambe le norme, impongono ai singoli di contribuire alla crescita democratica della
società, soprattutto attraverso attività che abbiano un’utilità sociale nelle quali possa
concretizzarsi il valore della solidarietà.
GIUDIZIO INCIDENTALE
È detto giudizio in via incidentale in quanto la questione di legittimità sorge nel corso
di un procedimento giudiziario come incidente processuale dinanzi ad un’autorità
giurisdizionale;
i requisiti ritenuti necessari dalla giurisprudenza costituzionale affinché un organo possa
essere legittimato a sollevare la questione di costituzionalità sono:
1) requisito oggettivo: l’essere investito della funzione di applicazione obiettiva di
una norma in via tendenzialmente definitiva;
2) requisito soggettivo: posizione di terzietà, indipendenza e imparzialità
dell’organo: l’esistenza di un processo fondato sul contraddittorio.
LE DECISIONI DI INAMMISSIBILITÀ
L’atto è inammissibile quando mancano i presupposti per procedere ad un giudizio di
merito:
1) mancanza dei requisiti soggettivi e oggettivi dell’organo chiamato a sollevare la
questione;
2) quando l’atto impugnato non rientra tra quelli indicati dalla Costituzione;
3) mancanza del requisito della rilevanza;
4) se l’ordinanza di remissione manca di indicazioni sufficienti e univoche per definire il
thema decidendum;
5) se ci sono stati vizi meramente procedurali;
6) se la questione sottoposta alla Corte comporta una valutazione di materia politica o
un sindacato sull’uso del potere discrezionale del Parlamento.
SENTENZE DI ACCOGLIMENTO
La Corte dichiara l’illegittimità costituzionale della disposizione impugnata.
Opera erga omnes . Deve necessariamente essere pronunciata con sentenza.
La sentenza ha valore costitutivo e gli effetti di tale sentenza sono retroattivi.
Di conseguenza, l’effetto della dichiarazione di illegittimità è di vietare l’applicazione
della norma invalidata
I conflitti di attribuzione tra i poteri dello stato sono lo strumento con cui un potere
dello Stato può agire davanti alla Corte per difendere le proprie attribuzioni costituzionali
compromesse dal comportamento di un altro potere dello Stato.
Non sempre è facile distinguere i conflitti di attribuzione dai conflitti di competenza.
LEGITTIMAZIONE PROCESSUALE
Chi è legittimato a stare in giudizio?
Ci sono due modelli:
- il caso in cui il potere si sia strutturato in modo gerarchico. Il potere esecutivo, per
esempio, è un potere strutturato in modo gerarchico, una piramide che ha il vertice nel
Governo:
qualsiasi amministrazione statale, che fosse lesa da un altro potere nell’esercizio delle
sue attribuzioni, deve coinvolgere il Governo, il quale deciderà collegialmente (cioè, con
delibera del Consiglio dei Ministri) se sollevare il conflitto, stando poi in giudizio nella
persona del Presidente del Consiglio dei ministri.
- il caso in cui il potere si sia strutturato in modo diffuso.
Per il potere giudiziario, qualsiasi giudice, può essere parte, attiva o passiva, del conflitto.
ASPETTI PROCESSUALI
Il giudizio viene introdotto dal ricorso presentato dalla parte che si ritiene lesa
direttamente alla corte costituzionale, senza notificazione alla controparte.
La particolarità di questo giudizio è che esso inizia con una decisione della corte circa
l’ammissibilità del conflitto.
Essa è assunta in camera di consiglio, quindi senza contraddittorio.
L’ordinanza può dichiarare la inammissibilità del conflitto oppure la sua ammissibilità:
in questo secondo caso, la Corte, individua anche gli organi che sono controinteressati
e dispone che ad essi il ricorso venga notificato entro un determinato termine.
⇒ I controinteressati possono costituirsi entro 20 giorni dall’ultima notificazione; se
il ricorrente rinuncia al ricorso, e se la rinuncia è accettata dalle altre parti la corte dichiara
il processo estinto.
La sentenza che chiude il giudizio stabilisce a chi spetti la competenza
I CONFLITTI DI ATTRIBUZIONE TRA STATO E REGIONE.
I conflitti di attribuzione tra Stato e Regione sono lo strumento con cui vengono risolte e
controversie che sorgono tra Stato e Regione o tra Regioni.
Tali soggetti possono proporre ricorso alla Corte Costituzionale per il regolamento di
Competenza..
Sono quindi conflitti tra enti (conflitti intersoggettivi), a differenza dei conflitti di
attribuzione tra i poteri dello stato che sorgono tra organi dello stesso ente (conflitti
interorganici).
Perché si possa configurare il conflitto di attribuzione è necessario che siano state
violate norme della Costituzione o di leggi costituzionali.
Il conflitto tra Stato e Regioni, può configurarsi in termini di:
· rivendicazione di un’attribuzione che si ritiene usurpata dall’altro soggetto
· indifferenza nelle attribuzioni altrui, cagionato da un illegittimo esercizio di competenze
proprie
In ogni caso, la lesione delle sfere di competenza, non può essere originata da leggi o
atti equiparati, perché in questo caso rientreremmo nelle ipotesi di controversie di
legittimità costituzionale, sollevabili dinnanzi sempre alla Corte, ma in via principale.
Sono organi di rilievo costituzionale quelli che sono individuati dalla Costituzione,
la quale rinvia al legislatore ordinario per la disciplina delle loro attività.
Sono organi di rilievo costituzionale:
- Consiglio nazionale dell’economia e del lavoro (CNEL)
- Corte dei Conti
- Consiglio di Stato
- Consiglio Superiore della Magistratura
- Consiglio supremo di difesa
CNEL.
Il Consiglio nazionale dell'economia e del lavoro (CNEL) è un organo di rilievo
costituzionale, previsto dall'articolo 99 della Costituzione.
Le materie di sua competenza sono la legislazione economica e sociale.
È un organo consultivo del Governo, delle Camere e delle Regioni, e ha diritto
all'iniziativa legislativa, limitatamente alle materie di propria competenza L'art. 99, c. 1,
Cost. prevede che esso sia composto, «di esperti e di rappresentanti delle categorie
produttive, in misura che tenga conto della loro importanza numerica e qualitativa».
Consta di 64 membri così suddivisi:
il Presidente, nominato con decreto del Presidente della Repubblica, al di fuori degli
altri componenti;
10 «esperti, qualificati esponenti della cultura economica, sociale e giuridica»
48 «rappresentanti delle categorie produttive di beni e servizi nei settori pubblico e
privato»
6 rappresentanti delle associazioni di promozione sociale e delle organizzazioni del
volontariato.
I membri del Consiglio restano in carica per cinque anni e possono essere riconfermati.
A supporto dell'attività dell'organo è istituito un Segretariato generale, composti da uffici
che fanno capo al Segretario generale, nominato con decreto del Presidente della
Repubblica, su proposta del Presidente del Consiglio dei Ministri, previa deliberazione del
Consiglio dei Ministri, sentito il Presidente del CNEL.
Le funzioni del CNEL sono limitate alle materie di propria competenza; in
quest'ambito:
esprime pareri;
promuove iniziative legislative.
I pareri sono forniti solo su richiesta del Governo, delle Camere o delle Regioni (quindi
non sono obbligatori), e anche se forniti non risultano vincolanti.
Inoltre ha il potere di promuovere iniziative legislative nel campo della legislazione
economica e sociale, con alcune eccezioni, come per le leggi tributarie, di bilancio o di
natura costituzionale.
L’iniziativa è parimenti esclusa per quelle leggi per le quali sia stato presentato un disegno
di legge da parte del governo, o per le quali il governo, il parlamento o una regione abbia
già chiesto il parere del CNEL.
Inoltre, la legge 15/2009, ha introdotto al CNEL nuove attribuzioni :
- redigere ogni anno , una relazione al Parlamento e al Governo sui livelli e qualità
dei servizi erogati dalle P.A. centrali e locali ad imprese e cittadini
- aggiornare l’archivio nazionale dei contratti e degli accordi collettivi nel settore
pubblico.
- Promuovere ed organizzare lo svolgimento di una conferenza annuale sull’attività
compiuta dalle amm.ni pubbliche, con la partecipazione di rappresentanti delle
categorie economiche e sociali..
CONSIGLIO DI STATO.
Il consiglio di stato è un organo complesso di rilievo costituzionale, con funzioni
consultive e giurisdizionali, di secondo grado e per qualche materia esclusive.
Al consiglio di stato sono riconosciute attribuzioni :
a) consultive : esprimendo pareri in materia giuridico-amm.va (alcuni pareri sono
obbligatori altri facoltativi)
b) giurisdizionali :organo giurisdizionale amministrativo di 2° grado
Composizione e convocazione
Il CSD è presieduto dal Presidente della Repubblica ed è composto, attualizzandoli
secondo i vari accorpamenti e cambiamenti di denominazione, da:
Alle sue riunioni possono essere convocati i capi di stato maggiore delle quattro Forze
armate (Esercito, Marina e Aeronautica e il Comandante Generale dell'Arma dei
Carabinieri), il presidente del Consiglio di Stato su invito del Presidente della Repubblica,
nonché persone di particolare competenza nel campo scientifico, industriale ed economico
ed esperti in problemi militari.
Il Consiglio supremo di difesa si riunisce almeno due volte all'anno ed è convocato dal
Presidente della Repubblica, anche dietro richiesta del Presidente del Consiglio dei
ministri, ogniqualvolta ne ravvisino la necessità.
Funzioni
Il CSD esamina i problemi generali relativi alla difesa nazionale, sulla base delle direttive
generali determinate dal Governo e dal Parlamento; da questa analisi scaturiscono delle
direttive vincolanti per il Presidente della Repubblica, il Consiglio dei ministri (e di
conseguenza i singoli ministeri) e il comandante delle forze armate, secondo le diverse
aree di competenza.
Le sue funzioni sono in gran parte delineate in negativo, cioè perché la maggior parte dei
compiti concretamente decisionali, rientranti nella generale dizione della L. n. 624/50,
rientrano in realtà nelle competenze di altri organi. In particolar modo l'indirizzo politico in
materia di politica estera e militare spetta al Governo, e la determinazione dei piani
strategici e di difesa dei confini sono di competenza delCapo di stato maggiore. Di
conseguenza il CSD si limita a svolgere attività consultive e istruttorie per le decisioni
del Consiglio dei ministri, al pari di un Comitato interministeriale, fenomeno con il quale è
molto affine.
AUTORITA’ INDIPENDENTI
Le autorità amministrative indipendenti, nell'ordinamento giuridico italiano, sono enti
di diritto pubblico dotati di personalità giuridica.
Autorità esistenti
Di seguito è riportato l'elenco delle autorità amministrative indipendenti italiane:
Autorità Sigla
Autorità per la Vigilanza sui Contratti Pubblici di Lavori, Servizi e Forniture AVCP
LIBERTA’ RELIGIOSA.
ART. 19.
Tutti hanno diritto di professare liberamente la propria fede religiosa, in qualsiasi
forma, individuale o associata, di farne propaganda, e di esercitare in privato o in
pubblico il culto, purchè non si tratti di riti contrari al buon costume.
Il diritto alla libertà religiosa del cittadino postula una prestazione negativa da parte dello
Stato, tenuto ad astenersi da quegli atti che possano impedirne il libero esercizio.
Tale norma (19) prevede:
· libertà di fede_ ossia libertà di professare qualunque fede
· libertà di propaganda_ ossia di fare proseliti sia all’interno dei luoghi di culto che al di
fuori
· libertà di culto_ ossia di compiere atti di culto sia in privato che in pubblico .
L’unico limite è il divieto di riti contrari al buon costume.
Questa espressione è stata intesa dalla dottrina in maniera restrittiva:
- sono illegittimi i riti che offendono il pudore sessuale, la libertà sessuale ed il
sentimento morale dei giovani.
Inoltre è previsto nell’ART. 20, il divieto di discriminazione a carico di alcuni enti religiosi
rispetto ad altre associazioni che perseguono scopi diversi.
· Non è possibile per il legislatore utilizzare lo strumento fiscale per rendere più
difficoltosi la costituzione e il funzionamento degli stessi.
I Patti Lateranensi.
I Patti Lateranensi , possono essere modificati con legge ordinaria, purchè le
modificazioni siano concordate fra le parti.
Se manca l’accordo, lo Stato può procedere egualmente alle modifiche, ricorrendo però,
al procedimento di revisione costituzionale..
- ad essere costituzionalizzato , non è il contenuto dei Patti, bensì il principio pattizio
- le norme dei Patti Lateranensi resistono all’abrogazione di norme di leggi ordinarie
- si ritiene che possano derogare anche alle norme di rango costituzionale , in quanto
tali norme pattizie sono a carattere speciale.
- L’unico limite è rappresentato dai principi supremi dell’ordinamento costituzionale.
Il 18 febbraio del 1984, è stato stipulato un nuovo accordo tra Repubblica italiana e
Santa sede con cui sono state apportate delle modificazioni all’originario del 1929.
· es.,è stato abrogato il principio della religione di Stato, a conferma della
neutralità dello Stato in materia religiosa.
RAPPORTI TRA LO STATO E LE ALTRE CONFESSIONI RELIGIOSE.
Ex art. 8_ le confessioni religiose, diverse dalla cattolica, hanno diritto di
organizzarsi secondo i propri statuti in quanto non contrastino con l’ordinamento
giuridico italiano.
I loro rapporti con lo Stato, sono regolati per legge, sulla base di intese con le relative
rappresentanze.
- Convenzione europea dei diritti dell’uomo (CEDU) (adottata nell’ambito del Consiglio
D’Europa)_ha esteso la tutela ad una serie di diritti
⇒ Diritto alla vita , divieto della tortura, diritto alla libertà e alla sicurezza, diritto alla
libertà di pensiero – di coscienza – di religione
Il titolo V è stato riformato con la l. Cost. 3/2001, dando piena attuazione all’art. 5 della C.,
che riconosce le autonomie locali quali enti esponenziali preesistenti alla formazione della
Repubblica. I Comuni, le Città metropolitane, le Province e le Regioni sono enti
esponenziali delle popolazioni residenti in un determinato territorio e tenuti a farsi carico
dei loro bisogni. L’azione di governo si svolge a livello inferiore e quanto più vicino ai
cittadini, salvo il potere di sostituzione del livello di governo immediatamente superiore in
caso di impossibilità o di inadempimento del livello di governo inferiore (principio di
sussidiarietà verticale; ➔ sussidiarietà, principio di). La riforma è stata necessaria per dare
piena attuazione e copertura costituzionale alla riforma denominata ‘Federalismo a C.
invariata’ (l. 59/1997).
Lo Stato. Allo Stato compete solo un potere esclusivo e pieno, circoscritto alle materie di
cui all’elenco del 2° co. dell’art. 117 della Costituzione. Il 3° co. dell’art. 117 Cost. individua
i casi di potestà legislativa concorrente tra lo Stato e le Regioni. Per tutte le altre materie,
non indicate e non rientranti in quelle indicate nel 2° e 3° co. dell’art.117 Cost., le Regioni
hanno potestà legislativa piena.
Le Città metropolitane. Sono tipi speciali di Province, con poteri notevolmente più ampi e
molto vicini a quelli comunali, soprattutto in ambito urbanistico. Sono istituite, su iniziativa
dei Comuni interessati, in aree metropolitane individuate nelle zone comprendenti i
Comuni di Torino, Milano, Venezia, Genova, Bologna, Firenze, Roma, Bari, Napoli, Reggio
Calabria, Cagliari, Catania, Messina, Palermo, Trieste. Con la costituzione della Città
metropolitana, la città originaria cessa di esistere.
53.LA FAMIGLIA
Il legislatore con una legge del 1975, tenendo conto del principio della uguaglianza
giuridica dei coniugi, ha modificato la disciplina dei rapporti familiari, dando piena
attuazione agli istituti previsti dalle norme costituzionali. In particolare:
- è stata abolita la potestà maritale_ spetta infatti ad entrambi i coniugi, in egual misura,
la determinazione dell’indirizzo della vita familiare e la fissazione della residenza della
famiglia
- entrambi i coniugi sono tenuti al rispetto dell’obbligo di reciproca fedeltà
- incombe ad entrambi i coniugi in egual misura, l’obbligo di mantenere, istruire ed
educare la prole, tenendo conto delle capacità e delle aspirazioni dei figli.
- Alla patria potestà è stata sostituita la potestà parentale sui figli che spetta in egual
misura sia al padre che alla madre.
1) a maggioranza assoluta
Richiedono la maggioranza assoluta 50%+1 dei suffragi espressi per l’attribuzione del
seggio.
Esse operano in circoscrizioni c.d. uninominali, nelle quali viene eletto un solo
candidato.
2) a maggioranza relativa
Anch’esse operano in circoscrizioni uninominali, e richiedono la maggioranza relativa
per l’assegnazione del seggio.
3) proporzionali
Si propongono di assicurare a ciascun partito il numero di seggi riportato alla sua forza
politica e alla distribuzione effettiva degli elettori su tutto il territorio nazionale.
55.LA MAGISTRATURA