Vita e influenze negli studi e nella formazione culturale
Kant è uno dei più importanti filosofi del pensiero occidentale e dell'illuminismo. Nasce nel 1724 a Königsberg, cittadina ai tempi della Prussia orientale, che porterà poi all'unificazione tedesca. Vive nel corso del 18esimo secolo, dunque ffronta di persona tutte le diatribe dell'illuminismo, che porrà sotto esame in diverse sue opere. La sua formazione culturale viene influenzata dal azionalismo dell'illuminista Cristian Wolf e dalla religione pietista, forma di protestantesimo nata in Germania basata sull'idea di dovere che sottolineava l'importanza della fede e della coscienza individuale. I suoi studi universitari vengono segnati dalla fisica di Newton, dalle opere politiche di Rousseau e dalla lettura di quelle del filosofo Hume, rappresentante dell'empirismo scettico a cui Kant attribuì il merito di averlo risvegliato dal "sogno dogmatico" (1769). Muore nel 1804, a causa del morbo di Alzheimer. Le opere Le opere di Kant si dividono in critiche e pre-critiche dal momento che la filosofia kantiana prenderà il nome di criticismo: -scritti pre-critici→ Opere di stampo scientifico e filosofico (influenzato da Wolf) scritte fino al 1770 -dissertazione filosofica (1770)→ riflette sulla differenza tra conoscenza sensibile ed intellegibile, proponendosi di risolvere la diatriba tra razionalisti ed empiristi.0 -scritti critici→ "Critica della ragion pura" (1781), la cui pubblicazione porterà ad uno sconcerto generale all'interno dell'èlite tedesca, che lo costringerà a dover pubblicare un libello per spiegare l'opera stessa. Qui affronta il tema della legittimità della conoscenza umana. "Critica della ragion pratica" (1787), che pone il focus sulla praxis, ovvero sull'azione morale. "Critica del giudizio" (1790) in cui offre una via per superare l'influenza del mondo noumenico su quello fenomenico "Per la pace perpetua" (1795), libello che potrebbe essere ipoteticamente considerato un trattato di pace: qui Kant stila dei consigli volti al sovrano prussiano su come poter mantenere la pace tra gli stati. "Che cos'è l'Illuminismo?" (1784): è un saggio in cui Kant definisce l'illuminismo come l'allontanamento dell'uomo da uno stato volontario di minorità intellettuale, l'uomo "minorenne" infatti fino a quel tempo non è stato in grado di utilizzare autonomamente il suo intelletto. Questo lo ha portato ad aggrapparsi a quelli che Kant definisce tutori del sapere. Questa illuminazione si propone dunque di spingere l'uomo ad utilizzare un intelletto autonomo su tutti i punti. Distingue poi un uso privato e uno pubblico della ragione: -uso privato della ragione: l'uomo compie in quanto parte di un'organizzazione collettiva -uso pubblico della ragione: uso autonomo di uno studioso (=colui che espone ragionamenti originali) che condivide il proprio sapere (illuminismo illuminato) L'uomo illuminista deve essere politicamente e socialmente attivo. Analisi testo "Che cos'è l'illuminismo?" 1-4 definizione di illuminismo → uscita dallo stato di minorità intellettuale. Minorità non intesa come incapacità di servirsi dell'intelletto, ma come mancata decisione di servirsi di questo. 5-15 cause di minorità e tutori → le cause di questa minorità sono la pigrizia e la viltà. Dal momento che l'uomo non si serve di una coscienza autonoma, si servono dei tutori, che hanno coscienza, giudicano, pensano al posto dell'uomo, che adesso non porta su di sè più alcuno sforzo. Qui Kant paragona i "minorenni" al bestiame, reso stupido dagli allevatori (tutoti) e a dei bambini che vengono portati in giro sempre nel passeggino, così che, camminando da soli, non incorrano in rischi. Così facendo però non impareranno mai, infatti non s'impara a camminare senza cadere. 16-21 difficoltà di uscita da questo stato → l'uomo, poichè abituato a tale condizione, con fatica riesce ad uscirne. Sono infatti pochi coloro che sono riusciti a liberarsi da questo stato di minorità: ciò è avvenuto grazie all'autoeducazione del proprio spirito. 22-30 illuminismo collettivo → il termine di questo dispostismo personale e quindi l'illuminazione è più probabile che si manifesti all'interno di una comunità: spesso, infatti, spinti dalla volontà di diffondere e accettare il proprio pensiero dalla comunità, gli uomini pensano da sè. Affinchè l'illuminazione si realizzi, scrive Kant, è necessario non avere pregiudizi, perchè potrebbero danneggiare coloro che li hanno seminati. 23-41 libertà, usi della ragione → L'unica condizione necessaria per raggiungere l'illuminazione è la libertà, che spesso la società tende a limitare. Distingue poi due usi della ragione: uso pubblico e uso privato. Il primo viene messo in atto dall'uomo in quanto studioso, che condivide il proprio sapere con il pubblico. Questo deve essere privo di ogni limitazione ed è necessario per l'illuminazione. Il secondo, invece, interessa l'uomo in quanto parte di un organo collettivo. Questo, a differenza del primo, è limitato, senza che però noccia al progresso illuministico. L'uomo, infatti, in determinati luoghi e situazioni civili, è chiamato ad ubbidire.
DISSERTAZIONE FILOSOFICA (1770)
Kant parte dal pensiero filosofico contemporaneo per cercare di risolvere la diatriba tra razionalisti ed empiristi. Qui definisce la conoscenza sensibile e quella intellegibile: -conoscenza sensibile, per cui il soggetto subisce un'azione da un oggetto al di fuori. Questa conoscenza ci mostra l'oggetto come fenomeno, quindi come materia (come appare). Questa conoscenza si attua attraverso le cosidette intuizioni pure, forme a priori, universali (non legate all'esperienza). Queste sono intuizioni di spazio e tempo: si può dunque esperire un oggetto se si presenta in un determinato spazio e tempo. -conoscenza intellegibile, facoltà di rappresentare cose che non possono essere colte dai sensi e che prendono il nome di noumeni. (Riflette di conseguenza sul rapporto materia-forma: -la materia intesa come phenomenon -la forma, struttura che permette la conoscenza stessa (spazio e tempo). ) I concetti di fenomeno e noumeno verranno poi ripresi nella "Critica della ragion pura", in cui Kant darà un'accezione diversa ai termini.
CRITICA DELLA RAGION PURA (1781)
Kant parte da 4 quesiti: -Come può esistere la matematica pura? -Come può esistere la fisica pura? -Come può esistere la metafisica come disposizione naturale? Sì, è immanente nella ragione -Come può esistere la metafisica come scienza? Lo strumento per rispondere ai quesiti si trova nel titolo stesso: Critica→ giudizio nei confronti della legittimità della conoscenza umana Ragion→ non è identificabile nella ragione di Cartesio, ma indica le facoltà della mente, ovvero sensibilità, intelletto e ragione. Pura→ a priori, universale (indipendente dalla conoscenza) Ne deriva che l'opera è una critica da parte della ragione alla ragione stessa, ai suoi limiti. Il tribunale della critica (pag 687-688): 1-4: destino della ragione→ essere gravata da questioni inevitabili e irrisolvibili 5-20: metafisica come campo di battaglia di controversie irrisolvibili: la conoscenza viene ausiliata da primi validi nell'ambito della conoscenza, che però nascondono errori facendo cadere in contraddizioni. 25-34: metafisica prima regina di tutte le scienze, ora matrona ripudiata 35-39: critica non alla ragione stessa, ma alle sue facoltà, al metodo 45-50: obiettivo→ istituire un tribunale non affinchè venga affermata o smentita la validità della ragione, ma affinchè vengano messi in luce i suoi limiti. 51-65: metafisica critica contrapposta alla metafisica della tradizione spinta dal desiderio di un sapere assoluto. Nella Prefazione alla prima edizione dell'opera Kant informa il lettore circa il suo obiettivo: istituire un tribunale in cui l'accusato e l'accusatore sono gli stessi, ovvero la ragione. Questa però non critica in generale sè stessa, cercando di stabilire la propria validità, ma cerca di mettere in luce i propri limiti. Ne "il tribunale della critica" Kant parte dando la defizione di metafisica come campo di battaglia di controversie irrisolvibili: la ragione è destinata ad essere gravata da questioni irrisolvibili, che tenta di risolvere partendo da principi che vanno oltre l'esperienza e che vengono accettati come validi: (es. causa-effetto), questi però nascondono degli errori, che fanno cadere in contraddizioni, portando a dispute senza fine. La metafisica è ora considerata matrona ripudiata, ma era prima regina di tutte le scienze per l'oggetto della sua ricerca, es l'esistenza di Dio (es. Aristotele parlava della metafisica come filosofia prima, perchè mentre le altre scienze studiavano solo alcuni aspetti dell'essere, questa affronta l'essere nella sua totalità). Nella sua ricerca Kant fa uso di una metafisica critica: egli fa un uso sistematico della ricerca, anche a costo di smontare le proprie illusioni e pretese. Così dicendo si discosta dalla metafisica dogmatica della tradizione, che si proponeva di trovare un sapere assoluto. La rivoluzione copernicana La sua rivoluzione prende il nome di rivoluzione copernica, perchè come copernico aveva invertito il rapporto terra-sole, allo stesso modo kant ha invertito il rapporto tra oggetto e soggetto della conoscenza. Infatti non deve essere più l'uomo a porre l'attenzione sul oggetto, ma deve essere questo ad adattarsi al soggetto, e quindi al suo intelletto, cercando di ottenere una conoscenza a priori. Kant afferma che "noi delle cose non conosciamo a priori, se non quello stesso che noi vi mettiamo". Infatti la conoscenza può realizzarsi solo se gli oggetti si rifanno a dei concetti a priori. La rivoluzione della metafisica Alla rivoluzione copernicana si accosta una sorta di rivoluzione della metafisica: egli infatti intende cambiare l'atteggiamento nei confronti della realtà. Se da un lato da sempre gli uomini hanno pensato che la nostra mente si accostasse alla realtà in maniera passiva, dall'altro egli vuole dimostrare che lo fa in maniera attiva, dando forma alle percezioni sensibili. (es. mente no come rullino di una macchina fotografica, ma come una macchina che riceve dei fogli di carta (sensazioni), imprime dei caratteri sul foglio, creando un testo. Ricollegandosi alla prima domanda che si pone nella pura, ovvero se potesse la metafisica essere considerata come scienza, egli risponderà negativamente, perchè le idee della ragione non possono operare una sintesi conoscitiva, come fanno i concetti puri dell'intelletto e perchè a differenza delle altre scienze che procedono in modo cumulativo e sicuro, la metafisica procede disordinatamente con risultati incerti e contraddittori→ METAFISICA NO SCIENZA I diversi giudizi Per Kant conoscere significa giudicare, che a sua volta secondo la tradizione aristotelica significa attribuire un predicato ad un soggetto. Kant elabora una tavola di giudizi, che secondo lui sono stati elaborati nel corso del tempo e che hanno spiegato come avviene la conoscenza umana. Analisi testo giudizi analitici e sintetici (pag 693-695) -giudizi analitici a priori (tipici dei razionalisti): qui il predicato B è contenuto implicitamente nel soggetto A. Viene anche chiamato esplicativo, o infecondo, perchè non aggiunge altro al soggetto, ma lo scompone nei concetti in lui già presenti. Es. "Tutti i corpi sono estesi": non si necessita di andare al di là del concetto, è sufficiente scomporlo dato che l'estensione è una caratteristica già contenuta nel concetto di corpo). Viene definito a priori perchè ha validità immutabile, è universale e non è necessaria alcuna testimonianza dell'esperienza. -giudizi sintetici a posteriori (tipici degli empiristi): il predicato B si trova al di fuori di A, anche se sono connessi tra di loro. Sono chiamati estensivi, o fecondi, perchè si aggiunge un predicato che non si sarebbe potuto ricavare attraverso scomposizione del concetto. Es. "Tutti i corpi sono pesanti" oppure "il cielo è limpido": il predicato aggiunge qualcosa che non viene pensato nel concetto di corpo o cielo. Questi sono i giudizi dell'esperienza, infatti è necessaria la testimonianza di questa per estrarre il predicato. -giudizi sintetici a priori (elaborato da Kant): Sono quelli su cui s’appoggia l’intelletto, quando crede di trovare, al di fuori del soggetto A un predicato B, estraneo a esso, ritenendolo al tempo stesso congiunto con esso. Es. “Tutto ciò che accade ha la sua causa”: il concetto di causa si trova completamente al di fuori del concetto. Hanno caratteri di universalità e validità rigorosa che l'esperienza non può dare. Il problema era trovare il fondamento di questi giudizi, e quindi il perchè e il come possano permettere la conoscenza. Le facoltà dell'intelletto e i concetti di fenomeno e noumeno La conoscenza, secondo Kant, scaturisce dai sensi, da qui va all'intelletto per finire poi alla ragione→ si parte sempre e solo dai sensi. Definisce le tre facoltà conoscitive: -sensibilità: facoltà di rappresentare i fenomeni attraverso intuizioni pure -sensazione: affezione che la materia esterna (fenomeni) ha sull'uomo -intelletto: facoltà di unificare, riorganizzare quelle rappresentazioni attraverso le categorie -ragione: facoltà dell'uomo che tenta di andare oltre la conoscenza, superando i limiti dell'esperienza, ovvero le idee di anima, mondo e Dio. Qui il concetto di fenomeno è sempre lo stesso (la realtà come appare e non come realmente è), mentre cambia il concetto di noumeno: nella dissertazione filosofica il noumeno è quella realtà che non può essere esperita attraverso i sensi, mentre nella ragion pura diventa ciò che all'uomo rimane precluso.
L'opera si divide in due grandi parti:
→la dottrina degli elementi: -estetica trascendentale: studia la sensibilità e le sue forme a priori di spazio e tempo -logica trascendentale→ analitica trascendentale: studia la facoltà dell'intelletto e le sue forme a priori ovvero le categorie →dialettica trascendentale: studia la ragione e le sue forme a priori di anima, mondo e dio. →la dottrina del metodo:
Trascendentale è una conoscenza non concentrata sull'oggetto, ma sulla modalità di
conoscenza dell'uomo, dunque può essere indicato come il meccanismo della conoscenza a prescindere dal suo contenuto. La filosofia perde l'aspetto dogmatico e metafisico tradizionale, e basandosi ora su una ricerca critica delle condizioni della conoscenza diventa trascendentale.
ESTETICA TRASCENDENTALE (dottrina degli elementi):
Conoscenza sensibile e forme a priori di spazio e tempo Kant specifica che la conoscenza parte dai sensi (conoscenza sensibile) e che si si realizza in due momenti: uno in cui il soggetto passivo subisce l'azione dall'oggetto e un momento in cui il soggetto è attivo, e dunque è chiamato a riorganizzare le ricezioni dell'esterno attraverso le forme a priori di spazio e tempo. Lo spazio è la forma a priori del senso esterno, che permette di rappresentare i dati esterni disposti l'uno accanto all'altro Il tempo: forma a priori del senso interno che permette di rappresentare i dati esterni l'uno dopo l'altro. Dunque il soggetto può accettare il dato esterno come fenomeno solo se lo organizza in un determinato spazio e tempo. Spazio e tempo secondo i predecessori Spiega i concetti di spazio e tempo partendo dalle critiche dei suoi predecessori: -Locke inquadrava lo spazio e il tempo come forme che l'uomo acquisisce unicamente tramite l'esperienza, dunque si rifiuta di accettarli come idee innate. -Newton, seguendo una concezione oggettivistica, vede spazio e tempo come recipienti vuoti riempiti una volta fatta l'esperienza. Kant, in risposta allo scienziato, dirà che non possono essere considerati tali perchè non derivano dall'esperienza, ma sono intuizioni pure -I razionalisti rintracciano nello spazio e nel tempo dei concetti. Kant, in risposta a questi, dirà che non possono essere definiti tali perchè non possiedono alcuna natura discorsiva. Infatti devono essere pensati come quadri mentali innati, sui quali non si può ragionare. Kant in generale parlerà di innatismo formale: le forme a priori non sono idee innate, ma forme innate comuni a tutti gli uomini. La matematica collegata alle forme di spazio e tempo Egli ricollega le forme di spazio e tempo ai principi della matematica, già considerata scienza grazie alle ricerche scientifiche attuate in passato (ancora non legittimanata), e in particolare alla geometria e all'aritmetica. Kant collega l'aritmetica al tempo perchè contare significa aggiungere un'unità una dopo l'altra e perchè il risultato di una qualunque operazione non ci viene data dall'esperienza o dai numeri stessi, ma dalle forme a priori.
ANALITICA TRASCENDENTALE (logica trascendentale)
Conoscenza intellegibile e categorie La conoscenza non si ferma ai sensi, ma procede oltre nell'intelletto. Questa sezione si occupa della facoltà dell'intelletto e il suo modo di conoscere oltre le forme pure chiamate categorie. Kant scrive "Senza sensibilità nessun oggetto ci verrebbe dato, e senza intelletto nessun oggetto verrebbe pensato. I pensieri senza contenuto (ovvero le intuizioni) sono vuoti, le intuizioni senza concetto sono cieche." È nell'intelletto che avviene è necessaria concettualizzazione attraverso le 12 categorie: il dato percepito dai sensi e riorganizzato dalle forme a priori di spazio e tempo deve essere concettualizzato. Le categorie sono schemi mentali a priori. Egli li definisce concetti speciali, e riguardo a ciò ancora una volta riprende Newton, riportando la sua definizione di concetti empirici e a priori: -concetti empirici che derivano dall'esperienza (es. il calore) -concetti a priori, che prendono anche qui il nome di categorie. Tornando ad un passato ancora più remoto, già Aristotele aveva parlato di categorie come natura logica e ontologica: funzionalità logiche e al contempo sostanza. Le categorie di Kant (12) sono invece legis mentis, hanno dunque solo natura logica, e vengono definite come trascendentali e gnoseologiche, dunque si trovano alla base della conoscenza e sono funzionali ad essa. Queste sono divise nei 4 gruppi di quantità, qualità, relazione e modalità e in ogni gruppo troviamo 3 categorie. Causa e sostanza: le categorie fondamentali Tra le dodici categorie, quelle di causa e sostanza sono le più importanti. -empiristi: la sostanza è un sovrapporsi di accidenti, che per essere descritti o organizzati non necessitano di altro. La causa è un susseguirsi temporale di cose che si ripetono in maniera uniforme che non può essere accettato dal punto di vista teorico, perchè non è niente in sè. -kant smentisce entrambe le definizioni: Riguardo la sostanza dice che il tempo è necessario affinchè gli accidenti vengano riorganizzati dalla mente. La causa è una forma a priori (insito nell'intelletto), un concetto puro, speciale eindipendente dall'esperienza ma necessaria affinchè questa avvenga. Deduzione trascendentale La deduzione trascendentale si occupa di giustificare l'esistenza delle categorie, infatti non si può avere avere la certezza che queste corrispondano ai dati sensibili dal momento che sono forme a priori che non derivano dunque dall'esperienza. Kant utilizza la parola deduzione, che è un termine giuridico: significa dimostrare universalmente la legittimità e la validità di qualcosa empiricamente dimostrabile. Kant ne giustifica l'esistenza introducendo il concetto di io penso, struttura dell'intelletto presente in ogni individuo, e quindi universale, in cui avvengono tutti i processi conoscitivi e che ci permette di percepire la realtà come unitaria. (capisco che quello è Andrea, non braccia gambe etc...).
DIALETTICA TRASCENDENTALE (logica trascendentale)
Con dialettica trascendentale indichiamo il tentativo della ragione di andare oltre i limiti dell'esperienza, quali l'anima, il mondo e Dio, che sono concepiti come esistenti ma impossibili da esperire. A tal proposito riprde la domanda che si era posto all'inizio dell'opera: la metafisica può essere considerata come disposizione naturale? Sì, l'uomo è naturalmente predisposto ad andare oltre l'intelletto, e ad utilizzare quindi la ragione. Nella dialettica egli pone sotto esame proprio la ragione, che, andando oltre l'esperienza, si interroga sugli interi, sul "tutto" e in particolare su tre idee: -il mondo, che è la totalità dei fenomeni esterni -l'anima, che è la totalità dei fenomeni interni -Dio, che è la totalità dei fenomeni sia interni che esterni. La ragione però non riesce ad esperire tutto il mondo, ma solo una sua parte e ciò vale anche per l'anima e Dio. Per questo genera idee fallaci prive di validità scientifica. Egli spiega il rapporto conoscenza-limiti della conoscenza attraverso la metafora dell'isola: l'isola rappresenta la conoscenza certa derivante dall'esperienza. Questa è circondata da un mare tempestoso che crea illusioni di nuove terre e ingannevoli speranze nei marinai. Queste illusioni rappresentano proprio le idee di anima, mondo e Dio. I predecessori di Kant, fautori della metafisica tradizionale avevano cercato di dimostrare l'immortalità dell'anima e l'esistenza di Dio, ma questi mossi dal desiderio di trovare una dimostrazione assoluta avevano preceduto secondo ragionamenti fallaci, che Kant mette in luce in questa opera. Egli critica, dunque, le tre scienze: -Psicologia razionale (anima): gli studiosi hanno sbagliato ad applicare all'io penso il concetto di sostanza che possiede specifiche qualità, infatti questo non è altro che una struttura universale dell'intelletto. -Cosmologia (mondo): Kant individua nelle definizioni date dai suoi predecessori 4 antinomie, ovvero conflitti della ragione con se stessa in cui ad ogni tesi corrisponde un'antitesi. Kant afferma che le tesi esprimono l'interesse della morale e soprattutto della religione e sono per questo empiriste, mentre le antitesi mostrano l'interesse nella ricerca scientifica e sono per questo razionali. L'uomo non è in grado di stabilire la veridicità nè dell'una nè dell'altra perchè nè l'idea di mondo nè le sue caratteristiche (estensione e durata indefinite) sono esperibili. -Teologia → Kant afferma che non è possibile avere esperienza di Dio, però i suoi predecessori ne hanno cercato le prove attraverso 3 dimostrazioni logiche: prova ontologica —> salto dal piano fenomenico (piano dell'esistenza) al piano trans- fenomenico (ultrasensibile), che a noi è ignoto. L'unica prova ontologia della tradizione filosofica è quella di S. Anselmo d'Aosta: Egli definisce Dio come ciò di cui non si può pensare nulla di più perfetto e se Dio è questo, allora deve esistere per forza: se non esistesse non potrebbe più essere l'essere perfettissimo perchè gli mancherebbe l'esistenza. Dunque fa derivare l'esistenza di Dio dalla sua stessa definizione, ed è proprio questo aspetto che Kant critica: l'esistenza infatti è qualcosa di diverso dal concetto (esempio cento talleri). Inoltre egli afferma che non è possibile comparare due diversi piani di realtà. prova a posteriori (san Tommaso): San Tommaso ha raccolto 5 prove a posteriori chiamate le "cinque vie" per spiegare l'esistenza di Dio. Tutte fanno leva sul fatto che debba esistere per forza una causa prima, o causa incausata che potesse spiegare l'esistenza del mondo. Kant critica San Tommaso affermando che l'uomo come essere contingente (=non ha nesso causale con altro), non può risalire ad una causa necessaria (=tutto ciò che viene dopo). (passaggio tra due realtà) prova fisica (illuministi): poichè c'è un ordine rintracciabile nella natura, si deve pensare l'esistenza di un ordinatore e questo non può che essere Dio. Anche questa prova finisce per ricadere nella contraddizione della prova ontologica.
PERCHÈ KANT PUÒ ESSERE CONSIDERATO ILLUMINISTA?
ma mentre l’Illuminismo si è tenuto fermo a una conoscenza del mondo finito e ha escluso ogni discorso metafisico, Kant, con le tre idee della ragione, manifesta l’esigenza di riappropriarsi di un discorso sull’assoluto, sull’infinito, su Dio, sul destino dell’uomo, avverte quindi l’esigenza di una metafisica, anche se nega la metafisica dal punto di vista conoscitivo. L’appartenenza all’Illuminismo la noteremo subito anche nella Critica della ragion pratica , che si fonda su una estrema fiducia nella ragione umana. Kant non pensa di doversi affaticare a dimostrare l’esistenza della ragione nel campo pratico: egli semplicemente afferma che la ragione è di per se stessa anche pratica CRITICA DELLA RAGION PRATICA La critica della ragion pratica scritta tra il 1787 e il 1788 pone al centro dei suoi studi la morale, infatti l'obiettivo di Kant è quello di definire una morale valida universalmente, che è però già presente nell'uomo. Più tardi, nel 1797, egli scrive "La metafisica dei costumi", opera in cui riprenderà la morale e l'etica. Nello scrivere quest'opera egli parte dalle idee di anima, mondo e dio: infatti non possono essere considerate scientificamente legittime (non sono funzionali alla conoscenza) ma possono essere considerate idee regolative, che possono guidare la praxis, ovvero l'azione. Analisi titolo: praxis= azione: esiste non solo un uso teoretico, ma anche un uso pratico della ragione come guida dell'azione umana. critica= giudizio: come nella Pura verrà istituito un tribunale in cui la ragione porrà sotto esame se stessa e le sue caratteristiche all'interno dell'azione umana. Concetto di morale per i predecessori Come scritto precedentemente il focus dell'opera è la morale e come spesso fa nelle sue opere la analizza ripercorrendo le visioni dei suoi predecessori: -Secondo l'utilitarista Bentham (utilitarismo) è giusto ciò che è utile ed è attraverso questo che l'uomo raggiunge la felicità. -La dottrina edonista (edonismo), dà questa defizione: il fine dell'azione umana, è e non può che essere, il piacere che essa procura all'uomo che compie l'azione (felicità tangibile). -L'eudemonismo (Aristotele ed Epicuro) rintraccia la sua morale nella felicità, che però non è immediatamente tangibile, perchè legata ad uno sviluppo personale o al raggiungimento di obiettivi che richiedono del tempo. - La religione, invece, rintraccia la propria morale e quindi il fine ultimo dell'uomo, nel raggiungimento di una vita post-mortem (ultraterrena). Kant afferma che queste non possano essere considerate propriamente morali, perchè rintracciano un fine esterno all'uomo, di conseguenza sono legate alla soggettività di questo e si basano su concetti puramente empirici (non le critica completamente, ma sa che non possono esistere tali). Caratteristiche della legge morale Kant auspica al ritrovamento di una legge morale universale che possa essere legittima per tutti e in ogni circostanza. Egli specifica però che questa non va dedotta perchè sappiamo che esiste, infatti si palesa agli occhi dell'uomo, ma deve essere constatata a priori (esempio che esiste: le leggi positive, ovvero le costituzioni degli stati). Kant elenca le caratteristiche della legge morale: 1) universale: legittimo per ogni individuo e in orgni condizione (concetto proprio della rivoluzione francese: universalità dei diritti) 2) formale → funge da sorta di linea guida, dunque non impone all'uomo determinati comportamenti, piuttosto gli propone il giusto modo per compierli. Indica la forma e non il contenuto delle leggi morali. 3) autonoma → deve essere auto-legislatrice e non eteronoma come le altre, dunque non deve ricevere i principi per la pace dall'esterno, ma deve trarli da sè stessa. (ex. Edonistica perchè rintraccia al di fuori di se stessa principi per cui agire). 4) rigoristica → deve andare oltre le inclinazioni personali (sentimenti, passioni, desideri...) e dunque basarsi esclusivamente sul dovere (=morale deontologica) (la morale si concretizza nel dovere perchè la ragione impone un comportamento morale) 5) incondizionata → come conseguenza del postulato della libertà della vita etica. Infatti la scelta morale non può che essere autonoma e fine a sè stessa, allontanando qualunque aspetto esterno che la possa influenzare. Volontà buona e volontà santa Quando e perchè si può parlare di morale? Per rispondere a questa domanda parte dall'uomo: questo è dotato sia di ragione che d'istinto e questa sua doppia caratteristica fa sì che emerga una principale caratteristica umana, ovvero la volontà. Egli scrive che la volontà è "quella facoltà che consente di agire sulla base di principi normativi", dunque è quell'insieme di regole razionali che indirizzano le scelte dell'uomo. Egli distingue due tipi di volontà: -volontà buona: Kant definisce la volontà buona come il bene supremo, che legittima il valore degli altri beni e questo non perchè è buona in seguito alle sue azioni o a ciò che ottiene, ma perchè è buona in sè stessa. Questa volontà, a differenza della santa, si piega a seguire l'imperativo (categorico) della ragione e quindi il "dovere" (morale deontologica). Idea di dovere anche nella religione pietista. -volontà santa: conformità tra ciò che impongono la ragione e l'istinto, infatti la volontà è una facoltà che può seguire la voce del piacere, dell'istinto o quella della ragione. Questa è una volontà propria unicamente del divino, infatti l'uomo per compiere la ricerca del sommo bene dovrebbe avere a disposizione un tempo indeterminato: ciò non può avvenire perchè il tempo della vita dell'uomo è limitato. In riferimento a Kant si parla di "morale dell'intenzione", infatti la morale non si rintraccia nell'azione in sè, ma nell'intenzione che l'uomo mette nel compierla: pertanto il fulcro è proprio l'impegno dell'uomo ad adeguarsi alla ragione. Massime e imperativi I principi normativi prima citati e sulla base dei quali la volontà agisce sono: -le massime, principi puramente soggettivi di cui l'uomo si arma nel momento in cui agisce (nell'azione si contrappongono ragione ed istinto) e che esprimono il fine di fondo che una persona si pone. (es. voglio conseguire la laurea, allora mi impegno a dare tutti gli esami) -gli imperativi, sono principi di carattere oggettivo che costringono la volontà a orientarsi in una specifica direzione. Si distinguono in: ipotetici (si mettono in atto quando l'azione ha uno specifico fine e ha formulazione se...allora). Questi rischiano di non poter essere considerati morali, perchè il fine è esterno all'uomo. categorico (presentano l'azione come oggettivamente necessaria, ha formulazione tu devi...). L'imperativo categorico è universale, dunque valido per ogni essere razionale, in quanto la sua volontà non dipende da qualche condizione particolare. Questo può essere considerato morale, perchè il fine è l'uomo stesso. Analisi metafisica dei costumi (formulazioni imperativo) Nel testo Kant fornisce le formulazioni dell'imperativo categorico e ne illustra la funzione in 4 diversi casi, classificandoli in doveri perfetti o imperfetti, verso noi stessi o verso gli altri. L'intenzione di Kant è quella di definire le condizioni di possibilità della morale. [1] Distinzione tra imperativo ipotetico e categorico: il contenuto dell'imperativo ipotetico per essere esplicitato ha bisogno prima di una condizione, mentre il contenuto dell'imperativo categorico è già conosciuto, e non è altro che la conformità tra la massima e la legge stessa. Tale conformità si avrà in base alla volontà. [2] Prima formulazione dell'imperativo categorico: “Agisci in modo che la massima della tua azione possa valere come legge universale” L'uomo agisce secondo massime, e affinchè l'azione possa essere considerata morale, la massima deve valere come legislazione universale. Questa prima formulazione fa emergere una delle caratteristiche della legge morale: l'universalità. [3] Imperativo categorico-esperienza e seconda formulazione: "Agisci come se la massima della tua azione dovesse diventare per tua volontà legislatrice della natura" Ricollegandosi alla prima afferma che, dal momento che l'universalità della legge costituisce la natura, ovvero l'esistenza degli oggetti si può dare questa ulteriore formulazione dell'imperativo categorico. In questa seconda formulazione si mette in risalto la volontà, per cui l'uomo sceglie consapevolemente di far aderire la propria massima come legge universale della natura e una caratteristica della legge morale, quale l'autonomia: legge morale come autolegislatrice e non eteronoma, che rintraccia i suoi principi in sè stessa. [3] Suicidio, dovere imperfetto verso noi stessi: l'uomo in seguito a mali e disperazione, riflette sulla possibilità che la sua massima di amor proprio possa diventare una legge morale universale. Kant condanna il suicidio, infatti la morte del singolo impedisce la possibilità di creare un accordo razionale tra individui, ovvero una comunità. Pertanto questa massima immorale non può essere considerata come legge universale della natura. [4] Prestito di denaro..., dovere imperfetto verso gli altri: l'uomo necessita di denaro, ma è consapevole di non avere la possibilità di resistuirlo. Questa massima non può essere considerata come legge universale, perchè se ciò accadesse le promesse perderebbero di valore e lo scopo che si vuole ottenere con questa non si potrebbe raggiungere, perchè verrebbe a mancare la fiducia. [5] Assente impegno di sviluppo, dovere imperfetto verso noi stessi: l'uomo che gode di grande ingegno, non si impegna a estendere o a perfezionare le sue qualità intellettive e si dedica così ad una vita nell'ozio. Questa massima non può essere considerata legge universale, perchè come essere razionale tutte le sue facoltà devono essere sviluppate. [6] Indifferenza alle condizioni altrui, dovere imperfetto verso gli altri e se stessi: Un uomo che vive nella felicità e nel piacere, non si cura delle condizioni altrui. Se questa massima diventasse universale, la specie umana sopravvivrebbe in ugual modo, ma nessun uomo lo dovrebbe volere perchè all'interno della società gli uomini si devono servire vicendevolemente ed è possibile che l'uomo che si trova in una posizione agiata, viva una condizione difficile e che abbia dunque bisogno del sostegno altrui. Terza formulazione dell'imperativo categorico Kant elabora una terza formulazione dell'imperativo categorico e scrive: “Agisci in modo da trattare l'umanità tanto nella tua persona quanto nella persona di un altro sempre nello stesso tempo come un fine e mai unicamente come mezzo”. In quest'ultima formulazione emergono due fondamentali aspetti legati alla vita di Kant: l'idea di fratellanza, propria della rivoluzione francese (fratellanza), per cui bisogna trattare gli altri e se stessi sempre come fini e mai come mezzi, e un principio che si trova alla base della religione pietista (cristiana), ovvero l'etica della reciprocità: non fare agli altri ciò che non vorresti fosse fatto a te. (Le parole d’ordine della Rivoluzione francese, libertà, uguaglianza e fratellanza, sono tutt’e tre presenti nella sua etica. La libertà, per l’autonomia della morale ispirata alla ragione propria di ogni uomo; l’uguaglianza, perché la ragione che ispira il comportamento è una facoltà universale; la fratellanza, che troviamo nella terza formulazione dell’imperativo categorico, in cui Kant afferma che bisogna trattare gli altri e se stessi sempre come fini e mai come mezzi, quindi bisogna trattare tutti gli altri alla stessa stregua di noi stessi, come noi stessi, come fratelli) Rivoluzione copernicana in ambito morale ([3] metafisica dei costumi) Anche nella Pratica si attua una sorta di rivoluzione copernicana: questa si rintraccia innanzitutto nella caratteristica di formalità della legge morale: infatti se le precedenti distinguevano il giusto e il sbagliato, secondo la legge kantiana non si deve più fare ciò che è il bene ma è bene ciò che si deve fare. Kant non dà una defizione oggettiva di bene, infatti si agisce moralmente solo se si segue la legge morale. Il secondo punto si ricollega alla seconda formulazione riguarda il dovere morale, che non va più cercato all'esterno, ma nell'integrità dell'individuo. Mondo illimitato della Pratica e mondo limitato della Pura Nella Pura leggiamo dell'uomo come essere limitato, sia nella sfera noumenica che nella conoscenza. Egli tenta di superare questi limiti attraverso le idee di anima, mondo e Dio, ma inevitabilmente si perde, come scrive Kant, "in un mare tempestoso". Il mondo morale, invece, è segnato in ogni sua parte dalla libertà: l'uomo è in grado di regolarsi e la ragione è in grado di determinare la propria volontà. Idee di Anima, Mondo e Dio. Mentre nella Pura Kant tiene una posizione agnostica, ovvero afferma l'impossibilità di conoscere l'anima e Dio, nella Pratica egli giunge a Dio e all’immortalità dell’anima, come postulati morali, e quindi come condizione necessaria per la legge morale. Questi non devono essere considerati come dogmi teoretici, infatti non ampliano la conoscenza speculativa,ma attribuiscono realtà oggettiva alle idee della ragione. Non sono dimostrabili, Kant però per legittimarne l'esistenza segue tale ragionamento: anche se non dimostrabili, devono essere accettati come veri, perchè attraverso di essi si riesce a dimostrare la legittimità di seconde cose. In questo senso egli afferma di aver trovato una chiave di accesso ad una pseudo-percezione del noumeno. Il primo postulato è quello della libertà: Nella Pura non c’è alcun accenno alla libertà umana, anzi, l’esistenza della libertà nel mondo è una tra le antinomie della cosmologia razionale. Nella Critica, invece, afferma che è necessario ipotizzare l'esistenza della libertà, perchè senza questa la legge morale non sarebbe realizzabile, in quanto l’essere morale implica lo scegliere tra il bene e il male, tra il vizio e la virtù: continua lotta tra l'imperativo categorico e le inclinazioni. Un altro postulato riguarda l'immortalità dell'anima: L’uomo nel corso della sua vita non realizza pienamente l'azione morale nonostante gli sforzi, ma ci riesce solo in parte. Proprio per questo motivo è necessario, secondo Kant, per l'uomo morale ipotizzare un tempo infinito destinato unicamente all'anima, che possa permettergli di proseguire al proprio perfezionamento in ambito morale e di allontanare il senso di inadeguatezza e insoddisfazione. L'ultimo postulato è quello su Dio: l'uomo virtuoso, morale cerca constantemente di promuovere il sommo bene, è necessario dunque ammettere l'esistenza di Dio, essere onnipotente nel quale si conciliano la virtù e la felicità, il voler fare il bene e il realizzarlo veramente. La felicità è raggiungibile solo postulando l'esistenza di Dio, il quale, conoscendo la volontà santa, è in grado di dare ricompense per giusti meriti.
CRITICA DEL GIUDIZIO
Collegamento natura e libertà: Pura e Pratica In quest'opera Kant si pone queste domande: Che cos’è il bello? Chi giudica il bello? Quando si può affermare che una cosa è bella? La Critica del Giudizio venne pubblicata due anni dopo (1790) la Critica della ragion pratica perché Kant si accorse che tra la Pura e la Pratica non vi era continuità, aveva infatti lasciato insolute delle problematiche. Probabilmente egli scrisse quest'opera spinto dall'esigenza di creare un collegamento tra natura e libertà: infatti nella Pura Kant scrive dell'inesistenza della libertà dell'uomo, inserito in una realtà regolata da leggi e la cui conoscenza è limitata dalla natura (per questo si rifà alle categorie). Nella Pratica, invece, emerge la libertà dell'individuo che va oltre la sensibilità per attingere al noumeno. Dunque nell'una si parla di meccanicismo della natura e nell'altra di libertà. Egli scrive "“Se si riuscisse a trovare un finalismo nella natura potremmo superare l’incongruenza". Per trovare questo finalismo Kant si avvale di un ulteriore facoltà dell'intelletto, quale il sentimento, in cui si realizza l'incontro tra natura e libertà. Kant procede definendo due tipi di giudizi: -giudizio determinante (sintetici a priori): l’uomo determina la realtà attraverso giudizi sintetici a priori (spazio, tempo e categorie) -giudizio riflettente: l'uomo parte dalla particolarità dell'oggetto e da qui giunge all'universale attraverso riflessioni soggettive. Nell'opera Kant affronta il tema dell'estetica rifacendosi all'opera del filosofo Baumgarten dal titolo "Estetica". Egli rivoluziona il concetto di estetica: fin quel momento si è parlato di estetica come sensazione, invece Baumgarten la inquadra come lo studio dei fenomeni del bello e dell'arte. Kant riprende il giudizio riflettente e ne distingue le due categorie: -giudizi estetici: l'uomo è chiamato a riflettere su ciò che è bello e sublime. Si attua attraverso il giudizio del gusto, ovvero la facoltà di valutare il bello. Questo non fa riferimento ad un piacere derivante dalla sensazione che l'oggetto scaturisce nel soggetto che varia dunque da persona a persona ma dal piacere (comune a tutti gli uomini) che si prova nel momento in cui entrano in rapporto le nostre facoltà conoscitive per realizzare la conoscenza e in cui si crea una sorta di rapporto da oggetto e soggetto (È come se si ritrovasse un certo finalismo che fa sì che quelle cose ci appaiano più belle) -giudizi teleologici: dal greco tèlos (=fine), è un giudizio che mira alla ricerca la finalità chiara e precisa della natura. Kant, partendo dalle categorie della Pura, dà 4 definizioni di bello: -bello come qualità: è bello ciò che piace senza interesse (se trovo un piacere materiale o un'utilità non è più bello) -bello come quantità: bello è ciò che piace universalmente, senza concetto, cioè le cose sono dette belle perché vissute, sentite spontaneamente come belle. Fa qui un'altra distinzione tra bello e gradevole. Il bello estetico è universalmente bello perchè si tratta di un giudizio a priori, mentre il gradevole è soggettivo, pertante legato all'esperienza. -bello come relazione: bello è la finalità senza scopo: può sembrare contraddittorio, ma è come se la natura avesse una finalità non chiara, che si accorda a noi ma che non ha uno scopo preciso. (Bello è ciò che ha armonia senza seguire delle regole formali => non è possibile classificare il bello in schemi e regole precise.) -bello come modalità: il bello è ciò che, senza concetto, è riconosciuto come oggetto di un piacere necessario. Anche in questo caso Kant attua una rivoluzione copernicana: il bello non è più una qualità dell'oggetto (come si credeva nella filosofia antica), ma una qualità che deriva dal modo in cui la mente umana interpreta le qualità dell’oggetto. Peranto è il frutto di una mediazione tra le qualità dell’oggetto e la nostra mente. Kant si occupa anche del sublime,il sentimento dell'illimitato generato dalla maestosità della natura (sublime matematico) o da effetti causati dalle grandi forze naturali es. terremoto (sublime dinamico).
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