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Descrizione
Formazione
Cristallo di ghiaccio
La vita di un cristallo di neve inizia all'interno dell'atmosfera. Questa contiene spesso umidità,
data dal vapore acqueo, cioè dalle molecole di acqua sotto forma di gas in sospensione
nell'aria. Se la temperatura si abbassa, le molecole si condensano (cioè giungono allo stato
liquido, formando piccole goccioline) attorno a particelle chiamate nuclei di condensazione
(sali, pollini o polveri presenti nell'atmosfera), che hanno un diametro medio di circa 1 μm. Se
la temperatura dell'aria è al di sotto degli 0 °C è possibile che, invece di acqua liquida, si
formino minuscoli cristalli di ghiaccio. Perché ciò avvenga sono necessari dei nuclei di
congelamento, simili a quelli di condensazione. Non tutte le particelle che fungono da nuclei
di condensazione possono essere anche nuclei di congelamento; al diminuire della
temperatura dell'aria il loro numero aumenta e diventa molto più facile la formazione, tramite
congelamento, di cristalli di ghiaccio.
La dimensione e la massa dei cristalli di ghiaccio
aumentano ed essi cominciano a subire più sensibilmente l'azione della forza di gravità,
iniziando a cadere.
La forma finale del cristallo di neve dipende da una serie di variabili, come la temperatura, la
velocità di caduta e l'umidità dell'aria incontrata. La velocità con cui la massa del cristallo
aumenta dipende dalla temperatura: i cristalli che passano attraverso un'atmosfera più
fredda sono più piccoli di quelli passati attraverso un'atmosfera più calda. Inoltre una
atmosfera più calda può contenere più umidità, dando luogo a nevicate più abbondanti. Una
volta caduto al suolo il cristallo di neve subisce una serie di trasformazioni (metamorfismi)
che ne modificano la forma iniziale e le caratteristiche fisiche. La trasformazione della neve
dipende dalla temperatura all'interno del manto nevoso (legata alla temperatura dell'aria) e
dal contenuto di acqua della neve (che dipende dalla sua origine). Il metamorfismo modifica
la densità del manto nevoso, che può variare da un minimo di 50 a un massimo di 200 kg/m³
subito dopo una nevicata. La densità della neve a sua volta influisce sulla stabilità e sulla
compattezza del manto nevoso stesso e, quindi, sulla sicurezza dell'ambiente.
Geometria
Una domanda interessante è perché i bracci dei cristalli di neve che formano i fiocchi siano
perfettamente simmetrici e allo stesso tempo non ci siano due cristalli di neve identici. La
risposta risiede nelle differenti condizioni ambientali che due cristalli diversi posti a una certa
distanza tra loro subiscono durante il processo di formazione, accrescimento e caduta
ovvero nel fatto che la distanza "tra" i cristalli di neve è molto maggiore di quella "interna" al
medesimo cristallo di neve.
Data la simmetria iniziale esagonale della struttura cristallina del ghiaccio comune (derivante
direttamente dalla struttura molecolare dell'acqua), i bracci del cristallo di neve crescono
indipendentemente in un ambiente che è ritenuto spazialmente e temporalmente molto
variabile in termini di temperatura, umidità e così via. Questo ambiente è ritenuto
relativamente omogeneo nello spazio di un singolo fiocco e questo porta i bracci a crescere
in modo molto regolare e simmetrico, rispondendo in modo uguale a un ambiente uguale,
come alberi non imparentati tra loro rispondono ai cambiamenti ambientali facendo crescere
serie simili di anelli nel tronco. La differenza nell'ambiente anche minima in termini di
temperatura e soprattutto umidità dell'aria su scale spaziali più grandi di quelle di un singolo
cristallo di neve conduce alla mancanza di uguaglianza osservata tra le forme di due o più
cristalli differenti.
Un ulteriore dato che contribuisce a rendere ancora più convincente la teoria dell'inesistenza
di due cristalli di neve identici è il fatto che ogni fiocco è composto da miliardi di molecole
d'acqua, e le differenti combinazioni possibili di fiocchi che si possono formare da questi
miliardi di molecole creano un numero di cristalli di neve diversi incredibilmente grande.
Naturalmente il concetto che due cristalli di neve non possano assolutamente essere uguali
è un'iperbole teorica. Infatti è perfettamente possibile, anche se improbabile, che due cristalli
possano essere identici, a patto che le condizioni ambientali siano quasi identiche: sia che i
cristalli crescano abbastanza vicini l'uno all'altro sia anche per puro caso. La Società
Meteorologica Americana ha riportato che due cristalli identici sono stati trovati da Nancy
Knight del Centro Nazionale per la Ricerca Atmosferica il 1º novembre 1986[1]. I cristalli non
erano "fiocchi" dendritici nel senso comune del termine, ma piuttosto semplici piastre
esagonali prismatiche.
Precipitazione
Precipitazione nevosa
La neve si forma nell'alta atmosfera quando il vapore acqueo, a temperatura inferiore a 5 °C,
brina attorno ai cosiddetti germi cristallini passando dallo stato gassoso a quello solido
formando cristalli di ghiaccio i quali cominciano a cadere verso il suolo quando il loro peso
supera la spinta contraria di galleggiamento nell'aria e raggiungono il terreno senza fondersi.
Questo accade quando la temperatura al suolo è in genere minore di 2 °C (in condizioni di
umidità bassa è possibile avere fiocchi al suolo anche a temperature lievemente superiori) e
negli strati intermedi non esistono temperature superiori a 0 °C dove la neve possa fondere e
diventare acquaneve o pioggia.
violente precipitazioni,
bassa umidità,
la neve può cadere, anche se per brevi periodi, con temperature positive superiori ai 2 °C (se
l'aria nei bassi strati è abbastanza secca la neve può giungere al suolo anche con
temperature abbastanza superiori, talvolta anche 5 o 6 C°). Se la temperatura lo consente, è
possibile produrre neve artificiale con cannoni appositi, che tuttavia creano piccoli granelli
più simili a neve tonda che non a neve propriamente detta.
In generale quindi per l'occorrenza del fenomeno nevoso conta non solo il campo termico al
suolo, ma anche quello degli strati atmosferici compresi tra la nube e il suolo: la neve infatti
può anche non cadere alle temperature proprie suddette in presenza di precipitazioni ovvero
giungere sotto forma di pioggia pur a temperatura del suolo sottozero: questo accade a volte
quando si è in presenza di una forte inversione termica caratterizzata da strati superiori
dell'atmosfera a temperatura positiva all'interno del quale cristalli e fiocchi fondono
tramutandosi in acqua liquida; quando quest'acqua sotto forma di pioggia raggiunge il suolo
gela quasi istantaneamente a contatto con il suolo ghiacciato portando alla formazione del
pericolosissimo gelicidio.
Allo stesso modo, anche una prolungata omotermia verticale con temperatura costante di
poco superiore allo zero sfavorisce la caduta di neve facendo fondere i fiocchi in caduta.
Anche alti livelli di umidità relativa con temperature al suolo di poco superiori allo zero
sfavoriscono la caduta al suolo di neve perché aumenta la conducibilità termica dell'aria, la
quale fa fondere più velocemente i cristalli di ghiaccio in caduta. Spesso al riguardo la
precipitazione può cominciare sotto forma di neve e poi tramutarsi in pioggia proprio per
l'aumento dell'umidità relativa al suolo in conseguenza della fusione della neve stessa,
nonostante l'assorbimento del calore latente durante questo passaggio di stato fisico. Altre
volte accade il contrario: le precipitazioni possono iniziarsi sotto forma di pioggia per poi
convertirsi in neve al calo della temperatura per precipitazioni o al dissolvimento dello strato
di inversione/omotermia per sopraggiunta aria fredda in quota.
Inoltre, poiché quasi tutta la luce che entra viene restituita, il manto nevoso appare spesso
abbagliante.
Lo stesso fenomeno si presenta con ogni polvere che non assorba troppa luce:
una strada sterrata polverosa appare biancastra, ma se piove diventa scura.
Nelle precipitazioni nevose dell'Europa meridionale, si può talvolta notare una leggera
colorazione rosa nel cielo o tra gli strati nella neve caduta: è la sabbia che arriva con il vento
dal Sahara.
Il simbolo del cristallo di neve, chiamato anche fiocco di neve, è spesso associato al concetto
di inverno, ghiaccio, neve o temperature al di sotto del punto di congelamento. Ad esempio
gli pneumatici invernali riportano questo simbolo.
Un cristallo di neve stilizzato è stato anche usato come simbolo dei XIX Giochi olimpici
invernali a Salt Lake City, Utah.[2]
Nello standard Unicode sono codificati tre differenti simboli del cristallo di neve:
Di solito le nevicate a bassa quota sono rare nelle regioni al di sotto dei 35° di latitudine e
sulle coste occidentali dei grandi continenti, essendo più esposte ai venti di Ponente tipici
delle medie latitudini e provenienti in questo caso dall'oceano, più caldo della terraferma
durante l'inverno.
Le zone più inclini alla neve alle medie latitudini sono le zone di montagna durante il periodo
invernale, ma episodi nevosi possono verificarsi anche in collina e pianura specie in
corrispondenza di ondate di freddo, mentre diventa un fatto abituale a tutte le quote salendo
di latitudine verso i poli.
Alcune cime montuose hanno una copertura perenne di neve, come quelle Himalayane e
dell'Asia centrale al di sopra dei 5.000 metri, quelle Andine dai 3000–5000 m in su, le
montagne più elevate in Canada e Alaska e quelle Alpine dai 3.000 metri in su e i monti
Kilimangiaro, Ruwenzori e Monte Kenya in Africa, e il Puncak Jaya in Indonesia, pur essendo
questi prossimi all'Equatore. Invece molte zone polari hanno precipitazioni molto scarse e
quindi relativamente poca neve, nonostante il clima gelido.
A larghe falde: è la più comune e consiste in fiocchi di neve di medie e grandi dimensioni e
si verifica con temperature dagli 0 °C in su e con livelli medio-alti di umidità. La velocità di
caduta, in assenza di moti convettivi verticali, risente delle dimensioni dei fiocchi.
A piccole falde: è una forma di precipitazione nevosa sotto forma di piccoli fiocchi che
avviene con basse temperature (qualche grado sotto zero) e bassi livelli di umidità. La
velocità di caduta è maggiore rispetto alla neve a larghe falde e dà spesso luogo a fitte
nevicate. Spesso dà luogo al suolo ad accumuli di neve secca e farinosa.
Neve a pioggia: espressione tipica del Mezzogiorno per indicare una neve con grandi
fiocchi e molto fitta che di solito si ha a temperature moderatamente alte (2 gradi o 3). La
velocità di caduta è maggiore rispetto alla grandine.
Neve tonda: fiocchi di neve che, attraversando uno strato dell'atmosfera a temperatura
lievemente positiva, vanno ad ampliarsi infinitamente su sé stessi o i cristalli a perdere le
punte arrotondando i loro bordi e prendendo così una forma più sferica.
Neve a Firenze
Acquaneve: caduta di fiocchi parzialmente fusi in pioggia, che generalmente non lasciano
un accumulo consistente, ma solo qualche traccia di neve bagnata.
Temporale di neve
Blizzard
Scaccianeve: non è propriamente una precipitazione, bensì una forte tempesta di vento,
che solleva la neve già caduta al suolo in mulinelli simili a una vera tormenta.
Il nevone è una precipitazione nevosa particolarmente intensa, che ricopre qualunque cosa[3].
Effetti al suolo
Nevicata in Nord-America
Una volta caduta al suolo la neve tende a compattarsi sotto il proprio peso in misura tanto
maggiore e veloce quanto più spessa e umida è la coltre nevosa e tanto maggiore è
l'eventuale fusione potendo subire anche altri processi in relazione alle condizioni ambientali.
La neve al suolo può essere classificata come segue:
Leggera e polverosa: quando è appena caduta se si è sotto zero e con poca umidità
dell'aria.
Pesante: quando la temperatura va sopra lo zero, la neve diventa umida e un po' più
pesante.
Grande e pesante: se si è sopra zero, i fiocchi si uniscono in agglomerati più grandi e a terra
la neve diventa molto pesante e facilmente compattabile, la migliore per fare le palle di
neve.
Trasformata: successivi passaggi sopra e sotto lo zero portano la neve a divenire molto
compatta, quasi come in pista, spesso anche con crosta di rigelo, e questo è il tipo di neve
che si trova a volte in primavera.
Con crosta: il vento e l'umidità a esso associata e/o successivi passaggi sopra e sotto lo
zero formano una crosta molto rigida e spessa sopra la neve polverosa, meno spessa sulla
neve più molle. Tale strato ghiacciato si associa spesso al vetrone.
Un ultimo tipo di neve al suolo è la neve artificiale, che si ottiene attraverso tecniche di
innevamento artificiale.
Ghiacciaio alpino
La neve accumulata al suolo può seguire due strade: fondersi nei periodi più caldi come
primavera ed estate oppure conservarsi tale se le temperature rimangono costantemente
sotto lo zero. In questo caso, che avviene al di sopra del cosiddetto limite delle nevi perenni
cioè a partire da una certa quota altimetrica in su, variabile in funzione della latitudine, la
neve comincia a seguire un ciclo di trasformazione che la tramuterà in ghiaccio grazie al
processo di metamorfismo dei cristalli e al peso della neve soprastante espellendo l'aria
contenuta negli interstizi e autocompattandosi progressivamente (firnificazione). Il ghiaccio
così formatosi a partire dal 5º anno in poi va a formare il ghiacciaio. Le coltri di nevi perenni
assieme ai ghiacci perenni fanno parte della cosiddetta criosfera.
Effetto albedo
La neve al suolo crea inoltre il cosiddetto effetto albedo ovvero riflette in massima parte la
radiazione solare incidente contrastandone così l'assorbimento da parte del terreno; questo
fatto unito al calore di fusione assorbito dalla neve durante l'eventuale fusione favorisce un
riscaldamento termico minore dello strato atmosferico a contatto con essa col risultato che
zone coperte di neve si riscaldano molto meno e si raffreddano molto più velocemente di
zone non coperte da essa. È il presupposto che favorisce estese e intense gelate notturne
tali da produrre a volte estremi record negativi. Tale effetto oltre che a scala meteorologica è
alla base anche di alcuni meccanismi di retroazione in campo climatico (feedback ghiacci-
albedo-ghiacci).
Rischi e mitigazione
Valanga
La neve può costituire un rischio per l'incolumità di infrastrutture e persone fisiche nel
fenomeno delle valanghe. Danni da sovraccarico nevoso possono prodursi sui tetti, sulla
vegetazione arborea o favorire la formazione di ghiaccio su germogli in primavera. Nevicate
consistenti (tormente) spesso creano danni alle infrastrutture e costituiscono un ostacolo
alla viabilità bloccando la circolazione e i servizi, talvolta anche in zone dove il fenomeno
meteorologico accade con frequenza. Interruzione dell'elettricità, dei servizi telefonici e di
altre infrastrutture di base sono comuni nel caso di tempeste di neve. Spesso scuole e altri
uffici rimangono chiusi e alcuni centri abitati remoti rimangono isolati. La neve può anche
creare dei rischi stradali, ma capita più spesso con il ghiaccio. Comuni e province di comuni
montani sono dotati di mezzi antineve (spartineve e/o turbine), mentre per il ghiaccio fanno
uso di sali (costoso, corrosivo, ma efficiente) o sabbia (meno costosa ed efficiente, ma non
corrosiva) o misto sulle strade per favorirne la fusione e/o aumentare l'attrito con l'asfalto.
Un importante settore del turismo e dell'economia dei paesi montani, fortemente legato alla
presenza di neve, è rappresentato dal turismo invernale e dagli sport invernali praticabili nelle
innumerevoli stazioni sciistiche presenti in tutto il mondo a beneficio degli operatori del
settore (operatori impianti di risalita, operatori alberghieri, operatori di vendita/affitto
attrezzature e ristoratori). La neve costituisce anche un'opportunità ludica per i bambini che
spesso amano e si danno da fare in palle di neve e pupazzi di neve.
Record
La maggior quantità di neve fresca caduta in una stagione invernale è stata misurata negli
Stati Uniti al Monte Baker, dove nell'inverno 1998/99 sono caduti 2.895 cm di neve.[4]
Il maggior spessore di neve fu misurato il 14 febbraio 1927 alla stazione meteorologica del
Monte Ibuki in Giappone nella Prefettura di Shiga, al suolo c'erano ben 1.182 cm di neve.[5]
Il record per la nevicata più intensa in un giorno appartiene a Silver Lake, in Colorado,
quando nel 1921 caddero 192 cm in 24 ore. Alcuni erroneamente attribuiscono questo
record a Capracotta, infatti è stato dimostrato che la misura degli impressionanti 256 cm
era frutto anche del contributo eolico. Alcuni anemometri registrarono 80 km/h e con
punte a livello locale di 130 km/h. Inoltre la bassa densità volumetrica della neve stessa
(90-110 kg/m^3) ha contribuito a formare depositi imponenti. Infine da sottolineare come
prima della nevicata vi fosse già un accumulo importante.[6]
Secondo il Guinness dei primati, il fiocco di neve più grande mai osservato e riferito ai
media è stato di 38 cm di larghezza e 12 cm di spessore. Caduto nel Montana nel gennaio
1887.[7]
Note
1. ^ Theoni Pappas, Le gioie della Matematica, Franco Muzzio Editore. ISBN 88-7413-112-7.
pag. 74
2. ^ Comitato Olimpico Internazionale, Olympic Games Salt Lake City 2002 - The emblem (ht
tps://www.olympic.org/upload/games/2002W_emblem_b.jpg) (JPG), su olympic.org,
2009. URL consultato il 15 luglio 2009.
6. ^ Le informazioni errate di eventi meteorologici estremi: il caso delle "nevicate record" sulle
montagne di Abruzzo e Molise del marzo 2015 (http://www.protezionecivile.molise.it/ima
ges/studiepubblicazioni/ICAM-2015_Nevicate-non-da-record.pdf) (PDF), su Protezione
civile Molise.
Voci correlate
Acquaneve
Brina
Catene da neve
Cristalli di ghiaccio
Firnificazione