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Università del Salento

Facoltà di Ingegneria
Corso di laurea in Ingegneria
Industriale

Lezioni di
Costruzione di Macchine
a.a. 2014/15 1
V. Dattoma, R. Nobile – Lezioni di Costruzione di Macchine
La condizione che deve essere rispettata per risolvere qua-
lunque problema di progettazione e/o verifica in qualun-
que campo dell’ingegneria è

Parametro caratteristico<=
parametro omogeneo lim./(coeff. sic.)

Nel caso di progettazione meccanica la relazione diventa


σeqmax (nel punto) <= σlim/(coeff. sicurez.) = σamm

dove la σeqmax è calcolabile teoricamente secondo i metodi


della resistenza dei materiali e scegliendo un opportuno
criterio di resistenza, mentre la σlim e ricavabile sperimen-
talmente mediante la meccanica dei materiali, o più in ge-
nerale studiando il comportamento meccanico dei mate-
riali
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Richiami sulla resistenza dei materiali
Il comportamento statico viene generalmente preso come in-
dice delle proprietà meccaniche del materiale, intendendo per
comportamento statico quello che corrisponde all’appli-
cazione sufficientemente lenta dei carichi, tale da poter
escludere fenomeni di urto e ristabilire lo stato di equili-
brio interrotto dall’applicazione del carico .
Per definire lo stato di tensione in un punto è necessario
considerare il tensore degli sforzi, che come è noto è simme-
trico e costituito da sei componenti indipendenti per uno stato
di tensione triassiale.
Nel caso di trazione semplice (stato di tensione monoassiale)
il tensore degli sforzi si semplifica notevolmente riducendosi
ad una sola componente diversa da zero, nell’ipotesi di carico
perfettamente centrato e assiale. Ed è a questo caso che,
standardizzato, ci si riferisce per definire le proprietà meccani-

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che dei materiali e anche l’entità della forza unitaria che sono in grado
di sopportare senza cedere.
Nel caso monoassiale anche il tensore delle deformazioni si riduce ad
una sola componente diversa da zero e corrispondente a quella di
sforzo. Per questa ragione le proprietà più importanti per un materiale
sono quelle definite sotto sforzo (carico/area) di trazione semplice.

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Sottoponendo, pertanto, a sforzo as- d
e
siale un cilindretto di materiale dut- c
tile, nella sezione centrale dello
b
stesso, dove i parametri di sforzo e
deformazione sono uniformi, dall’e- a
same della curva costitutiva del
materiale accanto riportata, si pos-
sono distinguere le seguenti fasi:
a) Elastica (lineare e non) a - elastica (lineare e non)
L’esperienza mostra che tutti i ma-
b - snervamento
teriali solidi possono essere defor-
mati quando sono sottoposti a cari-
c – plasticità e incrudimento
chi esterni. E stato anche osser- d - strizione
vato che entro certi limiti di carico e - frattura
ogni solido ritorna alle proprie di-
mensioni originali quando il carico
viene rimosso.

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Il ritorno alle dimensioni originali del
corpo deformato è conosciuto come
comportamento elastico ed il cari-
co limite a tale comportamento è det-
to limite di elasticità.
Il tratto iniziale elastico è quasi sempre
lineare ed in questo caso la deforma-
zione è proporzionale alla tensione.
Tuttavia non necessariamente la pro-
porzionalità fra carico e deformazio-
ne caratterizza il comportamento ela-
stico.Un esempio di materiale a com-
portamento elastico non lineare è la
gomma. Il tratto lineare è seguito da
un secondo tratto elastico non linea-
re che ha termine con il limite di ela-
sticità.
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Poiché diagrammi di questo tipo sono riportati in termini sforzo-
deformazione, lo sforzo che separa il tratto lineare da quello non
lineare prende il nome di limite di proporzionalità La legge di
proporzionalità fra sforzi e deformazioni è conosciuta come legge
di Hooke, che nel caso di stato di tensione monodimensionale
come la trazione semplice può essere espressa dalla relazione
σ = E.ε dove σ è lo sforzo, e ε è la deformazione da
esso prodotta; E è la costante di Young o modulo di elasticità.
La determinazione del limite di elasticità è piuttosto tediosa e di-
pendente dalla sensibilità degli stru-
menti di misura delle deformazioni.
Per questa ragione esso è spesso
sostituito dal limite di proporzionalità
che stabilisce la tensione a cui la
curva devia rispetto alla parte retti-
linea.
b) snervamento. Superando il limite
di elasticità il materiale passa ad un
comportamento plastico caratteriz- Lim.elas. 1µε = 10 −6 m

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zato da una permanenza nelle condizioni
deformate anche quando il carico viene ri-
mosso. Un corpo permanentemente defor-
mato è detto aver subito una deformazio-
ne plastica.
Il fenomeno che introduce questo cambia-
mento di comportamento si chiama snerva-
mento.
In realtà per un materiale duttile, lo snerva-
mento si manifesta attraverso una oscilla-
zione grafica della curva costitutiva che si
spiega considerando che i grani cristallini,
essendo diversamente orientati rispetto al
carico, non assorbono ugualmente il carico
applicato. Alcuni raggiungono il carico di
plasticizzazione prima di altri e pertanto si
allungano più di altri dando luogo ad una
resistenza alla plasticizzazione variabile.
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Solo quando tutti i grani cristallini hanno su-
perato il limite elastico, il solido riprende ad
allungarsi nella fase di incrudimento.
Nel caso il materiale non manifesti questo
fenomeno come cedimento parziale dei gra-
ni, lo snervamento viene valutato come ten-
sione che produce convenzionalmente una T15 temp. ambiente

deformazione dello 0,2% 1600


1400

c) Incrudimento La deformazione plastica 1200

Stress [N/mm ]
2
1000
800
del cilindretto in sperimentazione comincia 600
400

appena superato il limite di elasticità. Mano 200


0
0 2 4 6 8 10 12 14

a mano che la deformazione evolve e cre- Strain [%]

sce, il materiale ha bisogno di


sempre maggiore forza per de-
formarsi.
Il carico massimo corrisponde
convenzionalmente al limite di
resistenza statico del materiale.

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d) Strizione. Al raggiungimento del
carico massimo ha inizio uno scorri-
mento a freddo del materiale che si
manifesta con una riduzione rapida
della sezione del cilindretto in prova
fino alla separazione delle parti.
Poiché lo sforzo diagrammato in que-
sta curva è calcolato rispetto alla se-
zione d’origine del provino, lo sforzo
che porta alla frattura il provino si
abbassa fino al distacco delle parti.

In definitiva le caratteristiche mecca-


niche di maggior interesse che ven-
gono ricavate dalla curva di trazione
sono:

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• Sforzo unitario massimo o di resistenza
alla trazione, dato dal rapporto fra il carico σR = Fmax/So
massimo e la sezione iniziale, misurato in
[N/mm2];
• Sforzo unitario di snervamento, dato dal σy = Fy/So
rapporto fra il carico di snervamento e la
sezione iniziale, misurato in [N/mm2];
• Allungamento percentuale, dato dall’allun-
gamento permanente della lunghezza utile A = (Lf – Lo)/ Lo
dopo rottura espresso in % rispetto alla
lunghezza utile iniziale [m/m];
• Coefficiente di strizione o contrazione, da-
to dal rapporto tra area della sezione utile Z = (Sf – So)/ So
iniziale e l’area ottenuta alla rottura
espresso in % [m2/m2].

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e) frattura
Fenomeni di frattura in solidi cristallini sono molto com-
plessi. In molti casi la frattura interviene dopo una com-
plessa storia di deformazioni plastiche precedenti. Per
questa ragione si incontra molta difficoltà a descrivere il
fenomeno e a determinare le condizioni limiti per carat-
terizzare i vari materiali sia in forma di cristalli singoli,
sia ancora di più in forma policristallina.

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La deformazione plastica avviene in maniera non uniforme,
generando delle cavità e dei microvuoti di forma irregolare
I microvuoti coalescono fino a determinare la strizione del
materiale
La zona di strizione, che è sollecitata da un carico locale
più elevato rispetto alle zone circostanti, non può deformarsi
liberamente e si genera uno stato triassiale idrostatico di
tensione che
si aggiunge al
carico favoren-
do la frattura

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Aspetto della superficie di frattura
L’aspetto tipico è a coppa e co-
no, con la zona centrale piatta for-
mata dalla coalescenza dei micro-
vuoti e quella superficiale esterna
dominata dallo scorrimento, es-
sendo trascurabile lo stato trias-
siale di tensione
La presenza di un intaglio rende
trascurabile la zona di scorrimen-
to

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A livello microscopico si
osservano delle strutture
(dimple), circolari nella zona
centrale e allungate nella
zona superficiale

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Ulteriori modelli di frattura per materiali duttili

a coppa e a a lama di a doppio


cono scorrimento coltello cono

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Altri esempi di comportamento a trazione

Il tratto elastico termina con


una discontinuità che rappre-
senta lo snervamento.

Comportamento fragile

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Il maggiore contenuto di car-
bonio o la presenza di elementi
di lega aumenta le caratteristi-
che meccaniche dello acciaio
ma ne riduce le capacità di pla-
sticizzazione

Attraverso la proiezione verti-


cale si recupera l’allungamento
assoluto, somma di quello ela-
stico e plastico

ε = ε el + ε pl
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Comportamento dei materiali polimerici
Per i polimeri, la curva caratte-
ristica dipende dalla natura
termoplastica o termoinduren-
te del polimero.

Questi ultimi hanno limitate


deformazioni plastiche, men-
tre i primi come già accennato
hanno comportamenti molto
influenzati dalla temperatura.
C’è un valore di essa Tg, det-
ta di transizione vetrosa, al di
sotto della quale il polimero
ha comportamento fragile
mentre al di sopra è duttile.

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Comportamento dei materiali elastomerici e ceramici

Gli elastomeri sono invece fragili


ma giungono alla frattura dopo ele-
vate deformazioni non lineari. Nella
figura accanto è mostrato il com-
portamento di una gomma naturale
vulcanizzata e non.

Per un materiale ceramico il com-


portamento è migliore a compres-
sione che a trazione in quanto
tutte le imperfezioni presenti agi-
scono come intagli e provocano
elevate concentrazioni di sforzi che
indeboliscono il materiale.

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Comportamento
materiali compositi

Nei materiali compositi la matrice è


considerata l’elemento base, di na-
tura omogenea. Sebbene la presen-
za di rinforzi rendano il legame sfor-
zi-deformazioni variabile da punto a
punto, nella ingegneria prevale la
macro-meccanica del materiale e sia
per gli sforzi che per le deformazio-
ni vengono considerati nei calcoli i
valori medi del tratto di componente
interessato al calcolo.

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Se sono note le caratteristiche della matrice e del rinforzo, la
caratteristica del composito sarà intermedia fra le due e
dipenderà dalla percentuale di rinforzo presente nel composito.
In ogni caso si potranno distinguere tre zone:
Nella I entrambi i componenti il composito si comportano
linearmente;
Nella II la matrice non ha più un comportamento lineare mentre le
fibre continuano ad averlo;
Nella III sia la matrice che la fibra hanno un comportamento non
lineare.
Per questa ragione, per motivi di sicurezza, l’applicazione di questi
materiali generalmente si limita al tratto lineare e quindi ad
essere nella zona I del diagramma.
Nell’analisi della lamina si considera dunque il composito

omogeneo, lineare-elastico ed anisotropo.

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Frattura fragile
 La frattura fragile si manifesta con una rapida propagazione di
una cricca dopo piccole o nessuna deformazione plastica.
 La velocità con cui la cricca propaga passa rapidamente da zero
a circa un terzo della velocità del suono nel materiale.
 Nei materiali policristallini la frattura procede lungo piani
privilegiati che in questo caso prendono il nome di piani di
clivaggio entro ogni cristallo dando alla frattura un aspetto
granulare dovuto all’orientazione dei cristalli all’interno della
matrice strutturale del materiale

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La frattura fragile è favorita dai seguenti fattori:
microstruttura: grani di dimensioni più elevate riducono
la tenacità del materiale
ambiente: il contatto con agenti chimici può favorire
l’infragilimento (ad esempio l’infragilimento degli acciai
causato dall’idrogeno)
basse temperature: tutti i metalli sono caratterizzati da
una temperatura di transizione vetrosa, al di sotto della
quale la rottura è di tipo fragile
concentrazione di sforzo: i piccoli raggi di raccordo
favoriscono l’innesco di rotture fragili
carichi impulsivi: gli urti amplificano il carattere fragile
del materiale
 Può essere transgranulare o intergranulare

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Rottura fragile transgranulare
La frattura procede attraverso i grani e mostra una
tessitura tipo chevron
La punta della tessitura a chevron permette di
individuare la zona dove la rottura si è innescata
Le superfici di frattura fragile sono piane, brillanti e
cristalline nell’aspetto, in contrasto con l’opacità delle
fratture duttili

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Rottura fragile intergranulare
La rottura fragile di tipo intergranulare è dovuta alla
segregazione di impurità ai bordi dei grani durante le
lavorazioni e i trattamenti termici
La superficie di frattura appare brillante perché sono
visibili i bordi dei grani separatisi, ma mancano le superfici
piane di clivaggio

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Meccanismo di deformazione
Gli atomi sono strutture elettriche i cui dia-
metri sono dell’ordine di 1 Angstrom (10-10
m).
Un atomo è composto di un nucleo a massa
concentrata e da un sistema di masse in
movimento intorno al nucleo, il cui numero
determina la natura chimica dell’atomo.
Gli atomi sono tenuti insieme in uno stato
solido da forze interatomiche che sono in
generale funzione della pressione e della
temperatura. Le forze interatomiche pos-
sono essere attrattive e repulsive ed un
solido occupa un ben definito spazio nel
quale gli atomi, a una data temperatura e
pressione, si trovano in equilibrio in quanto
a bilanciamento fra le forze interatomiche. Curva di Condon-Morse

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Le forze che si scambiano due atomi (interatomiche) dipendono
dalla loro distanza ed esiste un particolare valore di essa in cui la
tendenza ad attrarsi o respingersi è nulla.
Sebbene questa curva sia ricavata per un isolata coppia di atomi,
si può pensare che lo stesso tipo di comportamento si abbia fra
più atomi. Infatti è questa la ragione per cui gli atomi delle
strutture cristalline tendono a disporsi secondo definiti modelli
detti reticoli spaziali. Si stabiliscono in corrispondenza di distan-
ze di equilibrio stabile per le quali è minima l’energia potenziale
di sistema.
Piccoli spostamenti nello spazio interatomico di un materiale si ma-
nifestano macroscopicamente attraverso deformazioni elastiche.
Pertanto il fenomeno dell’elasticità
dei corpi conferma la stabilità dell’e-
quilibrio atomico.
Nell’intorno del punto di stabilità pari
a η = r-r0/r0 la legge di Condon-Mor-
se può confondersi con la tangente

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alla stessa curva in quel punto permettendo di ritenere che in
condizioni elastiche la legge di variazione degli spostamenti sia
lineare anche nel macroscopico e che il modulo di Young E
debba essere proporzionale alla tangente della curva di Condon-
Morse in prossimità della distanza di equilibrio fra le forze
interatomiche. Il normale range di deformazione elastica che si
osserva nei materiali cristallini raramente eccede lo 0.5%, e
pertanto in questo piccolo range di deformazioni, per tutti gli
scopi pratici la forza è una funzione lineare dello spostamento,
come è atteso dalle osservazioni nella teoria dell’elasticità.
Nella figura è riportata un’organizzazione di atomi più complessa di
quella di un sistema di due atomi.L’applicazione di una sollecitazio-
ne di taglio sui piani all’interno
del cristallo causa uno sposta-
mento δ di atomi dalla loro ori-
ginale posizione.
Se lo spostamento è piccolo, la
deformazione è elastica e recu-
perabile.

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Se l’intensità della sollecitazione è grande abbastanza per
spostare l’atomo 1 in una posizione intermedia fra gli atomi 2 e 4,
l’atomo 1 è in una posizione di equilibrio metastabile rispetto a 2
e 4 e potrebbe assumere la posizione di equilibrio sopra l’atomo
4 invece di ritornare nella sua posizione di equilibrio originaria
sopra l’atomo 2.
Se l’atomo 1 si sposta nella posizione al di sopra dell’atomo 4, la
simmetria del reticolo è ripristinata, ma gli atomi si trovano
diversamente sistemati.
Il cristallo si dice slipped (slittato) o aver
subito una deformazione plastica di distanza
interatomica.
Il valore della sollecitazione di taglio che
produce lo scorrimento fra piani è chiamata
“sollecitazione critica”.
E’ stato sperimentalmente verificato che la
sollecitazione di taglio critica è costante per
un dato materiale ed una data temperatura
(legge di Schmid).

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E’ possibile determinare la sua espressione
analitica considerando un provino cilindrico
costituito da un solo cristallo sollecitato da
una forza assiale e tagliandolo casualmente
secondo un generico piano, come nella figura

2 F sin θ cos θ F sin( 2θ )


τ= =
2A 2A
dτ F
= 2 cos 2θ = 0
dθ 2 A
cos(2θ ) = 0 dσ n F
= 2 cos θ (− sin θ ) = 0
π dθ A
F cos 2 θ 2θ = sin( 2θ ) = 0
σn = 2
A π 2θ = 0 per θ = 0
θ=
F sin θ cos θ 4 F F
τ= τ= σn =
A 2A A
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Curva reale di trazione
La curva nominale di trazione fornisce i valori caratteristici
di tensione di rottura e di snervamento che vengono utilizzati
per la verifica e la progettazione
Per questa ragione tale curva viene detta anche curva
ingegneristica
Tale curva però non descrive perfettamente cosa accade
nel materiale dopo lo snervamento, in quanto fa riferimento a
grandezze nominali, misurate cioè prima della prova
Se si vuole descrivere con maggiore precisione il
comportamento del materiale, è necessario utilizzare i valori
istantanei di lunghezza e sezione
Si ottiene così la curva reale di trazione

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dl dl
dε = dε =
lo l
l l l l
dl dl
∫l dε = l∫ lo ∫l dε = l∫ l
0 0 0 0

l − lo ∆l l 
e= = ε = ln 
lo lo  lo 
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Relazione tra grandezze reali e nominali

 Deformazione reale

∆l l − l0 l l
e= =
l
= −1 ⇒ = 1+ e ε = ln  = ln(1 + e)
l0 l0 l0 l0  l0 

 Nel campo plastico, risulta valida l’ipotesi di deformazione a


volume costante:
l A0
A 0 ⋅ l0 = A ⋅ l ⇒ =
l0 A

 Tensione reale
P A0 P A0
σ= ⋅ = ⋅ = s(1 + e)
A A0 A0 A

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Relazione tra grandezze reali e nominali
 La curva reale di trazione è monotona
 Rispetto alle grandezze nominali, quelle reali sono amplificate
nei valori di tensione e ridotte in quelle di deformazione
 Le grandezze reali si discostano da quelle nominali solo nel
campo plastico
 Le relazioni tra grandezze reali e nominali non valgono oltre la
strizione, per effetto della disuniformità della tensione nella
sezione
 Esempio di discordanza tra deformazioni nominali e reali

e 0.01 0.1 0.2 0.5 1.0 4.0

ε 0.01 0.095 0.182 0.405 0.693 1.609

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Il concetto di deformazione vera può essere messo in evidenza
attraverso il seguente esempio.
Si consideri un cilindro a sezione costante che subisce un allun-
gamento pari a due volte la sua lunghezza originale.
La deformazione lineare è quindi data da
2lo − lo
ε= = 1,00 pari al 100%
lo
Per ottenere il 100% in com-
pressione, secondo il concetto
di deformazione lineare il cilin- 2lo
ε = ln = ln 2 = 0,69
dro dovrebbe essere schiac- lo
ciato fino ad una lunghezza
nulla. lo
1
Attraverso il concetto di ε = ln 2 = ln = − ln 2 = −0,69
deformazione vera si avrebbe: lo 2

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Modelli Costitutivi
Materiale
 La legge costitutiva di un perfettamente elastico
materiale è la relazione ana-
litica tra la tensione σ e la
deformazione ε
 La legge costitutiva viene
utilizzata come dato di par-
tenza per il calcolo analitico e
numerico delle sollecita-zioni.
 La curva utilizzata è quella
espressa in termini delle
grandezze reali
σ= E ⋅ ε

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Materiale elastico perfettamente plastico

 σ < σy
σ= E ⋅ ε
 σ = σy

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Materiale rigido perfettamente plastico

σy

 σ = σy

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Materiale con incrudimento plastico lineare

 σ < σy
σ= E ⋅ ε
 σ > σy
σ = σ y + E1 ⋅ ε p

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Materiale con incrudimento plastico multilineare

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Materiale con incrudimento continuo

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Materiale con incrudimento continuo
Legge di Ludwik

σ = K ⋅ε n
p

 εp è la componente plastica della deformazione;


 n è il coefficiente di incrudimento;
σf
 K= è il coefficiente di resistenza;
ε fn

Relazione di Ramberg-Osgood
1
σ σ  n
ε = εe + εp = + εf ⋅  
E  σf 
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Prova di trazione
Provino circolare Provino piatto

R30
10±0,2
t

20
50

40 60 40

165

Dimensioni tratto utile


L0 > 5.65√A0 (UNI 10002)
L0 > 5W (ASTM E8)

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Per avere una valenza riconosciuta, le prove
devono essere eseguite secondo norma
(es. UNI 556, ISO …) sia in relazione alla
geometria dei provini, sia in relazione alle
modalità di prova.
In relazione alla geometria, sono state di-
mostrate influenze di poco rilievo sul cari-
co di rottura sia della forma della sezione
del provino che della lunghezza del provi-
no, mentre è stato riscontrato un effetto si-
gnificativo del rapporto tra diametro e lun-
ghezza utile sull’allungamento a rottura.
Pertanto viene adottata la legge Bauschinger
secondo la quale barre aventi sezioni di
forma diversa, sempre che siano tali da
presentare un tratto utile di una certa enti-
tà, hanno lo stesso allungamento a rottura
A, qualora le loro lunghezze utili stiano nel-
lo stesso rapporto delle radici delle aree

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Dal momento che è usuale impiegare Velocità di prova
provette proporzionalmente corte
con d = 10 mm ed Lo = 5d
la relazione che assicura lo stesso
allungamento per differenti sezioni
diventa
Lo = 5,65 S o

Per quanto riguarda le modalità di E’ opportuno distinguere


fra:
prova, i parametri caratteristici di
un materiale dipendono da:
Velocità di allungamento
- Velocità di prova
del provino (compresa fra
- Temperatura di prova 0.0025 e 0.00025 s-1);
- Ambiente Velocità di applicazione del
carico (< 30 N/mm2)

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Entrambe infatti influenzano i risultati sperimentali al punto che, per
velocità di prova troppo alte, risentono di effetti di inerzia che
producono aumenti sensibili degli sforzi limiti, nei materiali duttili,
diminuzioni sensibili invece per i materiali fragili.
Al contrario velocità basse avvicinano il comportamento del ma-
teriale a situazioni di applicazione statica del carico.
Le proprietà plastiche e di frattura del materiale dipendono forte-
mente dalla temperatura a cui la prova viene condotta.
In generale la resistenza decresce e la duttilità cresce all’aumen-
tare della temperatura. Tuttavia, cambiamenti strutturali come
precipitazioni o ricristallizzazioni possono avvenire in certi inter-
valli di temperatura per alterare questa regola comportamentale
generale.
Alle alte temperature poi, i cambiamenti strutturali che si osservano
si manifestano nel fatto che la deformazione diventa dipendente
dal tempo (creep).

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Da un’analisi dei risultati delle prove a
temperature più alte di quella ambiente, si
rileva, per gli acciai, che:
- il carico di rottura cresce fino ad un mas-
simo di 200° e poi diminuisce;
- L’allungamento e la contrazione diminui-
scono fino al massimo del carico di rot-
tura e poi crescono;
- Lo snervamento cresce fino a 200° e poi
tende a diminuire, ma diventa difficile mi-
surarlo a causa del fatto che la deforma-
zione cambia continuamente;
- Il modulo E diminuisce sempre e quindi le
deformazioni aumentano a parità di cari-
co.

V. Dattoma, R. Nobile – Lezioni di Costruzione di Macchine 51


• Modello visco-elastico
Con questo modello la deformazione
dipende anche dal tempo secondo
una relazione costitutiva del tipo
ε= εo + dε/dt *t
Con una rappresentazione descritta
dal diagramma accanto in cui si di-
stinguono tre zone: primaria, secon-
daria e terziaria Alle basse temperature il
comportamento dei mate-
riali cambia. Per gli acciai,
la strizione tende ad an-
nullarsi il che significa che
l’allungamento a rottura
sostanzialmente scompa-
re e la rottura diventa fra-
gile.
V. Dattoma, R. Nobile – Lezioni di Costruzione di Macchine 52
L’effetto dell’ambiente sulla resistenza di
un materiale si riassume nell’effetto del-
la corrosione. Qualsiasi tipo di corrosio-
ne tende a diminuire la resistenza.
In particolare l’attacco locale tende a dimi-
nuire l’allungamento a rottura e quindi
tende ad infragilire il materiale facendo
si che sopporti male le sovra-sollecita-
zioni dovute agli intagli prodotti dalla
stessa corrosione.
La corrosione uniforme influenza il carico
di rottura per effetto della riduzione della
sezione resistente.
In ogni caso l’effetto della corrosione è
essenzialmente legato al fattore tempo,
nel senso che, a pari condizioni ambien-
tali e di carico, fa sentire la sua azione
col trascorrere del tempo.

V. Dattoma, R. Nobile – Lezioni di Costruzione di Macchine 53


V. Dattoma, R. Nobile – Lezioni di Costruzione di Macchine 54
Prova di resilienza – pendolo Charpy
La prova di resilienza ha lo
scopo di valutare la quantità di
energia dovuta all’impatto che
può essere assorbita da un
materiale
La prova viene eseguita col-
pendo con una massa in mo-
vimento un provino intagliato
La presenza dell’intaglio e
l’elevata velocità di deforma-
zione ottenuta con la prova
permettono di evidenziare il
carattere duttile-fragile del ma-
teriale al variare della tempe-
ratura

V. Dattoma, R. Nobile – Lezioni di Costruzione di Macchine 55


Le informazioni ottenibili da una prova di impatto di Charpy sono
le seguenti:
Minimo valore di energia assorbito
Percentuale di area fragile
Espansione laterale

V. Dattoma, R. Nobile – Lezioni di Costruzione di Macchine 56


Prova strumentata di impatto Charpy
L’andamento del carico nel tempo al variare della
temperatura

V. Dattoma, R. Nobile – Lezioni di Costruzione di Macchine 57


Attrezzature di prova – Macchina universale di trazione
Elettromeccanica

Il carico viene applicato impo-


nendo una velocità di traslazione
costante della traversa
La velocità deve essere tale che:
mm
ε ≤ 0.5
mm ⋅ min
N ASTM E8
σ ≤ 11.5
mm 2 ⋅ s
La velocità viene calcolata sulla
base del materiale e della lun-
ghezza del tratto utile

V. Dattoma, R. Nobile – Lezioni di Costruzione di Macchine 58


Attrezzature di prova – Macchina universale di trazione
Servoidraulica

V. Dattoma, R. Nobile – Lezioni di Costruzione di Macchine 59


Attrezzature di prova – Estensometro

V. Dattoma, R. Nobile – Lezioni di Costruzione di Macchine 60


PROVE DI DUREZZA
La durezza di un materiale viene defi-
nita come la resistenza che esso offre
alla penetrazione di un corpo più duro
di forma prestabilita sotto un carico de-
terminato ed applicato progressivamen-
te.
Il valore indice della durezza viene de-
dotto per quasi tutte le prove dalla mi-
surazione della dimensione dell’impron-
ta permanente prodotta dall’utensile.
Le prove di durezza sono definite da
norme UNI ed ISO.
Le prove di durezza più usate sono:
Prova Brinell (Hd)
Prova Vickers (HV)
Prova Rockwell (HRB-C)
V. Dattoma, R. Nobile – Lezioni di Costruzione di Macchine 61

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