Sei sulla pagina 1di 2

Guelfi e Ghibellini

Questi due nomi ebbero origine in Germania nei primi decenni del 1100. Secondo la comune
opinione i due nomi non furono che gridi di guerra in Germania tra i sostenitori della Casa di
Hohenstaufen e quelli della Casa di Baviera, dopo la morte di Enrico V (1125) che non lasciò eredi
diretti.

I seguaci di Hohenstaufen erano ostili alle ingerenze della Chiesa romana; i rappresentanti della
famiglia di Guelfo, duca di Baviera, favorirono un’intesa con i pontefici. Nella lotta alla
successione al trono furono i Welfen a prevalere, facendo eleggere Lotario di Supplimburgo (1125-
1138). Ma l’eccessiva potenza di questa Casa appariva troppo pericolosa agli altri feudatari della
Germania, i quali spalleggiarono i duchi di Svevia, capitanati da Federico di Hohenstaufen.
Contrapposero l’elezione al re di Germania, di Corrado duca di Franconia, legittimo re Corrado III
(1138-1152). Con ciò ebbe inizio il contrasto tra Chiesta e Impero, risolto solo con un compromesso
nel concordato di Worms nel 1122.

Le due fazioni furono dette dei Guelfi (dalla casa di Welf o Guelfo di Baviera), e dei Ghibellini (dal
castello di Guaibelinga o Waibling della Casa Sveva), più tardi passarono a determinare i sostenitori
della Chiesa e dell’Impero.

Con l’elezione di Federico I Hohenstaufen detto anche Barbarossa, nel 1152 a re di Germania e tre
anni dopo a imperatore, segnò il trionfo della politica antiecclesiastica o meglio antiromana. La
candidatura appoggiata da Corrado III fu accolta favorevolmente da entrambe le famiglie sia per le
sue qualità personali sia per i legami di parentela. Sembrava la persona adatta ad unire le due
dinastie rivali. In realtà strinse subito un’alleanza con la Casa dei Welfen. Con il suo avvento volle
distruggere in Italia le floride istituzioni comunali legate col papato, per poi riportarle all’originaria
integrità dell’Impero.
Quando la contrapposizione Guelfi, Ghibellini arrivò in Italia, questi due termini subirono
un’immediato cambiamento semantico. La rivalità non è più da intendersi come una lotta tra due
Famiglie ma bensì una lotta tra partiti popolari in grado di mobilitare “il popolo di mezzo” e di
intraprendere guerre contro le città antagoniste.

Il conflitto tra Chiesa ed Impero si complicò trasformandosi successivamente nel conflitto tra
comuni ed Impero; ovviamente si dissero Ghibellini coloro che credevano nel trionfo dell’Impero e
Guelfi i sostenitori della maggiore autonomia comunale e i partigiani della politica del papato.
All’imperatore non bastava più il sostegno dei maggiori feudatari, i quali erano ormai indeboliti
dall’ascesa dei Comuni, per ciò concesse favori ad alcune città, come Pisa e Como, le quali
attaccando comuni maggiori, come Milano, ricevevano in cambio concessioni molto importanti.

Firenze, si sentì guelfa sia perché aveva appoggiato la contessa Matilde di Canossa e il papato
durante la lotta delle Investiture, sia perché Pisa era ghibellina ed aveva ottenuto favoritismi
dall’Imperatore. Una spiegazione semplicistica della nascita delle fazioni, a Firenze, risale ad un
conflitto familiare. Alla morte di Oddo Arrighi dei Finfanti, ucciso da Buondelmonte dei
Buondelmonti, il quale a sua volta fu ucciso dagli Amedei da qui ebbe inizio la rovina della città.
Anche Milano fu guelfa poiché erano Ghibellini i centri lombardi minori.

Di conseguenza il significato dei termini varia appena lo scontro non si attua più nel territorio
germanico ma in quello italiano. Essi conservano solo in parte il valore tradizionale, finendo per
identificare fazioni cittadine che aspirano al dominio del comune. A prescindere dagli ideali
ambedue gli schieramenti si dimostrano dei grandi sostenitori dell’autonomia comunale.
I comuni in Italia settentrionale e centrale erano ormai pienamente sviluppati. La lotta che
l’imperatore intraprese e scatenò con violenza su queste istituzioni era destinata a culminarsi con
una sconfitta, data la potenza dei comuni stessi e data la scarsa conoscenza della situazione
momentanea.
Certamente la nascita delle fazioni cittadine è anteriore all’uso di Guelfi e Ghibellini, poiché
originariamente derivava da contrasti tra famiglie, quartieri e la mancanza di un potere superiore. Le
fazioni volendo far dimenticare le ragioni dei loro contrasti per lo più inclini alla violenza, talvolta
gratuita, cercavano di coprirsi dietro ad un’identità politica, assumendo i nomi di Guelfi e Ghibellini
in base più al caso che alla scelta consapevole.

Col passare del tempo, nessuno intende più il significato delle parole, dato che la stessa massa
guelfa, a Firenze ma anche altrove, si era da tempo divisa in vere e proprie sette: l’esempio di
Firenze è la scissione dei Guelfi in Bianchi e Neri, i primi privilegiavano la signoria e rifiutavano
l’ingerenza del papato nel governo della città; mentre i secondi rappresentavano gli interessi delle
famiglie ricche di Firenze, le quali erano strettamente legate al papa per interessi economici. La
lotta originaria tra Guelfi e Ghibellini era ormai tramutata in una lotta tra ricchi e popolani, oppure
lotte di banchieri, mercanti, cittadini ecc. per le loro cause locali che non avevano niente a che fare
col guelfismo e ghibellinismo originari.

Durante il XIV sec. inizia il rapido declino dell’importanza dei due partiti. A Firenze la lotta tra
Guelfi e Ghibellini come quella tra Bianchi e Neri si esaurirono, nella lotta politica e sociale fra le
Arti ovvero fra il popolo grasso e quello magro, i nomi non comparvero più al tempo del tumulto
dei Ciompi. Nel XV Filippo Maria Visconti a Milano decretò che tutti i cittadini superiori ai
diciotto anni dovessero giurare di non essere ne guelfi ne ghibellini. I termini entrano poi in disuso
fino a dimenticarne il loro significato originale.

Potrebbero piacerti anche