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Immanuel Kant (1724-1804)

Vita e influenze negli studi e nella formazione culturale


Kant è uno dei più importanti filosofi del pensiero occidentale e dell'illuminismo.
Nasce nel 1724 a Königsberg, cittadina ai tempi della Prussia orientale, che porterà poi
all'unificazione tedesca. Vive nel corso del 18esimo secolo, dunque ffronta di persona
tutte le diatribe dell'illuminismo, che porrà sotto esame in diverse sue opere. La sua
formazione culturale viene influenzata dal azionalismo dell'illuminista Cristian Wolf e
dalla religione pietista, forma di protestantesimo nata in Germania basata sull'idea di
dovere che sottolineava l'importanza della fede e della coscienza individuale.
I suoi studi universitari vengono segnati dalla fisica di Newton, dalle opere politiche di
Rousseau e dalla lettura di quelle del filosofo Hume, rappresentante dell'empirismo
scettico a cui Kant attribuì il merito di averlo risvegliato dal "sogno dogmatico" (1769).
Muore nel 1804, a causa del morbo di Alzheimer.
Le opere
Le opere di Kant si dividono in critiche e pre-critiche dal momento che la filosofia
kantiana prenderà il nome di criticismo:
-scritti pre-critici→ Opere di stampo scientifico e filosofico (influenzato da Wolf) scritte
fino al 1770
-dissertazione filosofica (1770)→ riflette sulla differenza tra conoscenza sensibile ed
intellegibile, proponendosi di risolvere la diatriba tra razionalisti ed empiristi.0
-scritti critici→ "Critica della ragion pura" (1781), la cui pubblicazione porterà ad uno
sconcerto generale all'interno dell'èlite tedesca, che lo costringerà a dover pubblicare un
libello per spiegare l'opera stessa. Qui affronta il tema della legittimità della conoscenza
umana.
"Critica della ragion pratica" (1787), che pone il focus sulla praxis, ovvero sull'azione
morale.
"Critica del giudizio" (1790) in cui offre una via per superare l'influenza del mondo
noumenico su quello fenomenico
"Per la pace perpetua" (1795), libello che potrebbe essere ipoteticamente considerato
un trattato di pace: qui Kant stila dei consigli volti al sovrano prussiano su come poter
mantenere la pace tra gli stati.
"Che cos'è l'Illuminismo?" (1784): è un saggio in cui Kant definisce l'illuminismo come
l'allontanamento dell'uomo da uno stato volontario di minorità intellettuale, l'uomo
"minorenne" infatti fino a quel tempo non è stato in grado di utilizzare autonomamente
il suo intelletto. Questo lo ha portato ad aggrapparsi a quelli che Kant definisce tutori del
sapere. Questa illuminazione si propone dunque di spingere l'uomo ad utilizzare un
intelletto autonomo su tutti i punti. Distingue poi un uso privato e uno pubblico della
ragione:
-uso privato della ragione: l'uomo compie in quanto parte di un'organizzazione collettiva
-uso pubblico della ragione: uso autonomo di uno studioso (=colui che espone
ragionamenti originali) che condivide il proprio sapere (illuminismo illuminato)
L'uomo illuminista deve essere politicamente e socialmente attivo.
Analisi testo "Che cos'è l'illuminismo?"
1-4 definizione di illuminismo → uscita dallo stato di minorità intellettuale. Minorità non
intesa come incapacità di servirsi dell'intelletto, ma come mancata decisione di servirsi di
questo.
5-15 cause di minorità e tutori → le cause di questa minorità sono la pigrizia e la viltà.
Dal momento che l'uomo non si serve di una coscienza autonoma, si servono dei tutori,
che hanno coscienza, giudicano, pensano al posto dell'uomo, che adesso non porta su di
sè più alcuno sforzo. Qui Kant paragona i "minorenni" al bestiame, reso stupido dagli
allevatori (tutoti) e a dei bambini che vengono portati in giro sempre nel passeggino,
così che, camminando da soli, non incorrano in rischi. Così facendo però non
impareranno mai, infatti non s'impara a camminare senza cadere.
16-21 difficoltà di uscita da questo stato → l'uomo, poichè abituato a tale condizione,
con fatica riesce ad uscirne. Sono infatti pochi coloro che sono riusciti a liberarsi da
questo stato di minorità: ciò è avvenuto grazie all'autoeducazione del proprio spirito.
22-30 illuminismo collettivo → il termine di questo dispostismo personale e quindi
l'illuminazione è più probabile che si manifesti all'interno di una comunità: spesso,
infatti, spinti dalla volontà di diffondere e accettare il proprio pensiero dalla comunità, gli
uomini pensano da sè.
Affinchè l'illuminazione si realizzi, scrive Kant, è necessario non avere pregiudizi, perchè
potrebbero danneggiare coloro che li hanno seminati.
23-41 libertà, usi della ragione → L'unica condizione necessaria per raggiungere
l'illuminazione è la libertà, che spesso la società tende a limitare. Distingue poi due usi
della ragione: uso pubblico e uso privato.
Il primo viene messo in atto dall'uomo in quanto studioso, che condivide il proprio sapere
con il pubblico. Questo deve essere privo di ogni limitazione ed è necessario per
l'illuminazione.
Il secondo, invece, interessa l'uomo in quanto parte di un organo collettivo. Questo, a
differenza del primo, è limitato, senza che però noccia al progresso illuministico. L'uomo,
infatti, in determinati luoghi e situazioni civili, è chiamato ad ubbidire.

DISSERTAZIONE FILOSOFICA (1770)


Kant parte dal pensiero filosofico contemporaneo per cercare di risolvere la diatriba tra
razionalisti ed empiristi.
Qui definisce la conoscenza sensibile e quella intellegibile:
-conoscenza sensibile, per cui il soggetto subisce un'azione da un oggetto al di fuori.
Questa conoscenza ci mostra l'oggetto come fenomeno, quindi come materia (come
appare). Questa conoscenza si attua attraverso le cosidette intuizioni pure, forme a
priori, universali (non legate all'esperienza). Queste sono intuizioni di spazio e tempo: si
può dunque esperire un oggetto se si presenta in un determinato spazio e tempo.
-conoscenza intellegibile, facoltà di rappresentare cose che non possono essere colte dai
sensi e che prendono il nome di noumeni.
(Riflette di conseguenza sul rapporto materia-forma:
-la materia intesa come phenomenon
-la forma, struttura che permette la conoscenza stessa (spazio e tempo). )
I concetti di fenomeno e noumeno verranno poi ripresi nella "Critica della ragion pura",
in cui Kant darà un'accezione diversa ai termini.

CRITICA DELLA RAGION PURA (1781)


Kant parte da 4 quesiti:
-Come può esistere la matematica pura?
-Come può esistere la fisica pura?
-Come può esistere la metafisica come disposizione naturale? Sì, è immanente nella
ragione
-Come può esistere la metafisica come scienza?
Lo strumento per rispondere ai quesiti si trova nel titolo stesso:
Critica→ giudizio nei confronti della legittimità della conoscenza umana
Ragion→ non è identificabile nella ragione di Cartesio, ma indica le facoltà della mente,
ovvero sensibilità, intelletto e ragione.
Pura→ a priori, universale (indipendente dalla conoscenza)
Ne deriva che l'opera è una critica da parte della ragione alla ragione stessa, ai suoi
limiti.
Il tribunale della critica (pag 687-688):
1-4: destino della ragione→ essere gravata da questioni inevitabili e irrisolvibili
5-20: metafisica come campo di battaglia di controversie irrisolvibili: la conoscenza viene
ausiliata da primi validi nell'ambito della conoscenza, che però nascondono errori
facendo cadere in contraddizioni.
25-34: metafisica prima regina di tutte le scienze, ora matrona ripudiata
35-39: critica non alla ragione stessa, ma alle sue facoltà, al metodo
45-50: obiettivo→ istituire un tribunale non affinchè venga affermata o smentita la
validità della ragione, ma affinchè vengano messi in luce i suoi limiti.
51-65: metafisica critica contrapposta alla metafisica della tradizione spinta dal
desiderio di un sapere assoluto.
Nella Prefazione alla prima edizione dell'opera Kant informa il lettore circa il suo
obiettivo: istituire un tribunale in cui l'accusato e l'accusatore sono gli stessi, ovvero la
ragione. Questa però non critica in generale sè stessa, cercando di stabilire la propria
validità, ma cerca di mettere in luce i propri limiti.
Ne "il tribunale della critica" Kant parte dando la defizione di metafisica come campo di
battaglia di controversie irrisolvibili: la ragione è destinata ad essere gravata da questioni
irrisolvibili, che tenta di risolvere partendo da principi che vanno oltre l'esperienza e che
vengono accettati come validi: (es. causa-effetto), questi però nascondono degli errori,
che fanno cadere in contraddizioni, portando a dispute senza fine.
La metafisica è ora considerata matrona ripudiata, ma era prima regina di tutte le
scienze per l'oggetto della sua ricerca, es l'esistenza di Dio (es. Aristotele parlava della
metafisica come filosofia prima, perchè mentre le altre scienze studiavano solo alcuni
aspetti dell'essere, questa affronta l'essere nella sua totalità).
Nella sua ricerca Kant fa uso di una metafisica critica: egli fa un uso sistematico della
ricerca, anche a costo di smontare le proprie illusioni e pretese. Così dicendo si discosta
dalla metafisica dogmatica della tradizione, che si proponeva di trovare un sapere
assoluto.
La rivoluzione copernicana
La sua rivoluzione prende il nome di rivoluzione copernica, perchè come copernico
aveva invertito il rapporto terra-sole, allo stesso modo kant ha invertito il rapporto tra
oggetto e soggetto della conoscenza. Infatti non deve essere più l'uomo a porre
l'attenzione sul oggetto, ma deve essere questo ad adattarsi al soggetto, e quindi al suo
intelletto, cercando di ottenere una conoscenza a priori.
Kant afferma che "noi delle cose non conosciamo a priori, se non quello stesso che noi vi
mettiamo". Infatti la conoscenza può realizzarsi solo se gli oggetti si rifanno a dei concetti
a priori.
La rivoluzione della metafisica
Alla rivoluzione copernicana si accosta una sorta di rivoluzione della metafisica: egli
infatti intende cambiare l'atteggiamento nei confronti della realtà. Se da un lato da
sempre gli uomini hanno pensato che la nostra mente si accostasse alla realtà in maniera
passiva, dall'altro egli vuole dimostrare che lo fa in maniera attiva, dando forma alle
percezioni sensibili. (es. mente no come rullino di una macchina fotografica, ma come
una macchina che riceve dei fogli di carta (sensazioni), imprime dei caratteri sul foglio,
creando un testo. Ricollegandosi alla prima domanda che si pone nella pura, ovvero se
potesse la metafisica essere considerata come scienza, egli risponderà negativamente,
perchè le idee della ragione non possono operare una sintesi conoscitiva, come fanno i
concetti puri dell'intelletto e perchè a differenza delle altre scienze che procedono in
modo cumulativo e sicuro, la metafisica procede disordinatamente con risultati incerti e
contraddittori→ METAFISICA NO SCIENZA
I diversi giudizi
Per Kant conoscere significa giudicare, che a sua volta secondo la tradizione aristotelica
significa attribuire un predicato ad un soggetto.
Kant elabora una tavola di giudizi, che secondo lui sono stati elaborati nel corso del
tempo e che hanno spiegato come avviene la conoscenza umana.
Analisi testo giudizi analitici e sintetici (pag 693-695)
-giudizi analitici a priori (tipici dei razionalisti): qui il predicato B è contenuto
implicitamente nel soggetto A. Viene anche chiamato esplicativo, o infecondo, perchè
non aggiunge altro al soggetto, ma lo scompone nei concetti in lui già presenti. Es. "Tutti
i corpi sono estesi": non si necessita di andare al di là del concetto, è sufficiente
scomporlo dato che l'estensione è una caratteristica già contenuta nel concetto di
corpo). Viene definito a priori perchè ha validità immutabile, è universale e non è
necessaria alcuna testimonianza dell'esperienza.
-giudizi sintetici a posteriori (tipici degli empiristi): il predicato B si trova al di fuori di A,
anche se sono connessi tra di loro. Sono chiamati estensivi, o fecondi, perchè si
aggiunge un predicato che non si sarebbe potuto ricavare attraverso scomposizione del
concetto.
Es. "Tutti i corpi sono pesanti" oppure "il cielo è limpido": il predicato aggiunge qualcosa
che non viene pensato nel concetto di corpo o cielo.
Questi sono i giudizi dell'esperienza, infatti è necessaria la testimonianza di questa per
estrarre il predicato.
-giudizi sintetici a priori (elaborato da Kant): Sono quelli su cui s’appoggia l’intelletto,
quando crede di trovare, al di fuori del soggetto A un predicato B, estraneo a esso,
ritenendolo al tempo stesso congiunto con esso.
Es. “Tutto ciò che accade ha la sua causa”: il concetto di causa si trova completamente al
di fuori del concetto.
Hanno caratteri di universalità e validità rigorosa che l'esperienza non può dare.
Il problema era trovare il fondamento di questi giudizi, e quindi il perchè e il come
possano permettere la conoscenza.
Le facoltà dell'intelletto e i concetti di fenomeno e noumeno
La conoscenza, secondo Kant, scaturisce dai sensi, da qui va all'intelletto per finire poi
alla ragione→ si parte sempre e solo dai sensi.
Definisce le tre facoltà conoscitive:
-sensibilità: facoltà di rappresentare i fenomeni attraverso intuizioni pure
-sensazione: affezione che la materia esterna (fenomeni) ha sull'uomo
-intelletto: facoltà di unificare, riorganizzare quelle rappresentazioni attraverso le
categorie
-ragione: facoltà dell'uomo che tenta di andare oltre la conoscenza, superando i limiti
dell'esperienza, ovvero le idee di anima, mondo e Dio.
Qui il concetto di fenomeno è sempre lo stesso (la realtà come appare e non come
realmente è), mentre cambia il concetto di noumeno: nella dissertazione filosofica il
noumeno è quella realtà che non può essere esperita attraverso i sensi, mentre nella
ragion pura diventa ciò che all'uomo rimane precluso.

L'opera si divide in due grandi parti:


→la dottrina degli elementi:
-estetica trascendentale: studia la sensibilità e le sue forme a priori di spazio e tempo
-logica trascendentale→ analitica trascendentale: studia la facoltà
dell'intelletto e le sue forme a priori ovvero le categorie
→dialettica trascendentale: studia la ragione e le sue
forme a priori di anima, mondo e dio.
→la dottrina del metodo:

Trascendentale è una conoscenza non concentrata sull'oggetto, ma sulla modalità di


conoscenza dell'uomo, dunque può essere indicato come il meccanismo della
conoscenza a prescindere dal suo contenuto.
La filosofia perde l'aspetto dogmatico e metafisico tradizionale, e basandosi ora su una
ricerca critica delle condizioni della conoscenza diventa trascendentale.

ESTETICA TRASCENDENTALE (dottrina degli elementi):


Conoscenza sensibile e forme a priori di spazio e tempo
Kant specifica che la conoscenza parte dai sensi (conoscenza sensibile) e che si si realizza
in due momenti: uno in cui il soggetto passivo subisce l'azione dall'oggetto e un
momento in cui il soggetto è attivo, e dunque è chiamato a riorganizzare le ricezioni
dell'esterno attraverso le forme a priori di spazio e tempo.
Lo spazio è la forma a priori del senso esterno, che permette di rappresentare i dati
esterni disposti l'uno accanto all'altro
Il tempo: forma a priori del senso interno che permette di rappresentare i dati esterni
l'uno dopo l'altro.
Dunque il soggetto può accettare il dato esterno come fenomeno solo se lo organizza in
un determinato spazio e tempo.
Spazio e tempo secondo i predecessori
Spiega i concetti di spazio e tempo partendo dalle critiche dei suoi predecessori:
-Locke inquadrava lo spazio e il tempo come forme che l'uomo acquisisce unicamente
tramite l'esperienza, dunque si rifiuta di accettarli come idee innate.
-Newton, seguendo una concezione oggettivistica, vede spazio e tempo come recipienti
vuoti riempiti una volta fatta l'esperienza. Kant, in risposta allo scienziato, dirà che non
possono essere considerati tali perchè non derivano dall'esperienza, ma sono intuizioni
pure
-I razionalisti rintracciano nello spazio e nel tempo dei concetti.
Kant, in risposta a questi, dirà che non possono essere definiti tali perchè non
possiedono alcuna natura discorsiva. Infatti devono essere pensati come quadri mentali
innati, sui quali non si può ragionare.
Kant in generale parlerà di innatismo formale: le forme a priori non sono idee innate,
ma forme innate comuni a tutti gli uomini.
La matematica collegata alle forme di spazio e tempo
Egli ricollega le forme di spazio e tempo ai principi della matematica, già considerata
scienza grazie alle ricerche scientifiche attuate in passato (ancora non legittimanata), e in
particolare alla geometria e all'aritmetica.
Kant collega l'aritmetica al tempo perchè contare significa aggiungere un'unità una dopo
l'altra e perchè il risultato di una qualunque operazione non ci viene data dall'esperienza
o dai numeri stessi, ma dalle forme a priori.

ANALITICA TRASCENDENTALE (logica trascendentale)


Conoscenza intellegibile e categorie
La conoscenza non si ferma ai sensi, ma procede oltre nell'intelletto. Questa sezione si
occupa della facoltà dell'intelletto e il suo modo di conoscere oltre le forme pure
chiamate categorie.
Kant scrive "Senza sensibilità nessun oggetto ci verrebbe dato, e senza intelletto nessun
oggetto verrebbe pensato. I pensieri senza contenuto (ovvero le intuizioni) sono vuoti, le
intuizioni senza concetto sono cieche."
È nell'intelletto che avviene è necessaria concettualizzazione attraverso le 12 categorie:
il dato percepito dai sensi e riorganizzato dalle forme a priori di spazio e tempo deve
essere concettualizzato.
Le categorie sono schemi mentali a priori. Egli li definisce concetti speciali, e riguardo a
ciò ancora una volta riprende Newton, riportando la sua definizione di concetti empirici
e a priori:
-concetti empirici che derivano dall'esperienza (es. il calore)
-concetti a priori, che prendono anche qui il nome di categorie.
Tornando ad un passato ancora più remoto, già Aristotele aveva parlato di categorie
come natura logica e ontologica: funzionalità logiche e al contempo sostanza.
Le categorie di Kant (12) sono invece legis mentis, hanno dunque solo natura logica, e
vengono definite come trascendentali e gnoseologiche, dunque si trovano alla base
della conoscenza e sono funzionali ad essa.
Queste sono divise nei 4 gruppi di quantità, qualità, relazione e modalità e in ogni
gruppo troviamo 3 categorie.
Causa e sostanza: le categorie fondamentali
Tra le dodici categorie, quelle di causa e sostanza sono le più importanti.
-empiristi: la sostanza è un sovrapporsi di accidenti, che per essere descritti o
organizzati non necessitano di altro. La causa è un susseguirsi temporale di cose che si
ripetono in maniera uniforme che non può essere accettato dal punto di vista teorico,
perchè non è niente in sè.
-kant smentisce entrambe le definizioni: Riguardo la sostanza dice che il tempo è
necessario affinchè gli accidenti vengano riorganizzati dalla mente. La causa è una forma
a priori (insito nell'intelletto), un concetto puro, speciale eindipendente dall'esperienza
ma necessaria affinchè questa avvenga.
Deduzione trascendentale
La deduzione trascendentale si occupa di giustificare l'esistenza delle categorie, infatti
non si può avere avere la certezza che queste corrispondano ai dati sensibili dal
momento che sono forme a priori che non derivano dunque dall'esperienza.
Kant utilizza la parola deduzione, che è un termine giuridico: significa dimostrare
universalmente la legittimità e la validità di qualcosa empiricamente dimostrabile.
Kant ne giustifica l'esistenza introducendo il concetto di io penso, struttura dell'intelletto
presente in ogni individuo, e quindi universale, in cui avvengono tutti i processi
conoscitivi e che ci permette di percepire la realtà come unitaria. (capisco che quello è
Andrea, non braccia gambe etc...).

DIALETTICA TRASCENDENTALE (logica trascendentale)


Con dialettica trascendentale indichiamo il tentativo della ragione di andare oltre i
limiti dell'esperienza, quali l'anima, il mondo e Dio, che sono concepiti come esistenti
ma impossibili da esperire.
A tal proposito riprde la domanda che si era posto all'inizio dell'opera: la metafisica può
essere considerata come disposizione naturale? Sì, l'uomo è naturalmente predisposto
ad andare oltre l'intelletto, e ad utilizzare quindi la ragione.
Nella dialettica egli pone sotto esame proprio la ragione, che, andando oltre
l'esperienza, si interroga sugli interi, sul "tutto" e in particolare su tre idee:
-il mondo, che è la totalità dei fenomeni esterni
-l'anima, che è la totalità dei fenomeni interni
-Dio, che è la totalità dei fenomeni sia interni che esterni.
La ragione però non riesce ad esperire tutto il mondo, ma solo una sua parte e ciò vale
anche per l'anima e Dio. Per questo genera idee fallaci prive di validità scientifica.
Egli spiega il rapporto conoscenza-limiti della conoscenza attraverso la metafora
dell'isola: l'isola rappresenta la conoscenza certa derivante dall'esperienza. Questa è
circondata da un mare tempestoso che crea illusioni di nuove terre e ingannevoli
speranze nei marinai. Queste illusioni rappresentano proprio le idee di anima, mondo e
Dio.
I predecessori di Kant, fautori della metafisica tradizionale avevano cercato di dimostrare
l'immortalità dell'anima e l'esistenza di Dio, ma questi mossi dal desiderio di trovare una
dimostrazione assoluta avevano preceduto secondo ragionamenti fallaci, che Kant mette
in luce in questa opera.
Egli critica, dunque, le tre scienze:
-Psicologia razionale (anima): gli studiosi hanno sbagliato ad applicare
all'io penso il concetto di sostanza che possiede specifiche qualità, infatti questo non è
altro che una struttura universale dell'intelletto.
-Cosmologia (mondo): Kant individua nelle definizioni date dai suoi predecessori 4
antinomie, ovvero conflitti della ragione con se stessa in cui ad ogni tesi corrisponde
un'antitesi. Kant afferma che le tesi esprimono l'interesse della morale e soprattutto
della religione e sono per questo empiriste, mentre le antitesi mostrano l'interesse nella
ricerca scientifica e sono per questo razionali. L'uomo non è in grado di stabilire la
veridicità nè dell'una nè dell'altra perchè nè l'idea di mondo nè le sue caratteristiche
(estensione e durata indefinite) sono esperibili.
-Teologia → Kant afferma che non è possibile avere esperienza di Dio, però i suoi
predecessori ne hanno cercato le prove attraverso 3 dimostrazioni logiche:
prova ontologica —> salto dal piano fenomenico (piano dell'esistenza) al piano trans-
fenomenico (ultrasensibile), che a noi è ignoto.
L'unica prova ontologia della tradizione filosofica è quella di S. Anselmo d'Aosta: Egli
definisce Dio come ciò di cui non si può pensare nulla di più perfetto e se Dio è questo,
allora deve esistere per forza: se non esistesse non potrebbe più essere l'essere
perfettissimo perchè gli mancherebbe l'esistenza.
Dunque fa derivare l'esistenza di Dio dalla sua stessa definizione, ed è proprio questo
aspetto che Kant critica: l'esistenza infatti è qualcosa di diverso dal concetto (esempio
cento talleri).
Inoltre egli afferma che non è possibile comparare due diversi piani di realtà.
prova a posteriori (san Tommaso): San Tommaso ha raccolto 5 prove a posteriori
chiamate le "cinque vie" per spiegare l'esistenza di Dio. Tutte fanno leva sul fatto che
debba esistere per forza una causa prima, o causa incausata che potesse spiegare
l'esistenza del mondo. Kant critica San Tommaso affermando che l'uomo come essere
contingente (=non ha nesso causale con altro), non può risalire ad una causa necessaria
(=tutto ciò che viene dopo). (passaggio tra due realtà)
prova fisica (illuministi): poichè c'è un ordine rintracciabile nella natura, si deve pensare
l'esistenza di un ordinatore e questo non può che essere Dio.
Anche questa prova finisce per ricadere nella contraddizione della prova ontologica.

PERCHÈ KANT PUÒ ESSERE CONSIDERATO ILLUMINISTA?


ma mentre l’Illuminismo si è tenuto fermo a una conoscenza del mondo finito e ha
escluso ogni discorso metafisico, Kant, con le tre idee della ragione, manifesta l’esigenza
di riappropriarsi di un discorso sull’assoluto, sull’infinito, su Dio, sul destino dell’uomo,
avverte quindi l’esigenza di una metafisica, anche se nega la metafisica dal punto di vista
conoscitivo.
L’appartenenza all’Illuminismo la noteremo subito anche nella Critica della ragion pratica
, che si fonda su una estrema fiducia nella ragione umana. Kant non pensa di doversi
affaticare a dimostrare l’esistenza della ragione nel campo pratico: egli semplicemente
afferma che la ragione è di per se stessa anche pratica
CRITICA DELLA RAGION PRATICA
La critica della ragion pratica scritta tra il 1787 e il 1788 pone al centro dei suoi studi la
morale, infatti l'obiettivo di Kant è quello di definire una morale valida universalmente,
che è però già presente nell'uomo. Più tardi, nel 1797, egli scrive "La metafisica dei
costumi", opera in cui riprenderà la morale e l'etica.
Nello scrivere quest'opera egli parte dalle idee di anima, mondo e dio: infatti non
possono essere considerate scientificamente legittime (non sono funzionali alla
conoscenza) ma possono essere considerate idee regolative, che possono guidare la
praxis, ovvero l'azione.
Analisi titolo:
praxis= azione: esiste non solo un uso teoretico, ma anche un uso pratico della ragione
come guida dell'azione umana.
critica= giudizio: come nella Pura verrà istituito un tribunale in cui la ragione porrà sotto
esame se stessa e le sue caratteristiche all'interno dell'azione umana.
Concetto di morale per i predecessori
Come scritto precedentemente il focus dell'opera è la morale e come spesso fa nelle sue
opere la analizza ripercorrendo le visioni dei suoi predecessori:
-Secondo l'utilitarista Bentham (utilitarismo) è giusto ciò che è utile ed è attraverso
questo che l'uomo raggiunge la felicità.
-La dottrina edonista (edonismo), dà questa defizione: il fine dell'azione umana, è e non
può che essere, il piacere che essa procura all'uomo che compie l'azione (felicità
tangibile).
-L'eudemonismo (Aristotele ed Epicuro) rintraccia la sua morale nella felicità, che però
non è immediatamente tangibile, perchè legata ad uno sviluppo personale o al
raggiungimento di obiettivi che richiedono del tempo.
- La religione, invece, rintraccia la propria morale e quindi il fine ultimo dell'uomo, nel
raggiungimento di una vita post-mortem (ultraterrena).
Kant afferma che queste non possano essere considerate propriamente morali, perchè
rintracciano un fine esterno all'uomo, di conseguenza sono legate alla soggettività di
questo e si basano su concetti puramente empirici (non le critica completamente, ma sa
che non possono esistere tali).
Caratteristiche della legge morale
Kant auspica al ritrovamento di una legge morale universale che possa essere legittima
per tutti e in ogni circostanza.
Egli specifica però che questa non va dedotta perchè sappiamo che esiste, infatti si
palesa agli occhi dell'uomo, ma deve essere constatata a priori (esempio che esiste: le
leggi positive, ovvero le costituzioni degli stati).
Kant elenca le caratteristiche della legge morale:
1) universale: legittimo per ogni individuo e in orgni condizione (concetto proprio della
rivoluzione francese: universalità dei diritti)
2) formale → funge da sorta di linea guida, dunque non impone all'uomo determinati
comportamenti, piuttosto gli propone il giusto modo per compierli.
Indica la forma e non il contenuto delle leggi morali.
3) autonoma → deve essere auto-legislatrice e non eteronoma come le altre, dunque
non deve ricevere i principi per la pace dall'esterno, ma deve trarli da sè stessa.
(ex. Edonistica perchè rintraccia al di fuori di se stessa principi per cui agire).
4) rigoristica → deve andare oltre le inclinazioni personali (sentimenti, passioni,
desideri...) e dunque basarsi esclusivamente sul dovere (=morale deontologica) (la
morale si concretizza nel dovere perchè la ragione impone un comportamento morale)
5) incondizionata → come conseguenza del postulato della libertà della vita etica. Infatti
la scelta morale non può che essere autonoma e fine a sè stessa, allontanando
qualunque aspetto esterno che la possa influenzare.
Volontà buona e volontà santa
Quando e perchè si può parlare di morale?
Per rispondere a questa domanda parte dall'uomo: questo è dotato sia di ragione che
d'istinto e questa sua doppia caratteristica fa sì che emerga una principale caratteristica
umana, ovvero la volontà. Egli scrive che la volontà è "quella facoltà che consente di
agire sulla base di principi normativi", dunque è quell'insieme di regole razionali che
indirizzano le scelte dell'uomo.
Egli distingue due tipi di volontà:
-volontà buona: Kant definisce la volontà buona come il bene supremo, che legittima il
valore degli altri beni e questo non perchè è buona in seguito alle sue azioni o a ciò che
ottiene, ma perchè è buona in sè stessa. Questa volontà, a differenza della santa, si piega
a seguire l'imperativo (categorico) della ragione e quindi il "dovere" (morale
deontologica).
Idea di dovere anche nella religione pietista.
-volontà santa: conformità tra ciò che impongono la ragione e l'istinto, infatti la volontà
è una facoltà che può seguire la voce del piacere, dell'istinto o quella della ragione.
Questa è una volontà propria unicamente del divino, infatti l'uomo per compiere la
ricerca del sommo bene dovrebbe avere a disposizione un tempo indeterminato: ciò non
può avvenire perchè il tempo della vita dell'uomo è limitato.
In riferimento a Kant si parla di "morale dell'intenzione", infatti la morale non si
rintraccia nell'azione in sè, ma nell'intenzione che l'uomo mette nel compierla: pertanto
il fulcro è proprio l'impegno dell'uomo ad adeguarsi alla ragione.
Massime e imperativi
I principi normativi prima citati e sulla base dei quali la volontà agisce sono:
-le massime, principi puramente soggettivi di cui l'uomo si arma nel momento in cui
agisce (nell'azione si contrappongono ragione ed istinto) e che esprimono il fine di fondo
che una persona si pone. (es. voglio conseguire la laurea, allora mi impegno a dare tutti
gli esami)
-gli imperativi, sono principi di carattere oggettivo che costringono la volontà a orientarsi
in una specifica direzione. Si distinguono in:
ipotetici (si mettono in atto quando l'azione ha uno specifico fine e ha formulazione
se...allora). Questi rischiano di non poter essere considerati morali, perchè il fine è
esterno all'uomo.
categorico (presentano l'azione come oggettivamente necessaria, ha formulazione tu
devi...). L'imperativo categorico è universale, dunque valido per ogni essere razionale, in
quanto la sua volontà non dipende da qualche condizione particolare. Questo può
essere considerato morale, perchè il fine è l'uomo stesso.
Analisi metafisica dei costumi (formulazioni imperativo)
Nel testo Kant fornisce le formulazioni dell'imperativo categorico e ne illustra la
funzione in 4 diversi casi, classificandoli in doveri perfetti o imperfetti, verso noi stessi o
verso gli altri. L'intenzione di Kant è quella di definire le condizioni di possibilità della
morale.
[1] Distinzione tra imperativo ipotetico e categorico: il contenuto dell'imperativo
ipotetico per essere esplicitato ha bisogno prima di una condizione, mentre il contenuto
dell'imperativo categorico è già conosciuto, e non è altro che la conformità tra la
massima e la legge stessa. Tale conformità si avrà in base alla volontà.
[2] Prima formulazione dell'imperativo categorico:
“Agisci in modo che la massima della tua azione possa valere come legge universale”
L'uomo agisce secondo massime, e affinchè l'azione possa essere considerata morale, la
massima deve valere come legislazione universale. Questa prima formulazione fa
emergere una delle caratteristiche della legge morale: l'universalità.
[3] Imperativo categorico-esperienza e seconda formulazione:
"Agisci come se la massima della tua azione dovesse diventare per tua volontà
legislatrice della natura"
Ricollegandosi alla prima afferma che, dal momento che l'universalità della legge
costituisce la natura, ovvero l'esistenza degli oggetti si può dare questa ulteriore
formulazione dell'imperativo categorico.
In questa seconda formulazione si mette in risalto la volontà, per cui l'uomo sceglie
consapevolemente di far aderire la propria massima come legge universale della natura
e una caratteristica della legge morale, quale l'autonomia: legge morale come
autolegislatrice e non eteronoma, che rintraccia i suoi principi in sè stessa.
[3] Suicidio, dovere imperfetto verso noi stessi: l'uomo in seguito a mali e disperazione,
riflette sulla possibilità che la sua massima di amor proprio possa diventare una legge
morale universale. Kant condanna il suicidio,
infatti la morte del singolo impedisce la possibilità di creare un accordo razionale tra
individui, ovvero una comunità.
Pertanto questa massima immorale non può essere considerata come legge universale
della natura.
[4] Prestito di denaro..., dovere imperfetto verso gli altri: l'uomo necessita di denaro,
ma è consapevole di non avere la possibilità di resistuirlo. Questa massima non può
essere considerata come legge universale, perchè se ciò accadesse le promesse
perderebbero di valore e lo scopo che si vuole ottenere con questa non si potrebbe
raggiungere, perchè verrebbe a mancare la fiducia.
[5] Assente impegno di sviluppo, dovere imperfetto verso noi stessi: l'uomo che gode di
grande ingegno, non si impegna a estendere o a perfezionare le sue qualità intellettive e
si dedica così ad una vita nell'ozio. Questa massima non può essere considerata legge
universale, perchè come essere razionale tutte le sue facoltà devono essere sviluppate.
[6] Indifferenza alle condizioni altrui, dovere imperfetto verso gli altri e se stessi: Un
uomo che vive nella felicità e nel piacere, non si cura delle condizioni altrui. Se questa
massima diventasse universale, la specie umana sopravvivrebbe in ugual modo, ma
nessun uomo lo dovrebbe volere perchè all'interno della società gli uomini si devono
servire vicendevolemente ed è possibile che l'uomo che si trova in una posizione agiata,
viva una condizione difficile e che abbia dunque bisogno del sostegno altrui.
Terza formulazione dell'imperativo categorico
Kant elabora una terza formulazione dell'imperativo categorico e scrive: “Agisci in
modo da trattare l'umanità tanto nella tua persona quanto nella persona di un altro
sempre nello stesso tempo come un fine e mai unicamente come mezzo”.
In quest'ultima formulazione emergono due fondamentali aspetti legati alla vita di Kant:
l'idea di fratellanza, propria della rivoluzione francese (fratellanza), per cui bisogna
trattare gli altri e se stessi sempre come fini e mai come mezzi, e un principio che si trova
alla base della religione pietista (cristiana), ovvero l'etica della reciprocità: non fare agli
altri ciò che non vorresti fosse fatto a te.
(Le parole d’ordine della Rivoluzione francese, libertà, uguaglianza e fratellanza, sono tutt’e tre
presenti nella sua etica. La libertà, per l’autonomia della morale ispirata alla ragione propria di
ogni uomo; l’uguaglianza, perché la ragione che ispira il comportamento è una facoltà
universale; la fratellanza, che troviamo nella terza formulazione dell’imperativo categorico, in
cui Kant afferma che bisogna trattare gli altri e se stessi sempre come fini e mai come mezzi,
quindi bisogna trattare tutti gli altri alla stessa stregua di noi stessi, come noi stessi, come
fratelli)
Rivoluzione copernicana in ambito morale ([3] metafisica dei costumi)
Anche nella Pratica si attua una sorta di rivoluzione copernicana: questa si rintraccia
innanzitutto nella caratteristica di formalità della legge morale: infatti se le precedenti
distinguevano il giusto e il sbagliato, secondo la legge kantiana non si deve più fare ciò
che è il bene ma è bene ciò che si deve fare.
Kant non dà una defizione oggettiva di bene, infatti si agisce moralmente solo se si segue
la legge morale.
Il secondo punto si ricollega alla seconda formulazione riguarda il dovere morale, che
non va più cercato all'esterno, ma nell'integrità dell'individuo.
Mondo illimitato della Pratica e mondo limitato della Pura
Nella Pura leggiamo dell'uomo come essere limitato, sia nella sfera noumenica che nella
conoscenza. Egli tenta di superare questi limiti attraverso le idee di anima, mondo e Dio,
ma inevitabilmente si perde, come scrive Kant, "in un mare tempestoso".
Il mondo morale, invece, è segnato in ogni sua parte dalla libertà: l'uomo è in grado di
regolarsi e la ragione è in grado di determinare la propria volontà.
Idee di Anima, Mondo e Dio.
Mentre nella Pura Kant tiene una posizione agnostica, ovvero afferma l'impossibilità di
conoscere l'anima e Dio, nella Pratica egli giunge a Dio e all’immortalità dell’anima, come
postulati morali, e quindi come condizione necessaria per la legge morale. Questi non
devono essere considerati come dogmi teoretici, infatti non ampliano la conoscenza
speculativa,ma attribuiscono realtà oggettiva alle idee della ragione. Non sono
dimostrabili, Kant però per legittimarne l'esistenza segue tale ragionamento: anche se
non dimostrabili, devono essere accettati come veri, perchè attraverso di essi si riesce a
dimostrare la legittimità di seconde cose. In questo senso egli afferma di aver trovato
una chiave di accesso ad una pseudo-percezione del noumeno.
Il primo postulato è quello della libertà: Nella Pura non c’è alcun accenno alla libertà
umana, anzi, l’esistenza della libertà nel mondo è una tra le antinomie della cosmologia
razionale. Nella Critica, invece, afferma che è necessario ipotizzare l'esistenza della
libertà, perchè senza questa la legge morale non sarebbe realizzabile, in quanto l’essere
morale implica lo scegliere tra il bene e il male, tra il vizio e la virtù: continua lotta tra
l'imperativo categorico e le inclinazioni.
Un altro postulato riguarda l'immortalità dell'anima: L’uomo nel corso della sua vita non
realizza pienamente l'azione morale nonostante gli sforzi, ma ci riesce solo in parte.
Proprio per questo motivo è necessario, secondo Kant, per l'uomo morale ipotizzare un
tempo infinito destinato unicamente all'anima, che possa permettergli di proseguire al
proprio perfezionamento in ambito morale e di allontanare il senso di inadeguatezza e
insoddisfazione.
L'ultimo postulato è quello su Dio: l'uomo virtuoso, morale cerca constantemente di
promuovere il sommo bene, è necessario dunque ammettere l'esistenza di Dio, essere
onnipotente nel quale si conciliano la virtù e la felicità, il voler fare il bene e il realizzarlo
veramente.
La felicità è raggiungibile solo postulando l'esistenza di Dio, il quale, conoscendo la
volontà santa, è in grado di dare ricompense per giusti meriti.

CRITICA DEL GIUDIZIO


Collegamento natura e libertà: Pura e Pratica
In quest'opera Kant si pone queste domande: Che cos’è il bello? Chi giudica il bello?
Quando si può affermare che una cosa è bella?
La Critica del Giudizio venne pubblicata due anni dopo (1790) la Critica della ragion
pratica perché Kant si accorse che tra la Pura e la Pratica non vi era continuità, aveva
infatti lasciato insolute delle problematiche.
Probabilmente egli scrisse quest'opera spinto dall'esigenza di creare un collegamento
tra natura e libertà: infatti nella Pura Kant scrive dell'inesistenza della libertà dell'uomo,
inserito in una realtà regolata da leggi e la cui conoscenza è limitata dalla natura (per
questo si rifà alle categorie).
Nella Pratica, invece, emerge la libertà dell'individuo che va oltre la sensibilità per
attingere al noumeno. Dunque nell'una si parla di meccanicismo della natura e nell'altra
di libertà.
Egli scrive "“Se si riuscisse a trovare un finalismo nella natura potremmo superare
l’incongruenza". Per trovare questo finalismo Kant si avvale di un ulteriore facoltà
dell'intelletto, quale il sentimento, in cui si realizza l'incontro tra natura e libertà.
Kant procede definendo due tipi di giudizi:
-giudizio determinante (sintetici a priori): l’uomo determina la realtà attraverso giudizi
sintetici a priori (spazio, tempo e categorie)
-giudizio riflettente: l'uomo parte dalla particolarità dell'oggetto e da qui giunge
all'universale attraverso riflessioni soggettive.
Nell'opera Kant affronta il tema dell'estetica rifacendosi all'opera del filosofo
Baumgarten dal titolo "Estetica". Egli rivoluziona il concetto di estetica: fin quel
momento si è parlato di estetica come sensazione, invece Baumgarten la inquadra come
lo studio dei fenomeni del bello e dell'arte.
Kant riprende il giudizio riflettente e ne distingue le due categorie:
-giudizi estetici: l'uomo è chiamato a riflettere su ciò che è bello e sublime.
Si attua attraverso il giudizio del gusto, ovvero la facoltà di valutare il bello. Questo non
fa riferimento ad un piacere derivante dalla sensazione che l'oggetto scaturisce nel
soggetto che varia dunque da persona a persona ma dal piacere (comune a tutti gli
uomini) che si prova nel momento in cui entrano in rapporto le nostre facoltà
conoscitive per realizzare la conoscenza e in cui si crea una sorta di rapporto da oggetto
e soggetto (È come se si ritrovasse un certo finalismo che fa sì che quelle cose ci
appaiano più belle)
-giudizi teleologici: dal greco tèlos (=fine), è un giudizio che mira alla ricerca la finalità
chiara e precisa della natura.
Kant, partendo dalle categorie della Pura, dà 4 definizioni di bello:
-bello come qualità: è bello ciò che piace senza interesse (se trovo un piacere materiale
o un'utilità non è più bello)
-bello come quantità: bello è ciò che piace universalmente, senza concetto, cioè le cose
sono dette belle perché vissute, sentite spontaneamente come belle. Fa qui un'altra
distinzione tra bello e gradevole. Il bello estetico è universalmente bello perchè si tratta
di un giudizio a priori, mentre il gradevole è soggettivo, pertante legato all'esperienza.
-bello come relazione: bello è la finalità senza scopo: può sembrare contraddittorio, ma
è come se la natura avesse una finalità non chiara, che si accorda a noi ma che non ha
uno scopo preciso.
(Bello è ciò che ha armonia senza seguire delle regole formali => non
è possibile classificare il bello in schemi e regole precise.)
-bello come modalità: il bello è ciò che, senza concetto, è riconosciuto come oggetto di
un piacere necessario.
Anche in questo caso Kant attua una rivoluzione copernicana: il bello non è più una
qualità dell'oggetto (come si credeva nella filosofia antica), ma una qualità che deriva dal
modo in cui la mente umana interpreta le qualità dell’oggetto.
Peranto è il frutto di una mediazione tra le qualità dell’oggetto e la nostra mente.
Kant si occupa anche del sublime,il sentimento dell'illimitato generato dalla maestosità
della natura (sublime matematico) o da effetti causati dalle grandi forze naturali es.
terremoto (sublime dinamico).

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