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I personaggi che siedono a tavola con Don Rodrigo sono:
-il cugino conte Attilio (aiuta Don Rodrigo nel suo infame obiettivo, ovvero quello di
catturare Lucia Mondella)
-l’avvocato Azzecca-garbugli (uomo servile, corrotto e ipocrita abituato a servire i potenti e a
sottomettersi pur di non avere problemi.
- il podestà (colui che avrebbe dovuto far rispettare le grida)

- altri due commensali.


n.11
Ho sentito parlare dell’avvocato:
-Conte Attilio (capitolo 3)

Il Conte Attilio è insieme a don Rodrigo per strada, quando il cugino importuna Lucia, e in
seguito scommette con lui che non riuscirà a sedurla.
-Azzeca-garbugli(capitolo 3)
Viene introdotto nel cap. III, quando Agnese consiglia a Renzo di recarsi da lui per chiedere
un parere legale circa il sopruso subìto da parte di don Rodrigo, che ha minacciato don
Abbondio perché non celebrasse il matrimonio. Renzo si reca nel suo studio, descritto come
un luogo decadente che ispira un'impressione di trascuratezza, ed espone il suo caso, ma
l'avvocato cade in un grossolano equivoco e scambia Renzo per un bravo, spiegandogli poi
come farà a tirarlo fuori dai guai. Quando Renzo fa il nome di don Rodrigo, l'avvocato va su
tutte le furie e caccia via malamente il giovane, restituendogli i capponi che aveva portato in
dono e non volendo sentire ragioni.
n.12
Don Rodrigo intento a banchettare e a gozzovigliare con gli aristocratici suoi amici mentre
fuori, intanto, infuria la carestia: tale rappresentazione è parte della polemica che Manzoni
porta avanti nei Promessi sposi contro una nobiltà oziosa, che vive di rendita e ostenta
sfarzo e opulenza, indifferente ai problemi dei poveri e del tutto improduttiva per il
benessere della nazione. Particolarmente l'avvocato Azzecca-garbugli (V) brinda alla
generosità dei pranzi di don Rodrigo, quando fuori infuria appunto la carestia, ringrazia
quest'ultimo per i pranzi che offre nel suo magnifico palazzo, superiori alle "cene
d'Eliogabalo" (l'imperatore romano celebre per la sua dissolutezza), mentre la carestia è
"bandita e confinata in perpetuo" dalle sale in cui lui e gli altri mangiano e bevono del tutto
incuranti di quanto avviene all'esterno. E la carestia diventa subito l'oggetto delle insulse
chiacchiere dei commensali, che negano la sua esistenza con l'attribuire tutta la colpa agli
"incettatori", oppure ai fornai che nascondono il grano per far salire il prezzo del pane ciò
deriva non solo dall'ignoranza di questi personaggi nobili, ma anche dalla loro scarsa
abitudine a trattare questioni economiche, per cui non arrivano a comprendere leggi come
quella della domanda e dell'offerta e negano l'evidenza della penuria.
n.13

I commensali discutono della guerra e della carestia


Don Rodrigo comincia l’argomento di conversazione e, alludendo alla guerra per il possesso
di Mantova che è in corso tra la Francia di Luigi XIII e la Spagna di Filippo IV, dice di aver
sentito a Milano che potrebbe esserci un trattato di pace. Il conte Attilio si dice d'accordo,
ma il podestà ribatte che ha saputo dal castellano spagnolo di Lecco che le cose non stanno
così e il padrone di casa lancia un'occhiata al cugino, invitandolo a non insistere oltre per
non irritare il suo ospite (il cui appoggio, ovviamente, gli è prezioso per non avere guai con
la legge). Il podestà inizia allora un bizzarro e sconclusionato discorso di elogio al conte-duca
Olivares, primo ministro spagnolo che, a suo dire, è un fine politico in grado di mettere nel
sacco tutti i suoi avversari, a cominciare dal cardinale Richelieu, primo ministro francese (il
podestà dimostra una certa vanagloria e una discreta ignoranza, per cui il suo elogio verso
l'Olivares suona piuttosto ridicolo e privo di senso). Per porre fine alla discussione, don
Rodrigo fa portare dell'altro vino con cui il podestà fa un solenne brindisi in onore del conte-
duca, al quale è costretto ad unirsi lo stesso padre Cristoforo. Chiamato in causa, l'Azzecca-
garbugli si produce in un goffo elogio della bontà del vino, i cui fumi lo hanno
evidentemente inebriato, quindi loda il padrone di casa che offre splendidi pranzi mentre
fuori infuria la carestia. L'accenno a questa induce i presenti ad accusare gli incettatori di
grano e i fornai, rei di nascondere il pane, per cui più d'uno invoca processi sommari contro
di essi.
Pag. 113 n.3
Luigi Russo lo definisce “un virtuoso della malizia e un manesco senza rimorsi”. Durante il
banchetto si dimostra superiore, per intelligenza, a suo cugino; il tono che prende egli
prende è sempre di protezione e di compimento, di camerata più forte. Nel banchetto di
don Rodrigo, il conte Attilio è sempre quello che grida ad alta voce, che vuole sistemare una
questione di cavalleria bastonando il portatore di sfida e vorrebbe risolvere la carestia
impiccando alcuni fornai. Perciò viene definito “manesco senza rimorsi, che ha le mani
leggere che accetta, con una certa grazia monellesca, tutte le conseguenza della sua
malvagità. In questa leggerezza nel male sta il suo garbo, la sua coerenza, la sua eleganza;
ed in fondo Manzoni ha una specie di indulgenza per lui. È virtuoso della malizia, un cervello
balzano, uno sbarazzino, un bastonatore cordiale, senza rimorsi, e senza esitazioni.

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