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la storiografia

E’ considerato il più grande fra gli storici latini. È noto soprattutto per le sue opere maggiori,
Historiae e Annales, con cui egli reinterpreta la tradizione storiografica in modo originale. I
giudizi feroci espressi su quasi tutti i personaggi e la visione cupa e disperata del destino di
Roma rivelano un forte moralismo e pessimismo tradizionali.

L’elemento più caratteristico è lo stile: riprendendo soprattutto Sallustio, Tacito ne esaspera


alcuni tratti tipici (brevitas, pregnanza, variatio) combinandoli con tendenze della sua epoca.
Ne risulta una scrittura ricca di sententiae fulminanti, spezzata e difficile.

Publio Cornelio Tacito

Nascita -> dubbia: probabilmente tra il 55 e il 58 dC, poco prima di quella di Plinio il Giovane
(61/62), dato che questi in una lettera all’amico definisce sé stesso e Tacito “circa pari
nell’età e nella posizione sociale”, aggiungendo però che quando egli era un adolescente
Tacito già godeva di fama.

Luogo di nascita -> dubbio: • Terni – ipotesi sul vanto dell’imperatore Tacito (III sec) di
discendere dalla famiglia dello storico (-prob)
• Origine Gallica – molto diffuso il cognomen Tacitus in Gallia
(+prob)

La carriera politica e il matrimonio attestano che, qualunque fosse il luogo di nascita, egli
godeva di una posizione sociale elevata ed era di famiglia benestante.

Matrimonio -> avvenuto prob. nel 78 con la figlia di Giulio Agricola (console nel 77)

Carriera -> sotto i Flavi, vi accenna sommariamente con un certo imbarazzo, scrivendo dopo
la morte di Domiziano “la mia carriera è stata avviata da Vespasiano, proseguita da Tito e
portata ancora più avanti da Domiziano”.

- Sotto Domiziano è pretore (88)


- Sotto Nerva è consulus suffectus (97)
- Proconsole della provincia d’Asia (112)

Morte -> solo congetture: +prob nei primi anni del principato di Adriano, intorno al 120.

Inizia l’attività letteraria in età matura, dopo la morte di Domiziano (96) -> dato importante:
l’esperienza negativa della tirannide di questo imperatore (da cui però egli non aveva subito
alcun danno diretto) è il punto di partenza delle sue riflessioni politiche e dell’attività
storiografica.

De vita Iulii Agricolae -> biografia encomiastica del suocero, composta e pubblicata nel 97/98.

Ampia prefazione (cap 1-3) per presentare e giustificare l’opera, per plasmare il proprio
personaggio di scrittore, chiarendo la sua posizione sul regime passato e esponendo i suoi
programmi storiografici.

Primo tema -> incolmabile distanza tra presente e passato e tra sé e gli scrittori antichi:
afferma che nell’età repubblicana compiere azioni memorabili e celebrarle era consueto,
mentre ora, accingendosi a narrare la vita del suocero defunto, egli si deve giustificare,
“tanto spietati e ostili alle virtù sono i nostri tempi”.
Ricorda con sdegno le tragiche conseguenze che l’elogio di due oppositori del principato aveva
avuto per gli autori, perseguitati ed eliminati da Domiziano, e le opere stesse, bruciate
pubblicamente.

Da qui il discorso si allarga a una condanna del regime di Domiziano (mai esplicitamente
nominato): la soppressione della libertas, l’esclusione dei filosofi, il controllo poliziesco sulle
persone e la loro libertà di parola: ogni nobile attività culturale è stata impedita.

Solo con la morte del tiranno e con l’ascesa della nuova era di Nerva (che unisce principato e
libertà) “si torna finalmente a respirare” (Agricola, 3, 1).

L’omaggio, obbligato ma sincero, a Nerva e al suo successore Traiano, lascia il posto alla
sconsolata considerazione che i rimedi agiscono più lentamente dei mali, che risuscitare le
attività è più difficile che sopprimerle, e al rimpianto per i 15 anni (durata Domiziano, 81-96)
trascorsi in forzato silenzio.

MA intende approfittare della restituita libertà di parola per tramandare il ricordo doloroso
del passato e la testimonianza positiva del presente.

La figura di Agricola -> non un oppositore, ma un uomo accorto e prudente che aveva
collaborato con i principi, buoni o cattivi, da Nerone a Domiziano: l’obbedienza e la modestia
gli avevano fatto fare carriera senza problemi, finno alla carica di governatore della Britannia
(con Domiziano)

Tacito è in imbarazzo nell’esaltare un uomo prudente e opportunista quando sta criticando la


tirannide -> due soluzioni:

• presenta Agricola come una delle vittime innocenti di Domiziano, insistendo sulla gelosia di
questo per i successi militari dell’uomo, inserendo tutte le voci che avvalorano l’ostilità di
Domiziano per Agricola, stando attento a parlare solo di rumor, costruendo il racconto in
modo da gettare sul principe ogni sospetto, fino alla morte di Agricola (93) avvenuta per
veleno a causa dell’imperatore (perfezionerà e userà sistematicamente questa tecnica in
altre opere)

• difende Agricola e indirettamente sé stesso (e gli altri oppositori silenti): Tacito ritiene più
virtuoso assecondare il despota per servire la patria nell’interesse superiore della res publica,
piuttosto che ostinarsi nell’opposizione di un principe malvagio.

Quindi c’è una polemica sottile indiretta contro gli oppositori -> rinfaccia agli eroi stoici della
libertà la loro superba ostentazione, con un attacco aperto e rabbioso contro i loro
ammiratori.

CONTENUTI

- Vita del personaggio in ordine cronologico lineare dalla nascita alla morte

- Notizie sulla famiglia, la patria, l’educazione

- Resoconto delle varie tappe della carriera fino al consolato del 77

- Contemporaneamente ne delinea le qualità: prontezza nell’apprendere e nell’agire,


attitudine al comando, accortezza nell’evitare di oscurare i superiori con i suoi successi

- Dopo consolato: comando in Britannia per 7 anni -> resoconto delle imprese nell’isola = parte
più ampia, preceduta da un excursus sulla biografia e i popoli della regione e da una rassegna
dei suoi predecessori. Le imprese di Agricola vengono riferite anno per anno.
- Il racconto si dilata quando giunge al settimo e ultimo anno della campagna, con i Calèdoni
nel nord dell’isola. Nell’imminenza della battaglia decisiva i due generali rivolgono ai loro
uomini un elaborato discorso di esortazione:

➢ Càlgaco (Calèdoni): Tacito dà voce alle brutali accuse contro la brutalità


dell’imperialismo romano
➢ Agricola: più pacato nei temi e nei toni

- Ultimi 9 anni -> pochi drammatici capitoli (39-43): dipingono la crescente gelosia di
Domiziano per Agricola, espongono i sospetti sulla causa della sua morte

- Conclude con un bilancio complessivo della vita del defunto e con una commossa apostrofe al
morto

CARATTERI

- Biografia di tipo particolare, si allontana dagli schemi consueti del genere

- Mancano aneddoti e particolari curiosi, l’interesse si concentra sull’aspetto pubblico del


protagonista; vita privata: pochi dati essenziali; ritratto fisico (tipico) appena accennato

- Inconsueti sono l’excursus sulla Britannia e sui predecessori dell’uomo: questi, con i discorsi
dei generali, avvicinano l’opera a una monografia storica del tipo del De Catilinae coniuratione
di Sallustio, da cui è probabile che Tacito si sia ispirato per lo schema

- Stile -> in armonia con la nobiltà e la dignità della materia, mostra la capacità dell’autore di
impiegare una varietà molteplice di toni e registri, rifacendosi a modelli diversi; riprende molto
Sallustio soprattutto per le vicende di guerra (andamento conciso, rapido, incalzante). Per i
discorsi dei generali riprende Livio. I capitoli finali, di tono oratorio, hanno un ritmo e una
struttura ripresi da Cicerone.

CRONOLOGIA -> Pubblicata nel 98. La data si evince da un accenno (cap 37) al secondo
consolato di Traiano.

TITOLO -> quello corretto è De origine et situ Germanorum (“L’origine e la regione dei
germani).

TEMA -> scritto di carattere etnografico che non differisce, se non per l’estensione, dagli
excursus su paesi e popoli stranieri spesso inseriti nelle opere storiografiche greche e latine.

Filone etnografico -> è l’unico esempio latino giuntoci.

Il tema era d’attualità nel 98 quando Traiano che stava per succedere a Nerva si trovava sul
confine del Reno come legato della Germania superiore, sembrava stare per riprendere la
guerra in quella zona.

L’argomento si inquadra bene negli interessi di Tacito, che nelle sue opere dedica costante
attenzione alla Germania e al pericolo che quelle popolazioni bellicose rappresentavano per
l’impero romano.

CONTENUTI

Divisa in due parti:

1. Descrizione complessiva della Germania transrenana, indipendente da Roma, e dei suoi


abitanti (1-27)
- indicazioni sui confini della regione
- brevi notizie sull’origine dei Germani (che Tacito ritiene autoctoni), sul loro aspetto; sul
clima, natura e risorse del territorio
- inizia la trattazione dei mores: organizzazione militare, struttura della società, religione,
amministrazione della giustizia, svaghi, cerimonie, educazione ecc
- cultura materiale: edifici, abbigliamento, armi, cibi, bevande

2. Esposizione di istituzioni e usi delle singole popolazioni (28-46)

- di molte registra solo il nome e la geografia


- parte dalle tribù occidentali (confinanti con la Gallia), poi passa alle settentrionali, poi alle
orientali
- conclude con un capitolo su popolazioni nomadi a est della Vistola, di incerta etnia

FONTI

Le informazioni provengono da fonti letterarie:

- De bello gallico di Cesare (unico autore citato espressamente)


- Plinio il Vecchio, l’opera sulle guerre germaniche
- Informazioni orali dirette di soldati, mercanti, prigionieri di guerra

Nella sua opera non appare mosso da curiosità autentica e disinteressata per la vita e gli usi
di un popolo straniero: è Roma il suo punto di riferimento fisso.

Atteggiamento ambivalente per il tema trattato:

Sincera ammirazione per i costumi semplici e austeri e la sanità morale dei barbari, analoghi a
quelli dei romani di un tempo -> trattazione (soprat. prima parte) condotta con costante,
polemico, allusivo confronto con i costumi romani contemporanei. Non descrive solo in positivo
le loro usanze, ma sottolinea anche quelle che, a loro onore, non conoscono e non praticano,
con riferimento alla diversa situazione romana: in Germania, le donne non assistono agli
spettacoli, ai banchetti, non demandano ad altre l’allevamento dei propri figli, non si pratica
la limitazione delle nascite o l’infanticidio. Tacito condanna anche abitudini che considera
riprovevoli, ma in generale emerge un quadro positivo della civiltà germanica, ammirata anche
per il sistema politico della libertas.

Ma ha un atteggiamento di superiorità verso la loro rozzezza (soprat. seconda parte), che


contrasta con l’ammirazione delle virtù che pongono i barbari al di sopra del corrotto mondo
romano (= ragione principale della loro forza, che tiene testa da tempo alle armi romane).

Ma Tacito rivela il suo vero pensiero, costantemente rivolto a Roma, a proposito del più grave
difetto dei germani, la discordia, cioè l’incapacità di coalizzarsi stabilmente contro un nemico
comune.

Il “dialogo sugli oratori”.

Si distacca dalle altre opere sia per il tema sia per la dubbia attribuzione.

Inizialmente non vi era dubbio sulla paternità tacitiana, in seguito ci furono ripensamenti a
causa di incongruenze stilistiche e contenutistiche. Lo stile, infatti, ai contrari sembra più
ciceroniano, fluente e appare meno incentrato sulla brevitas; ai favorevoli invece sembra
ampiamente retorico e adeguato al genere dell’opera. Per quanto riguarda il contenuto, i
contrari sostengono che l’opera non sia di Tacito in quanto Apro e Materno vengono
presentati come suoi maestri, anche se dalle fonti viene considerato allievo di Quintiliano.

Data drammatica (quando si svolge l’azione) -> 75: si afferma in un passo che da 6 anni
Vespasiano si prende cura dello stato; data di composizione -> più probabile il 102, quando fu
console il dedicatario dell’opera, Fabio Giusto.

TEMA -> della decadenza dell’oratoria, de causis corruptae eloquentiae (già fatto con
Quintiliano, Seneca Padre, Petronio)

(Tema trattato nel Satyricon: il protagonista Encolpio accusa la famiglia che finalizza
l’istruzione dei figli all'esaltazione apparente).

Sceglie il DIALOGO -> può mettere a confronto opinioni diverse e inserire altri temi

Ambientazione -> richiama il De oratore di Cicerone: l’autore riferisce discorsi che ha


ascoltato da parte di uomini di eloquenza.

- Marco Apro e Giulio Secondo, i più noti avvocati del tempo (maestri e modelli del giovane
Tacito che li accompagna) visitano Curiazio Materno, senatore-oratore che da poco ha
abbandonato l’oratoria per la poesia tragica. Materno ha composto un’opera su Catone
Uticense. Gli amici insinuano il dubbio che il messaggio di libertà possa essere travisata dal
princeps. Apro lo rimprovera di trascurare l’oratoria, più importante-> primo tema ->
confronto oratoria/poesia, difese ed elogiate in due ampi discorsi rispettivamente da Apro e
Materno.

- Arriva un altro interlocutore, Vipstano Messalla -> si crea una breve pausa che serve a
impostare il tema centrale = i motivi delle differenze tra l’oratoria antica e moderna.
Primo a parlare: Apro -> trattazione in difesa dei moderni (cap 16-23): nell’età contemporanea
non vi è decadenza, ma evoluzione e trasformazione, in armonia con il mutare dei tempi, delle
procedure giudiziarie, del pubblico -> tempi moderni = stile rapido e brillante, ricco di
sententiae. Apro conclude che ai suoi tempi anche Cicerone, innovatore, subì le critiche degli
ammiratori del passato.

- Messalla parla della decadenza dell’oratoria contemporanea (cap 25-35) -> cause (stesse di
Quintiliano): negligenza della famiglia nell’educazione dei figli, mediocrità delle scuole, futilità
dei temi delle declamazioni.

- Lacuna, poi discorso di Materno (cap 36-41) -> proposta un causa diversa del declino
dell’oratoria: causa politica -> paragona l’oratoria a una fiamma, che deve essere alimentata
per splendere -> nell’età repubblicana l’oratoria trovava alimento nella forte competizione
politica, con dibattiti in Senato e discorsi al popolo -> causa più profonda e vera = perdita
della libertà politica -> Materno accetta questa realtà: l’oratoria non può svilupparsi in “stati
pacifici e ben ordinati” perché li le decisioni politiche sono prese solo dal più saggio.

Portavoce dell’autore -> difficile da individuare con chiarezza:

• Materno: la spiegazione politica della decadenza dell’oratoria e la giustificazione del principato


esprimono il pensiero di Tacito. Inoltre la convinzione di Materno, e anche dell’autore, che
l’oratoria non può più avere nella Roma contemporanea l’antico prestigio dei tempi di
Cicerone, può implicare l’opportunità della scelta della storiografia (Tacito) invece che della
poesia (Materno)

• Apro: non è solo un contestatore: la sua difesa dell’oratoria moderna si può leggere anche
come una difesa dello stile moderno, anticlassicistico, anticiceroniano, rappresentato sia da
Seneca che da Tacito
Historiae -> dinastia dei Flavi (69-96), comprendendo la guerra del 69, il cui vincitore è il
fondatore della dinastia, Vespasiano.

14 libri, si conservano i primi 4 libri e parte del 5 (anni 69-70)

Inizio -> ampia prefazione: l’autore, dopo aver lodato gli storici del periodo repubblicano,
condanna quelli del principato -> necessità di una nuova storiografia onesta e obiettiva.

Poi espone l’argomento che tratterà, sottolineandone (tipicamente) l’importanza e


l’eccezionalità, accentuandone anche gli aspetti negativi: annuncia una tremenda e
impressionante sequela di atrocità, arrivando ad affermare che gli dei non si preoccupano
della sicurezza degli uomini, ma della loro punizione.

Infine offre una rapida panoramica della situazione di Roma e delle province all’inizio del 69,
per individuare i fattori che indussero alla guerra civile.
Subito si delineano i 3 centri d’interesse: Roma, la Germania, l’Oriente (primi 3 libri).

- si narra l’adozione di Pisone da Galba, che provoca la reazione di Otone che fa un colpo di
stato: Galba e Pisone vengono uccisi, Otone è acclamato imperatore dai soldati

- poi la rivolta di Vitellio, proclamato imperatore dai suoi soldati in Germania

- il generale Vespasiano è in attesa per intervenire al momento giusto

- Otone, sconfitto, pronuncia un nobile discorso ai suoi soldati e si uccide nella speranza di
porre fine al conflitto

- Vitellio e le sue truppe iniziano una lenta marcia verso Roma, tra festeggiamenti e
devastazioni

- Vespasiano è proclamato imperatore dalle sue truppe e da tutti gli eserciti di stanza in
Oriente

- in Italia i seguaci di Vitellio, disorganizzati e discordi, sono sconfitti dalle truppe di


Vespasiano; a Roma Vitellio è catturato e ucciso

Nel 4 libro centri fondamentali sono due:

➢ Il consolidamento a Roma del regime Flavio (con arrivo di Muciano, collab. Vespasiano)
➢ La rivolta dei Batàvi, capeggiati da Giulio Civile, in Germania

Nella parte conservata del 5 libro si narrano i preparativi, all’inizio del 70, per l’assedio di
Gerusalemme da parte di Tito, figlio di Vespasiano; un ampio excursus etnografico sui Giudei è
animato da viva ostilità per questo popolo. Si ritorna quindi a Civile, che si avvia alla
conclusione vittoriosa per Roma.

Pur seguendo uno schema cronologico lineare, le Historiae devono affrontare i problemi
derivanti dalla complessità di uno scenario che presenta azioni differenti e distanti. Quindi
l’autore tende a organizzare il racconto dedicando ad avvenimenti contemporanei blocchi
narrativi distinti e successivi, inoltre la narrazione ha un andamento asimmetrico, con un forte
rallentamento nella sezione iniziale, in cui 3 libri sono dedicati solo al 69 e in cui
l’esposizione offre ampio spazio all’elemento “drammatico”, soprattutto con i discorsi diretti.

Dinastia giulio-claudia, dalla morte di Augusto a quella di Nerone (14-68)

16 libri, restano i primi 6 (dedicati a Tiberio) e dall’11 al 16 (anni 47-68)

Titolo registrato nei codici: Ab axcessu divi Augusti


- Si aprono con una prefazione molto breve -> sommario della storia costituzionale romana
(dalla monarchia alla libertas repubblicana al principato), poi un giudizio di condanna agli
storici del principato, le cui opere sono guastate dall’adulazione o dall’odio

- breve sezione dedicata ad Augusto, conclusa con giudizi contrastanti su di lui

- Libri I-VI -> principato di Tiberio: racconto distinto in due parti di tre libri ciascuna, dedicate
agli anni 14-22 e 23-37. Tacito traccia in Tiberio una trasformazione in tiranno, attraverso il
graduale emergere della sua vera natura

In ciascuna delle parti mette accanto all’imperatore un personaggio di spicco, che ne mette in
risalto il carattere negativo.

Il primo è Germanico, suo figlio adottivo, che seda gravi rivolte in Pannonia e in Germania,
suscitando la gelosia del principe. L’invio in Oriente di Germanico è attribuito all’ostilità di
Tiberio; sulla sua morte improvvisa sono fatti gravare sospetti per avvelenamento: situazione
analoga dell’Agricola tra Agricola e Domiziano, e stessa finta circospezione dell’autore

Poi c’è Seiano -> segna una svolta nel regno di Tiberio. È il suo prefetto del pretorio, malvagio
e corrotto, cui vengono accordati potere e favore; sembra poi inconsapevolmente
assecondare la sua ambiziosità quando sotto suo suggerimento si ritira da Roma. Ma Tiberio
non abbandona mai il governo nelle mani di Seiano e dopo la sua condanna (racconto
perduto: lacuna nel V libro) dà libero sfogo alla sua crudeltà; alla miserabile morte
dell’imperatore segue un epitafio conclusivo in cui lo storico ripercorre gli stadi della sua
generazione.

- Libri XI-XII -> seconda parte del regno di Claudio 47-54. Di lui non c’è alcuna evoluzione: è
sempre debole e incapace, dominato dai liberti e dalle mogli, prima Messalina e poi
soprattutto Agrippina. Le sue vicende famigliari prevalgono sui suoi atti di governo, pur
numerosi e positivi.

- Libri XIII-XVI -> principato di Nerone 54-68. Schema simile di quello per Tiberio: progressivo
svelarsi di una natura malvagia. La sua degenerazione comporta svariati delitti: Britannico,
Agrippina, Ottavia. Due momenti di svolta:

➢ Morte della madre (59) -> toglie ogni freno alla degenerazione dei costumi privati di
Nerone
➢ Morte di Afranio Burro, ritiro di Seneca, ascesa del nuovo prefetto del pretorio Tigellino
(62) -> svolta politica: da qui l’eliminazione fisica degli sgraditi è consueta

Le stravaganze, gli eccessi e la crudeltà del principe portano nel 65 alla congiura dei Pisoni, da
Gaio Calpurnio Pisone, sventata dal tradimento di un servo: verranno uccisi tra i molti Seneca,
Lucano e Petronio.

La narrazione procede anno per anno, con alternanza di vicende esterne ed interne.

Accelerazione del racconto rispetto alle Historiae. Con lo schema compositivo combina unità
compositive più ampie, corrispondenti a singoli regni.

La centralità del principe rimane sempre l’unica: gli altri personaggi non sono mai
protagonisti, ma arricchiscono la figura dell’imperatore.

In entrambe le opere -> schema annalistico tradizionale: ogni anno è contrassegnato dal nome
dei consoli e all’interno di ciascun anno il racconto si sposta dalle vicende interne a quelle
esterne. Presentano caratteristiche diverse.
Tacito fa riferimento alla storiografia tradizionale di Livio e Sallustio accettandone le norme,
a partire dai principi di imparzialità e veridicità, fondamentali nelle sue opere.

Vuole indagare e ricostruire il vero per esporlo obiettivamente. Per fare ciò è scrupoloso nella
ricerca delle fonti, adoperando e confrontando quelle letterarie, documentarie e per gli eventi
più recenti orali.

Compito dello storico: scrivere “ne virtutes sileantur” (Annales, III, 65) -> riprende la
concezione della storiografia come “magistra vitae”

Attua i suoi propositi con minuziosità: presenta più interpretazioni di un evento, sempre
mantenendosi imparziale, registrando anche i rumores, con incredulità e scetticismo, poiché
provenienti dai ceti più bassi. Il racconto diventa quindi ambiguo: pur senza alterare i fatti
Tacito ne orienta implicitamente l’interpretazione in una determinata direzione.

Formula severi giudizi di condanna sui personaggi. Aldilà dell’atteggiamento ostile per gli
imperatori, emerge una concezione umana pessimistica.

Climax pessimistica ascendente: pessimismo che culmina negli Annales. Agricola e Dialogus
(aspetti positivi del principato) > Germania (confronto oppositivo: negativo per Roma,
allontanamento dal mos maiorum); Historiae (il potere di uno solo a garanzia della necessaria
pace); Annales (il governo di uno solo è soltanto un remedium (presuppone una malattia -
termine già utilizzato nell’Agricola “remedia tardiora sunt”) alla discordia/concetto negativo
di popolo come in Seneca nel De Clementia). → Dalla monografia alla storiografia

Egli ha però una dolorosa consapevolezza della diversità della sua storiografia rispetto a
quella degli storici precedenti. Infatti negli Annales egli dichiara che gli eventi che si accinge
a narrare sono ben poca cosa rispetto a quelli del passato. La causa di questo impoverimento
di eventi è dato dal nuovo clima politico. Ma è comunque utile analizzare tali fatti, a prima
vista di scarsa importanza, dai quali però hanno origine mutamenti di cose grandi.

Emerge una nuova impostazione: il centro della narrazione non sono più i grandi temi militari
e civili, ma lo scadimento della classe senatoria, gli intrighi di corte, la lotta per il potere
(elemento politico e morale).

L’idea centrale è l’ineluttabilità del principato, causa ed effetto della decadenza morale, politica
e intellettuale della società e soprattutto della classe dirigente, servile e adulatoria. Si
concentra sul rapporto imperatore/senato.

È costante la convinzione che la libertà repubblicana si possa ammirare, rimpiangere, ma non


resuscitare. Invece cambia l’atteggiamento verso il potere assoluto. Dall’esaltazione
nell’Agricola e nel Dialogus degli aspetti positivi del principato con Nerva e Traiano, passa
gradualmente ad una considerazione più amara: il principato è un remedium al disordine civile,
necessario ma doloroso.

Riprendendo Sallustio, prende atto della crisi che ha portato alla fine della repubblica, della
generazione del senato e della scomparsa del popolo come entità politica: si rende conto che
il processo è irreversibile, ma non può aderire al principato. Proprio da ciò deriva il fascino di
uno storico che non ha ideali o soluzioni da proporre, ma non per questo rinuncia a giudicare
con severità la realtà che rappresenta.
Il personaggio è l’elemento principale della narrazione: riprende Sallustio nel porre in primo
piano l’individuo. Ma la differenza rispetto alla biografia è nel rilievo attribuito alla
dimensione pubblica dell’individuo.

Dalla centralità dell’individuo deriva un’accurata indagine psicologica.

Costruisce le figure mediante numerosi procedimenti: ricorre al ritratto, più morale che fisico,
che è inserito quando il personaggio compare per la prima volta oppure in un epitafio.

L’attenzione si concentra anche sui personaggi mixti, quelli in cui coesistono caratteristiche
opposte (ad es. Petronio) e sui comportamenti contraddittori e imprevedibili (ad es. Otone).

Si accentua l’uso della “drammaticità”: frequenti discorsi diretti, a volta libere creazioni
dell’autore a volte rielaborazioni di orazioni pronunciate. Servono sia alla drammaticità sia
ad illustrare temi politici cari allo storico. Numerosi sono anche i discorsi indiretti: talvolta
hanno la stessa funzione di quelli diretti, più spesso sono espressione dei pensieri della gente.
Questo consente di delineare lo sfondo e l’atmosfera sotto gli eventi. Poi ci sono le descrizioni
di morti tragiche, supplizi delle vittime, descrizioni di catastrofi.

Tutti questi procedimenti, volti a stimolare la partecipazione emotiva del lettore, concorrono
a formare un quadro cupo e fosco in cui l’autore trasferisce la sua concezione amara del
mondo, della natura e dell’uomo.

Lo stile non è omogeneo e compatto, ma presenta differenze, a volte anche all’interno di una
stessa opera.

Quello tipico è quello degli Annales e le Historiae, sostanzialmente unitario -> vigore, tensione,
gravità, lontano dall’uso comune, che risponde all’esigenza di adeguare al genere un tono alto
e crea uno stile originale.

Modelli:

- Livio -> discorsi e descrizioni di luoghi o battaglie


- Sallustio (soprattutto) -> predilezioni di termini rari, determinati costrutti

Lingua -> coloritura arcaica e poetica. Lo stile poetico è ottenuto sia da espressioni e
metafore di Virgilio e talvolta da Lucano, sia con nessi e costrutti ricercati e suggestivi.

Vocabolario -> ricco e selettivo, infatti evita termini bassi e volgari, comuni e banali; esclude
grecismi e molti termini tecnici.

Peculiarità fondamentale -> brevitas: concisione, pregnanza (asindeti, infiniti descrittivi).

Variatio (Sallustio) -> stile asimmetrico e difficile, si nota spesso nella struttura dei periodi.

Frequente ricorso alla chiusa epigrammatica con sententiae concise e brillanti.

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